IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E LA QUESTIONE EBRAICA 1938-1943

Il Ministero degli Affari Esteri e la questione ebraica 1938-1943

LA QUESTIONE EBRAICA NEL PERIODO BELLICO Le diverse declinazioni di una linea politico-diplomatica

Sin dall’ingresso in guerra dell’Italia, nel 1940, i verti politici del Ministero degli Affari Esteri, seguendo una linea tracciata dal Ministro Ciano, si impegnarono per tutelare gli ebrei di nazionalità italiana residenti nei paesi rivierasche del Mediterraneo e nella penisola balcanica, mettendoli al riparo dalle misure persecutorie che le autorità tedesche di occupazione o i governi collaborazionisti avrebbero voluto applicare ai loro danni.L’interesse dei gerarchi fascisti era di natura prettamente geopolitica: per quanto di origine ebraica, i connazionali avrebbero garantito il crisma dell’italianità in quelle che venivano tradizionalmente considerate come nostre aree d’influenza. Alcuni diplomatici, facendosi forza di questa direttiva di politica estera, la declinarono con un’attitudine di maggiore sensibilità umana, compilando rapporti ed appunti in cui, a chiare lettere, venivano messe in risalto e condannate le atrocità compiute dai tedeschi, utilizzando toni che, per opportunità politica, non sempre venivano approvati dai rispettivi superiori gerarchici. Tra essi, si ricordano le figure di Luca Pietromarchi, capo dell’ufficio Armistizio-Pace del Gabinetto, e Luigi Vidau, capo dell’ufficio IV della Direzione Generale Affari Generali, entrambi impegnati nello sforzo di attenuare le disposizioni legislative antiebraiche e di ostacolare l’applicazione della politica razziale.

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