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Dedicato all'attività internazionale svolta tra il luglio del 1921 e il febbraio del 1922 dal governo presieduto da Ivanoe Bonomi, questo volume della raccolta dei Documenti Diplomatici Italiani, quando era ormai sostanzialmente pronto per la stampa, non ha potuto essere definitivamente completato da Renato Grispo, che ne aveva curato la preparazione, essendo venuto a mancare prima che potesse vedere ultimata un'opera alla quale si era come sempre dedicato con passione ed entusiasmo. Essendoci entrambi impegnati nel compito di portare a termine la pubblicazione dei volumi della Serie Sesta dei Documenti Diplomatici Italiani, è apparso opportuno agli altri componenti del Comitato Scientifico che cura l'edizione della intera collezione di affidare a me il compito di tracciare un quadro generale del contenuto di quanto qui si pubblica e di individuare i principali problemi con i quali il governo presieduto da Bonomi dovette misurarsi in campo internazionale. A questa considerazione di ordine più generale vorrei tuttavia aggiungere che se ho accettato senza alcuna esitazione di scrivere questa Avvertenza l'ho fatto in quanto sul piano più strettamente personale tra me e Renato Grispo si era stabilito nel corso degli anni un rapporto che, per quanto sporadico, è stato comunque sempre ispirato a cordialità e reciproca simpatia.
Il quadro generale entro il quale il governo Bonomi dovette muovere i suoi primi passi e poi consolidare la propria azione in campo internazionale risentì -a testimonianza di quanto travagliato si dimostrasse il processo di costruzione di un nuovo ordine politico-territoriale alla fine del primo conflitto mondiale -della mancata soluzione di alcuni problemi riguardanti l'Italia lasciati aperti dalla Conferenza della Pace di Parigi e poi dagli organismi cui era stato successivamente affidato il compito di giungere ad una loro positiva conclusione. Per garantire all'esecutivo da lui guidato una buona possibilità di successo in un confronto che avrebbe impegnato Roma soprattutto con la Francia e con la Gran Bretagna, Bonomi affidil dicastero degli Esteri -così come aveva fatto prima di lui Giovanni Giolitti con Carlo Sforza -ad un diplomatico di carriera, Pietro Tornasi della Torretta. Il nuovo ministro degli Esteri aveva alle sue spalle una lunga presenza nei ranghi della diplomazia che lo aveva portato dapprima in Russia e poi in Austria, ma aveva anche al suo attivo la partecipazione, in qualità di esperto, alla Conferenza della Pace che si era tenuta a Parigi, e poi ad alcune sedute, tenutesi sempre nella capitale francese, della Conferenza degli Ambasciatori.
Chiusasi faticosamente con la firma del Trattato di Rapallo del 12 novembre del 1920 la questione di Fiume, e conclusasi anche l'occupazione della città da parte di D'Annunzio e dei suoi legionari, i principali problemi con i quali Bonomi e della Torretta dovettero misurarsi riguardarono l'Albania e il Mediterraneo orientale. Si trattcome è facile comprendere di due temi di natura profondamente differente, riguardando il primo la stabilità del basso Adriatico e quindi direllamente la sicurezza del paese, il secondo l'equilibrio di un teatro strategico e diplomatico molto pivasto. Entrambe le questioni, come si è già sottolineato, costituivano un'eredità del passato, di un confronto diplomatico che si era già manifestato nel corso dei mesi che avevano visto riuniti a Parigi i massimi rappresentanti delle potenze dell'Intesa e degli Stati Uniti e che, a sua volta, traeva origine dalla mancata chiarezza o addirittura dalla contraddittorietà di alcuni impegni sottoscritti da Londra, Parigi, Pietrogrado e Roma durante la guerra e dall'irrompere sulla scena diplomatica europea di una potenza che, come gli Stati Uniti, era portatrice di un programma di pace che intendeva rompere con una prassi diplomatica considerata responsabile di quanto era accaduto in Europa dopo l'estate del 1914.
Rispetto a quanto era accaduto nel passato, tuttavia, il contesto entro il quale Roma dovette sviluppare la sua azione per affermare i propri interessi fu assai differente da quello parigino o anche da quello che si era venuto a creare nel momento in cui i lavori che si erano tenuti nella capitale francese erano terminati: gli Stati Uniti si erano ormai allontanati da tempo dalla scena diplomatica europea e, nonostante continuassero a svolgere il proprio lavoro organismi come la Conferenza degli Ambasciatori o il Consiglio Supremo che-il primo dal luglio del 1919 e il secondo già dal novembre del 1917 -avevano assicurato momenti di confronto collegiale tra i rappresentanti dell'Intesa, la situazione diplomatica europea appariva sfrangiata, costringendo Roma a concentrare la propria azione in un rapporto quasi esclusivamente diretto con Londra e Parigi. A complicare ulteriormente la situazione che si è appena descritta, occorre poi fare presente che nei rapporti tra la Gran Bretagna e la Francia si erano da tempo manifestati momenti di forte tensione causati da una diversità di vedute anche su temi che interessavano da vicino gli interessi italiani, e questo pose Roma nella difficile condizione di dover compiere una scelta certamente non facile su quale dei suoi due alleati di guerra dovesse soprattutto puntare per dare consistenza alla propria azione.
Entro questo quadro, soprattutto il problema albanese costituì un terreno di confronto assai aspro per la diplomazia italiana: aperto era rimasto il problema dei confini da assegnare allo Stato balcanico e soprattutto quello relativo al ruolo che Roma avrebbe potuto svolgere per assicurarsene in un qualche modo il controllo, pur facendo esso ormai parte della Società delle Nazioni che avrebbe dovuto garantire a questo suo membro una piena sovranità e una completa indipendenza. Su questo tema la trattativa con Londra fu addirittura estenuante, portando ad un risultato che, se da un punto di vista formale venne alla fine incontro alle richieste italiane, portò sul piano concreto ad un risultato del tutto insignificante.
Rispetto a questo problema, la partita riguardante il teatro del Mediterraneo orientale fu assai più complessa riguardando un'area geografica che viveva in quel momento una stagione assai travagliata della sua storia, essendo lì in atto un confronto non solo politico tra le Grandi Potenze, ma anche militare tra la Grecia e le forze nazionaliste di Kemal pascià. Nell'agosto del 1920 Gran Bretagna, Francia e Italia avevano sottoscritto un accordo che fissava le rispettive sfere d'influenza nei territori mediorientali già appartenuti all'Impero ottomano, ma soprattutto Parigi dimostrò di non volere tener conto di questo impegno, introducendo in questo modo un ulteriore elemento di tensione nei suoi rapporti con Londra, ma costringendo anche Roma in una posizione di sostanziale isolamento.
Se il tema albanese e quello relativo all'equilibrio nell'area del Mediterraneo costituirono certamente i terreni di maggiore impegno per la diplomazia italiana nei pochi mesi nei quali Bonomi fu a capo del governo italiano, la documentazione pubblicata nel volume tocca numerosi altri problemi come quello relativo alla sorte da assegnare all' Alta Slesia, il tentativo di restaurazione monarchica operato in Ungheria da Carlo d'Asburgo, la conferenza di Washington apertasi nel novembre del 1921 e la preparazione di quella di Genova che si sarebbe tenuta nell'aprile-maggio del 1922. Tutto questo contribuisce a trasmettere l'immagine di un continente che stenta a ritrovare un proprio ordine interno dopo la scomparsa degli Imperi che avevano dominato la scena europea prima della Grande Guerra, e come l'Italia si muova con difficoltà in un contesto che tende a marginalizzare la sua presenza sulla scena internazionale; questo, anche se gli esiti di una tale situazione sarebbero divenuti evidenti soltanto nei mesi e negli anni a venire.
Il materiale documentario che qui si pubblica è frutto di ricerche condotte in prevalenza nell'Archivio storico diplomatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e in particolare nei seguenti fondi:
1) l'archivio di Gabinetto
2) l'archivio della Direzione generale degli affari politici
3) gli archivi delle ambasciate a Londra, Parigi e Vienna
4) l'archivio storico del Ministero dell'Africa italiana.
Sono state inoltre utilizzate le serie di telegrammi, in arrivo e in partenza (telegrammi ordinari e di Gabinetto), sempre conservate presso l'Archivio storico diplomatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nonché il fondo Schanzer conservato presso l'Archivio centrale dello Stato.
Questo volume copre un arco cronologico privo di continuità rispetto a quanto è stato già pubblicato nella Serie Sesta della raccolta dei Documenti Diplomatici Italiani. A ragione di ci i rinvii protocollari a volte presenti a documenti non ancora pubblicati sono privi di qualsiasi altra indicazione.
ITALO GARZIA
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
all. = allegato/i
A.P. = Affari politici
cfr. = confronta
cpv. = capoverso
C.S = Comando Supremo
D./DD. = documento/i
Disp. = dispaccio
Gab. = Gabinetto
L. = lettera
ms. = manoscritto
P.C.M. = Presidenza del Consiglio dei ministri
pers. = personale
perv. = pervenuto
prec. ass. = precedenza assoluta
r. = regio
R. =rapporto
ris. = riservato
rr. = riservatissimo
s.d. = senza data
segr. = segreto
S.H.S. = serbi-croati-sloveni (Regno dei)
S.M. = Stato Maggiore
s.n. = senza numero
T. = telegramma
Telespr. = telespresso
urg. = urgente
uu. = urgentissimo
(...) = lacuna nel documento
[ ] = intervento del curatore
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI(1)
T. 3688/450. Costantinopoli, 4 luglio 1921, ore 20 (perv. ore 9,35 del 5).
Mi riferisco mio telegramma n. 443(2).
Seduta di oggi alti commissari, in conformità delle istruzioni di V.E. che coincidono con quelle del Governo francese, ho esposto, come presidente riunione, punto di vista mio e di Pellé sui rapporti fra comandi superiori militari ed alti commissari, nel senso che essi sono unici rappresentanti Governi alleati e costituiscono suprema autorità politica da cui dipendono diversi( ...) occupazione interalleata Costantinopoli, percianche comandi militare e navale. Precisato quindi che a Harrington(3)non compete altro incarico che direzione impiego forze interalleate per tutelare Costantinopoli ed altre eventualità militari che potrebbero presentarsi, ma in conformità fini fissati alti commissari. Rilevato finalmente arresti compiuti polizia inglese, senza avvertire alti commissari senza averne avuto mandato per epurare città, costituisce menomazione autorità alti commissari. Harrington rispose dichiarando che come comandante in capo interalleato si ritiene diretto responsabile verso Governi alleati non solo per impiego truppe ma anche per tutti i provvedimenti diretti tutelare direttamente o indirettamente ordine pubblico. Pellé ed io non potemmo che prendere atto di tale dichiarazione, dichiarando che avremmo deferita questione ai Governi, nostro punto di vista e quello di Harrington essendo inconciliabili. Rattigan naturalmente non manifestsuo parere, limitandosi più chealtro a funzioni interprete ed intermediario. V.E. rileverà infatti come punto di vista Harrington sia inconciliabile colle vedute Governi francese ed italiano espostemi da ultimo con suo telegramma n. 938(4). Di più ciò equivarrebbe a concentrare
poco a poco in sua mano poteri polizia e perfino ordinaria amministrazione, non essendovi misura che in ultima analisi non si possa giustificare come interessante sicurezza militare. Cito ad esempio il caso della chiusura di lotterie pubbliche tenute dai russi, ordinata tempo fa da alti commissari perché contrarie legge turca e che Harrington fece riaprire col pretesto che il malcontento derivante dalla chiusura poteva far nascere fermento pericoloso sicurezza truppe. Ove quindi sia intenzione Governi francese e nostro conservare autorità alti commissari come sopra stabilito, occorre far presente Londra necessità sia dato Harrington e alto commissario britannico a Costantinopoli istruzioni al riguardo. Pellé mi ha dichiarato che telegrafa stesso senso a Parigi.
1 1 Dopo la fine del quinto Ministero Giolitti era diventato presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi (4 luglio 1921). Pietro Tornasi della Torretta, ministro plenipotenziario a Vienna, venne nominato ministro degli esteri il 7 luglio (interim di Bonomi nei giorni precedenti). Alle Colonie fu nominato Giuseppe Giardini, alla Guerra Luigi Gasparotto, alla Marina Eugenio Bergamasco. Il Governo avrebbe ottenuto la fiducia della Camera il 23 luglio.
1 2 Del 2 luglio, non pubblicato. Cfr. Avvertenza.
1 3 Il generale britannico sir Charles Harrington era il comandante di tutte le forze alleate a Costantinopoli. Il suo comportamento e la sua politica nei confronti degli alti commissari avrebbe provocato momenti di grande tensione nei rapporti interalleati (in specie tra Gran Bretagna e Francia) a Costantinopoli, sino alla sua rinuncia ad ogni potere politico (a metà settembre 1921, vedi D. 222), e all'assunzione del comando interinale delle truppe interalleate da parte del generale italiano Mombelli (vedi D. 266).
1 4 Del 2 luglio, con il quale il ministro degli esteri Sforza, ritrasmettendo parte del T. 3613/302 da Parigi del 29 giugno relativo all'atteggiamento del Governo francese sulla questione dei rapporti tra alti commissari e comandi militari a Costantinopoli, dava istruzioni di «regolarsi in conformità d'accordo col suo collega francese». «Governo francese -aveva scritto Bonin -ritiene che generale Harrington incaricato della direzione delle operazioni militari, non ha alcun potere politico, ma deve limitarsi a fissare gli obiettivi militari da raggiungere in conformità dei fini politici fissati dagli alti commissari che, a loro volta, ricevono istruzioni da rispettivi Governi».
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. 3706/803. Londra, 5 luglio 1921, ore 13,25 (perv. ore 21,20).
Dal telegramma di V.E. n. 7020 in data 2 corrente(1) diretto a Bonin rilevo che
V.E. ha deciso che la nostra situazione di fronte Albania sia negoziata subito in via diplomatica per una preventiva intesa con i due alleati anziché farne oggetto di contro proposta preliminare in seno Conferenza degli ambasciatori(2), secondo era prima stabilito.
Già avevo avviato scambio di idee in conformità ultima parte telegramma di V.E. n. 863(3). In proposito riferisco per corriere.
Le obiezioni di Crowe ad una formula positiva di riconoscimento di preminenza interessi italiani sono due. Anzitutto egli dice che la posizione fu compromessa con l'ammissione dell'Albania nella Lega delle Nazioni(4)mentre egli sosteneva non potersi ammettere nella Lega uno Stato che non ha frontiere. E pertanto la Lega delle Nazioni potrebbe fare obiezione alla suddetta formula.
In secondo luogo poiché l'accordo non può tenersi segreto resterebbe a vedersi quale atteggiamento assumerebbero gli albanesi, e questo sembra a Crowe essere un interesse specialmente italiano.
Avendo io svolto i ben noti argomenti circa il punto di vista italiano, convenimmo che ne avremmo prudentemente discorso e che avremmo esaminato diverse formule. Tuttavia Crowe diceva sembrargli che per prima cosa si dovessero fissare le frontiere.
In relazione al telegramma di V.E. n. 6902(1) ho chiesto al mio collega di Francia qualche precisazione circa suo colloquio con Crowe menzionato da Bonin. Egli mi ha detto che Crowe aveva sostenuto che una formula positiva di riconoscimento equivaleva a riconoscere un progetto di annessione. Saint-Aulaire riteneva persi tratti di questione di forma più chedi sostanza. Abbiamo convenuto insieme, salvo approvazione rispettivamente di V.E. e del Quai d'Orsay, che siano studiate alcune formule a Parigi d'accordo fra Bonin e Quai d'Orsay e che mio collega ed io le presentassimo e sostenessimo d'accordo presso il Foreign Office.
Secondo ogni probabilità questa questione finirà per essere trattata nel prossimo Consiglio Supremo(5).
È mia impressione che un terreno d'intesa potrebbe trovarsi più facilmente qualora noi accentuassimo l'affermazione degli interessi italiani con la necessità di difesa strategica dell'Adriatico.
2 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
2 2 Istituita nel luglio 1919 a Parigi per affrontare le questioni dei trattati di pace, la Conferenza era composta dagli ambasciatori a Parigi di Italia, Gran Bretagna e Giappone e presieduta dal ministro degli esteri francese. Aveva iniziato i lavori il 26 gennaio 1920. Aveva alle sue dipendenze vari organi interalleati (Comitato militare di Versailles, commissioni per le frontiere, commissioni militari di controllo), ed aveva esteso gradatamente le sue competenze fino a comprendere alcune fra le maggiori questioni politiche dipendenti dalla guerra (tentativi di restaurazione asburgica, questione del Burgenland e dell'Alta Slesia, indipendenza e frontiere dell'Albania). Fu poi gradualmente sostituita dalla Società delle Nazioni, per cessare di fatto ogni attività nel 1927.
2 3 Del 19 giugno, con il quale Sforza aveva espresso la sua disponibilità a riconoscere la preminenza degli interessi britannici in India e Afghanistan in cambio del riconoscimento della preminenza degli interessi italiani in Albania.
2 4 L'Albania ( costituita in regno indipendente sotto Guglielmo di Wied alla Conferenza di Londra del 1913) era stata ammessa nella Società delle Nazioni il 17 dicembre 1920 con l'appoggio dell'Italia.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. 3700/542. Parigi, 5 luglio 1921, ore 13,49 (perv. ore 16).
Costituzione nuovo Ministero è accolta con evidente compiacimento e favore da tutta stampa francese. Si ricorda da molti giornali atteggiamento sempre amichevole alla Francia ed agli Alleati tenuto da S.E. Bonomi e la sua efficace collaborazione ai negoziati adriatici. Nome marchese Tornasi della Torretta è pure accolto con unanime compiacimento e come nuova guarentigia che tendenza politica estera italiana non subirà modificazioni.
2 5 Istituito al Convegno di Rapallo del 6-7 novembre 1917, il Consiglio Supremo era composto dei rappresentanti di tutte le potenze dell'Intesa e affiancato da un comitato militare interalleato. Dopo il crollo della Russia rimasero a fame parte Gran Bretagna, Francia e Italia, con adesione formale del Giappone. Gli Stati Uniti vi aderirono militarmente ma non politicamente e furono considerati «associati». Dopo l'armistizio il Consiglio Supremo rimase ad occuparsi delle maggiori questioni legate all'esecuzione delle condizioni di pace. Delle questioni minori si sarebbe invece occupata la Conferenza degli ambasciatori. La successiva conferenza del Consiglio Supremo si sarebbe tenuta a Parigi (8-13 agosto 1921) sulla questione del l'Alta Slesia.
IL CONSOLE AD AD ALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. 3855/2624/372. Adalia, 5 luglio 1921, ore 20 (perv. ore 8 del 13).
Stasera ore 16 nostro presidio ha lasciato città(1) imbarcato sul «Rodi» e «Liguria» e gli hanno reso onori militari sulla banchina un (...) italiano e in mare regia nave «Duilio». Al porto si è recata salutare truppe partenti tutta la colonia italiana. Erano presenti pochi sudditi ottomani che si astennero da qualunque manifestazione. Ostruzionismo popolazione locale è indubbiamente conseguenza di ordini governativi. Nessuna autorità turca è venuta salutare alla banchina comandante nostre truppe. Mutessariff si era recato a fargli visita stamane in un'ora in cui lo sapeva assente dal Comando del presidio.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. PER CORRIERE 618. Parigi, 5 luglio 1921 (perv. l'8).
Telegramma di V.E. n. 890(1) e mio telegramma posta n. 603(2).
Kammerer ha intrattenuto Galli su nostra riserva. Ha chiesto in primo luogo se essa si riferisca ad attribuzione mandati in genere o soltanto a particolare questione concessioni(3).
Ove riserva debba essere attribuita in genere ai mandati egli diceva, nel modo più amichevole (riteneva che Inghilterra poteva essere pisensibile), che Francia non poteva accettarla sia perché attribuzione dei mandati non verrebbe verosimilmente mai riconosciuta dagli Stati Uniti, e pertanto il nostro non riconoscimento non farebbe che aggiungersi a quello americano senza mutare lo stato di fatto, sia perché il nostro atteggiamento non sembrava fondato.
Si era fatta una ripartizione del territorio ex ottomano ma Alleati non si erano reciprocamente garantiti il mantenimento delle parti attribuitesi. Spettava a ciascuno interessato adoperare a tal fine i mezzi idonei. La Francia terrà il mandato contro qualunque ostacolo ed obiezioni, ma non avendo i mezzi per tenere anche la zona di influenza non vuole prolungare i sacrifici ed è disposta a qualsiasi transazione o rinuncia in confronto dei turchi. Per questa rinuncia non avrebbe chiesto compensi agli Alleati.
La Francia tuttavia non ritirava la sua firma dall'Accordo tripartito e nei nostri riguardi era sempre pronta ad agire concordemente per la attuazione della nostra zona d'influenza. Ma non ci riteneva in diritto di disconoscere i mandati già attribuiti e di reclamare compensi in caso di insormontabili difficoltà con i turchi. Era d'altronde persuaso che scegliendo la forma delle concessioni singole le difficoltà si sarebbero superate pifacilmente. È questa la via che la Francia cercherà di seguire.
Ha concluso che per ora il Quai d'Orsay non risponderebbe alla nota da me diretta a Briand.
Galli ha replicato con i nostri argomenti della contropartita, della interdipendenza delle attribuzioni, del legame delle concessioni fra Trattato di Sèvres, garanzie in esso contenute ed attribuzione mandati ecc.
Prego V.E. telegrafarmi di lei pensiero circa interpretazione restrittiva accennata da Kammerer.
4 1 Il ritiro del nostro presidio da Adalia (al centro della zona italiana in Anatolia, cfr. D. 52) era stato deciso nella speranza di facilitare l'approvazione, da parte del Parlamento di Angora, dell'accordo Sforza-Bekir del 12 marzo 1921, con il mantenimento in vigore delle clausole dell'Accordo tripartito. Ma già lo sviluppo vittorioso dell'offensiva turca contro l'esercito ellenico in Anatolia incoraggiava il Governo kemalista a negare valore a quell'accordo. Il Trattato di pace di Losanna (24 luglio 1923) avrebbe poi escluso totalmente ogni concessione in Anatolia all'Italia come alle altre potenze dell'Intesa.
5 1 Vedi nota 3.
5 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
5 3 L'Accordo tripartito (Italia, Francia, Gran Bretagna), elaborato durante la preparazione del trattato di pace con la Turchia e firmato a Sèvres il 10 agosto 1920, stabiliva fra gli alleati le condizioni del riconoscimento degli interessi particolari dell'Italia nell'Anatolia meridionale e della Francia in Cilicia e nel Curdistan occidentale (testo in MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, Trattati e convenzionifra il Regno d'Italia e gli altri Stati (d'ora in poi Trattati e convenzioni), vol. 26, Roma, Tip. del Ministero degli affari esteri, 1931, n. XXVIII). Con il T. 890 del 24 giugno il ministro degli esteri Sforza sottolineava l'impossibilità di consentire a modifiche del Trattato di Sèvres nelle clausole relative alla Commissione finanziaria, per la parte riguardante le concessioni in Turchia, a meno che non si riprendesse radicalmente in esame la questione dei mandati. L'accordo era comunque destinato a perdere ogni valore parallelamente alle vicende del trattato di pace con la Turchia che, firmato lo stesso 10 agosto 1920 dal Governo di Costantinopoli, era stato respinto dal Governo di Angora. Il vero trattato di pace tra la Turchia e le potenze alleate sarebbe stato poi firmato a Losanna il 24 luglio 1923.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. PER CORRIERE 619. Parigi, 5 luglio 1921.
Siccome ho telegrafato il giorno 2 con telegramma n. 315(1) allo scopo di evitare accuse di ostruzionismo nella seduta di domani della Conferenza degli ambasciatori dichiarerche nulla si oppone a che le riunioni degli esperti per la questione dell' Albania possano subito cominciare.
Galli(2)mi fa conoscere che secondo le idee scambiate fin qui con Laroche (l'esperto inglese non si trova ancora a Parigi) si comincerà verosimilmente con la questione
delle frontiere, e più precisamente con la udizione delle delegazioni serba, greca ed albanese. Questa udizione avrà prevalentemente per iscopo il guadagnare tempo e calmare qualche impazienza degli interessati.
Laroche ha confermato che non ci si distaccherà dalle frontiere del 1913. Egli non conosce quali siano le istruzioni inglesi in proposito. La circostanza che l'esperto inglese sia un professore di storia fa dubitare che possa essere intenzione inglese ricominciare le solite digressioni etnico-linguistiche sull'Albania meridionale.
Galli naturalmente sosterrà integralmente le frontiere del 1913(3).
Quando si tratterà di formulare la descrizione sorgerà la questione se essa debba essere fatta al nord fra Albania ed Jugoslavia, od Albania e Montenegro (mio telegramma n. 301)(4). In proposito attendo le istruzioni di V.E.
Più lunghe e minute saranno le questioni relative alla forma del riconoscimento ed allo statuto albanese.
1) È avviso di Galli, condiviso da Laroche, che l'Albania essendo stata creata nel 1913 dalle sei grandi potenze e trattandosi ora di rinnovarne il riconoscimento, esso debba essere fatto con atto solenne (trattato, dichiarazione ecc.) da parte delle sole tre grandi potenze che possono farlo e cioè Italia, Francia e Inghilterra, poiché Austria, Germania e Russia sono o per una o per altra ragione escluse.
L'E.V. condivide siffatta opinione o ritiene che debbano nel lato solenne intervenire anche il Giappone e gli Stati Uniti?
2) Nel 1913 le sei grandi potenze crearono uno Stato albanese monarchico, neutrale, da esse garantito, con il loro controllo finanziario ecc. ecc. Indicarono un sovrano, dettero istruttori di gendarmeria di una piccola potenza ecc. ecc.
Le nuove condizioni sembrano consigliare di lasciare piena libertà agli albanesi quanto alla forma dello Stato. Ma dobbiamo favorire uno Stato indipendente con forza militare illimitata, dobbiamo dichiararne la neutralità con forza militare limitata? E se lo Stato sarà neutro esso verrà garantito dalle potenze firmatarie della nuova convenzione
o lo rimanderemo alla garanzia della Società delle Nazioni? E se vogliamo imporre controlli ecc. (indipendentemente se e da quali potenze essi saranno esercitati) quali controlli paiono preferibili? Crediamo noi che essi saranno accettati dagli albanesi?
3) Probabilmente lo Stato S.H.S. chiederà garanzie per una ferrovia da Prisrend all'Adriatico. Salvo a discuterne le modalità Galli vi sarebbe favorevole, sia perché lo sbocco dell'Adriatico potrebbe essere Antivari sia perché cidarebbe a noi pretesto per chiedere altre garanzie specifiche.
4) Poiché dichiareremo Saseno sotto sovranità italiana dobbiamo riservare all'Italia il diritto di occupare Valona in caso di guerra e di fortificare fino da ora Capolinguetta e Punta Tre Porti? Oppure in quale altro modo dovrà essere posta praticamente la questione di Valona? O non se ne dovrà forse parlare affatto?
Su questa prima serie di questioni e sulle altre contenute nel mio telegramma posta n. 507(5) prego l'E.V. di volermi dare le sue precise istruzioni quanto pisollecitamente possibile.
6 1 Recte: del 3 luglio. Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
6 2 Carlo Galli era il delegato italiano nella commissione di esperti per le frontiere albanesi.
6 3 Il riferimento è alla Conferenza di Londra del luglio 1913 per l'Albania.
6 4 Del 29 giugno, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
6 5 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. 3722/322. Parigi, 6 luglio 1921, ore 14 (perv. ore 19,10).
Mehdi bey Frasheri è venuto da Galli esporre che vi è in Albania molta agitazione per prossa discussione questione frontiere e che si lamenta Ciò nonsia fatto da Società delle Nazioni. Si dubita anche di esclusione interessata e di atteggiamento non favorevole delle potenze. Galli ha risposto che questione è sottratta a Lega delle Nazioni la quale non ha competenza per questioni frontiere e che non può essere decisa che da tre potenze firmatarie della Convenzione del 1913(1) e che hanno ancora diritto interloquire. Albania può trovare pifacili ragioni dove sono tre soli membri che dove assai piùQuanto atteggiamento potenze, egli ritiene che l'Italia difenderà quello del 1913, che Francia non vi sarà ostile. Quanto ad Inghilterra, non avendo visto ancora esperto inglese, non ne conosce opinione. Secondo ogni verosiglianza delegazione albanese sarà udita; in ogni caso essa potrà essere con lui in quotidiano contatto. Galli ha poi dato consigli calma e prudenza. Mehdi bey Frasheri si è mostrato interamente persuaso ed ha pregato che queste informazioni e consigli siano dati anche in Albania da noi per calmare inquietudini che specialmente in provincie meridionali potrebbero secondo lui divenire inquietanti.
IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROLANDI RICCI
T. 953 RIS. Roma, 6 luglìo 1921, ore 20.
Codesta ambasciata di Francia avrà probabilmente rimesso al Governo nord americano nota informante concessione data dal Governo marocchino a società internazionale costruzione porto Tangeri. Analoga comunicazione è stata fatta ai Governi interessati.
Prego V.E. indagare cautamente e riferirmi quale atteggiamento codesto Governo intenda seguire sulla questione che investe e mette in causa intera questione marocchina nella quale sono in giuoco non trascurabili nostri interessi.
Suppongo che violazione principio libertà concorrenza sancito da atto Algesiras(1)non lascerà indifferente Governo americano(2).
Siccome perper ragioni contingenti non è escluso possa convenirci a un dato momento cercare accordo con Francia invece che limitarci protestare, è opportuno che nostre indagini siano possibilmente ignorate da Francia(3).
7 1 Il riferimento sembra al Protocollo di Firenze del 17 dicembre 19 I 3 per la definizione delle frontiere dell'Albania.
8 1 Si tratta dell'atto conclusivo della Conferenza internazionale di Algeçiras (16 gennaio-7 aprile 1906) per regolare il problema del Marocco.
8 2 Con T. 4113/351 del 18 luglio Rolandi Ricci, pur riservandosi ulteriori indagini, osservava che gli Stati Uniti, non avendo ratificato il Trattato di Versailles, non erano al momento in condizione di prendere posizione in merito.
IL MINISTRO A VARSAVIA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
R. 559/249 RR. Varsavia, 6 luglio 1921 (perv. il 15).
Riferendomi al mio telegramma n. 334 del 26 giugno u.s.(1), ho l'onore di trasmettere qui unita a V.E, la copia della formula da me concretata col sig. Skirrnunt per l'accordo relativo alla politica anti-absburgica ed alla Galizia orientale(2).
Come è noto, tale accordo è il risultato di una azione politica, la quale risale ad un anno e mezzo fa e precisamente al passo da me compiuto qua nel gennaio 1920, in conformità delle istruzioni impartitemi dall'on. Scialoja allora ministro per gli affari esteri (mio rapporto n. 46/14 del 16 gennaio 1920)(1). Fin da allora noi avevamo proposto alla Polonia una collaborazione politica, che si estendeva ai problemi della liquidazione della monarchia austro-ungarica. Ma la nostra iniziativa non ebbe seguito per la poca premura di questo Governo e l'estate scorsa l'invasione bolscevica, la quale mise a repentaglio l'esistenza stessa di questo Stato, creun ambiente poco favorevole ad un'intesa fra i due paesi, avendo noi, per le ben note ragioni di carattere interno, dovuto sospendere perfino le forniture di materiale bellico che ci eravamo impegnati di fare alla Polonia.
La questione ridivenne attuale al principio dell'anno corrente, dopo la conclusione del Trattato di Rapallo, accompagnato da una convenzione anti-absburgica il cui testo è rimasto segreto fino a questi ultimi giorni(3).
Nel fornire al Governo polacco, secondo le istruzioni di V.E., schiarimenti sul vero carattere di tale convenzione io cercai di ottenere un'adesione, se non formale, almeno di massima e di spirito. Sarebbe ozioso riassumere qua le varie fasi dell'azione, che ho spiegato in tal senso. Ricordersoltanto che all'inizio erano restii a qualsiasi
adesione non solo i circoli governativi ( e particolarmente il maresciallo Pilsudzki ed il ministro degli affari esteri principe Sapieha), ma anche la maggior parte della stampa e dell'opinione pubblica. Poi, a poco a poco, alcuni giornali ed alcuni uomini politici si convertirono all' idea di un accordo sulle basi ora concretate. Per molto tempo perdurinvece la resistenza del Governo. Soltanto verso la fine dello scorso marzo il principe Sapieha, per assicurarsi il nostro appoggio nella questione dell'Alta Slesia, mi dichiarche era disposto a negoziare l'accordo in questione (mio telegramma n. 142 del 1° aprile u.s.)(1).Tale dichiarazione mi è stata ripetuta dal maresciallo Pilsudzki un mese fa, al mio ritorno dall'Italia, e dal sig. Skirmunt, appena ebbe assunto la direzione del Ministero degli affari esteri.
Circa le basi stesse dell'accordo, osservo che l'adesione della Polonia alla nostra politica anti-absburgica, se non può avere conseguenze materiali di indole militare, ha una doppia importanza morale. Seppellendo le ultime velleità di civetterie politiche polacco-magiare, essa isola completamente l'Ungheria pel caso che questa si lasci indurre ad una restaurazione della monarchia absburgica. Inoltre essa riconosce la parte direttiva da noi presa nell'azione pel mantenimento dei trattati di Saint Germain e del Trianon(4)e rappresenta un atto di indipendenza del Governo polacco di fronte al Gabinetto di Parigi.
Quanto alla Galizia orientale, mi sembra incontestabile il nostro interesse a mantenere, coll'assegnazione di essa alla Polonia, la continuità territoriale fra quest'ultima e la Rumania e di prevenire fra la Russia e la Czecoslovachia, una continuità territoriale, la quale potrebbe un giorno aprire la strada ad una pressione del panslavismo sull'Adriatico. Quindi la nostra controprestazione, ben lungi dall'essere una vera e propria concessione da noi fatta alla Polonia, non rappresenterebbe che la tutela di un nostro primordiale interesse politico.
Quanto alla formula, da me concretata col sig. Skirmunt, va rilevato che i due primi alinea si riferiscono ai nostri impegni e gli ultimi due a quelli della Polonia.
Il sig. Skirmunt avrebbe desiderato che noi ci associassimo a qualsiasi passo la Polonia credesse di fare per ottenere una soluzione soddisfacente della questione della Galizia orientale e che ci vincolassimo a non accettarne nessuna che non fosse da lei accettata. Sul primo punto ho osservato che, se noi siamo disposti a vincolarci quanto allo scopo, non possiamo farlo quanto ai mezzi, tanto più chela Polonia stessa potrebbe, colle migliori intenzioni, fare qualche mossa falsa. Sul secondo, ho fatto presente che noi rifiuteremmo lealmente una soluzione, la quale non assicurasse alla Polonia il possesso definitivo e la sovranità sulla Galizia orientale, ma non potremmo impegnarci a rifiutarne una che, corrispondendo a tale esigenza, fosse per altri motivi arbitrariamente respinta dalla Polonia. Qualora, invece, si dovesse, per intervento di insormontabili difficoltà di terzi, giungere ad una soluzione che non assicurasse alla Polonia il possesso definitivo e la sovranità, sarebbe equo che noi subordinassimo il nostro assenso a quello del Governo polacco.
Per quel che riguarda il Trattato di St. Germain, il sig. Skirmunt ha osservato che la Dieta polacca si era finora mostrata avversa a ratificarlo appunto per il fatto che esso
cede la Galizia non già alla Polonia ma alle principali potenze (art. 91). Ho replicato che, sebbene in forma meno cruda, un fatto simile si era prodotto anche rispetto all'Italia in quanto il Trattato di St. Germain non aveva fissato la nostra frontiera orientale, stabilita soltanto un anno e mezzo dopo a Rapallo. Malgrado ciò l'Italia, che è una grande potenza, e che aveva fatto tutta la guerra subendo perdite ingenti, non ha esitato a ratificare il trattato. Il ministro ha riconosciuto l'importanza delle mie considerazioni e mi ha assicurato che adoprerebbe la sua autorità perché il trattato sia ratificato anche prima che la questione della Galizia orientale venga risolta. In ogni caso, mi ha dichiarato che intende, fino da ora, collaborare all' esecuzione del trattato, specialmente per impedire una restaurazione absburgica.
Il sig. Skirmunt mi aveva anche espresso il desiderio di comprendere nell'accordo la questione delle frontiere orientali della Polonia e del riconoscimento del Trattato di pace di Riga(5)da parte delle principali potenze. Gli ho obbiettato che tale questione si ricollega all'art. 87 del Trattato di Versailles(6)e che noi non possiamo prendere nessun impegno in proposito senza un previo accordo colla Francia e coll'Inghilterra. Mi sembrava quindi opportuno di lasciarla in disparte. Il ministro ha acconsentito.
Ma, poiché ho dovuto toccare questo argomento, mi permetto di sottoporre a V.E. che, a mio avviso, il miglior modo di regolare la questione delle frontiere orientali della Polonia sarebbe il seguente. Il Governo polacco dovrebbe comunicare in via ufficiale il Trattato di Riga alle principali potenze, le quali, prendendone atto, dichiarerebbero che, dopo di ci esse trovano non essere per loro più il caso di valersi del diritto sancito dall'art. 87 del Trattato di Versailles.
Io credo che, nelle condizioni attuali, nessuna delle principali potenze voglia contestare le frontiere del Trattato di Riga, pur trovando che esse non rappresentano la delimitazione ideale fra la Russia e la Polonia. I dubbi vertono soltanto sulla formula da adoperare per riconoscere le frontiere di Riga senza esporsi a complicazioni future.
A prima vista potrebbe sembrare che un riferimento all'art. 87 del Trattato di Versailles abbia ad impegnare le grandi potenze; ma io ritengo che così non sia e che pipericoloso sarebbe lasciare impregiudicata la stipulazione medesima. Infatti, qualora quest'ultima ipotesi si avverasse, un nuovo governo russo, sorto sulle rovine del bolscevismo, potrebbe, in un avvenire forse non lontano, rivolgersi alle principali potenze e metterle in grave imbarazzo chiedendo loro di tracciare le frontiere orientali della Polonia, secondo l'art. 87 del Trattato di Versailles. Una simile eventualità non si produrrebbe invece se le principali potenze, nel prendere atto del Trattato di Riga, avranno dichiarato di rinunziare a valersi del diritto sancito dal Trattato di Versailles, mentre una simile dichiarazione non equivarrebbe ad una garanzia delle frontiere di Riga, che Polonia e Russia hanno pattuito fra di loro, all'infuori di ogni intervento delle grandi potenze.
ALLEGATO
L'Italie s'engage à préter son entier concours politique et diplomatique pour assurer à la Pologne la possession définitive et la souveraineté sur la Galicie orientale.
Le Gouvemement italien ne donnera son assentirnent à aucune solution de la question de la Galicie orientale qui ne soit pas conforme à cet engagement, ou qui ne soit pas acceptée par l'État polonais.
La Pologne s'engage à ratifier, dans le plus bref delai, les Traités de St. Germain et de Trianon, et donne son adhésion au Traité de Rapallo.
La Pologne s'engage, dès maintenant, à se concerter avec l'ltalie sur la base des Traités de St. Germain et de Trianon au sujet des moyens politiques et diplomatiques, propres à prévenir la restaurati on de la monarchie des Habsbourg en Hongrie ou en Autriche, ou de toute autre forme de l'ancienne union austro-hongroise.
8 3 Con T. posta 574 del 14 luglio sulla questione, Bonin riferiva poi di conversazioni private al Quai d'Orsay, e della esplicita conferma dell'intenzione francese di «tenere in considerazione gli interessi italiani e di facilitarne in quanto possibile l'applicazione per ciò che riguarda una nostra partecipazione ai lavori del porto di Tangeri», rispondendo tale collaborazione ad un reciproco interesse.
9 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
9 2 Vedi Allegato.
9 3 Firmato il 12 novembre 1920 da Sforza e Trumbié, il Trattato di Rapallo tra l'Italia e il Regno S.H.S. ( edito in Trattati e convenzioni, voi. 26, n. XXXVIII) doveva servire a risolvere la questione del confine tra i due paesi, con l'attribuzione all'Italia di Zara e delle isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa e con la creazione dello Stato libero di Fiume. In contemporanea venne firmato un accordo (appunto la convenzione antiasburgica) con cui Roma e Belgrado promettevano di rispettare i trattati di Saint-Germain e del Trianon e l'Italia si impegnava ad impedire la restaurazione degli Asburgo in Austria e in Ungheria.
9 4 Si tratta del trattato di pace tra le potenze alleate e associate e l'Austria del 10settembre 1919 ( edito in Trattati e convenzioni, voi. 24, Roma, Tip. del Ministero degli affari esteri, 1931, n. XIV) e del trattato di pace con l'Ungheria del 4 giugno 1920 (ibid., voi. 26, n. XI).
9 5 Si tratta del trattato di pace tra la Polonia e la Russia (Riga, 12 maggio 1921 ).
9 6 L'art. 87 del Trattato di Versailles (28 giugno 1919) oltre a riconoscere la completa indipendenza della Polonia ne fissava parzialmente i confini con la Germania. Sulla questione precisava: «Le frontiere della Polonia che non sono specificate dal presente trattato saranno ulteriormente fissate dalle principali potenze alleate e associate» (vedi Trattati e convenzioni, voi. 24, n. IX).
IL MINISTRO A BERNA, ORSINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, BONOMI
T. 3748/410. Berna, 7 luglio 1921, ore 2,10 (perv. ore 3 dell '8).
Anche ieri si è verificato Lugano nuovo incidente contro un fascista. Console generale è intervenuto presso polizia cantonale che gli ha rinnovato assicurazioni per dovuta protezione connazionali. Ho fatto rinnovare a.quei giovani fascisti consigli mantenersi prudenti evitare ogni atto che possa aver carattere provocazione per non fare giuoco patriottardi ticinesi e per non esporsi pericolo espulsione.
Hanno promesso seguire consiglio. Avendo avuto oggi occasione parlare con presidente della Confederazione gli ho fatto presente quanto sia arrischiato da parte di questa stampa continuare polemica su discorso Mussolini(1)che giova soltanto a coloro che hanno interesse turbare buoni rapporti italo-svizzeri. Presidente della Confederazione che porta su polemica un giudizio più obbiettivo e più freddo di quello del suo collega Motta ha riconosciuto meco necessità porre termine a quella polemica assolutamente esagerata e ingiustificata dopo rassicuranti dichiarazioni Giolitti. Egli mi ha detto per il Ticino poco può fare essendo questo specialmente di competenza di Motta ma che puinfluire sulla stampa in generale specialmente svizzera tedesca e romanda; avrebbe fatto divulgare comunicato per raccomandare moderazione e cessare azione polemica. Motta è partito diecina giorni per Airolo. Da quanto mi dice Pignatti sono tratto credere che egli pure farà il possibile ricondurre calma Ticino.
10 1 Il riferimento sembra al discorso pronunciato da Mussolini alla Camera il 21 giugno 1921 -nel dibattito sul discorso della Corona (Atti parlamentari, Camera dei deputati, legislatura XXVI, I sessione, Discussioni, voi. I, tornata del 21 giugno 1921, pp. 89 e sgg.)-e alle sue affermazioni su un Canton Ticino imbastardito e germanizzato, possibile grave fonte di preoccupazione per la sicurezza della Lombardia e dell'Italia settentrionale, affermazioni che avevano provocato significativo allarme negli ambiente politici e diplomatici della Confederazione (cfr. Documents Diplomatiques Suisses, 1848-1945. voi. VIII, 19201924, Bema, Benteli, 1988, D. 98). Era il primo discorso di Mussolini alla Camera dopo le elezioni del 15 maggio 1921 che avevano visto un primo successo dei fasci di combattimento (in lotta con i giolittiani). Il successivo 9 novembre al Congresso di Milano sarebbe stata decisa la loro costituzione in partito. Nasceva il Partito nazionale fascista.
IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A WASHINGTON, ROLANDI RICCI
T. 955. Roma, 7 luglio 1921, ore 15.
(Per Parigi) Telegramma di V.E. n. 307(1).
Ho telegrafato a r. ambasciatore a Washington quanto segue:
(Per tutti) Conferenza ambasciatori Parigi trattando attualmente questione ricostruzione economica Austria convenne opportunità interessare Stati Uniti partecipare ricostruzione stessa. Fu deciso proporre Governi alleati far passi in tal senso a Washington. Prego V.E. voler agire presso Dipartimento di Stato d'accordo con colleghi francese inglese che avrebbero già dovuto ricevere istruzioni analoghe(2).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI, LONDRA, BERLINO, COSTANTINOPOLI, WASHINGTON, BRUXELLES E MADRID
T. 957. Roma, 7 luglio 1921, ore 19,50.
Chiamato dalla fiducia di S.M. il re assumo oggi la direzione del Ministero degli affari esteri. La pace vittoriosa ha dato all'Italia i suo confini naturali ma lascia ancora insolute gravi questioni che coinvolgono suoi vitali interessi anche di ordine economico. È compito della diplomazia di tutelare tali interessi con la maggiore energia onde rendere pifecondi i grandi sacrifici compiuti dal popolo italiano. Faccio percisicuro affidamento sulla collaborazione di V.E. ed intanto le invio cordiale saluto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 962. Roma, 8 luglio 1921, ore 23,30.
Governo spagnuolo avendo denunciato trattato commercio con Italia facemmo proposta per conclusione modus vivendi provvisorio ma fu impossibile raggiungere accordo data intransigenza Spagna circa applicazione nostre merci dazi differenziali stabiliti per paesi valuta deprezzata. R. Governo, anche per suggerimento Fasciotti, sta
esaminando convenienza applicare misure rappresaglia che possano indurre Spagna recedere suo atteggiamento. Poiché Francia trovasi per questa questione nei riguardi Spagna situazione analoga nostra prego V.E. accertare e telegrafarmi quale linea condotta codesto Governo intende seguire(1).
11 1 Del 1° luglio, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
11 2 Nello stesso senso la raccomandazione di Torretta all'ambasciata a Washington, con T. ris. 982 del 12 luglio, per esperire «con ogni efficacia tutti i mezzi sua disposizione per ottenere concorso americano».
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 2101/473. Berlino, 8 luglio 1921 (perv. il 15).
Per comodità dell'E.V. riassumo per sommi capi in questo memoriale la situazione della Germania e dei problemi più gravi che attendono in questo momento la loro soluzione.
La posizione del Ministero è debolissima. Ministero senza vera maggioranza, e pur gravato dal peso di un compito finanziario tale che per la sua terribile immanità richlederebbe ad essere assolto il pivigoroso dei governi; ogni tassazione suscitante opposizioni fortissime perché preludio ad altre tassazioni necessariamente ancora pigravi; il Governo costretto per far passare i propri provvedimenti a spostare a volte la sua maggioranza, cioè ad indebolire se stesso; interessi colpiti ed opposizioni politiche facilmente coalizzantesi contro l'avversario sempre pidebole. Unico mezzo di salvazione per il Ministero la soluzione in senso favorevole alla Germania delle due questioni sul cui raggiungimento esso ha imperniato il proprio programma di accettazione dell'ultimatum e di adempimento dei gravi sagrifici da esso imposti. E le due questioni sono: le sanzioni e l'Alta Slesia.
Dopo l'accettazione dell'ultimatum e l'osservanza degli obblighl da esso imposti le sanzioni, applicate per costringere la Germania ad accettare le condizioni dell'Intesa, non hanno piragione di essere. Nessun pretesto pugiustificare il danno enorme che il perdurare di tali misure coercitive reca alla Germania, impedendole di raccogliere tutte le sue energie a produrre la ricchezza necessaria alla soddisfazione dei propri debiti.
Base fondamentale alla soluzione del problema dell'Alta Slesia sono le primitive proposte del commissario inglese Percival ed italiano generale De Marinis(1). All'Italia non
conviene nel dissidio franco-inglese per la soluzione del problema mettersi in prima linea: unico modo per non farlo il considerare la questione come problema meramente tecnico, e sparire, per dir così, dietro al parere del suo perito, per fortuna concomitante con quello inglese. Una proposta intermedia avanzata dall'Italia tramuterebbe la questione di tecnica in politica, non risolverebbe il problema e finirebbe con lo scontentare tutti. Questo ho fermamente sostenuto nelle mie relazioni al predecessore dell'E.V., e in questo avviso sempre pimi riconfermo. Dalle discussioni del Reichstag infatti, dalle dichiarazioni del Ministero, dalle affermazioni dei partiti e dei giornali risulta evidente che il Ministero non reggerebbe se alla questione dell'Alta Slesia fosse data una soluzione diversa da quella proposta dai commissari Percival e De Marinis. Il fallimento dei piani del Governo e la delusione amara degli animi non potrebbero infatti che riuscire a questo effetto: per una parte ad accrescere la debolezza del Ministero e sgretolarne la già poco salda compagine, per l'altra a rinforzare la coalizione degli interessi colpiti dai gravami finanziari e dei partiti nazionalistici, i quali profitterebbero naturalmente della situazione per sferrare un attacco poderoso al Ministero. Un Governo di destra si puin questo momento giudicare impossibile per le lotte che provocherebbe in Germania, per le diffidenze che susciterebbe all'estero, per i contraccolpi che ne verrebbero a tutta la politica europea; e il Ministero, nella coscienza delle responsabilità assunte dinanzi al paese e all'Europa con il proprio programma, si appellerebbe al popolo. Ora io voglio ammettere per pura ipotesi, perché può essere contraria che questo si schieri nella risposta con lui; sarebbe peruna illusione per il Ministero il credere di avere in tal modo risolta la situazione. Dato il sistema proporzionale si avrà anche nella nuova Camera la dispersione dei partiti che nella presente, con questo in peggio che i partiti di destra ritorneranno certamente più forti che oggi non sono, e le passioni scatenate dalla lotta acuiranno i contrasti sino alla esasperazione. Avremo dunque in ogni caso un Governo pidebole di oggi, e della debolezza, -dato lo stato degli animi -potranno profittare i partiti estremi per qualche loro audace tentativo come nel passato.
Questi i riflessi d'una cattiva o incompleta soluzione del problema dell'Alta Slesia sulla politica interna della Germania. Sarà facile da Roma per mezzo dell'ambasciatore di Parigi, prevedere e misurare le conseguenze nella politica internazionale. I fatali ritardi nel pagare, le negazioni di alcuni partiti e le agitazioni del paese non potranno non acuire le già forti diffidenze della Francia, che da tale somma di fatti ne dedurrà la cattiva volontà della Germania di pagare. Così, o per assicurarsi il proprio credito, o con qualche pretesto ben facile a trovare, è probabile che essa abbia a prendere delle misure di precauzione, come sarebbe, ad esempio, l'occupazione della Ruhr. Ma l'occupazione della Ruhr e i distretti carboniferi dell'Alta Slesia in mano ai polacchi significano per la Francia il monopolio del ferro e del carbone, cioè degli stromenti della potenza europea. Monopolio per la Francia; vassallaggio economico e politico per l'Italia.
Supremo interesse di questa è dunque scongiurare il gravissimo pericolo, ma per scongiurarlo non c'è che da risolvere il problema dell'Alta Slesia nel modo che tanto opportunamente le è stato porto dal suo commissario De Marinis insieme con il commissario inglese Percival, ed affrettarne anzi la soluzione per rimuovere dalla Germania la causa di infezione psicologica che finirebbe col riuscire perniciosa a tutto l'organismo europeo. Soluzione per l'Italia tanto piagevole in quanto approvando le proposte meramente tecniche del suo commissario essa appoggia la tesi dell'Inghilterra, la quale -come mi ha assicurato il suo ambasciatore tornato dianzi da Londra -rimane ferma nelle tendenze e nei propositi manifestati.
Aggiungo che tale appoggio darebbe modo all'Italia di risolvere tutti i problemi politici pendenti fra essa e la Germania e di ottenere vantaggi economici non indifferenti. Nell'acquisto e nell'assicurazione al nostro paese del carbone noi potremmo ottenere le condizioni migliori che mai abbiamo avute. Per questa parte io mi rimetto alle precedenti mie relazioni sull'argomento; e quando l'E.V. entrasse in questo ordine di idee, io potrei in sola una settimana presentare un progetto concreto delle concessioni e facilitazioni che si potrebbero conseguire(2).
13 1 Parere favorevole all'applicazione di misure di rappresaglia, con riferimento alla posizione del Governo di Parigi, era stato già espresso dall'ambasciatore a Madrid, Fasciotti, con T. 3740/126 del 6 luglio.
14 1 In base all'art. 88 del Trattato di Versailles un plebiscito si era tenuto in Alta Slesia il 20 marzo 1921 per decidere dell'appartenenza di quella ricca regione mineraria contesa tra la Germania e la Polonia. Per la supervisione del plebiscito si era insediata a Oppeln una commissione interalleata presieduta dal generale francese Le Rond, assistito da due commissari, il colonnello britannico Percival e il generale italiano De Marinis. li progetto Percival-De Marinis prevedeva la divisione del territorio in base ai risultati del plebiscito, ma sosteneva l'indivisibilità del bacino industriale dell'Alta Slesia.Secondo la formula Sforza invece si sarebbe dovuto pirigidamente tener conto dei risultati del plebiscito, assicurando un'equa ripartizione dei bacini carboniferi e industriali tra Germania e Polonia secondo le prevalenze etniche rigorosamente accertate. Dopo il voto nettamente favorevole alla Germania, la reazione della popolazione polacca e l'acuirsi del contrasto franco-britannico sul problema, la questione sarebbe stata trattata in una conferenza del Consiglio Supremo e quindi, nella impossibilità di un accordo, sottoposta alla Società delle Nazioni che, il 12 ottobre, avrebbe proposto una soluzione fondata sulla divisibilità del triangolo industriale (con l'attribuzione di un terzo del territorio -ma economicamente piimportante -a sud, alla Polonia) che sarà finalmente accettata dalle potenze.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3779/328(1). Parigi, 9 luglio 1921, ore 15,20(2).
Delegato inglese aveva chiesto ieri se occupazione Saseno era considerata modificazione confine 1913. Galli aveva risposto che Alleati riconoscevano all 'Italia diritto occupare Valona; che diritto permaneva; che ne era stato effettuato lo sgombero per non dare pretesto a spartizione Albania; che in ogni caso mantenimento occupazione Saseno non costituiva modificazione confine 1913 e non poteva costituire pretesto spartizione. Delegato inglese ha oggi ripetuto domanda a delegato albanese che ha risposto affermativamente. Mentre Galli provvederà fare immediatamente rimostranze a Midhat bey Frasheri, credo poter rilevare da questa domanda e in genere da intonazione delegato inglese che questi non è stato messo al corrente degli interessi italiani in Albania e di quel minimo di obbligo e di riguardo che Alleati hanno verso l'Italia. Qualora I 'E.V. lo ritenga opportuno, riterrei utile che Governo inglese venga da noi richiesto di mettere suo delegato al corrente della situazione.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3783/329. Parigi, 9 luglio 1921, ore 20,25 (perv. ore 23,35).
Ho riparlato oggi con Berthelot dell'Albania accennandogli al singolare quesito che Temperley aveva posto ieri ai delegati albanesi (mio telegramma n. 328)(1). Mentre
lo ringraziai dell'atteggiamento nella Commissione esperti tenuto da Laroche gli dissi a titolo personale che una formula semplicemente negativa non ci darebbe intera soddisfazione e che dall'amicizia del Governo francese ci aspettavamo una migliore dichiarazione di riconoscimento della nostra situazione speciale. Berthelot mi assicurdelle migliori disposizioni del suo Governo a questo riguardo. Mi disse a questo proposito che al console francese a Scutari a cui mirditi si erano rivolti per protezione egli aveva fatto telegrafare che Francia non intendeva esercitare nessuna azione di quel genere in Albania. Altrettanto ha dichiarato ieri Laroche agli albanesi nella riunione esperti. Rinnovo la preghiera di farmi conoscere il più presto possibile per mia norma quale atteggiamento assuma Governo inglese circa nostri interessi in Albania.
14 2 L'urgenza assoluta di risolvere il problema dell'Alta Slesia e le difficoltà di raggiungere un accordo nella commissione internazionale saranno sottolineati anche dal commissario De Marinis con T. 3814/2124 del 10 luglio.
15 1 Il telegramma riporta, erroneamente, il n. 329.
15 2 Il telegramma reca indicazioni errate della data e dell'ora di arrivo.
16 1 Vedi D. 15.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. CONFID. Londra, 9 luglio 1921 (perv. il 16).
Prego V.E. voler prendere conoscenza dei miei rapporti 16 giugno scorso (personale) e 24 giugno n. 1545/590(1). Ne risulta la condizione, dirdelicata, delle relazioni italo-inglesi. Non occorre io la assicuri dell'azione da me spiegata per controbattere le diverse accuse formulate da lord Curzon e da sir Eyre Crowe. Ho replicato anche, valendomi pure di efficaci tramiti indiretti, formulando per parte mia nostri capi diaccusa contro l'attitudine inglese riguardo interessi italiani. Ed ho ragione di ritenere che la mia azione in tal senso abbia prodotto la desiderata impressione. Tuttavia dobbiamo convenire che per cause non dipendenti dal nostro Governo abbiamo avuto poco fortuna. L'accordo, per quanto anodino, cogli afgani fu disastroso. Nella mentalità inglese l'effetto fu come, per quanto riguarda noi, se uno degli Alleati facesse un accordo cogli slavi dell'Istria o i tedeschi di Bolzano. In fatto e diritto non v'è paragone possibile ma, nella mentalità di questo paese, l' Afganistan fu sempre considerato come la porta mal chiusa e insidiosa, dell'India. Tedeschi, turchi e russi mirano a quella porta -e ciò da parte loro, è considerato come buona guerra agli occhi degli inglesi. Niuno meglio che V.E. che fu a lungo in Russia, conosce queste cose.
Nei predetti rapporti sono menzionate altre cause di dissapori. Esse si verificarono sopratutto in occasione delle riunioni del Consiglio Supremo. Come le è noto, io ero poco a corrente dei colloqui fra ministri, anche quando avvenivano a Londra. V.E. potrà forse fornirmi gli argomenti per replicare oltre quanto già ho fatto per conto mio.
Tutta questa situazione venne ad innestarsi su quella veramente disastrosa che io trovai qui al mio arrivo nello scorso gennaio. V.E. la conosce. Prima della guerra, Italia e Inghilterra procedevano di pieno accordo nelle questioni del Mediterraneo. (Es.: accordo di Adalia, colla rinunzia britannica alla priorità ferroviaria -negoziati
1913-1914 per un accordo mediterraneo). Nel 1918 e durante la Conferenza di Parigi la situazione si capovolse. Il fattore mediterraneo italiano fu sostituito, nella politica inglese, col fattore mediterraneo greco. Questo tracollo diplomatico non è conosciuto abbastanza nella nostra pubblica opinione. Io ritengo che la situazione di prima possa ristabilirsi. È un lavoro, per lungo e delicato. L'ostacolo deve girarsi più cheprendersi di fronte. Di questo argomento mi permetterintrattenerla a parte.
Intanto col telegramma 869 del 20 giugno(1)S.E. Sforza mi dava istruzione di tastare il terreno per un ritorno all'antica tradizione. Nei citati rapporti (vedere anche mio telegramma n. 748)(2) ho riferito sull'esito di tali aperture presso Curzon e Crowe. Feci anche altre pratiche indirette.
Queste hanno portato, come effetto, un assaggio da parte inglese. Non è che un assaggio indiretto, a mezzo di persona non ufficiale che può essere sconfessata e smentita. Ma l'assaggio proviene in origine da persona assai autorevole. Le basi accennatemi in modo sommario sono in complesso le seguenti:
A vantaggio dell'Italia:
1) Riconoscimento di diritti speciali in Albania.
2) Appoggio per gli interessi italiani nella zona economica italiana fissata nel Tripartito. Garanzie finanziarie del Tripartito e del Trattato di Sèvres. Situazione speciale per gendarmeria ecc.
3) Partecipazione di garanzia diplomatica dell'Annesso del Trattato di Rapallo contro il ritorno degli Absburgo.
4) Trovare un equivalente sull'indennità germanica per il prevedibile pratico prossimo annullamento dei nostri crediti verso Austria, Ungheria e Bulgaria.
5) Trovare un modo di meglio favorire l'industria italiana nella questione del carbone.
6) Consultazione scambievole permanente nelle questioni arabe (Africa e Asia).
A vantaggio dell'Inghilterra:
1) Difesa degli Stretti. Forza navale italiana a Costantinopoli finché vi resti la forza navale inglese.
2) Che cosa offrire ai Greci per portarli ad un accordo coi turchi:
a) riconoscimento di Costantino(3).
b) riconoscimento e ratifica del trattato pel Dodecaneso.
c) nessuna cambiamento in Tracia orientale salvo demilitarizzazione della zona prossima a Costantinopoli.
d) regime internazionale sotto l'alta sovranità turca per Smirne con assoluta libertà di traffico.
L'eventuale accordo sarà comunicato a Parigi, dopo concluso, perché la Francia vi aderisca se desidera.
Tutto questo non è che un vago ballon d'essai. E qualora V.E. entri in questo ordine di idee, le sarei grato di volere, nei negoziati eventuali, non fare alcuna allusione alla presente apertura.
Non è da dissimulare le difficoltà della riuscita. La grecofilia di alcuni uomini di governo inglesi è sempre vivace. Come già spiegai al conte Sforza, che mi dette la sua esplicita approvazione, occorre anzitutto sbarazzare il terreno dalla artificiosa accusa propalata dai greci che l'Italia voglia schiacciare e danneggiare la «piccola povera» Grecia. Donde il periodico grido di soccorso rivolto all'Inghilterra. La quale, quando si tratta del proprio interesse, ha pochi scrupoli, coi piccoli popoli. Ma quando si tratta di altri, si compiace della parte del protettore generoso. Quindi io mi sono adoperato, e non senza successo, a dimostrare che, tolte di mezzo le questioni di Smirne all'Italia e del Canale di Corf non esistono cause fondamentali di dissidio fra l'Italia e la Grecia. Quanto a Rodi, è parallela di Cipro.
lo temo assai che questa mia azione, che, ripeto, svolsi con la costante approvazione del conte Sforza, e per necessità diremo locali di politica anglo-italiana, abbia dato luogo a quelle assurde e bestiali voci di mio dissidio col conte Sforza medesimo. Il sig. Lloyd George è stato assente e ammalato per vario tempo. Dopo il suo recente ritorno fu assorbito dalle questioni dello sciopero del carbone, dell'Irlanda e della Conferenza imperiale e nessun ambasciatore chiese di vederlo. Ma fra giorni io dovrvederlo. Ho ritardato l'incontro espressamente perché vorrei prima sapere se V.E. conferma le istruzioni del conte Sforza contenute nel citato telegramma n. 869 del 20 giugno.
Mi rendo conto di tutta la delicatezza e difficoltà della situazione nei riguardi della Francia e della necessità di procedere con la maggiore prudenza(4).
17 1 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
17 2 Del 22 giugno, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
17 3 Costantino I, re di Grecia dal marzo 1913, era stato costretto ad abdicare dalle pressioni dell'Intesa, per il mancato intervento nel conflitto, a favore del figlio Alessandro ( 11 giugno 1917). Alla morte di questi (25 ottobre 1920) aveva rivendicato il trono e, grazie ad un plebiscito, era ritornato al potere il l 9 dicembre 1920. Avrebbe poi abdicato nuovamente il 27 dicembre 1922, per il disastroso esito della guerra con la Turchia.
L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROLANDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3807/376. Washington, s.d. (perv. ore 12,40 del 10 luglio 1921).
Giornali italiani ed americani riprendono pubblicare che S.E. Tittoni(1)verrà prossimamente qui latore regio autografo con mandato ufficiale nientemeno che come inviato speciale S.M. il re presso il presidente degli Stati Uniti, o quanto meno con mandato ufficioso Lega delle Nazioni per discutere oltre che della emigrazione, petrolio, sistemazione finanziaria. Richiamo l'attenzione di V.E. sui miei telegrammi
n. 194 del 15 giugno al presidente del Consiglio e telegrammi di Gabinetto n. 20 e 21 e n. 263 del 27 maggio e 305 del 23 giugno al Ministero degli affari esteri(2) e ritenendolo
utile per interessi italiani qui, chiedo a V.E. essere autorizzato precisamente e formalmente a dichiarare ufficialmente e pubblicare senza ambiguità e tergiversazioni quanto segue:
«1) S.E. Tittoni viene come privato e non ha nessun mandato né ufficiale né ufficioso dal r. Governo;
2) Non è affatto latore di alcun regio autografo al presidente Harding».
Prego telegrafarmi prontissima risposta per tagliar corto inesorabilmente alla gazzarra giornalistica che del resto avevo preveduto e preannunziato(3).
17 4 Per il seguito della questione vedi D. 59.
18 1 Tommaso Tittoni era presidente del Senato (1920-1929).
18 2 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 970 PREC. ASS. Roma, 10 luglio 1921, ore 19,15.
Telegramma di V.E. n. 321(1).
Andamento discussione in seno Commissione esperti(2)dimostra fondatezza nostra preocçupazione che esame questioni di dettaglio pregiudicasse questione fondamentale riguardante posizione Italia ed Alleati in confronto Albania.
Stando così le cose mi sembra indispensabile evitare che discussione continui e prego perciò V.E. di trovar modo affmché sotto un pretesto qualsiasi per quale lascio arbitro !'V.E. Commissione esperti sospenda per ora suoi lavori(3).
Telegrafo a De Martino(4)perché faccia opportuni passi presso Governo britannico nel senso indicato da V.E.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA
T. 975. Roma, 11 luglio 1921, ore 23.
Governo inglese propone passo collettivo protesta presso Governo greco per atrocità commesse da truppe greche in Anatolia, secondo risultati Commissione inchiesta inter-alleata. Non potendo esimerci dall'aderire autorizzo V.S. associarsi azione suoi colleghi alleati si omnes.
18 3 Non risulta una risposta telegrafica.
19 1 Del 5 luglio, non pubblicato.
19 2 Si tratta della Commissione di esperti per le frontiere albanesi (Galli per l'Italia, Laroche per la Francia, Temperley per la Gran Bretagna, Achida per ilGiappone), che si era riunita per la prima volta il 7 luglio.
19 3 Con T. 3843/331 del 12 luglio Bonin comunicava poi che l'occasione per la sospensione dei lavori si era presentata con la partenza di Laroche per la Svizzera, e questo avrebbe permesso di agire sul Governo britannico nel senso indicato.
19 4 T. 971 dello stesso giorno, non pubblicato.
IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, KWIATKOWSKI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
NOTA 1542. Roma, 11 luglio 1921.
Ainsi qu' il est à la connaissance du Gouvernement de Sa Majesté le roi, à la suite d'une décision prise le 23 mars 1921 par le Conseil suprème un projet de reformes financiòres a été élaboré ayant pour but le relevement de la situation économique de l'Autriche et le rétablissement de l'équilibre de son budget.
Or, il a été reconnu que la condition essentielle pour la mise en pratique de cette décision serait de renoncer pour un certain nombre d'années au privilège de premier rang établi par l'article 197 du Traité de St. Germain(1).
Se basant sur cette disposition du Traité et sur la note de la Commission des réparations du 21 mai 1920(2) au sujet de ce surcis le Gouvernement de la république d'Autriche se permet de s'adresser au Gouvernement de Sa Majesté le roi en le priant instamment de vouloir renoncer pour le couvrement des relief-bonds au moins pour la durée de 20 années à ses droits découlant de l'article 197 du Traité.
En portant ce qui précède à la connaissance de V.E. j'ai l'honneur de la prier de bien vouloir donner, vu la situation critique des finances autrichiennes, son adhésion aussit que possible.
IL MINISTRO A BERNA, ORSINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 2923/951 GAB. RIS. Berna, 11 luglio 1921 (perv. il 18).
Il frastuono provocato in questa stampa trilingue dalle parole dell'on. Mussolini al riguardo del Ticino(1)va calmandosi in seguito alle dichiarazioni dell'on. Giolitti alla Camera dei deputati, alle spiegazioni date ai giornali dall'on. Mussolini e all'azione moderatrice esercitata da questo Governo federale, dalla r. legazione e dal r. consolato generale in Lugano.
L'azione del Governo federale e in specie dell'on. Motta ha avuto di mira due scopi: anzitutto il moderare la polemica della stampa e quindi la resultante agitazione degli animi nel Cantone Ticino dove ognuno teneva a mostrarsi più dell'altro patriottico difensore dell'elvetismo di quel Cantone -in secondo luogo il riportare la discussione
sollevata dalle parole dell' on. Mussolini sul terreno suo naturale -come sempre io ho sostenuto ragionando con queste autorità e in pubblico -cioè su quello interno, dei rapporti tra la Svizzera italiana e le altre due parti, la francese e la tedesca, della Confederazione. È con soddisfazione che constato come lentamente questo modo di considerare la questione vada affermandosi non solo presso queste autorità, e presso questa stampa, come risulta dall'unito articolo del Vaterland scritto dall'autorevole v. Ernst amico dell'on. Motta, ma anche nelle manifestazioni pubbliche dell'on. Mussolini e del sig. Carmine, come risulta dalla recente sua intervista pubblicata dal Piccolo della Sera di Trieste del 5 corr. L'Italia ha sommo interesse a che dentro la Confederazione l'elemento italiano si affermi di fronte ai tedeschi ed ai francesi e prenda quel posto che gli compete, nel che il prestigio e la grandezza di Roma gli sarà di massimo ausilio -ma sarebbe fare il giuoco dei concorrenti manifesti e occulti del nostro paese qui e nel campo europeo il continuare discussioni di natura imperialistica e con mire di espansioni territoriali.
Opportunamente quindi a mio avviso il Consiglio federale nel preparare la risposta alla interpellanza Cattori e C. si è rivolto alle autorità cantonali a Bellinzona invitandole contrariamente alla corrente che dell'azione dei giovani ticinesi (es. Carmine) voleva farne un affare federale -a investigare sui vari punti di quella interpellanza che si riferiscono a fatti e a cose che si svolgono nel Cantone. Questo è stato un primo passo effettivo compiuto nella direzione suddetta. Le autorità cantonali stanno facendo un'inchiesta -che a quanto si dice condurrà a ben misere risultanze -e se provvedimenti dovranno essere presi, sarà questo affare del Cantone.
Dal punto di vista dei regnicoli italiani rimangono la minaccia di offese individuali, di atti di violenza, conseguenza dell'agitazione degli animi che atti considerati come provocazione possono ad ogni istante creare e il pericolo dell'espulsione dalla Confederazione. Alcuni di quegli atti di violenza si sono presentati nei giorni scorsi -ma non gravi. L'intervento del barone Acton presso le locali autorità di polizia, la calma del gruppo dei fascisti di Lugano (una quarantina in tutto) e il seguito che quei giovani hanno voluto spontaneamente dare ai consigli di prudenza che la r. legazione e il r. consolato generale hanno fatto loro pervenire hanno evitato, finora almeno, maggiori inconvenienti. Cosicché la minaccia di uno scioglimento di quel «fascio» e di espulsioni dei singoli membri appare oggi alquanto allontanata.
Prima di chiudere il presente rapporto V.E. mi permetta che io ritorni su alcuni accenni che ricorrono nella mia corrispondenza sull'argomento, telegrafica e per posta: cioè all'azione di alcuni giornali e persone che io considero elementi, per risoluzione presa e più o meno disinteressata, perturbatori dei buoni rapporti tra l'Italia e la Confederazione. Pongo tra i primi Popolo e Libertà di Bellinzona e il Corriere del Ticino -alla testa dei secondi il signor Adolfo Carmine.
Il Popolo e Libertà è organo dei conservatori cattolici ticinesi, il Corriere del Ticino si dice organo della Camera di commercio ticinese. Da informazioni prese mi risulta che il primo sta sotto l'influenza dei cattolici svizzeri, austriacanti in passato, oggi paladini di Carlo d'Absburgo. Il Corriere del Ticino versa in tristi condizioni finanziarie e il sussidio che riceveva dalla Camera di commercio suddetta (mi si dice) sarebbe venuto mancargli. Il direttore Defilippis ha abbandonato il giornale -gli articoli pieni di fiele e decisamente rivolti allo scopo di creare nel Ticino uno stato d'animo anti-italiano, come nell'Alto Adige, sono opera di un giovane: Camponovo di Mendrisio. Cercherdi raccogliere su questo giovane e sui moventi che ne ispirano la campagna ai danni del nostro paese piprecise informazioni. Ma non credo di chiudere del tutto gli orecchi a quanti oggi mi dicono esser esso strumento di quella «centrale» cattolica, pangermanista in Germania ed in Austria, absburgofila nei limiti della estinta duplice monarchia, che semina ovunque zizzania ai nostri danni.
Quanto al Carmine le informazioni fornitemi da cotesto r. Ministero lo dipingono come un individuo che sarebbe desiderabile non aver in casa propria. Se egli è tanto preoccupato della germanizzazione del proprio Cantone, se la difesa della italianità del Ticino gli sta tanto a cuore, perché non torna egli in patria a lottare, invece di correre per l'Italia, per le stazioni balneari conducendo una vita non certo esemplare con i quattrini messi assieme, Dio solo sa come, e causando con le sue elucubrazioni, di tanto in tanto, polemiche che certo non giovano ai rapporti tra i due paesi, ai regnicoli che qui emigrano e alla stessa causa dell'italianità del Ticino? È per vanità personale che egli compie la sua missione perturbatrice? Oppure per ragione d'interesse materiale? E presumibilmente per conto di chi?
21 1 Per l'art. 197 del Trattato di Saint-Gennain (10 settembre 1919), con riserva delle eccezioni eventualmente consentite dalla Commissione riparazioni, un privilegio di primo grado sarebbe stato costituito su tutti i beni e i redditi dell'Austria, per assicurare il pagamento delle riparazioni e delle altre obbligazioni. Vedi Trattati e convenzioni, voi. 24, n. XIV.
21 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
22 1 Si tratta evidentemente del discorso di Mussolini del 21 giugno alla Camera (vedi qui D. 10, nota I).
IL SEGRETARIO A WASHINGTON, GEISSER CELESIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3898/336. Washington, s.d. (perv. ore 11 del 15 luglio 1921).
Dipartimento di Stato ha emanato ieri sera seguente comunicato ufficiale circa questione disarmo:
«Il presidente in vista della importanza grandissima per il futuro della limitazione degli armamenti, ha domandato in via ufficiosa una precisa ( ...) al gruppo delle potenze che è conosciuto sotto il nome Alleati principali e potenze associate, e cioè: Inghilterra, Francia, Italia, Giappone di informarlo se sarebbe loro accetto di prendere parte ad una conferenza sull'argomento, da tenersi a Washington in epoca da stabilirsi di comune accordo(1). Se tale proposta verrà accolta favorevolmente, saranno diramati gli inviti ufficiali per tale conferenza. Sicuro che la questione della limitazione degli armamenti è in diretta relazione coi problemi del Pacifico e dell'Estremo Oriente ed il presidente ha suggerito che le potenze interessate pidirettamente in tale questione intraprendano durante la conferenza proposta (manca) leale di quanto puavere importanza per la soluzione delle questioni stesse allo scopo di addivenire ad un accordo
rispettando i principi e la politica dell'Estremo Oriente. Quanto sopra è stato comunicato alle potenze interessate ed anche la Cina è stata invitata a prendere parte alla conversazione circa l'Estremo Oriente(2).
23 1 Questo invito informale fu inviato dal segretario di Stato statunitense Hughes, in data 8 luglio, ai rappresentanti diplomatici di Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone, e il 10 luglio alla Cina, per i problemi del Pacifico. Ad esso avrebbe poi fatto seguito I' 11 agosto un secondo invito formale alle quattro maggiori potenze interessate, cui si sarebbero successivamente aggiunti Belgio, Olanda e Portogallo, nonché la Cina per le discussioni sul Pacifico e l'Estremo Oriente.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3859/337 URO. Parigi, 13 luglio 1921, ore 11,30 (perv. ore 16).
Ambasciata britannica invia oggi alla Conferenza ambasciatori comunicazione della quale invio testo con corriere di ( ...)(1). Richiamandosi a mia riserva fatta in Conferenza ambasciatori circa posizione speciale in Albania dichiara che Governo inglese senza far valere alcuna rivendicazione speciale circa futuro statuto dell'Albania, non è disposto di riconoscere alcun interesse speciale in Albania a favore qualsiasi altro paese(2).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A WASHINGTON, TOKIO, LONDRA E PARIGI E ALLA LEGAZIONE A PECHINO
T.989. Roma, 13 luglio 1921, ore 20.
(Per Washington) Suo telegramma n. 3381(1).
(Per tutti) Ad analoga comunicazione verbale di questo incaricato d'affari degli Stati Uniti ho risposto che Italia accoglie con simpatia proposta conferenza riduzione armamenti augurando che iniziativa presidente Harding raggiunga pieno risultato.
(Per tutti meno Washington) Quanto precede per sua opportuna notizia.
23 2 La Conferenza di Washington si sarebbe aperta l' 11 novembre 1921 per concludersi il 6 febbraio 1922. Vi furono concordati numerosi trattati: I) delle quattro potenze -Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone -per il mantenimento dello status quo nel Pacifico ( 13 dicembre 1921 ); 2) dello Shantung, per la restituzione di questa regione alla Cina ( 4 febbraio 1922); 3) per la limitazione degli armamenti navali, fra Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone (6 febbraio 1922); 4) per l'impiego dei sottomarini e per la protezione della vita dei neutri e dei non combattenti in mare e il divieto d'impiego di gas (id.); 5) delle nove potenze -Stati Uniti, Belgio, Gran Bretagna, Cina, Francia, Italia, Giappone, Olanda, Portogallo -per il rispetto dell'indipendenza e dell'integrità territoriale della Cina con «porta aperta» per tutte le nazioni (id.) e 6) per la revisione delle tariffe doganali cinesi (id.). Il testo dei trattati cui prese parte l'Italia è edito in Trattati e convenzioni, voi. 28, Roma, Tip. del Ministero degli affari esteri, 1931, nn. III, IV, V, VI.
24 1 Non rinvenuto.
24 2 Con T. 3890/848 del 14 luglio da Londra De Martino informava perdi aver avuto affidamento dal Foreign Office che «il delegato inglese Parigi non solleverà più questioni a proposito di Saseno». Vedi poi D. 45
25 1 Con tale telegramma senza data, pervenuto a Roma il 13 luglio, Rolandi Ricci aveva confermato l'invito ufficiale del presidente degli Stati Uniti per la conferenza da tenersi a Washington sulla riduzione degli armamenti. Si veda anche D. 23.
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3907/332. Berlino, 14 luglio 1921, ore 9,20 (perv. ore 16 del 15).
Lieto notificare a V.E. che oggi sono finite trattative per accordo commerciale con Germania. Esse durarono oltre tre mesi attraverso difficoltà politiche che V.E. conosce, attraverso difficoltà economiche ignorate, ma non meno gravi. Fino all'ultimo momento si temette rottura causa viva irriducibile opposizione ministro economia nazionale diretta da vice cancelliere Reich. Debbo ottimi rapporti personali Wirt e Rosen loro decisivo favorevole intervento.
Nostra delegazione tecnica calcola con questo accordo esportazione italiana potrà superare miliardo lire con vantaggio sul passato di oltre 700 milioni lire. Attendo approvazione Ministero del commercio per firmare.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3877/470. Costantinopoli, 14 luglio 19 21, ore 15, 15 (perv. ore 19,40).
Mio telegramma n. 469(1).
Mi giunge in questo momento nota dell'incaricato d'affari britannico con la quale trasmette questionario rivolto per suo tramite dal generale Harrington agli alti commissari alleati allo scopo di richiedere sollecitamente dai Governi rispettivi norme circa impiego truppe alleate nell'eventualità di dirette minaccie kemaliste contro Costantinopoli e Dardanelli. Harrington pur riconoscendo che nel momento attuale non vi sono indizi da fare ritenere una simile azione kemalista come di attuazione immediata, osserva con insistenza che essa potrebbe assai probabihnente avverarsi (anche per effetto delle sempre piincalzanti pressioni bolsceviche) qualora offensiva greca si risolvesse in rotta oppure se greci si ritirassero volontariamente. Egli dichiara in maniera decisa di non avere truppe sufficienti per resistere efficacemente ad un'azione in forze dei kemalisti sulla zona di Costantinopoli e degli Stretti e, facendo presenti difficoltà di ritirare le truppe dopo averle eventualmente impegnate, nonché pericolo che deriverebbe anche alla popolazione cristiana della capitale dai torbidi che accompagnerebbero certamente la su accennata azione, chiede che gli si diano in tempo le necessarie direttive affinché sappia se si intenda inviargli grossi rinforzi di cui avrebbe bisogno per essere pronto a qualunque evenienza, e se, in caso negativo, debba eventuahnente impegnarsi o meno a fondo nella resistenza. Generale Harrington dichiara aver preso intanto, in attesa delle chieste istruzioni, tutte le necessarie disposizioni per resistere ad una eventuale avanzata nella penisola di Ismid. Mentre mi riservo telegrafare confermo urgenza agire su Londra per evitare che eventuali passi inconsulti inglesi qui, possano trascinarci nostro malgrado dove non vogliamo arrivare.
27 1 Del 14 luglio, non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3891/849. Londra, 14 luglio 1921, ore 20,25 (perv. ore 4 del 15).
Mio telegramma 834(1).
Ho discorso a lungo con Curzon dell'Albania spiegandogli estesamente nostro punto di vista. Curzon si dichiardisposto a esaminare la formula che gli presentavo, ma osservche gli sembrava molto difficile conciliare la dichiarazione dell'indipendenza Albania con un impegno di non rispettare tale indipendenza in determinate circostanze poiché ciò equivarrebbe riconoscere uno speciale diritto di ingerenza a favore Italia. Egli fece anche l'obiezione della Lega delle Nazioni: ammettendo Albania nella Conferenza le si è riconosciuto indipendenza assoluta. Ho replicato con argomenti ben noti. Siamo restati intesi che avrei presentato formula(2). Poiché dai telegrammi di Bonin risulta essere più facile intendersi con Parigi che con Londra, mi sembra procedura logica sia di concretare formula prima con Parigi secondo il suggerimento contenuto nel mio telegramma n. 803 del 5 corrente(3). Non comprendo quale obiezione può esserci. Lavoro qui sarebbe certamente facilitato. Se necessario Quai d'Orsay potrebbe subordinare sua accettazione definitiva al consenso inglese.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3894/342. Parigi, 14 luglio 1921, ore 20,25 (perv. ore 9,30 del 15).
Telegramma di V.E. n. 980(1).
Laroche da noi richiesto ha fatto ieri a Galli seguente testuale dichiarazione: «Governo francese ritiene che riconoscendo il Regno dei S.H.S. e firmando con suoi Alleati differenti trattati relativi alla costituzione territoriale di detto Regno, ha, per questo fatto, riconosciute la incorporazione del Montenegro nello Stato serbo croato sloveno. Esso ha percitroncato ogni relazione con l'ex dinastia montenegrina e considerato inoltre che tale stato di cose è stato ancora consacrato dal voto della costituzione del Regno jugoslavo».
Laroche aveva promesso dare ieri sera conferma di Briand. Non avendolo fatto né essendovi oggi modo ( causa festa nazionale) ottenere promessa conferma telegrafo ad ogni buon fine testo dichiarazione Laroche riservandomi domani conferma Briand ed eventuale modificazione.
28 1 Del 12 luglio, non pubblicato.
28 2 Vedi D. 145.
28 3 Vedi D. 2.
29 1 Del 12 luglio, con il quale Torretta aveva chiesto alle ambasciate a Parigi e Londra di conoscere «di urgenza in modo preciso» il pensiero di quei Governi sulla questione montenegrina. Con T. 3889/847 dello stesso 14 luglio De Martino infonnava che anche il Governo britannico, dopo aver constatato la regolarità delle elezioni montenegrine, aveva riconosciuto l'unione del Montenegro alla Serbia (proclamata già il 12 novembre 1918 dall'Assemblea nazionale montenegrina, con la deposizione della dinastia regnante, Petrovič-Njegoš).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA, AL GOVERNATORE DI RODI, MAISSA, E ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 992. Roma, 14 luglio 1921, ore 22.
Questo ministro Grecia mi ha chiesto per iscritto d'ordine suo Governo essere informato circa estensione zona costiera Asia Minore occupata da Italia nella quale sono perciò V.E.ati ai terzi atti di guerra. Ha aggiunto che in seguito ritiro truppe italiane da Adalia(1), questa città non potrebbe ormai essere considerata che come territorio ottomano e doversi considerare quindi abolita ogni restrizione per azioni che necessità militari imponessero alla Grecia. Ho risposto che recenti spostamenti truppe italiane non possono mutare precedente situazione. Che in seguito ritiro presidio militare italiano da Adalia, r. Governo ha provveduto mediante unità navali alla sorveglianza costiera della zona priorità economica riconosciuta all'Italia ed una nave italiana staziona porto Adalia.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3909/471. Costantinopoli, 14 luglio 1921, part. ore 12, 20 del 15 (perv. ore 19,40).
Miei telegrammi 469(1) e 470(2).
Mi risulta ammiraglio De Robek, la cui partenza da Cospoli(3), prevista pel 15 corrente, non solo la ha contromandata ma ha preso disposizioni per far venire qui altra nave da Malta. Dal canto suo generale Pellé ha chiesto telegraficamente a Parigi sospendere ordine già emanato pel richiamo di alcune unità navali francesi attualmente Cospoli.
Data la incostanza della politica orientale britannica sembrami per noi assai opportuno esser presenti in questa zona con quanti maggior mezzi possibili compatibili con nostre altre esigenze di varia natura. Considerando pertanto che le ragioni che motivarono invio «Duilio» ad Adalia sono in massima parte cessate, prospetto alla E.V. convenienza disporre d'accordo con Ministero della marina venuta suddetta nave a Cospoli.
30 1 Il ritiro del presidio italiano da Adalia era avvenuto il pomeriggio del 5 luglio (vedi D. 4).
31 1 Del 14 luglio, non pubblicato.
31 2 Vedi D. 27.
31 3 È la forma abbreviata di Costantinopoli.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3932/1868. Durazzo, 15 luglio 1921, ore 11,30 (perv. ore 14, 15 del 16).
Ho fatto rallegramenti a Ilias Vrioni per successo voto Camera e gli ho ricordato sue parole circa migliore possibilità per nuovo Governo di prendere decisioni relative oggetto della seconda parte telegramma di V.E. n. 746(1).
Rispose mantenere lo stesso parere e avrebbe al più presto convocato a tale scopo Consiglio dei ministri.
Indi poscia ministro esteri mi disse esser convinto necessità accordo con Italia al quale dedicherà subito sua attività. Gli diedi comunicazione suddetto telegramma n. 746 e approfittai per chiarire circostanze e fatti che non conoscevo. Visitai pure ministro interni Soleiman Delvino felicitandomi sua presenza Consiglio dei ministri presso il quale avrebbe potuto fare opera conforme impegno secondo allegato protocollo Tirana. Egli assicuressere animate dai migliori sentimenti e promise adoperarsi a tale scopo.
Trattative a Parigi producono qui generale preoccupazione e rendono naturali simili dichiarazioni alle quali attribuisco poco valore. Nuovo Governo non comprende frattanto uomini con indirizzo deciso e carattere per propugnarlo. Consuete deliberazioni daranno elementi per giudicare ma per ora mantengo parere espresso mio telegr. 1526(2).
Spedisco per posta testo cifrato.
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 334. Berlino, 15 luglio 1921 (perv. ore 23).
Confermo a V.E. che qualora l'Italia votasse al Consiglio Supremo per attribuire Alta Slesia alla Germania eccetto distretti Pless e Ribnick sarei in grado ottenere nostro paese ingentissima quantità di carbone per la durata di 30 anni prezzo interno germanico. Ciò costituirebbe evidentemente ausilio potentissimo nostre industrie. Se V.E. prendesse in considerazione questa proposta prego telegrafarmi subito. In ogni modo proporrei colloquio con V.E. Torino quando farà viaggio per il Consiglio Supremo.
32 1 Del 31 maggio, a finna Sforza. Chiedeva di conoscere i reali intendimenti del Governo di Tirana per la conclusione di accordi italo-albanesi in vista del prossimo esame della questione albanese da parte della Conferenza degli ambasciatori e del Consiglio Supremo.
32 2 Del 26 giugno, con il quale Castoldi osservava tra l'altro: «Se Governo sarà di concentrazione, come si prevede, ritengo ancora avremo da fare con uomini per i quali la responsabilità di decidere vincerà ogni altro timore».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, GASPAROTTO
T. POSTA 44039/1108 RR. URG. Roma, 15 luglio 1921.
Dopo il ritiro delle nostre truppe da Adalia(1)restano in Asia Minore, come è noto a V.E., i reparti scaglionati da Scalanova al Ponte Aidin lungo la valle del Meandro e dipendenti dal Comando di Sokia.
Questi reparti si trovano a contatto colle truppe greche lungo la linea di demarcazione fissata, dopo i noti incidenti, dal protocollo di Ayassoluk del 9 luglio 1920(2). La funzione delle nostre truppe dal punto di vista politico è ( a parte quella di concorrere con gli Alleati all' occupazione di determinati punti del territorio ottomano in seguito alle stipulazioni della Convenzione d'armistizio) di rappresentare la bandiera italiana nella zona di priorità economica riconosciuta all'Italia dagli accordi internazionali, e nel tempo stesso di impedire l'inoltrarsi nella detta zona delle truppe greche operanti contro le forze nazionaliste turche. Le nostre forze si sono così trovate quasi incuneate fra i due belligeranti, costituendo una specie di zona neutra che è stata alternativamente di vantaggio agli uni e agli altri. Il lodevolissimo contegno dei nostri soldati ed ufficiali che hanno saputo accattivarsi le simpatie della popolazione locale sviluppandone i sentimenti di amicizia per il nostro paese ha fatto sì che la nostra occupazione è stata ben vista dai turchi e non ha costituito finora per noi alcuna preoccupazione per eventuali pericoli derivanti da agitazioni locali, attacchi di bande o pressioni delle forze turche, e cimalgrado l'esiguità dei nostri contingenti.
Senonché oggi, pur rimanendo invariate le considerazioni politiche che giustificano la presenza delle nostre truppe in Anatolia, l'intensificarsi delle operazioni militari greco-turche potrebbero determinare nel caso di gravi insuccessi greci la doppia eventualità o che reparti greci per sfuggire alla pressione del nemico si riversassero in massa o al di là della nostra linea, o che le truppe turche sviluppando le loro fortunate operazioni coinvolgessero i nostri isolati reparti in azioni belliche. La prima eventualità ci esporrebbe molto probabilmente a conflitti con i turchi se in un modo o nell'altro fossimo costretti a proteggere gli elementi greci dispersi. La seconda eventualità è resa probabile non solo dall'attuale spirito di assoluta intransigenza e xenofobia che anima il Governo di Angora e che si è ripercosso sfavorevolmente nei nostri rapporti politici con lo stesso Governo, ma anche dal desiderio facilmente comprensibile che potrebbe sorgere nei dirigenti militari turchi ( o anche in un Comando isolato) di ottenere un facile successo. A parte la necessità di evitare qualsiasi diminuzione del nostro prestigio che potrebbe derivare dalle sopradette eventualità, è molto probabile che il verificarsi di queste porterebbe delle ripercussioni notevoli anche dal punto di vista politico generale. E percipur ripetendo a
V.E. che nulla è mutato nelle ragioni politiche da cui è determinata l'occupazione della valle del Meandro da parte delle nostre truppe, ritengo doveroso chiedere al competente giudizio di codesto Ministero l'esame della situazione dal punto di vista tecnico e militare per ovviare in tempo opportuno ad eventuali pericoli, consigliando quelle misure che valgano a garantire la sicurezza dei nostri soldati. Tanto piche, per quanto risulta a questo Ministero, l'attuale corpo di spedizione, residuo di forze di maggiore importanza, sarebbe ora venuto a trovarsi sproporzionatamente appesantito da un numero forse eccessivo di Comandi e di Servizi e frazionato in molti reparti di armi differenti, ciò che ne diminuirebbe tanto l'efficienza bellica che la libertà di movimenti.
Debbo infine far presente a V.E. che, ove per garantire la sicurezza delle nostre truppe fosse indispensabile a suo giudizio rinforzarle con altri contingenti, l'invio di nuove forze, a parte le ripercussioni politiche generali cui potrebbe dar luogo, avrebbe certamente un carattere di ostilità verso il Governo di Angora, e quindi ci esporrebbe a delle eventualità militari che occorrerebbe esser pronti a fronteggiare con forze di assai considerevole importanza, come l'esperienza greca ha dimostrato.
D'altra parte la soluzione opposta di un ritiro immediato e completo di tutte le nostre truppe, oltre ad essere pregiudizievole per le considerazioni d'ordine politico pisopra riportate, avrebbe presentemente nell'opinione pubblica italiana un'eco che non è possibile non prendere in considerazione e produrrebbe all'estero specialmente in Oriente un serio danno al nostro prestigio.
Nella fiducia di aver prospettato a V.E. la questione in tutti i suoi lati, attendo dalla sua autorevole competenza l'indicazione dei provvedimenti piacconci alla delicata situazione del momento(3).
34 1 Avvenuto il 5 luglio 1921 (vedi D. 4).
34 2 Il Protocollo di Ayassoluk era stato firmato da una Commissione mista il 22 luglio 1920 e approvato dai due Governi nell'ottobre successivo. Gli incidenti in riferi!llento si erano verificati-il 3 luglio 1920 ad Arvalia e il 16 luglio a Kurfaly -sulla linea di demarcazione che delimitava le zone di occupazione greca e italiana in Anatolia (accordo Tittoni-Venizelos del 29 luglio 1919, art. 4).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, A LONDRA, DE MARTINO, E A BERLINO, FRASSATI
T. 1014. Roma, 17 luglio 1921, ore 24.
Questo ambasciatore di Francia mi ha rimesso lungo e dettagliato promemoria col quale situazione Alta Slesia viene descritta come estremamente grave a causa dell'atteggiamento del generale Hoefer e dell'organizzazione delle bande tedesche. Governo francese pensa d'inviare in Alta Slesia nuove truppe per assicurare ordine e chiede se Governo italiano è disposto fare altrettanto. Governo francese propone inoltre riunione immediata a Parigi di un Commissione d'esperti per preparare tutti gli elementi di giudizio per giungere ad una soluzione comune della questione. Governo francese chiede infine che vengano date istruzioni al r. ambasciatore a Berlino perché venga intimato al Governo tedesco di prendere immediatamente tutte le misure per la dispersione delle bande composte di elementi estranei al paese e tutte quelle disposizioni atte a rendere
praticamente eseguibili le decisioni degli Alleati e le stipulazioni del Trattato di Versailles. Ho risposto al signor Barrère:
1) Che regio Governo non intendeva inviare nuove truppe in Alta Slesia(1) e che a mio giudizio l'invio di nuove truppe francesi poteva aggravare situazione invece di migliorarla.
2) Che era interesse generale risolvere in modo rapido questione Alta Slesia e che percipur aderendo alla riunione della progettata Commissione bisognava evitare che essa prolungasse suoi lavori tanto più chequestione Alta Slesia era ormai nota in tutti i suoi particolari. Ho aggiunto che con ogni probabilità Commissione esperti non sarebbe pervenuta ad un risultato pratico se Governo francese avesse continuato a mostrarsi intransigente.
3) Che nell'interesse generale di evitare pigrandi complicazioni avrei dato istruzioni al r. ambasciatore a Berlino di far passi presso Governo tedesco perché questo pieghi tutta sua autorità ed influenza onde situazione così pericolosa in Alta Slesia possa migliorare.
(Per Berlino) Prego V.E. voler agire nel senso indicato al n. 3(2).
34 3 Per il seguito vedi D. 146.
IL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4013/2825/492. Adalia, 17 luglio 1921, part. ore 12,30 del 19 (perv. ore 18).
Miei telegrammi nn. 2687/373(1) e 2785/384(2).
Anche stanotte sono stati arrestati parecchi ortodossi e fatti subito partire per l'interno. Credo che mie dichiarazioni di ieri a mutessariff abbiano fatto litare per il momento le deportazioni. Mutessariff mi ha assicurato che non si vogliono prendere rappresaglie crudeltà greche, ma solo allontanare Stato Adalia alcune persone pericolose per la sicurezza dello Stato. A parte falsità ultima affermazione io ritengo che gli internamenti qualora si vedrà che ci litiamo a protestare continuerebbero. Si dice entro un mese debba essere internata tutta la popolazione ortodossa, donne comprese. Persecuzione contro ortodossi ottomani si estende anche a nostri protetti delle isole e di religione ortodossa. Si persiste a non volere rilasciare i tre oriundi di Castelrosso
che sono stati arbitrariamente arruolati. Ad altri oriundi isole è stato tolto passaporto ed è stato loro proibito d'imbarcarsi. Si cerca di entrare con inganni nelle case nostri protetti piantonate dai marinai e di compiere arresti. Poliziotto travestito è riuscito a penetrare in una casa e vi ha percosso delle donne. È vana ogni opera persuasione presso queste autorità che si trincerano dietro ordine Governo Angora basato sulla mancanza riconoscimento da parte turchi dell'annessione all'Italia del Dodecanneso e Castelrosso. Se non si passerà a gravi minaccie o addirittura a misure coercitive nulla si potrà ottenere e perderemo ultimi resti nostro prestigio(3).
Roma Rodi Cospoli Sokia informati. ·
35 1 Parere contrario all'invio di altre truppe in Alta Slesia era stato fonnulato da De Marinis (T. 3946/2139 del 16 luglio da Oppeln).
35 2 Con T. 3998/338 del 18 luglio Frassati comunicava poi di essere intervenuto nel senso indicato presso il ministro degli esteri tedesco, che si era mostrato indignato per il contenuto del promemoria francese, dichiarato completamente falso.
36 1 De11'8 luglio, non pubblicato.
36 2 Del 16 luglio, con il quale Faralli aveva già riferito di arresti e deportazioni della popolazione maschile ortodossa da parte delle autorità turche e di un suo intervento presso il mutessariff in difesa dei sudditi e protetti italiani, ma anche del suo accordo con il comandante della nave «Duilio» per un eventuale invio a terra di truppe da sbarco.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 3985/354. Parigi, 18 luglio 1921, ore 21 (perv. ore 8,14 del 19).
In seguito conversazione avuta da Galli con Kammerer (mio telegramma n. 345)(1) ho creduto opportuno di vedere Berthelot e approfittando dell'occasione che L 'Eclair di stamane felicitava Briand di aver conchiuso un accordo con Bekir, gli chiesi di dire francamente come stavano le cose. Berthelot mi rispose che Briand aveva effettivamente avuto conversazioni con Bekir e Rechad ma che nessun accordo era stato conchiuso non sapendo nemmeno quale autorità avessero quei signori per impegnarsi. Scopo precipuo conversazioni era stato determinare situazione pacifica in Cilicia. Governo francese aveva poi esplicitamente dichiarato ai due turchi che per evidente dovere lealtà verso Alleati, non poteva prendere intese circa questioni di indole generale. Dissi allora a Berthelot che quello che pimi interessava era di sapere che cosa Briand avesse detto a Bekir circa Tripartito. Berthelot dopo aver detto che conversazioni erano state condotte dallo stesso Briand, mi diede confidenzialmente lettura di un brano di telegramma diretto a Franklin Bouillon a Beirut nel quale viene riassunta quella parte della conversazione. Franklin Bouillon, egli mi ripeté, non ha nessuna missione né nessun potere di negoziare, ma avendo egli inviato suoi progetti di azione, gli si telegrafava in risposta sunto di queste conversazioni per sua norma e perché egli aveva mezzo di informare i suoi amici di Angora. Briand aveva dunque detto a Bekir che circa zona economica Governo francese sarebbe stato disposto abbandonare, in quanto la riguarda, formula zona influenza sostituendola con concessione precisa nominativa menzionata e offerta dalla Turchia. Per lealtà verso gli Alleati, Francia non rivendicherebbe né accetterebbe nessuna concessione all'infuori della regione sulla quale Alleati stessi dichiararono non entrare in concorrenza con essa per la messa in valore. Berthelot mi aggiungeva che questa comunicazione di Briand a Bekir lasciava intatti nostri
interessi atteso che ribadiva concetto fondamentale del Tripartito che è quello appunto della reciproca rinunzia tra Alleati a farsi concorrenza in determinate zone. Gli osservai che se ciera vero, in pratica, nondimeno quella dichiarazione ai turchi indeboliva nostra posizione ove volessimo insistere per loro riconoscimento Tripartito. perciò sarebbe stato piconfonne a intelligenze fonne corse fra i due Governi, se prima di parlare così con i turchi, Briand ci avesse avvertito. Berthelot dopo breve esitazione mi diede ragione, aggiunse che ne farebbe osservazione da parte mia a Briand al suo ritorno. Mi assicurava intanto che se contro ogni sua attesa dovessimo realmente trovarci indeboliti nei nostri negoziati, Governo francese farà tutto quanto sarà in suo potere per appoggiarci. Ho capito che Berthelot non approva troppo le conversazioni avute da presidente del Consiglio. Mia opinione è che essendovi scarse speranze così per la Francia come per noi di far accettare dai turchi il Tripartito, sarà nostra buona politica di sostenerne fennamente il rispetto fra Alleati, ma di prendere di fronte ai turchi atteggiamento analogo a quello della Francia, preparandoci fin da ora a sfruttare concessioni che ci saranno attribuite.
36 3 J Con T. 4042/396 del 20 luglio Faralli comunicava poi di aver provveduto ad imbarcare su un piroscafo italiano di passaggio alcuni oriundi del Dodecanneso e di Castelrosso ritenuti maggiormente in pericolo.
37 1 Del 17 luglio, non pubblicato.
GIOVANNI BELLI(1)AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4027/186. Belgrado, 19 luglio 1921, ore 21 (perv. ore 2,50 del 20).
Stamane dottor Ninčic, presidente delegazione jugoslava(2)ha firmato processo verbale ove sono riassunti argomenti sui quali è intervenuto accordo, quelli in sospeso e quelli ancora da trattare. Detto processo verbale costituisce così la sintesi attività fino ad ora svolta dalla Conferenza. Al processo verbale sono allegati articoli trattato di commercio sui quali è intervenuto accordo debitamente parafato nonché testo concordato convenzione repressione contrabbando parimenti parafato. Dottor Ninčic si è mostrato animato dalle migliori intenzioni di addivenire a sollecita conclusione trattato sottolineando difficoltà che hanno finora impedito pirapido svolgimento lavori. Egli ha espresso fiducia che lavori ora aggiornati(3)per assenza quasi tutti delegati jugoslavi e nostro presidente si possano riprendere primi di settembre. Circa pesca ho insistito per ottenere lettera a firma Ninčic nella quale siano riferiti estremi accordi riservandomi riferire al riguardo. Data odierna situazione ritengo che mia presenza qui non sia più necessaria sicché fra qualche giorno ove non intervengano contrarie disposizioni codesto Ministero, farò ritorno costà. Prego comunicare presente telegramma Ministero del commercio.
38 1 Funzionario del Ministero dell'industria e del commercio.
38 2 Ufficialmente «del Regno S.H.S.» (dei serbi, croati, sloveni). Costituito il 1° dicembre 1918, sotto la reggenza di Alessandro Karageorgevif, il Regno S.H.S. avrebbe poi preso ufficialmente il nome di Iugoslavia sotto Alessandro I, nel 1929.
38 3 Con T. 3928/167 del 16 luglio, il segretario Cora aveva comunicato la richiesta iugoslava di un breve aggiornamento dei lavori della Conferenza.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4055/361. Parigi, 20 luglio 1921, ore 15,20 (perv. ore 23, 10).
Rilevo dal Daily Telegraph qualche accenno a garanzie della Società delle Nazioni per la città di Valona affinché essa non abbia a divenire base contro l'Italia ed a garanzia sull' Albania in caso di conflitto balcanico.
Ignoro il pensiero di V.E. per tale punto privo tuttavia di qualunque istruzione. Personalmente ritengo che ogni ingerenza diretta od indiretta della Società delle Nazioni nella questione albanese sarebbe a nostro danno e potrebbe riprodurre aggravandoli gli inconvenienti della internazionalizzazione albanese del 1913(1). Debbo altresì far presente che Laroche nelle conversazioni con Galli ha manifestato la sua contrarietà a qualunque intervento della Società delle Nazioni e quando è stata occasione di accennare a possibili garanzie per qualche punto particolare (ferrovia Danubio-Adriatico, Bojana ecc.) parlato unicamente di garanzie delle tre potenze.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4056/364. Parigi, 20 luglio 1921, ore 21,55 (perv. ore 7,50 del 21).
Miei telegrammi nn. 331(1) e 356(2) del 12 e 18 corr.
Credo doveroso ricordare a V.E. che fra quattro giorni Laroche tornerà da Berna e riunioni esperti Albania dovranno essere riprese(3). Esiste dissenso per le frontiere sud e per trattare questione contemporaneamente a statuto. Ignoro se esperto inglese abbia ricevuto istruzioni accostarsi punto di vista espresso da esperti francese ed italiano. Ma soprattutto discussione concreta per il riconoscimento dei nostri interessi non è neppure cominciata non avendo V.E. ancora determinato la formula di concordare prima con il Quai d'Orsay e che sarà successivamente difficile far poi accettare al Foreign Office siccome osserva anche De Martino. Ho espresso la opportunità di avere il testo di detta formula fin dal 14 giugno, ne ho precisato la necessità il 22 giugno ed il 4 luglio e l'ho sollecitato in ultimo con i telegrammi cui mi riferisco in principio del presente. È inoltre da (manca) che se V.E. desidera tuttora che la Commissione esperti continui i suoi lavori senza il previo riconoscimento degli interessi italiani e se non sono presto
munito di una fonnula a tale effetto dovremo trovare pretesto dilatorio e ne sorgerà facilmente accusa di essere noi soli causa di nuovo lungo ritardo nella soluzione del problema albanese tanto più invista sospensione lavori della Conferenza degli ambasciatori dal 30 luglio a circa metà settembre(4).
39 1 Vedi D. 2, nota 4.
40 1 Vedi D. 19, nota 3.
40 2 In realtà del 19 luglio, non pubblicato.
40 3 Vedi D. 19.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4092/373 RR. Parigi, 21 luglio 1921, ore 20,20 (perv. ore 10, 10 del 22).
Briand nella conversazione che ebbi con lui iersera(1) si dolse vivamente del Governo inglese. Ed egli mi disse vuole spadroneggiare e adoperare un linguaggio imperatorio che egli non puammettere, per cialcune volte ha dovuto restituire le note ricevute; ad altre ha contrapposto un assoluto silenzio. Ora egli mi dice occorre diffidare assai delle intenzioni inglesi su Costantinopoli. Concentramento Comando militare in mano inglese e modo onde essi accennano ad usare armi celano serio pericolo. Gli chiesi se egli volesse dire che Inghilterra si propone di stabilire greci a Costantinopoli; egli mi rispose in modo da farmi capire che suo timore è che inglesi vi si stabiliscano essi medesimi. Mi disse che sperava che noi non ci lascierernmo indurre a fare campagna con essi contro i kemalisti. A cirisposi che era certo che nessun pensiero di questo genere albergava nella mente del r. Governo; sole misure da noi prese a Costantinopoli erano sostituzione della nave antiquata che vi si trovava con altra pirecente, ed invio contingente già ad Adalia, di scarsissima importanza. Nessun Governo italiano si imbarcherebbe del resto in avventure. Briand concluse che era più chemai necessario Francia e Italia agissero in pieno accordo.
Nel corso della conversazione io accennai all'atteggiamento preso dall'Inghilterra nella questione albanese, egli mi disse, come già Berthelot, che quello era un mezzo per premere sopra di noi. Se non che Briand era preoccupato dalle voci che corrono nella stampa inglese e nella nostra e che forse a lui giungono anche da fonte piautorevole, di un'azione inglese per indurci ad accostarci alle vedute del Governo inglese e a farci abbandonare nostro atteggiamento benevolo verso i turchi. Quanto Briand mi disse prova che egli non solo è disposto ma desidera intendersi anche picompletamente con noi per gli affari d'Oriente e fare colà una politica comune che potrebbe forse estendersi altrove. La campagna del Daily Telegraph e l'eco che trova nella stampa italiana pufar credere che analoghi inviti ci vengano da Londra. V.E. in tal caso potrà scegliere tra due vie. Non posso pertacere che a mio modo di vedere ci sarà più facile intenderci con la Francia che ha pidell'Inghilterra bisogno del nostro appoggio e con la quale abbiamo maggiore armonia di interessi atteso che caposaldo
della politica inglese sarà sempre l'ingrandimento della Grecia pericolosissimo alla nostra situazione mediterranea e la depressione della Turchia che per tutta la nostra politica coloniale dobbiamo invece cercare di conciliarci.
40 4 La urgente necessità di definire la posizione italiana sarà confennata ancora da Bonin con T. 4073/369 del 21 luglio.
41 1 Ne riferiva con T. 4058/366 del 20 luglio.
IL MINISTRO A BERNA, ORSINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. POSTA 599/3109/1005 GAB. RIS. Berna, 21 luglio l921.
Faccio seguito al mio telegramma-posta n. 3061/994 (non Gabinetto) del 19 luglio corrente(1), sul prossimo congresso degli svizzeri cattolici a Friburgo.
Preoccupato della ripercussione che avrebbe nella pubblica opinione italiana già abbastanza «mossa» in seguito alle polemiche ticinesi, una solenne affermazione di quel congresso a favore della sovranità temporale del Papa, ho domandato stamane all'on. Motta, in via assolutamente personale, se nel programma di quel congresso vi fosse anche qualche mozione ( come sempre avevano luogo prima della guerra nelle adunanze del centro cattolico tedesco) a favore della sovranità territoriale della S. Sede e della restaurazione del dominio temporale dei papi.
L'on. Motta mi ha risposto di non potermi dare su questo punto una risposta precisa perché sebbene invitato e deciso di intervenire a quel congresso non ne aveva ancora esaminato il programma, tanto più chesi era rifiutato di trattarvi un determinato tema. Le idee ed i sentimenti che nutrono verso l'Italia le due personalità predominanti nel congresso, cioè a dire il vescovo Besson di Losanna e il nunzio apostolico erano secondo lui di sufficiente garanzia contro ogni manifestazione antitaliana. Tuttavia egli mi ringraziava di avergli parlato della cosa perché senza fare né il mio nome né accenno alcuno alla mia domanda avrebbe preso le opportune cautele acciocché qualche testa calda, come succede in simili congressi, non venga fuori con qualche discorso o qualche allusione ostile all'Italia-eventualità tanto pida evitarsi data la presenza sua e di altri membri del Governo al congresso.
IL MINISTRO A BERNA, ORSINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. POSTA 600/3110/1006 GAB. Berna, 21 luglio 1921.
Il consigliere federale Motta mi ha detto che le autorità ticinesi l'hanno pregato di recarsi a Bellinzona per la festa della Confederazione del 1° agosto. Da prima indeciso
a causa dell'agitazione colà sollevata dalle parole dell 'on. Mussolini(1) e della polemica derivatane nel rimanente della Confederazione, ha poi accettato l'invito appunto per andare a dire ai suoi conterranei una parola calma di riflessione che termini possibilmente e l'agitazione e le polemiche. Dopo le parole del presidente del Consiglio Giolitti, dopo articoli come quelli apparsi nel Corriere della Sera, cosa pudesiderare di pianche lo spirito maggiormente turbato dal sospetto? Domandavasi l'on. Motta.
Il male è che molta gente qui parla e scrive in completa ignoranza della questione e che molta gente (qualcuno dei quali siede anche sui banchi del Consiglio federale) ha ancora nell'animo una vaga fobia verso l'Italia. Motta mi assicurava che a questa gente dentro e fuori del Consiglio ha parlato ben chiaramente mettendo i punti sugli i anche se cidoveva urtarla e rievocando fatti che mettono bene in luce quanto la condotta dell'Italia sia stata durante e dopo la guerra leale e ben intenzionata verso la Confederazione. Contro l'ignoranza di molte persone e di molti scrittori disgraziatamente non v'è presa(...) tanto più chein molti -ho aggiunto io -alla ignoranza si aggiungono la malafede, il partito preso di nuocere ai buoni rapporti fra la Confederazione e il Regno d'Italia. Motta poi è rivenuto alla nobile esposizione delle finalità dell'elemento italiano nell'ambito della Confederazione fatta dall'on. Giolitti. A questi aveva fatto esprimere da codesto ministro di Svizzera i pisinceri ringraziamenti suoi e del Consiglio federale. Quale missione più nobile può essere affidata alla rappresentanza di una stirpe di quella toccata in sorte ai ticinesi? Disgraziatamente come in Svizzera esistono gruppi ai quali questa missione dà sui nervi, così in Italia v'è una piccola minoranza che sembra siasi assunto l'incarico di rendere questa missione sospetta all'esterno ed all'interno della Confederazione. Non parlo, aggiungeva l'on. Motta, dell'on. Mussolini che, forse in buona fede, ma pinella completa ignoranza delle cose ticinesi offende tutta una regione parlando di «imbastardimento», di «germanizzazione» etc., parlo di quelle personalità godenti di grande considerazione come persone di grande cultura serietà, ecc. come p.e. Isidoro del Lungo, Tommaso Gallarati Scotti, Borgese, i quali prestando il nome loro all'Adula, senza saperlo, coprono una attività antipatriottica dal punto di vista elvetico. A questo punto l' on. Motta è venuto a parlare del cav. Colombi che egli dice di avere dovuto in passato e pur oggi difendere dalla taccia di «traditore». Il Colombi ha pubblicati articoli, che non compresi per ignoranza o per malefica arte, oggi sono qui largamente discussi e criticati. Egli ritiene il cav. Colombi un buon cittadino svizzero che pervien compromesso dalla attività politico-letteraria delle sue figlie.
Non ho reagito a quanto l'on. Motta diceva sul Colombi, perché evidentemente dettato anche dal desiderio di provocare da me qualche parola che avvalorasse il sospetto che qui si ha dei rapporti intercedenti tra la r. legazione e quel pubblicista (al quale in questi giorni sto consigliando somma riserva per non aggiungere nuova esca al fuoco che a noi con vien smorzare).
Ho riportato invece il discorso da dove Motta l'aveva cominciato -pregandolo in via del tutto personale di aggiungere alle sue parole di moderazione e di calma ai ticinesi un consiglio: di domandarsi cui prodest l'agitazione a freddo inscenata dopo
il discorso dell'on. Mussolini e a far loro rilevare che la polemica tuttora ardente se procura loro qualche vantaggio immediato, puperanche produrre della zizzania nel campo dei rapporti tra i due paesi l'Italia e la Confederazione-rapporti che è di somma utilità per l'una e per l'altra rimangano ottimi e intimamente cordiali.
Non ho creduto espressamente parlare né dei risultati dell'inchiesta sull'affare dei giovani ticinesi né della misura, dal punto di vista costituzionale sviizero, illegale della soppressione del posto di ispettrice, con il quale provvedimento si è voluto colpire la signorina Bontempi. Si tratta di un affare interno ticinese nel quale un mio intervento non sarebbe né ammissibile né consigliabile-e sul quale l'ultima parola non è stata detta.
Già il partito liberale ticinese di fronte a quella violazione della costituzione si agita. È sperabile che esso ritrovi lo antico ardore in difesa delle libertà costituzionali, che oggi il connubio conservatore-socialista per fretta nel fare atto di omaggio a nascoste divinità ha profondamente colpito. Del resto questo connubio a quanto mi diceva stamane l'on. Motta non avrà lunga vita né avrà risultati duraturi. Cosicché è consigliabile anche ai nostri giornali una prudente attesa, ammesso che realmente questi nella calorosa difesa della Bontempi altro non vogliono conseguire che il rispetto dei diritti di quella istitutrice.
42 1 Non pubblicato,
43 1 Vedi D. 10, nota I.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4108/880 RIS. Londra, 22 luglio 1921, ore 13,43 (perv. ore 2,50 del 23).
Telegramma posta di V.E. n. 43019 dell' 11 corrente(1).
Mentre sinora Foreign Office si è mostrato particolarmente restio a fornire notizie circa suo atteggiamento nella questione del porto ed altri lavori a Tangeri, ho appreso ora ora da fonte competente che questo Governo ha domandato spiegazioni a Parigi circa la concessione accordata dal Governo del Marocco ad una società francese. Governo francese non avrebbe ancora risposto.
D'altra parte risulta che il re Alfonso nel suo recente soggiorno a Londra si è attivamente occupato della questione di Tangeri ed avrebbe ottenuto qualche affidamento di appoggio da questo Governo. Nel momento attuale questo Governo mostra intenzione di ostacolare la tendenza francese ad un predominio su Tangeri e fa sostenere anche da alcuni giornali il principio del controllo internazionale. Inoltre da parte inglese si afferma non avere alcun valore il fatto che un suddito britannico sia interessato nella compagnia concessionaria dei lavori del porto. Ebbi sinora impressione che il Foreign Office tendesse a mantenere il suo antico punto di vista che i negoziati generali dovessero svolgersi esclusivamente tra le tre potenze interessate agli accordi del 1913-1914. Può darsi che oggi Governo inglese muti atteggiamento, ma consiglierei non farci troppo assegnamento.
La pirecisa attitudine inglese di fronte alla Francia nella questione del porto si puconsiderare come riflesso della presente generale tensione fra i due Governi.
Ma è probabile che passata la tensione sarà il Governo francese che, con qualche attenuazione, riuscirà a far prevalere la sua propria iniziativa(2).
44 1 Non rinvenuto.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4112/376. Parigi, 22 luglio 1921, ore 22 (perv. ore 4 del 23).
Ambasciata britannica trasmette alla Conferenza degli ambasciatori nuovo memorandum sull'Albania del quale dqui seguito breve riassunto trasmettendone testo con corriere di stasera(1). Chiede anzitutto riforma decisione 29 giugno della Conferenza ambasciatori per limitare il compito degli esperti alla questione delle frontiere escludendone Statuto albanese. Ciò in conformità del memorandum britannico del 6 giugno(2)che parlava di frontiere. La questione dello Statuto dovrebbe essere riservata alla Conferenza degli ambasciatori. Circa lo Statuto il Governo inglese ritiene che con l'ammissione dell'Albania alla Società delle Nazioni è impossibile ammettere il riconoscimento di qualunque speciale diritto od interesse di una potenza in territorio albanese e chiede che la Conferenza degli ambasciatori accetti questo suo punto di vista. Soltanto la questione delle frontiere rimane aperta. Nei riguardi dello Statuto il solo aspetto delle questioni che potrebbe interessare la Conferenza sarebbe per esempio quello della forma di riconoscimento dello Stato albanese, se includere la decisione relativa alle frontiere in un protocollo o in un trattato se convenga (manca) in Albania rappresentanti diplomatici o consolari. Ambasciata britannica ha chiesto inscrizione memorandum all'ordine del giorno di domani. Chiederò rinvio discussione fino a che mi giungano in proposito istruzioni di V.E. Urge sempre pirisposta al mio telegramma n. 364(3) che prego vivamente V.E. di farmi avere al più presto.
IL VICE COMMISSARIO PER L'ALTA SLESIA, VISCONTI PRASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, E ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'ALTA SLESIA, DE MARINIS
T. 4186/2163. Oppeln, 23 luglio 1921, ore 11,20 (perv. ore 10 del 25).
Il commissario Gran Brettagna mi ha chiesto se in relazione direttive V.S. potessi appoggiare richiedenti in Commissione proposto invio Consiglio ambasciatori progetto già inoltrato V.S. Conferenza ambasciatori 24 maggio occupazione Alta Slesia Germania e Polonia distretti per i quali non vi sono contestazioni circa future assegnazioni. Ho risposto affermativamente e oggi 23 luglio fu presentato Commissione. Generale Le Rond fece presente che per ragioni esposte precedentemente analoga occasione non poteva associarsi. Telegramma Conferenza ambasciatori fu compilato come segue: «La Commissione capi alleati di Governo ha deciso inviare alla Conferenza ambasciatori questo telegramma: I commissari inglese e italiano, nella eventualità che Consiglio Supremo non emettesse una prossima decisione relativa alla questione della frontiera della Alta Slesia, ritengono che sarebbe opportuno ridurre estensione della zona, per la tranquillità della quale gli Alleati sono responsabili; essi propongono alla Conferenza ambasciatori dì raggiungere questo risultato con la attribuzione immediata Governo polacco e tedesco delle parti del territorio dell'Alta Slesia la di cui assegnazione finale non offre alcuna discussione. Alla Polonia: totalità del Circolo di Pless eccezion fatta di Ellgut presso Kattowitz, totalità del Circolo di Rybnik eccezione fatta dell'angolo nord-ovest delimitato dalla ferrovia scartamento ridotto Ratibor-Gleiwitz. Alla Germania totalità del territorio a occidente dell'Oder fino alla linea ferroviaria Oppeln-Brieg e a oriente dell'Oder la parte del Circolo di Oppeln situata a nord della linea che segue fiume Malapane fino a Turava, indi volge a est all'angolo pimeridionale del Circolo di Rosenberg, la parte del Circolo di Rosenberg nord di questa linea e ovest della strada Guttentag-Rosenberg-Landsberg e totalità del Circolo di Kreuzburg. Inoltre essi sono di avviso che se questa assegnazione di territorio avesse luogo non sarà necessario rinforzo Alleati in Alta Slesia e che invio di una nuova divisione francese qualora già deciso, potrebbe essere sospeso. Firmato sir Stuart Harold, colonnello Visconti in assenza del generale De Marinis. Commissario francese visto atteggiamento del suo Governo su proposta analoga del 7 maggio scorso trovasi in obbligo riservarsi ogni apprezzamento sul principio stesso della proposta soprascritta. Firmato Le Ronci».
Ho creduto associarmi richiesta commissario inglese anche perché egli parte oggi 23 luglio per Londra chiamato dal suo Governo. Sarà sostituito sua assenza da generale Heneker. Generale Gratier aveva presentato progetto colonna volante capi alleati che dovevano percorrere itinerario Pless-Leobschiltz. Per accordi con sir Stuart esecuzione colonna sospesa. Fu discusso Commissione progetto indennità famiglie militari morti Alta Slesia e indennità feriti. Progetto non fu potuto rendere defuivo mancando dati indennità esercito inglese. Trasmissione dati predetti sarà sollecitata da sir Stuart occasione suo viaggio Londra. Conte Prama comunica che voci prossimi movimenti tedeschi sono insussistenti. Tedeschi provvederebbero loro difesa solamente se aggrediti da polacchi.
44 2 Trasmettendo all'ambasciata a Parigi il telegramma di De Martino, con T. posta 47476/1207 del 30 luglio, il direttore generale Lago aggiungeva: «Le notizie su riferite confortano la nostra iniziativa di addivenire ad un'intesa con la Francia che salvaguardi i nostri interessi a Tangeri, piuttosto che fermarci a sterili proteste. Mi riservo di farle avere, d'accordo col Commissariato dell'emigrazione, elementi precisi per avviare le trattative su un terreno pratico».
45 1 Non rinvenuto.
45 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
45 3 Vedi D. 40. Sull'argomento vedi anche D. 24.
IL SEGRETARIO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4162/356. Budapest, 23 luglio 1921, ore 15,45 (perv. ore 4 del 24).
Mio telegramma 348(1).
Voci di prossimo tentativo dell'ex re Carlo si fanno sempre più insistenti(2). Persona molto vicina all'ex sovrano avrebbe detto che in fondo opposizione delle grandi potenze Intesa ad una restaurazione non potrebbe essere che pio meno platonica, e degli Stati vicini si temerebbero solo i serbi perché da una parte Slovacchia si opporrebbe ad intervento armato della Cecoslovacchia e re di Romania avrebbe impegni personali con ex sovrano. Seppure maggioranza del paese e del Parlamento è contraria agli Asburgo pure è evidente che questo sarebbe momento propizio per un nuovo tentativo, se è vero che ex sovrano ha ancora realmente questa intenzione, data la nota agitazione che regna in paese per conseguenze trattato, gli attacchi al Governo e al governatore e la stessa debolezza del Governo. L'ex ministro affari esteri Graz che è stato poco tempo fa a trovare ex sovrano in una conversazione con questo rappresentante jugoslavo avrebbe accennato a tali voci senza smentirle. Questo incaricato d'affari serbo che ho veduto stamane essendo Milosevič assente per pochi giorni mi ha detto che emissari sarebbero pronti ad agire in Croazia nella eventualità di un ritorno ex sovrano in Ungheria per creare imbarazzo al Governo di Belgrado, onde impedire intervento armato. Mi ha anche egli accennato alle dicerie che corrono secondo le quali intenzioni ex sovrano sarebbero ancora ritornare verso la metà di agosto in Ungheria occidentale dove generale Lehar, ora a disposizione, preparerebbe segretamente piano. Riferisco queste voci solo per loro insistenza e concordanza: in ogni caso mi permetto per ogni evenienza pregare V.E. di volermi riconfermare istruzioni specialmente circa nostra eventuale attitudine di fronte colleghi della Grande e Piccola Intesa(3).
47 1 Del 21 luglio, non pubblicato.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4163/1998. Durazzo, 23 luglio 1921, ore 19 (perv. ore 12,10 del 24).
Telegramma di V.E. n. 1041(1) giunto in parte indecifrabile,.
Aspetto testo annunziatomi e fin da ora confermo che origine svolgimento e stato attuale agitazione Mirdizia son esattamente quelli segnalati con mie comunicazioni
Telegramma n. 146l e relazione n. 1471 del 22 giugno(2). Non puesservi dubbio possibile circa accordi Governo Belgrado presi da Marco Gioni durante sua permanenza in Serbia maggio giugno scorsi. Richiesta protettorato francese oggetto del mio telegramma
n.1840(3) venne segnalata al Governo albanese da Midhat Bey Frasheri ed a me da Soleiman Delvino ministro interni. Ritengo anche questa mossa ispirata da Belgrado. Situazione locale del Governo albanese migliorata soltanto in apparenza perché agitazione non può essere chiusa nonostante atti sottomissione gran parte capi ed internamenti ed arresti tra i quali quello di don Antonio Nikai. Si parla ora di estendere operazioni militari sull'estreme regioni frontiera. A questo riguardo segnalo fine mio telegramma
n. 1910(4). Qui si dice Marco Gioni già rifugiato in Serbia. Sarà quindi scongiurato ogni ulteriore intrigo nella Mirdizia turbata dalle fazioni e da inevitabili strascichi spedizione punitiva. Serbia può essere contenta risultato raggiunto senza sacrifizi e senza immediato intervento proprie truppe che le conveniva di evitare in questa prima fase.
47 2 A differenza dell'Austria, dopo la sconfitta nel 1918 il Parlamento ungherese aveva proclamato che l'Ungheria rimaneva un regno. Esiliato in Svizzera, Carlo d'Asburgo non aveva quindi perso la speranza di tornare sul trono. Un primo tentativo di restaurazione era avvenuto nel marzo 1921, quando Carlo si era presentato a Budapest in treno, incontrando il rifiuto del reggente Horthy di cedergli il potere. Un secondo tentativo sarebbe stato compiuto ad ottobre, con un viaggio aereo e una migliore organizzazione delle forze monarchiche ungheresi. Ma anche questo tentativo era destinato al fallimento (vedi D. 358).
47 3 Con successivo T. 357 del 24 luglio Vinci riferiva poi di un colloquio con il ministro degli esteri ungherese, il quale, smentendo le voci di manovre carliste, confermava la ferma decisione del Governo di Budapest di mantenere l'esistente stato di cose.
48 1 Del 21 luglio, con il quale Torretta riferiva della proclamazione della Repubblica della Mirdizia il 16 luglio da parte di Marka Gjoni nell'Albania settentrionale, «senza protezione di alcuno, ma con programma di raggiungere pronta intesa con Italia, Grecia e Regno S.H.S.». Contemporaneamente (come da telegramma a Torretta dello stesso 16 luglio) Marka Gjoni, denominatosi principe e presidente dei Mirditi, chiedeva il riconoscimento internazionale della Mirdizia come Stato indipendente. Nonostante l'appoggio iugoslavo e la simpatia della Grecia, il movimento era perdestinato al fallimento, anche per il mancato sostegno della popolazione rimasta fedele al Governo di Tirana.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, A LONDRA, DE MARTINO, E A TOKIO, ALIOTTI
T. 1055. Roma, 23 luglio 1921, ore 21,30.
Questo ambasciatore di Spagna mi ha detto che suo Governo desidera vivamente che Spagna sia ammessa come membro permanente nella Società delle Nazioni e mi ha chiesto l'appoggio del Governo italiano perché suo desiderio venga soddisfatto. Ha soggiunto che i Governi inglese francese e giapponese già interrogati avrebbero dichiarato non avere da parte loro nessuna obiezione in proposito. Prego V.E. volersi informare e telegrafarmi(1). Mentre mi riservo di prendere una decisione, osservo fin d'ora che aderire a questa domanda del Governo spagnuolo costituirebbe un pericoloso precedente che potrebbe essere invocato da qualunque altro qoverno che rivolgesse analoga domanda.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1057. Roma, 23 luglio 1921, ore 24.
Telegramma di V.E. n. 449(1).
Punto di vista del r. Governo per chiarire posizione diplomatica degli Alleati e dell'Italia nei riguardi dell'Albania può essere concretato nella formula seguente:
«L'Italia volendo fermamente che abbia piena attuazione sua spontanea proposta di risolvere questione di Albania mediante costituzione di uno Stato realmente indipendente confida nell'efficace collaborazione degli Alleati al raggiungimento di tale finalità che riuscirebbe indubbiamente di maggior vantaggio generale. L'Italia perquale potenza maggiormente interessata sorti Albania ha il dovere di vigilare sia alla effettiva realizzazione di detto Stato che costituirà seria garanzia di sicurezza nel basso Adriatico sia ad impedire che sua iniziativa possa inattesamente risolversi nel creare a vantaggio di terzi una situazione contraria alla indipendenza stessa del popolo albanese e conseguentemente alle ragioni di sua difesa che l'Italia intende soprattutto tutelare con la linea politica adottata verso Albania.
Ove d'altra parte il fermo proposito del Governo italiano in favore dello Stato albanese dovesse per soverchianti cause del tutto estranee all'Italia rimanere frustrato nel suo scopo e le grandi potenze alleate riconoscessero la necessità di riesaminare la sistemazione del problema albanese è naturale che ogni discussione debba avere come punto di partenza la situazione diplomatica esistente al momento in cui l'Italia prese spontaneamente iniziativa di risolvere tale problema con la costituzione di uno Stato nazionale indipendente».
Nel chiarire a codesto Governo giusto fondamento di questa nostra tesi V.E. vorrà trovar modo per dichiarare formalmente che essa corrisponde ai precisi intendimenti del r. Governo il quale vuole agire con la pifranca chiarezza e nei riguardi degli Alleati e nei riguardi degli albanesi e vedere così eliminati quei dubbi che il Foreign Office, è mia impressione, abbia concepito circa sincerità nostre vedute che dice perciò inconciliabili.
A maggior prova delle nostre leali intenzioni e qualora formula su enunciata non riuscisse al Governo britannico abbastanza rassicurante circa fini reali che con essa ci proponiamo r. Governo è fin d'ora disposto a discutere quella differente formula che Governo britannico stesso crederà proporre purché nella sostanza corrisponda al punto di vista innanzi delineato(2).
48 2 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
48 3 Del 14 luglio, non pubblicato.
48 4 Dell'8 luglio, nel quale Castoldi osservava: «D'altra parte serbi non muoveranno da attuali posizioni dove aspetteranno arrivo truppe albanesi ed inevitabile conflitto e intanto agevoleranno Marka Gjoni nel raccogliere mirditi ed altri albanesi per alimentare guerriglia».
49 1 Con T. 612 del 26 luglio l'ambasciatore a Parigi Bonin riferiva l'assenza di obiezioni da parte della Francia. Per la Gran Bretagna invece il Foreign Office esprimeva le sue preoccupazioni (T. 910 ris. di De Martino del 28 luglio). E ogni decisione appariva rinviata ai risultati della discussione in seno all'Assemblea della S.d.N. (T. 973 di De Martino del 6 agosto).
50 1 Riferimento errato, forse si tratta del T. 849 del 14 luglio (vedi D. 28).
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4180/693. Parigi, 24 luglio 1921, ore 15 (perv. ore 2,30 del 25).
Conferenza Danubio ha terminato oggi suoi lavori e firmato Statuto. Vannutelli ha aderito testo Statuto conformemente istruzioni telegrammi di V.E. nn. 906(1) e 1040(2) ottenendo
qualche modificazione favorevole nostra tesi come si riserva riferire. Delegazione jugoslava ha pure aderito al testo dichiarando perche non essendole giunte istruzioni defuive non era in grado di firmare insieme con altre delegazioni. Sembra che tale mancanza istruzioni sia semplice ritardo burocratico ma non è escluso dubbio che Governo jugoslavo non approvi Statuto(3). In presenza di questi fatti nuovi Vannutelli ha creduto opportuno, in armonia con istruzioni generiche di nulla trascurare che possa riuscire utile al r. Governo nei negoziati economici con Regno S.H.S., sospendere anche egli propria firma dichiarando che firmerà contemporaneamente al collega jugoslavo e giustificando sua odierna astensione con necessità segnalare fatti nuovi r. Governo e con atteggiamento costantemente assunto da delegazione italiana nel senso di considerare come base dello Statuto l'accordo fra tutti i rivieraschi. Vannutelli mi prega di chiedere a V.E. di telegrafarmi nel caso ella credesse egli debba invece firmare anche se perdurasse astensione jugolava nostro ritardo potendo forse impressionare sfavorevohnente altri Stati contraenti che hanno tutti firmato, ed awerte firma protocollo resta aperta per due mesi da oggi. Ad ogni modo Vannutelli mi informa che sua odierna astensione, sebbene puramente formale, è stata molto gradita da jugoslavo che gli detto che ne informerà suo Governo(4).
50 2 Nel trasmettere a Bonin a Parigi il testo del presente telegramma -con T. 1058 dello stesso giorno e ora -Torretta aggiungeva: «Lascio a V.E. adoperasi nel modo piefficace affinché codesto Governo accetti nostra tesi e la appoggi opportunamente presso Governo britannico». Con T. 4335/411 del 30 luglio Bonin dava notizia dell'azione di Briand presso il Foreign Office in appoggio alla formula italiana per l'Albania.
51 1 Del 26 giugno, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
51 2 Del 21 luglio, non pubblicato.
IL COMANDANTE IN ANATOLIA, FUSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4240/1893 POL. Sokia, 24 luglio 1921, pari. ore 17 del 26 (perv. ore 7,35 del 27).
Vittorie greche(1)impressionano vivamente ambiente locale. Turchi temono avanzata greca nostra zona(2)e non escludono insurrezioni centri abitati fomentate da malcontento attuale Governo Kemal(3). Greci sudditi turchi temono rappresaglie. Noti amici
e confidenti delle autorità locali prospettano a questo Comando necessità che autorità italiane si sostituiscano quelle turche per assumere (...) cose e garantire nella zona mantenimento abituale tranquillità. Ho rassicurato confidenti circa nessuna velleità truppe greche della nostra linea di demarcazione ed ho loro manifestato necessità urgente attuale momento che autorità turche si adoperino in tutti i modi onde impedire qualsiasi cosa possa solamente apparire sopruso verso i greci ed evitare che elementi turchi avversi attuale Governo spingano popolazione ad atti inconsulti. Che autorità italiane non possono né si sostituiranno mai a quelle turche, che sono decise impedire con ogni mezzo che si verifichino nella zona da noi occupata disordini da qualsiasi parte essi provengano. Pur giudicando apprensioni ambienti locali alquanto esagerate riterrei opportuno che attuale momento qualche unità navale, in aggiunta unica abituale torpediniera, sostasse Scalanova(4).
Esteri Guerra Cospoli Rodi Smirne Adalia informati.
51 3 Conclusi i lavori il 23 luglio, lo Statuto definitivo del Danubio fu poi approvato, con l'aggiunta di un protocollo addizionale, e firmato a Parigi il 31 marzo 1922 da Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Cecoslovacchia, Francia, Germania, Stato S.H.S. e Ungheria (vedi Trattati e convenzioni, voi. 27, Roma, Tip. del Ministero. degli affari esteri, 1931, n. XXXIII e voi. 28, n. XI).
51 4 Per la risposta vedi D. 6 I.
52 1 Il riferimento è all'offensiva greca in Anatolia. Insoddisfatti per le condizioni di pace previste nel Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) i greci avevano a più riprese condotto attacchi contro le linee turche in Anatolia, procedendo vittoriosamente in direzione di Angora. Ma il contrattacco lanciato dai kemalisti a fine agosto 1921 avrebbe portato in breve -entro settembre 1922 -alla sconfitta definitiva dei greci e alla loro eliminazione dall'Asia Minore.
52 2 Si tratta di un'ampia zona dell'Anatolia occidentale fissata dall'accordo tripartito di Sèvres (10 agosto 1920). Vedi D. 5, nota 3.
52 3 Si tratta del Governo turco di Angora, espressione della Grande Assemblea Nazionale. Mustafà Kemal ne era stato eletto presidente il 23 aprile 1920. Generale di idee riformiste e radicali, Mustafà Kemal aveva iniziato nel 1919 in Anatolia una linea di opposizione al Governo di Costantinopoli. Aveva organizzato un nuovo esercito nazionale e indetto elezioni politiche (1920) da cui era emerso un «comitato esecutivo» (un vero Governo nazionale) da lui presieduto. La Grande Assemblea Nazionale di Angora aveva finito con il rappresentare, in contrasto con il sultano, la vera volontà della nazione non fiaccata dalla sconfitta. Sarebbero seguite le vittorie militari sui greci in Anatolia con la riconquista di Smirne e della Tracia orientale, nonché una serie di riforme costituzionali e rivoluzionarie con l'abolizione del sultanato ottomano ( 1922) e la proclamazione della repubblica ( 1923), di cui Kemal sarebbe stato eletto presidente.
IL MINISTRO A BERNA, ORSINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 597/425 GAB. Berna, 25 luglio 1921, ore 20 (perv. ore 5 del 26).
Questo ambasciatore di Francia ha ricevuto telegramma dal suo Governo secondo cui in seguito informazioni inviate dal ministro di Francia in Budapest Carlo d'Asburgo quanto prima abbandonerebbe la Svizzera per recarsi in Danimarca da dove poi si recherebbe a nascondersi in un convento in Ungheria donde uscirebbe fra 10, 15 agosto epoca nella quale i suoi seguaci fortemente preparati ne aspettano il ritorno per riporlo sul trono. Ministro di Francia Budapest aggiunge che Governo ungherese teme questo avvenimento ma non esclude che sia per realizzarsi. Ambasciatore di Francia d'ordine del suo Governo domanda a me ed a incaricato d'affari inglese di far passi comuni presso il Governo federale perché adotti tutte le misure atte a rovinare quel piano e soprattutto a impedire ogni partenza di Carlo dalla Svizzera. Prego telegrafarmi se posso associarmi al passo il quale, tenendo presente promessa di questo Governo contenuta nel mio telegramma n. 333(1) e nel mio rapporto 747(2), potrebbe consistere a mio avviso (nell'intento salvaguardare estrema suscettibilità del Consiglio federale) nel richiamare l'attenzione di questo Governo sul nuovo piano dell'ex imperatore e sulle promesse dateci(3).
52 4 Con T. 1084 del 27 luglio Torretta autorizzava, in caso di necessità, a prendere accordi diretti con il Comando superiore navale di Rodi.
53 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
53 2 Non rinvenuto.
53 3 Con T. 1108 del 10 agosto Torretta poi incaricava il ministro a Bema di tenersi in contatto con i colleghi francese e inglese per un passo collettivo presso il Governo elvetico per impedire un'eventuale partenza di Carlo.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4243/896. Londra, 26 luglio 1921, ore 7,45 (perv. ore 7,30 del 27).
Seguito al precedente n. 895(1).
Secondo conversazioni (sic) personali ho impressione che sia possibile intendersi circa i seguenti punti. Non posso pergarantirlo; ma forse si puottenere anche di piùincertezza deriva da pareri e tendenze assolutamente discordanti in seno Foreign Office che imprimono una linea contraddittoria all'azione di questo Governo; vi è inoltre l'azione perniciosa dei giuristi del Foreign Office; e quella di questo Ufficio della Lega delle Nazioni e di inglesi albanofili. Ecco i punti(2):
1) gli Alleati riconoscono l'Albania come Stato indipendente facente parte della Lega delle Nazioni.
2) La salvaguardia dell'indipendenza albanese costituisce un interesse vitale ed economico dell'Italia nonché strategicamente connesso alla sua difesa adriatica.
3) A quest'effetto l'Italia prese spontaneamente l'iniziativa della costituzione dello Stato nazionale indipendente albanese.
4) Qualora per cause soverchianti estranee all'Italia l'indipendenza dello Stato albanese venisse minacciata o alterata, allora gli Alleati d'accordo prenderanno le misure necessarie a ristabilire l'indipendenza stessa in tutta la sua pienezza.
5) Qualora l'azione suddetta da parte degli Alleati risultasse inefficace, gli Alleati riconoscono all'Italia il diritto di una salvaguardia dei suoi interessi speciali e di difesa strategica nell'Adriatico in conformità della situazione diplomatica preesistente alla iniziativa italiana diretta a favorire l'indipendenza albanese.
Il punto relativo al riconoscimento di una «vigilanza italiana sulla realizzazione dello Stato albanese» sarà quello maggiormente ostacolato. A meno che si trovi una formula atta ad inquadrarla nello spirito del Covenant conforme al mio telegramma precedente. Sarebbe opportuno anche fornirmi elementi tecnici per un memorandum da consegnare al Foreign Office circa interessi strategici italiani di difesa nell'Adriatico. In proposito prego inoltre telegrafarmi se codesto Ministero ha raccolto presso Stato Maggiore Marina elementi circa possibile trasformazione di Durazzo in base navale conforme al mio telegramma n. 818(3) dell'8 corrente. Generalmente parlando tutta la formula dovrebbe avere andatura chiara e schematica adatta alla mentalità degli inglesi i quali quando non capiscono primo acchito mettonsi senzaltro sulla negativa(4).
54 1 Pari data, con il quale De Martino sottolineava come nella fonnula proposta da Roma con T. 1057 del 23 luglio (vedi D. 50) mancasse ogni accenno alla S.d.N.
54 2 Corrispondono ai cinque punti della prima fonnula italiana, che sarà consegnata a Curzon il 25 agosto (vedi D. 145, Allegato I).
54 3 Recte: 819.
54 4 Si veda poi sulla questione il D. 105.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROLANDI RICCI
T. 1072. Roma, 26 luglio 1921, ore 24.
Come è noto a V.E. nell'ultima sessione giugno Consiglio Società Nazioni venne rinviata discussione mandati A e B(1)in attesa che Francia ed Inghilterra comunichino relativi progetti a Stati Uniti e ne ottengano approvazione. Nostro delegato aveva però ricevuto istruzioni opporsi in ogni caso discussione mandati A perché dipendenti dal trattato di pace con Turchia che non è stato ancora ratificato. Nostra opposizione è motivata sostanzialmente dalla necessità considerare mandati A come corrispettivo vantaggi riconosciuti mediante Accordo tripartito in Anatolia e quindi evitare che Francia ed Inghilterra consolidino loro situazione nei paesi arabi prima che predetti nostri vantaggi ci siano sicuramente garantiti. Percise nella prossima sessione Società Nazioni a settembre situazione rimarrà immutata dovremo mantenere nostra opposizione. In relazione a quanto precede a noi interessa molto seguire da vicino discussioni che avranno luogo costì tra Stati Uniti Francia e Inghilterra in relazione progetti mandati A per profittare eventualmente opposizione americana. Prego pertanto V.E. tenermi tempestivamente e dettagliatamente informato.
L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROLANDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4246/364. Washington, s.d. (perv. ore 4 del 27 luglio 1921).
Ho accompagnato e presentato oggi Badoglio al presidente degli Stati Uniti. Accoglienza fu oltremodo cordiale e presidente Repubblica si espresse in termini caldi e lusinghieri per esercito italiano dando benvenuto all'illustre generale.
Avendo avvertito che prossimamente mi sarei recato in Italia in congedo, presidente mi ha detto queste precise parole: «Prego V.E. voler porgere a Sua Maestà questo messaggio da parte mia cioè che io fermamente confido che i vincoli di simpatia e di amicizia che hanno unito insieme durante guerra popoli italiano ed americano quali alleati abbiano a diventare ancora più stretti e saldi con rapporti più intensi, immutabili».
Ho risposto che con ben lieto animo adempirpresso S.M. il re graditissimo incarico che presidente mi affida e recherò suo messaggio di amicizia di augurio come quello del popolo americano al popolo italiano. Al colloquio assistevano colonnello ( ... ) capo di Stato Maggiore e consigliere di legazione Sabetta.
Pregola comunicare d'urgenza a S.M. il re.
55 1 Formulato sul progetto redatto dal generale Smuts e subito accolto dal presidente Wilson nel suo schema di Covenant della Società delle Nazioni, e da lui presentato il 14 febbraio 1919 alla Conferenza della pace, il sistema dei mandati ne prevedeva tre differenti tipi, a seconda del grado di sviluppo del popolo da amministrare, della situazione geografica del territorio, delle sue condizioni economiche e di altri elementi analoghi. A differenza di situazioni corrispondeva una differenza di obblighi. Ai mandati di classe A corrispondevano le aree già controllate dall'Impero ottomano (Iraq, Palestina, Siria) che si riteneva avessero raggiunto uno stadio di sviluppo da nazioni indipendenti, anche se provvisoriamente soggette all'assistenza amministrativa di una potenza mandataria. Mandati di classe B erano i territori già tedeschi delle regioni sub-sahariane dell'Africa centro-occidentale (Ruanda Urundi, Tanganica, Camerun, Togo). I mandati di classe C, infine, includevano territori dell'Africa sud-occidentale e alcune isole del Pacifico meridionale (Nuova Guinea, Nauru, Samoa). La maggior parte dei mandati B e C erano stati assegnati il 6-7 maggio 1919 dal Consiglio Supremo (Francia, Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, assente la delegazione italiana) ed erano stati ripartiti tra Gran Bretagna, Francia, Belgio e Giappone. Nulla era stato previsto per l'Italia. Alle proteste di Roma, sulla base dell'art. 13 del Trattato di Londra, Balfour aveva fatto notare che l'art. 13 si riferiva all'accrescimento dei domini coloniali, non ai mandati.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL SEGRETARIO A VARSAVIA, MODICA
T. 1077. Roma, 27 luglio 1921, ore 15.
Telegramma di V.S. n. 375(1).
Regio Governo non invierà truppe in Alta Slesia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A PARIGI, BONIN
T. GAB. 276. Roma, 27 luglio 1921, ore 21.
Questo ambasciatore di Francia mi ha detto che era intenzione del suo Governo di inviare truppe in Alta Slesia anche senza il consenso dei Govenitaliano e inglese, considerando che essendo in giuoco la sicurezza e l'onore dei soldati francesi già in Alta Slesia non riteneva avere bisogno del consenso degli altri Alleati per invio di rinforzi.
Ho risposto che da parte mia avrei dato il consenso solo dopo che mi fossi messo in rapporto col Gabinetto di Londra ed intanto ho attirato la sua attenzione sulle gravi conseguenze che avrebbe potuto avere in un momento così delicato un invio di truppe in Germania fatto in tali condizioni. Ho aggiunto che a mio avviso il consenso degli Alleati per tale invio era necessario, essendo stati fino ad ora invii del genere decisi dal Consiglio Supremo(1).
57 1 Del 25 luglio, con il quale Modica aveva riferito di notizie stampa circa l'invio di truppe italiane in Alta Slesia e di richieste polacche di chiarimenti.
58 1 Con T. 915 del 28 luglio De Martino faceva conoscere il compiacimento del Foreign Office per la presa di posizione italiana.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. GAB. 1 R.S./2515 SEGR. PERS. Roma, 27 luglio 1921, ore 23,25.
Decifri ella stessa.
Il r. Governo è assai preoccupato della tensione dei rapporti franco-inglesi determinata dagli opposti punti di vista per la soluzione questione Alta Slesia. A mio modo di vedere decisione che verrà adottata dal Consiglio Supremo avrà influenza decisiva sui futuri rapporti fra Alleati colle necessarie ripercussioni di ordine internazionale.
Fino ad ora Governo italiano ha diretto tutti i suoi sforzi verso la ricerca di una soluzione di compromesso. Sarebbe mio intendimento non abbandonare, almeno in un primo tempo, tentativi di formule concilianti. Potrebbe pergiungere il momento nel quale r. Governo dovrà associarsi decisamente ad una delle due parti. R. Governo desidera che questione Alta Slesia venga risolta secondo giustizia ed in base al Trattato di Versailles. Nello stesso tempo esso deve perpreoccuparsi delle conseguenze che una soluzione pur conforme a giustizia ma sgradita ad una delle due parti avrà nei riguardi di particolari interessi italiani.
Purtroppo questioni per noi vitali rimangono ancora aperte e ci è necessario efficace appoggio degli Alleati per risolverle favorevolmente. Prima di abbandonare percipolitica di equilibrio il r. Governo ha il dovere di assicurarsi fin d'ora che l'alleato al quale darà tutto il suo appoggio nella soluzione questione Alta Slesia s'impegni a sostenere energicamente ed efficacemente gli interessi italiani in confronto del terzo alleato che restato malcontento e disilluso potrà ostacolare il regolamento di questioni che interessano l'Italia in modo vitale.
Io penso che fra Italia ed Inghilterra si possa stabilire una cordiale collaborazione basata sopra un'evidente identità d'interessi.
In varie conversazioni avute con questo ambasciatore d'Inghilterra ebbi già occasione di accennare al desiderio del r. Governo di una collaborazione col Gabinetto di Londra nell'interesse generale della pace, della ricostruzione economica dell'Europa, della tutela di reciproci interessi, specialmente mediterranei, ed ho tratto impressione che da parte inglese questo nostro nuovo atteggiamento politico sia vivamente desiderato. Mi pare ora giunto il momento di precisare i reciproci punti di vista e se possibile giungere ad un'intesa di massima.
L'E.V. vorrà quindi testare opportunamente il terreno dando alla sua conversazione un carattere strettamente personale per spingere poi le cose piinnanzi se troverà disposizioni favorevoli. È appena il caso di precisare che il nostro desiderio di intesa col Governo britannico non deve avere nessun carattere anti francese, che anzi da parte nostra saremo sempre ben lieti se alla collaborazione italo-britannica si vorrà conformare il Gabinetto di Parigi. V.E. intanto potrà fare rilevare:
1) che ho aggiornato sine die invio della missione nell 'Afganistan(1);
2) ho tenuto con i kemalisti atteggiamento conforme al punto di vista britannico, ed ho fatto inviare a Costantinopoli altra nave da guerra per la difesa degli Stretti in unione alle forze navali inglesi;
3) non ho aderito alla domanda del Governo francese d'inviare truppe in Alta Slesia senza mettermi prima in comunicazione col Gabinetto di Londra e ho nello stesso tempo consentito secondo la proposta inglese alla immediata convocazione del Consiglio Supremo.
Per l'Albania la formula che abbiamo già proposto se accettata dal Governo britannico ci dà soddisfazione (si intende che l'isola di Saseno deve in ogni caso conservare la sua attuale situazione).
Per quanto riguarda l'Asia Minore noi chiediamo il rispetto dell'Accordo tripartito e la sua attuazione pratica in modo integrale non appena la situazione locale lo consenta. Non nutriamo alcun sentimento d'ostilità verso la Grecia, ma domandiamo che non sia l'Italia a fare le spese della pacificazione turco-greca. Conseguentemente questione del Dodecanneso dovrà essere risolta amichevohnente a suo tempo fra Italia e Grecia in relazione a tutta la situazione del Mediterraneo orientale quale risulterà dalla futura pace colla Turchia. Noi siamo d'avviso che alla pacificazione dell'Oriente non è d'ostacolo l'Accordo tripartito come mi ha accennato l'ambasciatore d'Inghilterra ma lo sono bensì Smirne e la Tracia per le quali bisognerà trovare formule più adattealla realtà.
Nelle varie altre questioni di ordine politico ed economico Italia ed Inghilterra possono ispirarsi ad identiche direttive ed intendersi per comune linea di condotta appoggiandosi reciprocamente.
Prego V.E. non appena avrà avuto le prime conversazioni con lord Curzon volermi telegrafare onde io possa dare le opportune istruzioni alla Commissione per l'Alta Slesia che si riunirà fra poco a Parigi.
Confido nell'esperienza e nel tatto dell'E.V. perché questi miei intendimenti possano essere giustamente apprezzati da codesto Governo e perché io possa secondo le informazioni che ella mi farà pervenire scegliere la linea di condotta da seguire(2).
59 1 Con T. I(085)delle ore 24 dello stesso giorno Torretta precisava che «missione Afghanistan non è mai partita, anzi è stata rinviata a tempo indefinito, secondo nota formula».
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4400/485. Costantinopoli, 27 luglio 1921, part. ore 21 del 28 (perv. ore 7,40 del 2 agosto).
Mio telegramma n. 482(1).
lzzet Pascià ieri mi disse che indipendentemente da ciò che possa pensare e volere Angora sarebbe utile venire ad una intesa tra Governo imperiale ed Alleati circa condizioni
da stabilirsi per arrivare alla pace. Trattative potrebbero farsi a Cospoli. Se ad una intesa si arrivasse Governo imperiale interverrebbe prima presso quello di Angora e poi con un appello alle forze annate ed alla popolazione dell'Anatolia per ottenere l'accettazione dell'accordo stesso. Ho osservato che trattative così condotte oltre ad essere fatte con Governo imperiale il quale non ha possibilità di darvi effettiva esecuzione potrebbero stabilire vincolo per Alleati verso Kemal che avrebbe invece sempre piena libertà d'azione mentre rimarrebbe estranea Grecia che potrebbe dolersi di non essere stata considerata in questione che tanto la interessa. Izzet Pascià ha insistito osservando alla sua volta che se Alleati hanno (manca) di chiedere prima di ora alla Grecia mandato di fiducia, poteva bene esplicarsi quello che sarebbe stato il loro mandato, salvo ulteriore azione con la Grecia stessa. Rattigan e generale Pellé ritengono possa prendersi proposta Izzet Pascià in considerazione in mancanza di meglio, per nuovo tentativo pace. Per conto mio aggiungo che trattative condotte in modo molto riservato potrebbero servire per conoscere a quale condizione questo Governo crede di poter risolvere la vertenza. Avendo osservato ad Izzet Pascià che iniziativa di nuove trattative dovrebbe partire da Governo Angora egli si è riservato ulteriore comunicazione al riguardo. Incidentalmente Izzet Pascià mi ha riferito che da notizie oggi pervenutegli risulterebbe che Kemalisti avrebbero avuto qualche successo ad est Eschischeir. Circa situazione Angora egli teme che in caso di ulteriore insuccesso turchi partiti estremi riuscirebbero ad avere sopravvento su Kemal sostituendolo con Enver, cui avvento al potere equivarrebbe alla completa dedizione ai bolscevichi.
59 2 Nota a margine: «Questo telegramma è stato approvato dal presidente del Consiglio il 27 luglio 1921». Per la risposta vedi D. 71.
60 1 Del 25 luglio, con il quale Garroni, preannunciando l'incontro con Izzet Pascià, aveva riferito di importanti successi militari greci in Anatolia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1082. Roma, 27 luglio 1921, ore 24.
Suo telegramma n. 693(1).
Circa progetto statuto danubiano impartii confermai a suo tempo precise direttive nel senso sciogliere varie riserve e sottoscrivere previa opportuna motivazione da inserirsi verbale all'atto del voto. Ho bensì raccomandato ispirare sopratutto «esteriorità» nostra linea di condotta a maggiore possibile annonia con delegati jugoslavo romeno. Ma Ciò nonpoteva naturalmente comportare subordinazione nostro atteggiamento a quello delegati medesimi né tanto meno a quello uno soltanto di essi con pericolo far cosa sgradita altro Stato. Giova del resto osservare che era nostro desiderio poter negoziare Belgrado nostro voto in singole questioni ma esclusa ormai tale possibilità sembra inammissibile far dipendere da decisioni Belgrado nostra adesione o meno alla sistemazione importante questione europea. Sorprendemi quindi che Vannutelli abbia creduto astenersi dal voto semplicemente perché delegato jugoslavo mancava istruzioni ed abbia così lasciato sfuggire occasione motivare nostra arrendevolezza all'atto del voto di fronte vari delegati riuniti. Prego V.E. impartire Vannutelli istruzioni sotto
scrivere senzaltro protocollo trovando modo far constare in atti Conferenza non solo plausibile spiegazione ritardo ma anche dichiarazioni motivate e protesta delle quali al mio telegramma n. 964(2).
Gradirò telegrafica assicurazione.
61 1 Vedi D. 51.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4315/2048. Durazzo, 28 luglio 1921, ore 10,55 (perv. ore 17,15 del 29).
Presidente ministri albanese mi ha telegrafato stanotte quanto segue:
«Governo serbo visto nostra azione in Mirdizia completamente riuscita e suoi intrighi falliti davanti atteggiamento patriottico popolazione mirdita dichiaratasi soddisfatta essersi salvata dal regime tirannico di Marco Gioni, e suoi complici, incomincia ora fomentare torbidi sulle frontiere Liuma e Dibra contigue truppe serbe sotto minaccia distruggere villaggio e massacrare abitanti costringere frattanto popolazione albanese che si trova sotto occupazione serba ad attaccare nostre truppe di frontiera. Afauhaga, influente capo di Liuma, non avendo obbedito alle minacce serbe fu trasferito colla famiglia a Prizrend e sta imprigionato. Prego fare passi necessari ed urgenti presso vostro Governo scopo impedire attacchi serbi sulle nostre frontiere».
Pur facendo debite riserve sull'esattezza questo allarme esso dimostra aggravarsi situazione conformemente mie previsioni. È più probabile che serbi agevolino Marco Gioni a raccogliere armata mediante allettamenti che mediante minacce. Ciò non escludemisure di rigore contro dissidenti. Belgrado dirà che si tratta solita oscillazione albanesi che rifiutano pacifiche regioni affidate alla Serbia e ne trarranno argomento per propria tesi come fece Ribar nel telegramma al Parlamento albanese. Situazione entra ormai in seconda fase. Spedisco per posta testo cifrato.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4298/909. Londra, 28 luglio 1921, ore 13,45 (perv. ore 10,15 del 29).
Telegramma di V.E. n. 7906(1). Avevo già espresso a Crowe Vansittart Leeper e Nicolson mia sorpresa per la nota presentata dall'ambasciata britannica di Parigi alla Conferenza ambasciatori circa
Albania(2). Mi sono espresso in tennini risentiti e vivaci. Ho detto che qualunque siano le idee del Foreign Office circa gli interessi italiani Albar, la procedura adottata costituisce un errore tecnico; che stante impossibilità mantenere segreto a Parigi opinione pubblica italiana verrà a conoscenza dell'attitudine tutt'altro che amichevole britannica e ne sarà fatalmente impressionata; Albar significa per l'Italia Adriatico, vale a dire uno dei principali obbiettivi della guerra e opinione pubblica ( ...) abbandono e ostilità di uno degli Alleati. Le risposte che mi dettero i suddetti quattro personaggi rispecchiano la differenza delle rispettive opinioni. Lasciando da parte le dichiarazioni amichevoli generiche, osservo che tutti erano preoccupati per la questione della Lega delle Nazioni. Leeper la defuuna «grave difficoltà tecnica». Mi fu anche osservato che Curzon secondo dichiarazione fattami è pronto discutere una fonnula per trovare una via di uscita. D'altra parte ho appreso riservatamente che nota britannica è originata da insistenze di questo ufficio della Lega delle Nazioni presso Gabinetto del primo ministro. Presso ufficio predetto fecero insistenze serbi greci e albanesi. Ne è derivata la convinzione di un obbligo morale di salvaguardare il prestigio della Lega delle Nazioni. Per mio conto provvedo a rinnovare insistenze presso l'ufficio della Lega delle Nazioni e Gabinetto primo ministro. In relazione ai miei telegrammi nn. 895 e 896(3), credo necessario osservare:
1) È indispensabile che nostra fonnula contenga un inciso relativo alla Lega delle Nazioni.
2) È opportuno concretare la fonnula prima con Parigi. La nota britannica ci esime da speciali riguardi e l'ho già fatto intravvedere.
3) Sarebbe opportuno attenuare compatibilmente coi nostri interessi il punto relativo al «riconoscimento della vigilanza italiana». Prego risposta(4).
61 2 Del 9 luglio. Si tratta della protesta per la mancata riunione primaverile prevista a Galatz.
63 1 Riferimento errato.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4303/492. Costantinopoli, 28 luglio 1921, part. ore 11,55 del 29 (perv. ore 17).
Questo incaricato d'affari britannico ha inviato a me ed a generale Pellé copia per conoscenza di lungo rapporto spedito 6 luglio a Londra dal generale Harrington col quale quest'ultimo dichiara in tennini precisi e molto recisi non potere ammettere propria dipendenza in nessun ramo dagli alti commissari alleati, sostenendo inoltre che, come comandante supremo delle forze occupanti questa zona, spetti a lui solo fino a ratifica pace diritto e responsabilità prendere tutte misure di sicurezza ed anche amministrative previste da regolamento servizio in guerra e da Convenzione dell' Aja, mentre alti commissari dovrebbero essere unicamente tramite di trattative diplomatiche tra rispettivi Governi e Sublime Porta. Riservandomi inviare copia suddetta nota con primo corriere infonno che generale Pellé ha dal canto suo telegrafato Parigi facendo
rilevare come nelle particolari condizioni detenninatesi a Costantinopoli dal prolungatissimo regime d'armistizio non solo punto di vista di Harrington sia in se stesso insostenibile, ma come, se esso avesse dovuto essere ammesso, Governi alleati non potrebbero mai acconsentire ad assunzione Comando superiore britannico che equivarrebbe allora alla completa dedizione di questa zona all'Inghilterra(1).
63 2 Vedi D. 24.
63 3 Vedi D. 54.
63 4 Vedi D. 81.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1092. Roma, 29 luglio 1921, ore 1,30.
Telegramma di V.E. 392(1).
Richiamo telegrammi del conte Sforza n. 1535 in data 29 dicembre e n. 934 in data 1° luglio(2). Situazione diplomatica esistente al momento in cui Italia prese spontaneamente iniziativa in favore costituzione Stato albanese indipendente è quella che risulta dal Patto di Londra con cui fu sanzionato interesse vitale e conseguente preminente posizione dell'Italia in Albania e dalle trattative dopo guerra con Alleati ed associati dalle quali tale posizione di preminenza fu confennata col riconoscimento all'Italia del possesso di Valona e del mandato su resto Albania.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A MESSICO, CARRARA
T. 1095. Roma, 29 luglio 1921, ore 1,30.
Suoi telegrammi nn. 50(1) e 64(2). Autorizzola iniziare trattative per liquidazione nostri reclami(3)a mezzo commissione mista assicurando:
1) tennine presentazione reclami non minore un anno;
2) indennità da pagare sia detenninata soltanto in dollari;
3) che tutti nostri reclami siano ammessi senza eccezione alcuna circa fazioni
o partiti che detenninarono danni.
64 1 Sulla questione si veda anche il D. 74.
65 1 Del 26 luglio, non pubblicato.
65 2 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
66 1 Non rinvenuto.
66 2 Senza data, pervenuto il 27 luglio, non pubblicato.
66 3 Con un decreto del presidente Carranza in data 30 agosto 1919, il Governo messicano aveva riconosciuto il diritto degli stranieri al risarcimento dei danni subiti nel corso della guerra civile iniziata nel 1910. Apparsa impraticabile per l'Italia, nel 1920, la possibilità di una transazione, i due Governi. dopo uno scambio di vedute, avevano concertato nel 1921 l'istituzione di una commissione mista per l'esame dei reclami. L'accordo sarebbe stato concluso, dopo lunghe trattative, solo nel 1927, con la fuma, a Città del Messico il 13 gennaio, della Convenzione per regolare i reclami per le perdite e i danni sofferti da sudditi italiani nel Messico a causa di atti rivoluzionari avvenuti dal 20 novembre 1910 al 31 maggio 1920. Sulla questione si veda anche il D. 149.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4319/6954. Parigi, 29 luglio 1921, ore 20,10 (perv. ore 24).
Nella seduta di iersera Commissione delle riparazioni ha approvato accordo Bertolini-Trumbié 7 settembre 1920(1) relativo assegnazioni navi Adriatico secondo nazionalità, riservando esame alcune clausole finanziarie che deve avere luogo assieme con esame di quelle altri Stati. Inoltre ha deliberato secondo tesi italiana che Austria e Ungheria non saranno accreditate del valore navi appartenenti sudditi ex Impero se non trasferiscono titoli proprietà in conformità paragrafo 4 annesso 3 parte 8ͣ Trattato Saint-Germain(2). Poiché Austria ha dichiarato già non esserle possibile né materialmente né giuridicamente di consegnare titoli proprietà e perché Ungheria si trova uguali condizioni valore del naviglio Adriatico trasferito a Italia non sarà a noi addebitato in conto riparazioni. Segue rapporto(3).
L'AMBASCIATORE A MADRID, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4328/[210](1). Madrid, 29 luglio 1921, ore 21,30 (perv. ore 11,35 del 30).
Monsignor Tedeschini nunzio apostolico che passa qui estate nella residenza dei gesuiti ha dato oggi al giornale Popolo basco una intervista di cui traduco letteralmente parte relativa ai rapporti tra la Santa Sede e l'Italia. Alla domanda: «Che cosa pucredersi di rumori posti in circolazione nella stampa estera ed un poco in una parte di quella spagnuola circa un riavvicinamento tra il Quirinale ed il Vaticano?» (questa questione fondamentale preoccupa sempre molto i cattolici spagnuoli), nunzio apostolico avrebbe dichiarato: «Tutti questi rumori sono falsi, messi in circolazione da giornalisti male informati. I cattolici per il solo fatto di essere tali sanno
quello che vi può essere di vero in tutto cie non ignorare che la questione essenzale, la gran questione, per la cui realtà ogni rumore è assurdo, è la questione della indipendenza della Santa Sede. La Santa Sede -lo si pue lo si deve dire una volta di (manca) chiarissimamente -è rimasta sovrana ove la hanno collocata fin dal 1870. Molti in Italia vedono che stato di cose non è conveniente e non dovrebbe continuare per numerose evidenti ragioni. È certo d'altra parte che tutte le nazioni vanno di più in più stringendo vincoli con la Sede romana. L'Italia che è territorialmente più vicina, non ha mutato in tutto il resto sua posizione e suo contegno. I rumori che hanno circolato si basano su di ci su quello che molti italiani i quali non sono in relazione col Vaticano desiderano perché comprendono essere (manca). Tutti sanno bene quale sia la direzione e la portata del movimento da realizzare perché ritorni a stabilirsi la normalità. La Santa Sede chiesa cattolica madre amorosa sempre colle braccia aperte per accogliere tutti i suoi figli mantiensi sempre in questo atteggiamento. Si desidera indipendenza suo vicario se non perché tale indipendenza ècosa consustanziale colla sua libertà e coll'esercizio della sua sovranità spirituale. Non vi è in questo nulla di più nulla di meno».
67 1 Con l'accordo Bertolini-Trumbié erano assegnati all'Italia tutti i piroscafi di bandiera austriaca con eccezione di quelli di proprietà serbo-croato-slovena (testo in Trattati e convenzioni, voi. 26, n. XXXIV).
67 2 Il paragrafo 4 del Trattato di Saint-Gennain precisava le procedure da seguire da parte del Governo austriaco per il trasferimento di navi alla Commissione delle riparazioni.
67 3 Non rinvenuto.
68 1 Il telegramma è senza numero, ma che si tratti del T. 210 si deduce dall'inizio del successivo T. 211 dello stesso giorno e ora con le considerazioni di Fasciotti sull'intervista.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4322/410. Parigi, 29 luglio 1921, ore 21,40 (perv. ore 10,50 del 30).
Mio telegramma n. 407(1).
Consiglio dei ministri ha tenuto oggi due sedute per deliberare circa risposta da dare alla nota inglese che lord Hardinge ha rimesso stamane al Quai d'Orsay. Briand che aveva espresso desiderio di vedermi stasera mi ha detto che con approvazione unanime dei suoi colleghi per dirimere dissensi propone a Londra e a Roma quanto segue:
1) Tre Governi farebbero a Berlino un passo comune per invitare Governo germanico a tener pronti mezzi di trasporto per rinforzi Alleati che situazione Alta Slesia puda un momento all'altro richiedere.
2) Consiglio Supremo si riunirà il 4 o a qual altra data prossima convenisse meglio ai Governi alleati e al n. 1 del suo ordine del giorno discuterà questione invio rinforzi. Con ciFrancia abbandona invio autonomo di sue truppe causa delle difficoltà e si accontenta di una pratica comune a Berlino per consolidare colà la sua posizione. Ha quindi trionfato tendenza conciliativa Briand e conviene esprimere augurio che sua proposta possa essere accettata(2).
69 1 Del 28 luglio, non pubblicato.
69 2 Con T. 4363/415 del 31 luglio Bonin annunciava poi l'accettazione, da parte del Governo inglese, della proposta Briand.
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 402 GAB. Belgrado, 29 luglio 1921 (perv. il 30).
In attesa di vedere Pasich ho conferito con Popovich. Mi ha detto che dichiarazioni Bonomi Camera deputati avevano qui confermato fiduciosa aspettativa in lui ed in V.E. riposta(1). Si è mostrato pronto addivenire risoluzione in via diplomatica questione Zara e minori accentrando tutte le trattative Belgrado. Ha espresso fiducia che si giungerà soluzione soddisfacente assicurando sue migliori disposizioni. Ha detto che eventuale assenza Pasich non interromperà negoziati. Comincertrattative al più presto.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 1872/711 RIS. PERS. Londra, 29 luglio 1921.
Col telegramma segreto n. 2515 del 27 corrente(1), V.E., osservando che, dopo le sue conversazioni con sir. G. Buchanan, le pare ora giunto il momento di precisare i reciproci punti di vista e se possibile giungere ad un'intesa di massima circa una cordiale collaborazione fra Italia e Inghilterra, mi dà incarico di tastare il terreno in via personale per spingere poi le cose piinnanzi se troverdisposizioni favorevoli.
Dopo opportunamente conferito coi segretari di fiducia di Mr Lloyd George, ho testé avuto con lui un lungo colloquio improntato alla maggiore cordialità, i cui risultati senzaltro corrispondono alla suddetta istruzione dell'E.V.
Non stara ripetere le cose dette da me, perché antepongo il desiderio della brevità a quella abituale soddisfazione di molti colleghi di mettere in mostra la propria personale facondia. Mi basta dire che mi sono ispirato ai lucidi concetti magistralmente svolti nel telegramma di V.E., mettendo bene in evidenza che non volevo adombrare un bargain ma prospettare l'assoluto dovere del Governo di «assicurarsi che l'alleato, al quale esso darà tutto il suo appoggio nella soluzione della questione, si impegni a sostenere energicamente ed efficacemente gli interessi italiani in confronto del terzo alleato malcontento e disilluso».
Riassumo le cose dettemi da Mr Lloyd George:
1) Egli desidera fermamente, vuole, arrivare a un «close understanding» con l'Italia; fra i nostri due paesi non esistono interessi divergenti, anche a cercarli non saprebbe dove trovarli, vede solamente interessi convergenti; una intesa pratica e fattiva è conveniente all'uno e all'altro.
2) Stabilito questo punto di massima, egli esprime il parere che non convenga oggi entrare nei particolari di un accordo, essendo così prossa l'occasione di trattarli personalmente «col suo collega italiano» signor Bonomi e con V.E., nella circostanza della riunione di Parigi. Egli sarà a Parigi tre o quatto giorni dopo l'inizio dei lavori. Lord Curzon e Mr Balfour andranno per l'inizio e incontreranno V.E., ma egli crede che a S.E. Bonomi convenga pure arrivare tre o quattro giorni dopo.
(Osservo la consueta mentalità di Lloyd George, all'E.V. ben nota da precedenti occasioni, di considerare i primi ministri come autorità superiori ad ogni altra). Quindi MrLloyd George espresse il desiderio che io venissi a Parigi con V.E. All'obiezione che a Parigi è il conte Bonin, disse che V.E. troverà modo di accomodare. (Osservo che se V.E. deciderà chiamarmi a Parigi, sarà opportuno io vada in forma assolutamente privata perché le suscettibilità del conte Bonin sono molte).
3) Mr Lloyd George mette in evidenza la convenienza dell'Italia di assicurarsi l'appoggio generale della Gran Bretagna, politico ed economico, in pidelle questioni che saranno particolarmente negoziate in occasione del desiderabile accordo.
4) Mr Lloyd George insiste sui suoi personali sententi di amicizia per l'Italia. Mi racconta che l'origine della persistente inimicizia del Times a suo riguardo sta nel rifiuto che egli fece, in quella stessa stanza, a Steed di prendere le parti dei jugoslavi contro l'Italia.
5) Circa le vicende degli ulti Consigli Supremi e di questi ulti mesi, Mr Lloyd George fece qualche recriminazione da me subito controbattuta. Poiché si tratta di storia del passato, considero ozioso riferirne. Se V.E. me lo comanderà le riferira voce.
6) Quanto all' Albania, Mr Lloyd George mi dette vivamente ragione quando qualificai di gaffes le note del Foreign Office alla Conferenza degli ambasciatori. Egli disse che «era molto sorpreso» dell'atteggiamento del Foreign Office che egli ignorava. Disse che gli interessi speciali dell'Italia in Albania erano stati da lui riconosciuti coi presidenti Orlando e Nitti. E il primo ministro manifestapertamente il suo malcontento, chiedendomi anzi quali funzionari specialmente mi avevano ostacolato. (Naturalmente mi tenni in prudente riserva). Esposi in dettaglio il punto di vista di V.E. circa l'Albania. Quanto alla questione della Lega delle Nazioni (e vidi che al primo ministro ne era stato fatto cenno) dissi che attendevo istruzioni di V.E.
7) Circa l'Asia Minore, ricordai a Mr Lloyd George che cosa rappresenta per noi il Tripartito: l'unica, sebbene inadeguata assicurazione del mantenento dell'equilibrio del Mediterraneo orientale fra le potenze mediterranee: Francia ha la Siria, Inghilterra ha Palestina e Mesopotamia, e Italia ha la formula del Tripartito. Se cadesse anche questo, la nazione italiana direbbe che si è fatta la guerra per niente. A proposito del Tripartito mi espressi secondo le istruzioni di V.E. Il primo ministro mi dette ragione, ma aggiunse che dobbiamo anche entrare in un terreno pratico e positivo. Egli disse che l'Anatolia, ricca di prodotti del suolo, è povera di uomini: solo gli italiani, che vanno a masse in America, sono in grado di sfruttare l'Anatolia; oggi i turchi si mostrano intransigenti, «ma vedrete che fra non molto li condurremo a migliori ragioni»; in questo vasto piano, che è nell'interesse della prosperità generale, la Gran Bretagna presterà man forte all'Italia.
(Prego V.E. di far cercare in codesti archivi una eccellente memoria redatta da Arakel Bey Nubar nell'autunno 1919, mandata da me a codesto Ministero da Parigi. Arakel, su mio invito, l'aveva allora consegnata a Mr Lloyd George. Nelle parole di quest'ultimo ravvisai oggi varie idee di Arakel Bey, e chi sa per che modo siano oggi venute presenti a Mr Lloyd George ).
Per me il piano adombrato da Mr Lloyd George è di molta importanza.
8) Circa Grecia, Dodecaneso, Smirne e Tracia, mi espressi secondo le istruzioni di V.E. Mr Lloyd George disse che come sarebbe stato unfair che la Grecia facesse le spese della pace fra Italia e Turchia (allusione all'accordo italo-kemalista) così sarebbe unfair che l'Italia facesse le spese della pace turco-greca. Egli aggiunse che sarà facile trovare la soluzione soddisfacente.
Quanto alla Grecia, disse che lo chiamano grecofilo; egli non cessmai dal consigliare a Venizelos e poi a Gounaris di intendersi coll'Italia; aggiunse che se lo considerano grecofilo, ciò oggi un vantaggio perché potrà premere sui greci a favore dell'Italia; ebbe quindi parole di lode per Gounaris.
9) Quindi chiesi a Mr Lloyd George, ricordandogli le amichevoli nostre personali relazioni che datano ormai da cinque anni, di darmi un consiglio in confidenza: debbo o no fare una démarche analoga presso lord Curzon? La risposta fu: «Aspettate a mettere in mezzo il Foreign Office, aspettate che si decida se veramente avrà luogo il Consiglio Supremo e se Bonomi e Torretta potranno venire a Parigi e parlare con me. Se questo incontro non dovesse aver luogo, tornate da me e decideremo come fare».
Poiché i miei rapporti personali sono anche eccellenti con lord Curzon e i funzionari del Foreign Office, occorre tatto e prudenza. Ma oggi certamente non c'è altro da fare qui.
Prego V.E. considerare la necessità che V.E. e S.E. Bonomi vengano a Parigi con un programma ben definito (massimo e minimo) per base di negoziati. Per parte mia mi mettersubito al lavoro per preparare qualche appunto, se potesse occorrere a V.E.
Credo sarebbe opportuno io avessi un colloquio con V.E. alla sua venuta a Parigi. Arriverei non ufficialmente, anzi potrei alloggiare in altro albergo. Prego favorirmi istruzioni in tempo(2).
70 1 Con T. 3724/363 del 6 luglio, Manzoni aveva già riferito dei commenti positivi della Pravda di Belgrado sulla formazione del Gabinetto Bonomi, con auspici di collaborazione tra i due paesi.
71 1 Vedi D. 59.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A SOFIA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4357/13. Sofia, 30 luglio 1921, ore 2 (perv. ore 3 del 31).
Commissione delle riparazioni ha fatto conoscere alla Commissione interalleata [che] accetta in massima proposta da noi fatta posticipare di un anno inizio pagamenti
dovuti da Bulgaria senza calcolare interessi. Il pagamento che avrebbe dovuto quindi effettuarsi 10 luglio non è stato invece effettuato e ritengo che sia questo ministro delle finanze che questo presidente del Consiglio in loro attuale viaggio Stati alleati tenteranno ogni mezzo per ottenere nuova dilazione. Questione fissazione pagamenti e loro quantità sarà discussa prossima riunione questa Commissione. Ho impressione fondata che questo delegato francese per interessi economici e politico-commerciali suo paese (anche perché facilita eventuale prestito) sarà propenso accettare tesi Bulgaria ed altrettanto vorrà fare delegato inglese sia perché suo Governo minimamente interessato sia perché teoria è che vi sia bisogno ricostruire economicamente nel paese prima richiedere pagamenti pur bene specificati da trattato. È invece mia opinione debba fin da ora ottenersi da Bulgaria pagamento quota dovuta fissando modalità quantitativo e data più vicina possibile essendo convinto possibilità effettuarlo senza inconvenienti. È evidente che se approvato prestito estero prima stabilire ammontare effettivo pagamenti da effettuare primo gennaio maggiore parte disponibilità andrebbe evidentemente devoluta pagamenti prestito ed a scapito questa Commissione. Sarei pertanto grato V.E. qualora concordi mio punto di vista informare Salvago Raggi affinché per eventualità questa Commissione decida in maggioranza proporre a Commissione delle riparazioni di (manca) o ritardare ancora inizio pagamenti egli possa far valere (...) influenzare Parigi rifiutando consenso ed esigendo esecuzione trattato prima di qualunque altro.
71 2 Per la risposta vedi D. 94.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4333/6956. Parigi, 30 luglio 1921, ore 11 (perv. ore 16).
Suo 1063(1).
Trattato Trianon andato in vigore 25 corrente(2)in seguito deposito ratifiche Consiglio ambasciatori. Quota riparazioni di cui all'art. 163 Trianon(3)dovrà essere fissata al più presto. Secondo mio avviso non vi ha dubbio che percentuale spettante Italia su detta quota sia quella stabilita Spa(4)e cioè 25%. Poiché perV.E. mi parla di trattative in corso circa modo interpretare disposizioni Spa, temo trattative, di cui non ho alcuna notizia, possano mettere in dubbio tale nostro diritto che qui non fu
né apertamente né in alcun modo contestato né poteva esserlo. Trattative ufficiose circa intesa per Austria che V.E. conosceva al loro inizio hanno portato a redazione di un testo che mi sembra accettabile del quale spero mandare presto ultima redazione concordata sempre in via ufficiosa. In esso è applicata Italia percentuale stabilita Spa per Austria come su tutte le indennità corrisposte da altri Stati all'infuori Germania.
73 1 Riferimento errato.
73 2 Firmato a Parigi il 4 giugno 1920, il Trattato del Trianon entrin vigore, piesattamente, dopo la ratifica dell'Ungheria, il 26 luglio 1921. L'Italia lo approvcon R.D. 15 gennaio 1922, n. 3 7 (vedi Trattati e convenzioni, voi. 26, n. Xl).
73 3 L'art. 163 del Trattato del Trianon (corrispondente all'art. 179 del Trattato di Saint-Germain) stabiliva che l'importo dei danni per i quali era dovuta una riparazione sarebbe stato stabilito da una commissione interalleata che avrebbe preso il titolo di Commissione delle riparazioni.
73 4 Il riferimento è alla Conferenza di Spa del 5-16 luglio 1920 (delegati di Inghilterra, Francia, Italia, Belgio, Giappone, Polonia e Germania), dedicata essenzalmente alla questione delle riparazioni. Vedi Trattati e convenzioni, voi. 26, n. XIX.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1097. Roma, 30 luglio 1921, ore 19.
(Per Londra) Con odierno telegramma per corriere(1)ho comunicato a V.E. telegramma del r. ambasciatore a Costantinopoli relativo difficoltà organizzazione tribunali militari interalleati prima che sia definita questione poteri generale Harrington e alti commissari(2). Ho aggiunto preghiera a V.E. di sondare intenzioni inglesi al riguardo insinuando convenienza giungere su tale questione a sollecito accordo fra Alleati, in mancanza del quale rimarrebbe intralciata e forse paralizzata tanto azione Harrington quanto quella alti commissari. Ricevo in questo momento seguenti telegrammi da Costantinopoli e da Parigi:
1) Da Garroni: (riprodurre T. coli. n. 4303 da ... a ...)(3).
2) Da Bonin: (riprodurre T. coli. n. 4304 da ... a ...)(4).
Prego V.E. intrattenere della questione Foreign Office senza fame oggetto di vero e proprio passo ma prospettandola nel senso opportunità regolare al più presto situazione a Costantinopoli. Ella potrà aggiungere incidentalmente constarci che anche i francesi condividono punto di vista che pretese generale Harrington eccedono dalle funzioni che intravedevamo gli fossero attribuite quando consentimmo sua assunzione comando truppe interalleate Costantinopoli. Pur senza giungere ad una sua completa subordinazione agli alti commissari è necessario che in linea generale potere civile abbia prevalenza poiché né la situazione politica né quella militare a Costantinopoli giustificherebbe nel momento attuale una diversa soluzione.
(Per Parigi) Suo telegramma n. 406(4).
Ho ricevuto da Costantinopoli analoga comunicazione e del resto Garroni con telegramma che comunico per corriere aveva già attirato attenzione questo Ministero sulla questione, a proposito difficoltà organizzazione tribunali militari interalleati. Ho telegrafato oggi a Londra quanto segue: (riprodurre il telegramma a Londra soprascritto da «Prego V.E. intrattenere» fino a «Una diversa soluzione»).
74 1 Non rinvenuto.
74 2 T. 4229/484 del 26 luglio, non pubblicato.
74 3 Vedi D. 64.
74 4 Del 28 luglio, riferiva una comunicazione del gen. Harrington sulla questione dei suoi pieni poteri nei confronti degli alti commissari alleati a Costantinopoli.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 2 R.S./412 RIS. Parigi, 30 luglio 1921, ore 22 (perv. ore 2,30 del 31).
Briand nel colloquio che ieri sera ebbi con lui mi fece un accenno diretto alle voci di nostri negoziati con l'Inghilterra per l'Oriente. Linguaggio amichevolissimo, si disse dolente che mentre sotto il Ministero precedente ci eravamo intesi colla Francia per agire d'accordo, ora accenniamo a mutare via e accostarci invece alla politica dell'Inghilterra. Gli risposi che ritenevo del tutto inesatte le voci corse nei giornali. Nulla nella corrispondenza dell'E.V. accennava ad un qualsiasi mutamento e mi valsi all'uopo del contenuto del telegramma di V.E. n. 1054(1). Noi cercavamo, come naturale, di mantenerci in equilibrio (?) con entrambi i nostri Alleati, ma che Ciò nonsignificava alcun mutamento nella nostra politica verso la Francia. Gli chiesi se le informazioni cui accennava e sulle quali Briand insisteva gli venissero da Barrère ed egli mi rispose negativamente. È quindi da ritenere gli vengano da Londra dove alcuni giornali si atteggiano ad ( ...) ispirati continuano loro campagna, mentre altri nostri fanno eco.
Come vede l'E.V. nostra situazione qui di fronte alla persistenza di quelle voci incomincia a farsi delicata.
Le sarei quindi gratissimo di volermi telegrafare istruzioni a mia precisa norma di linguaggio, tenendo conto degli scambi di vedute da noi già avuti con il Governo francese e che condussero al memorandum del 18 febbraio.
IL MINISTRO A FIUME, CACCIA DOMINIONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 603/336 GAB. Fiume, 31 luglio 1921, ore 18 (perv. ore 6 del 1 °agosto).
Da un colloquio avuto con avvocato Icilio Baccich ho appreso che da parte jugoslava vengono iniziati ottimi approcci perché i fiumani trattino questioni Fiume direttamente eliminando in quanto è possibile nostra ingerenza(1). Baccich riferendosi conversazione recente con V.E. desidera cisia portato a conoscenza sua aggiungendo tale scopo maggior probabilità raggiungimento (manca) oggi che grande maggioranza cittadinanza delusa e sfiduciata ha orientamento non verso l'Italia. Da parte mia anche
se per avventura non fossi d'accordo altri informatori devo confermare spirito generale va assumendo purtroppo ogni giorno carattere a noi ostile che impressiona quanti vivono nella realtà ed hanno colla popolazione positivi seri contatti.
75 1 Del 23 luglio, non pubblicato.
76 1 Dopo il Trattato del Trianon (4 giugno 1920) che stabiliva (art. 53) la rinuncia dell'Ungheria a Fiume, la situazione della città, occupata il 12 settembre 1919 dai legionari di D'Annunzio, aveva subito diversi mutamenti. Il 12 novembre 1920 il Trattato di Rapallo (tra Italia e Regno S.H.S.) aveva decretato Fiume Stato libero e indipendente. Dopo un intervento militare italiano (il 24 dicembre 1920), era stato costituito un Governo provvisorio, di cui Zanella sarebbe stato presidente dal 5 ottobre 1921 al 3 marzo 1922, quando sarebbe stato rovesciato da bande fasciste. L'annessione all'Italia ( 17 settembre 1922) sarebbe stata sancita definitivamente dal trattato italo-iugoslavo di Roma del 27 gennaio 1924.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4366/418. Parigi, 31 luglio 1921, ore 21,15 (perv. ore 1,30 del 1° agosto).
Mio telegramma n. 409(1).
Garbasso riferisce quanto segue: «Commissione esperti ha tenuto altre tre sedute. Vennero approvate conclusioni unanimi dei giuristi che corrispondono esattamente allo spirito ed alla lettera del Trattato di Versailles. Esse sono le seguenti: 1) si esclude attribuzione globale del territorio plebiscitario; 2) attribuzione delle parti del territorio plebiscitario deve essere basata in primo luogo sul risultato del voto per comune; 3) le considerazioni geografiche ed economiche devono intervenire come correttivo dei risultati del voto quando questo fosse praticamente irrealizzabile; 4) sono escluse le (...) etniche autonome; 5) le considerazioni economiche potranno condurre a raggruppamenti di comuni solidali tra loro per ragioni economiche; 6) si terrà conto solamente del comune e non di altre unità amministrative. È stato deciso scartare la proposta tedesca perché contempla assegnazione globale del territorio plebiscitario. Vennero abbinate proposte Korfanty e Le Rond che non raccolsero unanimità come non la raccolse del resto proposta anglo-italiana. Gli inglesi presentarono un nuovo progetto di tracciato che coincide all'incirca con quello Percival-De Marinis, ma aumenta territori ceduti alla Polonia. Progetto non venne accolto dagli esperti francese. Riferisco dettagli per posta».
IL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4413/3028/416. Rodi, 31 luglio 1921, part. ore 13 del 2 agosto (perv. ore 17).
Seguito al telegramma precedente(1).
Poco vi sarebbe da contare su esercito quando non ricevesse pistipendio. Alcune autorità malviste popolazione o che si credono invise agli italiani abbandonerebbero loro uffici e nelle campagne nuclei di disertori già esistenti ricostituirebbero quelle
bande annate che fin a pochi mesi fa formarono terrore questa regione. Discorsi di cui sopra potrebbero essere diretti sondare intenzioni Governo italiano per eventualità in questione tanto più chesi è anche deplorato Governo Angora abbia lasciato partire nostre truppe. Per ora non si segnalano disordini in nessun centro abitato e casi brigantaggio nelle campagne sono sporadici. Penso tuttavia che qualora scoppi rivolta Konia o comunque si operi distacco materiale dell'Anatolia meridionale da Angora, ordine non potrebbe essere qua mantenuto da autorità kemaliste e sono certo che da popolazione
o dalle stesse autorità si richiederebbe nostro intervento. Gradirei conoscere per norma mia di linguaggio opinione in proposito r. Governo. Per il caso si ritenesse opportuno intervento prospetto opportunità che occupazione sia fatta da carabinieri anziché da soldati e sia rapidissima per impedire formazione bande annate e discesa greci su Burdur, !sparta ed in generale nella zona a sud teatro della guerra.
Esteri Cospoli Rodi Sokia informati.
77 1 Del 28 luglio, non pubblicato.
78 1 Con T. 4441/3027/415 del 31 luglio, spedito il 3 agosto, Faralli aveva riferito del timore che i greci tentassero di provocare una rivolta a Konia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA
T. 1099. Roma, 1° agosto 1921, ore 3.
Telegramma di V.S. 299(1).
Marco Gioni capo tribmirditi ha diretto analoga comunicazione al Governo italiano. Per eventuale risposta che codesto Governo intendesse di dare a tale comunicazione ella vorrà trovar modo di far ben comprendere al sig. Baldazzi che r. Governo non potrebbe ammettere qualsiasi iniziativa concernente Albania diretta a pregiudicare decisioni grandi potenze alleate e che comunque prescindesse da preventive intese con Governo italiano.
Telegrafo quanto precede a Manzoni per sua norma di linguaggio(2).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI
T. 1100. Roma, 1° agosto 1921, ore 3.
Secondo telegramma di codesta legazione n. 395(1) Governo S.H.S. avrebbe dichiarato che sue richieste circa Albania testé sostenute presso Conferenza ambasciatori non eccedono quanto fu già accordato Jugoslavia dagli Alleati nel gennaio 1920.
Ad evitare equivoci è necessario far presente a codesto Governo che concessioni territoriali in Albania a favore Jugoslavia ventilate all' epoca suindicata facevano parte di tutto un progetto diretto a risolvere complessivamente problema adriatico, progetto che non ebbe seguito.
Nel portare a conoscenza quanto precede sarà poi opportuno che V.S. chieda a codesto Governo di voler spiegare chiaramente suo pensiero allorché accenna all'utilità che Italia e Jugoslavia si intendano in modo defuivo per l'Albania. La S.V. vorrà ascoltare e riferire quanto codesto Governo le dirà in proposito(2).
79 1 Del 23 luglio, con il quale Montagna aveva riferito la richiesta avanzata ad Atene dal Governo mirdita per il riconoscimento della Mirdizia (Albania settentrionale) come Stato sovrano e indipendente.
79 2 Con T. 4419/307 del 2 agosto Montagna comunicava poi il fallimento del movimento separatista mirdita, e insieme il mancato riconoscimento greco del Governo rivoluzionario mirdita. La questione mirdita doveva perrimanere aperta oltre questa data, grazie anche all'appoggio serbo.
80 1 Del 20 luglio, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1102. Roma, 1° agosto 1921, ore 3.
Prego V.E. disporre Galli venga subito Roma conferire questione Albania. V.E. vorrà farmi pervenire affidandoli a Galli verbali Consiglio Supremo -collezione inglese od altri -contenenti ripetute dichiarazioni delegati italiani non contraddette dagli altri delegati secondo cui Italia firmando Trattato Versailles e conseguente patto Società delle Nazioni intendeva che questioni inerenti assetto adriatico dovessero rimanere di competenza Consiglio Supremo e percisottratte a Società Nazioni.
Comunico quanto precede a De Martino aggiungendo quanto segue: «Mi riservo telegrafare a V.E. istruzioni per rispondere obbiezioni codesto Governo dopo essermi reso esatto conto delle dichiarazioni suaccennate. Per intanto e senza fame per ora oggetto di comunicazione al Governo britannico è da tener presente che chiarimento posizione Alleati e Italia di fronte Albania in base situazione diplomatica esistente fra i tre Governi non può essere vincolato da deliberazioni Società Nazioni in quanto questa non ha veste per intervenire negli accordi che potenze alleate fossero per prendere allo scopo di regolare posizione reciproca e tutela rispettivi interessi nella defuione della questione albanese.
Dall'altra parte nostra tesi ispirata al fermo proposito di veder realizzato Stato albanese indipendente non contraddice anzi ribadisce costituzione predetto Stato che Lega Nazioni ha ammesso nel suo seno(1). Eppernostra richiesta di poter vigilare al raggiungimento della finalità propostaci deve intendersi non come limitazione dell'indipendenza albanese ma come facilitazione al suo consolidamento e garanzia per l'Italia potenza maggiormente interessata che altri non possano menomare a proprio vantaggio tale indipendenza a danno interessi albanesi e italiani. Accordo in questo senso diretto indubbiamente al mantenimento della pace è ammesso dallo stesso art. 21 del patto della Società delle Nazioni»(2).
80 2 Manzoni non mancò di esprimere le posizioni di Torretta in un colloquio con Popovič del successivo 4 agosto (D. 95), ottenendone in risposta l'affermazione della persistente piena validità per Belgrado del documento del 14 gennaio 1920.
81 1 L'Albania era stata ammessa nella Società delle Nazioni il 17 dicembre I 920 (vedi D. 2), ma il riconoscimento de jure dello Stato albanese -con invio di rappresentanti diplomatici -da parte delle potenze del Consiglio Supremo (tra cui l'Italia) avverrà soltanto il 27 aprile 1922.
81 2 Inviato anche a Londra con T. 1101 in pari data.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, MAISSA
T. 1110. Roma, 1° agosto 1921, ore 3.
Mi riferisco relazione comandante «Duilio» n. 178 del 10 luglio(1).
Sembrami converrebbe dare precise istruzioni alle rr. autorità navali stazionanti Adalia o incrocianti sulle coste anatoliche per stabilire limiti e portata nostro intervento relativamente visite sanitarie ed in genere questioni marittime. Ciò ad evitare ripetersi incidenti sia coi turchi sia cogli Stati cui appartengono piroscafi mercantili transitanti.
Sarei d'avviso che tali istruzioni pur ispirandosi al criterio di massima prudenza e moderazione dovrebbero pertener conto dell'opportunità di ristabilire mediante un contegno di dignitosa fermezza il prestigio italiano che in questi ultimi tempi ha subito una certa diminuzione specialmente ad Adalia.
Gradirei conoscere telegraficamente suo pensiero circa tutto quanto precede(2).
IL SEGRETARIO A VARSAVIA, MODICA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4412/388. Varsavia, 1° agosto 1921, ore 18,50 (perv. ore 4,45 del 2).
Questo ministro degli affari esteri che aveva chiesto vedermi, mi ha detto che secondo informazioni sue nuovo Gabinetto italiano si proporrebbe seguire nella questione Alta Slesia linea di condotta presso a poco uguale a quella del precedente. Skirmunt mi ha pregato di comunicare a V.E. che Polonia attende decisioni con ansietà confidando che esse vengano prese in base Trattato di Versailles e risultato plebiscito. Egli desidera vivamente che diplomazia italiana continui sua attività per comporre divergenze franco-inglesi e giungere ad una soluzione equa ed ha fiducia che ciò avverràdata la grande conoscenza che ha V.E. dei termini del problema Alta Slesia. Ha aggiunto che una soluzione transazionale potrebbe essere costituita da una delle linee progettate dal conte Sforza anche per il fatto che essa non era di piena soddisfazione né della Polonia né della Germania. Skirmunt ha concluso che ove la soluzione adottata non fosse soddisfacente attuale Ministero polacco sarebbe costretto ritirarsi.
82 1 Non rinvenuto.
82 2 Per la risposta di Garroni vedi D. 106. Con T. 4440/6011 del 3 agosto Maissa rispondeva proponendo una soluzione che affidasse alle autorità navali italiane il controllo dei passeggeri a bordo delle navi e alle autorità ottomane il controllo a terra, lasciando invariate le procedure per le visite sanitarie.
IL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4550/417. Adalia, 1° agosto 1921, ore 19 (perv. ore 5 del 9).
Mio telegramma n. 3027/415(1).
Comandante r. nave «Napoli» ha diretto oggi al Ministero della marina seguente telegramma:
«Prospetto V.E. seguente considerazione: da poco tempo nelle acque Anatolia ed isole Dodecaneso velieri turchi armati specioso scopo protezione costa da eventuali sbarchi greci attaccano velieri commerciali anche con bandiera italiana e rapinano mano armata bestiame nelle isole da noi occupate. A mio avviso su costa ed isole controllo e vigilanza devono essere eseguiti soltanto con nostri mezzi non essendo ammissibile presenza simili imbarcazioni turche armate che malgrado affermazioni autorità locali agiscono piratescamente data esiguità numero nostre (manca) Anatolia di cui due devono restare Scalanova per richiesta del colonnello Fusoni. Occorrerebbe invio di almeno due cacciatorpediniere che possano eventualmente trasportare qualche nucleo di armati. Cianche considerando che giusta sicure informazioni esiste possibilità già segnalata da nostro console che come conseguenza avanzata greca si verifichino Adalia nel centro zona meridionale movimenti insurrezionali e si formino nelle campagne bande armate costituite da numerosi disertori. Avvenimenti questi che possono prodursi in modo repentino. Informo inoltre ''Napoli" fra giorni dovrà recarsi ad (manca) e Marmaritza per carbonare e che situazione Adalia tranquilla non consente per le notizie suaccennate allontanamento nave senza (...). Riterrei necessario che ''Napoli" o "Bixio" o altra unità efficienza fosse inviata(...)».
Condivido parere comandante «Napoli».
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. POSTA 2959/615. Belgrado, 1° agosto 1921 (perv. il 10).
Mi riferisco al T. posta 45609/551 del 23 corr. Direz. gen. Europa e Levante Uff. III P.(1).
L'idea della unione della Bulgaria alla Jugoslavia è un desiderio dei croati, i quali lo perseguono per due scopi politici: I) diminuire, nell'ente statale jugoslavo, l'influenza politica dell'elemento serbo, Il) raggiungere, a traverso l'aggregazione della Bulgaria, la forma federativa e magari repubblicana.
Quest'idea è, assai probabilmente, anche nei desideri della politica della Francia, agli scopi di riunire, per poterli piagevolmente dominare, tutti gli elementi puri jugoslavi cogli slavizzati bulgari e per più facilmente impedire che i bulgari ricadano in una costellazione politica avversa alla Francia.
L'idea dell'unione èinvece avversata dai serbi, e specialmente dal partito radicale oggi dominante; perché estremamente diffidano dei bulgari, perché diminuisce la loro importanza nella direzione della Jugoslavia, perché rende più difficileai veri jugoslavi ( e per essi ai serbi) la predominanza politica nei Balcani facendo così perdere ai serbi uno dei frutti delle loro vittorie nelle guerre balcanica ed europea.
A me sembra che queste visualità politiche dei serbi non contrastino in linea generale colle visualità politiche italiane nei Balcani(2).
84 1 Del 3 agosto, non pubblicato.
85 1 Non rinvenuto.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 937. Londra, 2 agosto 1921 (perv. stesso giorno).
Mio telegramma n. 839 del 12 luglio(1):
Avendo il Daily Telegraph pubblicato accenno in favore della linea Sforza per Alta Slesia(2)ho chiesto parere in proposito del Foreign Office. Da alto funzionario autorizzato mi fu detto che opinione di questo Governo permane contraria al detto progetto.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4426/7042. Parigi, 2 agosto 1921, ore 12,45 (perv. ore 2 del 3).
Durante mio recente soggiorno Roma cercai dimostrare r. Governo come non essendo possibile Germania paghi intera annualità in contanti convenisse calcolare materiale necessario per lavori progettati da r. Governo entro triennio, chiedere industria italiana quali materiali potesse essa provvedere e ordinare alla Germania in conto riparazioni quelli che industria italiana dichiarava non poter eseguire nel triennio. Presidente del Consiglio dei ministri e ministro del tesoro parvero favorevolmente prendere in considerazione progetto.
Ignoro se e quale decisione abbia preso r. Governo. Osservo che non seguendo mia proposta credo Italia non potrà esigere riparazioni nella stessa proporzione in cui le esigeranno altre potenze che procurano ottenere pagamenti in natura e Italia acquisterà in Germania o altrove materiali che industria italiana non potrà produrre e li pagherà in contanti mentre li potrebbe avere in conto riparazioni. È superfluo aggiungere che questa delegazione non ha mai trattato né tratterà per ritirare riparazioni in natura senza ordinazione predisposta da r. Governo.
85 2 Con T. posta 4251/849 del 22 ottobre da Belgrado il segretario Summonte tornava poi sul progetto bulgaro di una unione, o almeno di un'alleanza, con la Iugoslavia, un elemento prezioso -nell'opinione di Todorov -per la politica italiana nei Balcani.
86 1 Non pubblicato.
86 2 In realtà il Governo britannico sosteneva nella questione dell'Alta Slesia la linea proposta da Percival e De Marinis, contro la linea Sforza accettata dal Governo francese (vedi D. 14, nota 1).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1114 SEGR. Roma, 2 agosto 1921, ore 15.
Suo telegramma Gab. n. 402(1).
Sforza iniziò primi passi verso Governo inglese come ho informato V.E. col mio telegramma n. 1054(2). Continuando nella via allora aperta De Martino si adopera per mio incarico a dissipare col Governo inglese equivoci che si erano andati accumulando negli ultimi tempi per sgombrare terreno da ogni malinteso. Per norma di V.E. aggiungo che conversazioni col Governo inglese hanno precipuo scopo giungere ad unicità di vedute di tutti gli alleati circa questioni orientali, salguardando interessi italiani e quindi non restano affatto escluse intese con Francia sempre che siano consone ai nostri interessi. Vedute fondamentali Governo relativamente aspetto orientale non sono mutate ma trattasi di cercare di armonizzarle anche con quelle inglesi perché azione alleati in Levante non resti indebolita da attuali divergenze che in definitiva potrebbero essere dannose sopratutto per noi.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL COMMISSARIO DEI CONFINI, BASSIGNANO
T. 1117. Roma, 2 agosto 1921, ore 24.
Come V.S. avrà rilevato dalla stampa, S.E. presidente Consiglio intervenuto con me adunanza Commissione parlamentare per affari esteri, ha dichiarato che «è intenzione Governo italiano aprire amichevoli trattative con Jugoslavia per migliorare progetto consorzio portuale. Governo inoltre si è impegnato a non mutare attuale situazione di fatto sino a quando trattative con la Jugoslavia non saranno portate a compimento: e che non giungerà ad un accordo definitivo senza la partecipazione ed il consenso dei rappresentanti del Governo legale fiumano».
Dopo tali precisi impegni assunti dal Governo, ogni ulteriore presenza di fascisti e di legionari nei pressi della zona contestata non ha pialcuna giustificazione. V.S. faccia Ciò intendere ai capi fiumani per indurli a disannare, prevenendoli che, permanendo in atteggiamento di ribellione annata. mentre non giovano alla retta soluzione del problema cui questo Ministero dedica ogni cura, determinerebbero necessità provvedimenti di rigore.
In ogni caso V.S. con tutti i mezzi a sua disposizione compresa divisione navale provveda a costringere movimento del gruppo di armati insediatosi Porto Baros al solo specchio d'acqua in cui si trova e impedisca che esso abbia modo di ingerirsi negli affari interni della città ed abbia comunque contatti con la popolazione. Riferisca sull'esito delle sue pratiche e delle disposizioni adottate.
88 1 Non rinvenuto.
88 2 Del 23 luglio, non pubblicato.
IL MINISTRO A PECHINO, NANI MOCENIGO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4453/8 GAB. SEGR. Pechino, 3 agosto 1921, ore 19,20 (perv. ore 4 del 4).
Trattative per vendita anni con governatore Manciuria e partita di ( ... ) sono a tal punto che quasi totalità armi potrebbero essere sollecitamente liquidate in base contratti portanti data anteriore aprile 1919(1). Prego pertener presente: I) pericolo rappresaglie;
2) prevedibile scandalo fra italiani interessati; 3) situazione nostro rappresentante. V.E. soltanto pugiudicare portata nostro impegno, possibilità far valere nota riserva, situazione partecipanti Conferenza disarmo. Tanto addetto navale come sottoscritto disposti far passare come colpo di testa personale una liquidazione improvvisa purché arrivo successore sicuramente prossimo. È quindi necessario che V.E. mi dia istruzioni esplicite e facoltà. Prolungare stato attuale comporta detrimento materiale e fornisce spunto propaganda sull'abuso( ... ) extraterritorialità specialmente riguardo concessione(2).
IL COMMISSARIO DEI CONFINI, BASSIGNANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4460/437. Fiume, 3 agosto 1921, ore 21,45 (perv. ore 4 del 4).
Situazione Fiume buona. Voce del Popolo prosegue pubblicazioni indisturbata. Ha destato commenti vario senso notizia Vedetta viaggio nmella Belgrado. Partiti italiani e specialmente annessionisti dimostransi preoccupati tale viaggio e temono che partito zanelliano qualora assumesse Governo possa spingere Fiume verso Jugoslavia staccandola completamente
da Italia, percihanno propositi ostacolare fonnazione Governo zanelliano. A Porto Baros situazione peggiorata causa intervento Tonacci fomite indisciplina: avvenne scissione fra occupanti, arditi e ex legionari con capitano Castelbarco rimasero su «Urano», fascisti e elementi estremisti fiumani passarono su vicinanze piroscafo «Malvine» e ad ogrmodo forza complessiva ridotta ottantina uomini. Giorni sono da Gardone (manca) tenente Cabruna col quale ebbe frequenti colloqui onde indurre occupanti lasciare Porto Baros spontaneamente. Pare D'Annunzio onnai rassegnato evacuazione Porto Baros, ma sue istruzioni Cabruna non sono ritenute abbastanza esplicite cosicché mentre taluni sarebbero disposti accettare mio consiglio andarsene, altri e specialmente Castelbarco mostransi contrari rifiutando anche rendersi conto grave danno che occupazione Porto Baros reca città. Ritengo Castelbarco esponente gruppo nazionalista annessionista che ritiene anche recenti dichiarazioni nostro Governo non sufficienti assicurare Porto Baros perennemente Fiume e conseguentemente Italia. Essi temono che per ragioni economiche Governo fiumano possa cedere Porto Baros Jugoslavia e vorrebbero nostro Governo dichiarasse Porto Baros pertinenza Fiume indissolubilmente. In questo colloquio in cui non mancai mai di fare presente la possibilità di dover addivenire anche a misure coercitive mi è sembrato che idee contegno Castelbarco vadano al di là pensiero D'Annunzio quando affidincarico Comando occupante per ristabilire disciplina. Poiché idee altri capi sembranmi meno aliene esodo e deve rientrare Fiume ex sindaco Gigante da Gardone con istruzioni riprendercolloquio per tentare esodo pacifico. Intanto ho preso nuove disposizioni per intensificare sorveglianza e tendenti isolare completamente occupanti.
90 1 Il riferimento è alle deliberazioni del protocollo di Pechino del 5 maggio 1919. Si tratta della dichiarazione presentata dai rappresentanti delle potenze alleate (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Giappone) al Governo di Pechino in merito alla restrizione della fornitura di anni e munizioni alla Cina.
90 2 Non risulta risposta telegrafica.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL GOVERNATORE DI RODI, MAISSA, E ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1123. Roma, 3 agosto 1921, ore 24.
(Per Rodi) Suo telegramma n. 5985 (1).
Non è ammissibile pretesa Autorità turche esercitare polizia marittima su costa anatolica e tanto meno nelle acque Dodecanneso. Convengo opportunità fare a comandante turco Makri seconda comunicazione suggerita da V.E., appoggiandola con presenza nostra unità navale e prego disporre in conseguenza(2). Concordo considerazioni contenute ultima parte suo telegramma ma occorre tener presente necessità ristabilire nostro prestigio verso Autorità turche Anatolia con prudente ma fenno contegno facendo loro comprendere come ci sia oramai impossibile tollerare ulteriori incidenti malgrado ogni desiderio mantenere amichevoli rapporti.
(Per Cospoli) Mi riferisco al telegramma da Rodi n. 5985. Ho risposto a Maissa quanto segue: (riprodurre telegramma soprascritto).
92 1 Del 2 agosto, con il quale Maissa aveva riferito di azioni violente compiute da caicchi annati della base turca di Makri.
92 2 A seguito di nuove azioni di caicchi turchi annati, la missione a Makri sarebbe stata presto eseguita dal comandante Scelsi (T. 4559/6172 da Rodi del 9 agosto).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A COSTANTINOPOLI, PARIGI E LONDRA E ALLA LEGAZIONE AD ATENE
T. 1124. Roma, 3 agosto 1921, ore 24.
(Per Cospoli Atene e Parigi) R. ambasciatore a Londra telegrafa:
(telegramma collezione 4402(1), 4404(2)).
Ho telegrafato a De Martino:
(Per Londra) Suo telegramma n. 932(1).
(Per tutti) Anche oggi questa stampa riporta notizie fonte inglese circa movimenti militari greci verso Cospoli. Ad ogni buon fine e per eventuale sua norma di linguaggio e condotta informo V.E. che non siamo assolutamente disposti a consentire partecipazione truppe greche occupazione Cospoli(3).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. GAB. 2 R.S. SEGR. PERS. Roma, 4 agosto 1921, ore 18.
Decifri ella stessa.
Mi è pervenuto suo rapporto del 29 luglio(1)per il quale la ringrazio.
Prendo atto con compiacimento delle buone disposizioni di Lloyd George e del suo desiderio di stabilire una stretta intesa fra Italia ed Inghilterra. Nutro fiducia che nel prossimo incontro che il presidente del Consiglio ed io avremo cc;,l premier inglese si possa raggiungere lo scopo desiderato dalle due parti. Occorre perche Lloyd George tenga assolutamente conto della situazione delicata in cui si trova l'Italia nel Consiglio Supremo dove sono ancora in discussione questioni di vitale interesse diretto pel nostro paese e che tenga presente come rispetto agli Alleati la posizione diplomatica dell'Italia non sia basata su una forza corrispondente a quella di cui gode l'Inghilterra. Un nostro atteggiamento deciso a sostegno della tesi inglese ci creerebbe naturalmente maggiori difficoltà d'altra parte. Essendomi affidata la responsabilità della tutela degli interessi del mio paese in questioni cosi importanti che dopo trascorso tanto tempo
dalla fine della guerra attendono ancora la loro soluzione non potrei trovare giustificazione sufficiente nell'assumere un atteggiamento quasi combattivo senza avere la sicurezza di trovare dal lato inglese una rispondente azione concreta di appoggio nelle altre questioni forse meno importanti ma che pidirettamente interessano l'Italia.
Se V.E. riuscirà a ben richiamare l'attenzione del premier inglese sull'estrema delicatezza di questa situazione dell'Italia ho fiducia che egli in conversazioni preventive con intese concrete mi metterà in condizione di seguirlo con franchezza e lealtà nel suo atteggiamento nella questione fondamentale alla quale l'Inghilterra a ragione attacca una specialissima importanza.
Mi riservo di invitare V.E. a venire a Parigi a seconda delle circostanze.
93 1 Del 1° agosto, con il quale De Martino aveva riferito nulla risultare al Foreign Office di un progetto greco per l'occupazione di Costantinopoli.
93 2 Del 1° agosto, non pubblicato.
93 3 Con T. 4480/964 del 5 agosto De Martino riferiva poi di un colloquio con Crowe che gli aveva assicurato l'infondatezza delle voci in questione e la ferma volontà di Londra di non tollerare un'avanzata greca su Costantinopoli.
94 1 Vedi D. 71.
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4490-4491/408-409. Belgrado, 4 agosto 1921, ore 21 (perv. ore 19,40 del 5).
Telegramma di V.E. n. 1100(1).
In precedente colloquio Popovich mi disse: 1) che frontiera albanese 1913 era stata imposta dall'Austria e che Jugoslavia domandava ora a suo favore rettifiche offertele dagli Alleati 14 gennaio scorso nel promemoria di Clemenceau a Trumbic e Pasich;
2) che Albania con la dichiarazione ad hoc fatta da Essad Pascià successo a Wied era entrata in guerra e violata neutralità fissata da statuto albanese il quale doveva essere riveduto anche per impedire ritorno Wied; 3) che l'Inghilterra era disposta alla rettifica frontiera domandata da Jugoslavia e solo vi si opponeva l'azione Galli a Parigi, che ove non fosse cessata avrebbe sollevati commenti della stampa jugoslava; 4) che credere alla indipendenza Albania era una illusione.
Stamane gli ho fatto circa valore documento 14 gennaio precise dichiarazioni di cui al telegramma di V.E. n. 1100. Ha replicato che per Jugoslavia documento aveva tuttora piena valida attuazione. Gli ho ripetuto punto di vista italiano ed ho evitato discussione chiedendogli chiarirmi suo pensiero(...) acquiescenza dell'Italia: 1) (...) alle richieste rettifiche di frontiera 1913 ora presentate a Parigi che comprende Scutari ed hinterland, oppure valle del Drin; 2) all'attribuzione alla Jugoslavia di un eventuale territorio conferito alla Serbia ed a Montenegro dall'articolo 7 dell'accordo di Londra(2)qualora ( ...) principio di tale articolo fosse posto in applicazione. Ha chiesto conoscere pensiero Governo italiano in proposito e (...) della sua risposta ha accennato ai legami diplomatici jugoslavo-greci in materia di politica albanese ed ha riaffermato che parlare di indipendenza albanese equivarrebbe illudersi.
95 1 Vedi D. 80.
95 2 L'art. 7 del Patto di Londra (firmato il 26 aprile 1915 fra Italia, Gran Bretagna, Francia e Russia) prevedeva tra l'altro -oltre alla costituzione di uno Stato albanese autonomo, rappresentato dall'Italia nelle relazioni internazionali -la possibile spartizione dei territori settentrionali e meridionali dell'Albania tra Montenegro, Serbia e Grecia (vedi serie quinta, voi. III, D. 470).
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 425 GAB. RJS. Parigi, 4 agosto 1921 (perv. ore 3,30 del 5).
È evidente che nel colloquio da me riferito col mio telegramma n. 412(1) Briand accennava appunto ai negoziati che come reca telegramma di V.E. n. 1414(2) sta conducendo il r. ambasciatore a Londra. Nulla certamente di più opportuno che di promuovere ove sia possibile unicità di vedute fra tutti gli Alleati sulle questioni orientali. Vedrei pergrave inconveniente se inseguendo quello scopo senza alcuna partecipazione di questo Governo potessimo incorrere in un fondato rimprovero di trascurare le intelligenze già prese a quel proposito con la Francia. Sarlieto se V.E. vorrà tener presente in tale occasione il Memorandum da me più volte citato del 18 febbraio(3)di cui ho sott'occhi il testo perché ritengo sia fra le carte che il cav. Galli ha portato seco costà, ma che V.E. potrà in ogni caso facilmente rintracciare. In quel documento è adombrato specialmente per Smirne e la Tracia un programma di capitale importanza per noi come per la Francia, ma che difficilmente sarà accettato dal Governo inglese. Importa assai che non ci diamo l'apparenza qui di modificare la nostra politica proprio alla vigilia della imminente discussione delle cose d'Oriente in Consiglio Supremo e mentre il Governo francese ci appoggia così pienamente nella questione albanese. Io ho già tenuto di mia iniziativa al signor Briand il linguaggio suggerito dal telegramma di V.E. cui rispondo, ma credo che sarebbe cosa opportunissima per tutti i riguardi se
V.E. volesse al suo imminente arrivo a Parigi avere subito con lui su questo argomento una schietta ed esauriente conversazione.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, MAISSA
T. 1129. Roma, 4 agosto 1921, ore 22,30.
(Per Adalia) Suoi telegrammi nn. 415 e 416(1).
R. Governo intende astenersi in via di massima da occupazioni territoriali, mantenendo percon ogni energia sorveglianza zona costiera mediante forze navali. Ma soltanto dallo svolgersi avvenimenti politici e militari sarà possibile trarre norma per
eventuali diverse decisioni. Conviene perastenersi costì da qualsiasi dichiarazione relativa intenzioni r. Governo che per qualsiasi eventualità è opportuno siano lasciate ignorare.
(Per Cospoli e Rodi) Ai telegrammi ho risposto quanto segue: (riprodurre cifre dal telegramma soprascritto da «R. Governo intende» fino a «lasciate ignorare»).
96 1 Del 30 luglio, non pubblicato.
96 2 Riferimento errato, si tratta del T. 1114 per il quale vedi D. 88.
96 3 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
97 1 Vedi D. 78.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO DELLE COLONIE, GIRARDINI
T. POSTA 48570/810(1). Roma, 4 agosto 19 21.
Mio telespresso n. 36933/582(2).
La r. ambasciata a Londra mi ha comunicato una nota direttale dal Foreign Office contenente le controproposte inglesi relative al progetto di accordo e di scambio di note (di cui accludo copia)(3) per l'abolizione delle capitolazioni in Egitto.
l) Per ciò che riguarda i nostri sudditi coloniali il progetto inglese di scambio di note contiene la seguente dichiarazione: «rimane inteso che nell'art. 3 dell'accordo le parole ressortissants italiens comprenderanno tutte le persone le quali posseggono i diritti politici di sudditi italiani e che per quanto riguarda gli altri abitanti indigeni delle colonie italiane essi saranno trattati nello stesso piede degli abitanti indigeni delle colonie di altre potenze europee». Riferendomi a quanto esponevo nel punto primo del mio citato telespresso n. 582 prego V.E. esprimermi il suo parere circa la convenienza di accettare tale clausola, la quale mentre garantisce per i sudditi eritrei e somali quella posizione di parità con i sudditi coloniali di altre potenze (richiesta da cotesto Ministero con la nota n. l02 dell' 11 febbraio scorso )(2) potrebbe essere interpretata favorevolmente per i sudditi libici ai quali sono concessi i diritti politici in base alle leggi fondamentali emanate per la Tripolitania e la Cirenaica.
2) Contrariamente alle previsioni contenute nel mio telespresso n. 342(4) il Foreign Office ha accettato integralmente la clausola da noi proposta per i rapporti fra l'Egitto e la Cirenaica (vedi paragrafo 9 del progetto inglese di scambio di note). Ritengo per parte mia che si possa accettare la formula inglese così come è stata redatta.
3) Il Foreign Office ha pure accettato l'interpretazione che abbiamo proposto di dare all'espressione «scuole italiane», estendendola alle scuole frequentate da sudditi coloniali.
4) Per ciò che concerne il Sudan V.E. vedrà che col paragrafo 14 del progetto di scambio di note il Governo inglese propone di stabilire che l'accordo relativo all'abolizione delle capitolazioni debba essere applicato soltanto all'Egitto «restando definito lo Statuto del Sudan dalla convenzione anglo-egiziana del 1899». Ho dato istruzioni al
r. ambasciatore a Londra di accettare la frase dichiarante che la convenzione si applica esclusivamente all'Egitto e non si estende al Sudan, ma di ottenere la soppressione della seconda parte del paragrafo allo scopo di evitare un riconoscimento anche indiretto dell'accordo anglo-egiziano del 1899. E ciper le ragioni esposte nell'ultima parte del citato mio telespresso n. 342(4).
98 1 Diretto per conoscenza all'ambasciata a Londra e all'agenzia diplomatica al Cairo.
98 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
98 3 Non rinvenuto.
98 4 Recte: 582.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4488/7159. Parigi, 5 agosto 1921, ore 20 (perv. ore 3 del 6).
A suo 1029(1). Comunico aver spedito a Biancheri a Vienna seguente telegramma da cui risulta che consegna noti oggetti artistici pufinalmente essere portata a compimento.
«Seguito conversazioni avute con delegazione inglese puescludersi sorgano obiezioni all'esecuzione dell'art. 3 e 5 della Convenzione artistica 21 maggio 1920(2). In conseguenza V.S. vorrà fare urgenti pratiche presso il Governo austriaco per ottenere immediata consegna oggetti esplicitamente indicati art. 3 e 5 elencati nella lista 15 febbraio 1921 a firma Modigliani e Tietze come contemplato dall'art. 3. Per evitare qualsiasi obiezione da parte Austria V.S. potrà rilasciare dichiarazione secondo cui Italia si impegna rilevare Austria da qualunque molestia potesse derivarle da preteso diritto di terzi su oggetti trasferiti e si impegna tenere tali oggetti a disposizione di chiunque potesse provare valido diritto su alcuno di essi. Prego telegrafarmi non appena ricevimento abbia avuto luogo inviandomi lista esatta oggetti presi in consegna. Credo superfluo insistere su necessità consegna avvenga massima sollecitudine. Se Governo austriaco domanda consegna oggetti che Italia si è a sua volta obbligata consegnare V.S. potrà incitare Governo austriaco farne richiesta a Roma».
Ad evitar qualsiasi pretesto dilatorio da parte Governo austriaco sarebbe utile che il Governo dichiarasse subito essere disposto consegnare oggetti che con Convenzione ed accordo successivo ha riconosciuto dover cedere Austria(3). Prego comunicare presente telegramma Ministero istruzione ed Ufficio centrale nuove provincie.
99 1 Il numero è errato, si tratta quasi certamente del T. 1079 del 27 luglio, non pubblicato.
99 2 La Convenzione artistica tra Italia e Austria, sulla base dell'art. 196 del Trattato di Saint-Germain, era stata conclusa a Vienna il 4 maggio 1920. Testo in Trattati e convenzioni, voi. 26, n. X.
99 3 Con T. 1136 a Biancheri del 6 agosto a firma Ricci Busatti, il Ministero confermava le istruzioni e dichiarava la piena disponibilità del Governo a consegnare all' Austria, dietro richiesta, gli oggetti che a sua volta l'Italia si era impegnata a restituire. Quindi, con T. 4 759/497 del 19 agosto, Biancheri comunicava il raggiunto accordo con il Governo austriaco per una sollecita consegna degli oggetti artistici. Per il seguito della questione vedi D. 158.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A MADRID, FASCIOTTI, E AL MINISTRO A BERNA, ORSINI
T. GAB. 279. Roma, 5 agosto 1921, ore 22.
(Per Londra) Ho telegrafato al r. ambasciatore a Madrid quanto segue: (Per Berna) Per sua infonnazione e nonna comunico seguente telegramma da me inviato al r. ambasciatore a Madrid:
(Per tutti) Questo incaricato d'affari di Francia mi ha infonnato risultare in modo preciso al suo Governo che ex imperatore Carlo è fornito di larghissimi mezzi per vivere. Difficoltà avanzata percida codesto Governo per accordargli ospitalità in Spagna è insussistente.
Governo francese ha dato istruzioni al suo ambasciatore a Madrid per pregare Governo spagnuolo di accogliere senzaltro ex sovrano e mi ha chiesto di associarci al passo francese. Prego V.E. di voler prendere accordi con il suo collega e di agire nello stesso senso.
(Per Londra) Suppongo che Governo francese avrà fatto costì analoga comunicazione. Prego V.E. di volersene accertare e di chiedere in ogni caso a codesto Governo di inviare a Madrid identiche istruzioni.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1131. Roma, 5 agosto 1921, ore 22,30.
Suo telegramma n. 4356(1).
In massima non sarei contrario a che Governo albanese invii Roma suo rappresentante ufficioso. Ritengo tuttavia opportuno che tale provvedimento sia per ora differito in attesa che grandi potenze alleate prendano decisioni circa riconoscimento Albania e provvedano d'accordo in merito alla rappresentanza albanese.
101 1 Del 31 luglio, con cui CastoIdi aveva dato notizia del prossimo invio a Roma di un rappresentante ufficioso albanese.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 10 R.s./966 RR. Londra, 5 agosto 1921 (perv. il 6).
Seguito a mio telegramma odierno 965 (1).
Nel mio colloquio odierno con Lloyd George mi sono espresso in conformità del telegramma di V.E. 2/2 di ieri sera(2). Lloyd George mostrdi rendersi conto perfettamente del punto di vista di V.E. della delicatezza della situazione dell'Italia nel Consiglio Supremo e della giusta sua preoccupazione di avere la sicurezza di trovare dal lato inglese ( ... ) rispondente e concreta azione di appoggiare nelle altre questioni forse meno importanti ma che pidirettamente interessano l'Italia. La risposta di Lloyd George fu categoricamente affermativa. Egli mi ripetè suo fermo intendimento di giungere ad uno stretto accordo con l'Italia; egli disse che gli interessi dei due paesi sono dovunque armonici e non vede dove facilmente sono in contrasto; egli vuole arrivare ad una attiva collaborazione, disse che si era perfettamente inteso con Giolitti a Lucerna ed ebbe parole di ammirazione per lui, ma che poi disgraziatamente nei successivi Consigli Supremi non vi riuscì entrare in contatti con l'Italia e si servì della nota metafora inglese del(...) con nessun ( ... ) uno dei capi. Ora egli desidera entrare in rapporti fattivi con S.E. Bonomi e
V.E. Lloyd George accennquindi alla opportunità di un accordo fra l'Italia e la Grecia; le pretese della Grecia sono oggi esagerate ma egli confida esercitare su essa utile azione moderata. Feci allora presente a Lloyd George l'opportunità di una conversazione preventiva secondo i termini del citato telegramma di V.E. Egli acconsentì con premura e disse desiderava avere colloquio con il suo collega Bonomi e V.E. domenica (ripeto domenica) sera a Parigi. Lloyd George mi pregtelegrafarlo subito anche a S.E. Bonomi. Avendomi Lloyd George ripetuto desiderio che io venissi a Parigi invitandomi nel suo treno, gli feci presente essere opportuno io non venga perché mia partenza solleverebbe inevitabili commenti e supposizioni inopportune della stampa francese. Aggiunsi che forse V.E. mi avrebbe chiamato in seguito ma che mio desiderio era di non andare.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. RIS PERS. Londra, 5 agosto 1921.
Come è noto a V.E. la questione dell'Albania è stata per me causa di insolito contrasto col Foreign Office. Dai miei telegrammi V.E. ha rilevato che nello stesso Foreign Office si urtano varie tendenze. Alcuni funzionari mantengono quella mentalità contraria agli interessi italiani che abbiamo sperimentato durante la Conferenza
di Parigi. Le ottime relazioni personali che con tutti mantengo mi hanno permesso di alzare la voce. Ora grazie alle buone disposizioni del primo ministro io confido che a Parigi l'E.V. potrà trovare una soddisfacente soluzione. Ma su due punti mi permetto attirare la sua speciale attenzione.
1) Come è noto l'ambasciata britannica a Parigi ha presentato alla Conferenza degli ambasciatori due note per affermare che a nessuno Stato (alias Italia) si puriconoscere diritti speciali sull'Albania. Nello stesso tempo lord Curzon si dichiara disposto a esaminare una nostra formula purché trovassimo modo di superare l'ostacolo della Società delle Nazioni. Contro le suddette note, di cui il Ministero mi dette semplice comunicazione, io ho elevato proteste e critiche d'ogni sorta e per ogni dove. Difatti esse costituiscono una gaffe come molti, anche funzionari, hanno riconosciuto -ed io non ho mancato di valermene.
Ho voluto di ciavvertire V.E. perché è sempre utile in qualunque discussione avere una base per mettere l'avversario dalla parte del torto.
2) Il Foreign Office, specie in questi ultimi giorni, ritorce l'accusa sostenendo che tutta la colpa è nostra perché non abbiamo ancora presentato a lord Curzon la formula da esaminare.
A ciò ioreplico che causa del ritardo sono appunto le due predette infelici note le quali sembrano tagliare i ponti ad ogni negoziato.
Sta in fatto perche avendo tastato il terreno a proposito della formula inviatami da V.E. (1) , potei accertare che essa sarebbe stata senzaltro rifiutata in base alla difficoltà della Lega delle Nazioni. Per tale motivo mi astenni naturalmente dal presentarla in via ufficiale e pregai V.E. esaminare se e come si potesse girare lo scoglio della Lega delle Nazioni. Non ho avuto fino ad oggi istruzioni in proposito(2).
È da vedere ora, a Parigi, se inquadrando la questione d'Albania in pivasto campo politico, si possa senzaltro superare la preoccupazione britannica per la Lega delle Nazioni.
102 1 Non rinvenuto.
102 2 Vedi D. 94.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4499/975. Londra, 6 agosto 1921, ore 8,40 (perv. ore 23,30).
Capo ufficio Turchia del Foreign Office mi ha informato risultargli che situazione cristiani Adalia potrebbe divenire precaria nell'eventualità ritiro navi da guerra italiane da quel porto. Mi ha chiesto se nel caso del ritiro navi italiane r. Governo farebbe obiezioni alla comparsa colà o nei paraggi navi da guerra britanniche per la protezione della popolazione cristiana. Cisempreché le circostanze lo richiedano. Prego istruzioni per risposta(1).
103 1 Vedi D. 50.
103 2 La formula sarebbe stata consegnata a Curzon il 25 agosto successivo (vedi D. 145).
104 1 Non è stata rinvenuta una risposta telegrafica.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1134. Roma, 6 agosto 1921, ore 14,30.
(Per Parigi) Mio telegramma n. 1102(1). Ho telegrafato quanto segue al r. ambasciatore a Londra.
(Per tutti) Mio telegramma n. 1101(2).
Regio Governo ritiene che chiarimento da noi desiderato circa situazione diplomatica degli Alleati e dell'Italia di fronte Albania non debba trovare ostacolo nel fatto che Albania fu ammessa partecipare Società Nazioni.
Nei riguardi del Governo britannico confermo esistenza dichiarazione delegati italiani Parigi secondo cui Italia firmando Trattato Versailles e Trattato San Germano e relativo Patto Società Nazioni intendeva che questioni riguardanti assetto Adriatico e conseguentemente questione albanese dovessero rimanere di competenza del Consiglio Supremo e percisottratte Società Nazioni.
Termini esatti e data tale dichiarazione saranno quanto prima telegrafate a V.E. da Parigi(3).
Nei riguardi Società Nazioni confermo osservazioni contenute mio telegramma n. 1101 diretto sostenere perfetta conciliabilità dell'accordo tra gli Alleati da noi prospettato con partecipazione Albania Società Nazioni.
Italia infatti non chiede né mandato né altra forma di protezione diretta su Albania non volendo in nessun modo menomarne sovranità ed indipendenza chiede invece consenso Alleati a tutelare consolidamento Stato albanese e ad impedire che tale sovranità ed indipendenza sia da altri menomata, epperò punti fondamentali nostra tesi non sono inconciliabili ma concordanti per la piproficua realizzazione dello Stato albanese.
Quanto sopra V.E. pusenzaltro far presente a codesto Governo(4). Ciò premesso punti enunciati nel telegramma di V.E. n. 896(5) potrebbero essere modificati come segue:
«1) Gli Alleati riconoscono l'Albania come Stato indipendente.
2) La salvaguardia dell'indipendenza albanese costituisce per l'Italia un essenzale interesse economico e strategico connesso alla sua difesa adriatica.
3) A questo effetto avendo l'Italia presa spontaneamente l'iniziativa della costituzione dello Stato nazionale indipendente albanese, ha il dovere di vigilare a che detto Stato si consolidi e si sviluppi.
4) Qualora Stato albanese dovesse venir meno nonostante favorevole atteggiamento Italia ed Alleati questi riconoscono all'Italia il diritto ad una azione diretta a salvaguardare suoi speciali interessi di difesa strategica nell'Adriatico in base situazione diplomatica preesistente alla iniziativa italiana per l'indipendenza albanese».
Ho chiesto Stato Maggiore Marina Guerra elementi tecnici circa interessi strategici italiani basso Adriatico. V.E. potrebbe intanto avvalersi esposizione fatta da comandante Cons il 14 febbraio 1919 dinanzi Commissione per affari greci (verbale n. 3) cui testo è allegato al rapporto finale della Commissione.
Ho richiesto anche Stato Maggiore Marina elementi circa Durazzo di cui al telegramma di V.E. n. 825(6).
105 1 Vedi D. 81.
105 2 Vedi D. 81, nota 2.
105 3 Con successivo T. Gab. 289 di Torretta del 10agosto da Parigi al Ministero, a Bonin e a De Martino.
105 4 Vedi D. 50, nota 2.
105 5 Vedi D. 54.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4513/509. Costantinopoli, 6 agosto 1921, ore 21 (perv. ore 2,20 del 7).
Mi riferisco al telegramma n. 1110(1).
Nostra posizione in Anatolia e specialmente in zona Adalia è legalmente quella che fu prospettata con mio telegramma posta n. 5541/382 facente seguito 8 aprile scorso 397(2) con il quale mi si informava proposito r. Governo ritirare truppe italiane da zona occupazione Anatolia e della sospensione questa decisione su richiesta Bekir Sami bey. Nostra linea di condotta politica in Oriente è stata finora inspirata a propositi mantenere buone relazioni con Impero ottomano per ragiorpolitiche di ordine generale e per altre di carattere economico. Applicazione di questo principio puseguire varianti a seconda delle circostanze che sono qui assai mutevoli dato che siamo ancora ben lontani da assetto del dopo guerra. Così come per ragiordi prudenza si è creduto dar. Governo di non avventurarsi in difficoltà che avrebbero anche potuto avere ripercussione su politica interna e si è per conseguenza stabilito di sostituire alla deficienza ( ... ) forze militari quelle marittime più facilmente maneggevoli e condizione attuale piefficienti: si potrebbe ora dopo insuccesso kemalisti contro greci riprendere pivibrata affermazione nella nostra zona. Inspirandosi a questo si potrebbero dare disposizioni al Comando navale Rodi e quindi r. nave «Napoli» informando Faralli nel senso di attenersi alla linea di condotta già ( ... ) dal comandante «Duilio» con rapporto 10 luglio scorso n. 178 codesto Governo(3), si potrebbe stabilire che polizia marittima lungo nostra costa fosse esercitata dalle rr. navi e che visite sanitarie fossero effettuate da autorità locali solo con intervento nostri agenti e che ad essi fossero attribuite tutte
quelle altre ingerenze in Adalia che aveva nostro corpo di spedizione. In conseguenza di tali disposizioni si potrebbe rinforzare alla spicciolata numero carabinieri rimasti Adalia. Dopo poi che per situazione militare kemalista nostra zona d'influenza rimanesse separata da Governo Angora si potrebbe tentare promuovere da quelle popolazioni nostro intervento per difesa della zona contro bande armate. (Faralli. Con telegramma n. 3028/416)(4). Seguendo questa linea di condotta, sia pure con maggior tatto, bisogna essere preparati ogni eventualità per non rischiare fare subire al nostro prestigio dannosa menomazione quando ad accennata( ...) si fosse costretti far seguire per forza di cose e per mancanza mezzi adeguati atteggiamento piremissivo. E non è male ricordare che per notizie qui pervenute da parti diverse, kemalisti sarebbero ancora fortemente organizzati e disposti a tutto per raggiungere loro desiderio. Politica inglese assai varia nel suo fronte orientale si mantiene profondamente assoluta nei momenti pidifficili coi mezzi che sono efficienti per la ( ...) forza e per attitudine risoluta. Politica francese èdi mantenersi ad ogni modo in buoni rapporti con Turchia e di venire ad un'intesa con kemalisti anche con sgombero Cilicia e modificazione linea di confine in Siria dopo che già(...) ritirato presidio Zonguldac.
Telegrafato Roma Rodi Adalia.
105 6 Riferimento errato.
106 1 Vedi D. 82.
106 2 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
106 3 Non rinvenuto.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4521/2221. Durazzo, 6 agosto 1921, ore 21, 10 (perv. ore 14,20 del 7).
Ho preso argomento da comunicazioni di V.E. circa lavori a Parigi Commissione per questione albanese giuntemi con ultima posta, per condurre conversazione con ministro affari esteri. Questi era non esattamente ma sufficientemente informato atteggiamento varie potenze per quanto Midhat bey Frasheri riferisca ( ...) e altre notizie desunte giornali italiani si prestino a interpretazione tendenziosa contro politica italiana. Ho fatto rilevare decisa azione italiana favorevole aspirazioni albanesi e persistenza (...) certi ambienti albanesi travisare interessamento regio Governo per Albania. Ho accennato a prossima riunione Consiglio Supremo mentre ancora Governo Tirana non ha concretato risposta alla seconda parte del telegramma di V.E. n. 746(1). Ministro affari esteri ha ripetuto solite dichiarazioni convinzione circa appoggio italiano e suo desiderio accordo che potrebbe essere raggiunto mediante assicurazione prevalenza italiana in collaborazione economica e rinvio decisione circa attuale questione Valona. Disse possesso italiano Saseno essere in futuro assicurato da clausola protocollo Tirana che verrebbe più tardi confermata. Governo albanese teme ora che altra soluzione possa servire a Serbia e Grecia sostenere loro pretese.
Risposi non parermi tali dichiarazioni potrebbero accontentare V.E. Esse non contengono impegno ma promessa. Facevo notare che diplomatici serbi e greci non avrebbero mai fatto dipendere loro aspirazioni da sistemazione Saseno e di conseguenza da beneplacito italiano. Cadeva quindi argomento principale. Da due mesi aspettavo precisa decisione del Governo albanese il quale assumeva grave responsabilità per continuato ritardo. Occorreva pisollecitamente possibile mettermi in grado telegrafare qualche cosa di piconcreto. Ministro affari esteri disse che sarebbe stato fatto; Governo albanese avere le migliori intenzioni e pregava considerare gravi difficoltà varie interne ed estere. A momento opportuno non sarebbe mancato coraggio prendere decisione.
Ripetei che momento opportuno parevami giunto anzi Governo albanese trovarsi in ritardo. Tuttavia circostanze permettevano ancora giungere in tempo pur di non perdere anche questa occasione. Ministro affari esteri mi parve sincero ma sua influenza scarsa non affida circa risultato sua azione personale. Mantengo mia convinzione che attuali ministri non prenderanno decisione salvo che intervengano circostanze straordinarie.
Spedisco per posta testo cifrato.
106 4 Vedi D. 78.
107 1 Vedi D. 32, nota I.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4568/512. Costantinopoli, 8 agosto 1921, part. ore 21 del 9 (perv. ore 8 del 10).
Rumbold ieri ha comunicato a Pellé ed a me che desidera informare opinione suo Governo circa attribuzioni Harrington. Nella conversazione che ebbe luogo oggi ci disse che Curzon opina essere Harrington libero dalla dipendenza da alti commissari in tutto ciò che poteva riguardare parte militare e questioni ad essa attinenti. In base questa opinione Harrington sarebbe regolatore servizio polizia del funzionamento tribunale proposto da alti commissari per giudicare in materia reati comuni e di pertinenza servizio (manca). Insomma tutto potendo avere rapporto con sicurezza piazza cui sopraintende Harrington. Pellé ed io osservammo ritenere poteri Harrington assoluti solo per quanto riguarda parte concernente tecnica militare ma che per tutto il rimanente rimane integra competenza alti commissari solo investiti supremi poteri da Governi alleati perché situazione Cospoli è eccezionale non potendosi considerare come territorio soggetto semplice occupazione militare. È appunto per questo che esistono alti commissari investiti maggiori poteri come rappresentanti collettivi Governi alleati. Questa situazione esiste da circa due anni e mai fu messa in discussione autorità degli alti commissari di fronte capi militari truppe alleate. Unità comando attribuito Harrington delle forze alleate terrestri non poteva avere per conseguenza variazioni stato attuale delle cose. Comando suddetto non è che anticipo disposizioni trattato Sèvres che affida per ogni biennio comando truppe alleate alternativamente ai capi delle truppe suddette. Chiarire e determinare attribuzioni Harrington è necessario pel buon funzionamento amministrazione interalleata massimamente dopo formale dichiarazione Harrington che tutti i poteri sono concentrati nelle sue mani e che alti commissari non hanno altre funzioni che di rappresentanti alleati nei rapporti con Sublime Porta.
Alto commissario britannico si riserva ritornare sullo stesso argomento dopo autorizzazione suo Governo comunicarci telegramma ricevuto aggiungendo che dopo tale comunicazione si sarebbe potuto tenere altra riunione con intervento Harrington.
Mia impressione è che Governo inglese miri accentrare tutti i poteri nelle sue mani per predominio assoluto su Ottomani(1).
Telegrafato Parigi Roma.
IL GOVERNATORE DI RODI, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4572/6191. Rodi, 9 agosto 1921, ore 19,45 (perv. ore 8 del 10).
Mio telegramma n. 6011 del 3 agosto(1).
Trascrivo risposta Faralli: «N. 3115. Agosto 6. Premesso che nostro intervento limitato questione marittima non è sufficiente risollevare nostro prestigio molto scosso presso autorità popolazioni turche ritengo necessario che in avvenire su costa nostra zona venga da nostra autorità navale esercitato controllo assoluto ad acque territoriali analogamente a quanto fanno su costa altri nostri Alleati. Dovremmo cioè: l) Proibire armamento in guerra imbarcazioni turche; 2) assicurare che libertà navigazione marittima di qualunque bandiera non subisca limitazione di sorta; 3) vietare alle autorità turche esercitare a bordo navi operazioni polizia qualsiasi genere. Per poter esercitare efficacemente questa azione comune occorrerebbe stabilire oltre Adalia e Scalanova piccoli stazionari a Finnika e Macri ed eventualmente a Kuluk. Probabilmente alcuni di questi provvedimenti causeranno da parte turchi proteste e reazioni del genere di quelle prospettate da V.E. e forse per mantenerli occorrerà procedere qualche sanzione. Proposte precedenti sono state concretate d'accordo con comandante superiore navale».
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, A PARIGI
T. 630. Berlino, 10 agosto 1921 (perv. l'11).
Preso questi giorni primo contatto con Governo germanico circa mia personale ma autorizzata iniziativa di ottenere qualche vantaggio per l'Italia. Germania sarebbe disposta seguenti concessioni nel caso Alta Slesia rimanga assegnata ad essa eccettuati distretti Pless Rybnik.
l) Concessione per trenta anni, a partire da 29, di fino 4 milioni di tonnellate annue carbone prezzo mercato interno trasportato su vagoni tedeschi. Italia dovrebbe
dichiarare due anni prima se e quale quantità di carbone vuole ritirare. Concessione parte da(...) 29 anni, perché come V.E. sa fino questo anno per il Trattato di Versailles Germania è obbligata a fornire carbone contrattato.
2) Partecipazione capitale italiano a cinque o sei grandi società carbone(...) facilitata ogni modo Governo germanico il quale si impegnerebbe tacitare società proprietarie fino a 250 milioni marchi.
3) Obbligo Germania impiegare Alta Slesia tanti operai italiani quanti lavoravano prima della guerra. Numero non può essere fissato oggi, ma si calcola 3 mila. Nel caso solo distretto Pless fosse assegnato Polonia e Rybnik fosse assegnato Germania in luogo concessione n. 2 Germania darebbe a scelta Italia per 100 milioni di lire o per metà prezzo valore reale da stabilirsi perizia nominarsi due parti miniera Knurov con carbone, benzolo, ammoniaca attualmente producendo 600 mila tonnellate carbone annue facilmente aumentabili fino due milioni tonnellate.
Naturalmente queste concessioni non sarebbero fatte direttamente da Governo germanico ma per mezzo ditta Friedlander Arnold con garanzie qualora Italia voti con Inghilterra. Come già dissi V.E. Roma stimo questa politica salvaguardia con interesse supremo pace Europa. Anche interesse generale italiano.
108 1 Si veda poi D. 124.
109 1 Vedi D. 82, nota 2.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTERO DEGLI ESTERI
T. 290 GAB. Parigi, 11 agosto 1921(1).
Consiglio Supremo ha deliberato oggi Governi alleati continueranno attenersi stretta neutralità nel presente conflitto fra greci e turchi astenendosi da qualsiasi aiuto ai belligeranti in armi e materiale da guerra ma senza perche cipossa implicare ostacolo ai diritti delle case industriali dei rispettivi paesi di commerciare liberamente coi belligeranti stessi. Prego pertanto, d'accordo con S.E. Soleri, provvedere immediatamente presso Ministero finanze per revoca misure attualmente in vigore circa restrizioni esportazioni materiale bellico verso Turchia.
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DELL'INDUSTRIA E COMMERCIO, BELOTTI
T. 4609/2493. Berlino, 11 agosto 1921, ore 8,50 (perv. ore 9,20 del 12).
Permettomi richiamare l'attenzione dell'E.V. su grave danno che reca interessi nostro paese ritardo conclusione accordo commerciale con Germania. Mentre questa
potrà sempre guadagnar tempo perduto intensificando invio proprie mercanzie, Italia non potrà inviare prodotti agricoli quando loro stagione sarà passata.
Prego pertanto l'E.V. voler urgenza inviare suo rappresentante.
111 1 Torretta era a Parigi per partecipare alla terza conferenza interalleata (Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Belgio) svoltasi nei giorni 8-13 agosto.
IL SENATORE TITTONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, A PARIGI
T. 633 PERS. [Berlino](1), 11 agosto 1921 (perv. il 12).
Poiché giornali riferiscono proposte Lloyd George assegnare alla Grecia tutti i territori occupati in Asia Minore rammento a V.E. che nostro accordo con Grecia per cessione Dodecaneso eventualmente Rodi era subordinata che Italia avesse in Asia Minore la zona stessa assegnata allo stesso titolo cogli stessi poteri concessi Grecia per la sua zona. A San Remo Nitti si dimenticdi ci Bensì la questione risorge alla improvvisa proposta di Lloyd George. Nel caso fosse impossibile opporsi ( ... ) aumento nella zona greca vi è un punto che mi pare potremmo e dovremmo sostenere, cioè che qualunque ulteriore aumento territoriale della Grecia in Asia Minore annulla ipso jure quanto ad essa eravamo disposti concedere nel Dodecaneso e a Rodi(2).
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, E AL MINISTRO DELL'INDUSTRIA E COMMERCIO, BELOTTI
T. 4627/370. Berlino, 12 agosto 1921, ore 8,35 (perv. ore 17 del 13).
Segnalo a V.E. che applicazione tariffa generale ha provocato agitazione ceto industriale, commerciale germanico i quali richiedono dal Governo rappresaglia. Sono profondamente convinto che frontiere germaniche si chiuderanno ermeticamente a
qualsiasi prodotto nostro suolo se accordo commerciale proposto sarà respinto. Ricordo inoltre che convenzione fu discussa punto per punto con previo accordo con vari ministeri. Comprendo perfettamente che certamente libertà d'azione deve necessariamente essere riservata nuovo Ministero, ma mi permetto ricordare che trattandosi questione internazionale non pusenza pericolo sopprimere del tutto una certa continuità. Faccio presente V.E. queste considerazioni a scanso ogni mia responsabilità.
113 1 Più precisamente, il telegramma reca come luogo di partenza Wìlliamstrasse, che era la sede del Ministero degli esteri tedesco.
113 2 L'art. 122 del Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) stabiliva che le isole del Dodecaneso occupate al tempo della guerra 1911-1912 fossero cedute dalla Turchia all'Italia che, a sua volta, con l'accordo Bonin-Venizelos (Sèvres, 10 agosto 1920) si impegnava a rinunciarvi a favore della Grecia. Alla fine del 1921, in seguito al rifiuto di Angora di ratificare il Trattato di Sèvres, l'Italia rimetterà in discussione l'accordo Bonin-Venizelos, la cui entrata in vigore era collegata all' assetto territoriale stabilito dal trattato di pace. L'appartenenza dell'arcipelago all'Italia sarebbe stata poi confennata dal Trattato di Losanna del 24 luglio 1923.
IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, A PARIGI
T. 638/8469. Roma, 13 agosto 1921 (perv. stesso giorno).
Comitato internazionale Croce Rossa e Lega società Croce Rossa invitano Governo partecipare conferenza convocata 15 corrente Ginevra tra associazioni europee americane per costituire organo internazionale di soccorso alla Russia.
Ignorando determinazioni accettate costà circa questione generale e data ristrettezza del tempo prego V.E. telegrafare direttamente ministro Berna disposizioni opportune in ordine al detto invito. Croce Rossa italiana sarà rappresentata alla conferenza da Santoliquido.
Consta che Governi svizzero, czecoslovacco, svedese, jugoslavo rappresentati(1).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 3 GAB. R.S. SEGR. Parigi, 14 agosto 1921, ore 17.
In una prima conversazione avuta con Lloyd George alla quale prese anche parte
S.E. Bonomi, dopo un lungo ed approfondito scambio di idee sulle principali questioni oggi pendenti venne constatata in generale identità di vedute e reciproco desiderio dei due Governi di stretta intesa per soluzioni corrispondenti alla tutela dei reciproci interessi ed atte a ristabilire pace e tranquillità Europa.
Lloyd George mi chiese poi lista delle varie questioni particolari pendenti tra Italia ed Inghilterra per essere discussa in altro colloquio a cui doveva prendere parte anche Lord Curzon assente in questo primo nostro incontro. Conversazione fu estremamente cordiale e Lloyd George mostrvero e vivo desiderio di giungere con noi ad una intesa.
Nel secondo colloquio assistette Lord Curzon. Procedetti con lui ad un esame piminuzioso ed approfondito delle varie questioni, marcando quali erano i nostri intendimenti per la tutela degli interessi italiani mettendoli in rapporto agli interessi e alla politica inglese. Nel corso del colloquio Lord Curzon ebbe a dichiararmi che le nubi che avevano già offuscato l'orizzonte dei rapporti italo-inglesi dovevano ormai considerarsi come del tutto disperse. Riferendosi alla lista delle questioni da me inviata a Lloyd George, mi disse che vi avrebbe poi trattato in dettaglio con V.E.
Formarono speciale oggetto della conversazione l'Albania e la questione d'Oriente. Per Albania esaminerà formula che V.E. presenterà. Fece allusione ad Argirocastro come difficoltà da risolvere. Insistetti fermamente su nostra occupazione di Saseno.
Per questione Oriente Lord Curzon intende agire di comune accordo con noi, sperando anche di ristabilire colla Francia una unica direttiva politica fra i tre alleati. Colloquio fu assai cordiale, ma intenzioni di Lord Curzon di venire incontro ai nostri desideri non risultarono così chiare come quelle di Lloyd George.
Ciò corrispondedel resto alla ben nota situazione esistente fra il Foreign Office ed il primo ministro.
Nostro atteggiamento al Consiglio Supremo nella questione dell'Alta Slesia e in altre di minore importanza è stato molto apprezzato dalla delegazione britannica come mi ha dichiarato alla fine delle sedute lo stesso Lord Curzon.
Decisione presa circa Alta Slesia da me proposta ed accettata con premura da Lloyd George, di rinviare cioè decisione alla Società delle Nazioni deve far desiderare vivamente all'Inghilterra che nostro atteggiamento continui favorevole al suo punto di vista. Cici dà possibilità continuare trattative con codesto Governo in condizioni favorevoli. V.E. vorrà perciò iniziare senza indugio discussione sulla questione albanese secondo mie ultime istruzioni. V.E. vorrà far rilevare che Francia ha già dato da tempo suo consenso nota formula. Resta bene inteso che noi [...](1) confini del 1913; non intendiamo affatto abbandonare Saseno e siamo d'avviso che, creata l'Albania indipendente, spetta agli albanesi stessi darsi il proprio statuto.
Mi riservo inviarle lista questioni italo-inglesi alla quale ho sopra accennata ed istruzioni complementari. Intanto ella potrà agire ispirandosi alle istruzioni contenute nei miei precedenti telegrammi.
115 1 Per il seguito vedi D. 209.
IL MINISTRO A VARSAVIA, TOMMASINI, AL MINISTERO DEGLI ESTERI
T. 4651/410. Varsavia, 14 agosto 1921, ore 18,30 (perv. ore 0,30 del 15).
Decisione del Consiglio Supremo circa Alta Slesia ha prodotto qua profonda costernazione. Si ritiene che l'irremovibilità di Lloyd George sia determinata da impegni assunti con la Germania di lasciarle tutto il triangolo industriale e si prevede che parere
Consiglio Lega delle Nazioni sarà favorevole tesi della Gran Bretagna che ha nella Lega un predominio incontestabile. Si considera che il consenso francese alla decisione in questione sia un principio di ritirata di fronte alla fermezza inglese. Circa attitudine dell'Italia si mantiene grande riserbo non senza pernotare con rammarico che essa si avvicina molto al punto di vista inglese. Queste impressioni espresse da tutta la stampa, mi sono state in sostanza confermate coi debiti eufemismi, da Skirmunt, il quale mi ha confidato anche di non condividere un certo ottimismo che sulla soluzione finale si manifesterebbe tuttora nelle sfere ufficiali francesi. Qualora una decisione sfavorevole alla Polonia nella questione dell'Alta Slesia fosse inevitabile, prego V.E. di considerare se non sarebbe possibile darle un qualche compenso riconoscendo le frontiere orientali del Trattato di Riga e risolvendo in modo per essa soddisfacente questione della Galizia orientale, ciò che eliminerebbe altri elementi di pericolosa incertezza nell'Europa orientale. Su tale punto sarei grato comunicarmi per mia norma disposizioni di V.E.
Ho telegrafato quanto precede anche a S.E. della Torretta a Parigi.
116 1 Parola indecifrabile.
IL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4670/3211/443. Adalia, 14 agosto 1921, ore 20,30 (perv. ore 11,15 del 16).
Giornale ufficioso Hakirni ( ... ) Millie dell'8 corrente pubblica articolo di fondo intitolato Politica italiana in Oriente commentando attività spiegata da Inghilterra che vorrebbe profittare cambiamento Ministero in Italia per guadagnare quest'ultima a favore Grecia, esprime parere che Ministero Bonomi vorrà seguire politica estera Sforza. Bonomi, che agisce con estrema moderazione, di fronte jugoslavi, non si scosterà da politica seguita sino ad ora in Oriente dall'Italia. Italia, la prima potenza dell'Intesa che dopo armistizio abbia giustamente valutato i diritti e le forze della Turchia, non si lascerà vincere da nessun partito.
Quest'Ufficio informazioni turco prega di voler comunicare quanto precede a Giami bey ed anche ad Agenzia Stefani.
Non ho visto sino ad ora nessun altro articolo circa politica orientale nuovo Ministero ma si nota negli ambienti turchi un vivo senso di inquietudine. Diffusa la convinzione che nostro atteggiamento verso Governo kemalista stia cambiando e si teme un riavvicinamento anglo-italiano.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 304 GAB. Parigi, 14 agosto 1921.
In base decisione Consiglio Supremo indagare ufficiosamente e tenersi reciprocamente informati fra Alleati circa intenzione greci e turchi relativamente condizioni pace, sembrerebbe utile istituire qualche contatto con Governo Angora col quale dopo mancata missione Tuozzi non abbiamo relazioni. Desiderando perspecie nel momento presente non far nulla che possa provocare inutili malintesi con codesto Governo prego sondare Foreign Office per sapere come vedrebbe eventuale invio Angora nostro agente ufficioso la cui azione semplicemente informativa potrebbe, se concordata con Governo inglese, svolgersi anche a vantaggio di quest'ultimo(1).
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
RELAZIONE 2310. Durazzo, 14 agosto 1921 (perv. il 25).
Ho riferito di volta in volta telegraficamente all'E.V. i fatti ed avvenimenti piimportanti qui accaduti. Nella presente relazione cercherdi riassumere quelle considerazioni che valgano a metterne in luce la portata.
Durante questo ultimo periodo la situazione in Albania è andata sempre piturbandosi. Già i contrasti fra Governo centrale e Koritza dove la tendenza all'autonomia riceveva manifestazione palese coll'invio a Tirana di un memoriale (allegato telegramma posta n. 349 del 28 febbraio)(1); le ritardate elezioni a Scutari per le divergenza fra cattolici e musulmani; l'astensione poi dei mirditi a prendervi parte; l'azione armata e l'accordo susseguente colla Chimara, mostravano il serpeggiare di agitazione che indeboliva la compagine governativa. Si aggiunga il disagio prodotto da talune questioni speciali quali ad esempio quella dell'amnistia ai detenuti e latitanti essadisti; l'insofferenza dei profughi kossovesi e dibrani; il dissidio fra il comitato Kossovo ed il Governo soprattutto per la diffidenza del primo verso i reiterati tentativi di intesa colla Serbia; si aggiungano le critiche condizioni economiche, aggravate da depressione delle previsioni (ridotto gettito doganale per l'inasprimento delle tariffe e chiusura frontiere meridionali da parte della Grecia; astensione dalle aste per le decime causata da fiscalità dello scorso anno).
Questa era la situazione quando si svolse la laboriosa crisi di governo per la quale mi riferisco ai telegrammi posta 1462(1) e 1875(2) del giugno e luglio scorsi.
Uomini di capacità, pochi. Nessuno con autorità incontrastata e quasi tutti messi in disparte perché tacciati di italofilia. Qualcuno ancora a galla ma guardato con diffidenza. A sud politicanti in cerca di impieghi; a nord trafficanti in cerca di affari. La
direzione della pubblica cosa in mano a due cricche: quella meridionale dominata dai caporioni nazionalisti giunti dall'America; quella turchista formata da persone giunte dalle regioni d'Asia o da Costantinopoli ex ufficiali o funzionari ottomani che portano seco lue [sic] giovane turca.
Reggenza discorde ed oscillante. Governo incompetente ed impotente. Programma: non fare. In un anno nessun progresso salvo l'avviata organizzazione dell'esercito, anche questo percol tarlo giovane turco (telegramma posta n. 949 del 20 maggio)1 ed assorbente più chela metà delle risorse dello Stato.
Struttura interna debole, a fisionomia turca, invasa da un funzionalismo notoriamente corrotto.
Spirito incerto nella popolazione. Poco consenso e nessuna fiducia al Governo. Si guarda fuori, in Oriente ed in Occidente, al conflitto d'Asia ed ai consessi internazionali e le alterne vicende o notizie producono depressione o risvegliano speranze.
Gli ortodossi vagheggiano unione alla Grecia, dominio straniero, regime autonomo, ma in nessun caso l'Albania quale è voluta dai nazionalisti.
I cattolici, divisi, malcontenti, diffidenti verso l'andazzo turcheggiante del Governo, inquinati da intrighi serbi e da elementi pronti per danaro ad ogni cosa. Solo nucleo compatto il clero, ancora influente e simpatizzante per noi.
I musulmani in parte ancora orientati su Costantinopoli, ed in parte ancora desiderosi di ripristinare la prevalenza feudale. Stato d'animo analogo a quello sorto in Turchia dopo Réval ( 1908)(3) e cioè repulsione a ingerenza europea per timore di perdere il predominio.
Il contrasto fra cristiani e musulmani, dunque, pivivo che mai; e latente, ma operante, anche quello fra nord e sud. La partecipazione di qualche cristiano al governo poco significa fino a quando le persone sono scelte fra quelle legate ai nazionalisti e che pertanto non rappresentano la popolazione cristiana. Sono dei Petro, Ghiorghi, Costa, cioè persone che portano nomi cristiani, non rappresentanti delle tendenze cristiane.
Per quanto ho esposto sopra, giudicai subito grave l'azione intrapresa da Marca Gioni, in Mirdizia. Infatti, se questo organismo solidamente piantato sul disordine poteva sperare di superare crisi a fisionomia interna, non può invece che essere soverchiato da qualsiasi impulso esterno.
Serbia e Grecia devono certamente aver fatto considerazioni identiche a queste quando vennero iniziate ad Atene le trattative fra Baldazzi e Balukcic per le quali mi riferisco a mia relazione n. 1478 del 23 giugno(1)e telegrammi filo n. 125 I (4) e n. 2044(5).
La via di salvezza poteva essere trovata soltanto mediante accordo immediato coll'Italia e concessione di autonomie locali alle regioni meridionali e settentrionali.
Entrambe le misure avrebbero indebolito l'opposizione interna e le mene esterne; la prima avrebbe inoltre assicurato al Governo albanese appoggio nei congressi internazionali e sostegno nelle difficoltà interne.
Davanti all'aggravarsi sempre pidella situazione in Mirdizia ed al grave fermento destato dal trapelare di notizie relative alle trattative di Parigi, pare si cerchi di correre ai ripari. Ma sono movimenti incomposti. Il Governo fa appello agli uomini ritenuti grati all'Italia perché collaborino col Governo. Si offrono posti di prefetto a Scutari e a Valona (Feizì bey o Mufid, Antonio Ciobba) e missioni all'estero (Hasdan bey Pristina) che vengono declinate. A nord e a sud vengono ventilate soluzioni a regime autonomo. Notevole che al sud l'iniziativa è presa da Kiazim Kokosci il quale cerca approcci coi cristiani per intendersi sulla formazione di cantone comprendente tutta la regione meridionale con capoluogo Valona.
Serpeggia dovunque spirito irrequieto, desiderio di novità, mal repressa tendenza a scuotere il potere governativo.
Tutti stanno in attesa di eventi desiderati che aspettano ed invocano dalle trattative internazionali, nessuno avendo fiducia di potere risolvere o contribuire a risolvere la crisi latente mediante iniziativa propria.
In tale condizione di cose, il consenso delle popolazioni sarà con chiunque intervenga ad abbattere il potere costituito. Serbia e Grecia non vorranno certamente perdere così favorevole circostanza. Chimara al sud e Mirdizia al nord sono porte aperte ad ogni impresa.
Le frontiere del 1913 sono il minimo non soltanto per una Albania vitale ma anche per un assetto dell'Adriatico meridionale che non comprometta la sicurezza italiana. La condotta al disotto di ogni biasimo degli albanesi non pufar mutare questa verità.
Il punto di vista del regio Governo nelle trattative internazionali quale risulta dalle comunicazioni fattemi coi telegrammi posta nn. 45965/123-47134/146 e 49739/157(6) parmi potrebbe essere utilmente integrato da un'azione qui che si inspiri alla pacificazione degli animi mediante concessioni alle regioni a fisionomia cristiana.
A mio parere tale azione potrebbe concretarsi in passo da farsi a Tirana per richiamare il Governo albanese ad una giusta valutazione della situazione interna e internazionale ed a quella dei suoi doveri.
Tale azione parmi potrebbe essere esclusivamente italiana anche qualora il regio Governo avesse ragioni per non lasciare ignorare a Francia ed Inghilterra tale iniziativa. È tuttavia mia opinione che fino a quando staranno al potere gli uomini attualmente al governo difficilissimamente questo cambierà di rotta.
Per essi, davanti al pericolo di nuove mutilazioni, l'Albania dovrà ricorrere ad azione armata; e non scorgono che cidarà pretesto ai vicini per maggiore invasione. D'altra parte le iniziative locali per autonomie si troveranno fra tre correnti: quella dei nazionalisti che vi ricorreranno con restrizione mentale; quella dei separatisti che vorranno garanzia di Stati vicini; quella dei moderati che penseranno all'Italia.
Anche se non ascoltato a Tirana, un savio consiglio non sarà mai perduto.
119 1 Richiesto di un parere sulla questione, Vansittart risponderà pera De Martino essere per il momento opportuno lasciare i belligeranti proseguire la guerra (T. 4 751/997 del 18 agosto da Londra).
120 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
120 2 Non rinvenuto.
120 3 Il riferimento èal convegno di Réval del 9-10 giugno 1908 tra lo zar Nicola II e il re d'Inghilterra Edoardo VII. Sebbene nessun accordo fosse stato concluso, il convegno era stato considerato come una grande affermazione politica della Triplice anglo-franco-russa. E il timore di un energico intervento delle grandi potenze in Macedonia doveva contribuire ad accelerare la rivoluzione dei Giovani Turchi.
120 4 Del 12 giugno, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
120 5 Del 27 luglio da Durazzo, non pubblicato.
120 6 Non rinvenuti.
IL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4664/327-328. Atene, 15 agosto 1921, ore 21,45 (perv. ore 2,30 del 16).
Telegramma di V.E. n. 33/2(1).
Si è affermato che durante discorso di Lloyd George e precisamente dopo che questi avrebbe detto ad un dipresso che bisogna riconoscere ai greci facoltà rivendicare tutti i diritti dei vincitori, V.E. pronunciseguenti parole: «La creazione di una Grande Grecia non farà piacere a nessuno». Tale notizia venne pubblicata in base a telegramma ricevuto da Roma dall 'Embros, Patris, Nea Imera, Eleftherios Typos (telegramma da Vecchiarelli) e quindi riprodotto da quasi tutti i giornali greci. Non mi pare inverosimile che informazione medesima sia stata tratta o ricostruita da pubblicazione ingenua giornali italiani.
Come prevedevo notizia è stata commentata con lunghi articoli da vari giornali in tono accentuatamente ostile all'Italia quale avversaria inesorabile delle aspirazioni nazionali elleniche. Stamane ho detto a questo ministro degli affari esteri come dichiarazione attribuita a V.E. fosse inesistente ed ho diramato alla stampa energico comunicato smentita deplorando alla fine di esso come ancora una volta in base ad una notizia falsa si desse luogo a simili ingiustificate agitazioni di stampa. Giudichi V.E. se oltre a Ciò nonconverrebbe fare pubblicare una nota ad hoc dall'Agenzia Stefani(2). Mi parrebbe ad ogni modo opportuno che da parte nostra stampa si rilevasse una volta tanto leggerezza impulsività e sciocca prevenzione contro l'Italia della stampa greca.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 307 GAB. Bardonecchia, 15 agosto 1921.
Essendosi raggiunto accordo con Alleati per regolamento questione finanziaria derivante dalla nostra situazione speciale nei riguardi dei nostri crediti in Austria, regio Governo ha tolto le sue riserve al noto progetto per la sistemazione economica dell'Austria stessa e data adesione al progetto già approvato dagli Alleati. Quanto precede per sua norma e per quelle comunicazioni che crederà opportuno di fare a compimento delle altre notizie pervenute circa decisioni prese dal Consiglio Supremo.
121 1 Non rinvenuto.
121 2 Con T. 1179 del 20 agosto Torretta autorizzava poi la smentita, ritenendo persuperflua una nota della Stefani.
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 3239/664 RIS. Belgrado, 15 agosto 1921.
Faccio seguito ai miei telegrammi nn. 416, 419(1), 423, 424(2), per riferire a V.E. le mie impressioni sul viaggio a Belgrado del sig. Zanella e sui suoi risultati.
L'improvviso, inaspettato arrivo del sig. Zanella colse tutti, governanti ed opinione pubblica, alla sprovvista.
Il sig. Zanella sentì subito di avere il terreno libero e ne approfittper esprimere nettamente al pubblico jugoslavo il suo punto di vista. Egli fece, in complesso, sapere che: 1) la lettera Sforza-Trumbich(3)non ha valore perché è in contradizione coll'art. 4 del Trattato di Rapallo(4); 2) in ogni caso né i fiumani né gli italiani ne permetterebbero l'esecuzione; 3) nessun fiumano consentirebbe mai a cedere una parte del territorio cittadino; 4) egli sentiva pertutta la convenienza di addivenire ad un accordo accettabile per tutte le tre parti ed era venuto con questa intenzione. Questo suo programma egli ha mantenuto rigidamente immutato in tutte le sue manifestazioni con governanti e con privati. L'effetto è stato quello di portare qui tutti ad un esame pirealistico della questione e dei suoi elementi.
Quali sieno state le accoglienze avute dallo Zanella ho già detto nei miei telegrammi. A mio avviso ha molta importanza l'atteggiamento non contrario, anzi con tendenza favorire la soluzione amichevole e compromissoria, del sig. Pribicévich, il croato-serbofilo ministro dell'interno la cui influenza nel Consiglio dei ministri è ora molto sentita e che in Consiglio potrà con la maggior autorità giudicare ed assumere responsabilità in relazione a ripercussioni degli eventi sui croati.
Dei 5 o 6 giorni che sono stati necessari ( ... ) al ( ... ) Governo ed alla stampa per orientarsi il sig. Zanella ha approfittato per tendere fila di interessi con centri bancarii e con oppositori fiumani. Al capo del partito jugoslavo fiumano che lo aveva seguito a Belgrado egli ha, personalmente, prima dato un secco rimprovero per certe sue manifestazioni giornalistiche, poi gli ha fatto un amichevole e concreto accenno alla utilità di occuparsi di affari più proficui: accenno che sarebbe stato subito accettato, trasmutando le relazioni tra i due uomini da un'atmosfera di burrasca in una di avviamento al sereno. Cispiega probabilmente l'istruzione dallo Zanella telegrafata (mio telegr. 419 G.M.) alla Voce del Popolo di «cessare attacchi contro partito jugoslavo». Lo Zanella ne ha pure approfittato per concretare i suoi progetti di transazione amichevole (mio telegr. 419 G.M.). In questi giorni fu sensibile l'affermarsi della superiorità di situazione dello Zanella, l'impressione del suo colpo di scena e l'incertezza di tutti i circoli jugoslavi.
Poi venne la decisione del Governo: decisione coerente colle sue precedenti dichiarazioni: che, cioè, per le trattative tra Belgrado e Fiume occorreva che prima fossevi in
Fiume un regolare Governo. A poco a poco, nei giorni successivi è stata aggiunta anche l'altra esigenza «che siano stati decisi i confini orientali di Fiume». La stampa, il pubblico ne sono rimasti soddisfatti, e, alla notizia che il sig. Zanella era poco dopo partito i giornali croati, anche quelli moderati come la Rijec, gridarono che la missione Zanella era fallita. La realtà è tutt'altra: il viaggio del sig. Zanella ha messe buone basi di future trattative; esso ha impostato il negoziato pei confini orientali su basi diverse di quelle di prima, avendo qui portato tutti, Governo e pubblico, ad una pirealistica valutazione degli elementi sui quali possono basare le loro esigenze. Il signor Zanella è ripartito non a missione fallita, ma dopo aver fatto tutto quello che sul momento si poteva fare.
La conclusione da trarre per Fiume dai risultati del viaggio del sig. Zanella a Belgrado è, a mio avviso (mio telegr. 424 G.M.), l'urgenza della costituzione colà di un Governo regolare sulla base dei risultati dell'ultime elezioni.
Altra conclusione da trarre è quella che l'atteggiamento tenuto dal sig. Zanella dovrebbe concigliargli gli elementi nazionalisti a lui avversi: dovrebbe, conseguentemente, divenire possibile una tregua tra esse e venir facilitata la costituzione del Governo Zanella, sì da dare a questi l'autorità necessaria per tornare a Belgrado e portarvi a fine la sua missione.
Per quanto concerne alcuni lati della questione, di particolare interesse italiano, devo rilevare che governanti jugoslavi, nelle conversazioni col sig. Zanella hanno riconosciuta la necessità dell'intervento dell'Italia nel Consorzio portuale fiumano: che tale necessità è ormai sentita da tutti dai croati arrabbiati, i quali addirittura negano tuttora l'utilità del Consorzio, ragionando solo per passione politica: che il sig. Zanella ha dichiarato al sig. Popovich essere egli sfavorevole alla gestione delle ferrovie fiumane da parte dello Stato di Fiume ed intendere di cedere tale gestione all'Italia.
Devo infine notare che nelle varie pubblicazioni di questa stampa, non solo della serba ma anche di quella croata si afferma sempre che porto Baros è della Jugoslavia in base al Trattato di Rapallo; non si parla di lettera Sforza a Trumbich: si conserva in proposito un voluto e, verosimilmente, ben compreso silenzio.
Finora nessun ministro S.C.S. ha fatto con me cenno della venuta del sig. Zanella. Il sig. Zanella che ho visto quasi tutte le sere, fuori della legazione, è sempre stato disposto a tenere ed ha effettivamente tenuto meco continuo contatto, rimanendo entrambi d'accordo che per tutti noi non ci vedevamo e non avevamo comunicazioni.
123 1 Rispettivamente del 7 e 10 agosto, non pubblicati.
123 2 Non rinvenuti.
123 3 Non rinvenuto.
123 4 Per l'art. 4 del Trattato di Rapallo, l'Italia e il Regno S.H.S. riconoscevano la piena libertà e indipendenza dello Stato di Fiume (costituito dal corpus separatum della città e del distretto di Fiume e da una striscia di territorio già istriano) e si impegnavano a rispettarle in perpetuo.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4683/524. Costantinopoli, 16 agosto 1921, ore 18 (perv. ore 20, 30 del 17).
Mio telegramma n. 512, in data 8 corrente(1). In seduta d'oggi alti commissari con intervento Harrington, provocato da Humbold, ·questi ci ha comunicato che non puaccettare che generale Harrington sia responsabile
sua opera verso alti commissari. Egli deve avere prima iniziativa e libertà d'azione non solo per le questioni militari ma anche per quanto riguarda sicurezza truppe alleate mantenimento ordine pubblico amministrazione Corte marziale. In tutto ciò che si riferisca a tali questioni egli è personalmente responsabile verso i Governi alleati per mezzo (...) Council. Da discussione è risultato anche meglio ciò che già si sapeva, che con mantenimento ordine pubblico Harrington intende avere ingerenza e direttive in tutte le questioni senza eccezione. Dopo molte discussioni si è venuti alla seguente dichiarazione accettata da Rumbold e da Harrington: alti commissari francese ed italiano non possono convenire nel principio stabilito da Governo inglese. Ritengono che l'aver riunito in una sola mano comando tre corpi d'occupazione nulla ha cambiato circa la situazione del comandante militare di fronte alti commissari che di fatto da oltre due anni esercitano supremi poteri per conto rispettivi Goven Praticamente alti commissari mentre prendono atto delle dichiarazioni di Harrington che accetta volentieri di riferire loro su tutte le questioni che non sono di carattere strettamente militare per le disposizioni che essi crederanno essere in diritto di prendere, aderiscono all'esperimento che si vuol fare di comando unico. ·
Non ho molta fiducia in questo esperimento data invadenza inglese, più chemai oggi che esagerando minaccia kemalista per la quale qui non si è mai avuta seria preoccupazione, è riuscita avere il comando supremo ed ora a mezzo Harrington vuole convertire comando stesso in vera o propria padronanza inglese su Costantinopoli.
124 1 Vedi D. 108.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T.4697-4715/2343-2344. Durazzo, 17 agosto 1921, ore 17 (perv. ore 16,30 del 18).
Comandante Perricone telegrafa quanto segue:
«Riservatissimo. Dato disastrose condizioni politiche Albania che fanno temere spartizione, presidente club cattolico Antonio Pafogulli insieme Antonio Ciobba tramite delegato apostolico mi ha chiesto quale sarebbe atteggiamento nostro Governo se i cattolici Albania settentrionale chiedessero costituirsi in cantone sotto protezione italiana. Risposta è chiesta d'urgenza perché se commissione cattolici si dovrà recare Mirdizia trattare vorrebbe sapere avanti se possa esporre questa soluzione. Delegato apostolico garantisce adesione tutto clero, ma prega tenere segreto questo suo passo e non fare per nessuna ragione suo nome. Gli altri se incoraggiati da nostro Governo inizierebbero propaganda fra popolazione cattolica città e montagna. Misura sarebbe adottata come ultima ratio per salvare cattolici fino a Mat da dominio serbo. Progetto dovrebbe essere ignorato da tutti e da Governo Tirana che naturalmente si opporrebbe. Delegato apostolico prega interpellare Governo massima urgenza. Attendo riscontro. Avverto che uguale propaganda per cantone ma con protezione jugoslava fanno i (manca)».
Quanto sopra è logica conseguenza avvenimenti Mirdizia e notizia trattative di tale richiesta del delegato apostolico ha portata lontana nel campo internazionale ma nostro rifiuto getterebbe senza rimedio popolazione nord Albania in braccio Serbia.
Comunque venga risolta questione frontiera saranno da prevedere garanzie speciali per regioni ( ...). Già scorso anno segnalavo questo mio punto di vista che regio Governo condivideva ma uomini politici albanesi hanno sino ad ora preferito intransigenza quale facile mostra patriottismo. Anche Governi in Mirdizia ( ...) si parla di invio commissione ed anche di affidare comando truppe a Bairarn Zuri come era stato prima progettato. Può darsi quindi che iniziativa varie tendenze concilianti e precedenti ( ...) conducano a qualche risultato. Bisogna pertener presente che trattative sarebbero in apparenza con Marca Gioni e di fatto con Serbia. In tale condizione parmi dannoso nostro disinteressamento ed astensione. Perciò Governo Tirana con Mirdizia sta assumendo grande lotta religiosa. Estendersi malcontento accresciuta probabilità successo progetto Marca Gioni. Occorre contrapporre proposte concrete. Oltre mia relazione 1478(1) mi riferisco telegramma per posta n. 4230 del 30 agosto anno scorso(2)anche per stretto legame in tal materia fra regione settentrionale e meridionale. Concessione ad una regione condurrebbe ad eguale provvedimento per l'altra. Circostanze varie agevolano attuazione progetto cattolici ma recente atteggiamento inglese mostra quale interpretazione sarebbe data Londra. Puconvenire quale primo passo fare sapere ai dirigenti ridotti mettersi sotto garanzie Governo italiano soluzione da raggiungersi in accordo con Mirdizia e Governo Tirana. Parmi convenga pure tener presente nella trattazione di tale questione garanzia che puservire a sostegno tesi mantenimento frontiera 1913 che trova eco simpatico presso popolazioni cristiane. Prego urgenti istruzioni(3). Spedisco per posta testo cifrato.
IL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4728/333-334. Atene, 18 agosto 1921, ore 20,20 (perv. ore 22,50).
Mio rapporto n. 555 del 31 luglio(1).
Da quando re Costantino ad ispirazione del suo Governo fece le note dichiarazioni amichevoli all'indirizzo dell'Italia si è palesata qui una sensibile corrente di opinioni in senso favorevole ad un'intesa con noi. Giornali pubblicano quasi quotidianamente allusioni informate al concetto che i due paesi hanno tutto l'interesse d'intendersi, che su tutte questioni puintervenire accordo e che Italia potrà ottenere dalla Grecia facilitazioni che essa desidera nel campo economico.
Ho ragione ritenere che tale sia oggi opinione anche dei governatori e dei circoli dirigenti. Visto la piega che vanno prendendo avvenimenti in Anatolia auspice Inghilterra
sarei d'avviso che senza deviare dalla linea di condotta politica che r. Governo stima necessario seguire pel prossimo orientamento ci converrebbe prendere in qualche conto nuova tendenza greca. L'ignorarla completamente qualora situazione in Asia Minore non muti del che (manca) potrebbe in un avvenire pio meno prossimo farci trovare in una posizione svantaggiosa e forse anche pregiudizievole.
Segue rapporto(2).
125 1 Del 23 giugno, non pubblicato, cfr. Avvertenza.
125 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
125 3 Vedi D. 138.
126 1 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, A LONDRA, DE MARTINO, E A BRUXELLES, RUSPO LI
T. 1171. Roma, 18 agosto 1921, ore 23.
(Per Parigi e Brusselle) Ho telegrafato al r. ambasciatore a Londra quanto segue:
(Per tutti) Nostri giornali pubblicano da Parigi che Governo francese non riterrebbesi vincolato da deliberarazioni conferenza finanziaria che considererebbe come semplice progetto revedibile. Pregola comunicarmi sue eventuali notizie al riguardo e prendere contatto con cancelliere dello Scacchiere per svolgere azione concorde per assicurare rispetto esecuzione deliberazioni prese unanimità e che per Italia rappresentano limitato riconoscimento suo incontestabile diritto al quale subordinsua adesione altre decisioni prese a Parigi. Dica al cancelliere che confidiamo pienamente sua solidarietà, non dubitando che ritenga come noi assurdo che nostra conferenza rappresentasse riunione consultiva tecnici, quando invece fummo convocati come ministri per risolvere questioni che Commissione delle riparazioni non aveva poteri decidere e rimise decisione Governi rappresentati dai ministri delle finanze che furono come tali convocati dal Governo francese.
(Per Londra) Gradirrisposta in proposito. Prego comunicare quanto precede a Giannini per sua norma di linguaggio.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO, E AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1172 RIS. Roma, 18 agosto 1921, ore 23.
(Per Parigi e Londra) Ho telegrafato al r. ministro a Budapest quanto segue:
(Per tutti) Dopo entrata in vigore Trattato Trianon parmi ingiustificata continuazione conferenza rappresentanti diplomatici alleati in Ungheria. Scorgo anzi possibilità che derivino inconvenienti dal funzionamento di questo organo interalleato che non
ha esempio in alcun'altra capitale. Non risulta chiaramente a questo Ministero come ebbe origine detta conferenza. Se è nata spontaneamente parmi che spontaneamente potrebbe sciogliersi senza speciali intese tra i Governi alleati; se invece è stata creata dalla Conferenza degli ambasciatori occorrerà provocarne a Parigi lo scioglimento(1). Qualora V.S. ritenga invece utile che la conferenza da lei presieduta continui prego spiegarmene le ragioni.
126 2 Pari data, non pubblicato, poi trasmesso da Lago a De Martino, a Londra, con T. posta 55910/974 del 9 settembre.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'ALTA SLESIA A OPPELN, DE MARINIS,
T. 1177. Roma, 19 agosto 1921, ore 21.
Questa ambasciata britannica mi informa che comandanti contingenti francese inglese costà sono d'accordo sulla necessità invio da parte tre alleati due battaglioni ciascuno.
Qualora ella condivida opinione suoi colleghi potrà confermare loro che r. Governo, giusta dichiarazioni fatte da S.E. Bonomi a Parigi, è disposto invio due battaglioni. Prego assicurarmi.
IL COMANDANTE IN ANATOLIA, FUSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4830/2046 POL. Sokìa, 19 agosto 1921, part. ore 1 del 23 (perv. ore 17,30).
Verso fine anno scorso qualche notabile turco di Sokia mi prospetteventualità che greci tagliassero comunicazioni con Angora. Mi rappresentarono allora eventualità che zona valle Meandro potesse trovarsi a doversi amministrare indipendentemente da Angora con proprio Governo, forse non perfettamente ossequenti alle precedenti direttive kemaliste. Turchi prospettarono anche eventualità che Governo provvisorio valle Meandro chiedesse protezione Governo italiano. Dissi allora che Governo italiano non puin Anatolia sostituirsi quello turco ma soltanto assisterlo e consigliarlo. Che ad ogni modo ordine nella regione non doveva in alcun modo essere turbato. Qualora comunicazioni con Angora venissero ora effettivamente tagliate da greci come si dubita, riterrei opportuno che console Faralli non ( dico non) agevolasse in alcun modo possibile richiesta delle autorità turche Adalia di poter comunicare autorità zona Meandro mezzo nostra radio telegrafica. Cipotrebbe valorizzare
maggiormente nostra occupazione accrescendo spontaneamente debito riconoscenza di queste popolazioni sottratte finalmente insopportabile giogo Angora (1). Recenti ordini giunti Angora impongono requisizione 40% su viveri indumenti e medicinali, negozianti italiani sono esclusi.
128 1 La Conferenza diplomatica di Budapest, nata per decisione del 7 ottobre 1920 della Conferenza degli ambasciatori, verrà sciolta il 24 dicembre 1921 come conseguenz:a dell'entrata in vigore del Trattato del Trianon (26 luglio 1921)).
IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 75. Addis Abeba, 19 agosto 1921.
Mi riferisco al telegramma n. 80 diretto dal comm. Talamonti a V.E. in data 1° maggio u.s., e al telegramma di V.E. a questa legazione n. 584 addì 5 maggio 1921(1).
Appena tornato ad Addìs-Abeba ricevetti da ras Tafari la copia di una lettera da lui direttami a Roma -lettera che si è incrociata con me, essendo io partito dall'Italia prima che essa vi arrivasse.
Dalla traduzione di questa lettera, che qui accludo(2), V.E. rileverà come essa si riferisse alla questione dei 6 fucili a mitraglia e delle 6 mitragliatrici ordinate da ras Tafari negli Stati Uniti, e tuttora giacenti in Aden.
Comunicandomi qui il tenore della sua lettera, ras Tafari chiedeva la mia risposta.
Dichiarai al ras che la questione era stata trattata dal r. incaricato d'affari, comm. Talamonti, lo scorso maggio. Il comm. Talamonti ne aveva infatti riferito al r. Ministero ( crf. tel. 80 su citato). Ma il r. Ministero era stato in precedenza informato della cosa dal Governo britannico il quale ne aveva parlato al r. ambasciatore a Londra. I due Governi, inglese ed italiano, pienamente d'accordo, avevano giudicato «non essere necessarie ulteriori importazioni di armi in Etiopia; non potevano percidare il loro consenso al passaggio da Aden e da Gibuti delle armi in questione».
Avuta questa mia risposta, ras Tafari ha voluto avere con i tre ministri d'Inghilterra, di Francia e d'Italia una conferenza per cercar di riprendere in esame la questione e per esprimere su dì essa le sue idee, da portarsi a conoscenza dei tre rispettivi Governi.
La riunione ha avuto luogo domenica 14 corrente. Ras Tafari aveva preparato in iscritto le sue dichiarazioni, che ci ha lette. Dopo aver fatto la storia delle armi in questione: averle cioè ordinate in America sui campioni portatigli dal Degiac Nado nel 1919 (campioni che erano liberamente passati per Gibuti) nella ferma fiducia che trattandosi di un piccolo stock nessuna difficoltà il Governo etiopico avrebbe potuto incontrare da parte dei Governi alleati, il ras ha espresso la sua sorpresa e il suo rammarico per il fermo posto alle sue armi ad Aden -fermo che lo aveva profondamente mortificato per essere egli stato trattato dai Governi amici di Francia, Inghilterra ed Italia «alla stessa stregua di un mercante insolvente cui si sequestrassero le merci non pagate».
Il ras ha affermato il suo diritto di capo di Governo di poter liberamente acquistare merci all'estero -armi comprese -senza dover subire limitazioni e restrizioni sol perché l'Abissinia non possiede sbocchi sul mare. Egli aveva già offerto -e le confermava ora -le più ampie garanzie che tali armi sarebbero servite esclusivamente per uso del Governo etiopico, trattenendole nei depositi militari governativi con impossibilità per qualunque capo militare di servirsene per proprio uso. Il ras ha soggiunto che da quando è al potere nessun'arma è pistata ceduta o venduta da soldati abissini a popolazioni irresponsabili confinanti con colonie europee e che tale principio sarà anche per l'avvenire rigorosamente mantenuto. Ha concluso pregando i tre ministri di volersi rendere interpreti presso i loro Governi di tali suoi intendimenti ed esprimendo la speranza che per questa volta, specialmente trattandosi di armi di lusso e di difficile maneggio -già pagate e il cui acquisto è ormai noto a tutti i capi etiopici -non gli si vorrà far l'affronto di impedirne l'inoltro ad Addis Abeba.
Il ministro di Francia ha dichiarato che per parte del suo Governo non vi sarebbero state difficoltà al passaggio delle 12 armi da Gibuti.
Il ministro d'Inghilterra, dopo aver fatto osservare al ras che sarebbe stato più opportuno che egli avesse domandato il consenso del tre Governi prima di ordinare le armi in America, ha soggiunto che il Governo inglese, di fronte al parere favorevole del Governo italiano, avrebbe probabilmente dato anch'esso il suo consenso.
Presa la parola ho pronunciato le mie dichiarazioni che qui sostanzialmente riassumo:
1) Ritenevo difficile l'autorizzazione del Governo italiano, tanto più chesi era già espresso negativamente sulla stessa domanda.
2) Rammentavo al ras che la linea politica del Governo italiano nella questione dell'introduzione di armi in Etiopia rimonta a molti anni addietro, e che è stata sempre la stessa sia verso gli imperatori Menelik e Ligg Jasu(3), sia verso l'attuale Governo. Tale politica inspirata al concetto della massima restrizione è stata ed è pienamente condivisa dal Governo britannico. Essa non è campata in aria, né è inspirata a sentimenti di avversione verso l'Etiopia. Ha bensì una sua ragione positiva ed impellente nel fatto che l'Italia e l'Inghilterra debbono sovrattutto preoccuparsi della difesa della lunga distesa delle loro frontiere. L'Etiopia, ho soggiunto, con 10 milioni di abitanti, ha un esercito di pidi mezzo milione di fucili, cifra assai rilevante proporzionatamente alla popolazione, e certo più chesufficiente ai bisogni della difesa e dell'ordine interno.
Ero lieto che mi si presentasse l'occasione per poter riconfermare al ras le linee politiche del mio Governo che permangono inalterate.
Il ras ha risposto ripetendo che è fermo proposito del Governo etiopico d'impedire che possano mai pientrare in Etiopia armi acquistate da privati, siano pure alti dignitari o generali. Che d'altro lato il Governo italiano, in tempo non lontano, aveva egli stesso inviato dall'Eritrea tre mila fucili affidandoli a un capo che, fattosi forte di essi, si era immediatamente ribellato provocando gravi torbidi e una vera e propria guerra civile nel Tigrè. Ras Tafari ha concluso osservando che ora non si tratta di fucili ma solo di poche armi speciali e ci ha rinnovato la preghiera di riscrivere ai nostri Governi per ottenere che esse possano transitare da Aden e Gibuti per Addis Abeba.
Ho brevemente replicato precisando le ragioni necessarie della concessione di fucili fatta dall'Eritrea al degiac Garasellassi nel 1914.
(Fatto perche è purtroppo vero e che ha certo costituito un errore).
Concludendo ho dichiarato che avrei riscritto al r. Governo per riferirgli i risultati della conversazione e per trasmettergli la preghiera personale del ras. Il ministro d'Inghilterra ha aggiunto che avrebbe fatto altrettanto, mentre il ministro di Francia ha confermato che per parte sua una volta messisi d'accordo i Governi inglese e italiano per concedere il passaggio delle armi, la Francia non avrebbe opposto nessuna difficoltà.
Come V.E. vede, io non son venuto meno alle istruzioni del r. Governo nella delicata materia; ho anzi approfittato dell'occasione per ribadire presso il capo del Governo etiopico il nostro fermo proposito di persistere nella negativa sin qui adottata.
Giudicherà ora V.E. se, dato il caso eccezionale di poche armi speciali (non fucili) già pagate e fermate ad Aden con evidente scapito del prestigio del Governo etiopico, sia o meno il caso di accondiscendere alla viva preghiera del ras.
Nell'attesa dì istruzioni al riguardo, mi permetto manifestare a V.E. il senso di pena destato dalla condotta degli alleati ogni qual volta venga in discussione qui la questione delle armi.
Come già è stato più volte riferito a codesto Ministero dal conte Colli e da me, gli alleati non si peritano dì addossare interamente sull'Italia la colpa del persistente divieto d'introdurre armi in Etiopia. Ora questa mancanza di solidarietà europea, oltre che alleata, di fronte ad uno Stato semibarbaro dovrebbe assolutamente cessare.
La Francia puforse avere qualche attenuante nel senso che essa non avendo ragioni serie per opporsi al traffico delle armi, accede a malincuore ad una politica di divieto che le aliena le simpatie locali e allontana le vantaggiose conseguenze di una politica di larghezza e di tolleranza. Pututtavia osservarsi alla Francia che dal momento che tutte e tre le potenze si impegnano a non concedere il libero traffico delle armi, non è essa sola che ne subisce le conseguenze: ma tutte e tre le potenze rimangono sullo stesso piede di eguaglianza di fronte al Governo etiopico, libere di sviluppare altrimenti la loro azione politica economica in Abissinia senza bisogno di speculare a proprio vantaggio ( è la parola) su la necessaria rigidità imposta alle altre nazioni dalle diverse circostanze di fatto.
Ma quella che è maggiormente riprovevole è l'attitudine dell'Inghilterra. Dal tel. di
V.E. n. 584 risulta ben chiaro che il Foreign Office -prima ancora che il Governo italiano fosse edotto della cosa -aveva espresso a S.E. il r. ambasciatore a Londra il parere che le 12 armi chieste da ras Tafari non dovessero consegnarsi, S.E. De Martino infatti telegrafava a V.E. che «il Foreign Office dubitava della necessità di ulteriori importazioni».
Orbene, una volta ottenuta la nostra leale e decisa adesione al principio negativo, il Foreign Office non ha dato al suo rappresentante qui istruzioni così precise come quelle date a me da V.E., cioè di «far comprendere a ras Tafari le impossibilità di aderire alla sua richiesta» bensì deve aver dato istruzioni assai pigeneriche e tali da far apparire che anche questa volta l'Inghilterra era contraria, principalmente per seguire l'Italia(4).
Ciò lo desumo chiaramente oltre che dalla su riportata dichiarazione del sìg. Russell, che cioè «se l'Italia avesse dato parere favorevole, probabilmente lo avrebbe dato
anche l'Inghilterra» anche da un discorso fattomi da ras Tafari, il quale mi ha detto avergli i ministri di Francia e d'Inghilterra scritto che essi non erano in massima contrari al passaggio delle armi, lasciando così chiaramente comprendere che l'unica nazione veramente contraria era l'Italia.
Di questa ultima circostanza non sarà forse opportuno servirci presso il Governo inglese, poiché scopriremmo ras Tafari, che mi ha rivelato la cosa ( che riveste una certa gravità) con preghiera di tenerla segreta.
Tuttavia ho creduto doveroso informarne V.E. anche per dare appoggio alla mia affermazione circa le prove di poca solidarietà che gli alleati ci danno qui, quando si tratta della questione delle armi.
Se V.E. -tutto ben considerato -volesse autorizzare il passaggio dei 6 fucili e delle 6 mitragliatrici per il Governo etiopico, pregherei autorizzarmi a confermare ufficialmente a ras Tafari una volta ancora che si tratta di un favore eccezionale e che non si ripeterà, permanendo sempre nel suo pieno vigore, nella questione del traffico delle armi in Etiopia, la politica negativa del Governo italiano: agente, in questo, in completo accordo col Governo di Londra e anche con quello di Parigi.
P.S. Aggiungo un'ultima osservazione.
La necessità che né Francia né Inghilterra continuino nel deplorevole sistema di attribuire solo a noi il divieto per l'Etiopia d'importare armi si rende sempre pievidente anche per le ripercussioni che la cosa ha nel campo economico.
Com'è noto, la questione delle armi è quella che maggiormente interessa il Governo etiopico, starei per dire quella che esclusivamente lo interessa. Ora questo Governo, persuaso dagli stessi alleati che siamo noi i soli oppositori a che esso possa liberamente rifornirsi di armi, è umanamente portato ad usare verso di noi un trattamento meno favorevole che alle altre nazioni.
Il Ministero delle colonie si è recentemente lamentato che il Governo etiopico abbia incaricato il prof. Afework di larghi acquisti di cotonate in America, trascurando il mercato italiano. Il lamento è giustissimo.
Ma è anche più che certo che se non vi fosse qui la convinzione che l'Italia sola è ostile all'introduzione delle armi in Etiopia, si guarderebbe al commercio e all'industria italiana con maggiore simpatia e benevolenza(5).
130 1 Per il seguito della questione vedi D. 142.
131 1 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
131 2 Non pubblicato.
131 3 Più precisamente, Ligg Jasu era stato reggente del trono d'Etiopia dal 1913 al 19 I6.
131 4 Nota del testo: «Dopo scritto questo rapporto, ho avuto occasione di vedere questo ministro inglese. Portatolo sul discorso delle armi son riuscito a farmi dire da lui queste precise parole: il Foreign Office mi ha telegrafato di non poter dare risposta favorevole a ras Tafari, perché l'Italia era contraria».
IL DELEGATO NELL'ALTA COMMISSIONE RENANA, DELL'ABBADESSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4783/172 RIS. Coblenza, 20 agosto 1921, ore 19,20 (perv. ore 0,45 del 21).
Mio telegramma n. 169 ieri (1).
In attesa riunione esperti e incontro con tedeschi già si delinea tendenza inglese attenuare quanto più possibile rendere insignificante portata effettiva controllo interalleato
importazioni esportazioni. Tendenza francese cui Belgio completamente si associa è invece sostanzialmente diversa. Gradirei indicazioni direttive da seguire. Non posso pernon far rilevare che se poteva discutersi in sede deliberazioni Consiglio Supremo opportunità mantenere controllo, una volta stabilito, il renderlo praticamente inefficace e inoperante non pugiovare ad alcun nostro interesse. Liberalismo Inghilterra è infatti essenzalmente basato sulla sicurezza del rispetto da parte Germania commercio britannico che non ha mai sofferto ostruzionismo ed ha profittato regime sanzioni per assicurarsi vantaggi infinitamente superiori tutti altri Alleati. La continuazione di tali vantaggi potendo presumersi la via garantita, l'attenuazione del controllo interalleato non avrebbe altro effetto o mire che metta Alleati in condizioni inferiori. Italia ne soffrirebbe specialmente perché non avrebbe in Renania, fuori di tale controllo, organo ufficiale e mezzi di influenza che altri Alleati posseggono per effetto occupazione militare e organizzazione servizi civili ad essa annessa. Pertanto ritengo che parità condizioni pusolo essere assicurata Italia da un controllo interalleato seriamente organizzato e con nostra efficace partecipazione. Sembrami quindi sostenibile tesi franco-belga conforme del resto risoluzione Consiglio Supremo(2). Soggiungo che verrebbemi offerta presidenza Conferenza esperti con delegati tedeschi.
Sarò grato sollecita risposta(3).
131 5 Per il seguito della questione vedi D. 384.
132 1 Non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, E AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1187. Roma, 20 agosto 1921, ore 23.
(Per Londra) Bonin telegrafa quanto segue:
(riprodurre telegramma di coll. 4724)(1).
Prego V.E. esprimere al Governo britannico mio compiacimento per tale decisione che mentre avvicina i due Governi alla desiderata identità di vedute nel problema albanese, facilita la costituzione di quello Stato indipendente che l'Italia ha promosso per la realizzazione delle aspirazioni albanesi e per la difesa dei propri interessi strategici nel basso Adriatico.
(Per Durazzo) Ho telegrafato alla r. ambasciata a Londra quanto segue:
(ripetere il telegramma come sopra).
Per sua notizia ed eventuale norma di linguaggio la informo che tale favorevole atteggiamento del Governo britannico è conseguenza delle conversazioni da me avute recentemente a Parigi con Lloyd George e Curzon a proposito delle questione albanese(2).
132 2 La convenienza di aderire al punto di vista franco-belga sarà ripetuta da Dell'Abbadessa anche con T. 5014/186 del 31 agosto.
132 3 Con T. 1246 del 1° settembre Torretta dava istruzioni di attenersi a quanto già stabilito nella discussione al Consiglio Supremo sul controllo delle importazioni al fine di consentire la verifica della regolarità nella concessione dei permessi. Quanto al costituendo organismo di controllo riteneva che lo stesso dovesse essere di modeste proporzioni tanto nel numero che nel grado dei funzionari.
133 1 Con T. 4724/441 del 18 agosto Bonin aveva comunicato la decisione britannica di non insistere per la cessione di Argirocastro alla Grecia.
133 2 Con T. 4826/2420 del 27 agosto Casto Idi riferiva poi della riconoscenza per il Governo italiano espressagli dal ministro degli esteri albanese.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, E AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1191. Roma, 21 agosto 1921, ore 15.
Con lettera rimessa a r. legazione Belgrado(1), Governo della Barania ha chiesto mi venisse comunicata protesta quella popolazione contro decisione consegna al terrore bianco di Horthy e contro evacuazione(2); popolazione avrebbe proclamata repubblica democratica sotto protettorato Regno S.H.S.(3) e domanda riconoscimento r. Governo. Popovich ha informato Manzoni popolazione Pécs molto agitata e che ad evitare disordini Governo Belgrado ha chiesto grandi potenze rinviare evacuazione a più tardi. Non ha detto a quando.
Ho risposto che Trattato Trianon deve essere eseguito secondo disposizioni già prese dalla Conferenza ambasciatori(4).
IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA, DE LORENZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 10434 RR. Roma, s.d. (perv. il 22 agosto 1921).
La situazione militare marittima dell'Italia in Adriatico creata dal Trattato di Rapallo(1)pucosì brevemente riassumersi:
Situazione ottima nell'Adriatico settentrionale; leggermente modificata in meglio, rispetto alla situazione dell'anteguerra, ma sempre scadente, nell'Adriatico medio; peggiorata, rispetto alla precedente, nel basso Adriatico anche per la perdita della rada di Valona.
La nostra situazione militare marittima in Adriatico presenta dunque la particolarità che pisi discende verso sud e piessa peggiora; è evidente allora l'opportunità che, sulla costa opposta alla nostra peninsulare, la nazione dalla quale meno abbiamo da temere possa estendere il suo possesso verso nord il più possibile.
Il possesso di Durazzo se fu di danno alla condotta della nostra guerra in Adriatico sarebbe invece di grande vantaggio per quella potenza marittima che già disponendo di Cattaro si servisse di quella rada, come di una base avanzata, contro le nostre comunicazioni nel Canale di Otranto.
Assicurare Durazzo all' Albania è quindi misura necessaria, ma per assicurare anche militarmente a questa piccola potenza la possessione di quella rada occorre che il piprossimo confine jugoslavo disti da essa almeno 100 km.
È ben nota quanto fosse critica la nostra situazione strategica marittima nei riguardi dell'ex Impero astro-ungarico.
Nella guerra mondiale ci trovammo in difficili condizioni dentro l'Adriatico per quanto l'Intesa avesse la prevalenza navale e dominasse lo sbocco di questo mare, cioè il Canale d'Otranto.
Nel futuro, avendo noi rinunciato al possesso della Dalmazia ci minaccia la possibilità che la potenza marittima prevalente possa esercitare la sua preponderanza fuori e dentro l'Adriatico. Da questo la nostra situazione marittima risulterebbe estremamente aggravata. In altri termini a poco varrebbe anche il fatto che la Jugoslavia non possedesse una marina da guerra qualora una flotta nemica potesse distaccare forze in Adriatico e questo distaccamento avesse garantite le sue comunicazioni marittime disponendo di un breve punto di appoggio nel Canale di Otranto.
Queste considerazioni bastano per comprendere che se una potenza marittima avversaria potesse valersi di Valona si determinerebbe per noi una situazione sommamente pericolosa perchè tale possesso le darebbe modo di operare con tutta facilità dentro l'Adriatico con forze ingenti e tali da ridurre e anche neutralizzare la sfera d'azione della piazza di Brindisi.
L'isolotto di Saseno deve quindi rimanere in nostro possesso perché se da esso non si domina la grande rada albanese almeno se ne sorveglia e se ne difende l'accesso.
Ma una forza navale nemica potrebbe esercitare, dall'isola di Corfe dal canale omonimo, una gravissima minaccia al nostro dominio nell'Adriatico inferiore. Isola e canale bene si prestano a trasformarsi in una formidabile base navale.
A questa minaccia non potremmo far fronte senza rischiare di compromettere la nostra situazione navale strategica perché concentrando a Brindisi ingenti forze saremmo molto probabilmente obbligati a rinunciare a conseguire obbiettivi ugualmente importanti in altro teatro di operazione.
Per indebolire la posizione militare marittima alla quale potrebbe assurgere Corfoccorre che la costa orientale del canale omonimo appartenga ad una potenza come l'Albania, di poca importanza militare e di nessuna importanza navale.
L'Albania dovrebbe estendere il suo possesso su detta costa al sud sino a Capo Stile. Ma per togliere da mezzo ogni preoccupazione a questa prima misura occorrerebbe aggiungere una seconda: Vietare con apposita convenzione ogni opera permanente militare sulle isole di Corf Merlera e Fano.
134 1 La lettera del presidente della Barania al ministro Manzoni è del 15 agosto, e fu trasmessa in copia al Ministero degli esteri il 18 agosto con T. posta 3284/670, pervenuto a Roma il 23 agosto. Manzoni ne diede perimmediatamente notizia al Ministero degli esteri con T. 4730/437 dello stesso 18 agosto.
134 2 La Barania, la regione tra il Danubio e la Drava (oggi parte della Croazia), era occupata dalle truppe serbe. Con decisione del 5 agosto la Conferenza degli ambasciatori aveva fissato al 18 agosto l'inizio dell'evacuazione da parte delle truppe serbe per la consegna all'Ungheria. A seguito di difficoltà sollevate dal Governo di Belgrado i rappresentanti alleati a Budapest avevano poi concesso una proroga di 48 ore. Per nuove difficoltà jugoslave, la firma del protocollo di trasferimento, fissata al 29 agosto, veniva poi rimessa ulteriormente.
134 3 La proclamazione della repubblica democratica indipendente di Barania sotto protettorato S.H.S. era avvenuta il 14 agosto.
134 4 T. 1190 di Torretta alla legazione a Belgrado del 21 agosto, non pubblicato.
135 1 Risponde al T. posta 47651/609 di Torretta dell'8 agosto, non pubblicato. Il riferimento è al trattato con il Regno S.H.S. del 12 novembre 1920.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4806/535. Costantinopoli, 22 agosto 1921, ore 14,20 (perv. ore 18).
Telegramma di V.E. n. 12/1 (1).
Prego V.E. prendere conoscenza presso Ministero marina telegramma n. 621 comandante regia Nave «Napoli»(2) diretto a Governatore di Rodi e contenente proposta per polizia marittima e sanitaria costa nostra zona d'influenza. A tale proposito Bosdari mi telegrafa(3)che ritiene proposta suddetta eccessiva e pericolosa per rappresaglia che potrà eccitare da parte turchi quando cattiva stagione non ci permetta tenere nave permanenza Adalia con dannosa ripercussione su sicurezza nostre truppe Meandro.
Prego V.E. prendere conoscenza presso Ministero marina telegramma n. 621 comandante regia Nave «Napoli»(2) diretto a Governatore di Rodi e contenente proposta per polizia marittima e sanitaria costa nostra zona d'influenza. A tale proposito Bosdari mi telegrafa(3)che ritiene proposta suddetta eccessiva e pericolosa per rappresaglia che potrà eccitare da parte turchi quando cattiva stagione non ci permetta tenere nave permanenza Adalia con dannosa ripercussione su sicurezza nostre truppe Meandro.
Ho risposto a Bosdari che concordo in massima con sue osservazioni. Considerando perimpossibilità mantenere intatto nostro prestigio senza alcun rischio sono di parere (manca) proposte Scelsi. Prego V.E. telegrafare direttamente suo benestare Rodi Adalia qualora approvi telegramma del quale dloro conoscenza(4).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA E PARIGI, ALLE LEGAZIONI A BERNA, BELGRADO, PRAGA, BUCAREST E BUDAPEST E ALLA DELEGAZIONE ALLA S.D.N.
T. 1195. Roma, 22 agosto 1921, ore 15.
(Per Berna) Suo rapporto n. 3294 del 3 corr.(1). Telegrafo a nostro delegato Società Nazioni quanto segue interessando nel contempo Londra Parigi Belgrado Bucarest Budapest.
(Per tutti meno Berna e Ginevra) Ho telegrafato nostro delegato Società della Nazione quanto segue:
(Per tutti) Stampa Piccola Intesa raccoglie voci piano legittimista ungherese inteso valersi sperata ammissione Ungheria Società Nazioni per inscenare a breve scadenza plebiscito e far quindi accettare dalla Società eventuale restaurazione carlista in nome diritto autodecisione popoli.
A parte intrighi carlisti ritengo in realtà prematura ammissione Ungheria Società Nazioni. Non che l'Italia possa avere pregiudiziali di massima all'entrata Ungheria nella Società Nazioni, ma parmi convenga assicurarsi prima circa futuri atteggiamenti nazione magiara.
È bene tener presente che Austria, per la cui ammissione Società Nazioni ci siamo vivamente ed efficacemente adoperati, aveva già dato prove indubbie della sua decisione di applicare lealmente il trattato di pace impostole; l'Ungheria, invece, per la quale del resto il Trattato di Trianon è entrato in vigore da poche settimane appena, non pudirsi abbia finora dato prova di sincera rassegnazione alle condizioni di pace fattele. Per esempio per quanto riguarda la restaurazione absburgica risulta che continuano assai attivi gli intrighi specie per parte di Windischgratz a Londra e di Teleki a Parigi. Così non sono tuttora sicure le intenzioni del Governo ungherese circa l'evacuazione dei comitati occidentali che pur dovrebbe già essere avvenuta. Tutto cicrea intorno all'Ungheria un'atmosfera di diffidenza e quasi di ostilità da parte degli Stati confinanti che è desiderabile veder dissipata prima della sua ammissione nel pacifico consesso delle nazioni.
Dato il particolare nostro interesse in tutto ciò che riguarda gli Stati successori dell'Impero austro-ungarico sarà opportuno che V.E. (V.S.) segua attentamente la questione nell'intento di indirizzarla al fine sovra esposto pur cercando di evitare che il nostro atteggiamento possa essere interpretato come preconcetta opposizione all'entrata Ungheria nella Società Nazioni.
(Per tutti tranne Ginevra e Budapest) Prego indagare discretamente pensiero di questo Governo influendo, ove occorra, nel senso procrastinare ammissione Ungheria nell'interesse tranquillità Europa centrale(2).
136 1 Riferimento errato.
136 2 Era il comandante Scelsi.
136 3 T. 4 720/6734 del I 8 agosto, trasmesso anche al Ministero.
136 4 Con T. 1200 del 23 agosto Torretta concordava poi con le considerazioni di Garroni sulla opportunità di non insistere eccessivamente nella protesta cercando di ottenere una contropartita commerciale.
137 1 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1197. Roma, 22 agosto 1921, ore 24.
Suoi telegrammi nn. 2343 e 2344(1).
R. Governo non puprendere in considerazione proposta di codesto delegato apostolico circa eventuale creazione di un cantone cattolico autonomo sotto la protezione dell'Italia.
Tale proposta evidentemente ispirata dal solito sentimento particolaristico degli albanesi mentre si rivela indice della mancanza di coesione politica tra loro è poi da una
parte praticamente inattuabile e dall'altra contraria alla linea politica assunta dall'Italia con la spontanea iniziativa di risolvere questione albanese mediante costituzione di uno Stato nazionale indipendente, iniziativa che Italia fermamente propugna presso grandi potenze alleate chiedendo loro efficace collaborazione per realizzare tale finalità.
V.S. vorrà tuttavia far conoscere a monsignor Cozzi ed altri interessati che sebbene r. Governo non possa prendere iniziative quale quella prospettata perché contraria interessi albanesi ed italiani non tralascerà di fare tutto quanto sarà possibile e necessario per la protezione non solo dei cattolici ma di tutti gli albanesi.
137 2 Con T. 4869/449 del 25 agosto Garbasso comunicava che anche la Francia riteneva per il momento prematura l'ammissione dell'Ungheria nella S.d.N. Il Governo inglese si mostrava invece in linea di massima favorevole (T. 4986/1053 di De Martino del 30 agosto) e cosi il Governo federale svizzero (T. 4981/5 I 5 di Orsini del 30 agosto).
138 1 Vedi D. 125.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA MIRDITA, MARKA GJONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. Prizren, 22 agosto 1921 (perv. il 24)
Dès le commencement de la formation du soidisant Gouvemement de Tirana a été constaté qu'on a organisé un Gouvemement des musulmans sous l'influence des chefs et des Ministres de l' Asie et non pas un Gouvemement albanais. Ce Gouvemement a pour but de former une organisation qui travaillerait et sacrifierait toutes ses forces a procurerà l'avenir des troubles en Europe. La Gouvemement de Tirana est sous l'influence des jeunes turcs de l'Asie Mineure et en relation avec le mouvement bolchevick qui est repartit de Vienne. Par tous les moyens aidés par l'argent et par les nombreux officers et fonctionnaires qui sont envoyés par l'Armé turque de l 'Asie Mineure a donné des preuves incontestables qu'il a pour but la destruction des masses chrétiennes de l 'Albanie et la formation des plus grands désordres passibles qui auront pour but de troubler la paix universelle. Après tout cela est venue l'attaque non provoquée qui a commencé le IO juillet 1921 contre les Mirdites, et qui se continue encore aujourd'hui au detriment de la paix universelle et de l 'humanité. Les Mirdites des douze Baryakes se sont ( ...) réunis ensemble à Oroshi et ont proclamé leur indépandance se constituant en organization gouvemamentale ( ...) De quo i a été informée V.E. par le télégramme de
S.E. le Président de la République Mirdite Marco Gjoni qui a été transmis le 17 julliet.
En cette Assemblée des douze baryakes a été élu pour Président de la République Mirdite Marka Gjoni, capi taine d'Oroshi, pour Ministre de la guerre Prenk ( ...) et pour membres de l' Assemblée exécutive douze personnes de toutes les Baryakes Mirdites dont les noms sont les suivants: (seguono i nomi).
Après cela la constatation du Gouvemement de Tirana que (...) n'est pas vraie. En Albanie existe aussi la République mirdite qui défendra son indépendance jusqu 'au dernier homme, carelle n'a pas et ne veut pas avoir aucune relation avec les musulmans et les agitateurs du Bolschevisme. L'attaque faite par l'Armée du Govemement de Tirana composée de Musulmans et d'officiers de l'Asie Mineure contre la République Mirdite dure encore. Cette attaque se fait avec le désir sanguinaire qui a été toujours montré par les Musulmans de l'ex-empire ottoman. D'innombrables habitations ont été detruites, des villages entiers ont été incéndiés. On a proclamé l'etat de siège et on n'a meme pas en égard envers les femmes et les enfants. Aujourd'hui quand après tant de ravages de guerre on dit avoir seulement pour but la paix universelle, une poignée d'agents des jeunes turcs et d'agitateurs bolcheviques apporte des malheurs nouveaux et fait des massacres de Chrétiens devant les yeux des peuples civilisés, et cela aujourd'hui quand tous les autres peuples chrétiens se libèrent des musulman. Tranquilles jusqu'à hier, les habitants mirdites aiment leur liberté avant tout. Meme les pauvres, deshabillés et affamés, ont été obliges de quitter leurs habitations et d'errer dans les montagnes, dans lesquelles enfants, femmes et veillards meurent chaque jour par centaines, ne perdant leur foi que ceux qui sont hwnains viendront leur en aide. Il y a en assez de sang et d'autres malheuros. La guerre que le Gouvemement de Tirana a déclaré à la Republique Mirdite dans le but d'exterminer les chrétiens et de provoquer des troubles incessants doit etre arretée. Pour cela nous avons l'honneur de prier V.E. d'intervenir auprès du Govemement de Tirana suivant le pacte de la Société des Nations et de lui ordonner de retirer sans retard ses troupes de la Mirditie et d'arreter l'effusion du sang, croyant que la voix de ceux qui meurent de faim dans les montagnes et de ces chrétiens qui luttent contre les Musulmans pour la liberté de leur pays et la paix de leurs foyers ne restera pas un appel non entendu. Nous prions V.E. de recevoir l' assurance de notre sownission profonde(1).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1205. Roma, 24 agosto 1921, ore 21,30.
Articolo del «Temps» del 20 agosto circa ha prodotto qui pessima impressione ed ha provocato commenti di ogni specie. Non so né m'interessa sapere se tale articolo sia ispirato dal Quai d'Orsay e con quale scopo(1). È bene persi sappia costi che noi riteniamo che la occupazione della isola di Saseno non contraddice colla nostra tesi della integrità territoriale dell'Albania e che in ogni caso noi non l'abbandoneremo mai né ammetteremo alcun mutamento all'attuale situazione.
Sicurezza basso Adriatico è per noi questione di vitale interesse e consideriamo come poco amichevole ogni discussione su Saseno che tenda a mutarne attuale situazione.
Quanto precede per sua norma di condotta e di linguaggio.
Prego comunicare a Garbasso(2).
139 1 Sulla questione mirdita si veda il D. 48.
140 1 Con T. 4915/686 del 27 agosto da Parigi il consigliere Medici comunicava la formale smentita del Quai d'Orsay che l'articolo in questione fosse stato ispirato da circoli governativi.
140 2 In pari giorno ed ora, il telegramma fu inviato per informazione anche all'ambasciata a Londra(T. 1206) e al ministro a Durazzo (T. 1207).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A SOFIA, BORGHESE
T. 1214. Roma, 24 agosto 1921, ore 24.
Suo telegramma n. 15(1).
Nella conferenza finanziaria di Parigi si è mantenuta invariata la quota delle riparazioni bulgare, stabilita dal trattato di Neuilly in due miliardi e trecento milioni di franchi oro. È stato confermato nostro diritto di percepire il 25 per cento di tale somma e nostro diritto resta invariato anche se indennità bulgara verrà pagata dalla Germania in base criterio solidarietà stabilita da trattati.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, E AL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI
T. 1216. Roma, 24 agosto 1921, ore 24.
Mi riferisco telegramma n. 2046 poi. del colonnello Fusoni(1).
Eventualità formazione Governo provvisorio valle Meandro che del resto potrebbe estendersi a tutta la regione evacuata da turchi, era stata anche prospettata in questi ambienti nazionalisti turchi attualmente in generale poco favorevoli a Mustafà Kamal. Pur dovendosi subordinare ogni decisione ad ulteriore svolgimento avvenimenti politici e militari non mi sembrerebbe in massima conveniente per noi cooperarci a consolidare detto eventuale Governo favorendone distacco da Angora, esperienza consigliando mantenersi estranei il più possibile alle competizioni locali.
Gradirei conoscere suo parere in proposito(2).
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 9401/654. Costantinopoli, 24 agosto 1921 (perv. il 2 settembre).
Ho letto col maggiore interesse il teleposta n. 48019/374 in data 2 corrente(1), relativo all'opportunità ora riconosciuta dal Ministero delle colonie -e mi sia concesso
notare di volo come non si possa fare a meno di considerare che se tale riconoscimento fosse avvenuto all'epoca in cui malgrado codesto dicastero lo propugnava da quello delle colonie si muoveva quasi severo appunto al colonnello Caprini per aver iniziato approcci coll'ex senusso, i risultati sarebbero stati probabilmente molto più facilmente conformi ai desiderata -di riprendere contatto con Sidi Ahmed esh Sherif.
Condivido pienamente il parere circa la convenienza di riattrarre nella nostra orbita l'ex senusso o quanto meno di cercare d'impedirgli di nuocerci, studiando il modo di convincerlo a stabilirsi in una zona dove ci sia facile sorvegliarlo.
Mentre mi riservo tentare di farlo avvicinare per la via di Adalia, cosa peraltro delicata e non molto rapida nel momento attuale, non ho mancato d'interessare alla questione il colonnello Caprini, il quale, come è noto all'E.V., mantiene con molto tatto e lodevole zelo efficaci contatti, dei quali sempre che posso mi valgo, con gli ambienti turchi extragovernativi. Essi, per quanto non sempre molto influenti nelle presenti circostanze, sono spesso assai utili dal punto di vista delle informazioni.
Rimetto qui unito per opportuna conoscenza, copia di rapporto n. 1/363 che il prefato colonnello Caprini mi ha diretto il 20 agosto(2)in risposta alle mie sollecitazioni, e da esso V.E. potrà dedurre l'esatto stato della pratica alla suddetta data, e dell'affidamento datomi di riallacciare i richiesti contatti.
Mi è intanto pervenuto l'altro telegramma posta n. 50216/391 di codesto r. Ministero in data 12 agosto(3), e mentre ho subito informato il Caprini del fatto nuovo saliente segnalato dal Ministero delle colonie circa gli approcci recentemente tentati a Roma dallo stesso Sidi Ahmed pel tramite dell'egiziano Mohamed Saleh, prendo atto che dal suddetto messaggero si è già fatto avvertire l'ex senusso che io avrei avuto prossimamente occasione di fargli fare comunicazione al riguardo.
Mi riserbo di riferire dettagliatamente all'E.V. appena possibile sull'esito dei passi iniziati in base alle precise istruzioni dei due teleposta in parola.
141 1 Del 21 agosto, non pubblicato.
142 1 Vedi D. 130. Sull'argomento vedi anche D. 153.
142 2 Per le risposte di Garroni e Faralli vedi rispettivamente DD. 154 e 153.
143 1 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1219. Roma, 25 agosto 1921, ore 22.
Questa ambasciata britannica, nel comunicare che Foreign Office ha avuto notizia di eccessi compiuti da musulmani contro popolazioni cristiane Anatolia, sollecita siano inviate istruzioni affinché V.E. informi Governo Angora che, finché non si sarà posto fine a tali eccessi, nessuna negoziazione di nessun genere sarà possibile.
Ho risposto essere pronto inviare istruzioni affinchè V.E. analogamente quanto venne fatto in occasione massacri compiuti dai greci cerchi por termine e impedire eccessi lamentati; ma che termini dichiarazione suddetta non mi sembrano corrispondere all' opportunità più volte considerata da Alleati di tenersi liberi di fronte ai belligeranti per poter adoperarsi, al momento opportuno, alla cessazione del conflitto(1).
143 2 Con tale rapporto il col. Caprini (delegato nel comitato di controllo sulla polizia a Costantinopoli) faceva osservare, tra l'altro, che l'ex Gran Senusso «divenuto uno degli esponenti principalissimi del nazionalismo e del pan-islamismo, è certo che nei riguardi delle nostre colonie del Nord Africa, dove si fa di già, come ho riferito all'E. V., propaganda nazionalista, non sarà facilmente accessibile a proposte tendenti a toglierlo dall'agone politico in cui nuovamente si è posto».
143 3 Non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 1028 RIS. Londra, 25 agosto 1921 (perv. il 26).
Mio telegramma n. 1024(1). Ho consegnato a Curzon formula per Albania(2)conforme telegramma di V.E. n. 1134(3).
Ho insistito sulle considerazioni strategiche. Inoltre ho esposto considerazioni circa Lega delle Nazioni conforme telegramma di V.E. n. 9/2(4). Inoltre essendomi risultato che Curzon aveva manifestato obiezioni di principio circa nostra tesi dal punto di vista della giustizia verso albanesi, gli ho ricordato che memorandum 9 dicembre anno 1919(5) ed il Patto di Londra (manca). Curzon obiettche detto memorandum era stato cancellato per la nostra rinunzia al mandato. Ho ripetuto che noi non chiediamo alcun mandato e vogliamo solamente l'effettiva indipendenza dell'Albania, ma che se nell'anno 1919 l'Inghilterra aveva considerato il mandato come conciliabile coi principi di giustizia tanto pidevesi considerare conforme a giustizia la nostra attuale modesta richiesta. Curzon non ha piinsistito. Circa la formula Curzon disse che non era in grado di darmi oggi una risposta volendo esaminarla con attenzione. Ho dimostrato quindi a Curzon che la questione dell'Albania è per l'Italia assolutamente vitale e tale da determinare l'avvenire delle relazioni italo-inglesi. La conversazione si svolse in modo più favorevole che non la volta precedente. Prevedo tuttavia controproposte poco accettabili e ulteriori discussioni(6).
ALLEGATO I
PRIMA FORMULA ITALIANA PRESENTATA A LORD CURZON IL 25 AGOSTO 1921
The Allies recognise Albania as an independent State.
II
The safeguard ofthe Albanian independence is a strategical as well as a vital political and economical interest of Italy in connection with her defence in the Adriatic.
III
For this purpose, Italy, having spontaneously taken the initiative ofthe constitution of an Albanian national independent State, has the duty to watch upon the effective realization of it and of its development and consolidation.
IV
Should the Albanian State fai!, in spite ofthe favourable attitude ofltaly and ofthe Allies, the Allies recognize to Italy the right to a direct action to safeguard her special interests of strategical defence in the Adriatic upon the base of diplomatic situation wich was existing before the Italian initiative for the Albanian independence.
ALLEGATO II
PROMEMORIA IN APPOGGIO ALLA PRIMA FORMULA ITALIANA CONSEGNATO A LORD CURZON IL 25 AGOSTO
The Italian Govemment is of opinion that an explanation ofthe situation ofltaly and of the Allies with respect to Albania, on the base ofthe diplomatic situation existing for the three Allied Govemments, must not be prevented by the fact that Albania has been admitted as member ofthe League of Nations.
In fact Italy by signing the Treaties of Peace and the Covenant understood that the questions referring to the settlement of the various States, and consequently of Albania, should remain within the jurisdiction of the Supreme Council and therefore substracted from that of the League of Nations, as the League has not authority to interfere with the agreements that the Allied Powers will eventually come to, in order to fix their respective positions and to protect their respective interests in the settlement ofthe Albania question.
On the matter, the 14th ofJune 1919 signor Orlando wrote a letter to Mr Clemenceau, wich was read to the Supreme Council in the meeting ofthe 16th of June by baron Sonnino. This letter was read again to the Supreme Council by signor Tittoni the 18th of July. The text ofthe letter is as follows:
«The Italian delegation is of opinion that the agreements of the Covenant of the League of Nation cannot be referred neither to the territorial questions nor to the projects connected to these and wich, having been discussed in the Peace Conference, have not been definitively settled there».
Italy declares not to claim a mandate or for any other form ofdirect protection upon Albania, as Italy does not intend to lessen the Albanian sovereignety and independence.
Italy as the power the more interested in the future ofAlbania asks for the consent of the Allies to protect the strengthening of the Albanian State which will be a serious guarantee of safety in the Lower Adriatic, and to prevent that the sovereignty and independence ofAlbania may be lessened by others, to the prejudice ofAlbania herself, and against the reason of Italy's defence.
With regard to the frontiers, the Italian Government claims for Albania the frontiers of 1913 and points out that the maintenance of Saseno is considered as an absolutely vital matter for the Italian strategical safety in the Adriatic.
The respective configuration ofthe Eastem an Western Adriatic coasts, alito the disadvantage of Italy, as the last war has proved, absolutely compels Italy to obtain strategical guarantees in this sea.
The mari time military situation of Italy in the Adriatic after the Treaty of Rapallo can be resumed as follows:
Excellent in the Northem Adriatic; slightly better than before the war, but always bad in the Middle Adriatic; decidedly worse in the Lower Adriatic, also for the loss of the Bay of Valona.
The Italian mari time military situation in the Adriatic presents the peculiarity that the more one is proceeding southwards the more the situation appears bad. Hence the opportunity that on the coast facing the Italian Peninsula the Nation from which Italy has less to dread may be allowed to spread its possessions the more possible Northwards. The possession of Durazzo which has been a drawback to the Italian naval operations during the war, would be of great advantage to the maritime power which, in addition to Cattaro, could use it as an advanced base against the Italian sea-routes in the Channel of Otranto.
It may be useful to remember that the distance between Valona and Otranto is of about 47 miles, that is a distance wich, to think ofthe naval means ofto-day cannot appear but as a danger.
It is a well-known fact that the Italian maritime strategical situation has been a very difficult one, with regard to the former Austro-Hungarian Empire. In the great war Italy has been in a criticai position in the Adriatic, although the Allies had the maritime preponderance and the control ofthe main Adriatic access, viz. the Channel of Otranto.
As Italy has given up her claims upon Dalmatia, in the future it will rise the menace that the prevailing maritime power can use its preponderance within, as well as outside, the Adriatic.
For this reason the Italian position in the Adriatic will be extremely impaired. In other words it would be ofnot much use that Jugoslavia did not possess a Navy, for an enemy power could despatch forces in the Adriatic and by having done so, would secure its own sea-routes by holding a small base in the Channel of Otranto.
It will then be sufficient to realize that ifan hostile maritime power could make use ofValona, it would spring forth a situation extremely dangerous for Italy because that hostile power would be easily ab le to operate within the Adriatic with very large forces which could handicap and probably neutralize the efficiency of Brindisi.
Without discussing the naval forces which can be opposed to the Italian one and which would find on the Albanian coasts a formidable and very dangerous base against Italy, it is clear that powers, although deprived ofa Navy, could build there Aircraft Stations which would be a serious threat for Italy and which would moreover control the approaches ofthe Adriatic, alito the greatest disadvantage of Italy.
Therefore the small island ofSaseno should remain in possession ofltaly because, iffrom the great Albanian Bay is not commanded, it would be at least possible to watch and to defend its approaches.
The Italian Government is of opinion that once made an independent Albanian State, it will concem the Albanians to choose their own Statute.
144 1 Con successivo T. 1360 del!' 11 settembre, a seguito di nuova nota britannica, Torretta chiedeva a Garroni di accordarsi con i colleghi alleati per escogitare i mezzi piidonei a porre fine agli eccessi dei musulmani contro le popolazioni cristiane.
145 1 Del 24 agosto, non pubblicato.
145 2 Vedi Allegati.
145 3 Vedi D. 105.
145 4 Non rinvenuto.
145 5 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
145 6 Vedi D. 150.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, GASPAROTTO
T. POSTA 52644/1401. Roma, 25 agosto 1921.
Suo foglio n. 1132 del 31 luglio scorso(1).
In seguito alla recente avanzata delle truppe greche che hanno, secondo le concordi informazioni pervenute a questo Ministero, messo quelle kemaliste in condizioni di non poter tentare per il momento un ritorno controffensivo, la questione prospettata a
V.E. col mio telespresso n. 44039/1108 del 15 luglio scorso(2)può considerarsi almeno per qualche tempo senza carattere di urgenza, giacché la sicurezza delle nostre truppe non sembra poter essere minacciata da un'avanzata dell'esercito turéo. D'altra parte deve considerarsi anche l'eventuale tendenza dei greci ad infiltrarsi maggiormente nella nostra zona di priorità economica dalla quale invece ci conviene tenerli lontani per evitare future pretese e discussioni al momento in cui si stabiliranno le definitive condizioni di pace con la Turchia, e sotto questo punto di vista sarebbe opportuno mantenere piuttosto che ritirare le nostre truppe d'occupazione nel Meandro.
Tutto questo però non toglie che la questione possa ripresentarsi in un tempo più
o meno prossimo, nel caso in cui i greci non potessero, pel sopravvenire dell'inverno
o per altre ragioni d'indole militare, mantenere le posizioni avanzate che hanno ora raggiunte o nel caso che l'efficienza bellica dei kemalisti potesse ricostituirsi e rappresentare una minaccia più grave ed imminente che non sia ora.
Reputo pertanto che non si debba affatto tralasciare di continuare a studiare i mezzi piadatti ad assicurare l'incolumità delle nostre truppe per essere pronti a parare a qualsiasi evento.
Nella nota di codesto Ministero cui rispondono si afferma non esservi altra possibilità che quella dello svolgimento di un'opportuna azione politica e diplomatica che miri a salvaguardare il nostro corpo di spedizione da eventuali azioni sia delle truppe turche che di quelle greche.
Ma è proprio quest'azione che va svolgendo da molto tempo questo Ministero, che pusicuramente affermare di aver fatto finora da parte sua quanto era possibile per evitare pericolosi incidenti tanto coll'uno che coll'altro dei belligeranti. Tale direttiva sarà certamente continuata con la maggiore possibile delicatezza, ma l'azione politica e diplomatica putrovarsi da un momento all'altro paralizzata da iniziative militari locali dei belligeranti o da imponderate decisioni che specialmente da parte del Governo di Angora l'esperienza ha finora dimostrato tutt'altro che improbabili.
Credo quindi dovere insistere nella richiesta già rivolta a codesto Ministero di suggerimenti tecnici da concordare col comandante del Corpo di spedizione, il quale deve avere tutti gli elementi per poter giudicare quale sia la migliore dislocazione da dare alle sue truppe nel caso fosse necessario, a suo avviso, tenerle piraccolte e concentrate ad impedire l'attacco di presidi isolati ed a garantire il facile spostamento delle diverse unità.
Gradirei che il colonnello Fusoni fosse interpellato subito in proposito e che codesto Ministero mi comunicasse il suo apprezzamento sulle proposte che egli formulasse.
146 1 Non rinvenuto.
146 2 Vedi D. 34.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO, E AL MINISTRO A SOFIA, ALDROVANDI
T. 1221. Roma, 26 agosto 1921, ore 15.
Questo ministro di Bulgaria mi ha prospettato difficoltà gravi di ordine finanziario e di pubblica sicurezza cui Governo bulgaro andrà incontro se sarà costretto ottemperare ingiunzione fattagli da Conferenza ambasciatori circa scioglimento esercito di leva e reclutamento soldati volontari.
Pur tenendo presente preoccupazioni francesi non creare precedenti, preoccupazioni che riconosco avere grandissimo peso e pur rendendomi conto esigenze Stati confinanti, ritengo non possa respingersi senzaltro ulteriore esame questione. A parte considerazioni svolte da Borghese circa nostro interesse per riparazioni e nostra convenienza non disarmare completamente Bulgaria, parmi che debbano considerarsi con molta attenzione eventuali conseguenze disarmo bulgare su pubblica sicurezza paese, tuttora profondamente agitato da passioni sociali e politiche.
Prego V.E. (o V.S.) escogitare proposte che valgano ad assicurare al Governo bulgaro una forza adeguata condizioni di pace impostegli e nel tempo stesso salvaguardare questione di principio. Forse una proroga all'adempimento delle clausole del Trattato di Neuilly concernente l'esercito, motivata da ragioni di carattere eccezionale, potrebbe essere soddisfacente soluzione.
IL DELEGATO PER LA CARAMANIA, TUOZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4911/130. Rodi, 26 agosto 1921, ore 20,30 (perv. ore 11 del 27).
Comunico seguente telegramma da me spedito alla r. ambasciata Costantinopoli:
«Mio telegramma n. 124(1).
Stato animo autorità turche popolazione tale da renderci ora possibile riprendere in mano zona d'influenza senza troppe difficoltà. Cidovrebbe venire fatto in modo che anche ( ...) militare turca che qui sembra molto dubbia non ci costringesse poi a grossi sforzi militari cui convenienza sembra da doversi escludere o a ritiro con dànno nostro prestigio dalle posizioni acquistate. È da escludersi quindi per ora una rioccupazione militare. Nave da guerra potrà servire rinforzare nostra azione, minacciare
all'occorrenza, ma da mare non puesercitarsi controllo di un paese. Sembrami quindi opportuno stabilire uffici civili cui numero può essere gradatamente aumentato e cui funzioni secondo le evenienze possono essere estese fino a quelle di residenti o ristrette a quelle consolari. Tali uffici civili dovrebbero avere a disposizione piccoli reparti carabinieri che potranno costituire nuclei futura gendarmeria zona e intanto servire a protezione ordine pubblico e tutela uffici. Serie difficoltà autorità turche non potranno fare nelle condizioni in cui sono stabilimenti di tali uffici, che potrebbero essere successivamente creati. Nel caso V.E. approvasse in via di massima tale programma mi affretterei proporre modalità e trovare personale».
148 1 Del 22 agosto (comunicato a Roma con T. 4828/125 del 23), con il quale Tuozzi aveva già suggerito di iniziare l'insediamento di funzionari civili sulla costa, in qualità di delegati dell'ambasciata.
IL MINISTRO A MESSICO, CARRARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4904/75. Messico, s.d (perv. ore 1,30del 27 agosto 1921).
Telegramma di V.E. n. 1211(1). La costituzione Commissione mista offerta dal Governo messicano risulta di uno
o più delegati dei paesi interessati e di pari numero delegati messicani più un presidente neutrale, importerebbe decisione inappellabile nonchè definitiva. In tali condizioni non vedrei possibilità riservarci ulteriore azione comune con altre potenze. Qualora
V.E. giudicasse preferibile questa azione comune riterrei necessario soprassedere qualsiasi nostra iniziativa. Purtroppo mancanza programma definito Governi spagnuolo, francese ed inglese e la loro continua contraddizione nei riguardi Messico, rischiano stancare presenti sinceri propositi di questo Governo e ridestarne sopita intransigenza.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4924/1043. Londra, 27 agosto 1921, ore 8 (perv. ore 22).
Telegramma di V.E. n. 1206(1).
Mio telegramma n. 1028(2).
Nel mio colloquio di avantieri con Curzon avevo già sviluppato argomenti strategici che esigono assolutamente nostro possesso di Saseno. Oggi ho dichiarato a Leeper, in assenza di Vansittart e con preghiera riferirlo a Curzon che «noi riteniamo occupazione
di Saseno non contraddire alla nostra tesi dell'integrità territoriale dell'Albania e che in ogni caso non l'abbandoneremo mai, né ammetteremo alcun mutamento all'attuale situazione, inoltre consideriamo poco amichevole ogni discussione su Saseno che tenda a mutarne attuale situazione». Dalla risposta Leeper ho compreso che la questione di Saseno è considerata come di minore importanza e che sarà facile intendersi. La grossa difficoltà consiste nel riconoscimento della nostra richiesta relativamente alla vigilanza italiana nell'Albania. A proposito della «attuale situazione» riguardo Saseno sarei grato a V.E. volermi far conoscere se con quella locuzione si intende soltanto lo stato di fatto della nostra occupazione militare oppure lo stato di diritto derivante dalla convenzione italo-albanese di Tirana. Prego telegrafarmi il testo dell'articolo di quella convenzione relativo a Saseno. Inoltre non ricordo se al momento dell'occupazione di Saseno Grecia 1914 o successivi abbiamo fatto una dichiarazione qualunque alle potenze, ovvero se sia intervenuto un decreto di annessione o altro analogo(3).
149 1 Del 24 agosto, non pubblicato.
150 1 Del 24 agosto, trasmetteva a Londra il D. 140.
150 2 Vedi D. 145.
IL DELEGATO PER LA CARAMANIA, TUOZZI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI EUROPA E LEVANTE, LAGO
L. PERS. Rodi, 27 agosto 1921.
Mi rivolgo a lei naturalmente ma pregandola per quella tanta benevola amicizia che mi ha sempre dimostrata di attentamente considerare quello che mi permetto di scriverle.
Oggi siamo ad un bivio: di nuovo si presenta la possibilità di cui non sapemmo approfittare dopo l'armistizio, di sistemarci nella zona, e vorrei che non andasse perduta. Io ho inviato un telegramma a tale scopo(1)ma mi sembra necessario interessare lei a quello che penso.
Le soluzioni finora trovate per una nostra riaffermazione a me sembrano che non siano adatte; sono in ogni caso atti momentanei, dimostrazioni che valgono per l'incidente da risolvere.
Occorre una linea: questa potrà naturalmente subire arresti o deviazioni, ma deve essere delineata e seguita con tenacia. Questa linea è la costituzione degli uffici civili nella zona costituiti gradatamente l'uno dopo l'altro: lavoro enorme per la ricerca del personale e per la sistemazione di essi, ma a me sembra, è la via che a traverso anni e momenti favorevoli ci dovrà dare la zona.
Occorrono certo danari: ma cosa è costata e cosa costerebbe un'occupazione militare invece?
Io cercherei di trovare le persone piadatte, di spendere il meno possibile, di sistemare di persona ogni ufficio, ma bisogna autorizzarmi in via di massima a fare e a fare sollecitamente.
Oltre questa autorizzazione occorrono:
1) un centinaio di carabinieri con i relativi ufficiali concentrati a Rodi. Essi dovrebbero venir divisi per gli Uffici costituendi secondo le possibilità ed i bisogni. È un giudizio di opportunità che non può essere espresso con anticipazione e deve essere lasciato completamente al funzionario qui incaricato della zona il quale deve essere duttile naturalmente.
2) Un ufficio Marina che sovraintenda al movimento r. naviglio a Rodi, a terra, in continuo contatto con l'ufficio per la zona. La Marina qui ha e piancora avrà missione e funzioni politiche, occorre quindi una continua collaborazione. Così come è oggi vi è uno spreco di energie e di danaro per il movimento naviglio con scarsa utilità. Utilissimo mi sembrerebbe che il comandante Valli che ha fatto benissimo fosse posto a capo di questo ufficio.
3) Organizzare i servizi comunicazione (radio, linea di navigazione, servizi automobilistici). E ciò facile e comporterebbe poca spesa secondo il piano che sottoporrei.
4) Che la persona addetta a questa organizzazione abbia maggior latitudine di poteri e la completa fiducia della amministrazione. Se io non fossi questo funzionario, mi si sostituisca, importa poco, ma che l'organizzazione si inizii e si continui con esatta visione della possibilità e delle forze che possono essere adoperate. Se sapesse cosa è costata e cosa costa la disorganizzazione attuale!
Noi dobbiamo riuscire e con i mezzi che possiamo avere oggi a disposizione, ma occorre non perdere possibilità che in politica non si rinnovano sempre. Sono sei mesi, da quando qui fui inviato, che io insisto per questo programma; finora non ho ottenuto nulla. Sarò più fortunato ora? Io temo di no è perciò che io mi rivolgo a lei che ha la mia stessa fede.
Il compito a cui il Ministero esteri dovrà saper fare fronte nella zona è enorme date le deficienze attuali della nostra carriera; ma se si riuscisse sarebbe un esempio nuovo nella storia della colonizzazione. È perciò che io ho bisogno di lei, è perciò che io a lei mi rivolgo(2).
150 3 VediD.161.
151 1 Vedi D. 148. Un altro sollecito nello stesso senso sarà inviato da Tuozzi qualche giorno più tardi all'ambasciata a Costantinopoli e a Faralli ad Adalia, che ne darà notizia al Ministero con T. 3508/477 del 1° settembre.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. POSTA PER CORRIERE 1049. Londra, 27 agosto 1921 (perv. il 2 settembre).
Come ho riferito col mio telegramma n. 1030 del 25 corrente(1), espressi a lord Curzon nei termini prescrittimi col telegramma n. 1187(2) il compiacimento di V.E. per la decisione di questo Governo circa Argirocastro. Lord Curzon mi disse che aveva appunto inteso accostarsi al modo di vedere di V.E. circa le frontiere dell'Albania.
Questa decisione britannica favorevole all' Albar costituisce senza dubbio un successo diplomatico per l'Italia, data la impostazione che il r. Governo dette in origine, presso la Conferenza degli ambasciatori a Parigi, alla questione delle frontiere albanesi.
Ma V.E. mi concederà che io le esprima il parere personale che Argirocastro attribuito all' Albania sarà in avvenire per l'Albania niente altro che una permanente minaccia alla sua compagine, se non alla sua esistenza. Trascurando la discussione se la popolazione di quel distretto sia di razza albanese o greca, vi è il fatto che le simpatie e tendenze di essa sono per la Grecia, o che, per lo meno, quel terreno è specialmente propizio alla propaganda ed agli intrighi della Grecia. Ricordo che due anni sono il colonnello Castoldi, profondo conoscitore dell'Albania, mi diceva che se si facesse un plebiscito, seriamente garantito, col quesito: Grecia o Albania, la popolazione di Argirocastro voterebbe per la Grecia.
Io credo che nel valutare l'avvenire dell' Albar dovremmo tutti (specie quelli che, come me, ebbero per molto tempo ad occuparsene direttamente), fare uno sforzo per mutare la nostra mentalità albanese di prima della guerra. Allora la sicura garanzia di esistenza dell 'Albar consisteva nella concorde volontà, risultante da discordi interessi, dell'Italia e dell'Austria-Ungheria. Ed effettivamente un'Albar vitale («viable» come si diceva allora) era nel campo delle pratiche possibilità. Al giorno d'oggi solamente l'Italia ha un'interesse proprio all'esistenza dell' Albar. Questo nostro interesse potrebbe essere salvaguardato a condizione di trovare un forte appoggio in un sentimento nazionale unanime da parte degli albanesi. Invece l'esperienza insegna il contrario. Ieri i giornali riportavano, non so se con fondamento, che i mirditi in rivolta chiedevano l'appoggio della Grecia. Grecia e Jugoslavia sono oggi altrimenti piforti ed influenti che prima della guerra. Tutte le altre potenze sono per lo meno indifferenti. Non parliamo della Lega delle Nazioni di cui I'Albar fa parte come Stato sovrano. Per tutte queste ragioni io credo che Argirocastro risulterà per l'Albar un elemento serio di debolezza.
Ma vi è un altro lato della questione. Argirocastro all' Albania costituirà un permanente motivo di attrito e malanimo fra Italia e Grecia. L'Italia si troverà sola a difendere l'Albania contro i facilissimi e naturali intrighi greci in quel di Argirocastro. Io non vorrei essere pessimista né sospettoso, ma quando al Foreign Office mi fu comunicata la decisione di attribuire Argirocastro all' Albar pensai: «timeo Danaos et dona ferentes». Ho piena fiducia nella sincerità di Mr Lloyd George quando insisteva nell'opportunità di un nostro accordo coi greci e prometteva il suo intervento moderatore delle esagerazioni elleniche (mio rapporto n. 711 del 29 luglio(3)e mio telegramma n. 966 del 5 corrente(4)). Ma non escluderei che in altri ambienti non si veda con dispiacere, per ragioni di vario genere, il costituirsi di un fomite nuovo d'antagonismo italo-greco.
La questione di Argirocastro ha un terzo aspetto, quello strategico d'interesse italiano. Secondo l'idea inglese va il confine sino a Capo Stylos? A me non risulta esplicitamente, per quanto abbia ragione di credere che sia così. In attesa di conoscere precisamente in quali termini si sia espresso il sig. Temperley a Parigi, mi sono prudentemente astenuto dal suscitare presso il Foreign Office la delicata questione che forse è passata inosservata. Se Capo Stylos resta all'Albar è evidente che un interesse importante strategico italiano
viene salvaguardato appunto per le ragioni esposte nel memorandumdel comandante Conz del marzo 1919. Viene sottratto alla Grecia il dominio delle due coste del Canale di Corfe di una delle imboccature del Canale medesimo. E come diceva il Conz, «nostro interesse non è di stabilirci sulla costa (albanese) ma solo di impedire che sia la stessa potenza quella che possiede Corfe la costa che fa di Corfuna base formidabile».
Pertanto ci troviamo dinanzi a considerazioni strategiche che sembrano in contrasto colle considerazioni attinenti alla compagine albanese, nonché all'avvenire delle relazioni italo-greche. È ormai questione piaccademica che altro, ma per poter pronunciare un giudizio definitivo, se pure ne valesse la pena, occorrerebbe che le nostre autorità navali esaminassero (all'infuori delle necessità polemiche della Conferenza di Parigi del 1919) se e quali effettivi vantaggi strategici possa l'Italia attendersi in caso di guerra dal fatto che il tratto di costa neutralizzata del Canale di Corfsino a Capo Stylos appartenga giuridicamente allo Stato albanese. Dinanzi ad un responso affermativo delle nostre autorità tecniche, non ci sarebbe che inchinarsi e prevedere e provvedere a puntellare la traballante compagine albanese anche da quella parte.
In questo caso la considerazione dei rapporti italo-greci dovrà passare certamente in seconda linea, ma se non mi appongo male, il corso degli eventi in Asia Minore ci conduce alla necessità pratica di venire ad un'intesa colla Grecia per l'Anatolia. Come tutte le intese di questo mondo, esse riescono bene o riescono male a seconda del momento che si sceglie per negoziarle. Alcuni sostennero che il momento opportuno fosse la primavera scorsa. Ma ... i profeti non hanno mai avuto fortuna.
151 2 Con T. s.n. del 3 settembre Torretta approverà poi l'idea dì istituire nuovi uffici civili in Anatolia, attendendo perla fine dell'attuale fase del conflitto.
152 1 Non pubblicato.
152 2 Vedi D. 133.
152 3 Non rinvenuto.
152 4 Vedi D. 102.
IL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5030/3449/4730. Adalia, 28 agosto 1921, ore 21 (perv. ore 23,30 del 31).
Ho telegrafato al r. ambasciatore(1)quanto segue:
«Telegramma ministeriale 1216(2).
Qualora sia intendimento r. Governo non occupare in qualsiasi eventualità nostra zona d'influenza e non si voglia nemmeno cooperare caduta regime kemalista a noi sfavorevole mi sembra convenga mantenerci estranei competizioni locali. Nel caso opposto mi sembra invece convenga insistere copertamente ma efficacemente ogni movimento separatista purchè a capo di esso si trovino persone a noi favorevoli e purché da eventuale nuovo Governo siano esclusi elementi kemalisti.
Non è infatti da escludere che Mustafa Kemal, che distacca materialmente Anatolia meridionale da Governo centrale, qualora si verifichi qui solamente ( ...) o cerchi mantenere questa regione con un Governo ufficialmente indipendente ma a lui devoto il quale chieda nostra protezione per difendersi dai greci sicuro che una volta passato il pericolo
noi ritireremmo le poche truppe inviate. Favore codesto ambiente nazionalista turco per costituzione Governo provvisorio valle Meandro mi fa sospettare pochi (manca) mi permette dubitare del loro antikemalismo e sospettare soprattutto della loro italofilia. L'aiuto a un movimento diretto a costituire un Governo provvisorio limitatamente a valle Meandro ci compromette militarmente e inutilmente. Se dobbiamo favorire un movimento esso deve essere esteso a tutta zona nostra e deve tendere a chiedere o nostra occupazione defuiva o ritorno sotto Governo Costantinopoli. Inutile dire che una nostra azione nel senso predetto presuppone una vittoriosa avanzata greca su Konia».
153 1 Si tratta evidentemente dell'ambasciatore a Costantinopoli, Garroni.
153 2 Vedi D. 142.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4951/542. Costantinopoli, 29 agosto 1921, ore 21,30 (perv. ore 1,30 del 30).
Concordo pienamente col modo di vedere di V.E.(1) e considerarsi addirittura pericolosa costituzione governo separato zona Meandro. Mi ero già astenuto pertanto dal dare a Faralli istruzioni proposte da Fusoni(2). Ritengo ci convenga in ogni modo mantenersi semplicemente spettatori delle locali contese politiche nella incertezza attuale dell'esito conflitto greco turco, accontentandoci cercare assicurarci mantenimento nostra posizione coi mezzi a nostra disposizione. Qualora poi si determinasse spontaneamente un distacco di parte del territorio della nostra zona da Angora per mancanza di comunicazioni e per movimenti locali, riterrei piuttosto conveniente per noi assecondare discretamente e con molto tatto l'automatico ritorno di quella provincia alla dipendenza da Cospoli il che risponderebbe alla nostra politica generale di unità Turchia senza pregiudicarci eventualmente di fronte nazionalisti.
Comunicato Rodi Adalia Sokia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A VIENNA, BUCAREST, PRAGA, BELGRADO E BUDAPEST
T. 1234. Roma, 29 agosto 1921, ore 24.
(Per Budapest) Telegrammi di V.E. nn. 450, 457 e 458. (Per tutti meno Budapest) Il r. ministro a Budapest telegrafava in data 27 quanto segue: (telegramma n. 450 da «Commissione Generali» a «presso Presburgo»)(1).
Lo stesso ministro in data 29 telegrafava ancora:
(telegramma 457)(2).
A questo telegramma il principe di Castagneto faceva seguire in pari data quest'altro:
(telegramma 458)(3).
(Per tutti meno Praga e Belgrado) Ho subito telegrafato a Praga e Belgrado nei termini seguenti:
(Per tutti) Voglio ancora sperare che segnalato inizio invasione Comitati da parte jugoslava sia un semplice incidente di frontiera. Ad ogni modo prego richiamare nella maniera più seriaattenzione di codesto Governo su gravi conseguenze a cui si esporrebbe per qualsiasi azione diretta contro Ungheria da nulla giustificata nelle attuali circostanze.
Ella potrà dichiarare che sono disposto prendere presso i nostri alleati iniziativa per energica azione onde costringere Governo ungherese leale completa esecuzione trattato pace anche per quanto riguarda Comitati occidentali: ma non potrei ammettere quasiasi iniziativa che tenda a mutare, anche temporaneamente, situazione territoriale voluta da Trattati di Trianon e San Germano.
Cordiali rapporti esistenti fra Italia e codesto Governo e spirito degli accordi e delle intese esistenti mi danno il diritto di confidare che non verrà creata a nostra insaputa una situazione atta a turbare tali buoni rapporti.
Debbo inoltre osservare che Governo austriaco, solo interessato al trapasso dei Comitati, non si è ancora rivolto alle grandi potenze. Tanto piquindi minaccia intervento Jugoslavia e Czecoslovacchia, ove si delineasse in maniera effettiva, non potrebbe non sollevare contro di loro l'opinione pubblica europea.
Alla S.V. poi non sfuggirà che l'Italia non potrebbe per parte sua mai ammettere che Jugoslavia e Czecoslovacchia, prendendo a pretesto le tergiversazioni ungheresi nei riguardi dell'Austria, operino il loro congiungimento attraverso i Comitati.
Inspirandosi a quanto precede V.S. vorrà agire presso codesto Governo in modo amichevole ma fermo allo scopo prevenire finchè si è in tempo il pericolo di una situazione gravida di minaccia ed assolutamente intollerabile per noi.
154 1 Vedi D. 142. Sull'argomento vedi anche D. 153.
154 2 Vedi D. 130.
155 1 Il passo citato fa riferimento all'occupazione di alcuni villaggi dell'Ungheria occidentale da parte di truppe S.H.S. e al concentramento di truppe cecoslovacche presso Presburgo.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE SOCCORSI ALLA RUSSIA, COLONNA DI CESARÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. PERS. Roma, 29 agosto 1921.
Conferitomi il mandato di far parte della delegazione italiana a Parigi per i soccorsi internazionali alla Russia, ho naturalmente considerato a lungo l'oggetto dell'incarico
affidatomi. E ho visto che esso pulimitarsi in un campo ristretto o assurgere a maggiore importanza, a seconda delle vedute che ha il Governo italiano in ordine alla portata immediata e futura dell'opera di soccorso.
Occorre dunque che la delegazione riceva istruzioni precise. Mi permetto quindi di accluderti un esposto, nel quale prospetto tutta la materia della questione, quale io la vedo.
ALLEGATO
L'opera del Comitato che, per deliberazione al Consiglio Supremo, dovrà nei primi di settembre adunarsi a Parigi per discutere e decidere in ordine all'organizzazione internazionale di soccorsi per la Russia, purisolversi in un'azione di grande semplicità e di poco interesse per l'Italia, o al contrario diventare il principio di un'azione di notevole importanza per la sua portata politica ed economica. In conseguenza anche l'opera della delegazione italiana potrà ridursi a un semplice atto di associazione a quanto stabiliranno le delegazioni di nazioni piricche e pidell'Italia capaci di recare soccorsi efficaci, o invece dovrà informarsi a direttive proprie e a vedute precise e prestabilite.
Fermo infatti restando il principio, stabilito dal Consiglio Supremo, che l'azione di soccorso e di assistenza alla Russia dev'essere tenuta sul terreno della solidarietà umanitaria, senza alcun colore di critica e polemica contro il regime attualmente ivi esistente, è evidente che tale azione può essere di duplice natura: puconsistere in un invio immediato di generi alimentari e medicinali e in una immediata organizzazione tecnica di soccorso sanitario (ed è a questo fine che nella delazione italiana si trova opportunissimamente il presidente della Croce Rossa Italiana) e puanche allargarsi fino a offrire alla Russia il mezzo di procurarsi i generi necessari per fare fronte alla carestia e alle epidemie.
Nel primo caso, si rimane nel campo puro della beneficenza, ma è chiaro, che per quanto possa essere grande il cuore umano, e buona la volontà delle nazioni soccorritrici, gli invii e le offerte resteranno sempre di gran lunga inferiori al fabbisogno non varranno a risolvere il problema che domani tornerà a presentarsi; l'Italia poi in particolar modo, per la sua minore ricchezza in confronto di altre nazioni, e per la scarsezza di disponibilità sarebbe costretta a far misera figura.
La delegazione italiana non avrebbe che da mettersi al seguito delle altre, e non potrebbe battersi che per ottenere autonomia di azione -entro il campo che le verrà assegnato -alla Croce Rossa.
Nel secondo caso le conseguenze sarebbero ben diverse. Si tratterrebbe di permettere al Governo russo, o a chi per esso, di acquistare presso le nazioni soccorritrici tutti quei generi che sono necessari per far fronte al disastro della fame e della malattia, e in quella quantità che si riterrà sufficiente. Si tratterebbe anzi da agevolare la Russia in questi acquisti, sia a mezzo di crediti, sia offrendo garanzie presso i produttori, sia ancora procurando alla Russia il modo di acquistare a prezzi di favore.
In questo caso, l'opera di soccorso, non solo riuscirebbe più utile ed efficace ma diverrebbe germe di future proficue relazioni commerciali.
L'Inghilterra e la Francia pur insistendo sulla natura puramente umanitaria dell'opera di soccorso, lasciano da segni non dubbi intravedere che non intendono trascurare la possibilità di giovarsi della beneficenza per realizzare qualche utile.
Il suggerimento fatto da Lloyd George nel Consiglio Supremo, di acquistare, per i soccorsi, generi alimentari occultati in Russia stessa, inducendo i contadini a cederli mediante scambio con manufatti, rivela come nel pensiero del premier inglese sia già l'idea di avviare scambi sotto la veste della carità.
Del pari la scelta dei delegati francesi, e particolarmente del sig. Noulens, presidente del sindacato dei creditori della Russia, è indizio del proposito della Francia di trar qualche profitto dall'opera umanitaria, a cui si accinge a concorrere.
Sarebbe peccato non fare seguire uguali criteri all'Italia, tanto più chein questo campo essa si troverebbe forse in più favorevole situazione.
Va infatti tenuto presente che le regioni pigravemente colpite dalla fame e dalle epidemie sono quelle del Volga, e della Russia meridionale, cioè le provincie che attraverso il Mar Nero gravitano sul Mediterraneo e rientrano nella possibilità di azione piparticolarmente italiana. Male provvederebbe a sé stessa l'Italia, se lasciasse che sotto la ragione dell'assistenza altri Stati con scopi espansionisti o imperialisti mettessero piede nel Mar Nero precludendo la via alle nostre legittime e naturali aspirazioni che sono di ordine prettamente economico.
Le comunicazioni con i porti del Mar Baltico sono già monopolizzate da una società creata dalla Hamburg-Amerika, cioè con capitale americano tedesco, in cui figura naturalmente anche lo Stinnes.
Sarebbe grave per l'Italia, se di fatto altri riuscisse a monopolizzare i traffici col Mar Nero. Se il Governo italiano, dunque stabilisse che si debba agire perché l'Italia tragga dall' opera di assistenza delle possibilità di natura economica, essa si troverebbe in condizioni favorevoli.
Difficilmente infatti il governo dei soviety permetterà che operi con grande larghezza in Russia un comitato di soccorso, il quale, per quanto internazionale, abbia la sua sede a Parigi, e nel quale si trovino delegati francesi, e proprio quei delegati francesi che sono stati nominati: il Noulens, presidente del sindacato dei creditori della Russia, il Giraud, presidente della Camera di commercio francese a Mosca, cioè un altro rappresentante degli interessi francesi antibolscevichi, il Pau elemento militare di primissimo ordine. La Francia è pur sempre la nazione che chiede a ogni piè sospinto il riconoscimento da parte dei soviety dei debiti della Russia czarista, che ha mantenuto l'esercito di Wrangel, che ha conchiuso l'alleanza militare con Pilsudsky e che si sforza di mandar nuovi contingenti in Alta Slesia, sulla via della Russia. Il segretario della delegazione francese poi è Peschkof, il figlioccio di Gorky, agente di informazioni, (i russi dicono: spia) controrivoluzionario. I soviety non consentiranno che questi elementi notoriamente e attivamente antibolscevichi prendano piede in Russia, e dal loro punto di vista agirebbero con ragionevole prudenza e previdenza.
L'opera di assistenza alla Russia, pertanto, se dovrà essere efficace e reale dovrà comunque svolgersi per quanto possibile al di fuori del Comitato internazionale; e quindi comunque, anche quando ci si voglia attenere al solo criterio umanitario, converrà ridurre quanto pisi potrà l'unità di azione, e tentare di lasciare ad ogni nazione autonomia di lavoro.
Questa autonomia è poi indispensabile, se si vuole aver modo di svolgere attraverso l'assistenza un'azione di natura economica.
Un nostro intervento isolato e attivo è anche di garanzia per la Russia che ha dichiarato ripetutamente di apprezzare lo spirito non capitalistico al quale si è sempre ispirata la politica italiana nei suoi riguardi.
Grande vantaggio l'Italia potrebbe trarre se, come azione di Governo, si mettesse sulla via di concretare le relazioni economiche con la Russia. Già altre volte l'Italia ufficiale ha preso l'iniziativa di consigliare la détente con la Russia, ma nel campo della realizzazione di questo programma si è poi lasciata superare da altre, perdendo così i vantaggi morali del suo gesto.
Data la maggior facilità per l'Italia di trar, dall'opera di soccorso, occasione di avviare relazioni commerciali con la Russia, queste relazioni dovrebbero per il momento subordinarsi al bisogno della Russia. Come sopra si è detto, occorrerebbe agevolare la Russia nell'acquisto in Italia di generi che le occorrono urgentemente per combattere carestia e malattie.
Tali agevolazioni potrebbero consistere in apertura di crediti al Governo russo, nel prestar garanzia ai produttori per il prezzo delle merci che venderanno, nel procurare alla Russia il mezzo di acquistare manufatti a prezzi vantaggiosi.
Tutta questa è materia che esula dal tema di questo esposto. Occorre perrilevare quanta importanza un siffatto avviamento di traffico con la Russia potrebbe avere nell'attenuare la gravità della presente crisi agricola e industriale in Italia.
L'Italia infatti che, come Governo, potrebbe soltanto dare alla Russia non forti partite di riso e di medicinali, come produzione agraria puoffrire in rilevante quantità due generi che proprio la Russia richiede: agrumi e vino, due generi cioè, che, per i ribassi dei prezzi, stanno attraversando una crisi fortissima.
Così per quanto riflette manufatti, non si deve trascurare l'elemento morale della collaborazione volontaria che si potrebbe ottenere dalla classe operaia, quando essa sapesse di lavorare per conto della Russia. Non difficilmente essa consentirebbe a lavorare a condizioni meno onerose, quando fosse convinta che del minore compenso dato al suo lavoro non profitterebbero gli azionisti, ma il popolo russo.
Data questa possibilità, che attenuerebbe il ritmo con cui per la crisi imperante si vanno quotidianamente chiudendo fabbriche e licenziando maestranze, appare assai probabile che una vendita a credito alla Russia, con garanzie da convenirsi possa per l'Italia riuscire ben piconveniente del sistema dei sussidi di disoccupazione, che minacciano di andar occupando un posto sempre pigravoso, nel bilancio dello Stato, con effetto nettamente passivo e a fondo perduto.
Perché la delegazione italiana abbia dunque modo di regolarsi, occorre che le sia detto in maniera precisa quali siano le vedute del Governo in ordine alla portata da dare all'opera di assistenza alla Russia.
Perché se si dovesse mirare a cogliere occasione di tale assistenza per avviare delle relazioni economiche nell'interesse reciproco dell'Italia e della Russia, è chiaro, prima ancora di discutere sui modi di organizzare i soccorsi e sul contributo da dare ai medesimi, la delegazione dovrebbe a Parigi agire per far trionfare il principio della autonomia dalle singole nazioni nella organizzazione dei propri soccorsi e gli accordi internazionali dovrebbero limitarsi a determinare la sfera di azione di ciascuna nazione, in guisa da evitare duplicazioni, interferenze e consimili inconvenienti.
155 2 Con tale telegramma Castagneto riferiva un messaggio telegrafico del gen. Ferrario da Sopron sull'attività di partigiani armati.
155 3 Con il quale Castagneto informava delle dimissioni del ministro degli esteri ungherese, dopo l'arresto delle operazioni nei Comitati ordinato dal presidente del Consiglio.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO
T. 1237. Roma, 30 agosto 1921, ore 17.
Telegramma di V.S. n. 200(1).
Dalla precedente corrispondenza la S.V. avrà rilevato che come era naturale il Governo ungherese si è rivolto prima che ad ogni altro al Governo italiano per conoscere sue intenzioni circa eventuale domanda di ammissione alla Società delle Nazioni. All'incaricato di affari d'Ungheria che per ordine del suo Governo mi aveva rivolto in modo preciso analoga domanda non avevo esitato a rispondere che richiesta del Governo ungherese non poteva essere da noi appoggiata perché prematura consigliando nello stesso tempo di non inoltrarla o se inoltrata di non insistervi. Contemporaneamente informai di questa mia maniera di vedere i rr. rappresentanti presso i Governi della Piccola Intesa ed i rr. ambasciatori a Londra e Parigi(2). Ho poi dato nello stesso senso le opportune istruzioni al marchese Imperiali il quale dietro mio invito si adoprerà a Ginevra presso i suoi colleghi delle grandi potenze perché la questione dell'ammissione dell'Ungheria alla Società delle Nazioni non venga per ora sollevata. Italia dunque com'era naturale ed opportuno aveva già presa in proposito iniziativa alla quale il signor Beneš potrà conformare la sua azione.
Odierno atteggiamento del Governo di Budapest nella questione dell'Ungheria occidentale è venuto a giustificare pienamente mia decisione già da tempo presa.
La S.V. vorrà esprimersi in tal senso con codesto Governo(3).
157 1 Del 28 agosto, non pubblicato.
157 2 T. 1220 del 25 agosto, non pubblicato.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 4995/513. Vienna, 30 agosto 1921, ore 21 (perv. ore 11 del 31).
Mio telegramma Il. 505 (1).
Salvago Raggi risponde quanto segue:
«Riterrei preferibile evitare pubblicazione testo Convenzione artistica. Ad ogni modo se r. Governo vi consente è necessario essa non avvenga che dopo ultimata consegna di tutti gli oggetti. Credo opportuno poi che commento con cui Governo austriaco intende accompagnarla sia concretato d'accordo con V.S. che vorrà specialmente evitare sia fatto cenno alle trattative svoltesi fra queste e le altre delegazioni alla Commissione riparazioni per loro adesione all'esecuzione della Convenzione e percisarei grato a V.E. se prima avvenga eventuale pubblicazione volesse comunicarmi testo commenti proposto; era cosa intesa che la pubblicazione della Convenzione non potesse avere luogo in alcun caso che a consegna tutta ultimata. Eguale intesa era che mi sarebbe stato preventivamente sottoposto il testo del commento».
Senza opinione espressa da Salvago Raggi mi propongo di rispondere a questo Ministero affari esteri che ancora ieri me ne ha sollecitato che r. Governo ritiene preferibile soprassedere alla pubblicazione della Convenzione ma che è disposto a concordare un comunicato se Governo austriaco lo ritiene utile.
Prego telegrafarmi se V.E. approva(2).
157 3 Copia di questo telegramma fu inviata alle ambasciate a Parigi e Londra, alle legazioni a Budapest, Bucarest, Belgrado e Vienna e alla delegazione italiana alla Lega delle Nazioni a Ginevra, con T. 1256 del l° settembre, che riferiva il T. 200 del 28 agosto da Praga. Per il delegato italiano alla S.d.N. Torretta aggiungeva: «Prego V.E. prendere opportuni accordi preliminari codesti delegati Piccola Intesa e presentire delegati altri paesi circa punto di vista e di procedere prospettato da Beneš prendendo anche con esso, che dovrebbe trovarsi costà, opportuni contatti. Credo opportuno aggiungere che domanda ammissione Ungheria viene assolutamente inficiata sua attuale azione Comitati occidentali che chiaramente denota mancanza buona fede magiara».
158 1 Del 26 agosto, con il quale Biancheri riportava un suo telegramma a Salvago Raggi sulla questione del ritiro di oggetti artistici da Vienna, nonché sulla richiesta del Governo austriaco di pubblicare «con opportuni commenti» il testo della convenzione artistica.
158 2 Con T. 1258 del 2 settembre Torretta approvava le direttive di Salvago Raggi, alle quali chiedeva a Biancheri di uniformarsi. Con T. 6169/620 del 17 ottobre Biancheri avrebbe poi comunicato di aver proceduto al ritiro del materiale archivistico e artistico di interesse italiano, avendone il Consiglio dei ministri austriaco approvato il trasferimento all'Italia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A BUDAPEST, BUCAREST, BELGRADO E VIENNA
T. 1241. Roma, 30 agosto 1921, ore 24.
(Per tutti) Mio telegramma n. 1234(1). (Per tutti meno Parigi e Londra) Ho telegrafato ai rr. ambasciatori a Parigi e Londra nei termini seguenti:
(Per tutti) Nota del conte Bethlen in data 28 che sarà già nota a codesto Governo anmmziante sospensione evacuazione Comitati occidentali perché jugoslavi non hanno ancora completamente sgombrata Baranja né firmato relativo verbale e perché non trova soddisfacenti decisioni Commissione austriaca affari esteri del 27 corrente nonché scontri avvenuti nei Comitati per opera bande e forze truppe ungheresi dimostrano ancora una volta che Governo magiaro cercava pretesti per venir meno esecuzione trattato di pace. Considero estremamente pericolose queste tergiversazioni ungheresi che rischiano creare una minacciosa situazione nell'Europa centrale ove non siano prontamente represse. Avendo potenze alleate fatto un passo comune a Belgrado per vincere la riluttanza del Governo jugoslavo alla evacuazione Baranja parmi che a ben maggior ragione grandi potenze debbano ora intervenire presso Governo magiaro manifestando concordemente loro reciso proposito pretendere trasferimento all' Austria Comitati occidentali. Poiché Ungheria ha lasciato entrare in vigore Trattato Trianon senza concludere trattative già aperte con Austria per eventuale rettifica frontiere è d'uopo ora che trapasso avvenga secondo disposizioni trattato. Ciò nonimpedirà che due potenze interessate possano continuare più tardi trattative quando territorio sarà occupato da austriaci.
A mio avviso dato pericolo intransigenza magiara ed agitazioni che ne derivano non solamente in Ungheria ed in Austria ma negli Stati confinanti nei quali la propaganda ungherese e la conseguente reazione locale continuano ad esercitarsi è indispensabile che passo comune a Budapest avvenga senza alcun ritardo ed abbia carattere eccezionalmente fermo. Sarà bene prevedere fin da ora minaccia rappresaglia in caso resistenza. Sulla natura di queste rappresaglie potrebbe intanto addivenirsi ad un rapido scambio di vedute. Io credo che potrebbero essere di indole economica. Dato temporaneo scioglimento Conferenza degli ambasciatori reputo che istruzioni ai rappresentanti Francia Inghilterra ed Italia a Budapest possano essere loro direttamente date dai tre Governi.
Prego mettersi subito contatto con codesto Governo e telegrafarmi sue intenzioni. Per parte mia telegrafo senzaltro principe di Castagneto agire nel senso indicato presso Governo ungherese, o se occorre, presso Horty, non appena suoi colleghi abbiano ricevuto analoghe istruzioni.
(Per tutti eccetto Budapest) Ho aggiunto, indirizzandomi al principe di Castagneto:
(Per tutti) V.S. vorrà ispirarsi a quanto è sopra esposto risolutamente(2).
159 1 Vedi D. 155.
159 2 Con T. 5007 /464 del 31 agosto il delegato alla Conferenza degli ambasciatori, Garbasso, riferiva poi di tre progetti di nota della Conferenza stessa rispettivamente per i Governi ungherese, serbo e austriaco.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A PARIGI, BONIN
T. 1243. Roma, 30 agosto 1921, ore 24.
(Per Londra) Telegramma di V.S. n. 1010(1).
Ordine del giorno prossima riunione Assemblea Società Nazioni è iscritto appello Fan Noli relativo incompetenza Conferenza ambasciatori prendere decisioni circa Albania. Punto di vista r. Governo è che decisione Consiglio debba essere mantenuta sostenendo quindi che questione albanese rimanga deferita Conferenza ambasciatori. Prego V.E. presentire codesto Governo se concorda nostro modo di vedere. Ordine del giorno Consiglio Società Nazioni reca lettera Governo albanese per protestare contro azione jugoslava al nord nonché esame questione minoranze. Quanto al primo punto
r. Governo non ha difficoltà associarsi a quelle decisioni che potranno essere prese in favore Albania; quanto al secondo punto ritengo sarebbe preferibile rimettere discussione dopo determinazione frontiere.
(Per Parigi) Ho telegrafato quanto segue a De Martino: (vedi telegramma come sopra). Prego V.E. voler presentire anche codesto Governo su quanto sopra.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1240. Roma, 31 agosto 1921, ore 24.
Mio telegramma n. 1206(1) e telegramma di V.E. n. 1043(2).
R. ambasciata a Parigi telegrafa quanto segue: (riprodurre telegramma di collezione n. 4915)(3). Richiamo ad ogni buon fine attenzione di V.E. su comunicato Agenzia Reuter del
25 corrente relativo Saseno che conclude dicendo:
«L'Italia non pupretendere legittimamente attribuzione di questa isola in virttrattato di Londra del 1915 dato che questo trattato venne annullato dalla stessa Italia per il fatto che essa ha firmato più tardi il trattato di Rapallo con la Jugoslavia».
Pur tenendo presente contenuto telegramma di V.E. n. 1043 sarà utile far rilevare a codesto Governo inopportunità di siffatte pubblicazioni atte a creare malintesi nella opinione pubblica dei due paesi.
Confermando poi deciso punto di vista del r. Governo relativamente Saseno in conformità mio telegramma n. 1206 sarà bene porre nettamente in chiaro che trattato di Rapallo non ha alcun rapporto con la questione albanese in generale e con quella di Saseno in particolare. La situazione diplomatica tra l'Italia e gli Alleati a riguardo dell'Albania permane tuttora quella contemplata dal patto di Londra e dalle discussioni seguite all'armistizio. L'Italia nonostante posizione di preminenza riconosciutale dagli Alleati in Albania ha preso spontaneamente iniziativa di costituire Stato albanese indipendente, perin attesa che detto Stato si realizzi e si consolidi non rinunzia ai formali impegni assunti dagli Alleati a suo riguardo circa Albania. È in forza di tali impegni che Italia conserva possesso di Saseno unico punto strategico a cui abbiamo ristretto nostra difesa nel basso Adriatico per favorire integrità territoriale Albania ed a cui non possiamo rinunziare sia che Stato albanese si faccia sia che non si faccia. Protocollo Tirana(4)non riguarda Alleati ma Italia ed Albania che con esso intesero regolare questioni derivanti da rimpatrio nostre truppe da Albania in seguito smobilitazione epperintendiamo che protocollo Tirana non ha alcun valore a modificare situazione diplomatica con Alleati. Detto accordo all'articolo 2 dice: «Governo italiano per dare prova dei suoi sentimenti di rispetto della sovranità albanese su Valona e della integrità territoriale dell'Albania farà rimpatriare le truppe italiane attualmente dislocate a Valona e suo litorale e nel resto dell'Albania eccezione fatta per l'isola di Saseno». Questa stipulazione rimane di base per regolare questione Saseno unicamente tra noi e gli albanesi. Nei riguardi degli alleati ripeto possesso italiano di Saseno è giuridicamente fondato sul patto di Londra e perciriteniamo che tale possesso non possa essere messo menomamente in discussione senza far cosa contraria ai nostri rapporti di alleanza e di cordiale amicizia.
160 1 Del 21 agosto, non pubblicato.
161 1 Vedi D. 150, nota 1.
161 2 Vedi D. 150.
161 3 Vedi D. 140, nota 1.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 1247. Roma, 1° settembre 1921, ore 1.
Portando a conoscenza codesto Governo iniziativa da noi presa per energico passo da parte rappresentanti grandi potenze a Budapest per costringere Governo ungherese osservanza Trattato Trianon ed evacuazione Comitati occidentali(1)non mancherà a
V.S. modo ammonire codesto Governo che molto male provvederebbe propri interessi se cedendo impulso risentimento invocasse o tollerasse intervento Jugoslavia e Czecoslovacchia. Delle complicazioni che indubbiamente ne deriverebbero prima vittima
sarebbe Austria che più tardi incontrerebbe certo ben maggiori difficoltà far uscire dai territori contestati truppe dei due vicini Stati slavi che non ora le bande magiare. V.S. vorrà opportunamente ricordare che conformemente precedenti nostre dichiarazioni Governo italiano non potrebbe ammettere tale eventualità a tutela propri ovvii interessi.
161 4 Con il protocollo preliminare di Tirana, del 2 agosto 1920, l'Italia si impegnava a sgombrare Valona, limitandosi a mantenere l'occupazione militare dell'isola di Saseno. Conservava inoltre il distaccamento a Scutari che aveva, in base all'armistizio, valore di occupazione interalleata. In un successivo colloquio con Castoldi, il presidente Vrioni avrebbe osservato a questo proposito: «Notificazione protocollo Tirana alla Società delle Nazioni avvenne senza istruzioni Governo, ma era indispensabile per difendersi da dichiarazioni delegati greci e serbi. Articolo 8 prevedeva tale uso» (T. 5848/2859 di Castoldi del 4 ottobre).
162 1 Vedi D. 159.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA E PARIGI E ALLE LEGAZIONI A BUDAPEST, VIENNA, PRAGA, BELGRADO E BUCAREST
T. 1259. Roma, 2 settembre 1921, ore 2.
(Per Budapest) Telegramma V.S. n. 468(1).
Non posso celare che l'adesione data da V.S. al telegramma inviato dall'alto commissario francese al presidente della Conferenza degli ambasciatori(2)contraddice a tutto il nostro orientamento nella questione dei Comitati occidentali ed ai nostri interessi.
(Per tutti meno Budapest) Il r. ministro a Budapest telegrafa quanto segue:
(telegramma n. 468)(1).
A questo telegramma ho così risposto:
(Per tutti) Ella conosce dai miei precedenti telegrammi la direttiva che il r. Governo intende seguire. Accettare qualsiasi discussione su proposizioni non formulate dall'Ungheria finora significa esautorare le grandi potenze che si sono rese garanti davanti all'Austria ed in genere davanti agli Stati successori della piena esecuzione dei trattati di pace, spingere l'Austria a cercare protezione in alleanze innaturali, tentare gli Stati vicini che si sentono minacciati dalla irriducibile turbolenza magiara a dare sfogo ai loro sentimenti e sopratutto offrire il pretesto a quell'intervento ceco-jugoslavo al fine di operare il loro congiungimento attraverso il territorio contestato, che dobbiamo impedire in qualsiasi modo.
Se per raggiungere la concordia di azione con i suoi colleghi di Francia ed Inghilterra ella deve venire meno a questa linea di condotta ella purompere ogni solidarietà e dichiarare praticamente esaurito il compito della Conferenza dei rappresentanti delle potenze alleate. Se invece ella, giovandosi delle istruzioni che spero ottenere siano inviate ai suoi colleghi dai rispettivi Governi, puottenere la loro adesione sincera alla linea di condotta che le ho tracciata, allora naturalmente è utile che la cooperazione continui e sia anzi la pistretta possibile.
Non è, a mio avviso, conveniente un passo a Vienna perché assolutamente ingiustificato.L'Austria è in questo caso vittima della prepotenza ungherese. D'altra parte non credo nemmeno che sia in suo potere di accordare all'Ungheria quelle garanzie
creditorie che essa pretende. L'Austria non ha mai disposto delle sue risorse le quali sono interamente ipotecate a favore delle grandi potenze cui sono stati riconosciuti diritti di riparazione: oggi che la riorganizzazione della finanza austriaca è stata affidata, con grave sacrificio anche nostro, ad un organo internazionale, credo che anche minore sia la facoltà dell'Austria di disporre delle sue attività.
Potrà forse concertarsi un passo a Belgrado nel senso indicato. Osservo perche, secondo le ultime informazioni, la controversia territoriale per la Barania si riduce ad una contestazione cartografica di non grande importanza. Ad ogni modo non si pucerto intervenire a Belgrado quasi in ubbidienza ad una minaccia ungherese: e comunque sarebbe forse il caso di invitare la Jugoslavia, dopo regolata la contestazione cartografica, a ritardare l'evacuazione definitiva fino al momento in cui l'Ungheria avrà per parte sua evacuato i Comitati occidentali. Non èpoi da sorprendere che la monarchia S.H.S. rifiuti di firmare il protocollo finale, visto che l'avventura in cui l'Ungheria si sta cacciando puoffrirle l'opportunità di rioccupare quei territori che tanto a malincuore aveva abbandonato.
Superfluo dire che noi non pensiamo di adoperare la forza delle armi per costringere l'Ungheria alla esecuzione del Trattato del Trianon; ed è anzi per evitare una conflagrazione bellica, che si svolgerebbe con sicuro danno ungherese, ma forse anche nostro, che noi prendiamo l'iniziativa di un energico intervento delle grandi potenze a Budapest. Non mancherà certo alla Missione militare interalleata, ed occorrendo, alle potenze alleate, il modo di mettere in azione rappresaglie coercitive pienamente efficaci. Naturalmente i generali che compongono la Missione militare a Sopron e tutti i componenti di essa debbono restare al loro posto. Per sua personale informazione aggiungo che nell'assumere questo deciso atteggiamento il r. Governo si preoccupa assai meno della questione dei Comitati nella sua sostanza che non della questione di principio. A noi importa relativamente poco che i Comitati siano austriaci od ungheresi e quindi se, dopo avvenuto il trapasso, sarà possibile riaprire un'amichevole discussione fra i due Stati confinanti noi, come abbiamo già fatto in passato, saremo ben lieti di assumerci il compito di disinteressati conciliatori; ma ci importa invece molto di assicurare l'esecuzione severa dei trattati e di evitare le complicazioni che si prevedono gravi e pericolosissime.
(Per Parigi e Londra) Prego V.E. adoperarsi con ogni impegno presso codesto Governo per ottenere la sua adesione al nostro punto di vista.
163 1 Del 30 agosto, riferiva della adesione al telegramma inviato dall'alto commissario francese a Budapest alla Conferenza degli ambasciatori.
163 2 Il telegramma al presidente della Conferenza degli ambasciatori proponeva iniziative amichevoli dei rappresentanti alleati a Budapest, a Vienna e a Belgrado per risolvere pacificamente la controversia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A VIENNA, PRAGA, BELGRADO, BUCAREST E BUDAPEST
T. 1263. Roma, 2 settembre 1921, ore 15.
(Per tutti meno Parigi) Il comm. Garbasso telegrafa da Parigi quanto segue: (telegramma n. 464)(1).
Ho risposto nel modo seguente:
(Per Parigi) Telegramma di Garbasso n. 464.
(Per tutti) I miei precedenti telegrammi precisano la linea di condotta che il r. Governo si è proposto per la risoluzione dell'attuale conflitto Comitati occidentali e ragioni generali e nostre particolari che l'hanno dettata.
Se ho proposto che si sostituisse l'azione diretta dei Governi alleati a quella della Conferenza ambasciatori attualmente disciolta si è per conferire al passo da fare a Budapest quel maggior prestigio che giudico indispensabile per vincere la torbida ostinazione del Governo magiaro. Desideravo perciò che invece di comunicarmi le proposte quasi burocratiche della Segreteria della Conferenza degli ambasciatori, mi fosse reso noto l'atteggiamento di codesto Governo. Il quale del resto non potrà stupirsi della particolare sensibilità italiana in questa occasione, essendo ovvio il nostro interesse preminente in tutto ciò che concerne l'assetto degli Stati successori dell'ex monarchia.
Ciò premesso esamino le tre proposte enunciate.
La nota da consegnarsi dai tre ministri alleati a Budapest deve, a mio avviso, essere concisa, rifiutare ogni discussione su proposizioni formulate dall'Ungheria all'ultimo momento e che con manifesta evidenza mirano a sottrarla alla pura e semplice attuazione delle clausole territoriali dei trattati di Trianon e di San Germano. Indulgendo alle tergiversazioni dell'Ungheria si creerebbe un'atmosfera di malessere favorevole al fermento di passioni che sarebbe più tardi difficile padroneggiare. Quanto alla minaccia di rappresaglie la riterrei prematura se la nota sarà concepita in termini sufficientemente recisi e perentori.
La nota al Governo jugoslavo dovrebbe, a mio parere, tendere ad una rapida risoluzione dell'attuale controversia, salvo attuazione materiale e firma definitiva del verbale a dopo l'evacuazione dei Comitati da parte dell'Ungheria. È questo uno dei mezzi di pressione sul Governo magiaro. Io anzi avrei ritenuto pilogico che fin dal principio si subordinasse il regolamento delle questioni territoriali a favore dell'Ungheria al regolamento preventivo da parte sua delle questioni territoriali interessanti gli Stati successori che noi consideriamo alleati.
Infine sostituirei alla nota all'Austria un passo amichevole per incoraggiarla ad aver fiducia negli alleati i quali garanti dei trattati, sapranno imporre occorrendo l'evacuazione. Quanto ai reclami creditori ungheresi reputo imprudente spingere l'Austria a promesse che in ultima analisi impegnerebbero gli Stati che hanno assunto l'onere della sua ricostituzione finanziaria.
(Per Parigi solo) Prego comunicare Garbasso.
164 1 Vedi D. 159, nota 2.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5089/518. Vienna, 2 settembre 1921, ore 22 (perv. ore 11 del 3).
Telegrammi di V.E. nn. 124(1) e 1447(2) si sono incrociati col mio telegramma n. 515(3)
nel quale riferivo cose dettemi dal cancelliere relativamente ai presunti accordi fra Austria e Czecoslovacchia. Sebbene smentita del cancelliere fosse stata esplicita e formale ho creduto opportuno ritornare da lui e nell'informarlo dell'iniziativa presa da V.E. metterlo in guardia nome dell'E.V. contro le mene dei czecoslovacchi e contro il pericolo cui Austria sarebbe eventualmente andata incontro. Ho anche aggiunto che a termini dell'accordo di Roma(4)Governo italiano avrebbe dovuto essere tenuto al corrente di qualsiasi trattativa politica dell'Austria con terzi Stati ma che intanto potevo dirgli che il r. Governo non avrebbe ammesso intervento Czecoslovacchia invocato oppure tollerato dall'Austria. Cancelliere nel rinnovare sue dichiarazioni di ieri mi ha pregato di rassicurare completamente V.E. che le sue intenzioni sono del tutto conformi al pensiero di V.E.
165 1 Recte: 1241 (vedi D. 159).
165 2 Recte: 1247 (vedi D. 162).
165 3 Del 30 agosto, non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 1065-1066 RIS. Londra, 2 settembre 1921 (perv. il 3).
Due giorni dopo mio colloquio con Curzon (mio telegramma 1028)(1) egli partì per vacanza di sei settimane e mi pregò dicontinuare colloqui circa Albania con Crowe.
Dopo aver provveduto non senza difficoltà ad evitare un memorandum formale del Foreign Office, ho avuto ieri con Crowe un primo colloquio(2). Naturalmente la discussione con Crowe, che è uno dei più intransigenti, si è svolta poco favorevolmente ed a momenti fu abbastanza accentuata. Oltre gli argomenti già esposti a Curzon ho ampiamente svolto a Crowe le considerazioni contenute nei vari telegrammi successivi di V.E. e quanto a Saseno gli ho ripetuto che non abbandoneremo mai quell'isola ed ho aggiunto che metterla in discussione sarebbe atto contrario ai nostri rapporti di alleanza e di amicizia.
Espongo in sunto le argomentazioni di Crowe:
1) La vigilanza sull'Albania costituisce indice menomo della sua indipendenza e sovranità e una contraddizione col deliberato della Lega delle Nazioni il cui prestigio è indispensabile salvaguardare.
2) All'obiezione della lettera di Orlando del giugno 1919(3) risponde che si riferiva solo a determinate frontiere.
3) Afferma che ciascun Governo è vincolato dal deliberato della Lega delle Nazioni, che i delegati votano per istruzioni firmate dai Governi, che i delegati italiani non(... ) riserve. Governo britannico era dapprima contrario all'ammissione trattandosi di paese senza (manca).
4) Interesse strategico italiano sarebbe tutelato mediante neutralizzazione della costa albanese.
5) Sembra a Crowe che art. 10 e 11 del Covenant offrano ampio campo per assicurare interesse italiano ad una efficace tutela dell'indipendenza e integrità del paese dell'Albania.
6) La Lega delle Nazioni potrebbe specificare ulteriori garanzie reclamate dall'Italia. Se l'Italia potesse intendersi coll'Albania, e Crowe ritiene sia possibile, le maggiori difficoltà sarebbero superate.
Per quanto riguarda Saseno Crowe dice che praticamente il meglio è di non parlarne. Governo inglese intende non sollevare la questione, ma non si dissimula che quando si tratterà di fissare le frontiere bisognerà probabilmente dire se Saseno è dentro o fuori le frontiere del 1913 e non si potrà negare che è dentro le frontiere stesse. Egli presume che l'Italia dirà che è territorio albanese ma che ne reclama l'occupazione per ragioni strategiche. All'argomento del Trattato di Londra risponde che Trattato di Londra per quanto riguarda l'Albania è superato dall'accordo di Tirana(4)al modo stesso che riguardo Jugoslavia è superato dal Trattato di Rapallo. Se ad ogni costo si invocasse il Trattato di Londra l'Albania del nord e del sud dovrebbe andare rispettivamente alla Serbia ed alla Grecia. Inoltre il Trattato di Londra è anche sorpassato perché l'Albania è ora indipendente per volontà delle potenze compresa l'Italia mediante deliberato della Lega delle Nazioni(5).
Il presente telegramma continua col numero seguente di prot.(6).
ALLEGATO
APPUNTO.
A l'ordre du jour de la prochaine réunion de I' Assemblée de la Société des Nations on a insctrit un appel de Fan Noli concemant l'incompétence de la Conférence des Ambassadeurs à prendre une décision relativement à I' Albanie.
Le point de vue du Gouvemement Italien est que la décision du Conseil doit ètre maintenue en soutenant par conséquent que la question albanaise doit continuer à ètre attribuée à la Conférence des Ambassadeurs.
A l'ordre dujour du Conseil de la Société des Nations se trouve aussi une lettre du Gouvemement Albanais qui proteste contre l 'action jougoslave au nord de I' Albanie ed au sujet de la question des minorités.
En ce qui concerne le premier point le Gouvemement Royal n'a pas de difliculté à se ranger à la décision qui pourra ètre prise en faveur de l'Albanie et pour la deuxième il croit qu'il serait préférable de remettre toute discussionjusqu'à ce que les frontières del'Albanie ne seront pas délimitées.
165 4 Il riferimento sembra all'accordo italo-austriaco Renner-Nitti del 12 aprile 1920.
166 1 Vedi D. 145.
166 2 In data 1° settembre De Martino aveva rimesso a Crowe l'appunto qui allegato.
166 3 Potrebbe trattarsi del Memorandum inviato da Orlando a Clemenceau, Lloyd George e Wilson il 9 giugno 1919 in risposta al Memorandum Wilson del 7 giugno sulla questione albanese.
IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI EUROPA E LEVANTE, LAGO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. PER CORRIERE 54249/926. Roma, 2 settembre 1921.
Faccio seguito al mio telegramma posta n. 51844/857 in data 22 agosto(1).
Il r. Ministero delle colonie ha nuovamente richiamato l'attenzione di questo Ministero sugli incidenti e conflitti che avvengono alla frontiera meridionale abissina. Esso opina che l'azione che il Governo britannico persegue attualmente nella regione dei Borana, e che si risolve in operazioni rappresentate dal sig. Sperling a V.E. come operazioni di polizia di frontiera (telegramma posta di V.E. n. 378 in data 11 aprile u.s.)(2), miri essenzalmente a stabilire situazioni che valgano a giustificare col fatto compiuto quelle occupazioni che altrimenti, e malgrado il diverso avviso del sig. Sperling (tel. posta sopracitato), testimonierebbero un'aperta e continua infrazione dell'accordo a tre del 1906.
Il r. Ministero delle colonie aggiunge che verosimilmente siamo in presenza di una ripresa dell'attività inglese nel Borana, della quale dà le recenti notizie il telegramma del governatore della Somalia n. 10237 del 28 luglio u.s.(1) comunicato a V.E. col telegramma posta surriferito. In presenza di essa, anche per le proporzioni che pare vada ad assumere l'attuale conflitto armato anglo-etiopico, occorre attentamente vigilare, tanto piperché queste imprese britanniche, oltre a ledere in genere il nostro interesse in Etiopia, hanno dirette e dannose ripercussioni nella Somalia. È perciò di non lieve importanza poter conoscere la portata delle attuali operazioni britanniche, che s'inquadrano nel programma di penetrazione inglese in Etiopia anche da sud; cioè verso regioni alle quali noi abbiamo chiaramente mostrato di tendere con la ferrovia che farà capo a Lugh e per la quale, senza intaccare in alcun modo l'integrità dell'Impero etiopico, ci ripromettiamo d'incanalare verso la Somalia i traffici che le regioni oltre Daua possono consentire.
Reputo quindi opportuno che V.E. senza fame oggetto di apposito passo, intrattenga fin d'ora amichevolmente cotesto Governo su quanto precede, chiedendo quelle spiegazioni che l'accordo a tre di Londra e la vicinanza di nostri territori alle regioni dove si svolge l'attività inglese ci dan diritto a pretendere.
166 4 Vedi D. 161, nota 4.
166 5 Per la risposta di Torretta alle obiezioni di Crowe si veda il D. 179.
166 6 Si tratta del T. 1068)ris. del 2 settembre, non pubblicato.
167 1 Non rinvenuto.
IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, UMILTÀ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5134/943. Spalato, 3 sellembre 1921, ore 20 (perv. ore 11,40 del 4).
Prego comunicare anche Belgrado.
Quantunque Castelli esprima governatore Dalmazia essere, discutendo pesca, ben disposto nostro riguardo sostenendo ordini perentori sarebbero stati dati ad autorità competenti Lissa Curzola Lesina per evitare e punire continuate ingiurie e minacce a quei nostri connazionali, optanti o no, e persino volgari ostilità contro nostri piroscafi che toccano quei porti, credo queste autorità( ... ) impotenti far rispettare loro ordini di fronte partigianeria gendarmi locali e instancabile ( ... ) elemento croato contro pochi italiani nelle predette isole. Domando perciurgentemente una o due piccole torpediniere incrocino quelle acque per mostrare a connazionali costante nostra vigilanza e queste dipendenti autorità che r. Marina non è sparita da Adriatico. Naturalmente qualora r. Governo convenisse opportunità inviare d'urgenza unità richieste esse dovrebbero muoversi d'accordo e seguendo prudentemente mie istruzioni. Prego cenno riscontro e assicuro presente richiesta è fatta dopo lungo ponderato esame di piccoli continui fatti deplorevoli che possono avere noiose conseguenze.
167 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5092/7928. Parigi, 3 settembre 1921, ore 15 (perv. ore 17,30).
Consiglio ministri ha ieri deciso non approvare decisioni Conferenza finanziaria 13 agosto(1). Sembra che opposizione si concentri specialmente su questione valutazioni navi germaniche-imputazione valore miniere Sarre, conto armate occupazione francesi ed infine questioni riferentisi riparazioni Austria-Ungheria e Bulgaria. Queste tre questioni hanno massima importanza per noi giacché loro soluzione in senso contrario pregiudicherebbe seriamente nostro credito riparazioni e perciparmi necessario r. Governo sia in stretto contatto con altre potenze specialmente con Inghilterra per evitare compromissioni a noi dannose nelle trattative che Governo francese non tarderà iniziare(2).
Prego comunicare Tesoro.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA, ALLE LEGAZIONI A VIENNA, BELGRADO, BUDAPEST, BUCAREST E PRAGA E ALLA DELEGAZIONE ALLA S.D.N.
T. 1276. Roma, 4 settembre 1921, ore 1.
(Per tutti meno Ginevra) Il marchese Imperiali telegrafa da Ginevra in data 2 corrente quanto segue:
(telegramma n. 16)(1).
Gli ho risposto
(Per Ginevra) Suo telegramma n. 16.
(Per tutti) Confido che dopo ultime notizie che provano nel modo pievidente pessima volontà Ungheria eseguire clausole territoriali trattati San Germano e Trianon,
giacché non è ammissibile che, proprio al momento di evacuare Comitati, presenti una lista di reclami contro l'Austria per la discussione dei quali occorrerebbe un tempo praticamente indeterminato, confido dico che Governo francese e per esso Bourgeois non insisteranno per ammissione Ungheria società Nazioni. Una simile ammissione mentre perdura il conflitto per i Comitati occidentali scatenato dall'Ungheria senza alcuna plausibile giustificazione sarebbe scandalosa.
Ad ogni modo V.E. vorrà prendere nettamente partito contro l'ammissione, informare di ciimmediatamente delegati austriaco czecoslovacco romeno e jugoslavo e, d'accordo con essi, ed anzi prendendone in qualche modo la direzione, esplicare tutti quei mezzi che riterrà piefficaci per persuadere altri colleghi necessità rinviare a miglior tempo esame domanda presentata da Ungheria.
Qualora malgrado civotazione sia imposta ella voterà contro motivando suo voto in modo da togliergli qualsiasi carattere di preconcetta ostilità verso Ungheria. (Per Parigi) Prego fare nuove insistenze presso codesto Governo(2).
169 1 Vedi D. 127. Con T. 5078/696 del 3 settembre l'incaricato d'affari a Parigi, Medici, precisava che le conclusioni del Consiglio dei ministri francese «sono state motivate da pretesto che soluzioni. previste accordo finanziario 13 agosto scorso contraddicono clausole Trattato di Versailles relative ai pagamenti e invadono attribuzioni Commissione riparazioni».
169 2 Con T. 1279 del 4 settembre Torretta, comunicando questo telegramma agli ambasciatori a Londra e a Bruxelles, pregava di mettersi subito in relazione con i rispettivi Governi, per assicurarsi della loro intenzione circa la definitiva validità delle decisioni del 13 agosto, vigilando altresi «perché intese particolari non siano strette a nostra insaputa».
170 1 Con tale telegramma del 2 settembre, Imperiali comunicava la decisione francese di non opporsi all'ammissione dell'Ungheria nella S.d.N., aggiungendo di constatare in genere «qui atmosfera in massima contraria osteggiare ammissione».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A PARIGI, BONIN
T. 1282. Roma, 4 settembre 1921, ore 16.
(Per Parigi) Ho telegrafato al r. ambasciatore Londra quanto segue:
(Per tutti) Questa ambasciata Francia comunica Governo britannico aver fatto conoscere Quai d'Orsay, pel tramite ambasciata britannica Parigi, essere in massima contrario importazione armi Abissinia; ma che, dato che tale interdizione porta seri danni Governo etiopico e dato che potenze interessate desiderano aiutare detto Governo nell'amministrazione del paese, Governo inglese è disposto permettere Governo etiopico acquisti da ciascuna tre potenze ugual nwnero cannoni cartucce. Ambasciata di Francia chiede se r. Governo concorda punto di vista Governo britannico, e in caso affermativo propone siano inviate istruzioni ministri alleati Addis Abeba perché s'accordino su nwnero cannoni cartucce da cedersi Governo etiopico.
Prego telegrafarmi urgenza se sia esatto Governo britannico consenta fornire armi Etiopia, contrariamente opinione varie volte espressa (anche recentemente con nota verbale di questa ambasciata inglese n. 480 del 13 agosto)(1) inopportunità introdurre armi Etiopia.
Attuale situazione interna Abissinia non sembrando giustificare mutamento nell'attitudine adottata sinora da Italia Inghilterra, ogni permesso importazione armi appare pel momento per lo meno inopportuno(2).
170 2 Con T. 1277 dello stesso 4 settembre, con riferimento a questo telegramma, Torretta scriveva all'ambasciatore a Londra: «Pregola ispirare stessi concetti sua azione presso Governo britannico».
171 1 Non rinvenuto.
171 2 Per la risposta da Londra vedi D. 175. Con T. 5223/707 del 7 settembre da Parigi Medici confermava che il Governo britannico consentiva alla fornitura di armi all'Etiopia.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1283. Roma, 4 settembre 1921, ore 22.
Castaldi telegrafa quanto segue: (riprodurre cifre del telegr. di raccolta n. 5032/2516)(1). Con telegramma in data 10 gennaio 1921(2) V.E. riferiva averle Crowe dichiarato
che Foreign Office aveva deciso incaricare signor Eyres nominato console generale a Beirut di recarsi in Albania senza qualità ufficiale a titolo di semplice informatore per fare un rapporto. Contrariamente a tali assicurazioni signor Eyres da tempo va esplicando colà attiva azione politica e quel che è peggio in contrasto con gli interessi e la posizione dell'Italia in Albania.
Altri agenti inglesi quali Wallace Bames agiscono nello stesso senso ciò che naturalmente non puesserci gradito; l'attività poi di un funzionario britannico quale Eyres il quale lavora a fomentare dissensi fra noi e albanesi anche a riguardo questione Saseno ci impressiona penosamente attenuando favorevole significato delle amichevoli dichiarazioni fatte da Curzon a V.E. per tale questione.
Prego perciò V.E. di voler richiamare su quanto sopra attenzione di codesto Governo chiedendo schiarimenti sulla apparente contraddizione tra atteggiamento del Governo britannico e quello dei suoi agenti in Albania(3).
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5150/491. Budapest, 4 settembre 1921, ore 22,20 (perv. ore 17,40 del 5).
Mio telegramma n. 489(1).
Nella mia udienza dal governatore lo ho immediatamente informato in termini recisi del fermo proposito del Governo italiano di far eseguire il Trattato Trianon e di Saint Germain della cui esecuzione le grandi potenze si sono rese garanti. Non gli ho nascosto la penosa sorpresa per l'atteggiamento ingiustificato del Governo ungherese, enumerandogli i gravi pericoli ai quali l'Ungheria si esponeva ribellandosi alla volontà delle grandi potenze ed al trattato da essa stessa sottoscritto. Gli ho anche detto che nulla avrebbe impedito un eventuale accordo con l'Austria dopo avvenuto il trapasso delle provincie occidentali, ma che il dovere dell'Ungheria era ora quello di eseguire senza
discussione e senza tergiversazioni il trasferimento impostale dal trattato di pace. Gli ho poi anche parlato a nome dei colleghi alleati autorizzato dai ministri di Inghilterra e di Francia. Horthy ha allora cercato spiegarmi i motivi che avevano indotto Governo ungherese a sospendere operazioni trasferimento Ungheria occidentale. Mi ha ripetuto che Schober si era condotto in malafede avendo fatto intendere fino all'ultimo che si sarebbero potuti accordare. Perciegli aveva la certezza che una volta consegnato il pegno, cioè l'Ungheria occidentale, l'Austria avrebbe mancato ai suoi obblighi.
Gli ho fatto rimarcare che gli articoli 191 e 198 del Trattato Trianon considerano questo caso. Gli ho fatto notare che gli uomini politici ungheresi non vivevano nella realtà data la loro grande responsabilità verso le masse che avevano una scarsa coscienza politica e che quest'azione dell'ultim'ora aveva vivamente e penosamente impressionato gli Alleati e l'Italia. A questo punto mi ha interrotto dicendomi che gli constava che anche ultimamente la stampa italiana si era sempre espressa favorevolmente per l'Ungheria e che V.E. in una recente corrispondenza da Parigi aveva avuto parole molto benevoli vero il suo paese. Gli ho immediatamente risposto essere consapevole della simpatia dell'Italia verso l'Ungheria ma che ora non doveva esserci dubbio poiché il r. Governo era deciso far rispettare ad ogni costo il Trattato Trianon ed esigeva l'immediato compimento del trasferimento dei Comitati. Gli ho soggiunto che generali alleati si trovavano attualmente a Sopron dove i loro ordini non erano eseguiti e che questo atto contro prestigio delle grandi potenze alleate non poteva assolutamente essere permesso. Ho fuo consigliandolo di riunire senzaltro il Consiglio dei ministri, gli ho detto che era un soldato e non uomo politico e che doveva affrontare l'impopolarità per salvare l'Ungheria con un sol gesto ordinando senzaltro il proseguimento delle operazioni di trasferimento e la firma del relativo protocollo. Mi ha detto essere personalmente contrario a questa terribile soluzione ma che avrebbe riunito il Consiglio dei ministri questa sera o domani mattina. Ho insistito per l'urgenza di questo suo gesto prima di un atto coercitivo da parte Alleati tanto più cheeravamo decisi a farci obbedire.
Questo lungo colloquio durato oltre un'ora è stato reciso ma cortese ed ha confermato il mio concetto che il governatore è un brav'uomo ma che non vive della realtà dell'attuale situazione. Credo e mi auguro senza pretensioni di averlo impressionato. Oggi parlercol ministro degli affari esteri.
172 1 Del 31 agosto, con il quale Castoldi riferiva dell'azione del console inglese Eyres in appoggio ai nazionalisti albanesi per la questione di Saseno e sul protocollo di Tirana.
172 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
172 3 Con T. 5171/1091 del 6 settembre De Martino riferiva poi di un colloquio con Nicolson, per il quale tale atteggiamento sarebbe stato in opposizione agli intendimenti del Governo di Londra.
173 1 Del 4 settembre, non pubblicato.
IL CONSIGLIERE A WASHINGTON, SABETTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5145-5146/443-444. Washington, [5 settembre 1921](1) (perv. ore 14,55 stesso giorno).
Mio telegramma n. 441 di ieri(2). Dall'interessante colloquio con segretario di Stato per gli affari esteri di S.E. Tittoni è emerso e confermato che Stati Uniti non intendono aderire ufficialmente alla
Commissione soccorsi Russia e manterranno all'azione soccorsi americani iniziata da Hoover carattere apolitico strettamente umanitario e pratico che esso vuol avere per riuscire a suo fine (mio rapporto n. 685 del 18 agosto)(3).
Circa Conferenza disarmo, S.E. reiteral segretario di Stato che sino primo momento Italia aveva con la massima simpatia accettato iniziativa presidente degli Stati Uniti perché disarmo sinceramente desiderato; e che praticamente aveva già attuato, ed espresse augurio che con eguale sincerità potessero alla Conferenza intervenire altri paesi. Segretario di Stato, dopo aver riflettuto un momento, disse non nascondeva affatto difficoltà di cui era irto cammino e che egli pertanto non si faceva troppe illusioni si potessero tutte superare, poiché riconosceva che i modi di vedere nazionalisti erano insensibili alla reale situazione economica mondiale, la cui ricostruzione normale rimane sempre paralizzata dalla spentasi vita economica russa che è tanta parte d'Europa, ma che pertanto qualche cosa bisogna d'altra parte fare per almeno tentare rimedio, e che in ogni caso varie nazioni avrebbero avuto da fare i conti con la gravissima situazione economica mondiale cui nessun paese avrebbe potuto pifar fronte con le sue sole risorse; né da solo sperare salvezza in una comune rovina. Tittoni osservato che peggiore consiglio però era quello in tale frangente per ogni Stato di ricorrere in casa propria ad elevare dazi di protezione credendo o sperando salvezza come morfinomane che sia miglior rimedio continuare a prendere morfina. Importantissime dichiarazioni segretario di Stato confermano il mio telegramma n. 421(4).
Da me accompagnato S.E. Tittoni visitHoover che già conosceva da cui ricevuto gradita accoglienza. Hoover chiesto subito notizie circa situazione industriale italiana. Tittoni rispose che l'Italia non meno altri Stati si risente situazione malessere generale che con dopoguerra aveva colpito industrie, tuttavia gode però sempre(...) assai più favorevole prosperità che non sarebbe stato possibile prevedere tempo fa. Hoover disse aveva avuto già notizie a riguardo raccolte da ottima (manca) ovunque in Italia ciò che è rassicurante per il suo fabbisogno indispensabile. S.E. aggiunse che ciò che era risultato inatteso d'altra parte era stato gettito imposte che in tutto il Regno d'Italia supera ogni previsione. Venne anche Hoover a confermare quanto segretario di Stato giorno prima aveva lasciato comprendere a S.E. Tittoni su situazione Russia e sulla soluzione soccorsi che egli colà dirige per conto Stati Uniti, espose a grandi tratti piano che aveva adottato e si sforza eseguire laggi A poco a poco disponendo di soccorsi alimentari e valendosene come del piefficace antidoto di propaganda antibolscevica ed erigendolo a sistema di politica di penetrazione in una data zona, ottenere come stimolo della fame il riassorbimento fuori della Russia dei quindici venti miliardi di dollari oro che ancora Soviet possiedono e conservano ad uso e scopo loro propaganda all'estero per provocare quindi resa a discrezione col crollo di tutto sistema economico falso da essi creato. Piano Governo bolscevico è chiaro: ottenere che altri Stati provvedano nutrire popolazione affamata e conservare oro per pagare esercito rosso. Ora per
sventare piano occorre mandare viveri raccolti ma esigere che Governo bolscevico li pagasse con milioni oro che ancora possiede. Radiotelegrammi bolscevichi ai loro agenti propaganda nei vari Stati all'interno sono stati intercettati ed hanno permesso ad Hoover che contadini già cominciano preoccuparsi e tesorizzare raccolto viveri e che mentre Soviet gridano alla fame non cessa nefasta loro propaganda estero. Infine Hoover riconobbe anche egli che Russia è ancora sempre il grande ostacolo al ritorno d'Europa e del mondo alla vita normale d'anteguerra e che salvo pericolo possibile estensione del male agli altri popoli continentali asiatici, riteneva perche superata grande ondata di follia sentimentale cui popolazioni asiatiche sono generalmente e facilmente accessibili realtà non avrebbe tardato imporre duramente suoi ineluttabili segni.
Concluse esprimendo suo parere personale che intanto bisogna ogni Stato subisca per suo conto dura prova che l'attende quale ripercussione suddetta situazione grave salvo giudicare dalla esperienza altrui e propria ciò che meglio la stessa realtà sopraggiunta avesse potuto suggerire di volta in volta.
174 1 La data si desume dal testo.
174 2 Del 4 settembre, non pubblicato.
174 3 Non rinvenuto.
174 4 Del 22 agosto, con il quale Sabetta riferiva della gravità della situazione economica degli Stati Uniti e della minaccia di una crisi finanziaria sempre più pesante.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5156/1079. Londra, 5 settembre 1921, ore 8,10 (perv. ore 9,50 del 6).
Telegramma di V.E. n. 1282(1). Ho fatto assumere informazioni preliminari da Cora presso funzionario competente del Foreign Office. È esatto che Governo britannico consente fornitura armi Etiopia.
Punto di vista britannico sarebbe seguente: Governo britannico rimane contrario fornitura fucili ma ritenendo sia interesse comune consolidare autorità Governo centrale, ha proposto fornire Governo etiopico qualche mitragliatrice e dotazione cartucce. Quantità armi sarebbe fissata di comune accordo dai tre ministri alleati Addis Abeba e fornitura effettuata in parti uguali da Inghilterra Francia e Italia. Si sono scelte mitragliatrici perché loro uso facilmente controllabile come le nostre perché in mano abissini tali armi sono rapidamente inutilizzabili. Ritengo sostenitore proposta sia console inglese Addis Abeba Dodds attualmente al Foreign Office. A conferma opposizione Governo inglese fornitura fucili, funzionario ha detto che è stato recentemente dato parere contrario ingresso Etiopia nota partita 20 mila fucili Grass da anni giacenti Gibuti ed altri americani fermati Aden. Ulteriori notizie saranno ottenute in occasione prossimo colloquio Cora con Dodds da lui personalmente conosciuto. Per parte mia farpresente a Crowe punto di vista del r. Governo.
175 1 Vedi D. 171.
IL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5172/8075. Rodi, 5 settembre 1921, ore 17,30 (perv. ore 20,50 del 6).
Telegramma di V.E. n. 1184(1).
Tuozzi ritornato da Adalia riferisce che Ahmed esh Sherif ècompletamente al servizio movimento kemalista e in personali continui accordi con Mustafà Kemal. Questi cerca promuovere agitazioni in tutto il mondo musulmano e per sue idee panislamiche ha minacciato e creato imbarazzi potenze europee. Ahmed esh Sherif addetto propaganda paesi arabi dice soltanto senussismo ha forza ed è naturale che si rivolga a Libia ove egli ha ancora largo credito. Unico provvedimento utile sarebbe quello di non permettere ai sudditi libici residenti in ex impero turco ( ...) minaccia ostilità ritornino in colonia prima che sia cessata attuale agitazione anatolica. V.E. vorrà al caso dare istruzioni Adalia di non vistare passaporti.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5203/527 RIS. Vienna, 5 settembre 1921, ore 22 (perv. ore 14,30 del 6).
Di mia iniziativa e premesso che si trattava di una conversazione personale per la quale non avevo né istruzioni né autorizzazione qualsiasi di V.E., ho chiesto rispettivamente al cancelliere ed a questo ministro d'Ungheria come sarebbe stata vista, a loro giudizio, una eventuale azione del Governo italiano intesa a risolvere con reciproche concessioni la questione del Burgenland. Entrambi vi si sono dichiarati favorevoli. Ministro d'Ungheria ritiene che suo Governo accetterebbe di cedere all'Austria tutta la zona A ed all'Intesa tutta la zona B, la quale sarebbe dall'Intesa amministrata sino a che fossero definite le pendenze economiche ecc. che Ungheria ha sollevato nei riguardi dell'Austria. Cancelliere pure ignorando l'origine della proposta la ritiene eccessiva ma si accontenterebbe di aver tutto Burgenland ad eccezione della città di Odemburg la quale dovrebbe rimanere nelle mani dell'Intesa fino ad accordo con Ungheria. Non ho creduto di entrare in discussione ma ritengo che un compromesso fra le due proposte dovrebbe essere possibile. Come
dato di fatto osservo che Austria preoccupata delle difficoltà cui andrà incontro nell'amministrare il Burgenland contro il volere dell'Ungheria è pronta ad ogni ragionevole rinunzia. Ho ragione di credere che Austria sia disposta al sacrificio di Odemburg contro compenso. Ungheria in un primo tempo rassegnata a perdere tutto il Burgenland ha ripreso audacia quando ha sentito condiscendenza Intesa che le accordava una remora di 48 ore ed abbinava la questione della Barania con quella dell'Ungheria occidentale.
Non è percosì sicura da non sentire i pericoli che la minacciano e cederà o di fronte ad una pressione energica e concorde dell'Intesa o salvando il suo amor proprio col dare una parte del Burgenland ad uno Stato che non sia l'Austria. Italia indifferente come sia diviso Burgenland tra Austria ed Ungheria e desiderosa di impedire corridoio czeco jugoslavo in(...) definitiva tra Austria ed Ungheria sembra la piindicata ed interessata per una soluzione conciliativa se questa è possibile.
Giudicherà V.E. se e quale conto tenere dell'apertura da me fatta a titolo esclusivamente personale(1).
176 1 Del 20 agosto, con il quale Torretta trasmetteva il T. 4663/561 del 13 agosto del console a Tunisi Beverini, relativo alla partenza per la Tripolitania di giovani musulmani dalla Tunisia, ed al rischio di attacchi alle guarnigioni italiane, notizia peraltro poi smentita (T. 1198 del 22 agosto per il console a Tunisi).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1288. Roma, 5 settembre 1921, ore 24.
Questa ambasciata britannica mi ha diretto nota verbale che riassumo(1). Governo britannico preoccupato del pericolo segnalato da diverse fonti che Grecia pra della definizione questione albanese possa creare fatto compiuto occupando Argirocastro propone dì comunicare alla Società delle Nazioni determinazione frontiere albanesi da parte grandi potenze nei confini del 1913 nell'intento dì cercare di impedire con tale determinazione accennato tentativo greco e mettere Assemblea Società Nazioni in condizioni chiedere alla Jugoslavia sgombero territori albanesi.
Ho risposto con nota verbale che riassumo. Governo italiano si compiace constatare interesse Governo britannico realizzazione Stato albanese indipendente. Osserva perche proposta britannica è causata da minacce contro integrità Albania le quali danno al r. Governo giustificata ragione per insistere sulla necessità dì chiarire preventivamente sua situazione dì fronte Albania. Tale chiarimento percir. Governo nell'interesse del paese e per soddisfazione opinione pubblica italiana ritiene giustamente imprescindibile prima dì addivenire ad altre decisioni per sistemazione questione albanese.
Ove quindi fosse prima assodata posizione Italia rispetto agli alleati non avremmo difficoltà assemblea Società Nazioni fosse messa in condizioni dì dichiarare che sono
state confennate frontiere Albania 1913 fenno restando possesso Saseno all'Italia per cui escludiamo qualsiasi discussione.
R. Governo propone dare istruzioni rispettivi delegati Ginevra ottenere differimento discussione Albania ed intanto potrebbe essere concordato passo Atene Belgrado per prevenire qualsiasi azione in Albania.
Prego V.E. adoperarsi in sostegno tale nostro punto di vista. Trasmetto per posta testo delle due note verbali(2). Continua col numero seguente col quale trasmetto nuova fonnula da presentare al
Governo britannico(3).
177 1 Per la risposta vedi D. 189.
178 1 La nota è del 3 settembre. La nota di risposta (n. 54805) è in data 5 settembre.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1289. Roma, 6 settembre 1921, ore 1.
Telegramma riservato di V.E. n. 1065(1). .
Ritengo opportuno innanzitutto rispondere alle obbiezioni fonnulate da Crowe:
l) Confenno che Governo italiano non intende in nessun modo menomare sovranità indipendenza Stato albanese. Richiesta vigilanza per realizzazione Albania indipendente si prefiggeva unicamente scopo ottenere collaborazione Alleati per evitare che altra potenza potesse in un paese da sistemare facilmente crearsi posizione di privilegio tale da soppiantare quella preminenza di interessi che Alleati hanno sempre riconosciuto all'Italia in Albania. Epperove Alleati in una forma qualsiasi assicurassero che nulla sarà promosso contro innegabili preponderanti interessi italiani in Albania non avremmo ragione di insistere sulla richiesta in questione.
2) Nella lettera di Orlando giugno 1919(2) non vi era alcuna specificazione circa frontiere cui riferivasi riserva italiana. Si parlava di sistemazione adriatica e non vi è dubbio che Albania ne faccia parte tanto vero che in tutti gli accordi e progetti con Alleati fu sempre contemplata Albania.
3) Governo italiano ha avuto ed ha massimo rispetto per Società Nazioni. Conscio degli alti fini che tale consesso è chiamato ad assolvere intende da parte sua dargli massimo prestigio e ripone in esso tanta fiducia quanto ha dimostrato averne con sua proposta di deferire questione Alta Slesia a Società Nazioni. Percianche Governo del re si dichiarava ben soddisfatto che sua iniziativa per costituzione Stato albanese ha trovata autorevole sanzione nell'ammissione Albania Società Nazioni. In relazione a tali concetti non sembra conveniente che Italia chieda speciali garanzie a Società
Nazioni ciò che contraddirebbe con indipendenza Albania mentre non contraddice a deliberato Società Nazioni che potenze alleate prendano accordi per regolare posizione reciproca e rispettivi interessi in Albania.
Quanto alla questione procedurale osservo essere esatto che Governo britannico era contrario ammissione Albania Società Nazioni. Italia seguì tesi inglese e perciConsiglio Società Nazioni rifiutammissione. Senonché appellatosi Governo albanese all' Assemblea lord Robert Cecil relatore sostenne vivacemente accoglimento domanda albanese ed allorché delegato inglese dette sua adesione quello italiano si associné per quanto abbiamo precedentemente detto sarebbe stato opportuno fossero fatte da noi riserve quasi in odio a quello Stato albanese da noi propugnato e la cui indipendenza non abbiamo inteso mai di svalutare.
4) Guerra mondiale ha dimostrato chiaramente quale valore abbiano in caso di conflitti le neutralizzazioni permanenti.
5) Governo italiano non vuol mettere in dubbio valore degli articoli 10 e 11 Patto Società Nazioni(3)non puper altro ritenersi rassicurato in forza di stipulazioni di cui non si è avuto finora occasione di sperimentare pratica efficacia.
6) Accordo diretto tra Italia ed Albania sarà possibile e potrà riuscire certamente utile solamente quando Stato albanese esisterà effettivamente mentre ora in realtà non esiste che volontà di alcune potenze a crearlo.
Telegramma di V.E. n. 1066(1). Non possiamo disconoscere che Saseno è geograficamente albanese ma ne conserviamo possesso per quelle stesse ragioni per le quali Inghilterra possiede Gibilterra ed altre posizioni geograficamente ed etnicamente appartenenti ad altri Stati.
Trattato di Londra per quanto riguarda Albania è stato modificato dall'iniziativa italiana intesa a risolvere questione albanese mediante costituzione Stato indipendente iniziativa che Governo italiano ha proposto agli Alleati di appoggiare mediante loro efficace collaborazione e non da accordo di Tirana(4).
Ciò premesso a giustificazione del nostro punto di vista ed a conferma della lealtà della nostra linea di condotta r. Governo desideroso di avvicinarsi il più possibile al punto di vista britannico (telegramma di V.E. n. 1068)(5) ha riesaminato punti enunciati da V.E. nel suo telegramma n. 896(6) e si dichiara disposto ad accettarli nella forma seguente:
1) Gli Alleati riconoscono l'Albania come Stato indipendente facente parte della Società delle Nazioni.
2) Gli Alleati riconoscono che la salvaguardia della indipendenza albanese è di vitale importanza per l'Italia in quanto vi è connesso un suo preminente interesse economico ed una necessità strategica per sua difesa nel basso Adriatico.
3) Per realizzare questo scopo l'Italia prese spontaneamente l'iniziativa della costituzione dello Stato nazionale indipendente albanese.
4) Qualora per cause soverchianti estranee all'Italia indipendenza dello Stato albanese venisse minacciata o alterata gli Alleati d'accordo prenderanno le misure necessarie a ristabilire l'indipendenza stessa in tutta la sua pienezza conformemente a quanto è previsto dal Patto della Società delle Nazioni.
5) Qualora l'azione suddetta da parte degli Alleati risultasse inefficace gli Alleati riconoscono all'Italia il diritto di salvaguardare i suoi interessi speciali in conformità della situazione diplomatica preesistente alla iniziativa italiana diretta a favorire l'indipendenza albanese.
Qualora Governo britannico accogliesse come V.E. faceva prevedere col suo telegramma n. 896 nostre richieste conformemente punti suaccennati saremmo lieti di togliere ogni riserva e dare immediato seguito alla proposta britannica oggetto del telegramma precedente(7).
178 2 Il testo delle due note verbali fu comunicato all'ambasciata a Parigi ed alla delegazione presso la S.d.N. con i TI. 1291 e 1292 dello stesso giorno.
178 3 Vedi D. 179.
179 1 Vedi D. 166.
179 2 Vedi serie sesta, voi. lll, D. 799.
179 3 Gli artt. 10 e 11 del Patto della S.d.N. si riferiscono all'impegno a rispettare e proteggere contro ogni aggressione esterna l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di tutti i membri della Società.
179 4 Il riferimento è al protocollo del 3 agosto 1920 che sanzionava il ritiro italiano da Valona, ma non da Saseno.
179 5 Del 2 settembre, non pubblicato.
179 6 Vedi D. 54.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI, LONDRA E COSTANTINOPOLI, ALLA LEGAZIONE AD ATENE E AL GOVERNO DI RODI
T. 1295. Roma, 6 settembre 1921, ore 1,30.
(Per tutti meno Atene) R. ministro Atene telegrafa quanto segue:
(telegramma 5136/351)(1).
(Per Atene) Suo telegramma n. 351.
(Per tutti) Evidentemente greci vogliono sfruttare successo militare. Sollecitudine dimostrata da Gunaris comprova forse che essi stessi non ritengono definitivi i vantaggi raggiunti. Tenendo anche presente dichiarazioni Lloyd George alla Camera, che cioè nuove condizioni di pace per Turchia dipenderanno da esito operazioni militari allora iniziate da greci, e ricordando altresì recenti dichiarazioni megalomani re Costantino e ministri ellenici, reputo pericoloso un riesame della questione d'Oriente sotto la recente impressione di successi militari destinati forse pia colpire l'immaginazione che a mutare sostanzialmente realtà delle cose.
Non solo nell'interesse nostro ma nell'interesse vera pacificazione orientale, è, a mio giudizio, indispensabile attendere che reali conseguenze avvenimenti militari si rendano manifeste. È cioè indispensabile sapere se esercito turco sia sconfitto e disorganizzato, ovvero se come questi ambienti turchi asseriscono, abbia arretrato semplicemente per esaurimento munizioni, conservando sufficiente compattezza e spirito combattivo; e occorre inoltre constatare resistenza organizzazione kemalista
nell'intero paese. Sarebbe deplorevole ripetere errore Trattato di Sèvres basato su convinzione che Turchia fosse in pieno sfacelo e disposta accettare qualsiasi condizione pace.
(Per Parigi) Prego informarmi come sono apprezzati da cotesto Governo avvenimenti Anatolia e come sarebbe accolta eventualmente iniziativa riesame questione orientale.
(Per Londra) Tanto per sua norma di linguaggio.
179 7 Vedi D. 178. La nuova fonnula fu presentata al Foreign Office con comunicazione verbale dell'8 settembre successivo.
180 1 Del 3 settembre, con il quale il ministro ad Atene, Montagna, dava notizia del prossimo previsto incontro di Gunaris con Lloyd George e Curzon per un regolamento finale del conflitto greco-turco.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1296. Roma, 6 settembre 19 21, ore 15.
Neutralità proclamata da Alleati nel conflitto greco-kemalista esigerebbe venisse data risposta negativa tre quesiti formulati suo telegramma n. 499(1).
Data perspecialissima situazione Costantinopoli che rende inapplicabili solite regole neutralità, e data necessità raggiungere con suoi colleghi accordo che permetta prendere costà misure di pratica esecuzione, autorizzo V.E. aderire punto di vista francese, formulato nel suo telegramma n. 558(2), compreso punto secondo relativo diritto di visita su navi nazionali in alto mare. Ove V.E. abbia particolari osservazioni da formulare su quest'ultimo punto prego telegrafarmele.
IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, GARBASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 852. Parigi, 6 settembre 1921.
Ahmet Riza bey è venuto a vedere Galli e gli ha tenuto il discorso che Galli crede doveroso portare a conoscenza dell'E.V. e che è qui in seguito fedelmente riprodotto:
«La situazione di Costantinopoli è delle pigravi. L'incendio ultimo che ha ridotto ancora le poche case rimaste, l'accorrere di profughi da ogni parte del!' Anatolia invasa dai greci e dalla Russia, le minacce di epidemia che sono alla porta, la mancanza di libertà, la convinzione ognora crescente che soltanto l'Inghilterra domina e comanda, fanno pian piano sorgere la persuasione che sarà con quest'ultima che alla fine dei conti bisognerà intendersi. In tal caso non è forse meglio trattare prima di es-. sere totalmente distrutti?
Francia ed Italia ci hanno fin qui sorretto delle loro simpatie e ci hanno dato ogni loro affidamento. Specialmente la politica italiana aveva, con la linea di condotta assunta subito dopo l'armistizio, guadagnato tale una posizione che altre potenze non avevano conquistato in mezzo secolo. Senonché promesse, affidamenti, simpatie non hanno impedito che il nostro paese sia invaso dai greci e sia ora completamente sconvolto dalla guerra. Allora noi ci chiediamo se Italia e Francia ci hanno ingannato, o se sono impotenti ad imporsi alla politica inglese, che non tanto cerca la nostra distruzione quanto la nostra soggezione. In entrambi i casi è fatale che la convinzione unanime sia quella di trattare al più presto con l'Impero britannico. Questa tendenza è tanto forte che ha dato luogo ad un recente consiglio presso il sultano. La tendenza non vi ha prevalso; ma quanto non è accaduto ieri, potrà fatalmente accadere domani. Anche in Anatolia (dove quest'anno non si è seminato e dove potremo avere l'anno venturo la carestia) questa convinzione si va facendo strada. Le popolazioni sono stanche della guerra e ritengono impossibile combattere ulteriormente contro la volontà inglese. Kemal non cederà mai, ma nelle condizioni attuali le diserzioni awnenteranno, ed egli non troverà pile migliaia di uomini necessari per continuare la lotta, tanto più chel'ultima decisione del Consiglio supremo permette facilmente ai greci di ricevere quante armi sono loro necessarie, mentre della stessa decisione i turchi non possono trarre profitto alcuno.
Perciò ripeto, verrà fatalmente un momento in cui tutti i turchi saranno unanimamente propensi a trattare con l'Inghilterra, che perciprenderà nel nostro paese tutto il posto e tutta l'influenza che sarebbero spettati alla Francia ed all'Italia.
Prima che questo avvenga sarebbe mai possibile una azione comune della Francia e dell'Italia verso l'Inghilterra la quale, partendo dal fatto che gli interessi economici sono troncati e compromessi dal continuare della guerra, imponga a Kemal ed alla Grecia di finire la lotta, rimettendo ogni ulteriore decisione alle grandi potenze? Kemal accetterà sicuramente, alla Grecia non sarà impossibile imporre la volontà degli Alleati col semplice blocco pacifico.
Io ho già esposto questa mia idea a Briand cinque giorni or sono, ed egli mi ha risposto che l'Italia aveva ormai preso un'altra via nelle questioni d'Oriente e percila intesa era difficile. Ma domani io sarricevuto da Millerand, e gli ripeterla stessa proposta e vi insister Tornera farvi sapere quello che egli mi avrà risposto».
La probità di Ahmet Riza bey non è discutibile, per quanto egli non goda piil prestigio di qualche anno addietro. Ahmet Riza bey ha avuto notori sentimenti di simpatia prevalente per la Francia, ma ha anche propugnato costantemente la necessità di una intesa fra la Francia e l'Italia per la difesa dei rispettivi interessi orientali e della Turchia, contro i disegni di egemonia britannica. Galli si è limitato ad assicurare Ahmet Riza che le finalità del Governo italiano non sono mutate e che egli avrebbe trasmesso fedelmente a V.E. le sue parole.
181 1 Del 2 agosto, con il quale Garroni aveva riferito che gli alti commissari alleati, nella seduta del 24 luglio, avevano deciso di sentire l'opinione dei rispettivi Governi sui problemi sollevati dalle operazioni di guerra nel Mar Nero e negli Stretti, e precisamente: «I. Se greci possano catturare piroscafi turchi non kemalisti; 2. Se possano attraversare Stretti con prede di guerra catturate Mar Nero e per le quali non sia intervenuto regolare giudizio Commissione delle prede; 3. Nell'eventualità che greci compiano operazioni militari Mar Nero, se possano attraversare Stretti con prigionieri catturati nel corso dette operazioni».
181 2 Del 10 settembre, con il quale Garroni aveva riferito il punto di vista del Governo francese in questi termini: «I. Solo armi e munizioni possono essere trattate come contrabbando di guerra; 2. Navi da guerra greche non possono fermare e visitare navi francesi in alto mare; 3. Passaggio per Stretti preda di guerra catturata da greci in Mar Nero sarà ammesso solo dietro preavviso da parte greci e previo esame sommario legittima preda da parte Commissione interalleata; 4. Passaggio per Stretti prigionieri di guerra potrà essere ammesso dietro preavviso».
IL DELEGATO PER LA CARAMANIA, TUOZZI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
R. 136/35 RIS. URG. Rodi, 6 settembre 1921.
Ho l'onore di riferirmi ai telegrammi di V.E. n. 543 del 29 agosto, n. 551 del 30 agosto, n. 9707 del 1° settembre(1).
Appena giunto a Rodi, il 10 dicembre dello scorso anno, con rapporto n. 1(2) mi permettevo di far presente a V.E. l'opportunità della costituzione di uffici civili nella zona, che fossero i primi anelli della nostra catena di penetrazione.
L'opportunità della costituzione di tali uffici io deducevo da due premesse che a mio modesto avviso mi sembrano assolute. La necessità che la zona assegnataci dal cosiddetto Accordo tripartito non venga a nessun costo perduta per il nostro paese, che il perderla mi sembra la maggiore sciagura che possa capitare all'Italia che si vedrebbe preclusa ogni via di penetrazione in Oriente, e verrebbe ad enorme suo svantaggio, dopo la guerra vittoriosa, e a causa di essa, modificato l'equilibrio nel Mediterraneo. E non perdere la zona significa non accontentarsi di vuote formule di penetrazione economica, che anche quelli che di esse vedevano la possibilità hanno dovuto convincersi che i turchi ogni ostacolo frapporranno ad ogni nostra ingerenza, e collaborare non sanno e non vogliono. Penetrazione economica del resto che in paese povero e mal ridotto come l'Anatolia meridionale significa creazione di aziende, enormi lavori idraulici, portuali, ferroviari, che non è possibile fare senza assicurarsi la amministrazione del paese almeno in via indiretta a traverso un governo debole e significa specialmente colonizzazione agricola che potrà trasformare tutta la regione, ma per la quale è necessario poter far tacere le tenaci resistenze turche non solo delle autorità in tale campo ma di tutta la popolazione. Penetrazione economica quindi sottintende impadronirsi in un tempo pio meno lontano, con mezzi pio meno diretti della politica e della amministrazione della zona. A tale necessità, che, io ripeto, ritengo assoluta per il nostro paese, si contrappone l'altra premessa: la difficile possibilità per ragioni interne ed esterne e, in ogni caso, la non convenienza, di un grosso sforzo militare per impadronirsi con mano militare della regione. Una spedizione militare il nostro paese potrà, anzi dovrà, fare, che le resistenze turche saranno tali e tante che essa finirà per imporsi; ma occorrerà farla quando il Governo la riterrà opportuna e soltanto in tale momento, quando cioè la situazione interna del nostro paese sarà tale da essere certi che essa verrebbe condotta a termine sicuramente una volta iniziata, e quando le forze di resistenza a noi avverse saranno le pideboli, le pistremate che è possibile immaginare. Oggi occorre attendere e specialmente lasciare che greci e turchi, elementi a noi egualmente ostili oggi, e avversi domani ad ogni nostra espansione in Anatolia, continuino la loro guerra che li strema e li indebolisce a vicenda. Situazione a noi più favorevole non potremmo sperare di avere data la nostra necessità di attesa. Se tali due premesse sono
esatte, e se non lo fossero tutta la mia linea politica che sotto gli ordini di V.E. vado esplicando nella zona sarebbe errata, ne viene di conseguenza che noi dobbiamo cercare di formare e di dar forza ad uffici che costituiranno i nostri organi di governo di domani. Tali uffici non possono essere militari, vale a dire costituiti come pur troppo si fece coll'occupazione militare del' 19 da Comandi di presidio; che il conflitto coll'autorità militare significa non essere pipadroni del momento, essere cioè trasportati non volenti e quindi in tempo inopporttm.o a misure violente, ovvero a ritiro di reparti di fronte alla minaccia e alla tracotanza turca con enorme diminuzione del nostro prestigio. Uffici civili quindi con forma ed aspetto consolare che dalla abilità degli uomini ad essi preposti e dagli eventi, potranno avere maggiore o minore ampiezza; essere cioè ristretti alle semplici funzioni consolari dinanzi al prepotere turco, allargati a quelle di residenti con potere di amministrazione nel paese dinanzi allo sfacelo dello Stato kemalista. Una sola opposizione vi era, mi sembra, alla realizzazione di tale progetto: la possibilità cioè di installare gli uffici data l'intransigenza delle autorità turche, e installatili di farli funzionare. Questa possibilità vi era certo al momento delle occupazioni militari nella primavera del '19: e gli uffici civili allora formati avrebbero certo resistito, sia pure a traverso attriti, alla intransigenza kemalista. Questa possibilità vi è certamente oggi che le vittorie greche hanno quasi isolata la zona e fiaccata la fiducia turca nella vittoria finale. Qualsiasi avvenimento è prevedibile nel paese stanco dalle razzie di uomini e di danaro, che in questi ultimi tempi sono diventate gravosissime, tanto più chei funzionari non pagati e incerti del domani taglieggiano per loro conto la popolazione. Se un nostro funzionario non potesse fare altro che essere presente in un posto, già a me sembra farebbe opera utile, ché infatti i paesi ove noi siamo presenti son certo trattati in modo ben differente che i paesi ove le autorità kemaliste non hanno su essi controllo alcuno. Ma oltre a rassicurare con la loro presenza la popolazione, oltre a tutelare quei pochi interessi specialmente di rodioti che mal si proteggono con la presenza saltuaria di nostre siluranti, il funzionario civile acquisterà intanto conoscenza del paese e delle persone ed ove appunto gli avvenimenti precipitassero noi avremmo nella zona uffici pronti a far fronte ad ogni esigenza, embrioni insomma di maggiori uffici. Ecco perché mi sembra urgente la costituzione di essi tanto più cheoggi noi corriamo il rischio enorme che pur restando i greci nella zona di Smirne, il Governo kemalista rimanga nella restante Anatolia vale a dire renda a noi impossibile qualsiasi penetrazione nella zona a noi riconosciuta di privilegio economico. Urgenza di costituzione che poi in pratica trova ostacoli nel tempo necessario per far giungere qui il personale, scegliere gli interpreti, sistemarlo sul posto.
Nel rapporto del 10 dicembre a cui mi riferisco accennavo alle difficoltà di trovare le persone adatte. Il r. Ministero degli affari esteri metteva recentemente a disposizione a tale scopo, oltre il r. vice console Tommasi destinato a Scalanova, i due ex ufficiali marchese degli Albizzi e signor Bracco; a questi si possono aggiungere l'ex tenente colonnello De Bisogni, il cav. Liberati maggiore in posizione ausiliaria speciale, se il Governo di Rodi acconsentisse a privarsi di tale ottimo elemento, il signor Santamicone già capitano addetto a codesta r. ambasciata, il signor Savino già ufficiale ad Adalia ed ora primo impiegato presso quel consolato. Sono senza alcun dubbio insufficienti come numero al bisogno ma costituiscono un primo nucleo con cui mi sembra si possa incominciare. Le località a cui essi dovrebbero essere destinati potrebbero essere le seguenti: Mougla, Selefkè, Milas (con residenza a Kuluk), Macri, Alaja, Finnica (escludo Marmaritza con cui i contatti sono frequenti dati i rifornimenti della r. Marina). A Mougla e a Selefkè, sedi di mutessarif, si potrebbero inviare il maggiore Liberati e il ten. colonnello De Bisogni, già pratici del lavoro e della zona. Il Savino di accordo con Faralli, andrebbe a Finnica, e si potrebbero inviare (ma nessuna ragione vi sarebbe perché tali destinazioni non potessero mutare per nuove esigenze) Santamicone a Macri, Bracco a Milas, degli Albizzi ad Alaja. Bisognerebbe provvedere in un secondo tempo, e ad avvenimenti favorevoli, a Burdur ed !sparta per cui cercherei fin d'ora le persone adatte.
I funzionari titolari degli uffici di Mougla e Selefkè potrebbero avere una diaria giornaliera di lire 50 oro nette, quelli degli altri uffici una diaria di lire 40 oro nette avendo a loro carico tutte le spese tranne quelle di ufficio. Presso ogni ufficio dovrebbe esservi un interprete con lo stipendio di circa 600 lire oro al mese nette. E funzionari ed interpreti non dovrebbero venire assunti per un tempo determinato, è un incarico speciale il loro che potrà pio meno prolungarsi; bisogna tener presente che questa degli uffici civili, sarà, con modificazioni che la esperienza e le circostanze imporranno, la sistemazione futura della zona e quindi è preswnibile che i funzionari prescelti, ove si mostrassero idonei, potranno restare a lungo nella zona. Le diarie, che io ho cercato di stabilire tenendo conto del costo della vita in Anatolia e del sacrificio imposto di vivere in piccoli paesi privi di ogni agio graverebbero sul bilancio dello Stato (funzionari ed interpreti) per la somma complessiva giornaliera di 380 lire oro nette al giorno, vale a dire 11.400 (undicimilaquattrocento) lire oro al mese: piccola somma invero di fronte alle spese sopportate per il r. corpo di spedizione e per la r. Marina, ed essa rappresenta la spesa utile quella cioè necessaria per uffici che consolidatisi man mano resteranno definitivi.
Presso ogni ufficio civile vi dovrebbe essere un piccolo reparto Carabinieri, nucleo della futura gendarmeria della zona. È difficile per ora poter con precisione assegnare ad ogni singolo ufficio gli uomini necessari, che cidipenderà soltanto dalle circostanze e dalla resistenza che si incontrerà presso le autorità turche. all' inizio ogni ufficio avrebbe due o quattro carabinieri per ragione di protezione, con il proposito perben fermo di awnentarli avvalendosi di ogni eventualità. Perciò i carabinieri (un centinaio di uomini per ora con tre o quattro ufficiali), dovrebbero essere concentrati a Rodi e distribuiti secondo le possibilità. La spesa quindi per tali carabinieri è difficile con esattezza stabilire; da notizie assunte si dovrebbe calcolare sulla media di lire 20
o 25 carta per ogni carabiniere al giorno. Si dovrà poi provvedere ad una migliore organizzazione dei servizi di comunicazione marittimi (linee di cabotaggio del piroscafo «Ligure»), radiotelegrafici, automobilistici; ma su ciriferirappena saranno resi pievidenti i bisogni dopo la costituzione degli uffici.
Mi sembra superfluo aggiungere che io accompagnerei ogni singolo funzionario alla sede fissatagli in modo da smussare gli angoli e diminuire le prime difficoltà.
Tali uffici funzionerebbero tutti sotto la veste di vice delegati della r. ambasciata di Costantinopoli e gerarchicamente sarebbero divisi, almeno per ora, alcuni (Selefkè, Alaja, Finnica) alla diretta dipendenza del r. delegato in Adalia; gli altri (Milas, Mougla, Macri) alla diretta dipendenza del r. delegato in Scalanova, cap. Tommasi, di cui mi auguro imminente l'arrivo. Questa organizzazione provvisoria che, a mio modesto
avviso, è tale da renderci in qualche modo padroni della zona e in ogni caso da permetterci di essere in essa presenti per ogni eventualità, io mi auguro che trovi l'ambita approvazione di V.E. in modo che abbia a ricevere le necessarie istruzioni per poterla senzaltro iniziare.
Copia del presente rapporto è stata trasmessa al r. Ministero degli affari esteri e a
S.E. il governatore di Rodi.
183 1 Non rinvenuti.
183 2 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 1301. Roma, 7 settembre 1921, ore 1.
Telegramma di V.E. n. 526(1).
Nelle attuali circostanze è naturale che vi sia in Austria un movimento di opinione pubblica che spinga verso la Cecoslovacchia ed in generale verso la Piccola Intesa che in sostanza è diretta contro l'Ungheria(2).
Sta al Governo di Vienna perdi non lasciarvisi trascinare. Essendo l'Austria il pidebole degli Stati successori, è suo interesse di restare estranea agli intrighi balcanici della Piccola Intesa che potrebbero porla in pericolosa situazione che non è in gradi di affrontare. L'iniziativa da me presa verso gli Alleati per atteggiamento energico e risoluto verso l'Ungheria per l'esecuzione del trattato di pace, deve dare sufficiente affidamento al cancelliere per contare sopra appoggio Intesa e distoglierlo dal cercare
o aderire a pericolose combinazioni che potrebbero anche compromettere l'appoggio costante ed efficace dato all'Austria dal Governo italiano.
Occorrerà che la S.E. ricordi al signor Schober la saggia politica del signor Renner che appoggiandosi decisamente su l'Italia curava i buoni rapporti con la Cecoslovacchia e gli altri vicini senza lasciarsi perattirare dal signor Benèš in combinazioni pericolose. Certo non punuocere all'Austria che l'Ungheria abbia la sensazione che Piccola Intesa potrebbe intervenire per l'esecuzione del Trattato di Trianon ma occorre che Governo austriaco agisca in modo che tale intervento non avvenga. In tali condizioni sarebbe meglio evitare l'incontro con Beneš di cui è noto il programma di prendere la direzione della Piccola Intesa e di ridurre Vienna alla dipendenza di Praga(3).
184 1 Del 5 settembre, non pubblicato.
184 2 Costituita per l'ipotesi di attacchi non provocati da parte dell'Ungheria, la Piccola Intesa si fondava su una serie di convenzioni di alleanza: tra il Regno S.H.S. e la Cecoslovacchia (Belgrado, 14 agosto 1920); tra la Romania e la Cecoslovacchia (Bucarest, 23 aprile 1921) e tra il Regno S.H.S. e la Romania (Bucarest, 7 giugno 1921).
184 3 Con T. 1330 del 9 settembre Torretta trasmetteva a Praga il presente documento, riportando una segnalazione di Biancheri circa l'intenso lavorio in atto per spingere l'Austria nell'orbita cecoslovacca.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1310. Roma, 8 settembre 1921, ore 2,30.
Suoi telegrammi 12 e 20(1).
R. Ministero si è limitato accusare ricevuta per comunicazione nota americana 11 agosto(2). Proposta di cui al paragrafo 3(3) detta nota non può essere da noi accettata. Non essendo intenzione Stati Uniti sollevare obbiezioni attuale assegnazione mandati, conclusione di un trattato speciale nuocerebbe difesa nostra tesi, su cui dobbiamo tener fermo, che mandati A traggono origine da Trattato Sèvres e che loro discussione approvazione potrà solo avvenire dopo ratifica detto trattato.
V.E. potrà far conoscere, ove già non l'abbia fatto, nostro punto di vista colleghi francese e inglese.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, ALLA LEGAZIONE AD ATENE, AL GOVERNO DI RODI E AL CONSOLATO AD ADALIA
T. 1312. Roma, 8 settembre 1921, ore 2,30.
(Per tutti meno Rodi) R. governatore Rodi in data 2 corrente telegrafa quanto segue:
(riprodurre telegramma 5112/7520 di raccolta)(1).
Con altro telegramma del 4 corrente r. governatore aggiunge:
(riprodurre telegramma n. 5141/8553 fra i segni)(2).
(Solo per Cospoli e Adalia) Nel comunicare ad Atene trascritti telegrammi ho aggiunto quanto segue:
(Solo per Rodi) Nel comunicare Atene suoi telegrammi 7520 e 8553 ho aggiunto quanto segue:
(Per tulli) Non possiamo ammettere esercizio da parte belligeranti diritto visita su navi di qualunque bandiera in acque territoriali Dodecanneso ed in quelle della zona anatolica sotto nostro controllo; così pure non potremmo tollerare visita navi nazionali in alto mare.
Polizia marittima in dette acque territoriali è stata da noi esercitata sempre: rammento che abbiamo tosto fatto cessare attività caicchi armati turchi. Prego protesta presso codesto Governo per fatti accaduti e dichiarare che saremmo costretti opporci nuove azioni torpediniere greche(3). (Solo per Rodi e Adalia) Prego regolarsi in conseguenza.
185 1 Rispettivamente del 2 e 4 settembre, non pubblicati.
185 2 Si tratta di un documento sulla questione dei mandati inviato dal segretario di Stato americano agli ambasciatori di Gran Bretagna (il 4 agosto) e di Francia, Italia e Giappone (nei giorni successivi) per comunicazione ai rispettivi Governi.
185 3 Il paragrafo 3 della nota americana così recitava tra l'altro: «The right ofthe United States in the territories in question could not be made the subject ofsuch disposition as is proposed without its assent [...]. It is thought, however, that there would be no difficulty in negotiating an appropriate treaty ... » (ed. in Papers relating to theforeign relations ofthe United States, 1921, voi. II, Washington, United States Govemment Printing Office, 1936, p. 107).
186 1 Del 2 settembre, con il quale il governatore di Rodi riferiva il sequestro di un veliero ottomano da parte di una torpediniera greca.
186 2 Del 4 settembre, con il quale De Bosdari riferiva di nuovi episodi di intervento greco in mare aperto.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE PER LA PESCA IN ADRIATICO, TOSTI DI VALMINUTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5252/18. Pola, 8 sellembre 1921, ore 16,30 (perv. ore 20,45).
Segretario della Commissione dopo aver conferito con V.E. mi telegrafa da Roma di spedire subito il testo integrale progetto convenzione. Eseguo immediatamente facendo presente che testo stesso non potrà giungere Roma prima di sabato. Reputo mio dovere informare V.E. che delegati jugoslavi intendono assolutamente partire definitivamente lunedì mattina con unico piroscafo celere per Spalato. Loro partenza senza aver firmato significherebbe crollo laboriosissime trattative che portano grandi vantaggi all'economia nazionale ed a nostro ceto peschereccio Adriatico senza impegnarci in alcun modo in reciprocità e concessioni onerose come per il passato con Austria-Ungheria. Tali vantaggi sono: ammissione dei pescatori italiani in tutta la zona ben delimitata da Fiume a Zara migliorando ancora le concessioni di cui essi godevano prima guerra con la convenzione di Gorizia; ammissione dei nostri pescatori del basso Adriatico nella zona curzolana; nessuna reciprocità di trattamento sulle nostre coste ai pescatori jugoslavi eccetto sugli scogli di Pelagosa Cazafer ed altri lagostini dove furono mantenute consuetudini fino ad ora godute; tutela della pesca; buona organizzazione sorveglianza e polizia marittima per evitare conflitti eventuali; nessun impegno Governo del re, ma come già quello di Gorizia del 1884 è un progetto formulato da tecnici che dovrà essere approvato dai due Governi come esplicitamente è detto nell'introduzione e come fu stabilito a Belgrado, io, salvo ordini contrari di V.E., firmerdomenica il progetto in parola(1). Sono persuaso che qualora dovesse essere rimandata firma e conseguentemente delegati jugoslavi partissero, sarebbe impossibile ottenere poi per Italia vantaggi conseguiti data condizione opinione pubblica in Dalmazia contraria ritorno pescatori italiani sulla costa jugoslava.
186 3 Con successivo T. 5314/354-355 dell' 11 settembre il ministro ad Atene, Montagna, comunicava poi la presentazione di una «energica nota di protesta» al ministro degli esteri ellenico, sottolineando: «il ministro ne ha distintamente e formalmente preso atto».
187 1 Il progetto di convenzione fu poi firmato il 14 settembre a Brioni, a seguito di autorizzazione ministeriale del 10 settembre (testo in Trattati e convenzioni, voi. 27, n. XXXIX).
IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, SENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T.5259/1798-1799. Smirne, 8 settembre 1921, ore 21,40 (perv. ore 9 del 9).
In seguito soppressione tribunali ordinari ottomani giurisdizione penale è stata qui interamente devoluta alla Corte marziale greca la quale non riconosce alcun privilegio capitolare. Precedenti ricorsi dei consoli avevano provocato singole (manca) delle soluzioni di espedienti da parte alto commissario ellenico il quale perci ha recentemente notificato che competenza Corte marziale deve intendersi estesa senza eccezione a tutti delitti di diritto comune. Ho provocato urgente riunione dei delegati e sottoposto loro nota collettiva di protesta che è stata accettata dagli altri consoli ed inviata a Sterghiadi il 5 corrente.
In detta nota si fa anzitutto riserva di esaminare questione competenza Corte marziale in materia delitti contro sicurezza esercito, dichiarando intanto che nessuna limitazione al regime capitolare può essere ammessa in assenza accordi speciali tra Governo greco ed i Governi interessati(1). Per quanto concerne delitti di diritto comune si è dichiarato non poter in alcun modo (manca) competenza Corte marziale a meno ricevere ordini tassativi rispettivi Governi; si protesta contro esercizio tale giurisdizione militare e procedura seguita nei riguardi con sudditi stranieri e si fanno le piesplicite riserve circa validità delle sentenze pronunciate. Trasmettertesto nota e prego V.E. intanto telegrafarmi, per norma di condotta e di linguaggio, se r. Governo non sarebbe alieno addivenire accordo con Governo greco in base al quale, pur confermando diritto regime capitolare sia consentita competenza Corte marziale con assistenza consolare pei delitti contro sicurezza esercito imputati a cittadini italiani.
Comunico presente telegramma a Montagna.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 1314. Roma, 8 settembre 1921, ore 22,30.
Non posso approvare approcci da lei fatti presso cancelliere e presso ministro Ungheria(1)nello intento conoscere loro disposizioni per eventuale conciliazione transattiva. In altro momento conoscenza reali intendimenti due parti poteva, e potrà forse in
avvenire, essere molto utile. Ma nel momento attuale suo passo, che difficilmente sarà creduto di sua personale iniziativa, complica inopportunamente conflitto e comunque indebolisce nostra azione che è stata finora e intendo mantenere molto decisa.
Prego dunque affrettarsi informare cancelliere e collega ungherese che da istruzioni ricevute da me ella comprende non essere io affatto nella linea di una affrettata transazione, restando invece fermo per tutte le ragioni che ho ampiamente illustrate nei miei precedenti telegrammi nel concetto della necessità che trapasso Comitati occidentali sia effettuato senzaltro secondo disposizioni trattati e conformemente legittime ingiunzioni organi interalleati.
Ciò premesso ella potrà, se lo crede, soggiungere che, ad evacuazione dei Comitati avvenuta, l'Italia sarà disposta, ove richiesta, ad offrire i suoi disinteressati e cordiali uffici per la conciliazione su basi di equità e di ben intesa moderazione dei due paesi, il cui accordo ci sta realmente a cuore.
188 1 L'abolizione del regime capitolare a Smirne non era prevista nel progetto di trattato di pace con la Turchia.
189 1 Vedi D. 177.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A PARIGI, BONIN, E AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1315. Roma, 8 settembre 1921, ore 22,30.
(Per Parigi e Londra) Marchese Imperiali mi ha telegrafato in data 7 corrente quanto segue:
(telegramma n. 26)(1).
(Per Ginevra) Telegramma di V.E. n. 26.
(Per tutti) Io non avevo chiesto un differimento sine die della discussione circa frontiera albanese, ma semplicemente un rinvio che permettesse concludere trattative che stiamo conducendo a Londra e Parigi. Abbiamo già presentato una nuova formula conciliativa e non dubitiamo che Governi alleati inspirandosi sentimenti amichevoli che informano reciproci rapporti daranno loro adesione. Pertanto con ogni probabilità basterà che discussione sia rinviata di un breve periodo. Non posso credere che Balfour e Bourgeois dopo questi chiarimenti vorranno insistere per una discussione precipitosa e contro la nostra espressa e ferma volontà. Sarà bene che ella non nasconda loro che ripercussione di un incidente di tal natura sarebbe grande in Italia. Né per parte mia mi sento disposto in coscienza, a sacrificare gravi interessi del paese a scrupoli procedurali della Società della Nazioni. E nemmeno, in verità, è bastevole per distogliermi da questo proposito la preoccupazione di urtare suscettibilità albanese.
Che se Ciò nonostante presidenza Assemblea Società Nazioni vorrà dar corso discussione passando oltre amichevoli uffici che la delegazione italiana vorrà esplicare,
prego V.E. dichiarare per iscritto che r. delegazione si asterrà dall'intervenire all'adunanza riservando al proprio Governo piena libertà di apprezzamento e di azione circa qualsiasi deliberazione adottata in sua assenza(2).
(Per Parigi e Londra) Prego adoperarsi con ogni impegno presso codesto Governo perché siano dati suo delegato Società Nazioni istruzioni consentire aggiornamento discussione frontiera albanese.
190 1 Con tale telegramma Imperiali aveva fatto osservare l'impossibilità -ai tennini del patto e del regolamento della S.d.N. -di differire indefinitamente la discussione di una questione di cui fosse stato chiesto l'inserimento all'ordine del giorno.
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 485-486-487 GAB. SEGR. Belgrado, 8 settembre 1921 (perv. il 9).
Mio telegramma n. 479(1).
Popovich prima della sua prossima partenza è venuto vedermi. Abbiamo parlato questioni di Fiwne, Ungheria, Albania. Era bene impressionato della partenza legionari da Porto Baros. Crede che Ungheria si sottometterà ingiunzione potenze senza creare gravi difficoltà. Per Albania mi ha dichiarato che la Jugoslavia non potrà accettare confini del 1913 senza alcuna rettifica essenzale sua sicurezza militare e resisterà con tutti i mezzi fino ad ottenerle. Ha insistito nuovamente nel senso di una intesa diretta tra Italia e Jugoslavia sulla questione albanese. Avendo intrapreso conversazione in proposito relazioni commerciali a titolo perpuramente personale, ho appurato che Governo jugoslavo ha dichiarato recentemente a Londra che accetterebbe, ma con qualche rettifica, confine del 1913 a condizione che tutti rispettino indipendenza integrità Albania. Nella dichiarazione non è stato fatto specifica menzione di Saseno, ma la riserva generica involge la questione.
Ho detto allora che per una nostra diretta intesa mi pareva assolutamente necessario che Jugoslavia rinunziasse sollevare in qualsiasi modo questione di Saseno. Egli ha osservato che formula genericamente usata a Londra si prestava a ciò . Ho detto poi che mi sembrava indispensabile precisare preventivamente le rettifiche di ordine militare.
Dalle sue risposte dovrei preswnere che un'intesa potrebbe essere raggiunta sulle basi seguenti:
1) rispetto indipendenza integrità Albania;
2) avvertimento Governi alleati rettifiche d'ordine militare ai confini settentrionali del 1913;
3) nessuna obiezione per nostra posizione Saseno, ma occorrerebbe intender( ... ) nettamente.
La questione albanese appassiona l'opinione pubblica jugoslava pidi quella della Barania ed è evidente l'interesse del signor Pasich di uscirne soddisfacentemente in una intesa con Belgrado; tale questione avrebbe favorevole ripercussione per la soluzione di altre questioni pendenti fra Italia e Jugoslavia. Conosco difficoltà circa trattative per il tratto frontiera albanese montenegrina, ma per esso potremmo rimetterci decisione grandi potenze e ben inteso solo per lievi rettifiche. In proposito Popovich mi ha detto che Francia e Inghilterra non sono più favorevoli ad importanti modificazioni confini come pel passato. Nella conversazione ho fatto allusione anche a Commissione tra i confini nord e sud. Popovich ha parlato nel senso intervenendo intesa per il confine settentrionale Jugoslavia non ci creerebbe difficoltà circa quello meridionale.
190 2 Ritornando sulla questione, con T. 1341 del 10 settembre per Ginevra, Torretta precisava che, in caso di dichiarazione scritta, Imperiali avrebbe dovuto sottolineare non avere la nostra riserva alcun carattere di avversione alle aspirazioni albanesi, «dovendo anzi Governo italiano rivendicare a sé iniziativa di risolvere problema albanese mediante costituzione Stato nazionale indipendente».
191 1 Del 7 settembre, non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5274/566. Costantinopoli, 9 settembre 1921, ore 18,30 (perv. ore 1,30 del 10).
Scelsi(1)con suo rapporto 368(2) diretto anche a Ministero marina del quale prego V.E. prendere visione prospetta urgenza nostra affermazione nei distretti di Burdur Isparta e Konia dato che Italia voglia continuare ad ingerirsi nelle faccende Adalia per trovarvi larghe basi di penetrazione economica. Dati ultimi avvenimenti militari fra greci e kemalisti pusembrare buona proposta affermazione. Ma per decidersi ad essa bisogna essere pronti fronteggiare tutte le possibili conseguenze. Legalmente non è giustificato nostro intervento non avendo noi alcun mandato ed essendo esso in contraddizione con ripetute dichiarazioni francesi fatte di non voler occupazioni territoriali. Voler noi tutelare ordine pubblico non avrebbe alcun serio fondamento contro obiezioni che ci venissero mosse da una o dall'altra parte.
Assumere questo compito con forza apparente più chereale ci metterebbe di fronte serie conseguenze dipendenti anzitutto da vicissitudini guerra greco kemalista oltre che da opposizione apparente ( ...) dei nostri stessi alleati e certamente da parte greci che esaltati da successi ottenuti mal soffrirebbero nostra presenza in distretti che già stanno maneggiando per sollevarci contro nazionalisti. Nostro intervento occasionale ci condurrebbe dunque a gravi conseguenze che non credo si vorrebbe affrontare per ragioni di politica interna ed estera e che ci obbligherebbero al primo contrasto ad abbandono come quello dell'Albania a cui in periodo non lontano fummo obbligati per non trovarci in difficile posizione. Sono quindi d'avviso che ci convenga fare del nostro meglio per rimanere dove siamo perché pur avendo fine economico (manca) mal ci si adatta ad eventuali possibilità (manca) e tanto meno a lasciarci surrogare da altri sia pure di noi meno potenti.
Ma penso che nostra direttiva dovendo essere chiara e netta per non doverci trovare poi in serii imbarazzi, non ci convenga avventurarci in impresa difficile quando non si sappia di poter andare fino in fondo per fronteggiare qualsiasi evento.
Tutto ci( ... ) non mancherdi seguire quella direttiva diversa che piacesse a
V.E. darmi. Telegrafato Rodi Adalia.
192 1 Era il comandante della r. nave «Napoli».
192 2 Non rinvenuto.
IL DELEGATOALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, GARBASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5279/487. Parigi, 9 settembre 1921, ore 20,15 (perv. ore 1,30 del 10).
Telegramma di V.E. 1315(1).
Albania. Questo direttore degli affari politici mi ha dichiarato nel modo picategorico: 1) che Governo francese accetta seconda formula da noi proposta(2)come accetterebbe qualsiasi altra che noi credessimo utile proporre nel nostro interesse; 2) che Governo francese è disposto ad appoggiarla presso Governo inglese; 3) che delegato francese a Ginevra riceve istruzioni per l'aggiornamento della discussione della frontiera albanese. Parlando di Saseno Perretti mi disse che Saseno è italiana e deve rimanere all'Italia e di sua iniziativa mi dichiarche Quai d'Orsay è completamente estraneo all'articolo comparso nel Temps che non rispecchia per nulla il suo pensiero. Questo Ministero ha già telegrafato all'ambasciatore di Francia a Londra per sapere quale accoglienza Governo britannico ha fatto alla nostra proposta ma finora non ha ricevuta risposta. Perretti mi ha detto che Briand nel parlargli della nostra proposta gli disse che Governo francese non aveva fin qui preso alcuna iniziativa nella questione albanese come quella che non toccava da vicino i suoi interessi ma che era disposta ad appoggiare nostra tesi.
Bourgeois ha chiesto a questo Ministero se era possibile ritardare discussione della questione albanese davanti alla Società della Nazioni fino alla prossima riunione della Conferenza degli ambasciatori che così potrebbe regolarla completamente. Ho osservato a Perretti che la Conferenza non si riunirebbe che il 28 corrente e che d'altra parte r. Governo non chiedeva un lungo aggiornamento ma solo un rinvio che permettesse ai(...) r. Governi alleati di accordarsi sulla formula da noi proposta.
193 1 Vedi D. 190.
193 2 Vedi D. 179.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AI MINISTRI A RIGA, MACCHIORO, E A VARSAVIA, TOMMASINI
T. 1325. Roma, 9 settembre 1921, ore 22.
Imperiali mi telegrafa ora da Ginevra che suoi colleghi Francia Inghilterra hanno domandato rispettivi Govenagire efficacemente Varsavia Kowno per ridurre contendenti accettare soluzione transazionale, ed hanno espresso desiderio che analoghe direttive vengano impartite dal regio Governo ai regi rappresentanti in Polonia e Lituania.
Ho risposto Imperiali che lo avrei fatto e prego V.S. agire in conseguenza.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUCAREST, MARTIN FRANKLIN
T. 1327. Roma, 9 settembre 1921, ore 22.
Telegramma di V.E. n. 229(1).
Approvo quanto V.S. ha detto generale Averescu circa corridoio slavo che costituisce minaccia così per Italia come per Romania. Prego dirgli che mi compiaccio constatare questo altro punto di contatto interessi due paesi che potrà dar luogo in determinate circostanze ad utili intese per comune linea di condotta.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, E AL CONSOLE AD ADALIA, FARALLI
T. 1331. Roma, 9 settembre 1921, ore 22.
(Solo per Rodi) R. console Adalia in data 3 corrente telegrafa quanto segue:
(telegramma 5135 di collez. fra i segni)(1).
(Solo per Cospoli) A telegramma Faralli 3534/379.
(Solo per Ada/ia) Suo telegramma n. 3534/379.
(Per tutti) Ove autorità militari lo ritengano utile nulla osta da parte mia rioccupazione Mannaritza. A mio avviso converrebbe perrioccupazione avvenga con reparto marinai in modo da accentuare che unico scopo sbarco è quello proteggere deposito carbone istituito per rifornimento navi durante inverno. Mi riservo prendere accordi con Ministro della marina.
(Solo per Rodi e Cospoli) Prego V.E. telegrafanni urgenza suo avviso al riguardo(2).
195 1 Del 7 settembre, non pubblicato.
196 1 Con il T. 3534/379 (n. di protocollo di arrivo 5135), Faralli suggeriva il mantenimento del deposito di carbone a Marmaritza, «essendo cessate ragioni di ordine speciale che consigliarono sgombero Marmaritza».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A RIGA, MACCHIORO
T. 1354 RIS. Roma, 10 settembre 1921, ore 24.
Legazione di Polonia ha informato questo Ministero che V.S. ha fatto passi non ufficiali presso codesto suo collega polacco offrendo propria mediazione nell'intento comporre vertenza con Lituania per Wilna. Legazione di Polonia per incarico Governo di Varsavia ha chiesto se V.S. avesse agito per istruzioni di questo Ministero.
È stato risposto che qui niente risultava(1).
Prego fornirmi dettagliate spiegazioni(2).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A COSTANTINOPOLI, PARIGI E LONDRA, AL GOVERNO DI RODI E AL CONSOLATO AD ADALIA
T. 1359 RR. Roma, 11 settembre 1921, ore 10,30.
(Per tutti eccetto Costantinopoli) Verso la metà di luglio prossimo passato ricevendo Feti bey(1), che combatté in passato tenacemente contro di noi in Libia e che prima di tornare ad Angora voleva esprimermi, come diceva lui, lealmente la gratitudine dei turchi per la politica dell'Italia verso il suo paese, lo pregai di esporre molto francamente a Kemal pascià la sorpresa ed il risentimento italiano per l'attitudine del suo Governo nient'affatto rispondente alla benevolenza finora dimostrata dall'Italia,
di ricordargli che gli incidenti gravi occorsi ancora attendono soddisfazione e di non nascondergli che il limite della tolleranza da parte nostra era raggiunto. Feti bey che, all'unisono dei suoi compagni di partito residenti a Roma, deplorava la condotta del Governo nazionalista verso di noi, promise di farlo.
In fatti in data 31 agosto il r. ambasciatore a Costantinopoli mi telegrafa quanto segue:
(riprodurre telegramma di collezione n. 5008/553)(2).
Il testo della lettera di Feti bey non mi è ancora pervenuto. Intanto
(Per tutti) Giami bey ha comunicato un telegramma da Angora del 23 ottobre su cui è detto essere stato Feti bey incaricato di inviare a (V.E.) S.E. il marchese Garroni la lettera di cui al telegramma precedente (di V.E. n. 553) e lo incarica di insistere presso il r. Governo per l'invio di un rappresentante ad Angora.
Giami mi informa inoltre che Bekir Sami ha ricevuto pure un telegramma da Angora col quale gli si fa premura di raggiungere intesa con Francia ed Italia circa accordi economici e poi tornare subito ad Angora.
Giami e Bekir Sami ritengono che Mustafà Kemal abbia finalmente capito errore commesso non approfittando favorevole occasione offertasi alcuni mesi or sono ottenere pace onorevole per Turchia e si prepari ora gettarne responsabilità sull'Assemblea Nazionale attualmente aggiornata, che fu invece sempre uno strumento nelle sue mani concludendo egli stesso gli accordi con la Francia e con l'Italia.
Poiché gli avvenimenti militari che si svolgono in Anatolia stanno forse maturando situazioni nuove che è necessario conoscere per orientare nostra azione, sarebbe mia intenzione accogliere invito rivoltomi da Mustafà Kemal con la lettera di Feti bey e con la comunicazione di Giami bey ed inviare presso di lui ad Angora od in quell'altra città in cui sia per trasferirsi il console Tuozzi.
L'incarico che gli affiderei sarebbe principalmente di indole informativa anche perché occorrerà valutare a suo tempo gli avvenimenti consistenza Governo di Kemal pascià e quindi utilità di negoziare con lui. Tuttavia egli si recherebbe presso il Governo nazionalista con l'incarico formale di risolvere i noti incidenti. Inoltre ove ne sia il caso dovrebbe indagare su quali basi pratiche potrebbe stabilirsi la collaborazione italo-turca nella nostra zona di priorità economica. Io sono fermo nel concetto che base di qualsiasi nostra azione in Anatolia debba restare l'Accordo tripartito che dobbiamo anzi in ogni occasione e col maggior accorgimento difendere da svalutazioni. L' Accordo tripartito, a parte i vantaggi che puoffrirci per l'attuazione della nostra penetrazione in Anatolia, è, a mio giudizio, soprattutto una garanzia diplomatica per il presente e per l'avvenire di fronte alle potenze mediterranee. Occorrerà percievitare pericolo che successivi accordi possano essere invocati, sia dalla Turchia sia dagli Alleati, per sostenere la esplicita o implicita decadenza.
Per queste ragioni ed anche per la sua intrinseca debolezza il progetto di accordo negoziato a Londra con Bekir Sami, non mi sembra meriti il nostro impegno per ottenerne la ratifica. Da questo punto di vista se mai parmi preferibile la proposta di Bekir Sami,
alla quale la Francia sembra favorevole, di sostituirlo con un insieme di concessioni concentrate nella zona di priorità economica, senza tuttavia far menzione della zona stessa. Ben inteso perqueste concessioni dovrebbero aver carattere di esecuzione pratica dell'Accordo tripartito pur ignorandolo nei riguardi della Turchia. La difficoltà maggiore consisterebbe nella ignoranza delle vere risorse della zona: ma si potrebbe forse domandare la concessione di porti e di una rete di ferrovie con relative zone di rispetto e di sfruttamento tale da ridurre sostanzialmente in mano nostra il monopolio dei trasporti.
Su tutto quanto precede prego telegrafarmi suo avviso(3).
196 2 Con T. 8813 del 10 settembre da Rodi (ripetuto con T. 5378/8926 del 13 settembre), il governatore reggente Albertazzi precisava poi trattarsi appunto non di occupazione militare, ma semplicemente dello sbarco di pochi marinai a guardia del deposito di carbone.
197 1 Ma si veda invece la direttiva del 9 settembre a Riga e Varsavia (D. 194).
197 2 Con T. 5377/895 del 12 settembre Macchioro precisava poi di non aver fatto nessun passo «sia pure non ufficiale» sulla questione di Wilna, ma di avere avuto soltanto uno scambio di opinioni con il collega di Polonia.
198 1 Fethy bey era il ministro degli esteri del Governo kemalista di Angora.
198 2 Con tale telegramma l'ambasciatore Garroni comunicava di aver ricevuto una lunga lettera di Fethy bey da Angora, datata 1° agosto, nella quale si assicuravano i migliori sentimenti di amicizia verso il r. Governo e si aggiungeva che Kemal sarebbe stato felice di ricevere ad Angora un delegato italiano.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5380/569. Costantinopoli, 11 settembre 1921, ore 12,30 (perv. ore 23, 10).
Ieri Rumbold ci ha riuniti con Harrington e Charpy per farci comunicazione che dichiarava grave. Trattavasi di complotto denunziato da Harrington per assassinare lui e suo Stato Maggiore e compromettere sicurezza truppe alleate.
Generale Pellé ed io osservammo che trattandosi questione ordine militare lasciavamo Harrington intera responsabilità grave provvedimento che voleva prendere consistente mettere Costantinopoli stato d'assedio. Lo invitammo sospendere ogni provvedimento in attesa prove che credeva di poter dare in seguito arresti da farsi nella notte. Nella seduta d'oggi Harrington dichiarche era mancata possibilità arresti e di aver quindi prova richiesta; percisospendeva misura proposta. Nostra impressione è che Inghilterra continua nel suo programma di affermare qui sua potenza e imporre per qualsiasi ragione misure di natura politico-militare(1).
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5332/2654. Durazzo, 11 settembre 1921, ore 18 (perv. ore 4,20 del 12).
Notizie gravi circolano da ieri nascostamente circa situazione Mirdizia. Si dice che contingente volontario di Shigak caduto prigioniero venne tutto trucidato, tutti gli altri volontari in fuga. Regolari circondati. Comando Alessio trasferito più
a sud. Non ho ancora potuto appurare tali notizie. Commissione notabili musulmani di Durazzo stamane venuta segretamente trovarmi esprime timore che più grave rovescio conduca rivoltosi a Kruja e poi a Durazzo. Popolazione in tal caso chiederà occupazione italiana. Consigliai calma e non prestarsi ad allarme che può essere suscitato da male intenzionati. Dissi che avrei riferito a V.E. e che benevolenza italiana doveva rassicurare; sarebbe stato fatto quanto necessario per evitare disgrazie a Durazzo.
198 3 Per le risposte da Costantinopoli, Parigi e Londra vedi DD. 21 O, 21 S e 214. Tuozzi venne incaricato della missione ad Angora il 23 settembre (vedi D. 236).
199 1 Per il seguito vedi D. 206.
IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, VALVASSORI PERONI, AL MINISTRO A BERNA, ORSINI
T. 1369. Roma, 12 settembre 1921, ore 24.
Rapporto di V.S. n. 1147(1).
Qualora ministro bulgaro Turlakoff sia tuttora costì prego V.S. esprimergli opportunità venire Roma. Tale visita corrisponderebbe convenienze internazionali dato che egli ha visitato diverse altre capitali europee e sarebbe particolarmente opportuna in questo momento perché darebbe modo a r. Governo di esporgli suo pensiero e suoi intendimenti relativamente affare prestito bulgaro.
Pel caso che Turlakoff non possa recarsi Roma, riassumo qui appresso affare di cui si tratta con preghiera a V.S. di intrattenerne predetto personaggio riferendomi per rapporto.
V.S. vorrà esprimersi con molta fermezza.
23 giugno scorso Governo bulgaro ha stipulato con Compagnia generale ferrovie secondarie di Brusselle, società affiliata a gruppo Banque Paris et Pays Bas, un contratto per un prestito di l 00 milioni contro concessioni ferroviarie e mediante garanzie che derogano art. 132 Trattato Neuilly. Contratto non fu approvato da Commissione interalleata controllo di Sofia sopratutto per opposizione nostro delegato malgrado vive insistenze delegato francese. Contratto stesso è ora decaduto perché non potè essere presentato in tempo utile a Sobranje: tutto lascia perritenere che ne verrà stipulato uno analogo tentando di evitare diretta infrazione Trattato Neuilly.
Atteggiamento del r. Governo è seguente:
Noi intendiamo aiutare Bulgaria nel suo consolidamento politico ed economico, ma non possiamo rinunciare a garanzie stabilite Trattato Neuilly, tanto piessendo particolarmente interessati riparazioni bulgare ( ci spetta il 25% ). Ciposto ostacoleremo in tutti i modi contratto suddetto od altro analogo, qualora non otteniamo validi compensi che non possono consistere che in congrua compartecipazione da accordarsi a capitale italiano.
Qualora Turlakoff non trovisi picostì prego V.S. telegrafarmi se risulti dove siasi recato.
201 1 Non rinvenuto.
IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, VALVASSORI PERONI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1370. Roma, 12 settembre 1921, ore 24.
(Per Vìenna) Per S.E. il ministro(1).
Il r. ambasciatore a Londra telegrafa in data 11 quanto segue:
(telegramma 5329/1114)(2).
Gli ho così risposto:
(Per Londra) Telegramma di V.E. n. 1114.
(Per tutti) Comunico suo telegramma a ministro che trovasi Vienna. Salvo diverse istruzioni marchese della Torretta ella puritenere senza base né di praticità né di opportunità anzi addirittura assurdo incarico Italia e Czecoslovacchia ridurre alla ragione con mezzi militari Ungheria.
(Per Vìenna) Avverto V.E. che ho telegrafato nel senso suesposto a S.E. De Martino senza nemmeno interpellare presidente del Consiglio, tanto risposta mi pareva ovvia. Ad ogni modo prego telegrafarmi se approva(3).
IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, UMILTÀ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, E AL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI
R. PER CORRIERE 1006 POL. RIS. Spalato, 12 settembre 1921 (1).
Di seguito al mio rapporto dell' 11 corrente mese n. 1002/39(2), circa le società italiane di questo distretto consolare, ho l'onore di unire uno schema di convenzione che comprende alcune indicazioni che mi sembrano importanti per la picompleta applicazione dell'art. 7 del Trattato di Rapallo(3).
Il paragrafo I afferma che circa l'opzione lo Stato S.C.S. non dovrà che prendere nota delle persone optanti senza il diritto di limitare, scegliere o respingere le opzioni stesse. A quanto ho potuto sapere, su tale punto il Governo S.C.S. non opporrebbe gravi obbiezioni, poiché sembra che sia anche nel suo interesse di facilitare l'esercizio di tale diritto a questi connazionali.
Il secondo paragrafo, che ho introdotto a speciale richiesta di questo Fascio italiano, riguarda specialmente la questione degli avvocati italiani, ora ridotti a tre, ma non credo che su questo punto il nostro Governo possa insistere o fame una condizione essenzale. Sarebbe bene poter far riconoscere alla Jugoslavia un diritto acquisito a questi professionisti nostri connazionali; ma mi sembra difficile che il Governo S.C.S. s'induca a cedere, quantunque in moltissimi altri paesi l'esercizio dell'avvocatura non sia subordinato al fatto che l'avvocato sia o divenga cittadino del paese in cui intende esercitare tale professione.
Per il terzo paragrafo, circa l'alinea a), debbo subito dire che se pure si potesse ottenere, in diritto, un tale postulato, in pratica i risultati sarebbero assai limitati per il fatto che il continuo esodo degli elementi italiani e la continua assunzione da parte del nostro Governo d'impiegati dalmati di lingua italiana, hanno completamente spopolato questi uffici pubblici di personale italiano. I posti vacanti sono stati coperti da croati e serbi che ignorano la nostra lingua, mentre i pochi italiani rimasti non desiderano che d'andarsene dall'an1biente abituale divenuto per loro completamente estraneo, se non ostile. L'uso quindi della lingua italiana negli uffici e nella vita pubblica qui è già praticamente ormai impossibile per fatto, se non per colpa, degli italiani di qui e del nostro Governo.
Per l'alinea b) mi riferisco in modo speciale al mio rapporto del 3 corrente n. 942(2); ripeto che parlare ora seriamente di scuole italiane è cosa prematura, non essendovi modo di istituirle con l'appoggio di alcuna società locale né di dalmati italiani né di regnicoli.
Se i dalmati che opteranno saranno molti e rimarranno in paese, si potrà vedere che essi istituiscano scuole italiane sovvenzionate dal nostro Governo, o meglio ancora, che il nostro Governo istituisca scuole di Stato, qualora si possa ottenere dalla Jugoslavia che vengano ammessi all'insegnamento i maestri abilitati nelle nostre scuole normali.
Il paragrafo 4) mira specialmente a proteggere i nostri concittadini nelle loro proprietà rurali. Da tre anni nella Dalmazia non occupata ed ora anche nella Dalmazia recentemente sgomberata dalle nostre truppe, i contadini, che avevano coi proprietari di terre un contratto privato simile alla nostra mezzadria o alla nostra terziaria, si sono impadroniti delle terre da loro coltivate e non corrispondono ai proprietari assolutamente nulla né in denaro né in natura. Tale forma di espropriazione colpisce qui indistintamente croati e italiani: questi ultimi sono ancora almeno in diritto proprietari di una buona parte del suolo dalmata e intendono, con l'opzione, che la riforma agraria alla quale ora lo Stato S.C.S. sta accudendo -invero molto lentamente -non li spogli di tale proprietà, senza un congruo indennizzo. È ben vero che se il nostro Governo riuscirà ad ottenere il riconoscimento di tale indennizzo, il numero degli optanti aumenterà di molto poiché non pochi dalmati indifferenti, cioè né italiani né croati, diventeranno immediatamente italiani e magari faranno domanda di opzione quando questa garantisca loro una migliore soluzione della questione agraria. Mi riferisco specialmente a quei proprietari fondiari dalmati che nelle isole durante l'occupazione italiana hanno continuato a riscuotere le loro rendite di fitto e di mezzadria, e che ora, appena sgomberate tali isole, si sono visti rifiutare dai coloni qualunque corresponsione, come i loro colleghi del continente.
Per le proprietà edilizie, cioè case di abitazione, negozi, magazzini, opifici, ecc., credo che il riconoscimento della conservazione del possesso ai connazionali che opteranno, non troverà difficoltà da parte del Governo S.C.S.
Il n. 5) mira a proteggere la libera uscita dei nostri concittadini con le loro sostanze mobili. E anche questo credo che non sarà un diritto contestato. Quanto invece al percepire all'estero le rendite delle sostanze lasciate qui, sarà bene che la stipulazione sia chiara ed esplicita per evitare, come avviene in qualche paese e cito così a memoria la R.O. dell'Uruguay, che questo Governo imponga delle imposte speciali e delle limitazioni a coloro che pur avendo lasciato nel paese dei beni mobili ed immobili, hanno stabilito la loro residenza abituale all'estero ed ivi spendono le loro rendite.
Trattandosi nel caso speciale di dalmati che optano e che, in certo modo, possono considerarsi come profughi, ritengo che il nostro Governo dovrebbe cercare di evitare loro anche nell'avvenire, limitazioni nel godimento in Italia di rendite di beni che essi, si pudire, sono stati costretti a lasciare qui, per non venderli ora in momenti di così grande deprezzamento della moneta locale.
Da quanto precede appare che la protezione italiana si domanda in modo speciale a favore della classe così detta abbiente, mentre nessuna disposizione è richiesta in favore dell'operaio e del contadino.
In generale le stipulazioni internazionali fatte dall'Italia in questi ultimi anni avevano mirato di preferenza alla protezione del nostro umile lavoratore, del nostro emigrato. Nel caso presente cioè degli italiani in Dalmazia, ci troviamo di fronte a connazionali che hanno sempre rappresentato la classe pipotente per ricchezza di terre, di commercio, di navigazione e pielevata per cultura e per professioni. Gli operai, i contadini, gli umili non italiani, ma italianizzanti, costituivano qui il partito e sono quindi andati assottigliandosi di mano in mano che i potenti, i ricchi, i professionisti, italiani di lingua e costumi, decadevano e perdevano influenza. Tali masse sono invece andate accostandosi di preferenza a quegli altri partiti non italiani che secondavano meglio le loro aspirazioni e promettevano, se non davano loro, vantaggi immediati.
Così che ora le minoranze italiane sono formate qui dai rimasugli sempre decrescenti per numero e potenza della nobiltà, del commercio e dei professionisti e degli impiegati statali, provinciali, comunali, elementi tutti che appaiono i meno adatti a resistere all'urto della democrazia e del popolo che qui è stato sempre di razza, se non di lingua, croata e che ora specialmente vede in questi italiani non solo il nemico della razza, ma il signore quasi debellato, impoverito e ormai profugo.
È tanto ora più difficilemantenere, con così poca gente, una italianità ragguardevole a questa regione e solo uno sforzo immenso da parte del nostro Stato riescirà a dare un po' di forza nella lotta a questi connazionali. Cisi richiede ora dal nostro Governo con l'unito schema di convenzione a meno che superiori interessi di politica generale non consigliassero il nostro paese a non pretendere troppo in questo campo dallo Stato S.C.S. per poter domandare di più inqualche altra materia.
Ma, per concludere, quel poco di italianità che si puancora mantenere su questa sponda dell'Adriatico, credo che sia subordinata all'ottenimento in favore dei nostri connazionali dei benefici e delle preferenze che sono comprese nello schema che unisco, il quale risponde anche al minimo di aspirazioni di quelli che qui dirigono gli elementi italiani.
202 1 Torretta era a Vienna ( 11-16 settembre) per discutere della questione dell'Ungheria occidentale.
202 2 Con il quale De Martino riferiva della situazione in Ungheria, divenuta preoccupante, e della ipotesi di dare all'Italia ed alla Cecoslovacchia incarico di assicurare l'esecuzione del trattato con mezzi militari, in modo da evitare a priori un intervento della Iugoslavia e della Romania. Sull'ipotesi poi di un mandato da affidare all'Italia si era espresso positivamente Beneš con Bordonaro (T. 5343/211 da Praga del 12 settembre).
202 3 Con T. 5387/2 del 14 settembre da Vienna Torretta rispondeva approvando.
203 1 Pervenuto a Roma il 24 settembre.
203 2 Non rinvenuto.
203 3 L'art. 7 del Trattato di Rapallo tra l'Italia e il Regno S.H.S. del 12 novembre 1920 (vedi D. 9, nota 3) stabiliva: I) il pieno rispetto degli impegni e delle concessioni di carattere economico fatte agli italiani dagli Stati cui era succeduto il Regno S.H.S.; 2) il diritto, per gli italiani già pertinenti ai territori della cessata monarchia austro-ungarica passati al Regno S.H.S., di optare per la cittadinanza italiana; 3) il riconoscimento dei titoli di studio consegnati nelle università italiane ai cittadini S.H.S. Con successivo T. 298/16 del 12 gennaio 1922 il console a Sebenico, De Angelis, riferiva che secondo il governatore della Dalmazia, Metličič, l'art. 7 del Trattato di Rapallo sarebbe stato inapplicabile per la condizione di privilegio fatta agli italiani della Dalmazia. Lo schema di convenzione qui citato non si pubblica.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, D'AMELIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. CONFID. Marzio (Como), 12 settembre 1921.
Ricevo qui la sua gradita del 5 settembre(1), cui rispondo con un po' di involontario ritardo, che vorrà perdonare.
Le accludo una breve memoria(2)in risposta a quella del Sinigaglia, che restituisco(3).
Per la parte che vorrebbe essere un indiretto attacco all'accordo di Spa(4)ho precisato e rettificato gli equivoci, nei quali il Sinigaglia è caduto. L'accordo di Spa non ha influito su quello recente di Parigi; ma questo, in definitiva, ha peggiorato quello. Per ragioni parlamentari o per dar ragione all'opinione pubblica, meravigliosamente ignorante in materia, si sono sacrificati importanti nostri interessi. Ma in Italia, naturalmente, si dice bene dell'accordo del 13 agosto, e il signor Sinigaglia lo critica nel solo punto in cui non è censurabile.
Mi son permesso dir cia V.E. in linea tutt'affatto confidenziale!
P.S. Fra pochi giorni sardi nuovo a Parigi.
ALLEGATO I
LE RIPARAZIONI DI GUERRA ALL'ITALIA
Le notizie date dai giornali sugli accordi presi a Parigi circa le riparazioni di guerra danno erroneamente l'impressione che sia stata aumentata la somma attribuita all'Italia.
Ora, di fronte specialmente alla riserva avanzata dal Governo francese, e soprattutto all'atteggiamento della stampa francese, secondo la quale parrebbe che alla Francia venga tolto qualche cosa cui essa avrebbe diritto, è necessario ristabilire la verità dei fatti, affinché l'opinione pubblica italiana sappia che ancora una volta i nostri diritti sono stati conculcati.
La Lega italiana per la tutela degli interessi nazionali oltre un [ ... ] fa diramava ai giornali una notizia per rettificare la impressione generale che i 132 miliardi fissati per le riparazioni rappresentassero la parte da addebitarsi alla Germania, e che quindi sulla detta somma l'Italia dovesse avere il 10%.
La Lega italiana chiariva che, volendo l'Italia definire immediatamente i rapporti con la Germania, senza nuovi studi e nuovi calcoli sulla ripartizione fra i vari stati ex nemici, e volendosi d'altra parte che la Germania fosse responsabile anche delle somme dovute dai suoi
ex alleati, si ridusse a 132 miliardi di marchi oro la somma complessiva di tutte le riparazioni cui aveva diritto l'Intesa, salvo a studiare poi la ripartizione di tale somma fra i diversi Stati ex nemici. E poiché la Germania doveva, come si é detto, rispondere in proprio anche dei suoi alleati, essa era considerata debitrice dell'intera somma, parte come debitrice diretta, diciamo così, e parte come garante.
L'accordo di Spa, di cui sarebbe interessante che il Governo facesse conoscere il testo integrale, per vedere se e come siano stati difesi gli interessi italiani, attribuiva all'Italia il 10% sulle somme dovute per riparazioni dalla Germania, ed il 25% su quelle dovute dagli altri Stati ex nemici (Austria, Ungheria, Bulgaria).
La Lega italiana notava allora e richiamava vivamente la attenzione pubblica su questa constatazione, che non si doveva dire che l'Italia aveva diritto al 10% sui 132 miliardi di marchi oro, ma che questa doveva essere scomposta nelle somme da addebitare alla Germania -e su questa l'Italia avrebbe avuto il 10% -dall'altro all'Austria all'Ungheria e alla Bulgaria sulla quale l'Italia aveva diritto al 25%.
Possiamo oggi aggiungere che, secondo i calcoli fatti dalla Commissione per le riparazioni, d'accordo fra i rappresentanti di tutti gli Stati -compresa la Francia -e in contradditorio con la Germania, a formare la somma totale di riparazioni, ridotta d'accordo a 132 miliardi di marchi oro, le riparazioni dovute all'Italia contribuivano per circa 21 miliardi di franchi, e cioè per circa 16,5 miliardi di marchi oro.
La giustizia avrebbe imposto che la ripartizione delle quote fosse fatta in modo che all 'Italia fosse rimborsata una uguale somma. Invece con l'accordo testé concluso, si sono attribuiti al nostro paese 2,4 miliardi di marchi oro in meno, che sono invece, e qui è il più strano, attribuiti alla Francia in più della somma di riparazioni da essa stessa riconosciute nella formazione del totale di 132 [miliardi] marchi oro!
Ma v'è di più i danni subiti dall'Italia, come quelli subiti dalla Serbia, sono da addebitarsi nella quasi totalità all'ex Austria Ungheria.
Quindi dei 132 miliardi totali, almeno 16 dovevano essere considerati come debito dell'ex impero austro ungarico, di cui la Germania aveva assunto la garanzia e sui quali l'Italia doveva avere il 25%. Perché mai questi 16 miliardi sono stati ridotti solamente a 6? Perché si è tolto all'Italia in questo modo un miliardo e mezzo di marchi oro che non sarebbe bastato nemmeno a darle quella somma di riparazioni che da tutti i suoi Alleati ed anche dalla Germania le era stata riconosciuta?
È ben vero che gli attuali rappresentanti italiani a Parigi hanno trovato una situazione singolarmente compromessa a Spa ma non è men vero che i nostri ex alleati hanno dato anche in questa occasione una nuova prova della loro ingordigia e della loro suprema ingiustizia verso l'Italia, che pur ha vinto la guerra come loro e che pur non ha avuto nemmeno le briciole dell'immenso impero coloniale e del predominio mondiale che dalla guerra Inghilterra e Francia hanno ritratto.
ALLEGATO Il
Nella prima parte della memoria del sig. Oscar Sinigaglia si spiega che la somma dei 132 miliardi rappresenta l'indennità complessiva dovuta dalla Germania e dagli altri Stati ex nemici. L'esposizione è esatta, salvo nel punto in cui si dice che la Germania è garante della parte dell'indennità dovuta dagli altri Stati ex nemici. No: la Germania non è garante: è debitrice solidale; ciò che importa conseguenze giuridiche diverse, assai notevoli nella pratica.
Si fa voto inoltre che l'accordo di Spa venga pubblicato per vedere se gli interessi italiani siano stati tutelati. Il testo è pubblicato da tempo, ed ècontenuto anche nella raccolta, fatta dalle banche, dei documenti relativi alle riparazioni.
Premessa questa parte espositiva, la memoria sostiene che la somma globale di 132 miliardi debba essere scomposta nella somma da addebitare alla Germania e in quella da addebitare all'Austria, all'Ungheria e alla Bulgaria, ed affenna che nella predetta somma globale di 132 miliardi, le riparazioni dovute all'Italia rappresentano circa 21 miliardi di franchi, cioè 16,5 miliardi di marchi oro.
Vi sono due errori in questo ragionamento:
I) la somma globale non deve essere scomposta nelle varie indennità dovute dai vari Stati ex nemici. Il trattato di St. Gennain e quello del Trianon dispongono che all' Austria e all'Ungheria sarà imposta quella parte dell'indennità che la Commissione delle riparazioni stimerà giusta dopo avere valutato la capacità della Gennania a pagare. Nessun rapporto, quindi, v'ha da essere fra la somma da porre a carico dell'Austria e dell'Ungheria e l'indennità che questi Stati avrebbero dovuto pagare per i danni da essi cagionati. Per la Bulgaria, il Trattato di Neuilly fissa àforfait in 2 miliardi e un quarto la somma da porre a carico di detto Stato;
2) non è esatto in fatto che la parte delle riparazioni dovuta all'Italia nella somma globale di 132 miliardi sia rappresentata da 16,5 miliardi di marchi oro. Le valutazioni fatte dall'Italia ascesero a cifra molto maggiore. Anche dopo le riduzioni fatte in seguito al controllo degli uffici tecnici della Commissione delle riparazioni, le valutazioni italiane erano ben diverse. Ma la Commissione delle riparazioni, dopo lunghissime discussioni, le accolse con riserva, come aveva accolto quelle francesi, inglesi, serbe, rumene, ecc. Successivamente l'indennità complessiva fu fissata dalla Commissione delle riparazioni in 132 miliardi senza addivenire a riduzioni singole, ma con criterio sintetico equitativo, tenuto conto di tutte le risultanze del lunghissimo dibattito. La Commissione agì come un giurì. Non è quindi possibile conoscere quali siano le riparazioni di ciascuno Stato alleato che concorsero a fonnare la cifra di 132 miliardi. Su questa somma, le quote di ciascuno Stato alleato erano state fissate preventivamente dall'accordo di Spa.
In ogni modo, dice la memoria Sinigaglia, almeno 16 miliardi avrebbero dovuto essere considerati come debito dell'ex Impero austro-ungarico, sui quali l'Italia aveva diritto al 25%. Perché mai nella Conferenza finanziaria di Parigi tale debito sarebbe stato fissato in 6 miliardi? Colpa dell'ingordigia degli Alleati, dice la memoria.
Ora, a Parigi il debito dell'Austria-Ungheria è stato fissato in 6 miliardi di marchi oro oltre il valore dei beni trasferiti, che si valuta a circa altri 6 miliardi; sicché il debito in ogni caso sarebbe fissato in 12, e non in 6 miliardi. Ma v'ha di piùl'accordo di Parigi 13 agosto dice che il debito dell'Austria-Ungheria deve essere fissato come minimo in 6 miliardi oltre i beni trasferiti; la Commissione delle riparazioni potrà stabilire una somma maggiore quando dovrà determinare definitivamente la quota dei 132 miliardi da porre a carico dell'Austria e dell'Ungheria.
204 1 Non rinvenuta.
204 2 Vedi Allegato II.
204 3 Vedi Allegato I.
204 4 Il riferimento è all'accordo sulla ripartizione percentuale delle riparazioni tra gli Alleati, concluso alla Conferenza di Spa (5-16 luglio 1920). Vedi D. 73.
IL MINISTRO A SAN JOSÈ DI COSTARICA, NOTARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5384/65. San José di Costarica, s.d. (perv. ore 15 del 14 settembre 1921).
Nove corrente firmossi Tegucigalpa costituzione Repubblica federale di Centro America che comprende Honduras Guatemala Salvador(1).
205 1 Dopo la firma, il 19 gennaio 1919, del Patto federativo tra Honduras, Guatemala, Salvador e Costarica, la Costituzione della Federazione del Centro America fu firmata a Tegucigalpa il 9 settembre 1921 solo dai primi tre paesi. Ma il 12 gennaio 1922 il Guatemala si sarebbe dichiarato nuovamente indipendente, segnando così la fine della Federazione.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5381/574. Costantinopoli, 13 settembre 1921, ore 21 (perv. ore 10,30 del 14).
Seguito mio telegramma n. 572(1).
Dopo riunione 11 corr. Rumbold e Harrington hanno fatto comunicazione per iscritto a generale Pellé ed a me che generale inglese si sarebbe rivolto anziché al Governo turco al solo ministro della guerra per protestare contro complotto e intimare consegna entro sette giondei presunti congiurati in numero di 25 come da elenco rimesso anche ad alti commissari.
Nel suddetto elenco che si riferisce quasi esclusivamente a persone sconosciute figura Feti bey che si suppone in viaggio fra Angora e Costantinopoli. Harrington pur non avendo fatto proclamare progettato stato d'assedio ha fatto pubblicare comunicato ufficiale alla stampa con cui avverte popolazione della scoperta complotto e consiglia mantenersi calma e obbediente per evitare misure di ordine amministrativo.
Impressione generale è che trattisi vera e propria montatura inscenata con grande apparato di forze specialmente navali allo scopo probabilmente provocare caduta attuale Ministero da sostituire con amici Inghilterra creare in pari tempo pretesto per ogni possibile maggiore affermazione e ingerenza britannica.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 10260/746. Costantinopoli, 13 settembre 1921 (perv. il 23).
V.E. ha ricevuto telegrammi del console Tuozzi e rapporti del comandante Scelsi dalla r. nave «Napoli», consiglianti immediato invio di nostri agenti sotto nome di delegati commerciali in tutta la zona dell'accordo tripartito, dando loro l'assistenza di carabinieri, dato il buon momento in cui i greci sono assorbiti da operazioni di guerra, i kemalisti debbono considerarsi come depressi per sconfitte avute e ribellione è latente nel distretto di Konia ed anche in quello di Adalia.
Nei miei telegrammi, come anche nei rapporti inviati ho sempre creduto necessario ricordare quale è la nostra posizione in Anatolia, perché è dal punto di partenza che si pugiudicare del cammino che si può fare.
Noi siamo nella zona di Adalia per le concessioni avute dal Governo turco, e siamo a Sokia e Scalanova, e cioè nella valle del Meandro, per un resto di occupazione militare, parte di quella maggiore che si era fatta subito dopo l'armistizio.
Avvenimenti relativamente recenti fecero prospettare al console Tuozzi l'opportunità, anzi la necessità di ritirare tutte le truppe rimaste in detta regione per non trovarsi in serii imbarazzi. Ritenni convenisse provvedere perchè le truppe avessero tale dislocamento da rendere possibile pronta evacuazione se avvenimenti lo richiedessero, ma non mi parve urgente farle partire. D'accordo col Governo si ritirarono le truppe da Adalia dopo l'incidente del Palitania e quello dell'aeroplano di Sokia, quando ci parve cioè di assumere troppo gravi responsabilità verso potenze estere circa polizia in Adalia, che all'atto pratico non aveva saputo evitare detto incidente e finalmente quando prepotere dei kemalisti ci fece temere di trovarci in seri imbarazzi con conseguenze di fastidiosa preoccupazione. In Adalia si sostituì alla forza di terra ( di pressoché nessuna efficienza per la sua esiguità) quella di mare meno preoccupante e di maggiore affermativa.
Sta dunque che noi non abbiamo alcun mandato internazionale o di condiscendenza turca per occupazioni militari, che solo abbiamo atti di carattere economico per la zona di Adalia da parte dei turchi, e per la zona dell'accordo tripartito da parte della Francia e dell'Inghilterra.
Noi ci manteniamo con esigue forze di terra e di mare nelle zone occupate perché mal si sa rinunziare a ciò che pio meno legalmente si ha, perché non si vuol subire il dolore di vedere altri sostituirsi a noi e finalmente perché per qualsiasi possibilità in avvenire non si vuol rinunciare a ciò che si ha nelle mani. E tutto ciò umano ed anche politicamente comprensibile.
Data perquesta situazione, noi dobbiamo operare colla massima prudenza e Ciò nonsoltanto nei rapporti della politica estera ma anche per quelli di politica interna. Se noi domani ci si trovasse in imbarazzi per un insieme di circostanze che mi pare superfluo accennare, mai non saremmo in condizione di fare un'azione che dovesse mantenere alto il nostro prestigio, inalterata quella qualsiasi occupazione che avessimo voluto fare o mantenere. E se le cose stanno in questi termini, le proposte Tuozzi e Scelsi bisogna accettarle con beneficio d'inventario.
Disseminare agenti nella zona dell'accordo tripartito con pochi carabinieri che diano ad essi assistenza, è lo stesso che mettere questa gente nella piprecaria delle situazioni, e tale che più chea pensare ad espansioni nostre debbano preoccuparsi della posizione materiale loro.
La guerra greco-turca continua a passare per alterne vicende. Ieri era l'avanzata greca, vittoriosa su Eski-Scheir, progredente su Angora.
Oggi, stando alle ultime notizie, che arrivano qui incerte secondo le fonti da cui provengono, i kemalisti avrebbero sfondato il centro dell'esercito greco. Esatte o non, tali informazioni, rimane sempre fondata la presunzione che un'azione decisiva non si avrà né da una né da altra parte. Si arriverà a quel punto morto che segnerà impotenza di ambe le parti a risolvere il conflitto, possibilità forse di qualche previsione per un intervento delle potenze per tentare la parola «fine».
Se questa è la situazione, satura cioè d'incertezza, non so quanto sia conveniente un'avanzata nostra di carattere politico economico, fatta con pochi agenti e con qualche milite, per correre poi il rischio a breve scadenza, di fare la ritirata.
E questa non è la sola considerazione da farsi al riguardo.
I greci, vittoriosi o non, sono in stato di esaltazione. Il mondo non è abbastanza ampio per soddisfare il loro desiderio di conquista. Smirne è un aperitivo. Bisogna occupare tutta l'Anatolia e bisogna entrare trionfalmente a Costantinopoli. Nella valle del Meandro, a Konia stanno fomentando la rivoluzione contro i kemalisti. Per Adalia i loro giornali strillano che bisogna sostituire agli italiani i greci. Lasciando in disparte tutte le spavalderie, rimane fuor di dubbio che essi male si adatterebbero a nuove disposizioni di intervento in luoghi (come a Konia) dai quali ci siamo allontanati. Ed allora facile la previsione di posizione assai difficile da parte nostra.
E vi è dell'altro ancora, quale sarebbe il giudizio, l'azione dei nostri Alleati?
Dato tutto questo complesso di circostanze, io non posso convenire in tutte le proposte Tuozzi e Scelsi. Finché si tratta di mandare carabinieri in Adalia per riaffermazione di nostro possesso e delegati commerciali lungo la costa per vedere come si mettono le cose e per ogni altra possibile eventualità, bene. Ma lasciarsi indurre a prese di possesso di ben maggiore estensione, dimenticando i greci e gli stessi nostri Alleati, solo perchè vi furono giorni di sconfitta dei kemalisti, non è del mio modo di pensare.
Ed è per vivo sentimento di dovere che esprimo al riguardo in modo preciso la mia opinione, desiderando evitare situazioni difficili che potrebbero mettere il Governo in serio imbarazzo.
206 1 Del 13 settembre, con il quale Garroni aveva riferito di una riunione degli alti commissari per esaminare i documenti giustificativi del complotto denunciato da Harrington (vedi D. 199) e delle perplessità sollevate.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, A SIR HAROLD NICOLSON
L. PERS. Londra, 13 settembre 1921.
Laissez-moi attirer votre attention sur un point resté un peu vague pendant les conversations d'hier(1).
Le Foreign Office n'a pas accepté ma rédaction du paragraphe 4 qui est conforme aux instructions de Rome. Il semble par cela que Vous niez toute valeur au principe sanctionné par le Traité d'alliance de 1915 dans les articles concernant I' Albanie(2). Ces articles reconnaissent la préeminence des intérets italiens an Albanie. Cette reconnaissance a été maintenue par vous pendant la conférence de Paris et après l'armistice.
On a fait maintenant trois objections:
1) Traité de Rapallo. Nous répondons que le Traité de Rapallo a modifié le Traité de Londres vis-à-vis des Jougoslaves, mais pas de l' Albanie. De meme le Traité de Rapallo n'a rien à faire avec tous les autres articles du traité de Londres concernant toute sorte de questions.
2) Protocole de Tirana. Nous répondons que le protocole de Tirana ne regarde pas les alliés, mais seulement l'ltalie et l' Albanie, qui par ledit protocole eurent l'intention de regler les questions découlant du rapatriement de nos troupes à la suite de la démobilisation. Le protocole de Tirana ne peut, par conséquent, modifier aucunement notre situation diplomatique vis-à-vis des Alliés.
3) Admission de l'Albanie dans la Ligue des Nations. Nous répondons que le Gouvernement ltalien par la lettre adressée par M. Orlando à M. Clémenceau le 14 Juin 1919 ( et communiquée au Conseil suprème le 16 Juin par le baron Sonnino e le 18 Juillet par M. Tittoni) avait exprimé l'avis suivant: «la stipulation du Covenant de la Ligue des Nations ne s'appliquent pas aux questions territoriales (et projets qui en découlent), qui ayant été discutées par la Conférence de la Paix n'ont pas été definitivement règlées».
D'après mes instructions ce point est essentiel et en soumettant à l'approbation de Rome la formule du Foreign Office je devrai en meme temps communiquer avec précision le point de vue britannique concernant la validité du Traité de Londre de 1915.
Il m'a semblé utile de préciser ce qui précède afin qu'à l'occasion de notre prochaine entrevue Vous puissiez etre en mesure de me foun les éléments de la communication que j'aurai à faire à mon Gouvernement.
P.S. A propos de la lettre de M. Orlando il est à remarquer qu'il y est fait allusion à la «sistemation adriatique» et il n'y a pas de doute quel'Albanie en fasse partie.
208 1 Argomento della conversazione era stata evidentemente la questione albanese e la formula britannica per l'Albania. Si veda in proposito il D. 179.
208 2 Il riferimento è agli artt. 6 e 7 del Patto di Londra del 26 aprile 1915 (vedi serie quinta, voi. lll, D. 470).
IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, GARBASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5401/499. Parigi, 15 settembre 1921, ore 20,45 (perv. ore 9 del 16).
Oggi prima riunione(1). Tutte le delegazioni estere sono al completo. Presidente da lettura del telegramma di Cicerin. Ho fatto dichiarazione di cui al telegramma di V.E.
n. 1378(2). Essa figurerà al verbale. Dichiarazione ha ottenuto generale approvazione. È stato proposto che Commissione malgrado risposta russa non rassegni mandato e continui lavori. Ho aderito proposta corrispondendo al pensiero della regia delegazione quale risulta dal telegramma precitato. È stato proposto di non rispondere a Cicerin per evitare inutili polemiche e di trasformare la Commissione da interalleata in internazionale conforme precedenti intese. Saranno così invitati farsi rappresentare alla prossima riunione anche la Germania e la Santa Sede, oltre tutti gli Stati della Russia europea, gli Stati che hanno già manifestato il desiderio di prendere parte ai lavori della Commissione e che hanno già organizzato soccorsi alla Russia o potranno eventualmente organizzarli.
In complesso prossima riunione dovrebbe riunire rappresentanti di venticinque Stati. È stato poi proposto che la prossima riunione si tenga a Bruxelles il 6 ottobre per dare tempo ai Governi invitati di rispondere e farsi rappresentare. Presidente mi ha assicurato che ulteriori riunioni della Commissione si terranno a Londra e Roma. Domani seconda ed ultima riunione per la redazione della lettera di invito a vari Stati. Oggi sono stati finalmente distribuiti processi verbali delle precedenti sedute.
209 1 Il telegramma reca l'oggetto: «Soccorsi alla Russia».
209 2 Di Valvassori Peroni del 13 settembre. La dichiarazione esprimeva rammarico per la posizione polemica di Čičerin nei confronti del desiderio delle potenze alleate di portare soccorso al popolo russo.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5399/577. Costantinopoli, 15 settembre 1921, ore 20,50 (perv. ore 11,30 del 16).
Telegramma di V.E. n. 1359(1).
Convengo pienamente anzitutto sulla assoluta necessità per noi di mantenere intangibile accordo tripartito che è unico documento che impegna effettivamente Alleati rispettare nostri interessi in Anatolia, e quindi sulla necessità di non pregiudicarlo con trattative di alcun genere fino a quando non fossimo sicuri di trarre da quest'ultime risultati per lo meno equipollenti a quelli derivanti dall'accordo stesso. Condivido in massima parere circa opportunità approfittare buone disposizioni manifestate da Kemal aderendo suo ripetuto invito inviare nostro delegato. Convengo parimenti su scelta Tuozzi già da me precedentemente proposto per tale missione. Devo perattirare l'attenzione di V.E. sul particolare delicato attuale momento da un lato pei marcati recentissimi successi kemalisti che potrebbero rieccitare baldanza Angora provocando ambiente meno favorevole per buon esito; d'altro canto pel vivo eccitamento causato qui dal noto presunto complotto kemalista denunziato da Harrington(2)sicchè invio Angora nostro delegato proprio in questo momento potrebbe essere interpretato con sospetto se non a Londra senza dubbio da tutti questi ambienti militari e diplomatici inglesi. Finalmente ricordo decisione presa recentemente dai Governi alleati di non insistere per la partecipazione franco-italiana per progettato convegno Harrington Kemal. Per tale motivo riterrei opportuno (sempre che V.E. non giudichi preferibile soprassedere ancora qualche giorno ad ogni decisione in proposito nell'eventualità che si delinei meglio situazione politico militare in Anatolia la quale è attualmente al suo momento critico) prevenire Governi alleati e specialmente Inghilterra invio Tuozzi precisando esserne scopo soluzione noto incidente e magari facendo risaltare proposta missione possa eventualmente favorire interessi connazionali collettivi pei contatti che pustabilire, quanto particolari britannici per riscatto prigionieri inglesi cui mi consta Londra tenga moltissimo. Sono d'accordo su convenienza studiare in via strettamente ufficiosa e riservata eventuale possibilità sostituire zona di influenza qui tanto invisa con pratiche concessioni che potrebbero
essere specialmente ferroviarie portuali minerarie e agricole; ma a parte tempo necessario per approdare in trattative di dettaglio con turchi, occorre essere doppiamente guardinghi sia per escludere qualunque appiglio per impegnare accordo tripartito sia per non rischiare impegnarsi con partito politico che non dovesse uscire vittorioso dal conflitto sempre latente tra nazionalisti e altri gruppi ottomani amici dell'Inghilterra. Riferendomi a questo proposito a quanto'a suo tempo prospettato a V.E. con telegramma posta n. 6627/452 15 giugno(3)confermo essere ritenuto doveroso conservare aperta la via delle trattative con Governo di Costantinopoli la quale potrà effettivamente essere invocata come la sola indubbiamente legale. Ad ogni buon fine ho quindi sommessamente ma con costanza proceduto mantenendomi opportunamente contatto con Izzet pascià allo studio confidenziale del progetto di tutto un sistema di eventuali concessioni e cointeressenza nel territorio della Caramania sul quale mi riservo riferire con maggiori dettagli col prossimo corriere. È in ogni caso conveniente rammentare altresì che nell'eventualità della sostituzione di concessioni concrete alle zone d'influenza dovremmo contemporaneamente tenere massimo conto oltreché dell'Anatolia dei privilegi che per bacino Eraclea ci riconosce l'accordo tripartito.
210 1 Vedi D. 198.
210 2 Vedi DD. 199 e 206.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 10357/756. Costantinopoli, 15 settembre 1921 (perv. il 24).
Mi riferisco al mio odierno telegramma n. 577(1).
Dopo l'accordo di Londra intervenuto fra il conte Sforza e Bekir Samy bey(2), per corrispondere agli ordini del Ministero mi interessai col gran vizir Tewfik pascià ( quando fu di ritorno a Costantinopoli) per ottenere la firma dello stesso accordo da parte del Governo imperiale. Alle prime dichiarazioni favorevoli susseguirono titubanze e finalmente l'osservazione che appariva intempestivo firmare un accordo che ancora non era stato ratificato dall'Assemblea d'Angora.
Non mi spiacque troppo questa mancata soluzione, perché non molto persuaso circa la convenienza della convenzione di Londra.
Una delle principali ragioni per la quale Angora e Costantinopoli ( che di Angora teme) non approva l'accordo è sempre quella della zona d'influenza. Ebbi l'occasione di discorrerne ripetutamente con Tewfik e specialmente con Izzet pascià quando già era previsto il suo ritorno a far parte del Gabinetto come ministro degli esteri.
L'Izzet mi dichiarche tolta di mezzo la zona d'influenza egli avrebbe acconsentito a tutte le concessioni che da noi si fossero chieste. Presi atto della dichiarazione, non troppo convinto che la promessa sarebbe stata mantenuta, non per malvolere d'Izzet, ma per contrasti nel Consiglio dei ministri e piancora pel sistema dei funzionari turchi di ostacolare qualsiasi provvedimento definitivo, massime quando non entra nelle loro convinzioni.
Inutile raccontare la lunga istoria dei progetti preparati e delle eccezioni fatte e da me ribattute.
Oggi siamo a quest'ultimo progetto (ultimo per modo di dire) che comunico qui unito a V.E. e sul quale sentirquali altre eccezioni crederanno di fare i funzionari turchi per bocca d'Izzet.
Tutto questo lavoro di preparazione io ho creduto necessario di farlo per approfittarne se arriva qualche buon momento in cui i turchi coll'acqua alla gola, per timore
o per speranze possano indursi a firmare, così come feci quando, prima della guerra, ottenni le concessioni di Adalia.
Superfluo che io ricordi che io non tralascio occasione per mettere in valore la politica italiana nei rapporti della Turchia appunto per potermene valere nel tentare la firma dell'accordo economico.
Come V.E. rileverà dai documenti che unisco(3), vi è il progetto di una prima convenzione fra il Governo turco e quello italiano. Questa convenzione è di carattere generale ed esclude qualsiasi idea di zona d'influenza.
Il documento n. 2 (mémoire annexé à l'accord économique italo-ture) specifica tutte le concessioni da accordarsi agli italiani. Parmi che in esso non se ne sia dimenticata alcuna.
Nel documento n. 3 (annexe con.fidentiel et secret à l'accord économique italo-ture) si determina in quali zone le concessioni agli italiani dovrebbero aver luogo. E nel determinare queste zone si è tenuto conto dell'accordo tripartito per mantenere fermo quanto con esso si è convenuto con Francia ed Inghilterra e perché non ci si possa imputare alcuna rinuncia.
Finalmente col documento n. 4 ( buts statutaires des Sociétés Italiennes ecc. ecc.) si è determinato quali saranno le disposizioni statutarie delle Società italiane.
Ad ogni buon fine faccio preghiera all'E.V. per un sollecito cenno di riscontro in merito a questo affare per quell'assentimento che credesse di darmi o per quelle osservazioni che ritenesse di dovermi fare. Solo osservo che mi è necessario al riguardo una certa libertà d'azione perchè dato il sistema turco, se si deve fare una lunga corrispondenza per discutere di ogni eccezione messa avanti, difficilmente si arriverà ad una conclusione. Ed è già molto ipotetica la speranza di arrivarvi anche con questa libertà di movimento. Ad ogni modo nulla verrà da me trascurato per arrivare a qualche pratico risultato.
Questo per quanto riguarda il Governo imperiale. Nei rapporti col Governo d'Angora, se V.E. concorda nel progetto di convenzione che ora gli trasmetto, si potrebbe venire a sollecite trattative con Kemal pascià a mezzo
del console Tuozzi(4), dato quanto V.E. mi ha comunicato con suo telegramma n. 1359 dell' 11 corrente(5).
Col mio telegramma di risposta in data del 15 corrente n. 577, ho suggerito di attendere a far partire il Tuozzi, stante l'eccezionalità del momento, per non pregiudicare lo scopo che ci proponiamo colla sua missione.
Le notizie sugli ultimi risultati della guerra che si combatte in Anatolia sono sempre incerte. Kemal pareva prima ridotto in cattive condizioni e tanto che la sua azione bellica sembrava mirasse unicamente a procrastinare la marcia dei greci su Angora per poter sgombrare la città dei molti profughi e trasferire altrove la sede del Governo.
Un telegramma invece giunto qui ieri a persona di fiducia dei kemalisti informava che l'esercito nazionalista aveva battuto seriamente quello greco e tanto da obbligarlo alla ritirata(6).
La situazione, sia più inuno che in altro senso, certo si è che il momento non parrebbe il più opportuno per andare a trattare con Kemal, assorbito da ben altre cure, per accordi di carattere economico.
Ma questa non è la principale delle ragioni per la quale proporrei una breve dilazione nell'invio del Tuozzi ad Angora.
Qui l'ambiente inglese, ed anche quello che non è inglese, è saturo di tutto ciò che si riferisce al complotto per creare la rivoluzione e per assassinare Harrington ed il suo Stato Maggiore.
L'invio di un nostro delegato ad Angora proprio in questo momento darebbe certamente luogo a molti commenti da parte degli inglesi ed anche fuori del loro ambiente.
Ecco il perché della proposta mia di attendere qualche giorno prin1a di far partire il Tuozzi(7). Egli potrebbe essere avvertito fin d'ora di tenersi pronto per partire ad un cenno del Ministero.
Del resto la partenza del Tuozzi deve per forza subire un qualche ritardo perché se egli deve recarsi ad Angora per risolvere i noti incidenti e per trattare del nostro accordo economico, ha bisogno di avere da V.E. quelle istruzioni che crederà di dargli e da me copia dei documenti che sono allegati alla presente, ed anche quegli schiarimenti e quelle istruzioni che solo a voce si possono dare. Anzi, tenuto conto di tutte queste circostanze, non sarà male che le istruzioni e la conferenza abbiano luogo presto perché il viaggio del Tuozzi non sia troppo differito quando speciali circostanze non sorgano ad ostacolarlo.
Ad ogni buon fine rinnovo all'E.V. la preghiera di comunicarmi quanto prima le sarà possibile le sue determinazioni su quanto forma oggetto della presente(8).
210 3 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
211 1 Vedi D. 210.
211 2 È l'accordo del 12 marzo 1921 con la delegazione della Grande Assemblea Nazionale di Angora. Confermando, almeno parzialmente, le clausole dell'accordo tripartito di Sèvres del 10 agosto 1920, sì preoccupava di facilitare lo sviluppo economico della zona italiana in Asia Minore (vedi D. 52, nota 2) nonché della zona di Smirne, con l'impegno a riconoscere in esse all'Italia la condizione di nazione più favorita (vedi Trattati e convenzioni, voi. 27, n. V).
211 3 Non si pubblicano.
211 4 Questa prima parte del rapporto fu poi trasmessa per conoscenza da Torretta a Bonin con Telespr. ris. 65060 del 26 ottobre.
211 5 Vedi D. 198.
211 6 Dopo una offensiva vittoriosa iniziata il 14 agosto, i greci avevano raggiunto le posizioni turche sulla Sakharya, ma un contrattacco di Kemal li aveva prima fermati e poi costretti a ripiegare verso occidente sino ad Eski-Skehir.
211 7 Garroni vedrà poi nella partenza di Franklin-Bouillon per Ankara un'ulteriore conferma dell'opportunità di un breve rinvio della partenza di Tuozzi (T. 5510/583 del 19 settembre da Costantinopoli).
211 8 Vedi D. 236.
IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, VALVASSORI PERONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, A PARIGI, BONIN, E A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1386. Roma, 16 settembre 1921, ore 22.
(Per Parigi e Londra) Il r. ambasciatore a Cospoli telegrafa in data 11 e 13 quanto segue:
(vedi telegrammi 569(1) e 574(2) da Cospoli).
(Per Cospoli) Telegrammi di V.E. n. 569 e 574.
(Per tutti) Oggi questo incaricato d'affari di Francia d'ordine di Briand ha dato lettura di un telegramma di istruzioni inviato da Briand stesso all'ambasciatore francese a Londra. Il telegramma dice in sostanza quanto appresso: la Francia non può tollerare la situazione di predominio che giorno per giorno il generale Harrington tende costituire per l'Inghilterra a Cospoli. La Francia non ha abbandonato il Comando supremo militare e navale che ha esercitato durante la guerra in Oriente per accettare ora che il comandante inglese delle truppe interalleate, esorbitando dalle funzioni riconosciutegli, d'accordo con l'Italia, riduca col pretesto dell'ordine pubblico in mano sua tutti i poteri delle potenze occupanti, annullando l'opera ed offendendo il prestigio degli alti commissari alleati. Questo atteggiamento del generale Harrington distrugge la parità di posizione delle tre grandi potenze a Cospoli che è stata a suo tempo concordata tra i Governi, e viola anche quell'accordo per il funzionamento pratico del Comando unico che è stato stabilito localmente tra gli alti commissari e lo stesso generale Harrington.
Per precisare le attribuzioni politiche degli alti commissari e quelle militari del comandante si fa richiamo a quegli stessi principi che l'Inghilterra invoca quotidianamente in Alta Slesia. Nel caso attuale del preteso complotto si taccia il generale inglese di poca sincerità, di mancanza di sangue freddo e di deliberata prepotenza. La Francia non puaccettare talune misure prese ed intimazioni fatte dal generale Harrington che costituiscono una vera e propria inframmettenza politica, con pericolo di crisi di Gabinetto. Conclude dicendo che se non si riconoscesse la fondatezza di queste lagnanze e se non si provvedesse ad un piregolare esercizio delle funzioni politiche a Cospoli la Francia potrebbe non riconoscere ulteriore efficacia agli accordi intervenuti per l'attribuzione del Comando unico. Il signor Charles-Roux ha concluso pregando di inviare al r. ambasciatore a Londra istruzioni per un analogo passo al Foreign Office, visto che i nostri interessi sono identici. Mentre riservo a S.E. il ministro, che sarà di ritorno a Roma domani, le istruzioni in merito, prego V.E. di telegrafare intanto massima urgenza se il conte Saint Aulaire abbia eseguito il passo prescrittogli e con quale risultato(3).
(Solo per Londra) Sarà bene che V.E. cogliendo il pretesto dell'attesa delle istruzioni del ministro faccia in modo che il suo collega di Francia la preceda agendo isolatamente.
212 1 Vedi D. 199.
212 2 Vedi D. 206.
212 3 Vedi D. 222.
IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, VALVASSORI PERONI, ALL'AGENTE DIPLOMATICO AL CAIRO, NEGROTTO CAMBIASO, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. POSTA PER CORRIERE 57093/1016. Roma, 16 settembre 1921.
Con la nota n. 442 del 6 corrente, qui unita in copia(1), il r. Ministero delle colonie mi mette al corrente delle trattative svoltesi col Governo egiziano circa la riunione a Solum di una Commissione mista di beduini dipendenti dalla Cirenaica e dall'Egitto per regolare questioni di comune interesse, riunione alla quale, secondo la proposta del Governo egiziano, dovrebbe intervenire un ufficiale della Polizia egiziana, mentre dovrebbe essere esclusa la presenza di agenti del Governo della Cirenaica. Il r. Ministero delle colonie giustamente sostiene l'inammissibilità di tale esclusione; e chiede siano date istruzioni affinché la S.V. insista presso cotesto Governo nel senso che un nostro rappresentante intervenga alla riunione con funzioni e poteri identici a quelli del rappresentante inglese.
Concordo pienamente nelle vedute del r. Ministero delle colonie, e prego la S.V. di voler insistere presso cotesto Governo nel senso indicato facendo particolarmente osservare che la presenza di un nostro rappresentante si rende in ispecial modo necessaria sia per dar modo al Governo della Cirenaica di prendere direttamente le misure analoghe a quelle che prenderà il Governo egiziano, giusta le deliberazioni che verranno adottate nella progettata riunione; sia per poter intervenire presso Said Idriss per l'esecuzione delle misure stesse, in quanto da lui dipendenti.
Su quest'ultimo punto è necessario che la S.V. faccia chiaramente comprendere a cotesto Governo che, giusta gli impegni assunti dal Governo egiziano verso di noi, ogni invito od ogni comunicazione da farsi al Said Idriss dovrà essere fatta soltanto per il nostro tramite.
Gradircomunicazioni della S.V. al riguardo.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 2353/881 RIS. Londra, 16 settembre 1921.
Telegramma di V.E. n. 1359(1). A mio avviso la nostra futura situazione in Anatolia in regime di «zona d'influenza o di priorità economica» ci condurrà necessariamente ad accordi tanto coi turchi
quanto coi greci. Coi turchi perché la nostra zona è in territorio turco; coi greci perché prevedibilmente la Grecia finirà per mantenere a Smirne, almeno in fatto se non in diritto, una situazione territoriale.
Per quanto riguarda la Turchia ritengo sarebbe errore di scoraggiare gli approcci che furono fatti a V.E. Occorre perevitare il ripetersi del risentimento che produsse qui l'accordo italo-kemalista della primavera scorsa(2)e che ebbe le conseguenze che
V.E. conosce soprattutto perché fu tenuto nascosto e perché fu dapprima comunicato a Buchanan incompletamente. Le attuali difficoltà albanesi provengono ancora in parte da tale risentimento davvero esagerato.
Sarebbe pertanto da precisare anzitutto se il delegato italiano ricevuto a Angora da Fety cui accennava il predetto telegramma di V.E. sia stato mandato in seguito alla mia intesa con Curzon oggetto del mio telegramma n. 1029 del 25 agosto scorso(3). Qualora V.E. decidesse inviare Tuozzi a Angora sarebbe anche opportuno avvisarne il F.O. come seguito alla suddetta intesa. L'incarico informativo e quello di risolvere i noti incidenti non possono offrire difficoltà ma quello di indagare circa le basi di collaborazione italo turca nella nostra zona apparisce assai delicato. Poiché sicuramente i turchi si affretteranno informare gli inglesi mi pare prudente che lo facessimo prima per conto nostro facendo presente che non possiamo agire differentemente dopo quanto Bekir Sami disse a Lago nei riguardi dell'azione francese specie a proposito delle concessioni che sarebbero «per la maggior parte» in Cilicia; col non intervenire a tempo potremmo trovarci di fronte ad un concluso accordo nocivo per noi.
Dispaccio di V.E. n. 53065 del 27 agosto scorso(4).
Circa la convenienza di non perdere di vista un possibile accordo coi greci mi riferisco al mio telegramma n. 1100 del 9 corrente(3). Ma per esprimere un giudizio definitivo mi occorrerebbe sapere se e che cosa fu detto a Parigi nello scorso agosto fra i primi ministri d'Italia e d'Inghilterra dopo le dichiarazioni a due riprese -[29] luglio e 5 agosto(5)-fattemi da Lloyd George alla vigilia di quel Consiglio Supremo con l'intenzione di darvi seguito in colloquio col suo collega italiano. Sono ancora in attesa delle notizie a tal riguardo preannunciatemi.
lo non so precisamente a quale cagione attribuire il presente arenamento degli approcci per una intesa anglo-italiana i quali ebbero felice avviamento nei due predetti colloqui che ebbi con Lloyd George. Secondo ogni probabilità tale arenamento, e la presente vivace controversia albanese, dipendono dalle contrastanti direttive di Lloyd George e del F.O. che è sotto l'influenza di Crowe. Tale situazione si è aggravata per l'assenza di Lloyd George anche completamente assorbito dalla questione irlandese. Ma certo è che in seguito all' attitudine inglese nella questione albanese abbiamo le mani pilibere in Turchia. E pertanto a me pare si affacci la possibilità di una attitudine intermedia fra gli estremi francese ed inglese rispettivamente turcofilo e grecofilo. La forza delle cose probabilmente condurrà anche ad una soluzione intermedia. Seguendo questa direttiva potremo fare il nostro interesse: avremo una garanzia di contenere eventuali smodate pretese elleniche a danno della nostra zona e al tempo stesso daremmo opera a ricostituire una Turchia vitale, che è interesse mediterraneo dell'Italia.
213 1 Nota di Baccari, direttore generale degli affari politici del Ministero delle colonie. Non si pubblica.
214 1 Vedi D. 198.
214 2 Il riferimento è all'accordo Sforza-Bekir di Londra del 12 marzo 1921. Vedi anche D. 211.
214 3 Non pubblicato.
214 4 Non rinvenuto.
214 5 Vedi DD. 71 e 102.
IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, GARBASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 884.Parigi, 16 settembre 1921 (perv. il 21).
A telegramma di V.E. n. 1359(1).
Non posso che convenire col proposito di V.E. di inviare Tuozzi ad Angora, sia pure in missione temporanea. È spiacevole che equivoci, incidenti e malevolenza di quel Governo abbiano nel luglio scorso troncato il viaggio che Tuozzi aveva già iniziato. Ed è a mio avviso opportuno che la eventuale decisione della di lui nuova partenza sia nota ad Angora al più presto, prima cioè che i successi turchi sul Sangaria, che paiono ormai indiscutibili, si affermino ancor piùUn invio troppo ritardato potrebbe dare la erronea impressione che la nostra determinazione sia suggerita dal sopravvento militare turco, e quindi perdere parte di quella utile influenza che potrà avere se fatta invece sollecitamente(2).
Debbo però richiamare la attenzione dell'E.V. sulla circostanza che se non avremo per certo alcuna osservazione da parte del Governo francese (il quale è trattenuto dall'inviare un suo agente ad Angora soltanto dalle non ancora definite condizioni relative alla Cilicia e dal trovarsi ancora prigionieri francesi in mano dei turchi, ma ha in passato consentito il viaggio a titolo privato della giornalista Gaulis, del deputato Franklin Bouillon e pare ora si disponga ad inviare, sempre allo stesso titolo, il sig. Escoffier, addetto al Gabinetto di Briand), ne avremo per sicuro da parte dell'Inghilterra, la quale nelle riunioni del giugno scorso (Bonin, Briand, Curzon) fece accettare il principio che gli Alleati si sarebbero astenuti dall'avere relazioni dirette e separate.
Circa il significato, la portata e la applicazione pratica dell'Accordo tripartito, convengo pienamente con V.E.
Esso fu ideato e concepito come un accordo di carattere negativo fra Italia, Francia ed Inghilterra. Nei nostri riguardi esso ci assicura che nella zona specificata per l'Anatolia non avremmo la formidabile concorrenza economica franco-inglese ( se non subordinatamente a nostre decisioni volontarie e caso per caso), e di conseguenza assume un preciso significato politico relativamente alla nostra posizione nel Mediterraneo orientale.
Siccome V.E. afferma fermamente, è indispensabile che l'Accordo tripartito per questi punti e per questo suo significato rimanga inalterato. E tale esso rimarrà se il Trattato di Sèvres resterà inalterato. Credo di poter affermare con sicurezza che la Francia tiene quanto noi al mantenimento del Tripartito nei suoi rispetti interalleati. Non così l'Inghilterra, la quale siccome è noto colse lo scorso anno (da San Remo in poi) ogni pretesto per rinviarne la firma, e verosimilmente ove ottenesse l'intento di un rifacimento del Trattato di Sèvres per concedere maggiori vantaggi ai greci, trarrebbe pretesto per un rifacimento del Tripartito.
Mi consta che al Quai d'Orsay si è fino ad oggi decisi a non concedere alcun nuovo vantaggio ai greci. Ma ove la poco probabile possibilità contraria dovesse presentarsi è nostro interesse considerare fino da ora quali punti tenere fermi ed in quale senso modificarne altri. I punti sarebbero a mio avviso da fissarsi così:
1) Favorire la estensione della zona greca a nord per arrivare presso Panderma, limitarne la estensione verso l'est, negare qualunque estensione a sud.
2) Fissare una nostra nuova zona che comprenda Brussa, la penisola di Ismidt e si estenda quanto più possibile nel villayet di Kastamuni.
3) Concretare un maggior carattere politico della zona in favore dell'Italia (ad esempio assistenza nella amministrazione, autonomia della amministrazione turca della zona, riforma delle circoscrizioni in corrispondenza dei limiti della zona, ecc. ecc.).
4) Lasciare inalterato tutto quanto si riferisce a quella parte della Turchia che è all'infuori delle zone francese ed italiana e specie a Costantinopoli: cioè posizione di parità nelle Commissioni, ecc. ecc. E così pure inalterati gli articoli relativi alle ferrovie, Eraclea, ecc. ecc.
Quando si addivenne alla formulazione del Tripartito, non si pensmai al riconoscimento da parte dei turchi. Ma a garanzia della sua esecuzione fu formulato l'articolo 239 del Trattato di Sèvres(3). Fu soltanto in seguito di tempo che sorse legittimo e spontaneo il pensiero di chiedere al Governo di Angora il riconoscimento del Tripartito in cambio dell'appoggio politico per la revisione del Trattato di Sèvres a favore della Turchia, e parallelamente si pensad una modifica dell'articolo 239 suddetto.
Bekir non ottenne la ratifica dell'accordo firmato a Londra, non avendo potuto recare ad Angora contemporaneamente a questo che significava un nuovo aggravio per la Turchia, qualche cosa che rappresentasse i vantaggi sperati e non ottenuti a Londra.
Per Bekir al suo ritorno in Europa nell'offrire a Francia e a Italia la serie delle concessioni specificatamente enumerate, ha aggiunto nelle sue conversazioni a Parigi, che sarebbe stato utile non concentrarle in un primo tempo in una unica zona, salvo a farlo in un secondo tempo, e quando fosse dileguato ogni equivoco col Governo di Angora. Dal telegramma di V.E. suppongo che sotto la impressione delle difficoltà militari con i greci, Angora sia ora disposta alle concessioni anche se concentrate in una unica zona. Ma per certo non si purilevare una sostanziale differenza fra l'ottenere un riconoscimento della nostra posizione con una formula unica e con una unica espressione, o l'ottenerlo con una enumerazione singola e specificata di concessioni varie. Aggiungo, come mia opinione strettamente personale, che se fosse necessario facilitare ancora di pil'accordo con Angora (per salvaguardarne l'amor proprio) si potrebbe anche ricorrere a qualche espediente come quello di far rilasciare p.es. ad un gruppo italo-francese una concessione nella zona italiana, ed una concessione analoga nella zona francese.
Quanto alle concessioni da chiedere, bene V.E. afferma che le ferroviarie e le portuali danno in sostanza la prevalenza economica e politica nel paese. ciò vero dovunque e lo è tanto più inTurchia dove qualunque grande concessione in un determinato territorio ha dato carattere di prevalenza politica a quello Stato che la aveva ottenuta. Esempio a tutti noto: le concessioni ferroviarie tedesche.
Un accordo con Bekir sulla base di singole concessioni dovrebbe a mio avviso:
1) Prevedere la formazione di società italo-turche, a capitale prevalentemente italiano, essendo assicurato all'Italia la direzione tecnica e l'impiego di mano d'opera specializzata.
2) Enumerare le concessioni, essendo riservato alle due parti di aggiungerne delle altre.
3) Riservare a suo tempo contratti speciali per ogni singola concessione. Fra le concessioni da chiedere si possono enumerare le seguenti(4):
a) costruzione di una ferrovia congiungente l'alta valle del Meandro (Nazil o Denizli) con uno dei porti sud-est dell'Anatolia quale il giudizio tecnico potrà definitivamente determinare fra i seguenti: Kuluk, Girova, Marmariza, Makri.
b) Costruzione del porto al quale farà capo la linea ferroviaria.
c) Costruzione delle ferrovieAdalia Konia e del porto diAdalia (se queste concessioni non sono già a suo tempo state ottenute dalla Società Commerciale d'Oriente).
d) Costruzione della ferrovia da Seleucia a Karaman e del porto di Seleucia.
e) Costruzione dei seguenti raccordi ferroviari sì da stabilire una linea da sud a nord: I. Chivril Usciak:. II. Usciak: Kutaya(5).
f) Regolazione del regime delle acque del Meandro e relativa bonifica.
g) Bonifiche a Girova, Adalia, Kutaya.
h) Regolazione delle acque e bonifica del Geuk Su(6).
i) Compimento della bonifica di Konia (vi sarebbero ancora 20.000 ettari da bonificare.
l) Concessioni idroelettriche a Denizli ed Adalia.
215 1 Vedi D. 198.
215 2 Con T. 8963 rr. del 17 settembre anche il governatore di Rodi, De Bosdari, rilevava essere inopportuno rifiutare l'invito di inviare un messo ad Angora, richiedendo perserie garanzie per la sicurezza del viaggio.
215 3 L'art. 239 del Trattato di Sèvres (parte VIII, clausole finanziarie) recitava: «Nessuna concessione nuova potrà essere fatta dal Governo ottomano a sudditi ottomani, o a chiunque altro, senza il consenso della Commissione finanziaria» (vedi Trattati e convenzioni, voi. 26, n. XXV).
IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI EUROPA E LEVANTE, LAGO, AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1388. Roma, 17 settembre 1921, ore 12.
Suo telegramma n. 2532 (1).
Prevengo V.S. che questo Ministero si sta attivamente occupando per contrapporre alla domanda di concessione inglese una analoga più favorevole richiesta da parte di un gruppo capitalistico italo-albanese. Trasmetteral più presto la relativa domanda di concessione(2).
Prego intanto V.S. adoperarsi presso codesto Governo e presso gli elementi a noi favorevoli in Parlamento affinché la discussione della domanda inglese sia per quanto possibile differita.
215 4 Nota del testo: «Nogara potrebbe essere utilmente sentito in proposito».
215 5 Nota del testo: «Per uno schema generale delle comunicazioni richiamo il rapporto inviato da Galli il 25 ottobre 1920 con n. 1751 accompagnato da carta illustrativa». li rapporto citato non èpubblicato, cfr. Avvertenza.
215 6 Nota del testo: «Circa il Geulc Su e Seleucia mi risulta che il Commissariato dell'emigrazione ha avuto molte indicazioni preziosissime nonché i progetti tedeschi. Converrebbe averne visione».
216 1 Del 10 settembre, con il quale Castoldi aveva informato della prossima discussione di concessioni petrolifere al Parlamento albanese.
216 2 Con Nota 2615 del 10 ottobre il ministro dell'agricoltura esprimeva poi pieno consenso con le direttive del Ministero degli esteri per un appoggio diplomatico alle società italiane interessate alla ricerca e allo sfruttamento di giacimenti petroliferi in Albania.
IL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5455/43. Ginevra, 17 settembre 1921, ore 23,30 (perv. ore 7,30 del 18).
Ad ogni buon fine comunico qui appresso quanto riferisce Attolico:
«Ho veduto oggi Frasheri capo delegazione albanese Assemblea. Egli premesso che dati i suoi rapporti personali(...) aveva parlato con tutti francamente, mi ha detto essere impressione sua e della delegazione albanese anche per dichiarazioni raccolte nei circoli Assemblea che l'Italia costituisce in questo momento solo ostacolo soluzione questione albanese. Egli riconosceva che le relazioni fra l'Italia e l'Albania da qualche tempo a questa parte non erano purtroppo buone ma che entrambi i Governi avrebbero dovuto elevarsi sopra presenti querele per guardare pioltre verso avvenire che è indubbiamente a favore sempre pigrande riavvicinamento italo-albanese. Egli ricordava con dolore azione spiegata anno scorso dall'Italia contro l'ammissione Albania nella Lega Nazioni e affermava recisamente essere convinzione ormai generale nel suo paese che l'Italia lavorava oggi per una spartizione Albania e cicon intento riprendere Valona. Egli si domandava quale interesse avrebbe l'Italia ad un siffatto smembramento che avrebbe praticamente portato serbi nel basso Adriatico. Aggiunse parole veramente amare sul modo come albanesi venivano trattati dalla Consulta e, come esempio nessun interessamento nostro per loro, citava caso di una missione che recatasi a Roma per far coniare moneta albanese vi rimase due mesi senza nulla concludere essendo così costretta recarsi Vienna dove ottenne quanto voleva in soli due giorni. Mi pregò informare della situazione delegazione italiana ciò che gli promisi fare, mentre d'altra parte aggiunsi per mio conto escludere nel modo picategorico che l'Italia stesse lavorando per divisione Albania. Questa mia affermazione categorica per quanto non autorizzata sembrprodurre sul Frasheri vero sollievo. Tuttavia egli non riusciva poi a rendersi conto come e perché l'Italia se non aveva intenzioni del genere si opponesse a che questione frontiere fosse risolta e lasciasse invece Albania esposta continue minacce da parte Serbia Grecia che da un momento all'altro avrebbero potuto compromettere sua stessa esistenza ed eventualmente generare guerra nei Balcani. Ho lasciato Frasheri assicurandolo nuovamente migliori intenzioni Italia e dicendogli che non occupandomi in questioni politiche non mi rimaneva che riferire delegazione. È mia impressione che un qualche cosa per calmare timori di questa gente sia necessario fare».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI
T. 1391. Roma, 17 settembre 1921, ore 24.
Telegrammi da Spalato e Veglia segnalano che autorità jugoslave hanno proibito trasporto merci e passeggeri alla nostra bandiera fra porto e porto jugoslavo. Questione cabotaggio essendo rimasta sospesa durante trattative conferenza economica Belgrado, prego V.S. interessare subito codesto Governo perché misura sia revocata in attesa ripresa trattative e conclusione accordo definitivo. In ogni caso non potremo ammettere divieto per passeggeri ciò che costituisce deroga norme internazionali ordinariamente accettate e consuetudini tutti gli Stati. Per applicarlo sembra che autorità jugoslave prescrivano col visto del passaporto piroscafo che passeggero deve prendere. Misura presa dalle autorità jugoslave mentre trattative conferenza economica non sono ancora concluse ci reca tanto pisorpresa in quanto noi non abbiamo opposto alcuna restrizione al traffico delle compagnie jugoslave che come «Dalmatia» e «Ragusea» hanno linea regolare fra Trieste ed i porti della Dalmazia(1).
IL SOTTOSEGRETARIO AL FOREIGN OFFICE, CROWE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
L. Londra, 17 settembre 1921.
In connection with the recent discussions which have been proceding at the Foreign Office regarding the Albanian question, I have the honour to inform Your Excellency that His Majesty's Government, while considering the admission ofAlbania as a state to membership of the League of Nations has conferred upon her the status of an independent and sovereign state and while being unable therefore in any way to limit that sovereignety and independence, are none the less prepared, in order as far as possible to meet the wishes ofthe ltalian Government to accept the accompanying formula as governing the future national status ofAlbania.
2) I have the honour, therefore, to suggest that if, as I sincerely trust, this formula is approved by your Excellency's Government, they will propose it to the Ambassadors' Conference as a formai resolution, and to assure you that in that event the British representative on the Conference will be instructed to give the resolution his full support(1).
ALLEGATO
«Tue Government represented in the Ambassadors' Conference at Paris, recognising that the independence ofAlbania as well as the integrity and inalienability of its frontiers, as defined by their decision dated ... is a matter ofintemational concem; and recognising that the violation of these frontiers or of the independence ofAlbania might constitute a menace to the strategie security of ltaly are agreed as follows:
1) In the event ofAlbania being unable to maintain her territorial integrity she shall be at liberty to apply to the Council ofthe League od Nations for extemal assistance.
2) Tue Governments represented in the Ambassadors' Conference undertake that, in that event, they will instruct their representatives on the Council to recommend that the restoration of the territorial frontiers ofAlbania be entrusted to Italy.
3) Should a menace to the integrity or independence ofAlbania arise either from extemal aggression or from any other cause, and should Albania not have recourse within a reasonable time to the procedure contemplated in article 1 above, then the above Governments will bring the facts to the notice ofthe Council ofthe League of Nations, and, ifthe Council considers that intervention is justified, will give to their representatives the same instructions as those contemplated in article 2 ofthis agreement.
4) If the Council of the League of Nations should decide by a majority vote that they cannot usefully intervene, the Governments represented in the Ambassadors' Conference will reconsider the question».
218 1 Con T. 6222/557 del 19 ottobre Summonte riferirà poi della posizione iugoslava per un divieto generale per tutti i piroscafi esteri, in base all'art. 14, 2° cpv., del Trattato di Saint-Gerrnain.
219 1 La traduzione di questa lettera di Crowe e della formula allegata fu poi trasmessa a Roma da De Martino con T. 5485/1149)del 19 settembre.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1396. Roma, 18 settembre 1921, ore 17.
Imperiali telegrafa quanto segue in data 16 corrente:
(telegramma n. 5423/39)(1).
Gli ho risposto che meglio Fischer e Cecil Robert potrebbero rivolgere le loro premure al Governo britannico che non alla delegazione italiana a Ginevra. La prego di esprimersi nello stesso senso al Foreign Office osservando che per quanto animati dal maggior rispetto per la Società delle Nazioni non metteremmo perin seconda linea la tutela di essenzali interessi nazionali. Se la Società Nazioni, con nostro consenso, determinasse le frontiere dell'Albania, si potrebbe in avvenire affermare che la questione albanese è definitivamente regolata e sono cadute per opera nostra tutte quelle intese laboriosamente raggiunte al momento in cui l'Italia prese la tremenda decisione di partecipare alla guerra europea e valorizzate durante la guerra stessa da enormi sacrifici di sangue e di danaro. La generosità dimostrata in seguito dall'Italia verso l'Albania facendosi essa stessa fautrice della sua indipendenza ci esime da qualsiasi taccia di egoismo nazionale: ma ci fa nel tempo stesso obbligo di insistere per la salvaguardia di quegli elementari interessi del paese che la dimostrata incapacità dell'Albania al proprio libero reggimento rimettesse in pericolo. È un minimo di previggenza
che sarebbe colpevole trascurare. Ho detto ieri a Buchanan incirca le stesse cose, concludendo che accettiamo in massima le proposte a favore dell'Albania che si trovano davanti alla Società delle Nazioni e che del resto abbiamo in parte noi stessi formulate: ma che non siamo affatto disposti ad aderire senza riserve a decisioni che equivalgono ad una spugna passata su tutti i precedenti accordi. Non ho nascosto a Buchanan che la delegazione italiana ha già istruzioni recise per ogni evenienza. Nel caso che la delegazione italiana fosse costretta ad un gesto sdegnoso di fronte alle sopraffazioni di cui fosse vittima, il Governo del re dovrebbe naturalmente giustificare di fronte all' opinione pubblica, di fronte all' Albania e di fronte al mondo le ragioni della sua condotta ed è superfluo dire che l'opinione pubblica italiana ne sarebbe profondamente scossa. Osservo intanto che a tutt'oggi ignoro ancora le modificazioni proposte dal Foreign Office alla nostra formula e le osservazioni di V.E.(2).
220 1 Con il quale Imperiali, nel riferire del rinvio della discussione sulla questione albanese alla S.d.N. per mancanza del responso degli ambasciatori, chiedeva al ministro degli esteri «di aiutarci uscire da questa situazione».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE MARTINO, E A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T.1394RR. Roma, 18 settembre 1921, ore 18.
(Per Costantinopoli) Ho telegrafato al r. ambasciatore a Londra quanto segue:
(Per tutti) Telegramma ministeriale n. 1386(1).
Non è possibile rifiutare di aderire all'azione che la Francia propone di svolgere presso il Foreign Office a tutela comune posizione Costantinopoli che atteggiamento generale Harrington minaccia distruggere a vantaggio Inghilterra.
Data però particolare delicatezza nostri rapporti con Inghilterra in questo momento, non reputo convenga aderire ad un passo comune che potrebbe urtare oltre modo la suscettibilità britannica.
Confermo dunque le istruzioni già impartitele dal sottosegretario in mia assenza 1: di adoperarsi cioè perché il conte Saint Aulaire faccia le comunicazioni prescrittegli prima di V.E. e pertanto isolatamente. Se invece l'ambasciatore di Francia aspetta che anche V.E. abbia ricevuto analoghe istruzioni per agire concordemente, ella vorrà far rilevare che le ultime notizie da Costantinopoli segnalano una maggiore remissività da parte del generale Harrington (telegramma ministeriale n. 1386) ciò che sembra consigliare rimostranze meno risentite a Londra almeno nella forma.
In conclusione ella dovrà recarsi al Foreign Office posteriormente al signor Saint Aulaire e dichiarare che gli alti commissari di Francia e d'Italia sono concordi nel lamentare l'invadenza ingiustificata del generale Harrington. Ella potrà mostrare di credere che gli attriti che si verificano tra gli alti commissari ed il comandante interalleato sono forse da attribuirsi piuttosto al carattere militaresco di quest'ultimo, che non ad istruzioni del Governo britannico, ma tuttavia insisterà sul fatto che, ove la
Francia dovesse arrivare a sciogliersi dall'accordo per il Comando unico, noi saremmo costretti a seguirne l'esempio a tutela di quella parità di posizione a Costantinopoli che è preveduta dagli accordi e che intendiamo rivendicare alla stessa stregua degli altri Alleati. Ella concluderà che noi deprechiamo vivamente questa evenienza giacché mai come adesso appare indispensabile la concordia degli Alleati per padroneggiare una situazione che gli avvenimenti militari ultimi rendono anche pidelicata.
220 2 Vedi D. 219, nota I.
221 1 Vedi D. 212.
IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, GARBASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5458/508. Parigi, 18 settembre 1921, ore 12,30 (perv. ore 21).
Telegramma di V.E. n. 1387(1).
Ambasciatore di Francia a Londra ha telegrafato al Foreign Office e gli è stato detto che tre alti commissari e Harrington si sono messi d'accordo. Harrington rinuncerebbe a esercitare potere politico. D'altra parte è risultato che preteso complotto era dovuto a notizie raccolte dal Servizio inglese di informazioni militari. Al Quai d'Orsay si desume che il passo eseguito dall'ambasciatore di Francia in presenza delle assicurazioni ricevute abbia cambiato di intonazione. Al Quai d'Orsay si è espresso il desiderio che malgrado ciil r. ambasciatore a Londra riceva uguali istruzioni di far rilevare identità di vedute del r. Governo con quelle francesi in questa materia.
L'AMBASCIATORE A TOKIO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 357/188. Tokio, 18 settembre 1921 (perv. il 31 ottobre).
Mi riferisco ai dispacci 14 giugno(1)e 8 luglio scorso nn. 36911 e 42383(2) relativi ai noti tentativi del Governo cinese di aggiornare i pagamenti dell'indennità dei boxer(3)od anche di ottenerne il parziale o totale condono.
Ho già riferito al riguardo a V.E. col rapporto 20 aprile u.s. n. 159/79(1) circa l'argomento e la possibilità di addivenire ad un compromesso col Governo cinese.
Anzitutto, in via pregiudiziale, sembra inopportuno ed ingiusto il mettere menomamente in dubbio l'obbligo del Governo cinese di riprendere il pagamento dell'indennità in questione originata da danni arrecati alle potenze straniere, alle missioni e ai cittadini esteri. Il contributo trascurabile e tiepido dato dalla Cina agli Alleati durante la guerra, non può essere invocato quale motivo per cancellare un debito cui si riconnette pure il prestigio delle singole potenze. Ai conoscitori della Cina sembra anche infondata la pretesa dei cinesi di volere esimersi dai pagamenti sotto il pretesto della disperata condizione finanziaria del loro Governo. Infatti se le finanze sono esauste ciò dovuto alla nota corruzione e all'insanabile anarchia da cui è tormentata tutta l'amministrazione pubblica, e all'ingordigia dei governatori militari, i quali volendo avere la loro parte del bottino, non appena sanno dell'esistenza di fondi nelle casse dell'erario, si dichiarano indipendenti, sequestrano le risorse locali od anche iniziano movimenti insurrezionali finché il Governo, cedendo al ricatto non abbia inviate le somme richieste. Tutti i Governi, dopo la caduta dell'impero e di Yuan Shih Kai, si sono dimostrati impotenti a frenare simili scandalosi abusi e a ristabilire una sembianza di ordine e di onestà. In simile stato di cose è inutile, direi anzi immorale, il concedere risorse o prestiti che sono un nuovo incentivo a lotte intestine, a saccheggi e complicazioni internazionali. Me lo diceva ancora ieri questo direttore dell'Ufficio di Estremo Oriente, signor Yoshizawa, in pieno accordo con quanto gli facevo osservare. Il signor Yoshizawa fra le altre cose rilevava che il famoso consorzio finanziario delle quattro potenze s'illudeva gravemente se immaginava di poter recare sollievo alla situazione torbida e disperata della Cina col semplice fatto di prestare assistenza finanziaria mediante prestiti o buoni consigli. Egli mi soggiunse, in via confidenziale, che lo stesso signor Stevens, rappresentante americano del Consorzio a Pechino, si era mostrato pessimista al riguardo. Eppure gli americani, nella loro maggioranza, immaginano ingenuamente, ma anche talvolta per secondi fini, che la Cina è oppressa e merita aiuti diplomatici e finanziari.
Circa l'eventuale atteggiamento del Governo cinese per il condono parziale dell'indennità dei boxer, il conte Uchida mi diceva ieri che prossimamente il Giappone dovrà prendere qualche provvedimento. Egli mi accennalla probabilità che i relativi fondi saranno parzialmente destinati all' educazione degli studenti cinesi in Giappone. Si tratta quindi di scopo puramente politico e di propaganda nel ceto degli studenti che i giapponesi sperano di guadagnare alla loro causa e alla futura penetrazione economica e politica nella Repubblica di Mezzo. Qualche cosa di analogo sembra che abbia in mente il Governo britannico e forse anche il Governo francese.
Ben diversa è la situazione del Governo italiano il quale non avrebbe motivi d'ordine politico per rinunciare ad una vistosa indennità di cui buona parte spetta alle nostre missioni religiose e a privati cittadini. Non è improbabile che qualche pressione diplomatica venga esercitata da qualche altra potenza a nostro riguardo per indurci ad essere larghi verso la Cina. Sarebbe uno dei soliti mezzi non troppo corretti e disinteressati, intesi ad ottenere il buon volere dei cinesi a spese degli altri. Durante la mia permanenza in Cina ebbi varie occasioni di constatare il metodo siffatto seguito da qualche legazione alleata. E non è a credere che cedendo ai cinesi se ne conquisti per lo meno l'amicizia e la considerazione. Anzi avviene di solito il contrario in ambienti abituati a vivere di successi quotidiani, di astuzie grossolane o di espedienti indecorosi.
Non è escluso che la simpatia recentemente manifestata in alcuni ambienti specialmente americani al riguardo della giovane democrazia cinese, venga raffreddata al contatto della realtà quando i problemi di Estremo Oriente verranno vagliati e discussi a Washington e quando si constaterà l'inanità di certi possibili rimedi proposti od escogitati da cosiddetti periti in affari di Estremo Oriente.
222 1 Del 17 settembre per le ambasciate a Londra e Parigi, non pubblicato. Sulla questione vedi D.212.
223 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
223 2 Non rinvenuti.
223 3 Si tratta delle indennità previste dal trattato del settembre 190 I. li movimento dei boxers, società segreta cinese xenofoba appoggiata da alte personalità dell'impero, si era sviluppato dal 1895 ed aveva condotto a devastazioni e massacri di cattolici cinesi ed europei. Per reazione della comunità internazionale, una spedizione militare aveva invaso la Manciuria e occupato Pechino (14 agosto 1900), e alla Cina erano state imposte -appunto con il trattato del settembre 1901 -severe sanzioni e il versamento di una forte indennità a garanzia di sicurezza per gli stranieri.
IL VICE CONSOLE A MONACO DI BAVIERA, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5480/124. Monaco di Baviera, 19 settembre 1921, ore 20,30 (perv. ore 2,40 del 20).
Sebbene situazione Baviera sembri risolversi con definitiva rinunzia a Kahr opino poter informare ad ogni buon fine che, nel caso sollevazione monarchica Monaco dovesse riuscire, Tirolo ed Alto Adige dovrebbero partecipare movimento nazionalista. Direttorio questo partito socialista riformista avrebbe avvertito direzione partito lnnsbruck mettendolo sull'attenti.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLA DELEGAZIONE ALLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI, ALL'AMBASCIATA A LONDRA E ALLE LEGAZIONI A PRAGA, VIENNA, BUDAPEST, BUCAREST E BELGRADO
T. 1404. Roma, 20 settembre 1921, ore 1.
(Per tutti meno Parigi) Solamente oggi Garbasso mi fa pervenire una specie di verbale dello scambio d'idee intervenuto in seno Conferenza ambasciatori circa misure di rappresaglia da applicarsi eventualmente Ungheria. Riassumo. Si constata che essendo Ungheria paese essenzalmente agricolo il blocco avrebbe efficacia scarsa ed a lunga scadenza; si ritiene desiderabile l'eventuale impiego di truppe delle grandi potenze ma non di quello della Piccola Intesa; di respingere l'idea di affidare alla gendarmeria ungherese il rastrellamento e l'espulsione delle bande dalla zona; si esclude la possibilità d'incaricarne la gendarmeria austriaca; si conclude proponendo di minacciare di autorizzare Jugoslavia rioccupare Baranya e di promettere all'Ungheria che, subito dopo l'evacuazione dei Comitati occidentali, le principali potenze presiederanno alle negoziazioni per regolamento crediti ungheresi verso Austria.
Ho risposto a Garbasso come segue:
(Per Garbasso) Telegramma posta di V.S. n. 881 (1).
(Per tutti) Proposte elaborate in seno Conferenza ambasciatori mi sembrano impratiche ed inopportune:
a) Per quanto Ungheria sia paese ad economia agricola difficilmente resterebbe indifferente alla pressione materiale e morale del blocco economico, tenuto anche conto delle sue condizioni interne. Ad ogni modo non v'è ragione di omettere questa prima e logica misura di rappresaglia innanzi di adottarne altre di risultato ancor pidubbio e che traggono seco inconvenienti evidenti e gravissimi.
b) Non è nemmeno da supporre che grandi potenze vogliono prendere in carico di organizzare una spedizione armata contro l'Ungheria, se la ostinazione magiara o una sua provocazione inconsulta rendessero inevitabile un conflitto armato è certo che le grandi potenze pur riservandosi l'alta direzione delle operazioni militari e l'indicazione degli obiettivi da conseguire, dovrebbe valersi degli eserciti austriaco cecoslovacco romeno e jugoslavo.
c) Non vedo come possa farsi a meno di incaricare l'Ungheria a ristabilire l'ordine là dove lo ha turbato con quei mezzi che riterrà piopportuni. Ormai essa ha rioccupato l'intero territorio dei Comitati: bisogna farla puramente e semplicemente responsabile dell'ordine e della regolare evacuazione.
d) È da escludere la rioccupazione della Baranya, che provocherebbe una guerra tra l'Ungheria e la Jugoslavia, che darebbe a quest'ultima nuovi titoli per mantenervisi e provocherebbe comunque seria e giustificata resistenza quando più tardi si ordinasse nuovamente lo sgombro. Io avevo opinato in principio che pigiusto e più opportuno sarebbe stato di subordinare l'evacuazione della Baranya a quella dei Comitati: ma una volta ottenuta e con tanta difficoltà l'evacuazione della Baranya sarebbe, a mio avviso, assolutamente fuori luogo, oltre che poco riguardoso per la Jugoslavia, paese alleato, incaricarlo della rioccupazione condizionata e temporanea. Alla nota indirizzatagli, su insistenza di Briand, perché evacuasse gli ultimi villaggi che ancora detiene il Governo jugoslavo ha risposto assai sdegnosamente.
(Per tutti eccetto Belgrado) Come risulta dal seguente telegramma del conte Manzoni: (riprodurre telegramma di collezione n. 5450/500)(2). (Per tutti) Francamente io non saprei come insistere presso il Governo jugoslavo
specie dopo l'aggravarsi della situazione in Ungheria. E mi stupisco che la proposta di far rioccupare la Baranya dalla Jugoslavia sia partita proprio dal rappresentante francese.
e) Infine non mi sembra affatto sia il caso di prendere impegni circa il regolamento di reclami finanziari ungheresi contro l'Austria che sono stati troppo evidentemente pretesti per coprire il rifiuto di evacuare il Burgenland.
In conclusione prego V.S. di voler proporre, con le considerazioni suesposte, lo studio urgente e approfondito dei mezzi per applicare un progressivo blocco dell'Ungheria, cominciando dall'isolamento telegrafico e postale per giungere fino al blocco completo. Le norme che saranno formulate dovrebbero essere poi subito sottoposte all'approvazione degli Stati successori che circondano l'Ungheria ed eventualmente dovrebbero ottenersi col controllo delle grandi potenze.
225 1 Non rinvenuto.
225 2 Del 17 settembre. Con tale telegramma Manzoni riassumeva la risposta del Governo iugoslavo alla Conferenza degli ambasciatori: si dichiarava la fine dell'evacuazione della Barania e si lasciava la fissazione definitiva del confine alla commissione prevista dal trattato di pace.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. GAB. 309 SEGR. Roma, 20 settembre 1921, ore 20,30.
Incaricato d'affari d'Austria mi ha rimesso un promemoria circa Ungheria occidentale in seguito al quale ho diretto alla r. legazione a Budapest il seguente telegramma:
(riprodurre il telegramma a Budapest n. 308)(1).
Essendo detto nel promemoria che «a tale condizione il Governo austriaco potrebbe entrare in negoziati coll'Ungheria» ho osservato all'incaricato d'affari che non poteva trattarsi affatto di negoziati fra i due paesi ma che l'accordo eventuale poteva raggiungersi solo attraverso il Gabinetto di Roma. E Ciò nonsolo nell'interesse dell'Austria stessa, ma anche perché era inammissibile che cambiamenti territoriali sanciti dai trattati di pace potessero avvenire senza la partecipazione degli Alleati, autori, garanti e direttamente interessati al mantenimento delle frontiere già fissate. Se ho creduto poter accogliere richiesta del conte Banfy è stato perché proposta si basava sulla esecuzione integrale del Trattato di Trianon salvo poi a consentire la retrocessione di Oedenburg. Ho inoltre osservato: al n. 8, che data gravità situazione e grandi difficoltà esistenti per tutti gli interessati, le questioni finanziarie non dovevano avere parte preponderante ed ostacolare la possibilità di un accordo; al n. 3, che la guarnigione interalleata avrebbe potuto essere sostituita con altro espediente da studiarsi utilizzando i numerosi ufficiali che per ora si trovano sparsi in tutto il Burgenland.
Ad ogni buon fine prego V.S. assicurarsi che i nove punti da me riassunti nel telegramma diretto a Castagneto corrispondano esattamente e completamente al pensiero di codesto Governo.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5490/515. Parigi, 20settembre 1921, ore21,25 (perv. ore 2 del 21).
Seguito al telegramma 511 (1).
Delegati francese ed inglese al Segretariato Conferenza hanno insistito per un invio immediato di una nota a questo ministro d'Ungheria. Trasmetto per telegramma progetto di nota (mio telegramma n. 516)(1). Non ho voluto dare mia adesione a tale progetto
di nota anche perché nell'ultimo alinea della nota è detto che potenze alleate sono pronte presiedere fino all'ultimo [sic] la evacuazione, negoziati tra Ungheria e Austria per il regolamento delle differenti questioni di dettaglio originate dal trasferimento dei Comitati. ciò in contrasto con le istruzioni contenute nel telegramma 1404(2). Delegati alleati hanno insistito allegando che questo compito rientra in quello delle potenze quali garanti dei Trattati San Germano e Trianon e anche per dar modo al Governo ungherese di calmare opinione pubblica al momento dell'evacuazione. Delegati alleati si riuniranno nuovamente per studiare applicazione delle misure di pressione suggerite da V.E. che per dover essere adottate dai quattro Stati confinanti con Ungheria non potranno essere adottate che fra parecchi giorni.
Vista massima urgenza prego V.E. telegrafarmi prontamente risposta(3).
226 1 Pari data, con il quale Torretta aveva comunicato a Castagneto le condizioni poste dal Governo austriaco per una intesa con l'Ungheria.
227 1 Pari data, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CONTARINI, A CASAMICCIOLA
T. 45155 RR. PERS. Roma, 20 settembre 1921, ore 23.
Ambasciatore d'Inghilterra mi comunica telegramma contenente formula inglese per Albania che trascrivo pisotto. De Martino telegrafa che molto difficilmente si potrà ottenere di più.
Intanto Società Nazioni pretende non poter rinviare ulteriormente legittima domanda Albania circa fissazione sue frontiere. Insistenze soprattutto per opera delegati britannici sono state tali che ho dovuto minacciare ritiro delegazione italiana e formale protesta ove si precipiti discussione senza darci tempo concordare formula con Alleati.
In tali condizioni respingere formula inglese significa altresì o passare a fissazione definitiva frontiere in seno Società Nazioni senza ulteriori garanzie per noi, ovvero attuare minaccia ritiro dalla discussione per cui ho anzi già dato istruzioni e che, a detta delegazione italiana, potrebbe portarci a uscire dalla Lega Nazioni.
In merito formula osservo che si elimina ogni impegno di carattere economico limitandosi considerare problema albanese nei rispetti Italia come problema strategico. Inoltre ultimo capoverso è volutamente reticente e ambiguo.
Circa eventuale incarico Italia frteggiare Jugoslavia e Grecia a difesa Albania parmi non possa rifiutarsi a priori se vogliamo che la preminenza degli interessi italiani sia riconosciuta. D'altronde intervento italiano, qualora per imprevedibili circostanze
non credessimo ricusarlo, porterà come prima naturale conseguenza occupazione Valona. Né previsione eventuale mandato interventivo Italia impedirebbe all'evenienza intese con Jugoslavia e Grecia.
Pregoti telegrafarmi, se lo credi utile, parere e proposte mezzo Marina assicurandoti che telegramma mi giunga possibilmente domani prima udienza ambasciatore inglese che ho fissato ore cinque pomeridiane.
Comincia telegramma inglese(1).
227 2 Vedi D. 225.
227 3 Con T. 1417 del 21 settembre Torretta approvava il progetto di nota anche per la parte contestata da Bonin. «Basterà dire -osservava -che "naturalmente le potenze alleate sono disposte, subito dopo che l'evacuazione sarà avvenuta, ad adoperarsi con ogni impegno perché i negoziati eccetera eccetera siano ripresi e il pirapidamente possibile conclusi". Ché se poi i delegati francese e inglese tenessero assolutamente alla loro formula ella puanche accettarla per non tardare oltre la consegna della nota all'Ungheria».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI E BRUXELLES E AL DELEGATO NELL'ALTA COMMISSIONE RENANA
T. 1411. Roma, 20 settembre 1921, ore 24.
(Per tutti meno Berlino) Per opportuna conoscenza dell'E.V. comunico seguente telegramma diretto alla r. ambasciata Berlino.
(Per tutti) Suo rapporto 1° settembre(1). Questa ambasciata britannica mi ha comunicato: 1) che il Governo reputa giustificata abolizione sanzioni economiche al 15 settembre nonostante le riserve germaniche considerando che Governo tedesco ha accettato in principio l'organo interalleato di controllo; 2) che a parere del Governo britannico unica funzione di tale organo è sorveglianza sul sistema germanico delle licenze per assicurare esecuzione articoli 264-267 Trattato di Versaglia(2)e senza alcuna ingerenza nel potere esecutivo tedesco. Governo britannico è contrario ad ogni proposta che abbia per risultato separare economicamente territori occupati dal resto della Germania ed insiste perché detto organo sia completamente indipendente da Alta Commissione renana. Ho risposto all'ambasciata britannica: 1) che ritenevo conveniente accettazione incondizionata da parte della Germania della decisione unanime del Consiglio Supremo qualunque fossero le divergenze di vedute fra gli Alleati e che percimi ero associato al passo da farsi a Berlino (mio telegramma 1347)(3); 2) che per quanto si riferisce all'interpretazione alla portata e all'applicazione della decisione di Parigi r. Governo condivide pienamente sopra indicato punto di vista britannico.
Prego V.E. di voler in via ufficiosa far noto a Governo tedesco nostro modo di vedere facendogli presente che superata questione di forma di cui al primo punto potrà pirapidamente addivenirsi all'applicazione decisione di Parigi, conformemente al suo vero spirito(4).
228 1 Vedi D. 219.
229 1 Non rinvenuto.
229 2 Gli artt. 264-267 del Trattato di Versailles prevedevano condizioni di assoluta eguaglianza rispetto ad ogni altro paese -per le importazioni, le esportazioni o il transito di merci verso i paesi alleati e associati.
229 3 Del 10 settembre, non pubblicato.
229 4 Con T. 1435 del 23 settembre Torretta dichiarava poi l'adesione, con modifiche, al progetto francese di nota al Governo tedesco sulla questione di un organo interalleato di controllo.
IL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5520/50 GAB. Ginevra, 21 settembre 1921, ore 13 (perv. ore 17,45).
Telegramma di V.E. n. 1410(1).
Impazienza non viene da Fischer né da Balfour alla loro personale amicizia per me dobbiamo anzi rinvio fin'ora ottenuto. Impazientissimi invece divengono di giorno in giorno albanesi, essi vedono passare tempo avvicinarsi fine Assemblea e temono che mancata decisione li esponga pericolo da parte loro vicini, essi pertanto spingono lord Cecil il quale delegato Sud Africa agisce proprio conto piena indipendenza e sovente in contraddizione manifesta con delegazione inglese. Anche lord Cecil ha finora mostrato deferenza mie vivissime personali insistenze ma ora non sente piragioni, sostiene che perdurante rinvio aggrava situazione Albania, incoraggia baldanza serbi greci, mette pericolo pace penisola balcanica. Delegazione inglese d'altro canto insiste per pronta decisione ambasciatori circa frontiere Albania perché non senza fondamento ritiene che Assemblea edottane finirà per ratificarla senza troppo contrasto. Per contro inevitabile discussione se iniziata in mancanza predetta decisione pu per opera greci e serbi, riuscire confusa tumultuosa tale da condurre persino risultati impreveduti e contrari propositi potenze e desideri Albania. Avendo così messo V.E. nel modo pichiaro possibile al corrente complicata situazione credo dover attirare l'attenzione di V.E. sulle tre seguenti considerazioni di fatto:
l) che per motivi miei precedenti telegrammi(2)è impossibile rimanere in questo stato incertezza ottenere rinvio al di là di un paio giorni;
2) che a termini patto che vincola anche noi, delegazione italiana non ha alcun titolo giuridico opporsi discussione, se insistessimo su questo punto Assemblea non potrebbe passare oltre e comunque dibattito nuocerebbe seriamente prestigio autorità Italia davanti Società delle Nazioni;
3) che parimenti in conformità patto qualsiasi nostra decisione disconoscente decisione Assemblea riserva condizionata nostra libertà giudizio azione non avrebbe alcun risultato pratico mentre per coerenza dignità ci dovrebbe costringere uscire Società delle Nazioni proprio al momento in cui in seguito appunto iniziativa Italia convergono su di essa attenzione interessi mondiali.
V.E. possiede così ogni piampio elemento giudizio imbarazzata situazione in cui si trova delegazione italiana la quale invoca pertanto pronte precise istruzioni per il caso che malgrado continui nostri sforzi Commissione ed Assemblea decidano discutere questione albanese prima che l'accordo italo-inglese sia divenuto fatto compiuto.
230 1 Del 20 settembre, non pubblicato.
230 2 Vedi D. 217.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1416. Roma, 21 settembre 1921, ore 23,30.
Ambasciatore britannico mi ha comunicato formula proposta da Inghilterra(1). L'ho pregato ringraziare lord Curzon ed ho alla mia volta formulato seguenti modificazioni.
Al,capoverso quarto aggiungere:( ...) «conformando le loro decisioni al concetto espresso nel preambolo che cioè cambiamenti delle frontiere dell'Albania costituiscono una minaccia alla sicurezza strategica dell'Italia».
Confido che questa aggiunta puramente esplicativa e perfettamente nello spirito e nella lettera di tutto il documento non incontrerà difficoltà. Tuttavia tengo a che sia adottata perché ove venissero a verificarsi circostanze tali da togliere praticamente portata ai capoversi precedenti è bene che quest'ultimo, ripetendo il concetto espresso nel preambolo, acquisti per sé stesso una maggior forza significativa.
Infine ho proposto di aggiungere un capoverso quinto così concepito:
«Gli Stati rappresentati alla Conferenza degli ambasciatori non intendono prestarsi a costituire in Albania un regime economico contrario alla indipendenza del paese ed agli interessi dell'Italia».
Non mi dissimulo che questo capoverso potrà incontrare opposizioni malgrado la sua formulazione quasi anodina. Ho infatti rilevato che ogni allusione ai nostri interessi economici è stata studiatamente soppressa nella formula inglese. Gradiranche conoscere come questa radicale soppressione sia stata giustificata nelle conversazioni che l'E.V. ha avuto certamente in proposito.
Superfluo illustrarle le ragioni della mia proposta e suggerirle argomenti a sostegno nostra tesi. Basterà ricordare che ad un certo momento la stessa Inghilterra aveva proposto una formula di disinteressamento(2).
Rivolgo a V.E. vivissima preghiera di sostenere con ogni impegno le aggiunte da me proposte facendo notare che prova nostra moderazione è tale che ci dà diritto aspettarci da parte Inghilterra qualche manifestazione cordiale condiscendenza in quest'ultima fase trattative.
Data estrema urgenza decisioni anche per evitare incresciosi incidenti Assemblea Società Nazioni raccomando vivamente trasmettermi per telegrafo con precedenza assoluta definitiva risposta inglese(3).
231 1 Vedi D. 228.
231 2 Con T. 1428 del 23 settembre Torretta precisava in merito: «Ad ogni buon fine rettifico che la fonnula di disinteressamento era stata messa avanti dal Quai d'Orsay e precisamente da Berthelot il quale aggiungeva Governo britannico vi avrebbe aderito».
231 3 Vedi D. 239.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 563 GAB. Vìenna, 22 settembre 1921 (perv. il 23).
Telegramma di V.E. segreto del 20 settembre s.n.(1).
Mentre mi riservo di rispondere in modo preciso alla domanda di V.E. indicando alcune varianti ritengo opportuno ad ogni buon fine riprodurre pensiero del Governo austriaco quale fu indicato dal cancelliere a codesto rappresentante austriaco con incarico di portarlo a conoscenza di V.E.
Il contegno assunto dal Governo federale nella questione dell'Ungheria occidentale è causato dalle decisioni del ( ...) estero austriaco. In base a tale decisione il Governo federale fino al 27 agosto non era in grado di entrare in trattative circa questione territoriale col Governo ungherese circa Burgenland prima che fosse avvenuta la consegna di tutto il territorio aggiudicato all'Austria dai Trattati di San Germano e di Trianon; la situazione dopo il 27 agosto è caratterizzata dagli avvenimenti noti che si ripetono a tutt'oggi e di cui una indiscussa responsabilità spetta al Governo ungherese in seguito al suo agire ed alle ( ...) omissioni premeditate. Modalità ( ...) di una ripresa di trattative col Governo ungherese potrebbe essere interpretata soltanto come un premio per il contegno dell'Ungheria dal quale Austria è stata gravemente danneggiata e che ha provocato la piena disapprovazione dell'Intesa. Il Governo ungherese ha indotto Austria a rinunciare alla città di Oedenburg ed a suoi dintorni. In questo senso non può essere lasciato fuori considerazione che:
1) Oedenburg è l'unica città che può considerarsi come capitale del Burgenland;
2) che Oedenburg è il nodo ferroviario del Burgenland e che oltre questa città non v'è altro centro di traffico che potrebbe sostituirla, un centro simile dovrebbe appena essere creato dall'Austria;
3) che l'Austria ha delle pretese di antica data nei confronti dell'Ungheria, come per esempio i coupons non pagati e l'espropriazione dei piroscafi, pretese al cui adempimento l'Ungheria si è finora sempre sottratta;
4) che l'Austria ha avuto già considerevoli spese derivanti all'indugio della consegna del Burgenland e che deplora gravi perdite di vite umane e di materiali di cui l'Ungheria è responsabile e che senza dubbio è in obbligo di risarcire.
Se quindi il Governo federale invece di attendere il risultato delle misure adottate dall'Intesa nei confronti dell'Ungheria, si potesse nuovamente decidere a entrare in trattative coll'Ungheria, cipotrebbe avvenire soltanto perché una personalità della
posizione, della considerazione, dell'influenza e della competenza del marchese Della Torretta è intervenuta personalmente in questa questione. Il Governo federale non è in grado derogare dalle decisioni del Consiglio degli esteri austriaco, ma non è d'altro canto contrario al prendere nota delle proposte del marchese Della Torretta e di sottoporle al Consiglio degli esteri il 22 corrente ( ...) il modo di vedere del Governo federale, il fondamento su cui soltanto potrebbe venire trattata una rinunzia dell'Austria su Oedenburg e suoi dintorni da stabilirsi per accordo con inclusione di Zinkemdorf, puconsistere soltanto in una manifestazione della volontà di quelle popolazioni. Questo principio sarebbe l'unica forma in cui il Consiglio degli esteri potrebbe accettare la proposta soluzione.
Le premesse perché Governo federale possa più da vicino esaminare una tale soluzione consisterebbero nei seguenti provvedimenti:
a) base Ungheria innanzi tutto(...) subito tutto il territorio dell'Ungheria occidentale assegnato all' Austria dai Trattati di San Germano e di Trianon e provvedere per una indisturbata occupazione del medesimo da parte Austria;
b) che a Oedenburg venga istituita una Commissione amministrativa paritetica cui prendano parte Austria Ungheria sotto la presidenza di un delegato dell'Intesa e un delegato per ciascuno dei due paesi;
c) che Oedenburg sia occupata da una guarnigione dell'Intesa;
d) che queste trattative relative alla definitiva appartenenza di Oedenburg non abbiano a dilazionare l'azione dell'Intesa per lo sgombro della rimanente parte del Burgenland;
e) che Ungheria non ordini o permetta né direttamente né indirettamente richiami militari.
Il Governo federale presuppone perad ottenere che anche l'Ungheria come l'Austria si obblighi a riconoscere senza riserve il risultato del plebiscito. Se tale risultato dovesse essere favorevole all'Ungheria la consegna di Oedenburg insieme ai dintorni dovrebbe avvenire, con rapporti da stabilirsi, otto giorni dopo avvenuta tale manifestazione della volontà della popolazione di Oedenburg sotto la sorveglianza di una Commissione generale interalleata. In tal caso le questioni finanziarie pendenti tra Austria e Ungheria sarebbero da chiarirsi da parte dell'Ungheria soltanto dai punti di vista accennati nei punti uno-quattro con una approvazione di principio.
Il regolamento dei particolari come di tutte le altre questioni finanziarie pendenti fra i due Stati dovrebbe essere rimandato a ulteriori trattative. Nel caso non si potesse addivenire ad un accordo ambedue le parti dovrebbero sottomettersi ad un arbitrato da stabilirsi a questo scopo.
Se espressione della volontà della popolazione dovesse risultare favorevole all' Austria, l'Ungheria dovrebbe obbligarsi a riconoscere anche tale risultato senza riserve senza percivengano lesi il possesso incontestabile del resto del Burgenland da parte Austria in seguito tale manifestazione della volontà della popolazione.
A Budapest.
232 1 Si tratta quasi certamente del D. 226.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AI MINISTRI A BELGRADO, MANZONI, AD ATENE, MONTAGNA, E A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1423. Roma, 23 settembre 1921, ore 0,30.
(Per Durazzo) Ho telegrafato alle rr. legazioni a Belgrado e Atene quanto segue:
(Per tutti) Per sua esatta preventiva notizia e per nonna di linguaggio la infonno che sta per essere raggiunto l'accordo con gli Alleati circa una fonnula che salvaguarderà gli interessi preminenti dell'Italia in Albania. Tale fonnula sarà contenuta in una risoluzione della Conferenza degli ambasciatori. Prendendo le mosse dal riconoscimento che l'Italia è direttamente interessata al mantenimento delle frontiere dell'Albania, considera il caso che l'Albania stessa abbia bisogno della tutela della Società delle Nazioni contro pericoli esterni od interni, e impegna -in tale evenienza -le potenze rappresentate alla Conferenza degli ambasciatori a dare istruzioni ai propri rappresentanti in seno al Consiglio della Lega perché sia incaricata l'Italia di restaurare l'indipendenza ed il territorio albanese. La dichiarazione da noi fatta a suo tempo della piena ed intera indipendenza dell'Albania e la sua ammissione nella Società delle Nazioni dovevano logicamente portare l'estensione a quel paese di tutte le garanzie internazionali connesse al pacifico consorzio delle nazioni. D'altra parte l'Italia quale grande potenza doveva esigere dai suoi Alleati una propria diretta tutela dei suoi interessi strategici ed adriatici, qualora, nonostante quelle garanzie morali, venissero minacciati. Il giusto contemperamento è stato trovato nell'eventuale incarico assicurato all'Italia di restaurare in nome della comunità internazionale l'equilibrio adriatico turbato.
Per parte sua il Governo jugoslavo, avendo sempre sostenuto l'indipendenza albanese, non ha ragione di dolersi di questa decisione delle grandi potenze, che troverà a giorni definitiva soluzione da parte della Società delle Nazioni.
È da prevedere invece che la Grecia troverà ragioni di malcontento nella decisione che confenna la frontiera fissata col protocollo di Firenze del 1914. Ma è sperabile che vorrà rassegnarsi a quanto le potenze unanimi, inspirandosi ad un concetto superiore, avranno stabilito.
D'altronde non sembra prevedibile che la Jugoslavia e la Grecia, uscite dalla guerra con sì gravi problemi interni territoriali e politici, vorranno deliberatamente affrontare agitazioni che troverebbero una incrollabile opposizione nella Società delle Nazioni, risoluta ad assicurare all' Albania per lo meno un congruo periodo per la propria organizzazione che valga come esperimento della sua capacità di costituirsi e reggersi a Stato indipendente.
V.S. vorrà soprattutto adoperarsi, ove sia necessario, per dissipare ogni preoccupazione di codesto Governo circa i propositi dell'Italia. L'Italia è animata da spirito assolutamente amichevole e tutt'altro desidera che di affrettare l'eventuale incarico di difendere l'Albania per conto della Lega delle Nazioni e proprio. L'Italia non ha in realtà che un intento: quello di salvaguardare l'equilibrio adriatico; e ritiene sinceramente che cipossa conseguirsi, ora ed in avvenire, qualunque siano le circostanze, armonizzando gli interessi propri con quelli jugoslavi e greci. Naturalmente V.S. vorrà astenersi di parlare di quanto sopra finché non sarà nota decisione della Conferenza degli ambasciatori. ·
(Per Durazzo) Una volta intervenuto l'accordo interalleato di cui sopra, l'Albania dovrebbe capire che è unicamente all'Italia che deve guardare per la propria tutela. Non mi illudo tuttavia che, almeno nei primi tempi, non saprà divezzarsi dall'abitudine degli intrighi. Sarà compito di V.S. di far comprendere a codesti dirigenti dove stanno e quali sono i loro veri interessi.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA, ALLE LEGAZIONI A PRAGA, VIENNA, BUDAPEST, BUCAREST E BELGRADO E ALLA DELEGAZIONE ALLA S.D.N.
T. 1432. Roma, 23 settembre 1921, ore 15.
(Per Ginevra) Telegramma di V.E. n. 57(1).
Mi riferisco al mio telegramma n. 1195(2), avvertendo che istruzioni in esso contenute erano anteriori all'attuale conflitto per il Burgenland ed al successivo telegramma n. 1276(3).
(Per tutti meno Ginevra) Il marchese Imperiali telegrafa da Ginevra quanto segue:
(telegramma n. 57/5525, dal principio fino a «appoggio grandi potenze» e da «Devo cistante pregare» fino alla fine). Gli ho risposto nei termini seguenti: (Per tutti) Ammissione di uno stato ex nemico nella Società delle Nazioni non
può avere luogo se non in seguito piena esecuzione da parte sua trattati di pace impostigli ovvero quando abbia dato prove evidenti di volerli lealmente eseguire. Non è il caso dell'Ungheria. Anche se recedesse dalla sua attuale attitudine non potrebbe prima della chiusura Assemblea Società delle Nazioni avere evacuato Comitati e dato prova convincente sentimenti rassegnazione e deferenza. In ogni caso quindi sua domanda ammissione non potrebbe essere presa in considerazione nella presente sessione.
Prego V.E. esprimersi in tal senso dopo essersi consultato con rappresentanti Piccola Intesa ed Austria che non dubito saranno dello stesso avviso con suoi colleghi principali potenze. Ove malgrado cidomanda dell'Ungheria non sia ritirata ella dovrà fare formale opposizione prendendo anzi aperta iniziativa in tal senso. Naturalmente
ella premetterà che non ragioni di animosità verso Ungheria determinano atteggiamento Italia, ma ragioni di evidente giustizia e rispetto ai trattati. Non credo che di fronte a questo risoluto atteggiamento dell'Italia e della Piccola Intesa naturali custodi dello spirito della vittoria gli altri Stati vorranno insistere. Sarebbe un pericoloso precedente anche per la Germania. Comunque meglio trovarsi in minoranza che contribuire all'ammissione dell'Ungheria alla Società della Nazioni che sarebbe a mio giudizio nelle attuali circostanze un vero scandalo.
(Per tutti meno Imperiali e Budapest) Prego portare quanto precede a conoscenza di codesto Governo appoggiando il punto di vista italiano.
234 1 Del 21 settembre, con il quale Imperiali riferiva tra l'altro del profondo rincrescimento del conte Apponyi per l'opposizione dell'Italia all'ammissione dell'Ungheria nella S.d.N.
234 2 Vedi D. 137.
234 3 Vedi D. 170.
IL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5572/511. Belgrado, 23 settembre 1921, ore 20,30 (perv. ore 4 del 24).
Nel colloquio di ieri(1)ho procurato conoscere modo di vedere e programma Pasich nella questione albanese. Ha premesso che mi avrebbe parlato «apertamente».
«Noi, ha detto, manteniamo nostro programma del memorandum 20 gennaio 1920 a favore di un'Albania indipendente libera da qualsiasi ingerenza straniera. Se altri riceverà vantaggi in Albania dovremo riceverne noi pure. Quanto ai confini del 1913 essi furono decisi sotto l'influenza austriaca contro la Serbia e sono pessimi per noi. Percichiediamo modificazioni di ordine puramente strategico per garanzia nostra. Il confine del 1913 è un saliscendi da valle a monte e viceversa: non tiene conto della territorialità di alcune tribe le divide metà di qua metà di là dal confine, ciò che provocherà instabilità difficoltà continue della situazione. Abbiamo poi bisogno ci sia assicurato uno sbocco al mare per sfogo economico della Serbia sud occidentale. Ecco le nostre esigenze».
Temperando poi queste esigenze egli ha diminuito portata della riserva delle ingerenze straniere ed ha in fondo ridotto sua domanda a rettifiche strategiche confine 1913 e ferrovie verso Adriatico.
Avendo Pasich parlato come se in sua mente esistessero accordi Italia con Grecia a favore cessioni territoriali albanesi alla Grecia gli ho chiarito che accordo Tittoni-Venizelos è stato denunziato e sostituito con altro in cui non v'è clausola alcuna circa Albania.
Quanto alla rivolta mirdita Pasich ha detto che Governo jugoslavo vedrebbe con favore costituzione di uno Stato cuscinetto mirdita tra la Jugoslavia e l'Albania.
Pasich ha osservato che potenze non sono d'accordo nella questione albanese e ha detto che Jugoslavia cercherà risolvere la questione con accordi diretti se non ottenesse altrimenti soddisfazione sue giuste esigenze.
235 1 Con il T. 5545/509 ris. dello stesso giorno Manzoni aveva riferito di una conversazione con il presidente iugoslavo e della sua convinzione dello stabilimento di legami di amicizia fra i due paesi.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI
T. 1438. Roma, 23 settembre 1921, ore 24.
(Per Cospoli) Telegramma di V.E. n. 583(1).
Ho telegrafato al governatore di Rodi quanto segue:
(Per tutti e due) Per Tuozzi. D'accordo con S.E. il marchese Garroni ho deciso di accogliere la richiesta fatta da Mustafà Kemal di inviare ad Angora un nostro rappresentante ufficioso e ne affido l'incarico a V.S. Ne ho già informato Giami bey perché ne prevenga il Governo nazionalista e disponga per le agevolazioni di viaggio. Intanto
V.S. vorrà recarsi immediatamente a Cospoli per prendere accordi col r. ambasciatore e riceverne le istruzioni. Il carattere e gli scopi della sua missione sono indicati nel telegramma diretto al r. ambasciatore ed al governatore in data 11 corrente sotto il n. 1359(2). Mi riservo ulteriori precisazioni. Ella potrà farsi accompagnare da un interprete che prego indicarmi telegraficamente.
Dovrà munirsi di un cifrario. Solamente all'atto della partenza da Cospoli sarà notificata la sua missione agli Alleati, pertanto prego mantenere per ora la notizia riservata.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1439. Roma, 23 settembre 1921, ore 24.
Telegramma di V.E. n. 52(1). Per norma di V.E. stimo utile trascrivere il testo delle dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio al Parlamento circa la questione montenegrina.
«Ci troviamo avanti uno stato di fatto che alcune delle potenze alleate considerano di diritto; ma manca la formale sanzione internazionale, non essendo la questione montenegrina mai venuta in discussione nelle varie riunioni interalleate. Le elezioni per l'Assemblea costituente del Regno S.H.S. sono state considerate da alcuni dei nostri Alleati come libera manifestazione del popolo montenegrino. Se il popolo montenegrino nella sua vera maggioranza dimostrasse una diversa volontà e portasse la
questione avanti un congresso internazionale, il r. Governo non mancherebbe di partecipare all'esame della questione con quello spirito di giustizia e di liberalità che è conforme alla tradizione del popolo italiano».
Da questa dichiarazione che impegna la condotta del Governo ella potrà desumere la direttiva che dev'essere seguita dalla delegazione italiana. Naturalmente conto sul tatto di V.E. Perché nostro eventuale benevolo atteggiamento verso causa montenegrina serbi quel carattere di riservatezza indispensabile per non urtare la suscettibilità jugoslava(2).
236 1 Vedi D. 211, nota 7.
236 2 Vedi D. 198.
237 1 Del 21 settembre da Ginevra, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1440 RIS. Roma, 23 settembre 1921, ore 24.
Telespresso di codesta delegazione n. 887 del 16 settembre(1).
Prego precisare d'urgenza in che veste Vaticano è stato richiesto partecipare commissione soccorsi Russia non comprendendosi come possa figurare nella lista degli invitati come uno Stato.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5560/1173 PREC. ASS. Londra, 24 settembre 1921, ore 7 (perv. ore 22,40).
Telegramma di V.E. n. 1436 di ieri sera(1).
Stamane Waterlow e Nicolson mi hanno comunicato approvazione di Curzon alla aggiunta delle parole «sia territoriale che economica» nel paragrafo 3° nonché dell'aggiunta proposta da V.E. in fine al paragrafo 4° (suo telegramma n. 1416 del 21 corrente )(2).
Risultando per tal modo definitivamente scartato da Curzon il proposto capoverso quinto ho proposto conformemente al predetto telegramma di V.E. n. 1436 l'aggiunta della frase: «anche quelle derivanti possibile predominio economico di qualche potenza» nel paragrafo 3°. Condussi meco Giannini essendo utile mantenere la discussione in campo tecnico pei motivi già detti. Risultsubito che la espressione «qualche potenza» si presta alla supposizione di inopportuni vaghi controlli e di singole esclusioni inaccettabili dagli inglesi. Ho quindi proposto inserire nel paragrafo 3° dopo le parole «sia territoriale che economica» le parole «compreso in predominio economico». Mi sono trovato nel dubbio se V.E. avesse scritto «qualche» ovvero «qualunque» ma la prima locuzione era assolutamente inaccettabile dal Foreign Office mentre la seconda mi parrebbe alquanto pericolosa per noi poiché è da confidare che in avvenire le iniziative economiche italiane in Albania sapranno assicurarsi il posto conveniente. Pertanto mi sembra che le parole «compreso il predominio economico» potranno in caso di necessità essere interpretate a favore dell'Italia o contro l'Italia poiché in sostanza tutto il documento risponde al concetto di una garanzia data all'Italia. Tutto cibeninteso salvo l'approvazione di V.E. Credo opportuno aggiungere che anche stamane fu dichiarato a me ed a Giannini da Waterlow e da Nicolson essere assolutamente inesistente un piano preventivo di penetrazione economica in Albania. Ho notato che quando feci cenno all'attuale campagna della stampa in Italia contro le asserzioni di invadenza economica inglese in Albania Nicolson rivolgendosi a Waterlow disse con espressione di dispetto «ecco illavoro di Barnes». Circa Barnes ho telegrafato a V.E. stamane col mio telegramma n. 1168(3). È opinione mia e di Giannini che questa penetrazione economica inglese in Albania per quanto riguarda un interessamento di questo Governo sia niente altro che una montatura. E quanto ad alcuni articoli di giornali italiani mi sembrerebbe chiaro la loro tendenziosità. Io non escludo che nella mente di qualche funzionario sia germogliata tempo fa l'idea di crearci noie in Albania come ritorsione per l'accordo italo-afgano, ma oggi tale causa di dissenso è del tutto eliminata per opera di V.E. Ciò premesso a necessario chiarimento informo che Waterlow accettsalvo approvazione di Curzon la inclusione predetta delle parole «compreso il predominio economico» nel paragrafo 3 °. Quanto alla possibilità di ( ... ) futuri per formula atta alla difesa di specifici interessi economici italiani ho avuto cura mantenere la nostra domanda in terreno prettamente tecnico che è il solo praticabile ed ho detto che ne sarà trattato col r. addetto commerciale. Ne è risultato che Waterlow come sua idea personale ritiene che ogni volta si presenterà la occasione di trattare di specifici interessi italiani ne potremo discutere fra noi con lo scopo almeno di evitare la concorrenza. Questo concetto si potrà consacrare in uno scambio di idee ufficiose se Curzon l'approverà. Circa la inserzione predetta nel paragrafo invariato fu anche subito chiesto approvazione di Curzon sempre assente, ma tenendo conto del weekend mi pare difficile che tutto possa finire a tempo per lunedì nonostante le vive premure fatte. È stato telegrafato dal Foreign Office a Buchanan circa modificazioni di cui in principio del presente telegramrna(4).
237 2 Il carattere ambiguo della posizione italiana in merito al riconoscimento di un Montenegro indipendente, membro della S.d.N., è confermato dalla risposta di Imperiali a questo telegramma di Torretta. Vedi D. 244.
238 1 Non rinvenuto.
239 1 Non pubblicato.
239 2 Vedi D. 23 I.
239 3 Non pubblicato.
239 4 Per il seguito vedi D. 243.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A PRAGA, VIENNA, BUDAPEST, BUCAREST E BELGRADO
T. 1443. Roma, 24 settembre, ore 15.
(Per tutti meno Belgrado) Il r. ministro a Belgrado telegrafa quanto segue:
(riprodurre telegramma di collezione n. 5544/508)(1).
(Per Belgrado) Telegramma di V.S. n. 508.
(Per tutti) Prego ricordare a Pasich che Piccola Intesa non potrebbe assumere atteggiamenti isolati nella questione absburgica senza previo concerto con noi conformemente agli accordi. Attitudine risoluta assunta dall'Italia fin dal primo momento di fronte all'Ungheria deve dare pieno affidamento agli Stati successori che siamo decisi usare tutta nostra autorità ed assumere iniziativa di tutti quei provvedimenti che saranno necessari per ridurre alla ragione Governo magiaro nella questione del Burgenland ed eventualmente anche per impedire qualsiasi tentativo absburgico. Non vedo quale vantaggio potrebbe derivare alla Piccola Intesa da un'azione isolata, in cui del resto non so se sarebbe seguita senza riserve dalla Romania: vedo invece ogni pericolo dalla mancanza di accordo tra gli Stati successori e le principali potenze, e soprattutto l'Italia, naturale tutrice dei trattati che sono stati il frutto della comune vittoria. La istintiva turbolenza magiara troverebbe nuovo incentivo nella mancata concordia di tutti gli Alleati.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5576/214. Praga, 24 settembre 1921, ore 20 (perv. ore 2,30 del 25).
In una lunga conversazione avuta stamane Benès mi ha esposto seguente versione del suo improvviso incontro con Schober: giovedì mattina un delegato del Governo ungherese gli avrebbe chiesto far da mediatore tra Austria e Ungheria per soluzione questione Burgenland. Benès, dopo aver accettato a condizioni che base prima e assoluta sua mediazione dovesse essere pronta rigida applicazione trattato, combincon Schober convegno per ieri mattina a Hainburg. Regolamento amichevole questione consisterebbe nella retrocessione di Tradenburg all'Ungheria da parte Austria. Procedura da seguire per la consegna del Burgenland sarebbe rimessa alla Commissione dei generali che la rimetterebbe all'Austria, coll'impegno da parte Austria rinunziare a favore Ungheria città
Tradenburg e suo territorio. Particolari da stabilirsi. Schober in massima favorevole tale accomodamento si sarebbe riservato tuttavia dar risposta definitiva dopo sentito parere Commissione parlamentare affari esteri. Risposta è qui attesa per oggi(1). Di ritorno a Presburgo Benès avrebbe trovato comwazioni urgente da parte di Banffy, che lo informava trovarsi di fronte a due fatti nuovi: seconda nota Conferenza ambasciatori e proposta italiana di mediazione. Questi due fatti avrebbero potuto influire tanto sulle decisioni del Governo ungherese quanto sulle decisioni del Governo austriaco. Benès mi ha detto aver dichiarato a Schober e dichiarare a me in modo (manca) aver accettato mediazione offertagli esclusivo interesse generale della pace e senza nessun secondo fine di cooperazione diretta. Era sua intenzione rendere edotta l'Italia e le altri grandi potenze di tale passo a convegno avvenuto perché non sapeva che accoglienza avrebbe trovato a Vienna. Invece è stata data subito pubblicità alla cosa ed il segreto non è stato potuto mantenere. Qui infatti nessuno dei miei colleghi ne era stato informato e solo iersera i giornali ne hanno parlato. Senza dirgli che ero informato di quanto Schober aveva detto a Biancheri ho chiesto a Benès che cosa ci fosse di vero sulla notizia pervenutami di un passo che il Governo czecoslovacco d'accordo con( ... ) avrebbe fatto a Budapest per la risoluzione della questione entro 8 giorni con la minaccia di un attacco militare. Mi ha risposto con una recisa smentita assicurandomi che nessun passo né isolato né d'accordo con Belgrado era stato fatto a Budapest e tanto meno sotto forma di ultimatum, che il Governo ungherese aveva agito di propria iniziativa mancandogli un proprio delegato(2)e che nessuna minaccia armata era stata mai fatta. Egli mantiene come dal primo giorno il suo punto di vista che la Czecoslovacchia non deve prendere nessuna iniziativa pur tenendosi pronta a tutelare la propria frontiera ed i propri interessi ( ... ). Egli aggiunse anche che per ragioni finanziarie essere il Governo czecoslovacco alieno da qualsiasi idea di mobilitazione e desiderare vivamente soluzione pacifica conflitto. Con Jugoslavia esservi solo intesa di massima di procedere d'accordo in qualsiasi evenienza. Idea «corridoio» essere completamente insussistente ed essere un'«idiotia» inventata e gonfiata dalla stampa e che non ha ombra di verità. A questo proposito mi ha detto come le voci messe in giro in questi giorni tendano a creare un antagonismo tra Italia e Czecoslacchia che egli non vuol far sussistere come desidera vivamente dissipare una certa diffidenza che gli pare sorgere in Italia e siccome nessun doppio giuoco è nelle sue intenzioni di fare ora come prima dichiara che non farà nulla di propria iniziativa, che ogni suo sforzo è diretto ad una soluzione pacifica, che si rimetterà sempre alle decisioni dell'Intesa e che è pronto a ritirare la sua mediazione tra Austria e Ungheria se grandi potenze non lo ritenessero opportuno. Da parte mia ho fatto osservare a Benès che sarebbe stato preferibile che le grandi potenze fossero state informate da lui prima e non dopo l'incontro con Schober, che l'Italia non diffida della Czecoslovacchia ma fa di tutto per evitare un suo intervento armato perché si rende conto delle catastrofiche conseguenze che potrebbe essere inizio di un conflitto terribile in Europa centrale. Ho aggiunto che non avevo conoscenza di una separata proposta mediazione italiana.
Comunicato anche a Vienna.
240 1 Del 22 settembre, con il quale Manzoni riferiva di un colloquio con Pasié: la Iugoslavia essere disposta ad attendere l'azione delle potenze per far eseguire dall'Ungheria il trattato di pace; ma in caso di pericolo di restaurazione asburgica, la Piccola Intesa avrebbe potuto decidere formali dichiarazioni al riguardo.
241 1 Il parere sarebbe stato negativo, come riferito da Biancheri con T. 5601/570 del 25 settembre.
241 2 Con T. 5565/536 del 23 settembre Castagneto riferiva invece di una autonoma iniziativa di Beneš per mediare un accordo tra Austria e Ungheria.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1445. Roma, 24 settembre 1921, ore 21,30.
Prego V.E. tener presente convenienza evitare per quanto possibile sia sollevata discussa Assemblea Società delle Nazioni questione Saseno. Non credo che ne parlerà la delegazione inglese e neppure la delegazione francese. È invece probabile vi accenni la delegazione jugoslava a giustificazione della occupazione di territorio albanese da parte del Regno S.H.S. Ad ogni modo ove da taluno qualunque sia venga sollevata la questione V.E. vorrà immediatamente e recisamente ribattere che Saseno è un piccolo scoglio disabitato ove restiamo d'accordo con lo stesso Governo albanese. Stabilire una correlazione tra la occupazione di questo scoglio su cui non vive un solo albanese e l'occupazione di vasti territori unicamente o in gran maggioranza abitati da albanesi può essere un artificio polemico ma non cessa di essere un'assurdità. L'ultimo Stato poi che potrebbe sollevare una tale questione sarebbe la Jugoslavia che ha già inglobato nella sua popolazione un numero di albanesi superiore agli abitanti dello Stato albanese e che ciò nonostante con speciali pretesti strategici smentiti dalla stessa povertà etnica dell'attuale Albania aspira ad occupare ancor nuovi territori e fomenta secessioni albanesi ai propri confini.
Le stesse cose per quanto con proporzioni etniche e territoriali minori possono dirsi per la Grecia. Non sarà forse inopportuno che V.E. faccia osservare alla delegazione albanese come sarebbe un grave errore da sua parte qualsiasi rivendicazione Saseno, ove siamo e resteremo a qualunque costo perché in tal modo darebbero essi stessi a jugoslavi e greci un valido argomento per giustificare loro occupazione ed aspirazioni territoriali.
Nel caso che da taluno si ricordasse esistere a Scutari una guarnigione italiana ella potrà subito replicare che i nostri soldati vi sono in veste interalleata e che noi siamo sempre pronti a ritirarli appena la questione delle frontiere albanesi sarà stata definitivamente regolata.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1448. Roma, 25 settembre 1921, ore 13,40.
Discussione tra Inghilterra e noi circa riconoscimento preminenza nostri interessi in Albania si è conclusa con definitiva redazione di una formula(1)che considero accettabile per parte nostra è comunque il massimo che poteva ottenersi dato lo stato in cui presente Gabinetto ha trovato questione albanese.
Mentre telegrafo a S.E. De Martino(2)di notificare a Curzon la mia adesione alla formula, e sollecito per mezzo di S.E. Bonin(3)l'adesione francese che confido non mancherà, autorizzo V.E. accettare discussione affari albanesi che dovrebbe iniziarsi domani in seno Assemblea.
Durante tutta la discussione che ha preceduto questo accordo mi sono reso perfettamente conto dell'imbarazzo nel quale si è venuta a trovare la delegazione italiana a Ginevra. Ma l'imbarazzo nel quale io stesso mi sono dibattuto non è certo stato minore in quanto dalle mie decisioni dipendeva la salvaguardia o l'abbandono di vitali interessi nazionali.
Ho anche la convinzione che se l'Inghilterra non avesse conosciuta, avendola io stesso comunicata, l'irremovibile decisione del r. Governo di ritrarsi piuttosto dalla discussione degli affari albanesi in seno all'Assemblea della Società delle Nazioni che di pregiudicare definitivamente i nostri interessi con un silenzio che poteva essere invocato come rinunzia presente e futura a qualsiasi preminenza in Albania non avrebbe alla fine consentito in una formula che non è certamente perfetta, ma che è, a mio giudizio, tutto quello che, allo stato delle cose, si poteva ottenere.
Non è senza dolore e senza la più seria ponderazione che ero venuto nella grave determinazione di dare alla delegazione italiana istruzioni che potevano portare anche a conseguenze estremamente spiacevoli; ma lo ripeto una volta ancora, con tutto il vero e profondo rispetto che nutro per la Società delle Nazioni non ho esitato, come non esiterei mai, quando si tratti di interessi essenzali del paese, di prescegliere la rigida difesa di questi ultimi(4).
243 1 Vedi D. 239.
IL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5592/61. Ginevra, 25 settembre 1921, ore 16 (perv. ore 20,15).
Suo telegramma n. 1439(1).
Montenegro ha rinnovato domanda di ammissione presentata anno scorso. Segretariato ne ha fatto pubblicare annunzio giornale ufficiale Società ciper il caso qualunque Stato intenda patrocinarla; finora pernessuno si è mosso. In queste condizioni, salvo ordini contrari di V.E., delegazione ritiene, in conformità dichiarazioni presidente del Consiglio, non convenga a noi -ed il rappresentante del Montenegro non ce lo ha chiesto -farci parte diligente.
Qualora peraltri sollevasse questione ci faremmo dovere appoggiare. È bene però non dissimulare qualunque nostra azione in tal senso anche se spiegazione col tatto piperfetto provocherebbe sicuro vivo risentimento delegazione jugoslava.
243 2 T. 1450 dello stesso giorno, non pubblicato.
243 3 T. 1449 dello stesso giorno, non pubblicato.
243 4 In conseguenza del raggiunto accordo l'Italia ritirava ogni riserva su una discussione degli affari albanesi (T. 1451 di Torretta a Imperiali, dello stesso 25 settembre).
244 1 Vedi D. 237.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1452. Roma, 25 settembre 1921, ore 21.
Il conte Banffy mi ha fatto pervenire una lettera contenente una proposta per la soluzione transazionale della questione del Burgenland. Questa proposta consisteva essenzalmente nella consegna dei Comitati occidentali da parte dell'Ungheria all'Austria contemplando la retrocessione in un secondo tempo della città di Sopron e dintorni. Domandava la mia personale garanzia, reciprocamente all'Ungheria e all' Austria per il regolare trapasso dei territori.
Pur dichiarando che la eventuale mediazione mia non avrebbe dovuto in alcun modo intralciare l'opera svolta dagli Alleati a tutela dei trattati di pace e dei deliberati della Conferenza degli ambasciatori, e tenendo conto che la proposta aveva per base la esecuzione integrale del Trattato di Trianon, consentii a comunicare la proposta suddetta al Governo austriaco per constatare se si potesse trovare una solida base di trattative. Il Governo austriaco per deferenza verso la mia persona accolse di buon grado questo mio passo ufficioso e formulle sue condizioni in 9 punti che mi affrettai a sottoporre al Governo magiaro. In sostanza il Governo austriaco accettava in massima il progetto di transazione mettendo solo come condizione che fosse effettuato un plebiscito per la città ed i dintorni di Oedenburg. Mi pervengono ora le controproposte del Governo ungherese e ne traggo l'impressione che se i Gabinetti di Vienna e di Budapest sono animati da propositi sinceri l'accordo fra essi può essere raggiunto. Credo dunque sia venuto il momento di informare gli Alleati di questa iniziativa e di invitarli ad uno scambio d'idee in proposito. La proposta che formulo e che prego V.E. di portare a conoscenza di codesto Governo è la seguente. Ferma restando la procedura iniziata dalla Conferenza degli ambasciatori e, per ora, anche il termine di 1Ogiorni imposto all'Ungheria per la evacuazione del Burgenland e pur dichiarandomi disposto ad assumere personalmente la garanzia richiestami dai Governi di Vienna e di Budapest, prego i Governi alleati di associarsi meco per l'esame del progetto di transazione e per la elaborazione delle modifiche da introdursi onde renderlo equo per entrambe le parti. Nel tempo stesso dovrebbero concertarsi le misure per la sua eventuale attuazione. Con corriere speciale(1)invio in copia a) la lettera del conte Banffy e la conseguente comunicazione da me fatta al cancelliere austriaco; b) il progetto di transazione formulato dal Governo austriaco in 9 punti; c) la controproposta ungherese. Faccio seguire le mie osservazioni sui punti in contrasto.
245 1 Vedi D. 247.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5650/220. Praga, 26 settembre 1921, ore 2,40 (perv. ore 13,10 del 27).
Appena tornato da Brunn Benès mi ha telefonato pregandomi recarmi da lui stasera stessa per mettermi al corrente suo colloquio con Banffy. Mi ha detto che in tale colloquio egli ha insistito presso Banffy perché anzitutto Governo ungherese si conformi nota Alleati ed ha dichiarato che era pronto ritirare sua mediazione di fronte a proposta ufficiosa italiana. Banffy lo avrebbe pregato non ritirarsi e Benès avrebbe acconsentito a condizione di aver autorizzazione grandi potenze che saranno ufficialmente informate colloqui fino ad oggi avvenuti. Ministro affari esteri ungherese avrebbe assicurato Benès che Governo ungherese si sottometterà nota Alleati ed evacuerà Burgenland 4 ottobre. Ha confessato però non essere più padrone delle bande né poter impiegare esercito regolare contro esse. Se quindi situazione potrà essere teoricamente risolta non lo sarà forse praticamente. Se trattative amichevoli tra Austria e Ungheria con la mediazione dell'Italia e della Czecoslovacchia conducessero ad un favorevole risultato prima scadenza ultimatum faciliterebbe nell'idea di Banffy remissività elementi più intransigenti. Benès crede che se mediazione fosse condotta da tutte grandi potenze avrebbe maggiore e pirapida efficacia perché Austria diffida dell'Ungheria come Ungheria dell'Austria.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1468. Roma, 27 settembre 1921, ore 0,30.
Avverto V.S. che nel comunicare agli Alleati(1)le controproposte ungheresi contenute nel telegramma di V.E. n. 534(2) ho fatto osservazioni che sintetizzo qui appresso.
Al punto 1). Ungheria deve provvedere sgombero Comitati e consegna in condizioni di perfetta tranquillità e sicurezza. Approvo amnistia. Non è possibile Austria accetti obbligo, sia pure temporaneo, mantenere loro posti funzionari ungheresi; potrà
valersene solo se ha diritto licenziare individualmente quelli che non prestino servizio soddisfacente. Bisogna lasciare Austria libertà scelta mezzi piefficaci occupazione Burgenland affinché possa padroneggiare paese.
Punto 3). Ritengo basterà rinvio Oedenburg ufficiali alleati sparsi nei Comitati: cito precedente plebiscito Klagenfurt a punto quinto. Accetto precedenza plebiscito città che influirà favorevolmente su susseguenti plebisciti dintorni visto che spirito accordo è lasciare Oedenburg Ungheria. Ignoro a tutt'oggi se Governo austriaco sia disposto accettare confini zona adiacente città come da carta inviata da V.S. a Vienna. Non posso pronunziarmi non avendo veduto la carta. Quanto a data plebiscito ritengo debba essere fissata da Commissione prevista a punto secondo appena riconoscersi Burgenland trovarsi in pacifico possesso autorità austriache tanto meglio se potrà effettuarsi entro 8 giorni.
A punto ottavo. Non puammettersi Ungheria rifiuti puramente e semplicemente ogni responsabilità per azione bande. Deve riconoscersi Austria indennizzo per ricostruzione nuova capitale Burgenland, uffici statali, raccordi ferroviari, ecc. In questo punto risposta ungherese è reticente e occorre precisarla. In caso disaccordo circa valutazione converrà sottoporre anche questa divergenza arbitrato.
Infine non puaccettarsi vaga richiesta ungherese rettifica linea confini Trattato Trianon.
247 1 Disp. 3025 del 26 settembre alle ambasciate di Parigi e di Londra.
247 2 Del 23 settembre, non pubblicato.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5662/574. Vienna, 27 settembre 1921, ore 15 (perv. ore 20).
Con nota circolare Governo austriaco, esposta la situazione nel Burgenland, dichiara che Austria non è in grado sopportare alla lunga le spese finanziarie e l'agitazione, specie nelle classi operaie che essa comporta e che deriva da un piano di trasferimento elaborato unilateralmente che si è dimostrato irrealizzabile. Ritiene pertanto naturale accettare la mediazione di una qualsiasi potenza che ponga termine a questo stato di cose, pur osservando che ogni sacrificio conseguenza della mediazione sarebbe inutile finché Ungheria non sarà disarmata e Austria non sarà garantita contro banditi. In questo ordine di idee Governo austriaco informa «oltre l'offerta di mediazione pervenuta da parte Torretta» ne ha ricevuta una del ministro czecoslovacco degli affari esteri e nota chiude pregando Intesa agisca senza indugio per forzare Ungheria rispettare trattato e trasferimento Burgenland formale ed effettivo. Come V.E. rileverà mediazione dell'Italia viene così dal Governo austriaco ufficialmente portata a conoscenza dell'Intesa.
IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TIFLIS, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5888/169. Tiflis, 27 settembre 1921, ore 16 (perv. ore 2, 15 del 6 ottobre).
Mi riferisco al mio telegramma n. 166(1). Ritorno da Baku ove ho potuto definire in generale affari nostre ditte commerciali.
Ho anche intrattenuto quel Governo circa acquisto prodotti petroliferi raccogliendo dati necessari. Ho ottenuto progetto circa concessione terreni petroliferi, tali affari interessando vivamente Ministero della marina come riferiscemi tenente Insom. Dietro mio invito verrà probabilmente inviato Regno, accompagnato Insom, incaricato speciale Governo Azerbagian(2)per trattare tale concessione e acquisto macchine agricole. Governo molto grato mia visita facendomi lusinghiere accoglienze. Presidente ripetutamente chiesemi se r. Governo disposto concludere trattato di commercio con Azerbagian che molto faciliterebbe utili relazioni commerciali tra i due paesi.
Segue rapporto(1).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1476 PREC. ASS. Roma, 27 settembre 1921, ore 22,30.
Telegramma di V.E. n. 521 (1).
R. Governo nel propugnare costituzione Stato albanese indipendente ha costantemente sostenuto che a detto Stato dovessero essere confermate frontiere assegnate all' Albania nel 1913. E poiché Governo britannico nelle recenti discussioni circa formula relativa nostra posizione di fronte Albania ha tenuto nel massimo conto ammissione di essa a Società delle Nazioni bisognerà ora tenere pur conto che tale ammissione è avvenuta in base al fondamento giuridico che Stato albanese quale fu creato nel 1913 ha continuato internazionalmente ad esistere attraverso le vicende imposte dalla guerra al suo territorio. Solamente nel caso che da taluno si obbiettasse che a cicontraddice occupazione italiana Saseno ella potrà valersi dell'argomento che attuale situazione Saseno è stata consentita dagli stessi albanesi. Proposte
Inghilterra circa frontiere nord ed est non sono semplici rettifiche ma vere e proprie modificazioni territoriali le quali più chenecessità strategiche per la Jugoslavia costituirebbero un pericolo per la difesa dell'Albania e conseguentemente una preoccupazione per chi ha interesse alla sua esistenza. Politicamente parlando poi non vedo convenienza a far concessione in questa fase di discussione albanese ed in questa forma alla Jugoslavia che realizzando suo intento in base decisioni potenze non avrebbe ragione di esserne tenuta all'Italia che ha con essa ancora non poche questioni da regolare.
Ciò premesso conviene sia affermata in principio intangibilità frontiere 1913 cui definitiva sistemazione al nord ed est dovrà essere sancita in regolare protocollo analogamente a quanto fu fatto pel sud e dopo naturalmente espletato sul posto determinazioni tecniche e topografiche rimaste incompiute e per le quali potranno essere presi in esame punti di vista jugoslavo e albanese.
Trattandosi ora esclusivamente questione frontiere ritengo opportuno non ammettere discussione circa ferrovia Drin a cui accennò Laroche nella seduta del 7 luglio (telespresso di V.E. n. 00624 in data 8 luglio scorso)(2).
249 1 Non rinvenuto.
249 2 Creata nel maggio 1918, allo scioglimento della Repubblica federativa democratica di Transcaucasia, la Repubblica democratica dell'Azerbaijan fu la prima repubblica parlamentare musulmana nel mondo ma doveva avere vita breve. Invasa dall'Annata rossa nel marzo 1922, divenne, insieme all'Armenia e alla Georgia, parte della Repubblica socialista federativa sovietica transcaucasica, Stato federato nell'U.R.S.S.
250 1 Riferimento errato. Il T. 5551/521 del 23 settembre si riferisce alla questione ungherese. Potrebbe invece trattarsi del T. 5616/527 del 26 settembre, non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 921. Parigi, 27 settembre 1921 (perv. il 3 ottobre).
Di seguito al mio telegramma n. 526(1) ho l'onore di trasmettere qui unita a V.E. copia della traduzione della formula per l'Albania da me consegnata al Quai d'Orsay(2).
Projet de decision.
Les Gouvernements représentés à la Conférence des ambassadeurs,
reconnaissant que l'indépendance de l' Albanie ainsi que l'intégrité et l'inalienabilité de ses frontières, telles que'elles ont été fixées par leur décision en date du ... est une question d'importance internationale,
reconnaissant que la violation desdites frontières ou de l'indépendance de l'Albanie pourraient constituer une menace pour la sécurité stratégique de l'ltalie, sont convenus de ce qui suit:
1) Au cas ou l'Albani e se trouverait dans l'impossibilité de maintenir son intégrité territoriale elle aura la liberté d'adresser au Conseil de la Société des Nations une demande d'assistance étrangère.
2) Les Gouvemements représentés à la Conférence des ambassadeurs décident dans le cas susdit de donner instructions à leurs représentants dans le Conseil de la Société des Nations de récommander que la restauration des frontières territoriales del'Albanie soit confiée à l'Italie.
3) En cas de menace contre l'intégrité ou l'indépendance [aussi bien territoriale qu'économique] de l' Albanie du fait d'une agression étrangère ou de tout autre évènement, et au cas ou l' Albanie n'auraìt pas recours dans un délai raisonnable à la faculté prévue à l'article I, les Gouvemements susdits feront connaitre la situation qui en résultera au Conseil de la Société des Nations.
Au cas ou une intervention serait jugée nécessaire par le Conseil les Gouvemements donneront à leurs réprésentants les instructions prévues à l'article 2.
4)Au cas ou le Conseil de la Société des Nations décideraìt à la majorité qu'une intervention de sa part n'est pas utile, les Gouvemements représentés à la conférence des ambassadeurs examineront la question à nouveau [s'inspirant du principe contenu dans le préambule de cette déclaration à savoir que toutes modifications des frontières de l'Albanie constitue un danger pourla sécurité stratégique de l'Italie].
26 septembre 1921
250 2 Non rinvenuto.
251 1 Del 26 settembre, con il quale Bonin aveva riferito della presentazione a Berthelot della traduzione del testo della formula per l'Albania, telegrafatogli da Londra.
251 2 La formula corrisponde al testo britannico presentato da Crowe a De Martino con lettera del I 7 settembre (qui D. 219), con due aggiunte ai punti 3 e 4 (qui tra parentesi quadre).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI
T. 1478. Roma, 28 settembre 1921, ore 2.
(Per Cospoli) Il governatore di Rodi mi trasmette il seguente telegramma di Tuozzi in data 26.
(telegramma 9499)(1).
Gli ho risposto come segue:
(Per Rodi) Telegramma di V.E. n. 9499.
(Per tutti) Per Tuozzi. Mi sorprende esitazione di V.S. Non si tratta affatto attendere Rodi risposta di Giami bey. Questa volta iniziativa suo invio Angora non è nostra: abbiamo semplicemente accolto richiesta fattaci da Giami bey e da Feti bey in nome Mustafà Kemal. Percimi sono limitato far prevenire quest'ultimo della sua partenza per mezzo questo rappresentante ufficioso nazionalista. Anche il r. ambasciatore a Cospoli telegraferà Angora per annunziare data esatta sua partenza e itinerario viaggio. Quanto opportunità ora missione osservo che non possiamo restare privi qualsiasi contatto con Angora ed ignari di ciò che colà accade mentre Franklin-Bouillon vi si reca per la seconda volta. Né credo che missione debba assumere carattere spiccatamente rappresentativo come se ella si facesse accompagnare da ufficiali di terra e di mare(2). Nel telegramma n. 1359(3) ho accennato som-
mariamente scopi sua missione. La quale perdeve apparire essenzalmente temporanea e di portata limitata sia per non urtare le suscettibilità degli Alleati sia per lasciarci liberi di abbreviarla o prolungarla a seconda delle opportunità che ella constaterà sul posto. Pertanto la invito a partire immediatamente per Cospoli e il più presto possibile per Angora facendosi accompagnare unicamente dall'interprete e, se crede, da due carabinieri. Ho disposto per il versamento a suo conto corrente in conto spese viaggio di L. 30 mila.
252 1 Con tale telegramma Tuozzi fonnulava una serie di riserve sulla opportunità di una sua partenza immediata per Angora.
252 2 Come Tuozzi aveva richiesto, per un «decoroso aspetto esteriore».
252 3 Vedi D. 198.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, E AL CAPITANO MELONI, A VALONA
T. 1479 URG. Roma, 28 settembre 1921, ore 2.
(Per Valona) Ho telegrafato r. ministro Durazzo quanto segue:
(Per tutti e due) Ministro della marina mi informa che veliero italiano diretto Saseno carico legname avendo dovuto appoggiare Valona in seguito mal tempo è stato sequestrato da quelle autorità albanesi che pretendono pagamento diritti doganali essendo Saseno territorio albanese.
Ministro della marina mi ha domandato se avevo difficoltà invio immediato Valona due cacciatorpediniere per liberazione soccorrendo di viva forza veliero sequestrato. Ho risposto che non ho difficoltà alcuna e che anzi operazione deve essere rapida ed energica.
Si tratta come Vossignoria vede di offesa alla bandiera nazionale ed affermazione di sovranità su Saseno che non possiamo e non dobbiamo ammettere a nessun costo specie in questo momento in cui si sta definendo nostra situazione diplomatica di fronte Albania con particolare riguardo all'isola di Saseno.
Pregola rappresentare cotesto Governo pericoli inerenti simili atti inconsulti autorità dipendenti che non dubito agiscono di propria iniziativa. Ella vorrà intanto accertare fatti e provvedere d'accordo Governo Tirana perché nell'interesse non meno Albania che nostro incidente non assuma proporzioni esagerate e conservi carattere locale.
Per offesa bandiera bisognerà in ogni modo domandare soddisfazione.
Comunicato Valona.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1482. Roma, 28 settembre 1921, ore 2.
Solo ora dopo il ritorno a Roma del ministro della guerra il r. Governo ha potuto essere esattamente informato dei deplorevoli incidenti cui ha dato luogo specialmente a Venezia l'arrivo della missione militare francese.
È risultato che alle manifestazioni ostili presero parte quasi esclusivamente elementi fascisti con infiltrazione di qualche elemento tedesco. La grande maggioranza della popolazione accolse missione se non calorosamente adeguatamente e l'organizzazione della cerimonia ed il contegno di tutto il mondo ufficiale sono stati perfetti e superiori ad ogni elogio come lo stesso sig. Barrère e maresciallo Feyel hanno spontaneamente e con compiacimento riconosciuto.
Essendosi constatata una certa mancanza di preveggenza da parte di alcune autorità di Venezia il presidente del Consiglio ed io abbiamo creduto opportuno di prender l'iniziativa di alcune misure disciplinari contro alcuni funzionari e tali misure sono state annunziate con comunicato Stefani.
Certamente siamo stati troppo severi verso di essi punendoli prima di aver fatto una inchiesta anche sommaria ma abbiamo voluto con cidar prova tangibile al Governo ed alla opinione pubblica francese della riprovazione e del rincrescimento del r. Governo per quanto era accaduto. La stampa pur mantenendo il suo solito atteggiamento poco favorevole alla Francia ha in diversa misura ma alla unanimità deplorato incidenti. La E.V. vorrà portare quanto precede alla conoscenza del signor Briand esprimendogli il rincrescimento del r. Governo e mio che deplorevoli incidenti provocati da elementi giovani ed incoscienti siano venuti a turbare una solenne cerimonia che cimalgrado deve conservare intatto il grande significato della fratellanza di armi dell'alleanza di due paesi della esaltazione dei due eserciti eroici e vittoriosi. Nello stesso senso mi sono io espresso questa mane col signor Barrère in una conversazione franca ed amichevole in seguito alla quale egli in piena cordialità 'convenne che gli sgradevoli incidenti non dovevano e non potevano avere nessuna ripercussione politica e che i due Governi avrebbero dovuto perseverare nel lavoro di fare accogliere dalle rispettive opinioni pubbliche quel programma di intima collaborazione voluto e praticato da essi.
Per informazione e norma di V.E. aggiungo:
Il r. Governo non mancprima dell'arrivo della missione francese di cercare di influire nella stampa per preparare l'opinione pubblica favorevolmente e diede alle varie autorità le istruzioni del caso perché cerimonia si svolgesse nel miglior modo. La stampa rispose debolmente all'appello. Ella non ignora che il r. Governo non dispone di alcun giornale ufficiale ed ufficioso e che la nostra stampa a differenza di quanto si pratica a Parigi non ascolta né ammette parola d'ordine. Di ciil signor Barrère al quale ne ho accennato è perfettamente edotto e convinto.
Avvenuti i primi incidenti ho personalmente agito presso i maggiori giornalisti per far modificare tono della stampa. Sono solo riuscito a fare deplorare vivamente incidenti ed a fare accennare all'attuale politica amichevole del Governo francese ma nessun giornalista ha voluto rinunziare al perdere la occasione per parlare del passato della politica della Francia dall'armistizio in poi, politica che aveva secondo di essi compromesso irreparabilmente vitali interessi italiani. Sono stato poi informato che quando alcuni mesi fa si parldi organizzare la cerimonia al monte Tomba il conte Sforza allora ministro degli affari esteri fece osservare che dato lo stato di animo esistente in Italia e i recenti rancori per la politica del signor Clémenceau delle manifestazioni di tal genere potevano provocare degli inconvenienti ma che la lega italo-francese con poco senno politico aveva insistito e fissato un programma inadatto. Ricordai tutto cial signor Barrère il quale convenne meco che il conte Sforza aveva giudicato esattamente ed ebbe parole amare per l'azione poco preveggente e spesso inopportuna spiegata da tale associazione, sulla quale ricade purtroppo la responsabilità del tutto.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5667/577. Vìenna, 28 settembre 1921, ore 15 (perv. ore 19).
Benès ha informato ieri sera cancelliere che in vista dell'ultimatum dell'Intesa all'Ungheria, egli considera la sua azione di mediatore con Austria pel Burgenland come momentaneamente terminata e che detta azione non sarà da lui ripresa se non ne sarà autorizzato dall'Intesa. Cancelliere considera con cicadute, anche da parte della Czecoslovacchia, quelle conversazioni che egli aveva per suo conto già chiuse dopo la decisione della Commissione parlamentare (mio telegramma n. 570)(1).
Egli considera invece tuttora aperto il negoziato avviato con V.E. In relazione ad esso ed aJelegramma di V.E. n. 1467(2) ho presentato ieri mattina stesso al cancelliere le controproposte ungheresi quali mi furono comunicate dalla r. legazione a Budapest chiedendogli di conoscere il suo pensiero sui singoli punti e specialmente sulla zona adiacente sud Odemburg.
Confido avere in giornata la risposta e subito la ritelegraferò a V.E.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA. ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A BUCAREST E BELGRADO
T. 1490. Roma, 29 settembre 1921, ore 3.
(Per tutti meno Parigi) Il r. ambasciatore a Parigi telegrafa in data 27 quanto segue:
(telegramma n. 529/5636)(1).
Gli ho risposto come segue.
(Per Parigi) Suo telegramma 529.
(Per tutti) In attesa esame questione da parte Governo francese che raccomando nuovamente sollecitare dato precipitare avvenimenti, prego spiegare a Briand vera portata intervento Benès. Idea mediazione czecoslovacca è sorta da un malinteso. Il conte Szapary, personaggio ungherese che vive a Praga, si presenta Benès domandandogli a titolo personale se egli sarebbe stato disposto intervenire in via conciliativa per mettere fine conflitto ungaro austriaco per Burgenland. Benès credette Szapary fosse investito dal Governo magiaro di un vero e proprio mandato ed accettò
Alla sua volta Banffy credette, almeno così afferma, che le proposte portategli da Szapary fossero una iniziativa di Benès. Di qui forse il malinteso, favorito dal fatto che io stesso prima di portare a conoscenza degli Alleati e degli Stati successori la domanda di mediazione ricevuta, aveva voluto accertarmi coscenziosamente se le disposizioni delle due parti fossero tali da dare affidamento di un'azione utile da parte mia.
Sta infatti che il dott. Benès appena ebbe notizia della precedente iniziativa dell'Italia dichiaral r. ministro a Praga di non aver affatto in animo di intralciarla, ed io stesso lo feci pregare di astenersi da nuovi passi fino a quando i grandi alleati si fossero pronunziati su quanto avevo loro sottoposto.
Comunque credo che ormai le cose siano chiarite e non resti che aspettare ed affrettare la manifestazione delle intenzioni dei Governi alleati(2).
255 1 Vedi D. 241, nota I.
255 2 Del 26 settembre, con il quale Torretta chiedeva di essere informato delle impressioni di Vienna in merito alle controproposte ungheresi.
256 1 Del 27 settembre, con il quale Bonin aveva riferito di aver saputo da Briand della esistenza di un progetto d'arbitrato Beneš.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A PRAGA, BUDAPEST, BUCAREST, BELGRADO E VIENNA
T. 1491. Roma, 29 settembre 1921, ore 3.
(Per tutti meno Praga) Il r. ministro a Praga telegrafa in data del 26 corrente quanto segue:
(riprodurre cifre del telegramma di raccolta n. 5650/220)(1).
Gli ho risposto come segue:
(Per Praga) Suo telegramma n. 220.
(Per tutti) Occorre ormai chiarire d'urgenza intenzioni Banffy e Benès circa mediazione cecoslovacca che intralcia la nostra mediazione, non so bene se per malinteso
o per proposito. Se il fine da raggiungere è la pacificazione bisogna che la pacificazione sia unica concorde rigida e senza esitazioni.
È manifesto che Banffy mira a complicare e confondere le cose nella vana speranza di distogliere la Conferenza degli ambasciatori da quella rigida direttiva che ha fin qui seguita, che si è concretata nell'ultimatum e arriverà alle sanzioni economiche prima o più tardi a tutti i mezzi, nessuno escluso, che valgano a piegare l'ostinazione magiara.
Mentre do istruzioni a Castagneto di ammonire il conte Banffy a cessare da questi suoi maneggi e di invitarlo a dichiarare nettamente se mantiene la lettera direttami a Vienna per chiedere il mio personale intervento, deciso a ritirare la mediazione dell'Italia se egli continua nel suo equivoco atteggiamento, prego V.S., conformemente a quanto già le telegrafavo il 26 corrente (telegramma n. 1464)(2), di rappresentare a Benès l'opportunità-del resto già da lui riconosciuta-di astenersi da ulteriori iniziative in attesa che i grandi alleati abbiano manifestato il loro pensiero sulla mediazione dell'Italia invocata concordemente dall'Ungheria e dall'Austria.
Superfluo ripetere che a mio giudizio nessun passo conciliativo potrà avere probabilità di successo se si deroghi anche momentaneamente da quella rigida applicazione delle decisioni della Conferenza degli ambasciatori, che deve continuare ad essere la vera linea di condotta di tutti gli Alleati di fronte all'Ungheria.
(Per Budapest) Prego agire verso Banffy nel senso suindicato.
256 2 Con T. 5757/583 dello stesso 29 settembre Biancheri riferiva per altro la voce che il passo di Beneš per la mediazione fosse stato sollecitato dalla Francia, per gelosia dell'iniziativa italiana.
257 1 Vedi D. 246.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1496. Roma, 30 settembre 1921, ore 2.
Telegrammi di V.E. nn. 547,548, 549(1).
Mi compiaccio che conte Banffy rendendosi prontamente conto pericoli inerenti oscillazione di propositi e di condotta, si sia definitivamente orientato verso mediazione italiana. Ho accettato ufficio mediatore pur rendendomi ben conto ingrato e difficile compito che mi assumevo, certo com'ero che tanto Austria come Ungheria sarebbero convinte del perfetto disinteresse dell'Italia nella questione del Burgenland e del sincero suo desiderio di raggiungere una durevole pacificazione dei due popoli. Sono d'altra parte persuaso di rendere un segnalato servizio all'Ungheria aiutandola ad uscire da una situazione estremamente pericolosa per lei. Sarà bene perche ella gli tolga ogni illusione, se ne avesse, sulla possibilità di superare le difficoltà attuali con la semplice sconfessione delle bande che occupano il Burgenland. Io confido che di fronte alla possibilità che ora si offre all'Ungheria di risolvere rapidamente la questione del Burgenland con una transazione che sostanzialmente le assicura ciò che pile stava a cuore, e cioè la città di Sopron, il Governo ungherese troverà la forza e il modo di pacificare i Comitati così da poterli evacuare in quelle condizioni di tranquillità e di regolarità che sono indispensabili. Solamente così io avrla possibilità di esplicare a favore dell'Ungheria la mia azione e potrà realizzarsi il desiderio del conte Banffy di veder affrettata per mio mezzo la risoluzione di questa gravissima questione.
Ella può esprimersi in questo senso col conte Banffy assicurandolo una volta ancora delle mie benevoli disposizioni ispirate al ben inteso interesse per il Burgenland, sventurato e nobile paese.
257 2 Non pubblicato.
258 1 Rispettivamente del 28, 27 e 28 settembre, non pubblicati.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5738/228. Praga, 30 settembre 1921, ore 14 (perv. ore 20).
Telegramma di V.E. n. 1491 (1).
In seguito ad esaurienti spiegazioni reciproche circa mediazione V.E. ed intervento czeco-slovacco Benès esprimendo rincrescimento malinteso verificatosi e deplorando doppiezza Ungheria mi ha pregato assicurare V.E. che egli considera finita la sua parte nella mediazione austro-ungarica(2). Nell'ultimo colloquio con Banffy mi ha detto che di fronte alla nota degli Alleati ed alla mediazione italiana era suo dovere informare come ha fatto grandi potenze di quanto era avvenuto rimettendo alle loro decisioni seguito azione pacificatrice e limitandosi a mettersi a loro disposizione per qualsiasi ulteriore passo fosse giudicato opportuno da parte loro. Se dopo colloquio con Schober si è incontrato con Banffy ciò stato perché malgrado avesse espresso sua intenzione ritirarsi tanto Schober che Banffy hanno insistito perché incontro avvenisse. Benès ha aggiunto che sua azione più che mediatrice è stata del resto puramente informativa e di approccio per desiderio espresso delle due parti e che egli conoscendo le arti politiche ungheresi ha avuto la precauzione di documentare ogni suo passo ed ha telegrammi e lettere di Banffy Schober e Szapari che possono provare la correttezza del suo modo di agire. Benès è perfettamente d'accordo con V.E. sulla necessità di una rigida applicazione decisioni della Conferenza degli ambasciatori e di un'azione unica da svolgersi seriamente e che richiesta di un suo intervento sia stata dovuta non solo alla considerazione della maggiore celerità con cui la mediazione poteva essere svolta, per la facilità per contatto personale che i tre Governi potevano a causa della libertà ma anche perché tanto l'Ungheria che l'Austria reciprocamente diffidenti danno molto valore alla garanzia della Czeco-Slovacchia che essendo Stato limitrofo è quello che piè in grado di esercitare una pressione non platonica in caso di(... ) sopravvento da una parte e dall'altra e quello anche gli Alleati dovranno ricorrere per la piefficace applicazione pratica delle eventuali sanzioni.
Quantunque ( ... ) ci sia ( ... ) giustificazione alcun fatto importante ho impressione che questa volta egli sia stato sincero(3).
259 1 Vedi D. 257.
259 2 Vedi D. 255.
259 3 Con T. 1533 del 3 ottobre Torretta pregava di ringraziare Beneš per aver voluto aderire alla iniziativa italiana aggiungendo di contare comunque sulla sua cordiale cooperazione.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. GAB. 3067 RIS. Roma, 30 settembre 1921, ore 22,15.
Avendo Conferenza ambasciatori accettato principio mediazione ed essendo io in possesso di elementi sufficienti per avere fondata speranza di potere condurre a buon fine mediazione stessa, in considerazione della ristrettezza del tempo, ho proposto a Parigi ed a Londra che se Austria ed Ungheria si impegnano ad inviare delegati muniti di poteri che impegnano Governo a trattare con me accordo definitivo venga concessa all'Ungheria una proroga di otto giorni ultimatum. Essendo probabile che Governi alleati aderiranno alla mia richiesta, prego V.S. di informare di quanto precede codesto Governo perché si prepari ad agire in conseguenza.
Incontro plenipotenziari potrebbe aver luogo a Venezia ove mi recherei io stesso. Se codesto ministro affari esteri venisse personalmente cisarebbe per noi assai gradito e lavoro molto facilitato.
Prego rispondere d'urgenza con telegramma di Gabinetto(1).
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, D'AMELIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 8478. Parigi, 30 settembre 1921 (perv. il 4 ottobre).
Mi riferisco al telegramma posta n. 56904 del 15 settembre(1), relativo al prestito francese all'Ungheria.
La notizia che l'Ungheria stia negoziando in Francia un prestito per somma rilevante, con garanzia sui cespiti e le risorse economiche, sui quali il Trattato del Trianon ha imposto un privilegio generale di primo grado a tutela dei crediti degli Alleati per le riparazioni, mi fu data dai ministri ungheresi, coi quali ebbi a conferire nella mia recente gita a Budapest, come rappresentante della Commissione delle riparazioni, allo scopo di prendere contatto con quel Governo per iniziare l'esecuzione del predetto Trattato. Alla mia obiezione che un prestito simile non poteva essere consentito, ostandovi il Trattato, mi fu risposto che il Governo ungherese avrebbe domandato alla Commissione delle riparazioni una deroga al privilegio generale, come ha fatto l'Austria e
come si propone di fare la Bulgaria, per salvare lo Stato ungherese dallo spaventevole disastro finanziario ond'è minacciato e di cui è sicuro sintomo l'allarmante caduta della corona. Non avendo facoltà di discutere simili questioni col Governo ungherese, mi limitai a fare delle riserve circa l'integrità dei diritti degli Alleati a conseguire le riparazioni con tutti i privilegi e le garanzie consacrate nel trattato di pace.
Della conversazione informai il giorno stesso il nostro rappresentante diplomatico, principe di Castagneto. Per rispondere ora alla richiesta di V.E. mi debbo riferire a quanto questa delegazione sottopose a cotesto on. Ministero con la nota del 6 agosto, n. 7187(1).
Evidentemente il nostro interesse è quello di impedire che l'Ungheria, come gli altri Stati debitori delle riparazioni, con operazioni finanziarie del genere di quella progettata dal Governo di Budapest, renda impossibile per un numero di anni l'esecuzione dei trattati e comprometta la riscossione del nostro credito. Le condizioni finanziarie dell'Italia non ci consentono atti di generosità verso gli Stati debitori ed anche il semplice ritardo nella realizzazione di quanto ci è dovuto in conto riparazione costituisce un grave pregiudizio, che bisognerebbe scongiurare con tutta la energia possibile. Occorre appena aggiungere che grosse operazioni finanziarie, come quella che l'Ungheria va tentando in Francia, determinano, come è ben noto a V.E., una soggezione economica dello Stato debitore verso quello creditore, il quale mediante privilegi e concessioni, che chiede in corrispettivo o in garanzia del danaro prestato, concessioni che comprendono talvolta fmanco un controllo sulle finanze pubbliche o gestioni dirette di monopoli o di tributi, riesce ad esercitare una vera influenza politica sulla vita dell'altro Stato.
Ad evitare tali danni, sembra a questa delegazione che non vi siano che due sole vie.
La prima è quella di una vigile e forte azione diplomatica presso i Governi alleati e quello debitore, per impedire che si compia l'operazione fmanziaria, ottenendo l'assicurazione che il consenso alla deroga del privilegio per le riparazioni sarà negato se chiesto e comunicando al Governo di Budapest tale deliberazione. Se, invece, lo Stato alleato che fa l'operazione e al quale appartiene il gruppo dei finanzieri, che presta il danaro, non è in quest'ordine di idee, e non intende dare l'assicurazione anzidetta, si può prevedere che egli riescirà a conseguire l'adesione di altro Stato, rappresentato alla Commissione delle riparazioni, e far concedere a maggioranza la deroga richiesta al privilegio generale a favore degli Stati alleati, specie se lo Stato in questione fosse la Francia, il cui delegato alla Commissione delle riparazioni, come presidente, dispone di due voti in caso di parità nelle votazioni.
In tal caso non resta che l'altra via, quella suggerita dal nostro rappresentante diplomatico a Budapest, vale a dire far compiere l'operazione finanziaria, che non puevitarsi, da istituti bancari italiani o almeno far partecipare il capitale italiano all'operazione. Questo nostro intervento, se non puimpedire il ritardo nell'esecuzione delle obbligazioni di riparare da parte dello Stato debitore, evita i danni economici e politici, che sopra sono stati accennati, e assicura almeno nuovi campi di attività al lavoro e al capitale nazionale.
260 1 Con successivo T. 1508 del 1° ottobre Torretta trasmetteva poi alle ambasciate a Parigi e Londra la proposta di proroga di otto giorni per comunicazione agli Alleati. Castagneto (T. 561 ris. del 2 ottobre) e Biancheri (T. 587 Gab. del 10 ottobre) rispondevano comunicando l'accettazione, da parte dei rispettivi ministri degli esteri, dell'invito a Venezia.
261 1 Non rinvenuto.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 931 URG. Parigi, 30 settembre 1921 (part. il 1° ottobre).
Faccio seguito al mio telegramma odierno n. 541 (1). Nella odierna riunione Galli ha sostenuto la fonnula (Allegato A) redatta conforme le istruzioni contenute nel telegramma di V.E. n. 521 (2).
L'esperto inglese ha categoricamente dichiarato che egli aveva istruzioni precise di sostenere ed ottenere le tre rettifiche già da lui a suo tempo proposte a favore della Jugoslavia (davanti a Podgoritza a Prisrend ed a Dibra), che riteneva indispensabile accordare agli jugoslavi questa soddisfazione senza di che non si sarebbe ottenuto lo sgombero di quella parte dell'Albania settentrionale da essi attualmente occupata, che sperava che il Governo italiano il quale aveva avuto prova della buona volontà del Governo inglese nella questione di Argirocastro e di Koritza e nella questione della fonnula relativa al riconoscimento degli interessi italiani in Albania, volesse ora aderire al desiderio britannico fonnulato non solo nell'interesse della Jugoslavia ma anche in quello dell'Italia e dell'Albania.
In relazione a questi suoi criteri egli ha presentato una fonnula che qui trasmetto a V.E. (Allegato 1)(1) la quale contiene integralmente le rettifiche volute dal Governo inglese.
Laroche si è costantemente adoperato per indurre l'esperto inglese sia a rinunciare a taluna delle domande sia ad esprimere in modo più generico le altre sì da pennettere una maggiore latitudine alla commissione che dovrà poi eventualmente fissarle sul terreno.
In seguito alle insistenze di Laroche cui si sono unite le mie, Temperley ha dichiarato che egli, non avendo facoltà di farlo personalmente, avrebbe subito raccomandato al suo Governo di rinunciare alla rettifica dinanzi a Podgoritza. Perriteneva inutile di fare uguali insistenze per Dibra e per Prisrend sapendo che non sarebbero state in nessun caso accettate.
Ha quindi presentato una fonnula (Allegato 2) nella quale le rettifiche richieste sono indicate in modo più generico. Con la fonnula ora indicata ne ha presentato una variante (Allegato 3)(3).
Galli ha dichiarato che non aveva facoltà di accettare nessuna delle formule presentate dal Temperley e si sarebbe limitato a trasmetterle a V.E.
Io prego adesso V.E. di volere, se possibile, ed in vista della urgenza imposta dalla prossima discussione alla Assemblea della Società delle Nazioni, esaminare le formule proposte dall'esperto inglese e telegrafarmi se l'una o l'altra possano essere accettate integralmente oppure con quali modificazioni.
Qualora V.E. credesse di accettare integralmente una delle formule proposte prego di volerlo telegrafare al marchese Imperiali ed a me per lunedì mattina(4). Secondo la preghiera fatta dall'esperto inglese converrà pure che V.E. dia notizia della eventuale accettazione di una delle formule anche a codesto ambasciatore d'Inghilterra perché egli ne possa infonnare il signor Balfour.
In caso di accettazione integrale di una delle formule
a) o vi sarà lunedì una riunione della Conferenza degli ambasciatori, che la adotterà immediatamente e ne darà notizia al Segretariato della Società delle Nazioni;
b) o la seduta non vi sarà che mercoledì venturo ed in tal caso lunedì stesso il Segretariato della Conferenza darà sommaria notizia al Segretariato della Lega delle Nazioni dell'accordo generale intervenuto riservando di comunicare due giorni dopo il testo della decisione.
È inteso coll'esperto inglese che il Governo britannico comunicherà tanto a V.E. come a Parigi e a Ginevra che esso non insiste eventualmente sulla rettifica dinanzi a Podgoritza qualora il Governo italiano accetti le rettifiche dinanzi a Prisrend e Dibra in una delle fonnulazioni proposte.
ALLEGATO A
Les Gouvemements alliés etc ....
décident:
les frontières de l' Albanie telles qu'elles ont été établies à la Conférence de Londres de 1913 sont maintenues; et considérant que les frontières Sud ont été déjà fixées sur piace par la Commission de délimitation qui [a] rédigée un protocole final à Florence le 17 Décembre 1913 et que la Commission de délimitation des frontières Nord et Est a dinterrompre ses travaux à la suite de la guerre 1914-18,
décident:
la Commission de délimitation des frontières Nord et Est del'Albanie reprendra ses travaux dans le plus bref délai et dans ce but elle aura la faculté a) de se joindre un membre albanais ed un membre yougoslave, b) de faire les nécessaires adaptations techniques et topographiques desdites frontières Nord et Est aux réelles conditions du terrain, c) de prendre en examen le point de vue et les désirs de la Yougoslavie et del'Albanie étant bien entendu que toute éventuelle adaptation technique ou topographique à la faveur de la Yougoslavie et del'Albanie devra affecter un minimum de population. A la fin de ses travaux la Commission rédigera un protocole qui sera soumis à l'approvation de la Conférence des Ambassadeurs.
Les Gouvemements etc ....
décident
de reconnaitre le Gouvemement de l'Albanie, État souverain et indépendant.
ALLEGATO 2
FORMULE Il
Les Gouvemements des Principales Puissances alliées représentées à la Conférence des Ambassadeurs décident de confirmer le tracé des frontières del'Albanie, tel.qu'il a été établi en 1913 par la Conférence de Londres.
Considérant que les frontières méridionales ont été déjà fixées sur le terrain par la Commission de délimitation qui a rédigé un Protocole final à Florence, le 17 décembre 1913, et que la Commission de Délimitation des frontières septentrionales et orientales a du interrompre ses travaux à cause de la guerre 1914-1918, lesdits Gouvemements décident:
I. Une Commission, composée de quatre membres nommés par les Principales Puissances alliée représentées à la Conférence des Ambassadeurs, sera chargé, dans le ptus bref délai, de fixer sur piace la ligne frontière entre I' Albani e et I' Etat serbe-croate-slovène.
II. Cette Commission devra tenir compte, autant que possible, des limites administratives et des intérets économiques locaux. Elle devra notamment, à l'effet d'assurer entre l'Albanie et l'État serbe-croate-slovène des relations de bon voisinage, rectifier le tracé arreté par la Conférence de 1913.
a) dans la région au nord-est de Scutari, de manière, tout en assurant la protection de cette ville, à assurer les débouchés et la protection de la région de Podgoritza;
b) dans la région à l'ouest et au sud de Pritzrend, de manière à rattacher au territoir yougo-slave les approches naturelles de Pritzrend;
c) dans la région à l'ouest et au-ouest de Dibra, de manière à laisser entièrement en territoire yougo-slave la route de Dibra à Struga età assurer ainsi la liberté des communications économiques de Dibra;
d) dans la région de Lin, de manière à attribuer à l'Albanie la ville de Lin età assurer ainsi en bordure du lac d'Ochrida les communications économiques entre El Bassan et Koritza.
III. La Commission aura la faculté de s'adjoindre, à titre consultatif, des membres nommés respectivement par I' Albanie et par 1 'État serbe-croate-slovène. Elle pourra prendre en considération les demandes présentées au nom des Gouvemements albanais et serbe-croate-slovène, en s'attachant à ce que les rectifications éventuelles ne comportent le transfert que d'un minimum de population.
IV. A la fin de ces travaux, la Commission rédigera un Protocole qui sera soumis à l'approvation de la Conference des Ambassadeurs.
V. Les Gouvemements etc .... décident de reconnaitre le Gouvemement de l' Albanie, État souverain et indépendant.
262 1 Non pubblicato.
262 2 Riferimento errato. Vedi D. 250.
262 3 Nella prima versione le rettifiche dei tracciati fissati alla Conferenza di Londra del 1913 (punto II della formula) erano elencate in modo pidettagliato sulla base della carta 1/200.000 dello S,.M. austriaco del 1911 (riprodotta dall'Istituto geografico dell'esercito italiano). Nella variante si faceva semplicemente rinvio alle decisioni della Conferenza degli ambasciatori. Gli altri punti della formula britannica non presentavano alcun cambiamento. Si pubblica solo l'Allegato 2.
262 4 Vedi D. 270.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1507. Roma, 1°ottobre 1921, ore 0, 15.
Resoconti sedute codesto Parlamento oggetto suoi telegrammi posta 2698 e 2735(1)mi inducono a confermare mio telegramma 1444(2) pregando V.S. di voler fare intendere a codesto Governo tutto il pregiudizio che può derivare ai rapporti italo-albanesi
da accademie inutili su questione Saseno. Se albanesi tengono a che Italia si faccia mallevadrice vitalità Albania devono evitare toccare suscettibilità Governo opinione pubblica italiana su questione di Saseno. Linguaggio tenuto fra altri da Gurakuki mi sorprende; sarebbe preferibile che egli conoscitore sacrifizi fatti da noi in Albania e per Albania considerasse e facesse considerare da suoi colleghi grave compito che Italia si assume addossandosi difesa Albania. Prego poi V.S. far nota a codesto Governo mia meraviglia nel vedere reso pubblico accordo Tirana(3)nonostante clausola segretezza; Ciò nonpudare impressione serietà impegni scritti di codesto Governo. Accordo Tirana non è stato notificato Società Nazioni né Governo albanese poteva farlo senza essere d'accordo con noi; tanto vero che quando delegati albanesi Ginevra senza nemmeno interpellarci vollero unilateralmente notificarlo Consiglio Società Nazioni fu loro risposto che non poteva essere fatto senza arrecare offesa all'Italia se questa non era preventivamente consenziente.
263 1 Non rinvenuti.
263 2 Del 24 settembre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1511. Roma, 1° ottobre 1921, ore 1,30.
Suo telegramma 537(1).
Questa ambasciata britannica ha insistito con promemoria del 21 corrente(2). Rispondiamo che natura particolarissima attuale conflitto non consente applicazione consuete norme neutralità e quindi riconoscimento belligeranti diritto blocco visita cattura; che r. Governo, accettando decisione Consiglio Supremo 13 agosto(3), non ha inteso modificare tale suo punto di vista, nel quale anche Governo britannico prima pienamente consentiva; e che, comunque, riconoscimento diritto blocco visita cattura in acque territoriali anatoliche sotto nostro controllo apporterebbe conseguenze tali da compromettere profondamente nostro prestigio.
Ho rilevato a prova singolarità rapporti fra Alleati e belligeranti, che nonostante neutralità Alleati i quali occupano Cospoli, i greci vi godono piena libertà d'azione facendone uno dei principali centri loro azione navale bellica ciò che non sarebbe consentaneo consuete norme diritto internazionale circa neutralità.
263 3 Vedi D. 161, nota 4.
264 1 Del 29 settembre, con il quale Bonin riferiva della posizione del Governo britannico in favore del diritto di sequestro, visita e blocco da parte dei greci in base ai principi di diritto internazionale in materia di neutralità.
264 2 Non rinvenuto.
264 3 Si tratta della deliberazione circa gli approvvigionamenti dei belligeranti in Asia Minore, che lasciava liberi i privati di commerciare sia con i turchi che con i greci.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1512. Roma, 1°ottobre 1921, ore 15.
Telegramma di V.E. n. 607(1) e rapporto n. 756 del 15 settembre(2).
Mentre mi riservo di esaminare con attenzione progetto contenuto nel rapporto suddetto mi compiaccio constatare persistenti sforzi che codesta ambasciata compie per avvicinare la realizzazione di quella penetrazione pacifica in Anatolia che deve essere uno dei principali compiti della politica italiana.
Condivido i suoi gravi dubbi sulla convenienza dell'accordo economico italo-turco di Londra(3)di cui non credo convenga richiedere la ratifica pur protestando il danno che da tale mancata ratifica ci è derivato e la sconvenienza di tal modo di procedere.
In linea generale confenno quanto esponevo nel mio telegramma n. 1359(4) circa la necessità di non offrire ai turchi né agli Alleati pretesto alcuno per considerare decaduto o diminuito l'Accordo tripartito che deve restare nei rispetti degli Alleati la base della nostra azione in Anatolia In questi limiti lascio a V.E. ampia libertà di negoziati con le autorità turche.
Circa nuovo progetto di cui V.E. mi preannunzia invio parmi sia molto simile o forse identico a quello ventilato nel mio precitato telegramma n. 1359, e cioè cercare ottenere concessioni di ferrovie e porti, e aggiungo ora, di strade carrozzabili, servizi automobilistici, forze idrauliche per azionare ferrovie, tali da assicurarci praticamente monopolio trasporti nella nostra zona. Tutto cisenza parlare di zona territoriale nei riguardi turchi. A meglio escludere, sempre solo nei rispetti turchi, l'idea per loro tanto ostica di zona territorialmente limitata, si potrebbe anche includere nel progetto qualche linea che si spinga nella zona di libera concorrenza economica. Se otterremo questo insieme di concessioni nulla avranno i nostri alleati da obbiettare in quanto concessioni stesse saranno appunto una prima realizzazione dell'Accordo tripartito. In possesso di tali concessioni sarà anche più facile poi trattare con la Società della Smirne-Aidin.
Per Eraclea naturalmente base negoziati deve essere differente. A prima impressione mi sembra di approvare impostazione data da V.E. a questo problema.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1519. Roma, 1° ottobre 1921, ore 24.
Assunzione comando truppe interalleate da parte generale Mombelli per quanto a titolo interinale(1)e quindi con facoltà limitate sembrami offra favorevole occasione per
riaffermare anche nei fatti dipendenza in materia politica ed amministrativa comando truppe da alti commissari.
V. E. giudicherà se ed in che misura si possa profittare interinato Mombelli per risolvere a nostro favore talune questioni nelle quali nostro diritto urtasi contro opposizione autorità militari britanniche. Ricordo a titolo di esempio questione derequisizione locali nostri sudditi (telegramma posta di V.E. n. 522 del 9 luglio)(2).
265 1 Del 28 settembre, non pubblicato.
265 2 Vedi D. 211.
265 3 Il riferimento è all'accordo Sforza-Bekir del 12 marzo 1921.
265 4 Vedi D. 198.
266 1 Con T. 5516/518 del 21 settembre Bonin aveva comunicato a Roma che, in assenza di Harrington, richiamato a Londra, il comando delle truppe interalleate a Costantinopoli veniva assunto, a titolo interinale, dal gen. Mombelli.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1521. Roma, 1° ottobre 1921, ore 24.
Telegrammi di V.E. n. 1203 e 1204(1).
Miei ultimi telegrammi hanno già spiegato V.E. ragioni per le quali previsioni ottimiste di Crowe circa effettivo sgombero Burgenland da parte forze ungheresi siano disgraziatamente poco attendibili. È del resto sotto quella impressione che ad ogni ora si conferma che ho formulato il mio telegramma n. 1508(2).
A parte cicredo utile far rilevare fin d'ora a Crowe, in risposta alla sua osservazione che «una volta eseguita l'evacuazione Ungheria ed Austria facilmente si intenderanno direttamente», essere pericoloso ammettere che le frontiere stabilite nei trattati di pace possono essere modificate per semplice accordo delle due parti direttamente interessate. Le frontiere previste nei Trattati di Trianon e di San Germano costituiscono sul loro insieme un determinato equilibrio territoriale che come tale interessa tutti gli Alleati e Stati successori: è percimio giudizio che ogni mutamento di queste frontiere debba essere oggetto di esame e di approvazione da parte degli Alleati.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5782/551. Parigi, 2 ottobre 1921, ore 10,50 (perv. ore 1, 15 del 3).
Seguito al n. 544(1). Laroche mi ha detto stamane che Briand aveva approvato integralmente proposta di V.E. sotto riserva approvazione inglese. Nella seduta di stamane della Conferenza
incaricato d'affari d'Inghilterra dichiara avere istruzioni di accettare proposta italiana d'invitare Governo austriaco e Budapest a inviare immediatamente loro plenipotenziari a Roma(2)per intendersi sotto auspici di V.E. senza perche cidovesse avere per effetto proroga data 4 corrente. A tutti gli argomenti che svolgonsi in favore proroga subordinatamente invio immediato plenipotenziari sir Cheetham rispose trincerandosi dietro sue precise istruzioni. In tali condizioni ho accettato proposta Laroche che fosse per intanto telegrafato urgenza a Vienna e Budapest invitare immediato invio a Roma rispettivi plenipotenziari senza accennare a proroga ultimatum. Con civiene consacrato accettazione nostra sola mediazione e si guadagna tempo. Aggiunto che mi riservavo insistere per proroga dopo ripresi ordini di V.E. Con mio telegramma n. 552(3) invio testo telegramma inviato nelle due capitali a nome Conferenza. Ad ogni buon fine si sono telegrafate ai rappresentanti diplomatici a Budapest istruzioni che pure comunico a V.E. con telegramma n. 552 di non fare partire da Sopron i generali qualora protocollo trasferimento non venga firmato da Austria e da Ungheria. Nel caso in cui sola Ungheria firmasse generali dovranno rimanere ma senza piassumere responsabilità amministrative.
266 2 Non rinvenuto.
267 1 Del 30 settembre, non pubblicati.
267 2 Vedi D. 260, nota 1.
268 1 Del 1° ottobre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA, ALLA LEGAZIONE A BELGRADO E AL MINISTRO A DURAZZO
T. 1526. Roma, 2 ottobre 1921, ore 24.
(Per tutti) Questa legazione S.H.S. comunica quanto segue:
«Poiché Governo Tirana ha ordinata mobilitazione e concentra sue truppe lungo tutta la frontiera del Regno S.H.S. e della linea di demarcazione e vista la violazione della linea di demarcazione come anche l'attacco nostre truppe presso Cljesce ed Avas, Governo del Regno dei serbi croati e sloveni si trova obbligato a rinforzare sue guarnigioni di frontiera verso Albania per metterle in condizioni di far fronte a tutte le eventualità e a tutte le sorprese».
(Per Durazzo) Nell'informare codesto Governo di quanto sopra, prego V.S. fargli presente imprescindibile necessità evitare qualsiasi atto di provocazione che possa dar pretesto a Stati confinanti, e specialmente nel momento attuale, al Governo di Belgrado per creare quelle complicazioni da esso indubbiamente desiderate per compromettere decisioni potenze in favore Albania.
(Per Belgrado) Ho telegrafato a Castoldi perché richiami attenzione Governo Tirana su necessità assoluta evitare qualsiasi atto provocazione verso Stati confinanti. Prego V.S. informare codesto Governo che Governo italiano desiderando fermamente non sia turbata la pace tra Albania e Regno S.H.S. ha fatto pervenire insistenti premure
a Tirana a tale scopo ed intanto esprime fondata speranza che Governo Belgrado userà della sua migliore buona volontà per evitare incidenti e complicazioni con gli albanesi(1).
(Per Parigi e Londra) Ho telegrafato a Castoldi perché richiami attenzione Governo Tirana su assoluta necessità evitare qualsiasi atto provocazione verso Stati confinanti. Nell'informarne codesto Governo, prego V.E. fargli presente opportunità far passi Belgrado per invitare quel Governo ad evitare incidenti e complicazioni con albanesi. In tal senso ho già telegrafato a Manzoni.
268 2 In realtà si tratterà di Venezia.
268 3 Dello stesso giorno, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1528. Roma, 2 ottobre 1921, ore 24.
Telegramma di V.E. n. 541(1) e telegramma posta n. 00931 (2).
R. Governo tenendo presente che Governo britannico ha dato sempre discussione circa frontiere nord e nord-est Albania carattere specialmente tecnico attenendosi proposte suo delegato Commissione esperti ha motivo di ritenere acquisita rinunzia accettata da Temperley circa rettifica dinanzi Podgoritza(3). Dopo di che r. Governo dichiara essere disposto accettare seconda formula inglese con seguenti lievi modificazioni più chealtro formali e consigliate dalle ragioni in seguito chiarite.
Al numero uno sia sostituita seguente dizione:
«Una Commissione composta di quattro membri nominati dalle principali potenze alleate rappresentate alla Conferenza degli ambasciatori sarà incaricata nel pibreve tempo di fissare sul posto la linea della frontiera nord e nord-est dell'Albania».
Al numero due sia sostituita seguente dizione:
«Allo scopo di assicurare le relazioni di buon vicinato fra i due paesi confinanti detta commissione dovrà tener conto per quanto possibile dei limiti amministrativi e degli interessi economici locali rettificando il tracciato fissato a nord e nord-est dalla Conferenza del 1913 come segue:
Comma a) nella regione ad ovest e a sud di Pritzrend in modo da lasciare al territorio di Pritzrend i suoi accessi naturali portando il confine su una linea da determinarsi sul terreno la quale staccandosi da quota 729 al sud di Godeni e ad est di Ciafa Prusit con andamento generale nord-sud raggiunga le quote 1996 (Baistriku), 2381 (Koritnik:), 2512 (nord-est di Vad) e si ricongiunga alla frontiera del 1913 al sud di Vad.
Comma b) (Dibra) identico a comma c) del testo seconda fonnula inglese che accettiamo.
Comma c) (Lin) identico a comma d) del testo seconda fonnula inglese che accettiamo.
Al numnero tre sia sostituita la seguente dizione:
«La Commissione avrà facoltà di aggregarsi a titolo consultivo membri nominati dagli Stati confinanti. Essa potrà prendere in considerazione le domande presentate in nome dei rispettivi Governi avendo riguardo che le eventuali rettifiche non importino il trasferimento che di un minimo di popolazione».
Accettiamo invariato nwnero quattro.
Si potrebbe precisare contenuto nwnero cinque come segue:
«I Governi ecc. decidono di riconoscere il Governo dell'Albania costituita in Stato sovrano e indipendente».
Come V.E. rileverà, eliminata modificazione frontiera dinanzi Podgoritza, abbiamo accettato quella riguardante territorio Pritzrend precisando soltanto limite massimo spostamento tale punto frontiera. Abbiamo pure accettato modificazione frontiera territorio Dibra.
Con modificazioni apportate alla dizione della fonnula ai nwneri uno due (primo e secondo comma) e tre abbiamo voluto evitare qualsiasi pregiudizio fonnale all'attuale stato della questione montenegrina e Ciò in relazione alle forti pressioni che r. Governo subisce in proposito da parte Parlamento e opinione pubblica. Non costituendo del resto siffatto cambiamento di dizione alcuna sostanziale modificazione della fonnula britannica non dubito che essa sarà accolta senza difficoltà. Occorrendo V.E. potrà ricordare che pur non intendendo r. Governo sollevare questione montenegrina non puastrarre dal fatto che ultima crisi ministeriale fu detenninata in massima parte da tale questione per cui attuale Gabinetto ha il dovere specie a Camera chiusa di evitare tutto ciò che possa dare pretesto discussioni.
Spirito conciliativo che ha ispirato r. Governo anche in questa ultima discussione giustifica fiducia che ogni difficoltà da parte britannica sarà con cieliminata mettendo quindi Conferenza ambasciatori in grado prendere definitive risoluzioni circa Albania per essere immediatamente comunicate Società Nazioni.
Prego V.E. telegrafarmi d'urgenza decisioni.
Ho infonnato di quanto sopra questo ambasciatore britannico(4).
269 1 Con T. 5856/536 del 5 ottobre Summonte dava poi notizia dell'avvenuta comunicazione e riferiva la gratitudine del Governo S.H.S. per il passo italiano a Tirana.
270 1 Del 1° ottobre, non pubblicato.
270 2 Vedi D. 262.
270 3 Ma con T. 5843/567 del 4 ottobre Bonin comunicava poi che «contrariamente alle precise dichiarazioni di Temperley Governo inglese si trova nell'impossibilità di accettare una qualsiasi modificazione circa rettifica per Podgoritza».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1534. Roma, 3 ottobre 1921, ore 21.
(Per Londra) R. ambasciatore a Parigi telegrafa in data 1 °corrente quanto segue: (telegramma n. 5749/545 di raccolta)(1).
Gli ho subito risposto come segue:
(Per tutti) Sono recisamente contrario proposta Hardinge: non ne vedo né opportunità né praticità. Non opportunità in quanto se intervento czeco e jugoslavo costituisce per noi un pericolo da evitare a qualunque costo, intervento solamente czeco costituisce persempre la metà di quel pericolo. Non praticità in quanto non ritengo affatto possasi affrontare eventuale resistenza magiara con qualche migliaio di uomini o con semplice forza di polizia. Io valuto altamente l'efficienza militare ungherese. Se sarà necessario domare con la forza ostinazione magiara, bisognerà -non solamente per ragioni politiche, ma anche per ragioni militari -mobilitare gli eserciti di tutti e quattro gli Stati confinanti dell'Ungheria. Noi ci proponiamo di ristabilire rapidamente condizioni di pace o almeno di rassegnazione alla situazione creata dai trattati di pace: il peggio che potrebbe capitare per l'assetto del centro Europa e per il prestigio degli Alleati sarebbe che l'azione eventuale da svolgere contro l'Ungheria riuscisse inefficace. Riservatissimamente informo V.E. che ho già preso in esame questo problema, che permi sembra prematuro mettere innanzi.
Prego V.E. esporre di urgenza a codesto Governo e ad Hardinge stesso le mie considerazioni sulla proposta formulata da Hardinge, aggiungendo che nulla giustificherebbe a mio avviso la previsione di sanzioni belliche fino a quando non si sarà constatata l'inefficacia morale e materiale delle sanzioni economiche.
270 4 Per il seguito della questione vedi D. 283.
271 1 Con il quale Bonin aveva riferito di un'ipotesi di lord Hardinge per un intervento militare cecoslovacco (ed eventualmente iugoslavo e rumeno) per ottenere lo sgombero del Burgenland.
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5836/566. Budapest, 3 ottobre 1921, ore 22 (perv. ore 14 del 4).
Alle ore 16 oggi 3 ottobre a Sopron il delegato del Governo ungherese ed i generali alleati hanno firmato il protocollo [ ...](1) con trasferimento dell'Ungheria occidentale. L'Austria non ha firmato(2). Tutte le forze armate regolari ungheresi hanno evacuato il territorio meno un battaglione di gendarmi che è rimasto a Sopron a richiesta commissione dei generali. Il suddetto battaglione è comandato da ufficiale Intesa ed è considerato quale forza internazionale. Alla domanda del generale le autorità ungheresi si sono impegnate di ritirare il battaglione ad ogni richiesta. Essendo stato informato della iniziativa presa dai generali d'accordo coi miei colleghi di Francia ed Inghilterra ho chiesto spiegazioni sembrandoci tal decisione in contrasto con le istruzioni ricevute dalla Conferenza degli ambasciatori. I generali ci hanno risposto che trattavasi di caso di forza maggiore e che loro rincresceva dovere insistere nella loro decisione per motivi imperiosi, specialmente per impedire grave effusione di sangue. In queste condizioni abbiamo risposto ai generali che ne avremmo riferito alla Conferenza degli ambasciatori.
D'altra parte essendo grave la situazione nei Comitati occidentali crediamo conveniente permettere l'impiego di quel battaglione, sotto il comando di un ufficiale alleato, finché la situazione non sarà modificata dal ritiro delle bande.
272 1 Parola indecifrabile.
272 2 Con T. 1535 dello stesso giorno a Bonin, Torretta esprimeva la sua totale comprensione per il rifiuto austriaco, sottolineando la responsabilità ungherese per la presenza di bande armate nel Burgenland.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1546. Roma, 4 ottobre 1921, ore 23.
Telegramma di V.E. n. 1207(1).
Ricevetti domanda scritta di mediazione da parte Banffy durante mia permanenza Vienna che lasciai il 15 settembre ed informai subito cancelliere austriaco e ne diedi comunicazione come era naturale a Parigi e Londra non appena dalla risposta di Schober che mi pervenne a Roma potei avere in mano elementi sufficienti per farmi decidere ad intraprendere mediazione con probabilità successo. Benès si è subito e di buon grado ritirato riconoscendo che Italia come grande e prima potenza interessata era la sola e vera adatta alla mediazione.
Insinuazioni del Daily Telegraph a proposito mediazione Benès sono perciassurde poco riguardose per l'Italia e prive di fondamento. Sarebbe veramente deplorevole che il Foreign Office ne dividesse il pensiero o peggio lo avesse inspirato.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. POSTA 1107 4/819. Costantinopoli, 4 ottobre 1921 (perv. I'11).
Rumbold venuto ieri da me per informarmi dello intervenuto accordo con Kemal Pascià circa scambio prigionieri, desiderò conferire meco sull'attuale situazione greco-turca e sulle impressioni mie al riguardo.
Concreto nei seguenti numeri l'opinione manifestatagli:
1) Non parmi che siasi già al buon momento perché potenze interalleate possano direttamente intervenire per nuove trattative di pace. A prescindere dal fatto che operazioni militari in Anatolia non sembrano del tutto arrestate, secondo referti d'origine turca, sta che Governo greco si vale di tutti i me:zzi per ottenere che opinione pubblica
consideri Grecia come vincitrice, mentre kemalisti ritengono di poter avere in loro favore stessa convinzione. Questa impressione del momento non è fatta per agevolare trattative di pace.
2) In attesa che le parti in guerra possano ridursi a miglior consiglio, conversazioni senza carattere di ufficialità potrebbero intavolarsi a Costantinopoli fra la Sublime Porta ed alti commissari, secondo quanto in passato già aveva formato oggetto di discussione fra me ed Izzet Pascià, e che non ebbe seguito perché, dati avvenimenti, Governo turco non credette di farsi promotore delle conversazioni stesse.
3) Qualora su di una base d'intesa si arrivasse a Costantinopoli, attuale Ministero turco che ha buoni rapporti con Kemal Pascià dovrebbe procurare d'intendersi con esso, e se risultato fosse favorevole, potrebbero iniziarsi formali trattative con potenze interalleate per arrivare alla modifica Trattato di Sèvres.
4) Se con Kemal nulla si concludesse rimarrebbe progetto altra volta comunicatomi da Izzet Pascià, quello cioè di appello al popolo d'Anatolia ed all'esercito nazionalista per sottomissione all'invito del sultano per la pace. Izzet crede all'efficacia di questo suo progetto, convinto di avere influenza personale sui tre quarti dell'esercito nazionalista. lo non sono dello stesso avviso perché popolo turco subisce la forza, e questa è nelle mani di chi comanda direttamente.
5) Accordo potrebbe stabilirsi su seguenti basi:
a) per Smirne, Rumbold, concordando con idea già da me manifestata in passato ad Izzet Pascià, riterrebbe possibile creazione città libera con Governo autonomo in cui fossero rappresentate minoranze, con alta sovranità turca;
b) per gli Stretti, Amministrazione autonoma interalleata o con dipendenza Lega Nazioni;
c) per la Tracia, linea Enos Midia.
6) Sulla questione di Smirne, che è la principale, vi sarebbe speranza di accettazione da parte dei turchi, perché essi non ammettono possesso greco, non solo per la perdita di quella importante provincia, ma anche perché greci creerebbero là centro di agitazione per soddisfare ulteriori loro aspirazioni.
7) Se accordo fosse accettato dai due Governi turchi, non sarebbe difficile imporlo ai greci. L'esercito combattente, pur avendo mantenuta fino ad ora sua combattività, è esausto e male disposto verso suo Stato Maggiore per sofferenze patite causa difetto servizi logistici, e per non essersi raggiunta completa vittoria ad onta degli sforzi delle truppe. In Grecia, per quanto se ne sa, si vuole la pace a qualunque costo, per non subire altre perdite di uomini e di danaro. Re e suo attuale Ministero ostacolerebbero accordo che potrebbe segnare loro rovina, ma questa non sarebbe buona ragione perché potenze non avessero a favorire con mezzi a loro disposizione raggiungimento fine propostosi.
Rumbold mi disse che in massima concordava col mio modo di vedere, non sapendo d'altra parte quale diversa via si potrebbe seguire, ma aggiunse che questa era sua opinione personale. Solo obbiettche Grecia potrebbe eccepire di meritare diverso trattamento avendo occupata Smirne e combattuto per mantenere possesso in seguito a mandato ricevuto dall'Intesa. Risposi che a mio avviso questo mandato non vi fu; Inghilterra credendo di poter sostituire la Grecia alla Turchia nel suo scacchiere politico accettproposta di Venizelos che chiedeva Smirne assicurando di avere forza per ridurre Turchia a subire nuova situazione. Se Grecia non ha raggiunto lo scopo non sono le potenze che debbono assumerne la responsabilità ed in qualche modo sostituirsi ad essa per assicurarle un possesso che non ha saputo mantenere.
In quest'occasione osservai a Rumbold quanto fossero fondate eccezioni di Pellé e mie sull'azione che voleva svolgere Harrington in occasione dell'affare del noto complotto che ebbe poi conclusione così meschina. Caduta attuale Ministero turco ed assunzione al potere dei partigiani di Damad Ferid, avrebbe avuto serie ripercussioni e ci avrebbe privati di elementi che possono essere utili per trattative pace.
Aggiunsi che avevo sempre consigliato Izzet Pascià di mettersi in buoni rapporti con lui, e che avevo ragione di credere che consiglio sarebbe stato eseguito. Rumbold non eccepì circa questo risultato e me ne ringrazi Mia condotta era ispirata a ragioni di politica generale, ed anche al fine di accrescere vincoli di riconoscenza verso di noi da parte del Ministero turco, sempre sperando in un buon momento per arrivare a nostre concessioni pur sapendo che turchi facili alle promesse, non lo sono pel loro adempimento. Ciò nontoglie che nulla debba lasciarsi di intentato al riguardo, massime quando per ragioni politiche ed economiche noi abbiamo tutto l'interesse a mantenere buoni rapporti coll'Impero ottomano.
Rumbold convenne in quelle mie dichiarazioni che io feci per quella parte che potevano riguardarlo e mi disse che egli pure era stato ed era contrario a qualsiasi cambiamento di Ministero e che mai avrebbe favorito il ritorno al potere dei partigiani di Damad Ferid.
Anche Pellé, col quale successivamente vi fu scambio amichevole di vedute, mi disse che concordava interamente nella prospettata via da seguirsi per tentare di arrivare alla pace.
Debbo aggiungere che Rumbold mi disse che Lloyd George difficilmente si sarebbe occupato degli affari d'Oriente prima di aver risoluta la questione d'Irlanda per la quale vi è convegno fra gl'interessati il giorno 11 corrente.
273 1 Del 30 settembre, con il quale De Martino comunicava che il Foreign Office aveva appreso dell'iniziativa di Beneš per la mediazione il 21 settembre. E aggiungeva: «La domanda di mediazione sarebbe stata quindi rivolta quasi contemporaneamente all'Italia e alla Czecoslovacchia».
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
DISP. 2488/939. Londra, 4 ottobre 19 21 (perv. I'11).
Ho l'onore di rispondere ai pregiati dispacci di V.E. del 14 giugno(1)e dell'8 luglio n. 36911/c. pos. P.86-2 e 42383/c.(2).
In obbedienza alle istruzioni dell'E.V. incaricai subito questo addetto commerciale di iniziare indagini in via riservata per conoscere il pensiero del Governo britannico in merito alla complicata questione delle indennità dei boxers.
Il comm. Giannini mi fa ora conoscere quanto segue:
1) Forse è già noto al r. Governo che il Governo britannico aderì a posporre al 1940-1945 il pagamento delle cinque annualità dell'indennità dei boxers che il Governo cinese avrebbe dovuto pagare per gli anni 1918-1922.
2) Circa il pagamento che il Governo cinese dovrà fare delle annualità normali decorrenti dal 1922 in poi il Governo britannico non ha preso alcuna decisione definitiva, perché nessuna discussione della questione e molto meno nessuna decisione gli sembra opportuna avanti che il Governo cinese formuli in modo ufficiale e preciso le sue eventuali richieste al riguardo.
Tuttavia la Tesoreria, alla quale ho esposto la questione, è pienamente d'accordo con il nostro Ministero del tesoro circa l'impossibilità di accettare ogni ulteriore posponimento o cancellazione anche parziale delle annualità. Il Governo cinese come risultato diretto o indiretto della guerra si è liberato già della parte maggiore delle indennità che ancora deve, annullando il credito della Russia, della Germania e dell'Austria. Inoltre i Governi alleati stanno portando in questo momento attraverso i loro gruppi nazionali e attraverso il consorzio internazionale per la Cina un contributo decisivo per lo sviluppo della vita economica e per il ristabilimento della situazione finanziaria in Cina, al fine fra l'altro di mettere il Governo cinese in grado di soddisfare alle sue obbligazioni internazionali. Sembra a me e sembra anche alla Tesoreria inglese inaccettabile che si debba in aggiunta a questa fondamentale cooperazione finanziaria data alla Cina condonare anche le indennità che ci sono dovute.
Al momento opportuno i Governi creditori potranno discutere le forme del pagamento, ma ogni decisione sarebbe oggi prematura.
Ad ogni contraria proposta e ad ogni obiezione americana si potrà rispondere che i Governi alleati hanno il dovere di salvaguardare ogni loro credito sino a che la questione dei loro debiti di guerra non si avvii almeno verso una soluzione soddisfacente.
Il comm. Giannini mi ha aggiunto che, se le sue osservazioni saranno approvate dal r. Governo, gli sarà facile ribadirle e meglio definirle con la Tesoreria inglese in vista di poter formulare a suo tempo una linea d'azione italo-inglese in proposito.
In attesa pertanto delle istruzioni dell'E.V. le rinnovo, signor ministro, gli atti della mia profonda osservanza(3).
275 1 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
275 2 Non rinvenuti.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5874/235. Praga, 5 ottobre 1921, ore 14,10 (perv. ore 20,40).
Mio telegramma n. 233 (1). Per tagliar corto tendenziosi commenti stampa basati su inesatte informazioni Benès ha fatto diramare seguente comunicato ufficioso:
1) Benès richiesto porre sua mediazione questione Ungheria occidentale decise anzi tutto come era suo dovere assumere esaurienti informazioni prima di intraprendere qualsiasi azione in nome del Governo czecoslovacco.
2) (Manca) Avendo egli saputo dopo il suo convegno con Schober che si stava contemporaneamente trattando su una mediazione italiana e che frattanto nota Alleati era pervenuta Governo ungherese egli comunicò subito al Governo ungherese di non poter accettare mediazione propostagli.
3) Condizione pregiudiziale di ogni azione czecoslovacca era esecuzione trattato di pace e accordo coi membri della piccola e grande Intesa prima di intraprendere azione diretta ad evitare conflitto armato.
4) In tal senso vennero informati tutti gli Alleati.
5) Ministro degli affari esteri ha ricevuto da tutte le potenze interessate ed anche dal rappresentante italiano assicurazioni che sua condotta era stata perfettamente corretta ed unicamente ispirata al servizio interesse pace e rispetto ai trattati.
6) Conferenza degli ambasciatori ha deciso ringraziare Benès suo atteggiamento.
275 3 Sulla questione vedi D. 223.
276 1 Del 3 ottobre, non pubblicato.
IL COMMISSARIO CIVILE A FIUME, CASTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5875/717. Abbazia, 5 ottobre 1921, ore 17 (perv. ore 20,50).
Insediamento Costituente e elezioni Governo avvenuti in perfetto ordine e senza alcun incidente. Assistevano consoli esteri. Cerimonia preventivamente concordata in tutti i minimi dettagli riuscita gradevole vibrante affermazione italianità. Seduta venne aperta da generale Amantea fra acclamazioni all'Italia ed al suo esercito. Dichiarazioni Zanella e Bellasich che hanno parlato rispettivamente a nome maggioranza e minoranza hanno contenuto nota comune riconoscenza e fiducia nell'Italia riscuotendo unanimi applausi. Zanella ha rivolto anche un saluto alla Jugoslavia. Procedutosi poscia elezioni cariche Presidenza assemblea e nomina presidente Governo, Zanella ottiene 59 voti su 68 votanti. Assemblea viene poi prorogata a sabato per dar tempo al Governo di costituire e preparare suo programma.
Misure d'ordine pubblico mantenute.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1551 PREC. ASS. Roma, 5 ottobre 1921, ore 23,30.
(Per Londra) Ho telegrafato S.E. Bonin quanto segue: (Per tutti) Ho l'impressione che la questione del Burgenland sia giunta ad un punto morto ed occorra uno sforzo per riavviarla alla soluzione. Con telegramma n. 534(1) V.E. mi informava avere la Conferenza degli ambasciatori ammesso il principio della mediazione. Perda allora, e sono passati sette giorni, la
mediazione non ha fatto alcun passo verso la realizzazione benché le stesse condizioni che la consigliavano perdurino. Non vedo che danni e nessun vantaggio nel procrastinare questo tentativo di conciliazione.
Intanto è scaduto l'ultimatum all'Ungheria. La quale dichiara di cedere, ma praticamente non cederà perché le bande non ubbidiranno e gli stessi generali alleati hanno, per tema di conflitti sanguinosi, a quanto riferisce Castagneto, consentito che un battaglione ungherese restasse nella città di Sopron. Né la risoluzione è piavanzata per la firma del protocollo avvenuta il 3 per parte del delegato ungherese e dei generali alleati, sia perché il delegato austriaco non ha firmato, sia perché la firma del protocollo, senza che le bande abbiano evacuato i Comitati, si riduce ad una formalità vuota di contenuto.
Unico modo dunque di risolvere questa situazione imbarazzante per tutti e non certo confacente al prestigio degli Alleati resta la mediazione. Essendo fermamente convinto che risoluzione questione del Burgenland e pacificazione dell'Europa centrale non si potranno ottenere che con la collaborazione ungherese, ènecessario che attraverso una mediazione interalleata si ottenga tale collaborazione mediante un sacrificio dell'Austria che questa del resto mi risulta disposta a fare.
Avendo ormai lord Curzon avuto la soddisfazione al suo punto di vista che data scadenza ultimatum non dovesse essere rinviata ed essendo stato il trattato almeno formalmente eseguito da parte ungherese, non dubito che Conferenza ambasciatori vorrà immediatamente comunicare a Budapest e a Vienna consenso per invio a Venezia dei rispettivi plenipotenziari per inizio trattative.
Prego V.E. agire con la massima urgenza ed efficacia in tal senso.
(Solo per Londra) Osservo ad ogni buon fine che secondo suo telegramma n. 1228(2) punto di vista del Foreign Office sembra sia che, eseguito trattato, ove le due parti si accordassero per effetto mediazione Inghilterra non avrebbe nulla da obbiettare.
278 1 Del 28 settembre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A SOFIA, ALDROVANDI
T. 1555. Roma, 6 ottobre 1921, ore 2.
Mio telegramma posta n. 194(1).
Mi consta continuano da parte di codeste autorità misure vessatorie verso Industria forestale bulgara, con grave pregiudizio interessi italiani in essa rappresentati da quasi vent' anni(2).
Tali misure sono illegali e arbitrarie non essendo intervenuto atto alcuno autorità giudiziaria che dichiari rescisso contratto stipulato regolarmente da predetta società.
In tali condizioni prego V.S. recarsi personalmente da codesto ministro esteri e dichiarargli formalmente anche per iscritto che r. Governo terrà Governo bulgaro direttamente responsabile per danni arrecati Industria forestale bulgara con provvedimenti illegali.
Per informazione personale di V.S. aggiungo che voci qui giunte fanno sospettare che detti provvedimenti vengano adottati su istigazione capitalisti francesi: prego V.S. indagare riservatamente e telegrafarmi(3).
278 2 Del 4 ottobre, non pubblicato.
279 1 Non rinvenuto.
279 2 L'Industrie Forestière Bulgare, di cui qui si parla, godeva del diritto di sfruttamento degli alberi esistenti nei boschi del monastero di Rila. In agosto il Santo Sinodo, amministratore dei beni del monastero, aveva dichiarato unilateralmente scaduta la concessione e annullato il contratto. Da qui la vertenza con il Governo di Sofia.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 794 GAB. RR. Parigi, 6 ottobre 1921, ore 11,45 (perv. ore 16 del 7).
Il presidente della Repubblica mi ha chiesto di andare da lui e mi ha trattenuto per tre quarti d'ora. Egli desiderava mi disse parlarmi della situazione fra i due paesi qual viene non già creata ma rivelata dai fatti di Venezia(1). Non mi parlava di quell'incidente chiuso dalle amichevoli dichiarazione dei due Governi e tanto picondotta nostre autorità perfettamente corretta. Egli guardava non addietro ma innanzi e lo preoccupava vivamente per l'avvenire anche prossimamente l'irritazione dell'opinione pubblica italiana verso la Francia. Egli non negava che errori siano stati qui commessi in passato ma credeva poter affermare che da quando egli andalla Presidenza del Consiglio cioè da quasi due anni ad oggi (...) politica francese non sempre studia di coltivare l'amicizia dell'Italia. E così essa intende di far anche per il futuro trovandosi egli per Ciò in pieno consenso con il Ministero Briand. Ma l'ambiente che si è venuto formando in Italia paralizza ogrsforzo che si faccia in questo senso. Quasi tutti i nostri giornali rappresentano ai loro lettori la Francia come una costante nemica, spesso svisando i fatti, e nessuna reazione si manifesta contro questa campagna nociva ai due paesi che tutto hanno da guadagnare ad andare d'accordo. In questo ambiente si vive in continuo pericolo perché ogrminuscolo incidente puprendere improvvisamente gravi proporzioni e suscitare ai due Governi seri imbarazzi. E cimentre nessun serio conflitto d'interessi divide le due nazioni. Egli trovava necessario urgente reagire contro questa pericolosa situazione. Il Governo francese è disposto a prestarvisi per quanto puma tale azione è sopratutto da [spiegarsi] in Italia non esistendo qui oggi nessuna animosità contro di noi. Egli ( e me lo ripeté a sazietà) non intendeva dar consigli al Governo italiano ma credeva che molto si otterrebbe
se una voce autorevole si levasse da noi per ristabilire la verità dei fatti, per dire al pubblico come da quasi due anni nessuna seria difficoltà sia mai sorta tra Italia e Francia per dimostrare l'interesse reciproco che esse hanno per vivere in buona e cordiale amicizia. Egli sperava che da noi verrebbe colto qualche prossima occasione a quell'uopo. Sarebbe cosa dannosa anzi pericolosa lasciare sussistere la situazione presente. Non mi dilunghera riferire a V.E. le mie risposte alle osservazioni del signor Millerand svolte sempre nel tono picordiale e inspirate all'evidente desiderio di ristabilire prontamente fra i due paesi un ambiente di schietta cordialità. Insistetti specialmente sul grave errore di Clemenceau che egli del resto non contestava, sulla situazione da essi creata e sulle abitudini delle nostre ( ... ) che lasciano al Governo pochissima azione sulla medesima. Ho accennato anche all'assenza assoluta di ogni attività economica francese in Italia che agevoli la penetrazione economica tedesca [sic] con i suoi effetti di propaganda e all'utilità di una cooperazione dei due paesi su quel terreno. Millerand ne conveniva ma concludeva che anzitutto è necessario chiarire la situazione per conoscere in Italia la verità sulla politica francese altrimenti ogni attività di questa sarebbe sinistramente interpretata. Ho detto al presidente che avrei riferito all'E.V. il colloquio assicurandolo che Governo italiano è non meno di lui desideroso di ristabilire fra i due paesi una atmosfera di piena cordialità. Non sfuggirà all'E.V. l'importanza dell'iniziativa di Millerand che non mi avrebbe chiamato se non fosse penetrato dei pericoli della situazione. La mia impressione e le mie conclusioni sono le medesime da me ampiamente svolte nella mia corrispondenza specie nel telegramma posta n. 772 del 30 settembre(2). Certo a mio avviso una manifestazione del r. Governo mediante un discorso o una intervista che ristabilisse la verità circa la posizione reciproca dei due paesi nel presente momento internazionale avrebbe costà un effetto salutare e dissiperebbe qui le nubi che sorgono riaprendo la via a una cordiale intesa rispondente all'interesse comune.
279 3 J Con T. 1560 dello stesso giorno Torretta comunicava poi di aver presentato analoga diffida alla legazione di Bulgaria a Roma. Ma ancora il 15 ottobre (T. 6142/209) il consigliere De Riseis comunicava che il Governo bulgaro continuava a sostenere le azioni illegali già denunciate.
280 1 Vedi D. 254.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5908/2876. Durazzo, 6 ottobre 1921, ore 12 (perv. ore 24).
Ministro affari esteri albanese mi telegrafa urgentemente in data 4 ottobre che riunione straordinaria Gabinetto albanese sotto presidenza Consiglio del reggente e partecipazione capi partiti e Commissione permanente affari esteri esaminata situazione politica estera ed interna, ha preso seguente decisione: «Consiglio del reggente Governo parlamentare considerando come minimum giustizia frontiera Albania fissata nel 1913 sono decisi non accettare alcuna amputazione o modificazione integrità patria. Popolo albanese aspetta dalla giustizia internazionale la difesa suoi interessi legittimi. Da parte sua è deciso difendere colle armi fino in fondo frontiera sua patria. UFFICIO PANDELI EVANGHELI».
Questo bollettino che giunge dopo le discussioni parlamentari e dopo la montatura delle dimostrazioni contro il nostro possesso di Saseno dimostra che si è molto scesi dal tono intransigente primitivo e la fretta nel comunicarlo mira evidentemente a far rilevare che venne escluso ogni diretto accenno a questione che ci riguarda. Non credo perconvenga accontentarci di questo primo effetto delle severe rimostranze fatte da parte nostra.
280 2 Non rinvenuto.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5915/1246. Londra, 6 ottobre 1921, ore 16,30 (perv. ore 7 del 7).
Mio telegramma n. 1240(1).
Ho avuto un lungo colloquio con Curzon. Tenendo presenti sue preoccupazioni a me già note gli ho dimostrato situazione nei termini seguenti: questione Burgenland non è risolta ma permane minacciosa; soluzione si puottenere con negoziati o colla forza; negoziati debbono avere per base collaborazione Ungheria e qualche sacrificio da parte dell'Austria cui essa è disposta; unico modo per negoziare può essere mediazione amichevole personale di V.E. basata sulle relazioni personali di V.E. e sua profonda conoscenza complicati problemi; dovete dare possibilità agli ungheresi (give them a chance) di dimostrare se sono in buona fede; questo èfair play; indispensabile soluzione deve essere ratificata dalle potenze firmatarie dei trattati. Quanto uso della forza ho dimostrato a quali gravissime conseguenze pucondurre e ho dichiarato (telegramma di V.E. n. 1534)(2) che r. Governo è contrario a un mandato militare alla Czecoslovacchia; ho dimostrato che in tale evenienza occorrerebbe mobilitare eserciti dei quattro Stati limitrofi. Ho concluso solo mediazione di V.E. pusalvare prestigio Alleati. Curzon mi ascoltattentamente ed ho rilevato dagli schiarimenti che andava chiedendo che predetta impostazione della questione gli riusciva nuova. Curzon mi dichiarche era completamente d'accordo (quite agree) per la mediazione di V.E.: era solo occorso inconveniente che Benès aveva notificato subito domanda fattagli dalla Ungheria. A questo ho replicato con la nota considerazione del giusto desiderio di V.E. di accettare previa possibilità di riuscita. Quindi Curzon disse che sopratutto teneva a che si procedesse rapidamente e perciapprovava scelta di Venezia. Quanto opera personale di V.E. mi disse conoscenza che ella ha della questione forma un elemento notevole per la riuscita e che sapeva essere V.E. molto popolare a Vienna; naturalmente conclusione della mediazione dovrà essere approvata dagli Alleati. Come già mi attendevo Curzon espresse timore circa impiego della forza ma si dichiard'accordo che dovessero eventualmente agire Stati della Piccola Intesa piAustria nei limiti dei suoi mezzi. Curzon osservche in caso di azione militare difficoltà sarà di persuadere
invasore ad andarsene a suo tempo. Disse che gli Stati della Piccola Intesa sono pronti marciare e che cigli fu confermato ieri da Take Jonesco. Crede avere compreso anzi che Take Jonesco si sia mostrato alquanto impaziente. Per tale modo mi sembra risoluta incertezza circa mediazione di V.E. che fu qui occasionata dalla precedente comunicazione di Benès e dall'assenza di Cunon la quale dava campo libero alla contraddittoria e nello stesso tempo restia azione dei funzionari.
282 1 Pari data, non pubblicato.
282 2 Vedi D. 271.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1561 PREC. ASS. Roma, 6 ottobre 1921, ore 24.
Telegramma di V.E. n. 567(1).
Servendosi argomentazioni esposte a V.E. in mie precedenti comunicazioni e sopratutto grave minaccia che costituirebbe per Scutari capitale morale Albania cessione Velecicut prego insistere quanto possibile per ottenere rinunzia tale cessione. Qualora ogni ulteriore tentativo rimanga infruttuoso V.E. dichiarerà di aderire alla proposta britannica riservandosi di far iscrivere a verbale seguenti dichiarazioni:
«R. Governo nel prender iniziativa sistemare questione albanese mediante costituzione Stato indipendente limitandosi solo a salvaguardare suoi interessi strettamente difensivi intendeva fosse conferita a detto Stato vitalità indispensabile per realizzare pace e rapporti buon vicinato con Stati confinanti. Tale finalità a cui Governo britannico si è dimostrato favorevole sostenendo sovranità indipendenza Albania integrità ed inalienabilità sue frontiere non pufiduciosamente raggiungersi a giudizio dell'Italia che confermando confini 1913, mentre modificazioni territoriali chieste da Jugoslavia e sostenute da Governo britannico potranno dar luogo a inasprimento di rapporti fra Jugoslavia e albanesi mettendo in pericolo compagine esistenza Stato albanese.
Ciononostante r. Governo contando sulla rinunzia alla cessione del Velecicut accettata dal delegato tecnico inglese ha dato suo assenso per rettifica in territorio Dibra, e per altra pivasta in territorio Prisrend, potendosi con ciritenere più chesoddisfatte pretese di compensi da parte jugoslava. Governo britannico ha invece ora deciso di non consentire nella proposta del suo esperto e conseguentemente r. Governo pur giudicando che Governo britannico non si sia reso perfettamente conto della reale situazione tra Albania e Jugoslavia si trova nella necessità di aderire alla richiesta britannica. Tiene pera scanso di responsabilità a chiarire che esso ha insistito nel volere confermate le frontiere del 1913 per dare assetto duraturo allo Stato albanese evitando che la stessa città di Scutari venga ad esser messa sotto la diretta minaccia delle forze confinanti con la possibilità di contrasti che era preciso intendimento di veder cessati.
Resta comunque inteso che tali ulteriori sacrifici imposti all'Albania dovranno tacitare definitivamente aspirazioni dei jugoslavi e convincerli a sgombrare subito territori albanesi non compresi nell'odierna delimitazione senza sollevare nessun pretesto per ritardare evacuazione stessa e sistemazione definitiva Albania»(2).
283 1 Vedi D. 270, nota 3.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 1784/471. Praga, 6 ottobre 1921 (perv. I'11).
Nei miei telegrammi sulla questione dell'Ungheria occidentale nelle varie fasi che essa ha attraversato da un mese e mezzo a questa parte, non ho potuto dare che un'idea sommaria dell'atteggiamento del Governo cecoslovacco e delle disposizioni della pubblica opinione in questo Stato. Credo giunto il momento di dover riferire più ampiamente in proposito, sopratutto ora che dopo il tentativo del ministro Benes la questione ha assunto un aspetto di maggior interesse ed ha minacciato di creare dei malumori contro l'Italia.
Quando si delinela prima resistenza magiara contro la cessione dei Comitati occidentali all'Austria, Benes era a Ginevra alla Società delle Nazioni. La stampa e l'opinione pubblica, pur rendendosi conto della gravità della situazione, non si allarmarono eccessivamente. La notizia quasi esclusivamente di fonte viennese non raccoglieva che scarsi ed incerti commenti nei giornali locali e niente autorizzava a credere che ci fosse una qualsiasi intenzione di intervenire. Al Ministero degli affari esteri la resistenza ungherese era prevista ed attesa, ma le assicurazioni che a me ed ai miei colleghi venivano date sui pacifici propositi del Governo che non avrebbe preso alcuna iniziativa, venivano confermate dall'assoluta mancanza di qualsiasi preparativo militare, le misure prese alla testa di ponte di Presburgo non eccedendo le naturali cautele difensive che ogni Stato ha il diritto di prendere quando scoppia un pericoloso fermento alle sue frontiere.
Tornato Benes da Ginevra l' 11 settembre, egli credette dover mandare alla Conferenza degli ambasciatori a Ginevra una nota (mio telegramma n. 212)(1) molto deferente di cui non si è mai capito lo scopo e che è rimasta, del resto, quasi inosservata. Nelle conversazioni che ho avuto allora con Benes, egli mi confermava la mancanza di qualsiasi intenzione nel Governo cecoslovacco di agire di propria iniziativa, mi smentiva tutte le voci venute da Vienna secondo le quali il Governo cecoslovacco avrebbe cercato in tutti i modi di ottenere un mandato, mi assicurava che mai alcuna cosa avrebbe fatto se non in pieno accordo con gli Alleati, ma mi esprimeva in pari tempo il suo punto di
vista secondo il quale soltanto con una grave minaccia e con la convinzione che tale minaccia fosse stata eseguita, l'Ungheria avrebbe ceduto ed accennando alle incertezze ad alla lunga procedura della Conferenza degli ambasciatori, lasciava sottintendere che se lo si fosse lasciato fare, sarebbe stato capace di ridurre l'Ungheria all'obbedienza anche senza spargimento di sangue, col solo blocco economico severamente applicato.
V.E. era in quei giorni a Vienna e la sua presenza in quella capitale fu messa in evidente relazione col problema del Burgenland. Ma dell'offerta di mediazione non trapelallora alcuna notizia.
Pochi giorni dopo avvenne l'inatteso incontro Benes-Schober, sul quale Benes avrebbe voluto tenere il segreto se da Vienna non ne fosse venuta subito notizia. Delle spiegazioni che Benes ha dato sulle origini e lo scopo di tale incontro, come di quello seguito tre giorni dopo col conte Banffy, ho ampiamente riferito a V.E. Malgrado le contraddicenti versioni in proposito che sono venute da Vienna, da Budapest e da qui, io ho realmente l'impressione che Benes non ha sollecitato la mediazione ma che, afferrata l'occasione che Szapary gli presentava, si sia illuso un momento di poter prendere in mano la cosa e di poterla risolvere non solo per il bene della pace ma anche a tutto vantaggio del prestigio della Cecoslovacchia e suo personale. Ho anche l'impressione che Benes realmente ignorasse, quando andincontro a Schober, che esistesse già una mediazione italiana. Non poteva perpiignorarlo quando si incontrcon Banffy. Ma in tale convegno egli avrebbe già dichiarato di voler ritirare la sua mediazione. Ebbe il torto di non ritirarla effettivamente ed ufficialmente, di lasciar credere all' opinione pubblica cecoslovacca che essa fosse ancora in piedi e di continuare forse a illudersi che, malgrado tutto, l'Intesa avrebbe affidato a lui il compito di mettere pace tra l'Austria e l'Ungheria. La stampa cecoslovacca era in quei giorni intonata a tale illusione dimodoché quando la Stefani diramla notizia della mediazione italiana, senza indicare la data in cui tale [ domanda di] mediazione era stata fatta a V.E. da parte dell'Ungheria, ebbe l'impressione che l'Italia avesse per suoi fini politici, tolto di mano alla Cecoslovacchia la mediazione ed agisse in odio a questa ed alla Piccola Intesa.
Un articolo comparso domenica mattina su Narodny Listy col compiacimento di poter attaccare contemporaneamente Benes e l'Italia, mi diede un'idea dell'orientamento che si cercava di dare all'opinione pubblica e pregai Benes, col quale avevo avuto in precedenza le pifranche e corrette spiegazioni in proposito (mio telegramma
n. 228)(2), di voler lui stesso spiegare sinceramente come erano andate le cose.
Prima perancora che comparisse il comunicato ufficioso che Benes mi aveva promesso (mio telegramma n. 235)(3) ebbi la visita di un redattore del Prager Tageblatt e colsi l'occasione per fornire io stesso le rettifiche e le spiegazioni che mi stavano a cuore (mio telegramma n. 233)(4). Del che lo stesso giorno Benes mi ringrazi
Con rapporto a parte in pari data(5)trasmetto il testo dell'intervista, non esattamente riprodotta e mancante di alcune cose essenzali che avevo detto, nonché i commenti non tutti benevoli che sono stati fatti alle mie dichiarazioni dalla stampa ceka, tuttora in parte diffidente.
È innegabile che l'onda di malumore contro l'Italia che si è scatenata qui per questo malinteso sussisterà per qualche tempo malgrado l'evidenza delle spiegazioni. Me ne accorgo anche dal malcelato compiacimento che riscontro quando mi si parla dell'enorme difficoltà che V.E. avrà da superare nella sua opera di mediazione e dall'importanza che è stata data alla notizia di una pretesa opposizione dell'Inghilterra al convegno di Venezia. Le notizie del nuovo conflitto italo-jugoslavo per l'Albania non faranno che alimentare tale malumore.
Comunque, nelle mie conversazioni con Benes non ho mai dovuto raccogliere la benché minima allusione ad una mancanza di cordialità e di correttezza. Il dr. Benes conscio forse di essere dalla parte del torto per essere andato troppo avanti ad un dato momento, è pronto ad abilmente rinnegare se stesso come ha fatto nel comunicato di ieri, ha tenuto sempre ad accentuarmi il suo desiderio di evitare ogni malinteso e di mettersi sempre a disposizione di V.E. «con quello spirito di cordialità e di amicizia che è sempre esistito tra le due nazioni».
Avendomi detto che Francia ed Inghilterra, così come la Conferenza degli ambasciatori avevano risposto alla sua nota ringraziandolo (mio telegramma n. 226)(6), e che solo l'Italia non lo aveva fatto, gli ho risposto che il pensiero di V.E. era implicito in quanto gli avevo già comunicato secondo le istruzioni impartitemi col telegramma del 3 corrente n. 1533(7). Mi ha chiesto allora se avrei avuto difficoltà a ripetergli tale comunicazione per iscritto, come avevano fatto i miei colleghi di Francia e l'incaricato d'affari d'Inghilterra, ed ho acconsentito, mandandogli la nota che qui unisco in copia(5).
In conclusione, nella fase attuale della grave ed insoluta questione del Burgenland, e sopratutto per ciò che riguarda la ripercussione che la nostra azione ha avuto in Cecoslovacchia, credo di dover fare le seguenti constatazioni:
1) la Cecoslovacchia è interessata e si appassiona come Stato limitrofo tanto dell'Ungheria che dell'Austria e pel timore che un successo ungherese nella rivendicazione dei Comitati occidentali, possa incoraggiare un tentativo di impresa analoga in Slovacchia ed in Carpato-Russia;
2) l'idea di una congiunzione territoriale con la Jugoslavia attraverso l'Ungheria occidentale non è piattuale, e non appare tra le cause dirette ed immediate della politica cecoslovacca;
3) non si desidera un intervento armato e anche per ragioni di politica interna si fa di tutto per evitarlo;
4) per la vicinanza, la facile possibilità di comunicazioni dirette e rapide come per l'eventuale applicazione di sanzioni economiche Benes ritiene la Cecoslovacchia lo Stato piadatto ad esercitare sia una mediazione che una pressione;
5) l'eccessiva preoccupazione dimostrata dalla stampa italiana per una temuta attuazione del corridoio, ci ha nociuto per il fatto che qui si è radicato il convincimento di una tendenza decisamente antislava della politica italiana e non si è prestato fede ad una opera disinteressata di pacificazione, basata sul rigido rispetto dei trattati di pace;
6) la corretta condotta del Governo verso l'Italia, come grande potenza e come potenza amica, non è sentita e condivisa dall'opinione pubblica;
7) la non completa identità di vedute tra il Governo di Praga e quello di Belgrado in questa occasione, ha influito sulla linea di condotta del ministro Benes;
8) la nomina del dottor Benes a presidente del Consiglio, lo stesso giorno del suo ritorno da Briinn, ha pure influito alla sua remissività;
9) nelle sfere ufficiali come in quelle non ufficiali si considera la soluzione della questione del Burgenland con sempre maggior pessimismo e non si esclude che alla cooperazione della Cecoslovacchia si debba finire prima o poi per arrivare.
Il capo dello Stato Maggiore dell'esercito, generale Mittelhauser, mi esprimeva ieri la sua preoccupazione per la segnalata presenza di bande armate magiare ai confini della Carpato-Russia.
283 2 Con successivo T. 1568 del 7 ottobre Torretta confennava poi, in via definitiva, l'adesione al punto di vista inglese. Vedi anche D. 350.
284 1 Non rinvenuto.
284 2 Vedi D. 259.
284 3 Vedi D. 276.
284 4 Del 3 ottobre, non pubblicato.
284 5 Non pubblicato.
284 6 Del 29 settembre, non pubblicato.
284 7 Vedi D. 259, nota 3.
IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI EUROPA E LEVANTE, LAGO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
RELAZIONE. Roma, 6 ottobre 1921.
Come è noto a V.E., in questi ultimi tempi l'Albania ha chiesto a diverse riprese al
r. Governo, per il tramite del comm. Castoldi, di assumere la protezione degli interessi albanesi in determinate località estere.
Non sembra questo Ministero di dover accogliere, finora, richieste avanzate in tal senso; e su conformi istruzioni di V.E. 1'8 agosto scorso fu telegrafato al comm. Castoldi quanto segue:
«(....) Non èpossibile assumere protezione albanesi all' estero nella maniera incoerente cui ricorrono albanesi. Qualora cotesto Governo credesse utile protezione italiana albanesi all'estero, potrebbe prendere con V.S. opportuni accordi per farci proposte che sarebbero esaminate benevolmente».
Il comm. Castoldi trasmette ora una richiesta del Governo albanese, che si unisce in orginale(1), tendente ad ottenere che il r. Governo assuma la protezione degli albanesi all'estero «a titolo provvisorio, là dove non esistano rappresentanti albanesi».
L'Ufficio, associandosi all'avviso del rappresentante a Durazzo, è del parere che convenga accogliere tale richiesta dato sopratutto che è stata ora internazionalmente chiarita la nostra situazione rispetto all' Albania, e rimane in attesa di conoscere le decisioni di V.E. anche circa i limiti in cui la protezione di cui trattasi debba contenersi.
285 1 T. posta 2678 del I 6 settembre, non pubblicato.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5923/799 GAB. Parigi, 7 ottobre 1921, ore 14,40 (perv. ore 18,40).
Accordo Wìesbaden(1) è stato firmato ieri.
A quanto dice nostro rappresentante Commissione riparazioni esso avrà pieno consenso del Belgio e Inghilterra non farà serie difficoltà. È invece probabile che esso dia occasione nella nostra stampa a nuove polemiche contro la Francia. In tal caso qui non si mancherebbe dì replicare attaccando nostro accordo commerciale con la Germania. Per evitare che si awnenti così tensione esistente sarebbe bene nostra azione e possibilmente anche linguaggio stampa orientati anzi che verso sterile protesta isolata verso affermazione nostro diritto: 1) dì stringere accordi analoghi; 2) dì essere garantiti contro eventuali pregiudizi che accordo Wiesbaden ci recasse nell'avvenire. Ritengo che ponendoci su questa via troveremo presso gli Alleati favorevoli disposizioni verso nostri interessi.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1563. Roma, 7 ottobre 1921, ore 18,30.
Telegramma dì V.E. n. 1243(1). Per ogni buon fine informo che nessuna pressione mi è stata fatta né direttamente né indirettamente dal Vaticano per questione Burgenland. E del resto non l'avrei tollerata.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO ALLA S.D.N., IMPERIALI
T. 1566. Roma, 7 ottobre 1921, ore 24.
Suo telegramma n. 68 (1). Impostata così questione non possiamo naturalmente pretendere nomina ministro italiano commissione che dovrà recarsi Albania. Piuttosto ove V.E. abbia ragione ritenere
che alcuno dei possibili candidati nutra sentimenti speciali simpatia nostro paese potrà abilmente provocarne nomina nella commissione.
ciò che sopratutto importa, e le rivolgo per cispeciale raccomandazione, è che mandato commissione sia assolutamente definito, e limitato appurare responsabilità recente conflitto. Bisogna assolutamente evitare che commissione raccolga lagnanze albanesi onde evitare che in modo diretto o indiretto si ritorni a parlare di Saseno.
286 1 Si tratta degli accordi Loucheur-Rathenau -tra Francia e Gennania -finnati a Wiesbaden il 6 e 7 ottobre 1921. Iniziate il 12 giugno su iniziativa tedesca, le discussioni erano continuate per quasi quattro mesi, portando infine alla finna di un accordo sulle prestazioni in natura destinate alle regioni francesi devastate e di un secondo accdo sulla fornitura, da parte della Gennania, in conto riparazioni, di materiale industriale e ferroviario, animali, carbone. Presentati all'esame della Commissione riparazioni, sarebbero stati poi rinviati alla decisione dei Governi.
287 1 Del 6 ottobre, non pubblicato.
288 1 Del 6 ottobre, riferiva delle proposte del Consiglio della S.d.N. per la composizione della Commissione per l'Albania, con esclusione di massima di tutte le potenze aventi interessi nella regione.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1567. Roma, 7 ottobre 1921, ore 24.
Telegramma di V.E. n. 1242(1).
Non ho motivo di credere Governi Piccola Intesa siano risentiti per mediazione italiani. Benes si è affrettato deferire mia iniziativa appena saputo che già avevo iniziato sondaggi per concretare mia proposta. Ho avuto spontanee calorose espressioni deferenza per Italia e per mia persona. Governo romeno in assenza Take Jonesco ha manifestato non solo piena ma cordialissima adesione azione italiana. Ha anzi riconosciuto sostanziale interesse italo romeno evitare a qualunque costo offrire Cecoslovacchia e Jugoslavia occasione realizzare loro congiungimento attraverso Comitati occidentali. Ciò Dailycostituirebbe accerchiamento slavo Romania. Governo jugoslavo si è mantenuto piuttosto riservato; ma non mi è pervenuto alcun eco malcontento. Notizie che circolano costi per opera Daily Telegrah sono quindi senza fondamento. Prego
V.E. adoperarsi smentirle.
IL COMMISSARIO CIVILE A FIUME, CASTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5983/746 GAB. Abbazia, 8 ottobre 1921, ore 23,40 (perv. ore 3,30 del 9).
Avvenuta starnane prima adunanza Costituente senza incidenti. Assistevano alla seduta tutti i consoli esteri. Presentazione Governo e esposizione programma fatto da Zanella vennero accolte favorevolmente. Degna di nota dichiarazione esplicita che rappresentanza fiumana all'estero sarà affidata all'Italia. Costituente si è poi aggiornata per dar tempo al Governo di prendere possesso dei vari Dicasteri e sarà
convocata a domicilio(1). Zanella confermami che intende venire subito Roma. Si è pure stabilita la graduale partenza truppe a decorrere da mercoledì 12 corrente lasciando a Fiume per servizio ordine soltanto battaglione carabinieri territoriali. Generale Amantea fissata sua partenza salvo ordini contrari per giovedì 13 corrente.
Attendo ordini anche per me.
289 1 Del 6 ottobre, con il quale De Martino riferiva di voci circa atteggiamenti poco favorevoli alla mediazione italiana da parte dei Governi della Piccola Intesa.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 5975/2927. Durazzo, 9 ottobre 19 21, ore 12, 20 (perv. ore 18,30).
Mio telegramma n. 2887(1).
Secondo elementi vari attendibili telegramma firmato Curzon ( oggetto mio telegramma n. 2826)(2) comunicava a questo console inglese termini accordo con Italia per Albania. Conteneva pure osservazioni per aver lasciato scoprire sua azione persuadere albanesi fare opposizione al possesso nostro di Saseno che Italia faceva ritenere Inghilterra pidegli albanesi affaccendata creare ostacoli al nostro possesso. Console fece conseguente comunicazione al Governo albanese. Monsignor Bumci da me interrogato in proposito non volle entrare in particolare, ma disse «console inglese è una canaglia». Opìnione generale è che opposizione per Saseno provenga da sua opera ed a tale riguardo cito anche miei telegrammi nn. 2407(3) e 2516(4).
Difficile affermare quanto debba attribuirsi a istruzioni oppure ad opera personale del console(5). Questi partì per l'Italia stesso giorno 30 settembre dopo fatta comunicazione a Tirana ed ancora non è ritornato. Pare si trovi a Roma. Secondo telegramma Curzon è giacente. Faccio presente a V.E. che mentre Governo albanese e console inglese ricevono sollecitamente comunicazioni circa lavorio internazionale per questione albanese, non sono in grado di controllare tendenziose versioni. Persino appoggio inglese alle richieste serbe viene qui messo in dubbio perché nessun giornale straniero ne parla ed accenni appaiono soltanto in giornali italiani(6).
290 1 La consegna dei poteri civili al nuovo Governo di Fiume sarebbe stata effettuata con verbale del gen. Amantea in sostituzione dell'alto commissariato (T. 752 G.M. di Castelli del 1°ottobre).
291 1 Del 7 ottobre, non pubblicato.
291 2 Del 1° ottobre, non pubblicato.
291 3 Del 20 agosto, non pubblicato.
291 4 Vedi D. 172, nota I.
291 5 La questione era stata già affrontata dall'ambasciata a Londra in un colloquio dei primi di settembre con Nicolson, che aveva escluso ogni responsabilità per il comportamento di Eyres (T. per corriere 1186 del 26 settembre di De Martino).
291 6 Con T. 600/334 del 22 gennaio 1922 -a conferma di quanto qui segnalato -Castoldi riferiva un telegramma di Perricone da Scutari su un colloquio con il prelato albanese mons. Zwani, il quale parlando «della sua gestione di ministro nell'epoca in cui trattavasi questione Saseno [ ... ] si è lasciato sfuggire che il Governo riceveva pressioni dirette da rappresentante inglese perché Inghilterra voleva ad ogni costo allontanarci da Saseno».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA, ALLA LEGAZIONE A BELGRADO E AL MINISTRO A DURAZZO
T. 1604. Roma, 9 ottobre 1921, ore 24.
(Per tutti meno Belgrado) Il r. incaricato d'affari a Belgrado telegrafa in data 8 corrente quanto segue:
(telegramma n. 541)(1).
(Per tutti meno Parigi) Nel comunicare al conte Bonin quanto precede ho soggiunto.
(Per tutti) Prego V.E. richiamare su notizia comunicata da Summonte attenzione di codesto Governo perché voglia tenere contro nelle conversazioni che avrà con Pasic che trovasi costì. Se lo crede opportuno ella può informarne anche suoi colleghi Conferenza ambasciatori.
Misure che sta prendendo apertamente Governo jugoslavo non possono ormai considerarsi semplice dimostrazione per intimidire Albania, né possono seriamente giustificarsi come misure di difesa contro possibili aggressioni albanesi(2). Esse rappresentano un pericolo così grave ed imminente che non pu mi pare, lasciare indifferente Alleati.
(Per Londra) Prego esprimermi in modo analogo presso il Foreign Office osservando che jugoslavi non sembrano corrispondere alla straordinaria benevolenza dimostrata loro dal Governo britannico. Avendo noi, non certo per convinzione ma per particolare deferenza verso Inghilterra, finito per accedere a tutte le sue richieste a favore Regno serbo croato sloveno, crediamo almeno poterci attendere in cambio una energica pressione da parte Inghilterra e Belgrado per richiamare quel Governo ad un maggior rispetto delle decisioni degli Alleati(3).
IL COMMISSARIO GENERALE DELL'EMIGRAZIONE, DE MICHELIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. Roma, 9 ottobre 19 21.
Ho il pregio di partecipare all'E.V. che, assieme all'ambasciatore del Brasile Souza Dantas, ho proceduto alla firma della Convenzione per l'emigrazione ed il lavoro(1)
che ero stato incaricato di negoziare, quale plenipotenziario, nell'aprile 1920, essendo presidente del Consiglio e interim degli Esteri l'on. Nitti, e che consegnai all'ambasciatore nel testo che servì alle ultime trattative, dopo aver preso le istruzioni del ministro del tempo S.E. Sforza e del presidente del Consiglio S.E. Giolitti.
Non mancai di esporre a voce all'E.V. la procedura seguita e le linee dello schema; la E.V. le ha, senza riserve, approvate. E poiché la mia lettera del 29 s.m.(2) con cui le partecipavo che stavo per firmare la Convenzione non aveva sollevato obbiezioni da parte di V.E., ho creduto opportuno, assillato dalle notizie giunte da Rio, dalle interviste dell'ambasciatore e dal fatto che un carico di emigranti in viaggio non deve sbarcare a San Paolo prima della firma della Convenzione stessa, di chiudere la missione che mi era stata da tanto tempo conferita senza limitazione di sorta.
lo mi auguro, Eccellenza, che, dalla mia comunicazione del 29 corrente mese ispirata alla maggiore deferenza verso di lei, ella vorrà trarre motivo per non dubitare del mio spirito di disciplina né del fine che mi ero proposto firmando ieri la Convenzione.
292 1 Dell'S ottobre, con il quale Summonte dava notizia della chiamata alle armi di tre classi e della concentrazione di truppe sulla frontiera albanese.
292 2 Era questa la versione offerta da Jancovic! a Summonte (T. 5972 da Belgrado del 9 ottobre).
292 3 Con T. 6135/1287 del 15 ottobre De Martino dava poi notizia della decisione del Foreign Office per un passo energico degli Alleati presso il Governo di Belgrado.
IL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6005-6038/1007-1008. Rodi, 10 ottobre 1921, ore 10,30 (perv. ore 23,15 del/'11).
Sono noti da molto tempo al r. Governo gli atti sistematicamente ostili del metropolita Apostolos contro di noi. Scomuniche a donne che avevano sposato italiani, imposizione ortodossi di non affittare case e di non vendere merci ad italiani, opposizione ad ogni ben che minima dimostrazione sia pure di semplice cortesia a connazionali autorevoli. Quando mi (...) egli non si presental ricevimento ufficiale che diedi e solo dopo alcuni giorni mi visitin forma ostentatamente privata. In occasione del mio intervento alla festa annua di Cre( ...)to si adoperper impedire la divisata esposizione bandiere italiane. All'arrivo del principe di Piemonte egli si astenne dall'intervenire al ricevimento ufficiale e ne evitil passaggio a Mal(...)a sebbene si trovasse in quei pressi. Si recin vari villaggi per cercare di impedire manifestazioni popolari, pose spie per sapere chi vi avesse preso parte, minaccipene per l'intervento, fra l'altro la chiusura delle scuole. Davanti (...) questi fatti che certo per nostra tolleranza si sarebbero ripetuti all'infinito, ho creduto, per salvaguardare la nostra dignità ed anche l'ordine pubblico, di dover prendere, sotto la mia responsabilità, una misura abbastanza grave ed energica a carico del metropolita e ieri al suo ritorno a Rodi l'ho fatto prendere dal Comandante della locale gendarmeria ed a bordo del «Capitano Verri» condurre all'isola di Patmo dove resterà fino a nuovo ordine affidato alla custodia quel comando ed alloggiato in quel vasto convento.
Si presentano tre soluzioni:
1) chiedergli ritrattazione scritta della sua condotta ed una promessa di rinunzia agli intrighi contro di noi e di rispettarci. In seguito a tale dichiarazione si potrebbe riammettere a Rodi il Metropolita. Posso accettare questa soluzione se r. Governo lo desidera, ma oltre che sarà forse difficile ottenere una dichiarazione pienamente soddisfacente, non sarebbe certo ultima misura il riammettere comunque il metropolita all'esercizio di funzioni così male esercitate.
2) (...) accaduto il Patriarca di Costantinopoli chiederebbe di sostituire Apostolos con altro metropolita i cui precedenti ci diano sicura garanzia di correttezza politica. Soluzione media, accettabile ma non senza inconvenienti.
3) condurre Apostolos là dove egli desideri fuori dal Dodecanneso, e adoperarsi per la formazione in Rodi e Castelrosso di una chiesa autocefala modello di quella di Cipro(...) migliore tra tutte le soluzioni perchè la dipendenza di questa chiesa da Costantinopoli è ormai un'assurdità e l'occasione sembrerebbe propizia per tentare di stabilire un ordine di cose normale. Non prendermisure ulteriori circa metropolita prima di conoscere le idee di V.E. a riguardo(1).
293 1 La Convenzione fra l'Italia e il Brasile per l'emigrazione e il lavoro, finnata a Roma 1'8 ottobre 1921, è edita in Trattati e convenzioni, voi. 27, n. LV.
293 2 Non rinvenuto.
IL CONSOLE REGGENTE A SCUTARI, PERRICONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6016/698-699 RR. Scutari, 10 ottobre 1921, ore 19,25 (perv. ore 14,15 del/'11).
Console jugoslavo Nescic(1)recatosi monsignor Sereggi monsignor Koletzi dicendo avere ordine chiedere in nome del suo Governo sentimenti loro ed altri notabili verso Governo Tirana perché da loro risposta dipende sistemazione confini Albania. Proposto cantone cattolico autonomo. Vescovi risposto sfavorevolmente costituzione cantone e detto loro sentimenti sono solidali Governo Tirana per quanto riguarda rivendicazioni confine 1913. Esiste dissidio di carattere interno circa amministrazione che dovrà essere autonoma e rispetto cattolici che deve essere maggiore, ma cidovrà essere regolato in seguito. Nescic detto che il Governo Tirana peggiore qualsiasi precedente Governo turco per cui invitava a meditare e sarebbe ritornato presto avere risposta definitiva.
Vescovi comunicatomi quanto sopra riservatamente dicendomi che essi aderendo Governo Tirana incontrano maledizione popolazione cattolica specialmente cattolici Adrima ove sentimenti sono di esasperazione contro soprusi violenze mal governo regime musulmano di Tirana. Chiederebbero quindi assicurazione nostro Governo che in avvenire esso sarà in grado di salvaguardare energicamente interessi cattolici ( ... ) Governo Tirana. Non ho mancato di fare notare manovra Juogoslavia discreditare per i loro fini Governo albanese profittando dissidio razze. Tuttavia crederei subordinatamente opportuno comunicare vescovi sotto opportuna forma assicurazioni richieste.
Ho comunicato quanto precede a r. legazione Durazzo(2)e Ministero degli affari esteri.
294 1 Con T. 1644 del 18 ottobre Torretta informava dell'accaduto l'ambasciatore a Costantinopoli, con preghiera di astenersi da qualsiasi comunicazione al patriarcato ecumenico.
295 1 Con T. 6036/701 dell' 11 ottobre Perricone rettificava Nescic in Vukotič.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1611. Roma, 10 ottobre 1921, ore 23.
Questa ambasciata inglese ci informa recentemente della nomina signor Patteson a console britannico Rodi chiedendone riconoscimento provvisorio in attesa exequatur. Signor Patteson essendo stato precedentemente a Bengasi, ho interpellato governatore Cirenaica che mi ha telegrafato seguenti informazioni:
(riprodurre telegramma di coli. n. 5984 fra i segni)(1).
Mi rendo pienamente conto della delicatezza della questione specialmente per il fatto che Patteson è già a Rodi, ma d'altra parte è evidente che situazione attuale nell'isola (propaganda irredentista greca, intrighi turchi etc.) è tale da rendere molto pericolosa azione di un funzionario consolare che non fosse ispirata al massimo tatto o libera da ogni preconcetto. Evitando quindi assolutamente che siano fraintese intenzioni sinceramente amichevoli da cui siamo animati nel fare questo passo, converrà che V.E. trovi il modo picordiale ed opportuno per far presente a codesto Governo come sia del comune interesse -in questo momento specialmente in cui si desidera da ambe le parti una piamichevole intesa in Levante-evitare qualsiasi probabilità di discordi tendenze di funzionari subalterni, mentre i precedenti del Patteson non sembrano dare sicuro affidamento in questo senso.
Su queste basi confido che al tatto di V.E. non riuscirà difficile far comprendere a codesto Governo convenienza esaminare possibilità nomina altra persona che offra migliori garanzie.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, A LONDRA, DE MARTINO, E A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1612. Roma, 11 ottobre 1921, ore 10,50.
(Per Parigi e Costantinopoli) Il r. ambasciatore a Londra telegrafa quando segue: (riprodurre telegramma di coli. n. 5916 fra i segni)(1).
Ho telegrafato a Londra quanto segue:
(Per tutti) Telegramma di V.E. n. 1247.
Concordo pienamente con Lord Curzon che debbasi fare ogni sforzo per evitare che tre alleati facciano in Turchia politica diversa ognuno per conto proprio. In tal senso mi espressi con lui a Parigi ed oggi ne do conferma. Una esatta e leale comprensione dei reciproci diritti ed interessi deve rendere non troppo difficile comune intesa. Sono anche io d'avviso non doversi convocare i greci a conferenza prima che gli Alleati non siano caduti d'accordo.
Penso anche che dopo esaminata situazione Alleati debbono di comune accordo giudicare se sia giunto il momento per imporre ai belligeranti decisioni prese.
Quanto alla missione Tuozzi V.E. potrà assicurare formalmente Lord Curzon che mentre scopo apparente è quello di risolvere i noti incidenti, sostanzialmente essa è stata determinata dal nostro interesse di renderci esatto conto delle disposizioni del Governo di Angora.
Comunicheremo al Governo inglese tutte le informazione che riceveremo. Tuozzi non è stato incaricato di nessun negoziato d'ordine politico ed economico ma nel caso in avvenire sembrasse consigliabile qualche trattativa metteremo Governo inglese al corrente di tutto.
L'E.V. nelle sue conversazioni con Lord Curzon vorrà tener presente che mentre siamo animati dal pivivo desiderio di collaborare con Governo britannico per questioni orientali e che terremo nel debito conto gli interessi greci non potremmo mai prestarci a sacrificare una benché minima parte dei nostri reali interessi per correre con affrettate risoluzioni al salvataggio della Grecia se ad un certo momento costì si volesse tentarlo.
È appena il caso di dire che sono sempre pronto ad esaminare ogni proposta che ci venisse fatta da Lord Curzon.
(Per Parigi) L'E.V. potrà fare analoghe comunicazioni a codesto Governo aggiungendo che ci attendiamo ad uno scambio di notizie anche con la Francia specialmente per quanto riguarda azione di Franklin Bouillon(2).
295 2 Intervenendo nella questione, con T. 6050/2962 dell' 11 ottobre, il ministro a 0UI'87.ZO Castoldi giudicava «dannoso» il nostro disinteressamento e necessaria una promessa di appoggio ai vescovi cattolici nella loro trattativa con Tirana.
296 1 Con T. 5984/1749 Gab. del 9 ottobre il governatore della Cirenaica, De Martino, aveva riferito degli intrighi di Patteson durante la sua pennanenza a Bengasi, ritenendo perciò sconsigliabile la sua presenza a Rodi.
297 1 T. 1247/5916 del 6 ottobre, con il quale De Martino riferiva di un colloquio con Curzon sul conflitto greco-turco e sulla necessità che una eventuale mediazione dei tre Governi alleati fosse preceduta da un accordo sulla politica da seguire.
IL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6069/10086. Rodi, 11 ottobre 1921, ore15,20 (perv. ore 20, 15 del 12).
Telegramma per posta di V.E. n. 229(1). Fin dal mio primo giungere qui esaminai con cura il progetto Maissa di Statuto per Rodi e Castelrosso. Mi pare un lavoro intelligente e coscienzioso e che compendia
il meglio che si poteva trarre dalle costituzioni di Cipro e di Malta e dalla legislazione provinciale e comunale italiana. Per il momento almeno, e tranne forse qualche piccolo particolare, mi sentirei incapace di far di pie meglio. Senonché vorrei fin d'ora pregare V.E. di considerare se sia proprio il caso di accordare così presto uno statuto a Rodi e Castelrosso. L'impegno internazionale assunto col Trattato di Sèvres non fu mai ratificato(2). Ignoro quali siano le intenzioni dall'attuale Governo in argomento. Per conto mio non posso che augurarmi che esso lo voglia, per quella parte almeno che concerne il Dodecanneso, considerare come una delle tante cose che il Parlamento condannnella politica del passato Governo e che la convenzione Bonin-Venizelos(3)non venga presentata al Parlamento per la ratifica, o, se è necessario presentarla, che il Governo attuale chieda alla sua maggioranza di non ratificarla. Questo per la questione internazionale. Quanto all'interno è affermato che qui non vi è né il desiderio né la preparazione per uno statuto propriamente detto. D'altra parte gli specifici impegni assunti in favore della comunità greca coll'art. 2 della succitata convenzione sono tutti in vigore e nessuno pensa a sopprimerli. ciò che secondo me occorre far presto, e di cui mi sto occupando, sono le elezioni municipali di Rodi. Il resto credo può attendere.
Svolgerò meglio di questi ed altrettali concetti in un sintetico programma di governo che sto elaborando e che potrò presentare di persona a V.E. nel prossimo dicembre se V.E. vorrà permettermi allora di venire a Roma.
297 2 In confonnità con queste disposizioni De Martino si espresse con Curzon (T. 6099/1279 del 13 ottobre) e Bonin con Berthelot (T. 6104/597 del 14 ottobre).
298 1 Non rinvenuto.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6040/639. Costantinopoli, 11 ottobre 1921, ore 20,30 (perv. ore 4,35 del 12).
Nomina delegati questa ambasciata per l'Anatolia aveva ragione di essere quando con ratifica Trattato Sèvres e pace si credeva poter dare esecuzione Accordo tripartito.
Con perdurare stato di guerra in Anatolia e con principio a cui s'informa Governo kemalista nostra situazione in detta regione è inferiore a quella di prima guerra essendosi dovuto chiudere scuole e ambulatori. Progetto che si basava su completa sconfitta kemalista e su conseguente nostra maggiore libertà d'azione non senza prevedere perpossibilità nostra obbligazione intervento armato è a mio avviso assolutamente inaccettabile data odierna situazione ( mio rapporto 634 8 corrente)(1). Ritengo che per il momento presenza Tuozzi Rodi o quell'altro che avesse dovuto surrogarlo sarebbe del tutto inutile perché ( ...) consolato A dalia negoziare si aggiunge ora quello di Sokia non ha bisogno di intermediari come ne aveva prima della
guerra. Esperienza di poco meno di un anno ha dimostrato che presenza Rodi di un delegato di quest'ambasciata non ha avuto alcun pratico risultato per forza avvenimenti e non per mancanza di volontà o capacità da parte incaricato. Invio di nostro delegato nostra zona potrà avere luogo solo quando vi sia presunzione che possa essere utile mentre ora è fondato timore vederlo ostacolato paralizzato nella sua azione e anche doverlo richiamare a breve scadenza. Credo dover fare queste osservazioni per evitare al r. Governo disillusioni ed eventuali gravi conseguenze. Avendo conferito con Tuozzi stamane egli ritiene sempre conveniente mantenere ufficio centrale Rodi e istituire delegazione nei luoghi indicati suo progetto. Non credo dover permodificare mia opinione(2).
298 2 Si tratta dell'accordo del 10 agosto 1920 (vedi Trattati e convenzioni, voi. 26, n. XXX). Concluso da Bonin a Sèvres, riproduceva, con alcune varianti, l'accordo Tittoni-Venizelos del 29 luglio 1919. Non avrebbe peravuto applicazione, per il rifiuto del Governo di Angora di riconoscere il Trattato di Sèvres.
298 3 Vedi D. 113, nota 2.
299 1 Riferimento errato, si tratta del T. 5968/634 del 9 ottobre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. POSTA 61982/1120. Roma, 11 ottobre 1921.
Telegramma di V.E. n. 1191(1).
Dichiarazioni Manzi Fè, mi lasciano perplesso circa sua sincerità sembrandomi strano che avendo egli preso cura degli interessi italiani in relazione iniziative inglesi in Albania non ne abbia informato V.E. e regio Governo finora. Quanto al Bernes poi credo superfluo richiamare come egli abbia spiegato in Albania azione contraria nostri interessi non solo economici ma anche politici sobillando perfino albanesi a sollevare questione Saseno contro di noi.
Ad ogni modo prendo atto di quanto sia pure tardivamente ha comunicato a V.E. Manzi Fè e chiarisco mio punto di vista in materia.
Ritengo anzitutto inopportuno anzi dannoso che agenti esteri si aggirino in Albania alimentando avidità albanese a sfruttare concorrenze straniere sia fra privati che tra Governi. Risultato peggiore tocca in conclusione all' Albania la quale mentre concorrenti si intralciano reciprocamente cammino finisce per non aver aiuto da nessuno pel suo sviluppo economico.
D'altra parte non possiamo rimanere indifferenti dinanzi ad iniziative straniere che tentassero accaparrare vaste risorse economiche ed è quindi ovvio che imprese di tal genere non troveranno facilitato il loro compito dal nostro atteggiamento.
Noi persaremo sempre lieti di avere in Albania la collaborazione del capitale straniero, disposti anche ad accogliere, alla sola condizione di poter controllare le imprese miste. Basandoci anche sul recente accordo che riconosce la prominenza dei nostri interessi volgeremo tutti i nostri sforzi ad assicurarci il controllo specialmente su quelle imprese di vasta portata le quali possano ipotecare tali risorse da costituire fonte di influenza politica.
Non possiamo certamente disinteressarci alla questione dei petroli.
Su tale iniziativa presa dalla d' Arey E.C. attendo conoscere proposte di Manzi Fè purché basate su concetti innanzi esposti. V.E. puanche accennargli che capitalisti italiani si interessano molto a tale impresa ed hanno già fatto passi direttamente presso Governo albanese.
La concessione del monopolio dei tabacchi, sebbene approvata dal Governo albanese ed in massima dall'Assemblea, salvo discussione ed eventuali modificazioni articoli, non pudirsi un fatto compiuto. Non sarà certamente agevole esercitare il monopolio dei tabacchi in Albania ove il contrabbando di ogni genere era ed è elevato a sistema. Ad ogni modo l'E.V. potrebbe far presente a Manzi Fè ed eventualmente al Bames che la loro iniziativa in parola, ove riuscisse ad entrare in effettuazione, potrebbe trovare assai conveniente una combinazione con la nostra Società commerciale d'Oriente la quale, come è noto, aveva impiantato il monopolio dei tabacchi nel Montenegro con risultati veramente considerevoli. Detta Società tiene tuttora inoperose le magnifiche installazioni di Podgoritza per la lavorazione dei tabacchi, né sembra che la situazione del Montenegro faccia sperare per ora in un ripristino di tale attività. Potrebbe quindi prendersi in serio esame la possibilità di trapiantare in Albania gli impianti predetti con indiscutibile vantaggio degli intraprenditori.
Su tale base si potrebbe forse realizzare una collaborazione anche in questa impresa ed a questo riguardo gradirò conoscere il pensiero e l'esito dei passi di V.E.
299 2 Per la risposta di Torretta vedi D. 312.
300 1 Del 28 settembre, con il quale De Martino riferiva le spiegazioni di Manzi Fè, consigliere delegato della British ltalian Corporation, circa le iniziative economiche in Albania.
IL CONSIGLIERE A WASHINGTON, SABETTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 501 GAB. RIS. Washington, s.d. (perv. il 12 ottobre 1921).
Mio telegramma n. 397(1).
Indubbiamente probabilità conflitto nipponico americano lumeggiato articolo del Daily Express commentato da stampa italiana secondo telegramma ufficio stampa 8 corrente esistono. Tale mia convinzione attinta da osservazioni, dati, notizie autorevole fonte, espresse Rolandi Ricci, riconfermata oggi. Prossima conferenza disarmo sotto questo aspetto sarà onesto tentativo degli Stati Uniti rinviare ahneno l'avverarsi( ... ) simile probabilità e servire paese se non altro mettere prova sincero intento lealtà alleati verso Stati Uniti. Pertanto sarà bene politica italiana abbia chiara precisa visione suoi interessi presenti e obbiettivamente futuri tracciandone via diritta suoi delegati alla suddetta conferenza. L'Italia ha vitale interesse che conflitto nipponico americano non avvenga perché come provesperienza recente guerra unico sicuro risultato sarebbe indebolimento entrambi i belligeranti, solo vantaggio rafforzamento egemonia mondiale britannica con relativo disquilibrio Mediterraneo in nostro danno dove Italia(...) quindi adoperarsi lealmente tentare efficace azione mediatrice in simile eventualità onde dirimere avverarsi del suddetto conflitto. Scevra da ogni tinta imperialistica con mani nette ( ... ) possedimenti territoriali Estremo Oriente, Italia presentasi vindice passato, libera unica occasione fare
prevalere suo senso giustizia nella soluzione gravissimi problemi Estremo Oriente ove sostenendo principio della porta aperta revisione mandati salve integrità territoriali Cina e trovandosi suo fianco America potrà conciliarvi Giappone conquistare presto prestigio altissimo presso(...) e aprendo possibilità marinara e commerciale ivi troppo trascurate finora. Simile atteggiamento dovrà naturalmente contrastare con la vecchia, accorta, lungimirante politica inglese verso cui corrente dell'opinione pubblica americana per ragioni evidenti è speciahnente in questo momento non certamente favorevole. Ciperè necessario paese(...) forse ispira anche Francia( ...) determinando nuovo orientamento politica mondiale e dando sistemazione nuove forze. Occorrerà inoltre ben tener dietro delegati alla Conferenza e sopra loro decisioni prospett ( ...) grandi ombre Germania e Russia assenti, ma tutt'altro( ...) tenendo presente che se missione Germania( ...) orbiterà difesa Europa tributaria slavismo, missione Russia possa gravitare domani sua protezione verso Estremo Oriente. Preparare quindi frasi da ora e terreno propizio codesta possibilità equilibrio ineluttabile avvenire e rendere grande servigio Italia e civiltà latina.
Prego comunicare ambasciatore Rolandi Ricci.
301 1 Dell'8 agosto, non pubblicato.
IL PRESIDENTE DELLO STATO LIBERO DI FIUME, ZANELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6073. Fiume, 13 ottobre 1921, ore 2,20 (perv. ore 6,30).
Ho l'onore di informare l'E.V. che l'Assemblea Costituente fiumana nella sua seduta del 5 corr. mi ha conferito i poteri di capo del Governo e di presidente provvisorio dello Stato di Fiume. Il primo Gabinetto fiumano del quale io assumo la Presidenza ed il portafoglio degli Affari esteri si presentieri all' Assemblea la quale mi ha accordato la sua fiducia. Memore e grato del vivo e sincero interessamento che I 'E.V. ha sempre voluto dimostrare per la sorte e gli interessi di Fiume, pregola compiacersi gradire i sensi della profonda riconoscenza dal popolo fiumano e di questo Governo ed accogliere la preghiera di voler conservare allo Stato di Fiume nonché a questo suo primo Governo la di lei preziosa benevolenza e ambito patriottico efficace appoggio.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6103/1281. Londra, 13 ottobre 1921,ore 9,50 (perv. ore 5 del 14).
Mio telegramma n. 1269 dell' 11 corrente(1).
In colloqui personali con Churchill ministro delle colonie gli ho esposto la gravità delle voci correnti in Turchia e in Cirenaica secondo le quali il Governo inglese
incoraggerebbe l'ex senusso Ahmed Sherif. Il ministro mi rispose che queste voci gli riuscivano del tutto nuove; gli sembrava che la loro tendenziosità fosse evidente; mi assicurche mai aveva dato istruzioni nel senso indicato; aggiunse che avrebbe fatto indagini per scoprirvi le origini; aggiunse che avrebbe interrogato le autorità locali e che avrebbe provveduto a formare una eventuale azione qualora le voci suddette avessero fondamento. Inoltre ordinerà indagini per scoprire dove si trova l'ex senusso. Nel pregare codesto Ministero di comunicare al Ministero delle colonie il presente telegramma ed il citato n. 1269 prego considerare l'opportunità di ordinare indagini sia a Bengasi e sia in Turchia per accertare origini della voce sparsa a proposito dell'ex senusso.
303 1 In realtà del 12 ottobre, con il quale De Martino aveva già riferito di incontri con funzionari del Foreign Office e del Colonial Office sui rapporti con l'ex senusso. Anche costoro avevano dichiarato «nulla risultare».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1760 PREC. ASS. Venezia, 13 ottobre 1921, ore 13,35.
Informo V.E. con preghiera di darne comunicazione Conferenza ambasciatori che oggi è stato fumato protocollo che regola questione Burgenland(1). Austriaci ed ungheresi si mostrano assai soddisfatti e grati Governo italiano per riuscita mediazione.
Accordo è stato raggiunto conformemente deliberato Conferenza ambasciatori e scambio di idee avvenuto in proposito fra i Gabinetti di Roma Parigi e Londra. Invierò al più presto copia protocollo per la necessaria approvazione della Conferenza ambasciatori.
IL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6088/376. Atene, 13 ottobre 19 21, ore 21 (perv. ore 1 del 14).
Mio telegramma n. 374(1). Questo ministro degli affari esteri mi ha fatto ieri confermare dal suo collega della guerra che ha impartito istruzioni al Comando greco di astenersi dal varcare la linea
di demarcazione. Allo stesso tempo per tranquillizzare i militari che temono qualche improvviso attacco in forze dei turchi contro Smirne dal lato della nostra zona, Governo greco chiede assicurazione che da parte nostra si avvertiranno tempestivamente i Comandi delle truppe elleniche Asia Minore se kemalisti operassero concentramenti a sud del Meandro per premunirsi. A quanto pare a codesto ministro Grecia sono stati impartiti ordini di fare costà passo a tal fine. Prego V.E. pormi comunque in grado rispondere al Governo ellenico(2).
304 1 La conferenza, tenuta a Venezia I' 11 e 12 ottobre dai plenipotenziari dei Governi di Vienna e di Budapest, con la mediazione del ministro Torretta, si era conclusa, appunto il 13 ottobre, con la firma di un protocollper il regolamento delle questioni relative ai Comitati occidentali e la previsione di un plebiscito per Sopron.
305 1 Dell' 11 ottobre da Atene, non pubblicato.
IL MINISTRO DEL TESORO, DE NAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, SALVAGO RAGGI, E AL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERALLEATA A SOFIA, CORSI
NOTA 167361. Roma, 14 ottobre 1921(1).
Con mio foglio dell'8 settembre u.s. n. 166219(2), chiesi a codesta on. delegazione italiana di Parigi e al Ministero degli affari esteri se corrispondesse a notizia positiva il fatto che erasi consentito alla Bulgaria di rinviare di un anno il pagamento delle riparazioni, ed aggiunsi che fra i miei atti nulla mi constava al riguardo.
Ora mi perviene il foglio al quale rispondo(3); da esso rilevo che il proposto rinvio fu provocato da una deliberazione unanime della Commissione interalleata di Sofia, e che tale deliberato è stato anche sancito dalla Commissione delle riparazioni di Parigi.
Mi trovo quindi di fronte ad un fatto compiuto, mentre ho replicatamente espresso il mio avviso che non sia il caso di agevolare gli Stati vinti con proroghe, che possono essere abilmente sfruttate dal capitale degli altri Stati alleati in nuove imprese e che nessuno beneficio arrecano a noi, in quanto che le banche italiane nell'attuale momento non si trovano in condizione di gareggiare con quelle francesi, inglesi e belga.
Fo viva preghiera a che il nostro rappresentante nella Commissione interalleata di Sofia si tenga in maggiore contatto col Tesoro, a fine di conseguire in una azione comune la maggiore possibile tutela dei nostri interessi.
Gradirun sollecito cenno di assicurazione.
305 2 Con T. 1628 del I 6 ottobre per Sokia, Atene e Costantinopoli, Valvassori Peroni assicurava essere state impartite disposizioni per infonnare il comando greco di Smirne di eventuali notizie circa concentramenti di truppe turche a sud del Meandro.
306 1 Pervenuto a Roma il I 8 ottobre.
306 2 Non rinvenuto.
306 3 Si tratta della Nota 8269 del 21 settembre di Salvago Raggi al ministro del tesoro e, per conoscenza, al ministro degli esteri.
IL MINISTRO A VARSAVIA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6138/484. Varsavia, 15 ottobre 1921, ore 15,45 (perv. ore 0,55 del 16).
Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che secondo quanto gli risulta decisione Consiglio Lega delle Nazione per Alta Slesia se non realizza tutte le speranze che Polonia aveva potuto concepire in passato, rappresenta il meglio che potesse attendersi ora. Egli ha ricordato anche che tale decisione si basa sui principi enunciati da Sforza e cioè divisione bacino industriale e delimitazione fatta in modo da dare tanto alla Polonia quanto alla Germania una popolazione di votanti corrispondente al numero di voti ottenuti nel plebiscito.
Malgrado una certa riserva esteriore non vi è dubbio che la soluzione ha provocato qua generale soddisfazione.
L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6152/615. Vienna, 15 ottobre 1921, ore 21 (perv. ore 14 del 16).
Cancelliere tornato ieri mattina ha fatto subito alla Commissione parlamentare per gli esteri una lunga esposizione del Convegno di Venezia. La riassumo col telegramma in chiaro n. 4070(1). Notevole in esso il punto nel quale egli avrebbe detto che Torretta affermcon tutta l'importanza della sua posizione e forte dell'accordo con le altre due potenze dell'Intesa la necessità di un compromesso sulle basi da lui proposte sotto la considerazione della connessione di tale questione con il problema finanziario dell'Austria, aggiungendo che il rifiuto di accettare tali basi di trattative sarebbe atto ad offendere l'Intesa. Questa circostanza è naturalmente rilevata dalla stampa tutta e commentata in modo a noi poco simpatico. Cancelliere che mi appariva solo mediocremente soddisfatto del Convegno di Venezia mi ha assicurato che conforme promessa fatta a V.E. avrebbe usato ogni sua influenza perché la Commissione parlamentare accettasse le decisioni di Venezia; discussione che aveva seguito alla sua esposizione era stata lunga e conclusiva: deputati avevano chiesto una piccola proroga per prendere contatto con i partiti e si sperava di avere lunedì una decisione per la quale egli aveva buone speranze. Ritelegraferò
Comunicato anche a Budapest.
308 1 Non rinvenuto.
L' AMBASCIATATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. PER CORRIERE 1288 RIS. Londra, 15 ottobre 1921 (perv. il 25).
Ho avuto un interessante colloquio col sig. Winston Churchill, ministro delle colonie, il quale, come è noto, è una delle principali personalità dell'attuale Gabinetto e volentieri si occupa di politica estera.
A proposito delle relazioni fra Italia e Inghilterra, ricordai al sig. Churchill che al mio arrivo in questa capitale, nello scorso gennaio avevo trovato un profondo e deplorevole mutamento in confronto del tempo precedente alla guerra. Allora era un principio accettato da tutti che nelle questioni mediterranee Italia e Inghilterra procedessero di pieno accordo; rammentai che era assioma a Londra essere interesse britannico un'Italia forte nel Mediterraneo; l'amicizia inglese si manifestconcretamente in occasione dell'accordo di Adalia(1); ma nel 1918 e durante la Conferenza di Parigi avvenne una radicale mutazione nella politica britannica, la quale credette poter sostituire la Grecia all'Italia. A questa situazione, che io ritengo nociva agli stessi interessi britannici, mi sono sforzato portare rimedio sino dal mio arrivo a Londra, e mi auguravo avere l'efficace collaborazione delle stesso Churchill. Questi mi rispose subito che non tutti i ministri sono d'accordo nella politica grecofila sin qui seguita; molti, fra cui i militari del War Office e l'India Office ne vedono i pericoli per gli interessi britannici in India e fra i musulmani. E Mr. Winston Churchill, senza nominare se stesso, mi fece intendere che tale era anche il suo parere. Aggiunse che questa tendenza, non trascurabile, avrebbe a suo modo di vedere, facilitato un'intesa italo-britannica pel Mediterraneo dopo superata l'attuale situazione del conflitto turco-greco.
Menzionai allora al sig. Churchill le preoccupazioni di alcuni ( e intendevo alludere a lui stesso) che temono possa un'intesa italo-inglese compromettere le relazioni anglo-francesi e gli dimostrai la infondatezza di tale timore perché V.E. mi aveva a suo tempo chiaramente manifestato che un eventuale ritorno alla collaborazione dell'ante-guerra doveva assolutamente essere priva di qualunque carattere meno che amichevole per la Francia. Inoltre, dissi, si doveva tener presente che il punto centrale della politica italiana e di quella britannica, è comune: cioè il mantenimento della pace e la ricostruzione economica generale dell'Europa; quando i nostri due paesi procedessero d'accordo nell'esecuzione di tale direttiva sarà assicurata o per lo meno facilitata anche l'adesione della Francia.
Queste considerazioni interessarono specialmente il sig. Churchill che si disse d'accordo con me. Egli mi ricordle disposizioni del sig. Lloyd George nettamente favorevoli ad un'intesa anglo-italiana, affermche vedeva un interesse comune nel propugnare un riavvicinamento ed una collaborazione efficace dei due paesi; ricordl'opera da lui stesso spiegata a favore dell'Italia come ministro delle munizioni durante
la guerra; ricordla sua attitudine per l'Italia anche prima della guerra ed una sua intervista al giornale La Tribuna. Quindi il sig. Churchill ( che è di tendenze, direi, saltuariamente francofile) mi chiese notizie circa le recenti dimostrazioni anti-francesi di Venezia e Milano (mio telegramma per corriere 1221 del 2 corr.)(2). Spiegai al ministro che i fatti erano stati grandemente esagerati e ne presi lo spunto per dimostrargli a qual punto il popolo italiano sia sensibile per tutto quanto concerne l'Adriatico, visto che lepredette manifestazioni erano conseguenza della politica ostile di Clemenceau nella questione adriatica. Tanto piùseguitai, è deplorevole l'errore commesso dal Foreign Office (naturalmente soggiunsi che Lord Curzon non c'entrava) di lasciare che la questione albanese, che è questione adriatica, prendesse l'aspetto pubblico di una controversia fra Italia e Gran Bretagna. Mr. Winston Churchill ebbe all'indirizzo dei funzionari del Foreign Office un gesto al quanto significativo. Per siccome la mentalità del brillante ministro delle colonie è soprattutto di intonazione polemica, egli mi osservdi rimando che l'azione da me spiegata in questi mesi, che egli approvava e intendeva appoggiare, era stata singolarmente «handicapped» da alcuni atti del Governo di Roma e menzionl'accordo con Angora(3)e l'accordo con l'Afganistan(4). E come ministro delle colonie ebbe alcuni accenni alla seria impressione che produsse l'accordo con l 'Afganistan, che è il punto sensibile e vulnerabile dell'India ecc. ecc.; circa l'uno e l'altro argomento ebbi cura di ripetere le considerazioni rassicuranti ben note a V.E.
Quindi discorremmo della questione di Ahmet Scerif di cui ho riferito con altro mio telegramma(5).
È degna di nota la spontanea menzione fatta da Mr. W. Churchill delle disposizioni di Mr. Lloyd George favorevoli ad un'intesa anglo-italiana. Ciproverebbe che il primo ministro ne ha fatto oggetto di comunicazione ai suoi colleghi.
309 1 Dovrebbe trattarsi dell'accordo per Adalia concluso con una società inglese il 19 maggio 1914.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1638. Roma, 18 ottobre 1921, ore 2.
Suo rapporto n. 809(1).
Da un primo sommario esame nuovo progetto per concessioni sembrami rispondente nostri fini e tale da poter formare base eventuali trattative. Suppongo Tuozzi ne abbia avuto conoscenza al suo passaggio per costì in modo da poter essere in grado di condurre eventuali trattative. Confermo permio telegramma 1612(2) nel senso che conviene attendere Tuozzi riferisca prima circa situazione Angora e reali disposizioni quel Governo dal quale sarebbe meglio provocare possibilmente aperture piuttosto che iniziarle noi.
Confermo pure che è mia intenzione mettere al momento opportuno al corrente Governi alleati per evitare che essi formulino ingiustificati sospetti e cerchino di trarne pretesto per menomare eventualmente portata accordo tripartito che nei rapporti Francia e Inghilterra deve invece restare assolutamente integro.
309 2 Non rinvenuto.
309 3 Il riferimento sembra all' accordo Sforza-Bekìr del 12 marzo 1921, peraltro non ratificato da Angora. Vedi D. 211, nota 2.
309 4 Si tratta dell'accordo commerciale con l'Afghanistan, anch'esso del ministro Sforza, del 3 giugno 1921 (edito in Trattati e corwenzioni, voi. 27, n. XXIII, XXIV).
309 5 Vedi D. 303.
310 1 Non rinvenuto.
310 2 Vedi D. 297.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6191/648. Costantinopoli, 18 ottobre 1921, ore 20,20 (perv. ore 24).
Sono informato del telegramma di V.E. a questo consolato(1)col quale si sospende apertura scuole classiche già autorizzata; provvedimento ha fatto pessima impressione nella nostra colonia la quale si trova così costretta dallo stesso Governo a mandare i suoi figli alle scuole francesi non potendo far alcun assegnamento per la parte classica sulla nostra scuola ormai ridotta soli corsi elementari. Invece istituti francesi intensificano loro azione per aumentare numero allievi già grandissimo e Governo francese ha aumentato quest'anno a scopo di maggior propaganda assegno già largo alle corporazioni. Essere pochi allievi per il corso classico non dovrebbe aver nessuna conseguenza essendo nostro interesse aprire ad ogni modo anche se per ora non vi fossero allievi perché quello che importa è che italiani e non italiani qui residenti sappiano di poter contare ora e poi sui nostri istituti per l'istruzione dei loro figli.
Tanto meglio se poi potremo contare su insegnamento impartito da corporazioni religiose e con annessi collegi come ha saputo organizzare Francia anche quando soppresse corporazioni. Coll'attuale sistema non avremo credito presso nostri connazionali che continueranno a mandare loro figli scuole estere sapendole stabili e complete. Colonia osserva evidente contrasto commemorazione Dante Alighieri e soppressione al tempo stesso dell'insegnamento classico. Anche da scuole elementari diserteranno perché troppo naturale preferire istituti aventi anche scuole secondarie classiche. Credo necessario fare queste osservazioni e insistere per apertura immediata tutte classi ginnasiali e liceo per rialzare sorti nostro insegnamento a Costantinopoli.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T.1640. Roma, 18 ottobre 1921, ore 22.
Suo telegramma 639(1). Convengo in massima nelle considerazioni di V.E. circa scarsa efficacia che potrebbe avere in questo momento istituzione rete uffici civili in Anatolia e difficoltà che potremmo
incontrare nel caso di nuovi e importanti successi kemalisti. Occorre perda un lato considerare funzione di osservatorio politico ed economico che Rodi ha e dovrebbe sempre più avere nei riguardi nostra zona e dall'altro opportunità evitare azioni isolate consolato Adalia e comando Sokia le cui comunicazioni fra di loro e con codesta ambasciata sono ora difficili. Conviene pure non trascurare completamente resto zona ma aver sempre modo a un qualunque opportuno momento potervi far sentire nostra presenza. Percisenza addivenire all'istituzione di Uffici civili sembrami doversi esaminare opportunità avere a Rodi qualche persona che mantenendosi in contatto con quel Governo e in dipendenza da codesta ambasciata possa servire come centro d'informazioni e fare frequenti viaggi nella zona per rendersi conto esatto delle cose sui luoghi e segnalare o provvedere ad eventuali inconvenienti, ed infine indicarci qualche possibilità di azione politica ed economica locale. Così impostata e limitata funzione della persona che si invierebbe a Rodi, ritengo essa non presenterebbe inconvenienti prospettati giustamente da V.E. e potrebbe invece rendere utili se non immediati servizi.
Prego telegrafarmi suo autorevole parere(2).
311 1 Non rinvenuto.
312 1 Vedi D. 299.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6203/243. Praga, 19 ottobre 1921, ore 13 (perv. ore 18,35).
Conversando con Benès sull'antipatica ed ostile ripercussione che accordo a Ve
nezia ha avuto nella stampa cecoslovacca egli ha riconosciuto che se nessun malinteso esiste tra i due Governi un malinteso sussiste nell'opinione pubblica che è difficile sradicare subito soprattutto perché alimentato da commenti stampa non soltanto viennese ma anche francese ed inglese. Confermandomi suo punto di vista assolutamente conforme a quello di V.E. ed ammettendo che egli avrebbe agito sulle stesse basi pur seguendo forse diversa procedura mi ha detto francamente che malumore esistente qui e piancora in Jugoslavia dipende secondo lui dalla mancanza di contatti tra la Grecia e la Piccola Intesa nelle trattative che hanno preceduto l'accordo e che per dissipare tutte le accuse preconcette che si fanno all'accordo stesso basterebbe a suo avviso che Conferenza ambasciatori nell'occuparsi per approvarlo dell'accordo di Venezia , si ricordasse in qualche modo che anche Piccola Intesa è interessata a tutto ciò che riguarda Ungheria e applicazione Trattato di Trianon. Se Ciò nonavvenisse egli crede che sarebbe un grande sbaglio che potrebbe avere in seguito spiacevoli conseguenze.
Per conto suo Benès esclude qualsiasi complicazione ma non altrettanto sicuro mi è sembrato circa intenzioni Jugoslavia e Romania che dice ignorare. Ha aggiunto malumori Piccola Intesa cesserebbero pure se nell'applicazione pratica dell'accordo Austria agisse da Stato sovrano verso altro Stato sovrano facendo cioè decidere plebiscito e retrocessione dal Parlamento giacché impressione che Austria sia stata vittima pressioni Intesa è molto
diffusa. Accennandomi alla intervista di V.E. al Giornale d'Italia mi ha detto che alcune parti di essa avevano prodotto una certa agitazione in questi circoli politici e giornalistici che egli si è adoperato calmare. Ha aggiunto a questo proposito che egli è stato sempre e continua essere sostenitore della tesi che nella politica Europa centrale Piccola Intesa ... (manca) in perfetto accordo con Italia. Benès mi ha fatto leggere telegramma di V.E.(1) che ha mostrato apprezzare. Ho l'impressione che Benès senza attribuire eccessiva importanza all'attuale levata di scudi contro accordo di Venezia non è tuttavia esente di preoccupazioni per sorpresa che potesse sorgere da altri membri Piccola Intesa soprattutto Jugoslavia.
Fra qualche giorno egli dovrà riferire ampiamente sulla questione dinanzi Commissione parlamentare affari esteri e mi ha fatto capire che sarebbe ben lieto di poter avere qualche nuovo argomento per calmare animi e dissipare del tutto malintesi.
312 2 Vedi D. 325.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN,
AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6242/981. Parigi, 20 ottobre 1921, ore 14,35 (perv. ore 18,30).
Mio telegramma 610(1).
Ecco il testo dei documenti:
1) Decisione. L'Impero britannico, la Francia, l'Italia ed il Giappone, firmatari con gli Stati Uniti d'America come principali potenze alleate ed associate del trattato di pace di Versaglia, considerando che ai termini dell'articolo 88 ultimo alinea del trattato di pace di Versaglia spetta a loro di fissare nella parte dell'Alta Slesia sottoposta al plebiscito la linea di frontiera fra la Germania e la Polonia, in forza del detto plebiscito, considerando che il 20 marzo 1921 si è proceduto alla votazione nelle condizioni previste dall'allegato del detto articolo, considerando che in vista dei risultati della votazione determinata dai comuni, come della situazione geografica ed economica della località la cui cessione di territorio si tratta, nascono alcune questioni che è necessario regolare dopo aver sentito il parere del Consiglio della Lega delle Nazioni che decide:
1) la frontiera tra la Germania e la Polonia nella parte dell'Alta Slesia descritta dall'articolo 88 del trattato di pace di Versaglia è definita come segue: (descrizione geografica), la Commissione di delimitazione prevista dall'articolo 87 del Trattato di Versaglia traccerà la frontiera sul posto, essa inizierà immediatamente i suoi lavori;
2) i Governi tedesco e polacco concluderanno nel pibreve termine possibile e in applicazione dell'articolo 92 ultimo alinea del trattato di pace una convenzione allo scopo di consacrare le disposizioni seguenti: (regime economico delle minoranze del territorio diviso), allo scopo di vigilare l'esecuzione di queste misure saranno istituiti: a) una commissione mista dell'Alta Slesia composta di due tedeschi e di due polacchi originari dell'Alta Slesia e del presidente di un'altra nazionalità, designato dal Consiglio della Società delle
Nazioni; b) un tribunale arbitrale incaricato di statuire su tutte le divergenze d'ordine privato che potrà sollevare l'applicazione della convenzione prevista; questo tribunale sarà composto di un arbitro designato dal Governo tedesco e di un arbitro designato dal Governo polacco; il Consiglio della Lega delle Nazioni sarà pregato di designare il presidente di questo tribunale, tutte le divergenze relative all'esecuzione e all'interpretazione della convenzione dovranno essere regolate conformemente alle stipulazioni di questa convenzione;
3) il regime convenzionale previsto dall'articolo 2 come sopra sarà negoziato da un plenipotenziario tedesco e da un plenitenziario polacco sotto la presidenza di una persona designata dal Consiglio della Lega delle Nazioni e che separerà le parti contendenti in caso di disaccordo fra di esse. I Governi tedesco e polacco sono invitati a far conoscere alle principali potenze alleate nel termine di otto giorni a datare dalla presente decisione i nomi dei plenipotenziari che ciascuno dei due designa per negoziare nelle condizioni indicate nell'alinea precedente la convenzione relativa alle questioni economiche e alla protezione delle minoranze che dovrà essere stabilità sulle basi fissate dell'articolo 2. Una volta che i plenipotenziari saranno stati designati, spetterà al presidente convocarli nel luogo ove egli crederà conveniente;
4) tosto che le potenze alleate giudicheranno che la Commissione di delimitazione avrà compiuto sul terreno un tracciato abbastanza preciso della frontiera descritta dall'art. l e che le negoziazioni previste dall'art. 3 avranno condotto all'adozione di un regime convenzionale conforme all'articolo 2 la Commissione del plebiscito farà ai Governi tedesco e polacco la notificazione prevista dall'alinea 1 e 2 del paragrafo 6 dell'allegato all'art. 88;
5) i Governi tedesco e polacco sono invitati a designare negli otto giorni loro delegati alla Commissione mista prevista dall'art. 2 paragrafo 1. La Commissione mista sarà immediatamente costituita per prestare suo concorso alla Commissione interalleata in vista dell'adozione di misure destinate a preparare il passaggio dello stato attuale al regime transitorio. La presente decisione sarà ufficialmente comunicata alla Commissione del plebiscito e ai Governi tedesco e polacco.
2) Lettera d'invio. Ho l'onore di comunicarvi qui unito testo della decisione presa in data 20 ottobre dalla Conferenza degli ambasciatori agente in nome e per mandato speciale dell'Impero britannico, della Francia, dell'Italia e del Giappone firmatari con gli Stati Uniti d'America come principali potenze alleate ed associate del trattato di pace di Versaglia. Le dette potenze hanno, in applicazione del trattato di pace, cercato una so1uzione conforme ai voti delle popolazioni così come essi sono stati espressi dai comuni nel plebiscito e, tenendo conto della situazione geografica ed econona delle località, esse sono state indotte, dopo aver sentito il parere del Consiglio della Società delle Nazioni, a dividere la regione industriale dell'Alta Slesia in ragione della distribuzione geografica delle popolazioni e della mescolanza degli elementi etnici. Ogni divisione di questa regione doveva avere per necessaria conseguenza l'obbligo di lasciare da due parti della linea della frontiera delle minoranze molto considerevoli e di disgiungere interessi importanti. In queste condizioni la decisione presa comporta delle misure destinate a garantire nell'interesse comune la continuità della via economica nell'Alta Slesia così come la protezione delle minoranze. I Governi tedesco e polacco debbono d'altronde rendersi perfettamente conto che le potenze alleate considerano che loro decisione costituisce un tutto organico di cui esse sono fermamente risolute a far osservare le differenti parti nel caso in cui i Governi interessati o uno solo fra di essi si rifiutassero per una ragione qualunque ad accettare tutta o parte della decisione o proveranno con la loro attitudine che essi si sforzano di creare ostacoli alla sua leale esecuzione. I Governi alleati considerano nell'interesse della pace generale la necessità di veder stabilito nel pibreve tennine possibile il regime previsto e si riservano di prendere quelle misure che esse giudicheranno opportune per assicurare il pieno effetto della loro decisione.
313 1 Non rinvenuto.
314 1 Del 19 ottobre, con il quale Bonin aveva dato notizia delle deliberazioni della Conferenza degli ambasciatori sull'Alta Slesia e preavvisato l'invio dei testi.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6259/3111. Durazzo, 20 ottobre 1921, ore 19 (perv. ore 11,40 del 21).
Pandeli Evangheli assieme ministri presenti Tirana intervenne ieri seduta Parlamento e pronunciato discorso programma. Discorso fu molto generico limitandosi promettere organizzazione generale interna ed incremento lavori pubblici ( ...) con partecipazione stranieri e miglioramento ( ... ) amministrazione. Solo accenno politica estera fu di voler relazioni ufficiali coi vari Stati e buoni rapporti con vicini. Rinnovassicurazione Governo salvaguardare indipendenza e integrità Stato. Parlamento votfiducia unanimità.
Erano presenti 41 deputati. Non intervennero alla seduta i 3 gruppi( ...) (Elbasan) Vrioni (Berat) e Toptani. Presidente mi telegrafsubito assicurando «metterà ogni cura consolidare vieppirelazioni amichevoli già esistenti fra due paesi e cercherà guadagnare all' Albania alta benevolenza Italia». Invio per corriere testo. Oggi mi confennava verbalmente che sua presenza presiedere Governo era miglior pegno per essere d'accordo con Italia. Gabinetto non puancora considerarsi definitivamente fonnato perché ministro guerra e quello istruzione non hanno finora accettato incarico. Presidente mi ha detto sperava entro oggi avere risposta affennativa. Per situazione Parlamento mi riferisco odierno n. 3110(1).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL SEGRETARIO A BELGRADO, SUMMONTE
T. 1661. Roma, 20 ottobre 1921, ore 24.
Comunico seguente telegramma del r. console Spalato:
(riprodurre telegramma n. 6228/1444 da Spalato)(1).
Vossignoria nel segnalare a codesto Governo palese contraddizione tra assicurazioni ripetutamente date a codesta legazione ed il linguaggio Governo provinciale Dalmazia vorrà fare osservare come tali divergenze di atteggiamento non siano certo
rispondenti all'auspicata collaborazione dei due Governi per la pacificazione degli animi in Dalmazia, mentre nella speciale materia scolastica il r. Governo non puastenersi dal deplorare la profonda differenza fra la liberalità che impera nelle nostre nuove provincie e la rigidità delÌ'atteggiamento dell'autorità jugoslava in Dalmazia.
Attendo ragguagli telegrafici al riguardo(2).
315 1 Non rinvenuto.
316 1 Del 19 ottobre, con il quale Umiltà faceva presenti le difficoltà delle scuole italiane e la scarsa disponibilità delle autorità locali, e pregava di infonnare della questione la legazione a Belgrado.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A PARIGI, D'AMELIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6263/9373. Parigi, 21 ottobre 1921, ore 13,50 (perv. ore 17,50).
Prego di prendere visione e comunicare a S.E. De Nava Salvago Raggi:
In seguito ultima sessione lavori Comitato garanzia a Berlino e constatata impossibilità conversione in divisa estera prodotti imposte offerti in garanzia sono stati chiesti alla Germania consegna proventi doganali e prelevamento effettivo 26% sulle esportazioni. Governo germanico ha aderito tale richiesta e sono in corso procedimenti per tale consegna. Inoltre cancelliere Wirth ha comunicato ufficialmente che è riservato pagamento operazioni ammontare divisa estera che si conseguirà mediante negoziazioni in corso con industriali agricoltori tedeschi.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1662. Roma, 21 ottobre 1921, ore 23.
Sono informato in via indiretta che in base al noto accordo Sforza del 3 giugno scorso(1)( comunicato a V.E. per informazione a codesto Governo) una missione diplomatica afgana è in viaggio per stabilirsi Roma dove arriverebbe prossima settimana accompagnata da 50 giovani destinati scuole italiane. Come V.E. fu autorizzata comunicare a codesto Governo invio nostra missione Cabul venne aggiornato sine die. Ora notizia invio missione da parte Afganistan ci giunge improvvisa ed inaspettata. Prego informarne immediatamente codesto Governo facendo considerare che malgrado ogni nostra volontà fargli cosa gradita evitando in questo momento stabilire relazioni diplomatiche con Afganistan, ci troveremmo in serio imbarazzo se mai respingessimo senzaltro missione. Abbiamo infatti sospeso per nostra parte esecuzione accordo aggiornando invio nostra
missione tanto commerciale che diplomatica ma non possiamo pretendere di imporre agli afgani la stessa rinizia senza mancare all'impegno internazionale firmato dal mio predecessore. Aggiungo che le ripercussioni della mancata esecuzione del nostro impegno potrebbero essere per noi molto dannose anche relativamente al nostro commercio. Accettando invece almeno in un primo tempo permanenza missione Roma, potremmo prendere impegno con codesto Governo di sorvegliarne direttamente attività e contenerla possibilmente nei dovuti limiti, ciò che potrebbe tornare di vantaggio anche al Governo inglese come fonte di utili informazioni. Lascio a V.E. far comprendere tutta la delicateu.a della situazione in cui ci troviamo e opportunità che Governo inglese ci faciliti la soluzione prospettata tenendo conto della assoluta lealtà dei nostri propositi.
Gradirò urgente risposta(2).
316 2 Con T. 6478/579 del 27 ottobre Summonte informava poi che le istruzioni del Governo iugoslavo alle autorità provinciali per l'apertura delle scuole italiane erano state categoriche. Ma aggiungeva: «In quanto ai dettagli sarebbe opportuno regolare direttamente dar. console Spalato d'accordo con il governatore della Dalmazia».
318 1 Si tratta dell'accordo italo-afghano del 3 giugno 1921 (vedi D. 309, nota 4).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL SEGRETARIO A BUDAPEST, VINCI
T. 1666. Roma, 22 ottobre 1921, ore 2,45.
Suoi telegrammi 598 e 599(1).
Approvo suo linguaggio con codesto ministro per gli affari esteri ma pregola continuare adoperarsi con ogni impegno affinché Governo ungherese efficacemente disponga nel suo stesso interesse per sollecita effettiva esecuzione accordi Venezia. Ella potrà dichiarare che da mia parte mi adopero attivamente al medesimo scopo presso Governo Vienna.
Autorizzazione data da Commissione parlamentare austriaca a cancelliere è concepita bensì in forma volutamente ambigua per evidenti motivi di ordine interno ma costituisce in sostanza approvazione accordi Venezia.
Sarà quindi opportuno che V.S. rassicuri codesto Governo su tale punto riferendosi altresì a quanto telegrafa da Vienna Biancheri nella prima parte suo telegramma 630(2).
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6278/617. Parigi, 22 ottobre 1921, ore 14,30 (perv. ore 18).
Ho veduto stamane Briand il quale senza attendere che io l'interrogassi in proposito mi riassunse la conversazione da lui avuta con i ministri greci. Questi gli
accennarono i motivi soprattutto di politica interna che conducono il Governo greco a consolidare la sua occupazione in Anatolia. Si avvicina l'inverno sarebbe ottima cosa liberare due classi e Perciò Governo greco pensa di procedere all'(...) civile delle regioni occupate. Briand rispose che si aspettava da loro diverso linguaggio, che ordinamento civile sembrerebbe preludere alla annessione che non sarebbe consentita dagli Alleati. Gunaris replicche Governo greco dichiarerebbe in pari tempo che non intendeva pregiudicare quella questione ma Briand si ricusdi seguirlo su quel terreno. In secondo luogo Gunaris chiese che Francia consentisse all'esercizio da parte Grecia dei diritti di visita ed ebbe anche su questo risposta negativa. Briand gli rappresentinvece errore commesso da Grecia quando ricusa Londra mediazione offertagli affermandosi sicura della vittoria che poi non è venuta. Egli esortministro greco a considerare pericolo che pucorrere Grecia esaurendo le sue forze in Anatolia mentre ha in Europa dei vicini che appuntano le loro ambizioni a Salonicco e a Cavala. Gunaris gli rispose che con i turchi non era possibile negoziare al che Briand oppose recente accordo turco per la Cilicia come prova delle mutate disposizioni di Angora. Egli ha impressione che greci in questo primo colloquio non gli abbiano aperto che limitatamente loro pensiero.
Li rivedrà martedì e mi terrà sempre al corrente. Baltazzi gli fece migliore impressione dì Gunaris.
Briand mi ha detto poi che ieri Hardinge gli ha fatto intendere che greci sarebbero disposti ad impostare una transazione per quanto riguarda Smirne ma non transigerebbero per la Tracia. Briand gli oppose che scopo Alleati dev'essere quello di ricostituire unità politica della Turchia e di ricondurre Angora a Costantinopoli ma che cidiveniva impossibile se si lasciano greci nei sobborghi della capitale ottomana. Egli rappresental mio collega inglese opportunità per il suo Governo di attenuare la sua politica ellenofila; Francia deve al suo atteggiamento pibenevolo verso Turchia la tranquillità delle sue possessioni musulmane e dello stesso Marocco malgrado la crisi di Melilla.
Secondo Briand Curzon è in fondo del suo stesso parere e atteggiamento diverso del Governo inglese è dovuto all'infatuazione di Lloyd George per Venizelos.
318 2 Vedi D. 330.
319 1 Del 19 ottobre, con i quali Vinci riferiva di preoccupazioni ungheresi per la posizione austriaca sulle trattative di Venezia e del suo invito al Governo ungherese di passare immediatamente all'esecuzione delle misure stabilite.
319 2 Del 20 ottobre, con il quale Biancheri riferiva, tra l'altro, l'accettazione di principio del protocollo di Venezia nella mozione approvata dalla Commissione parlamentare austriaca.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6280/619. Parigi, 22 ottobre 1921, ore 17,50 (perv. ore 20,30).
Briand ha annunziato ieri alla Camera dei deputati conclusione accordo con Angora. Stamane egli mi confermche accordo non concerne che Cilicia e contempla tracciato confine ritiro truppe francesi e rimpatrio prigionieri.
In questa occasione Briand mi riassunse storia missione Bouillon. La prima volta egli andad Angora per incarico di alcuni giornali e uomini d'affari e trovcolà l'ambiente eccitato contro ogni accordo con potenze occidentali tanto che Samy Bey quando giunse con gli accordi di Londra dovette fuggirsene per evitare gravi rischi personali. Bouillon recatosi poi una seconda volta a Costantinopoli espresse a Briand intenzione di tornare ad Angora e Briand glielo sconsiglifino che Bouillon venne invitato dallo stesso Kemal. Tornato così ad Angora egli trovdisposizione ambiente e Assemblea interamente mutate e accordo si concluse rapidamente. Questo sarà pubblicato appena firmato(1).
Briand ravvisa in esso un prezioso indizio di un ritorno dei turchi di Angora a disposizioni piragionevoli delle quali sarebbe opportuno approfittare rapidamente per ristabilire la pace in Oriente.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6314/250. Praga, 22 ottobre 1921, ore 20 (perv. ore 4 del 23).
Mio telegramma n. 249(1).
Appena tornato in città Benès mi ha telefonato per pregarmi di passare da lui. Mi ha detto che di fronte al nuovo colpo di scena ungherese egli è fermamente deciso agire e d'accordo col presidente della Repubblica e con tutti i partiti ha fatto già prendere tutte le misure per essere pronto a qualsiasi eventualità anche militarmente. Non è escluso venga esaminato ancora stanotte ordine mobilitazione. Punto di vista Benès che ha dato istruzioni a tutte le legazioni comunicare ai Governi alleati è che di fronte slealtà alla doppiezza e alla disperata politica d'avventure degli ungheresi non resta che agire molto energicamente e al più presto possibile. Ogni compromesso, ogni passo diplomatico, ogni dilazione avrebbero lo stesso risultato ottenuto fin qui e siccome non si puammettere che Ungheria costituisca pericolo permanente perturbazione paese Benès crede sia giunta l'ora finirla energicamente esigendo anche nel caso nuovo allontanamento re Carlo seria garanzia perché avventura non si rinnovi a breve scadenza. Non essendo ormai più possibile fidarsi dei mangiari bisogna far loro sentire tutte le conseguenze della loro politica e non con semplici minaccie. Benès mi ha pregato comunicare questo suo punto di vista a V.E. dichiarandomi che egli giudica della massima importanza perfetto accordo con Italia in questa questione non solo in conformità convenzione antiabsburgica ma anche per interesse comune due paesi e pace generale. Ha aggiunto che se dopo quanto è avvenuto V.E. si sciogliesse dall'accordo Venezia e mostrasse un contegno risolutamente energico ciavrebbe la più favorevole ripercussione e impressionerebbe più di ogni
altra cosa Ungheria. Ho impressione che decisione agire sia sincera e che Governo tenga soprattutto a farla sapere. Allo stato delle cose temo che consigli moderazione non sarebbero favorevolmente accolti(2).
321 1 Con T. 6348/653 dello stesso giorno da Costantinopoli, Garroni riferiva della firma dell'accordo e delle dichiarazioni del gen. Pellè sul fatto che le concessioni economiche alla Francia non intaccassero per nulla il territorio riservato all'Italia dall'Accordo tripartito.
322 1 Del 22 ottobre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI, E AL SEGRETARIO A BUDAPEST, VINCI
T. 1670 PREC. ASS. Roma, 23 ottobre 1921, ore 2.
Secondo odierno telegramma da Vienna Correspondenz Bureau ex imperatore Carlo sarebbe giunto pomeriggio 21 Oedemburg in aeroplano.
Sebbene non sia finora pervenuta in proposito alcuna notizia da codesta legazione(1)credo opportuno, per ipotesi che informazione abbia fondamento, confermarle punto di vista italiano al riguardo: Italia è naturalmente decisa a vegliare all'assoluta osservanza dei Trattati di San Germano e Trianon e mantenersi strettamente d'accordo con grandi potenze alleate nelle decisioni già da loro prese contro velleità restaurazioni carliste.
Vossignoria vorrà quindi ispirate suo atteggiamento ed eventuale azione a tali direttive mantenendosi in contatto con suoi colleghi. Pregola d'informarmi con la massima urgenza di quanto costì possa avvenire e riservomi, se del caso, d'inviarle ulteriori determinate istruzioni(2).
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6332/253. Praga, 23 ottobre 1921, ore 13,45 (perv. ore 21,40).
Stamane si riunisce il Consiglio dei ministri sotto la presidenza di Masaryk, per domani sono convocate Commissione parlamentare per gli affari esteri, Camera e Senato. Decisione qualunque sia presa senza precipitazione ma con molta fermezza (manca). Intervento armato è ammesso come inevitabile ma ho impressione che si cercherà
di prender tempo. Inoltre sembra deciso convincimento Piccola Intesa profittare di questa occasione per liquidare colla pienergica pressione una volta per sempre tutte le questioni pendenti dell'Ungheria esigendo applicazione Trattato di Trianon anche per Burgenland senza tener conto accordi preesistenti, disarmo Ungheria e definitiva sistemazione questione trono. Si osserva che Czecoslovacchia ha fatto di tutto per ristabilire buone relazioni con Ungheria e mantenere la pace. Ma dopo convegno di Bruck sopravvenne primo ritorno di Carlo così come nuovo tentativo si verifica oggi dopo accordo di Venezia.
Non v'è quindi che la minaccia e la forza che possano ridurre gli ungheresi. Per accentuare pericolo che politica ungherese rappresenta per Stati successori, Benès ricordava aver Horthy dichiarato al banchiere americano Vanderlip pochi mesi fa: cominceremo col Burgenland poi verrà il resto. Nei circoli politici e giornalistici si aspetta con molto interesse atteggiamento Italia e ci si domanda quale contributo porterebbe eventualmente Italia ad una azione militare. Prima ancora di ricevere telegramma di
V.E. n. 1672(1) avevo assicurato Benès che applicazione convenzione antiasburgica sarebbe stata efficacemente curata dall'Italia. Sarebbe una illusione percredere che uno «scambio di informazioni» possa ancora servire a qualche cosa. In fatto di informazioni Czecoslovacchia e Jugoslavia sono in grado di procurarsene pisollecitamente di noi e l'ora dell'azione diplomatica potrebbe essere passata nel caso che Carlo fosse già insediato Budapest. Siccome ritengo che si giungerà prima o poi ad una azione militare, nostra assenza potrebbe riservarci delle sorprese e portare alla realizzazione di quel pericolo, costante cura del r. Governo di evitare.
322 2 Vedi D. 327.
323 1 In realtà già dal primo pomeriggio del 22, con T. 6287/603 delle ore 13,40-pervenuto a Roma alle ore 20,40 -Vinci aveva riferito dell'arrivo di Carlo.
323 2 Con telegrammi 1671, 1672 e 1673 dello stesso giorno e ora, analoga comunicazione fu inviata alle nostre rappresentanze a Londra, Parigi, Belgrado, Praga e Bucarest
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6349/657. Costantinopoli, 2 3 ottobre 1921, ore 15, 10 (perv. ore 18,40).
Telegramma di V.E. n. 1640(1).
Perdurando Anatolia stato di guerra e con esso principi a cui si inspirano kemalisti e greci verso terzi, nostra azione non pusvolgersi nella zona di Accordo tripartito ma deve limitarsi e anche con restrizioni nella zona di nostra occupazione e cifinché non intervengano speciali convenzioni con Angora che modifichino situazione. Nessuna maggiore azione politica di osservazione o informativa puesercitarsi da Rodi in confronto di quella che possono esplicare direttamente nostri rappresentanti Adalia Sokia e Scalanova. Azione di un delegato dell'ambasciata per coordinare sviluppo di tutta la nostra attività nella nostra zona di influenza è venuta a mancare quando manca ratifica Trattato Sèvres e per continuo stato di guerra con marcata xenofobia Angora noi abbiamo
dovuto rimanere e non senza contrasti dove avevamo utilizzato rappresentanti e truppe. Esperienza di poco meno di un anno ha dimostrato che Tuozzi obbligato risiedere fuori zona ha dovuto ridursi a poche saltuarie visite nei luoghi occupati e esporre sue vedute con rapporti apprezzati ma niente piùData situazione intervento di un terzo fra ambasciata e nostri rappresentanti nel territorio Adalia Sokia Scalanova menoma prestigio funzionari civili e militari che si trovano colà e provoca loro suscettibilità e diminuisce forza di volontà e quindi responsabilità. Se si ritiene utile specie di osservatorio a Rodi non confidando sulla efficacia di quello già esistente sui luoghi e da parte consolato Smirne, osservatorio desiderato già esiste ( ...) con governatore che pusegnalare a V.E. dando conoscenza a questa ambasciata di quanto possa eventualmente essere importante.
Questo è il mio avviso per il quale non posso che confermare il mio telegramma
n. 639(2) e che esprimo per sentimento di dovere e non per contrastare quei diversi consigli che V.E. nella sua saggezza crede dover adottare. Assenza di Tuozzi potrebbe dar modo esperimentare come proceda nel frattempo servizio e dare norma per abili possibili provvedimenti.
324 1 Vedi D. 323, nota 2.
325 1 Vedi D.312.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA E ALLE LEGAZIONI A VIENNA, PRAGA, BUCAREST, BUDAPEST, BELGRADO E SOFIA
T. 1678. Roma, 23 ottobre 1921, ore 24.
Questo ministro d'Ungheria è venuto da parte del suo Governo a darmi notizia dei passi concordi fatti a Budapest dai rappresentanti della grande e piccola Intesa circa arrivo a Sopron dell'ex imperatore Carlo e della risposta loro data dal Governo ungherese che, cioè, in base all' articolo 1 °della legge 1920 re Carlo non puassumere l'esercizio dei diritti sovrani in Ungheria e deve perciabbandonare il paese. Mi aggiunse che il Governo aveva preso misure necessarie.
Ho risposto che i passi fatti dai rappresentanti dell'Intesa erano conformi alle istruzioni da me inviate fin dal primo momento al r. rappresentante a Budapest. Gli dichiarai esplicitamente che, anche nell'interesse della stessa Ungheria occorreva che suo Governo agisse con la massima rapidità ed energia per liquidare immediatamente la pericolosa avventura dell'ex sovrano, cui permanenza in Ungheria era considerata come casus belli dalla Piccola Intesa. Gli aggiunsi che l'Italia, riconoscendo giustificato questo atteggiamento, non poteva non esser solidale con essa, tanto più chele potenze alleate erano pienamente concordi ed unanimi nel non ammettere una restaurazione, giusta i trattati di pace e le decisioni della Conferenza degli ambasciatori.
Il conte Nemes ha promesso che avrebbe telegrafato in tal senso manifestandomi sua fiducia che Governo ungherese avrebbe agito nel senso da me indicato.
325 2 Vedi D. 299.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO
T. 1679. Roma, 23 ottobre 1921, ore 24.
Suo telegramma n. 249(1).
V.S. puformalmente comunicare al signor Benès essere mio giudizio identico al suo circa l'importanza del perfetto accordo fra i nostri due paesi di fronte alla nuova avventura carlista non solo in conformità convenzione antiasburgica, ma anche per interesse comune e pace generale. Potrà dichiarargli che mi rendo perfettamente conto dell'atteggiamento della Cecoslovacchia ed informandolo delle mie formali dichiarazioni fatte a questo ministro d'Ungheria e riferitele con il mio telegramma n. 1678(2) potrà renderlo edotto dell'aver con cigià prevenuto suo suggerimento di prendere, cioè, un contegno risolutamente energico.
Quanto all'accordo di Venezia intendo servirmene come arma per premere sul Governo ungherese che finora pernon sembra essere connivente nell'avventura, ma è naturalmente fuor di dubbio che ogni azione di compromesso da parte dell'Italia cesserebbe se questa questione fondamentale non venga risoluta.
IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, UMILTÀ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6366/1478. Spalato, 24 ottobre 1921, ore 10,25 (perv. ore 19,30).
Mio telegramma n. 1444(1) e telegramma di V.E. n. 1651(2).
Questo Consiglio scolastico provinciale ha restituito ai connazionali domanda per aprire scuola informando che esso potrà esaminarla e mandarla Belgrado per decisione soltanto quando sarà stata completata con requisiti essenzali alcuni dei quali connazionali si trovano assoluta impossibilità di (manca). Per esempio quello che riguarda assicurazione e fondo pensioni pei maestri nonché libri di testo conformi costituzione serba che impone inspirare e rafforzare sentimento nazionale e dinastico negli scolari. Questo governatore che anche presidente Consiglio scolastico mi ha detto non aver avuto nessun ordine dal suo Governo né crede che potrà riceverne nel senso noto a V.E. e che egli ha obbligo applicare legge in materia tanto più strettamente quanto più la
stampa e l'opinione pubblica sorvegliano e attaccano suo atteggiamento benevolo a nostro riguardo. Sorgono ora tutte le difficoltà prospettate nel mio rapporto n. 942(3) le quali oltre che inasprire relazioni tra i croati e gli italiani già abbastanza tese non ci faranno raggiungere lo scopo desiderato a meno che Governo Belgrado ordini tassativamente a queste autorità di non ostacolare ma facilitare desiderata apertura scuole passando sopra disposizioni di legge scolastica che nessuna scuola italiana è in grado ora di compiere. A raggiungere tale scopo potrebbe valere minaccia chiudere scuole slave in Venezia Giulia e Zara e cominciare anche qualche (manca) in tal senso qualora ragioni di politica interna lo permettano. Infine è mia opinione che questo governatore abbia ricevuto istruzioni d'impedire in ogni caso apertura e funzionamento nostre scuole in Dalmazia.
Tanto connazionali che io stesso facciamo intanto possibile per trovare elementi coi quali ottemperare almeno alcune condizioni richieste da Consiglio scolastico. Prego comunicare quanto preceder. incaricato d'affari Belgrado.
327 1 Del 22 ottobre, non pubblicato, ma vedi D. 324.
327 2 Vedi D. 326.
328 1 Vedi D. 316, nota I.
328 2 Del 19 ottobre, riportava il T. 6182/552 del 17 ottobre da Belgrado, con la notizia di istruzioni del Governo iugoslavo alle autorità della Dalmazia per facilitare l'apertura delle scuole italiane.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6359/626. Parigi, 24 ottobre 1921, ore 17 (perv. ore 23,30).
Nella seduta di stamane venne deciso l'invio di un telegramma ai ministri alleati a Budapest. Telegramma dovrà essere consegnato immediatamente e collettivamente al Governo ungherese. Misure energiche riguardo alla persona ex re Carlo di cui al
n. 2 vennero inserite in seguito alle vive insistenze del rappresentante francese. Uguale comunicazione è fatta oggi stesso a questo incaricato d'affari d'Ungheria e a questi rappresentanti dell'Austria e della Piccola Intesa. In quest'ultima comunicazione si dichiara che i Governi della Piccola Intesa sono invitati a non prendere alcuna decisione prima essersi concertati con Governi alleati. Ecco testo del telegramma:
«Veuillez faire immédiatement collectivement au Gouvernement hongrois quel qu'il soit la déclaration suivante: Les puissances alliées rappelent au Gouvernement hongrois les termes de leur déclarations du premier avril.
Constatant que ancien souverain persiste à revendiquer un tre sur le quel sa presence aurait les plus graves conséquences pour la paix de l 'Europe centrai les Puissances invitent le Gouvernement hongrois 1) à proclamer sans aucun délai la déchéance de l'ex Roi Charles; 2) à s'assurer de la personne de l'ex Roi et de lui faire quitter la Hongrie dans les conditions que fixérent les Gouvernements alliés. Les puissances tiennent dès à présent à déclarer que si le Gouvernement hongrois ne se conforme pas immédiatement à cette injonction elles declinent toute résponsabilité en ce qui concerne intervention des Etats limitrophes de la Hongrie et quant aux conséquences qui en resulteraient».
328 3 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. 1681. Roma, 24 ottobre 1921, ore 20,20.
Suo telegramma 1332(1).
Stamane in un colloquio con Buchanan questi mi ha parlato anche dell'Afganistan proponendo che non essendo ancora missione partita da Cabul noi avessimo fatto sapere agli afgani come non fosse questo il momento più opportuno per stabilire legazione Roma. Gli ho risposto che volentieri avrei aderito a tale desiderio ma che notizia era inesatta e gli ho dato lettura di una lettera proprio stamane pervenutami in cui si annunzia che personale legazione arriverà fra qualche giorno a Marsiglia e proseguirà subito per l'Italia. Ho aggiunto che Governo inglese doveva rendersi conto dell'imbarazzante situazione in cui ci troviamo senza aver fatto nulla per crearla. Coll'avere sospeso invio nostra missione già organizzata credevo fosse liquidata questione e quindi notizia arrivo delegazione afgana è stata per noi una versa sorpresa. Ora non possiamo non rispettare l'impegno internazionale firmato dal mio predecessore. Ho infine ripetuto quanto ho già telegrafato a V.E.(2) che cioè sorveglieremo attività legazione e cercheremo in avvenire possibilmente di eliminarla. Credo converrà V.E. nelle sue conversazioni con codesto Governo insista soltanto su questi punti senza parlare di relazioni commerciali e interessi economici così poco evidenti e senza nemmeno collegare questione Afganistan con altre di diverso genere(3).
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6394/621. Budapest, 24 ottobre 1921, ore 21 (perv. ore 15 del 25).
Ex re Carlo ed ex regina Zita si sono arresi a Tata presso Komàrom, al Governo ungherese. Sono custoditi da un colonnello e da un battaglione di soldati fidi al Governo horthyano. Tutti gli organizzatori del movimento insurrezionale uomini politici e militari si sono resi latitanti abbandonando vilmente il loro re dopo averlo illuso in maniera incosciente e vergognosa. Governo ungherese internerà gli ex sovrani nel monastero di Tihany che è un promontorio che si addentra nel lago Balaton in attesa delle intenzioni definitive della Grande Intesa. Prego V.E. volermi impartire istruzioni in conseguenza e farmi conoscere se crede utile la presenza di ufficiali interalleati nel monastero di
Tihany per la custodia degli ex sovrani o lasciarne l'intera responsabilità al Governo magiaro. Sarebbe utile allontanarli al più presto dall'Ungheria non potendosi mai contare su opinione pubblica in questo Stato. Ministero esteri mi ha promesso fare il possibile per far abdicare definitivamente re Carlo e nel caso di assoluto rifiuto di riunire l'Assemblea nazionale e far dichiarare la sua decadenza dal trono di Ungheria.
330 1 Del 22 ottobre, in esso De Martino riferiva di una conversazione con Vansittart circa le preoccupazioni britanniche per i rapporti italo-afghani.
330 2 Vedi D. 318.
330 3 Per la risposta vedi D. 336.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
T. POSTA 64670/1179(1). Roma, 24 ottobre 1921.
Miei telespressi 48568/807(2) e 48570/810(3) del 3 e 4 agosto scorso.
Col mio telespresso del 14 giugno scorso diretto al r. Ministero delle colonie e comunicato per conoscenza a codesta r. ambasciata col n. 36933/582(4) facevo presente che nel caso in cui il Governo inglese si fosse rifiutato recisamente a trattare le questioni riguardanti i sudditi libici in sede di abolizione di capitolazioni, si sarebbe potuto chiedergli che in uno scambio di note a parte esso si fosse impegnato ad appoggiare presso il Ministero nazionale egiziano quell'accordo che già fu raggiunto con quest'ultimo. Ora, da un lato le controproposte inglesi trasmessemi da V.E. col rapporto n. 1401/833 del 5 giugno(4)(incrociatosi col mio suindicato telespresso) fanno menzione, all'art. 7 del progetto di scambio di note del trattamento da farsi ai nostri sudditi coloniali. Dall'altro il r. Ministero delle colonie ha fatto giustamente osservare che rinviando pioltre la definizione della questione si correrebbe il rischio di trovarci di fronte a manovre dilatorie del Governo egiziano e all'aperto disinteresse del Governo britannico. Conviene quindi prendere base dalle controproposte inglesi per regolare ora la questione del trattamento giuridico dei sudditi libici in dipendenza dall'accordo per l'abolizione delle capitolazioni in Egitto.
Il Foreign Office ha certamente inteso, al punto n. 7 del proposto scambio di note, fare una distinzione fra sudditi coloniali italiani godenti i diritti politici e altri sudditi coloniali; ma sembra non risultare chiaramente se abbia inteso tener conto dello speciale statuto dei nostri cittadini libici che, mentre godono di diritti politici locali ( diritto elettorale attivo e passivo soltanto di fronte al Parlamento locale, diritto di petizione di fronte al Parlamento nazionale), e sono sottoposti in materia penale alla legge italiana, sono regolati nel loro diritto personale, successorio o di famiglia dalle loro leggi. Occorrerebbe quindi far presente al Foreign Office questa nostra preoccupazione di armonizzare lo Statuto internazionale dei cittadini italiani
della Tripolitania e della Cirenaica in Egitto alle norme che disciplinano la loro cittadinanza italiana. E percisi potrebbe trovare di comune accordo una formula che rispondesse sostanzialmente ai concetti esposti nella seguente proposta del r. Ministero delle colonie:
«È inteso che all'art. 3 della Convenzione(5), le parole ressortissants italiens comprendono tutti i sudditi italiani che posseggono diritti politici secondo le leggi del loro paese e conseguentemente (soltanto perper le materie non riguardanti i diritti personali, di successione e di famiglia) anche i cittadini italiani della Tripolitania e della Cirenaica. I cittadini italiani della Tripolitania e della Cirenaica, per quanto concerne i diritti sopra indicati, e gli altri indigeni delle colonie italiane saranno trattati sullo stesso piede degli indigeni delle colonie della potenza europea più favorita».
Il r. Ministero delle colonie desidererebbe inoltre che nel paragrafo 13 del proposto scambio di note alla parola «nationals» fosse sostituita la parola «subjects» per eliminare il pericolo che dalla dizione «nationals» possano essere considerati esclusi i sudditi coloniali. Vedrà V.E. che cosa sia possibile di fare a questo proposito, in relazione alle istruzioni contenute per lo stesso paragrafo nel mio dispaccio del 4 agosto scorso n. 807.
Il predetto Ministero desidera pure ottenere che all'accordo vi sia la clausola della parità di trattamento economico a favore dei cittadini e dei sudditi coloniali italiani per l'esercizio dell'industria e del commercio.
Sciogliendo infine la riserva contenuta nel mio suindicato dispaccio relativamente al paragrafo 12 del proposto scambio di note, la informo che, in seguito anche ad una conversazione qui avuta col comm. Piola Caselli, mi sembra necessario prima di accettare il testo del paragrafo stesso di chiedere a codesto Governo una piesatta indicazione dei limiti dei distretti desertici dove il Governo egiziano dovrebbe avere la facoltà di stabilire un regime eccezionale.
332 1 Diretto per conoscenza al ministro delle colonie, Girardini, e all'agente diplomatico al Cairo, Negrotto Cambiaso.
332 2 Del 4 (non 3) agosto, non pubblicato.
332 3 VediD. 98.
332 4 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
IL CONSOLE GENERALE A SPALATO, UMILTÀ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, E AL SEGRETARIO A BELGRADO, SUMMONTE
R. 1500/32 RIS. Spalato, 24 ottobre 1921 (1).
A spiegare come da qualche tempo la situazione a Spalato sia alquanto peggiorata, ho l'onore di esporre ora alcune considerazioni che, per telegramma, non risulterebbero così chiare come è necessario che siano.
Dopo che il Governo S.C.S. ha tolto i dazi d'esportazione al cemento e alla marna, che avevano fatto arrestare il principale commercio di questa piazza, il movimento commerciale e marittimo ha ripreso in modo normale e anzi con tendenza all'aumento, tanto che in novanta giorni, cioè dal 21 luglio al 21 ottobre, hanno fatto scalo in questo porto 323 navi italiane, a caricare cemento, marna e legname. Ma poiché la maggior parte, se non la totalità, dei commercianti e industriali in questo ramo sono italiani non ancora optati, è vero -tale importante movimento commerciale e marittimo non ha avuto alcuna benefica influenza sulle relazioni politico-sociali tra l'elemento italiano locale e quello croato e ufficiale.
Fino a tanto che qui è rimasto come vice presidente del Governo provinciale il dott. Desniza, partito da circa un mese e mezzo, non si erano affacciati, specialmente negli ultimi tempi, problemi e situazioni tali da produrre una ripresa di ostilità tra italiani e croati; anzi lo sgombero della seconda zona da parte delle nostre truppe, la speranza che anche la terza zona sarebbe stata al più presto evacuata(2), e le trattative in corso per la convenzione sulla pesca, avevano condotto dal maggio alla metà di settembre circa, ad una relativa calma in questo ambiente, ciò che lasciava bene a sperare per l'avvenire.
Con la partenza del dott. Desniza, che si è ritirato a vita privata, dopo essere stato licenziato -dicono qui-per troppa tolleranza verso l'elemento italiano, è invece ricominciato un periodo di inimicizia; ora parva ora violenta contro tutto quello che è italiano. Il nuovo presidente del Governo provinciale della Dalmazia, dott. Metlicic, ben noto a Roma come uno degli esperti inviati dal Governo S.C.S. per trattare insieme col senatore Salata le questioni pendenti tra i due paesi, come quelle del regolamento dei confini di Zara, dell'opzione ecc.ecc. era ritenuto da questi italiani come un continuatore della condotta benevola e conciliante del Desniza. Disgraziatamente, e ciha pure il suo valore, il dott. Metlicic, zaratino, e istruito e abituato in mezzo all'elemento quasi completamente italiano di Zara, pochi giorni prima della sua venuta a Spalato fu, forse per errore, attaccato e malmenato dai nostri fascisti, a pochi passi dalla sua casa a Zara.
Cigli deve aver cagionato oltre una forte scossa nervosa, anche un elemento non indifferente di prevenzione contro di noi: a parte ci è indubbio che frattanto il breve periodo di tranquillità locale aveva durato fin troppo, di modo che, il suo arrivo a Spalato è venuto a coincidere con la ripresa delle ostilità contro gli italiani.
Le opzioni che, fino a poco tempo fa, si contavano sulle dita, sono ora aumentate a oltre duecento, senza che tale diritto, la sua procedura, e le sue conseguenze siano regolate tra i due Governi; la terza zona della Dalmazia non viene evacuata, ciò che indispettisce e inasprisce questa stampa locale così facile a esagerare e a creare incidenti di zona di confine; la nostra politica nei confronti dello Stato S.C.S. per le questioni dell'Albania, del Burgenland, di Porto Baros e delle ferrovie tra Fiume e Zagabria, non è certo tale da renderci benevoli questi elementi croati, di modo che anche queste
autorità, sotto le pressioni della stampa e forse dietro ordini da Belgrado per un nuovo orientamento della politica in generale, sono pirestie a facilitare la soluzione delle piccole questioni mentre si mostrano addirittura scrupolose e zelanti nell'applicazione della legge, quando questa si presta a rendere più difficileil compito del consolato e meno facili le relazioni tra italiani e croati.
In questo poco tempo sono sorte le questioni dell'apertura della scuola italiana a Spalato, dell'istituzione di una parrocchia italiana pure a Spalato -sulle quali ho già informato V.E. per telegramma -e dell'uso della lingua italiana da parte di questi connazionali, sia nei tribunali, che nelle pratiche d'ordine amministrativo. Tale uso viene da qualche settimana sempre piristretto nelle cause giudiziarie e addirittura negato nelle trattazioni amministrative, mentre la stampa ha iniziato e continua sempre aggravandola, una campagna contro l'uso della lingua italiana, che fino ad ora era adoperata anche dalla maggior parte della popolazione croata, campagna che è arrivata perfino a questo estremo di vietare alla musiche e ai concerti e nei caffè e nei cinematografi, e nei pubblici ritrovi di suonare brani di autore italiano.
Tale stato di cose porta come conseguenza che fino a tanto che gli italiani si limitano a non dar segno di vita, a optare e a partire come profughi, tutto è relativamente tranquillo. Ma non appena o i connazionali o il consolato o le circostanze portano a sfiorare una qualunque questione che anche da lontano accenni ad una sia pur modesta affermazione o tentativo di affermazione di italianità, allora Governo, stampa, clero, ed elemento croato, capeggiati dai fascisti locali -che non hanno niente da invidiare ai loro colleghi d'Italia-sono concordi e uniti a intralciare, impedire, soffocare sia coi pretesti, che con le tergiversazioni, le intimidazioni e la violenza, qualunque continuazione o nuovo tentativo d'italianità.
Penso che tale aggravarsi delle condizioni locali sia dovuto al continuo esodo dei connazionali che, assottigliandone qui il numero e la resistenza, accresce coraggio e facilita il compito all' elemento contrario; ma pidi tutto, penso che la situazione attuale sia da attribuirsi al mancato regolamento di tutte le questioni, opzioni, scuola, uso della lingua, esercizio della religione, ecc. che hanno la loro base nel Trattato di Rapallo, ma che devono essere particolarmente e minutamente disciplinate nella loro portata, procedura e termini da accordi sia pure laboriosi e difficili tra i due Governi, ma che non possono esser pia lungo ritardati nell'interesse generale dei due paesi e particolare dei connazionali di questa regione.
332 5 L'art. 3 della convenzione italo-britannica del febbraio 1921 recita: «Les ressortissants italiens jouiront en Égypte, en ce qui concerne les libertés publiques, l'administration de lajustice, les droits privés, y compris la propriété fonciòre et les droits miniers, les professions libérales, industrielles et commerciales, les impéìts et taxes, du meme traitement que les ressortissants britanniques. Les enfants nés en Egypte d'un père resortissant italien y jouissant des privilèges de l'étranger auront droit à la nationalité italienne; ils ne deviendront pas sujets égyptiens».
333 1 Pervenuto a Roma il 9 novembre.
333 2 Dopo la firma e le susseguenti ratifiche (2 febbraio 1921) del Trattato di Rapallo, un'intesa tra Roma e Belgrado aveva consentito, a fine marzo 1921, la consegna della pra zona occupata dall'Italia in Dalmazia. Nel giugno successivo fu evacuata tutta la seconda zona. Una linea pirigida nei negoziati ltalia-S.H.S., assunta dal Governo Bonomi, doveva portare poi ad un rinvio nella trattazione della questione dalmata. Solo con gli accordi di Santa Margherita (23 ottobre 1922) l'Italia si sarebbe pegnata a sgomberare la terza zona d'occupazione (il retroterra di Zara e le isole vicine), che fu consegnata al Regno S.H.S. nel 1923.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6404/263 GAB. RR. Praga, 25 ottobre 1921, ore 20 (perv. ore 9,30 del 26).
Malgrado nuova fase situazione, mobilitazione non verrà sospesa. Pressione militare è qui ritenuta necessaria per definire una volta per sempre questione Ungheria specialmente disarmo e decadenza diritto trono membri famiglia Asburgo. Jugoslavia è in ciperfettamente d'accordo, non altrettanto sicuro sembra atteggiamento Romania. Ho fatto rilevare a Benès pericolo che rappresenta per ( ...) un esercito mobilitato alla frontiera. Mi ha risposto che se ne rende perfettamente conto e che per conto suo arriverà sino all'estremo limite del possibile per evitare una guerra ma che se questa sarà necessaria non esiterà. Opinione pubblica esige che pericolo periodicamente rinnovantesi da parte dell'Ungheria contro sicurezza dello Stato sia una volta per sempre allontanato e ormai che il primo passo fatto Piccola Intesa andrà sino in fondo per assicurare tutte le garanzie. Stampa accenna anche ad una domanda risarcimento spese mobilitazione all'Ungheria. Benès non me ne ha parlato ma sarebbe bene che Conferenza degli ambasciatori prevenisse eccessive pretese e credo che se ci fosse bisogno di una energica azione moderatrice intervento inglese e francese sarebbe piefficace del nostro essendo Italia ormai se non che in sospetto nell'opinione pubblica di magiarofilia. Per quanto pidirettamente ci riguarda soltanto ora vedo sorgere pericolo corridoio e mi sembra che non ci sarebbe altro modo di prevenirlo che con farci dare ad ogni buon fine mandato occupazione militare o semplicemente di polizia nel Burgenland. Forte dalla mediazione di Venezia e dopo sconfitta bande armate carliste nostra occupazione costituirebbe semplice applicazione trattato e non esigerebbe che sforzo relativamente scarso.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTE~, TORRETTA
T. 6409/840. Parigi, 25 ottobre 1921, ore 21,35 (perv. ore 3,15 del 26).
Telegramma di V.E. n. 1650(1).
Da informazioni assunte al Quai d'Orsay risulta che seguito condotta favorevole agli Alleati tenuta da ras Tafari il Governo francese aveva fatto da tempo presente, anche per permettergli mantenimento ordine e tranquillità in Abissinia, opportunità consentirgli fornitura armi. Recentemente Governo inglese ha aderito in massima a proposta francese suggerendo che eventuale ordinazione armi da parte di ras Tafari fosse ripartita in quote eguali in Francia Italia e Inghilterra. Governo francese ha già espresso parere favorevole a suggerimento inglese.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6428/1349. Londra, 26 ottobre 1921; ore 12,23 (perv. ore 20,15).
Dal telegramma di V.E. n. 1681(1) di avantieri rilevo che si tratta dell'arrivo a Roma della legazione dall' Afganistan col suo personale piuttosto che di una missione
temporanea. Vorrei attirare l'attenzione di V.E. sull'opportunità di predisporre sin da ora una linea di condotta per controbilanciare l'impressione che la notizia produrrà in questa opinione pubblica e nel Parlamento. Probabilmente la notizia sarà resa pubblica sin dall'arrivo a Marsiglia. In simili frangenti è opportuno che sin dal primo momento il pubblico inglese conosca lo stato delle cose in senso favorevole all'Italia perché più difficileè il rimedio quando la corrente è già determinata. Sarei quindi grato telegrafarmi a suo tempo gli articoli di giornali che codesto Ministero farà pubblicare. Inoltre sarebbe utile possibilmente interessare i corrispondenti di giornali inglesi in Italia. E per norma di questa ambasciata sarebbe utile conoscere preventivamente in qual modo V.E. desidera che la cosa sia rappresentata pubblicamente a scopo di poter agire senza ritardo.
Per quanto riguarda gli interessi commerciali italiani in Afganistan essi erano anche a me sembrati sin dall'origine assai poco evidenti. Ma quando a suo tempo manifestai i dubbi che qui si avevano in proposito, ricevetti precise istruzioni col telegramma per posta n. 665 del 4 luglio(2)contenente la dimostrazione della consistenza di interessi commerciali.
Quanto al parallelismo della questione afgana con quella albanese esso mi venne indicato esplicitamente nel telegramma ministeriale n. 863 del 19 giugno scorso(3)di cui prego V.E. prendere conoscenza. Avverto tuttavia a scanso di equivoci che non ho mai stabilito durante le discussioni per l'Albania un abbinamento fra le due questioni.
Affinché codesto Ministero sia al corrente di tutti gli elementi informo V.E. che il Foreign Office venne a suo tempo rimproverato e criticato per non aver saputo nella via diplomatica di sua competenza prevenire l'accordo italo-afgano. Vi è inoltre l'interessamento personale di Curzon come antico vice re delle Indie. Finalmente mi richiamo alla mia corrispondenza anche recente relativa alle difficoltà inglesi con l' Afganistan.
335 1 Del I 9 ottobre, non pubblicato.
336 1 Vedi D. 330.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, BONIN, E A LONDRA, DE MARTINO
T. 1690 RIS. PREC. ASS. Roma, 27 ottobre 1921, ore 1.
Notizie che giungono da Belgrado e Praga fanno temere che sovreccitazione animi e propostiti Governi possano trascinare ad azioni guerresche malgrado si possa ormai sperare, mercè l'azione diplomatica svolta, in una favorevole soluzione della nuova avventura di Carlo, evitando complicazioni belliche.
È quindi indispensabile che sia fatto di somma urgenza un passo concorde degli Alleati presso la Jugoslavia e la Cecoslovacchia per diffidarle in modo assoluto che ogni atto inconsulto ed eccessivo che possa in questo momento turbare la pace di cui Europa ha tanto bisogno sarebbe a completo loro rischio e le priverebbe dell'appoggio che la Grande Intesa ha prestato ed intende continuare a prestare a difesa di giustificati interessi dei due Stati qualora essi agiscano con senso di responsabilità e in pieno accordo con gli Alleati(1).
Ciò appare tanto pinecessario in quanto non sembra che colà si tenga conto della dichiarazione della Conferenza degli ambasciatori del 24 ottobre, ma secondo la quale i Governi della Piccola Intesa erano invitati a non prendere alcuna decisione prima di essersi concertati coi Governi alleati.
Atteggiamento aggressivo dei due Governi della Piccola Intesa appare del resto tanto piinopportuno ed ingiustificato in quanto che apparisce Governo ungherese avere osservato fino ad ora da parte sua atteggiamento conforme ai punti di vista della Grande e della Piccola Intesa facendo fronte con tutti i mezzi e con successo alla rapida liquidazione del tentativo di restaurazione.
Pregola agire d'urgenza telegrafandomi(2).
336 2 Non rinvenuto.
336 3 Vedi D. 2, nota 3.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA
T. 1696. Roma, 27 ottobre 1921, ore 3,30.
Suoi telegrammi 387 e 388(1).
Attendo conoscere esito suoi passi per caso Brancucci(2).
Prego richiamare la più seria attenzione codesto Governo sulla continua violazione privilegi capitolari Smirne e sulla necessità impartire precise istruzioni Sterghìadis di darci soddisfazione per casi Penzo e Brancucci e di evitare per l'avvenire consimili incidenti.
Nostro atteggiamento non deriva da malvolere verso Grecia ma da necessità salvaguardare in principio regime capitolare nonché da evidenti ragioni di prestigio rispetto colonie straniere Smirne.
Rinnovo preghiera affrettare invio relazione console giudice Smirne circa caso Penzo(3).
337 1 Con T. 6445/631 del 26 ottobre il ministro a Budapest, Castagneto, aveva riferito dell'allarme suscitato in Ungheria dalle notizie della mobilitazione di cinque classi in Cecoslovacchia, trasmettendo la viva raccomandazione del Governo ungherese per un intervento di moderazione presso il Gabinetto di Praga
337 2 Vedi D. 340.
338 1 Del 20 ottobre, non pubblicati.
338 2 Con T. 5049/1709 da Smirne del 31 agosto Senni aveva comunicato che il cittadino italiano Alberto Penzo, accusato di spionaggio, era stato condannato a morte dalla Corte marziale greca, condanna poi sospesa in attesa della grazia sovrana (T. 5027/348 del 1° settembre da Atene). L'Italia contestava la legittimità di tale condanna, come altre analoghe, essendo vigente a Smirne e in Turchia il regime capitolare. Cittadino italiano come Penzo, il Brancucci era stato condannato per omicidio, a seguito della decisione (1921) del Governo ellenico di estendere ai diritti comuni la giurisdizione della Corte marziale di Smirne.
338 3 Con i telegrammi 6458/395 e 6459/396 dello stesso giorno Montagna riferiva di «un passo estremamente energico e stringente» compiuto presso il Ministero degli esteri di Atene. Successivamente, con T. 6875/2364 del 10 novembre, il console generale a Smirne, Senni, comunicava la liberazione di Brancucci ( «Brancucci mi èstato consegnato»).
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6482/268 GAB. UU. Praga, 27 ottobre 1921, ore 18,30 (perv. ore 3,30 del 28).
Benès mi ha mandato a (manca) e mi ha tenuto seguente discorso: «Martedì prossimo 1 ° novembre intendiamo cominci nostra azione con fermo proposito evitare finché sarà possibile guerra che né presidente Repubblica né io vogliamo quantunque opinione pubblica la esiga ma altrettanto fermamente decisi intraprenderla se sarà necessaria. Da qui a martedì cercheremo di metterci d'accordo con le grandi potenze e se quest'accordo non sarà possibile agiremo da soli. Prima che con Parigi e Londra è essenzale che quest'accordo sia preso con Roma perché Italia è la grande potenza piinteressata questione Europa centrale, ha interessi comuni con noi e legata a noi da speciali convenzioni e sua solidarietà come suo appoggio è per noi assai piimportante di qualsiasi altro. D'altra parte è inutile dissimularsi che la politica italiana ha interessi non sempre concordanti in quanto che tra noi e Italia vi è la Jugoslavia. Vorrei che queste divergenze fossero appianate nell'attuale momento con soddisfazione di tutti e senza danno o pregiudizio per nessuno. Nella questione del Burgenland so che Torretta considera l'accordo di Venezia come tuttora in vigore e tiene ad applicarlo. È un punto di vista che non condivido ma che rispetto e mi rendo conto che Torretta ne faccia questione di impegni presi e di prestigio. Osservo solo che su questione Burgenland Ungheria ha impostato una sua politica di revisione dei trattati che nasconde molti pericoli per noi Stati successori e in secondo luogo che plebiscito in questo momento e nello stato attuale degli animi sarebbe certamente fonte di nuove perturbazioni e di nuovi pericoli. Proporrei quindi che esecuzione accordo di Venezia fosse rimandato a tempo pipropizio, che Burgenland fosse intanto evacuato e consegnato Austria secondo disposizioni trattato di pace, e che Italia si rendesse garante dell'applicazione in un secondo tempo decisioni Venezia che non verrebbe annullato. Di ciperiniziativa dovrebbe essere presa dall'Italia stessa che troverebbe certo il consenso di tutte le potenze. Se riusciamo a chiarire questo punto avremmo superato uno dei principali scogli che cidivide. Le domande che noi intendiamo porre all'Ungheria possibilmente d'accordo e collettivamente con le grandi potenze e da cui dipenderà smobilitazione o azione militare sono le seguenti: 1) Applicazione integrale Trattato di pace Trianon con la riserva di cui sopra per il Burgenland. 2) Garanzia(...) ed assoluta della decadenza del trono e formale rinunzia di tutti gli (dico tutti gli) Asburgo. 3) Disarmo rigoroso secondo la lettera del trattato di pace e partecipazione sotto una qualsiasi forma della Piccola Intesa alla Commissione di contratto. 4) Risarcimento spese danni derivanti alla Cecoslovacchia dagli attuali provvedimenti. Sempre animato dal desiderio di non spingere le cose all'accesso sarconciliante e disposto trattare circa punto 4° e seconda parte punto 3° ma non posso esimermi dal(...) queste domande per una soddisfazione dovuta all'opinione pubblica. · Martedì convocazione del nuovo Parlamento, esporrcon tutta franchezza situazione internazionale e risposta che avrricevuto dall'Italia anzitutto e dalle altre grandi potenze e lasceral Parlamento decisione proponendo di agire nel senso indicato pisopra».
Ho cercato di riferire pifedelmente che mi è stato possibile quanto Benès mi ha detto con la espressa preghiera di telegrafare subito a V.E.(1). Spero poter conoscere entro sabato modi di vedere di V.E. e del r. Governo d'accordo col quale ha insistentemente ripetuto di voler procedere. Mia impressione è che questo desiderio sia sincero e, come ho accennato precedente telegramma, sulle linee generali, programma d'azione non(...) assumendone piena responsabilità(2).
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6483/641. Parigi, 27 ottobre 1921, ore 21,40 (perv. ore 3,40 del 28).
Conferenza degli ambasciatori ha deliberato telegrafare a rappresentanti francesi a Budapest Belgrado Bucarest Praga perché si accordino con Governi alleati per fare seguente comunicazione:
A Budapest: si manifesta compiacimento per energia e decisione del Governo ungherese. Lo si invita consegnare ex re Carlo a comandante flottiglia torpediniere inglese che si trova a Budapest. Lo si sollecita proclamare deposizione del re Carlo.
A Belgrado e Bucarest: si dà comunicazione di quanto sopra e aggiungendo che re Carlo sarà diretto a Galatz dove sarà consegnato ad incrociatore britannico e si sollecitano Governi jugoslavo e romeno a prendere misure per passaggio sul Danubio.
A Praga: si dà comunicazione delle decisione notificata a Budapest.
A Belgrado e Praga: si ricordano i termini del telegramma del 24 corr. col quale la Conferenza degli ambasciatori invitava Governi della Piccola Intesa a non prender misure militari senza accordo con grandi potenze e si aggiunge che fermezza del Governo ungherese ed intervento diretto delle potenze rendono inutile ogni azione isolata che avrebbe per effetto di compromettere la pace, inoltre si pregano i ministri alleati a Sofia prendere misure pel passaggio del re.
Prego V.E. dare ai r. ministri le opportune istruzioni. Iniziativa della espressione di compiacimento al Governo di Budapest fu presa da me. Così pure il telegramma ai Governi di Praga e Belgrado per invitarli a non fare azioni isolate è stato fatto su mia richiesta in conformità al telegramma 1690(1).
Ho comunicato presente telegramma a Praga Budapest Belgrado fino alle parole «effetto di compromettere la pace».
339 1 Con successivo T. 6487/269 Gab. in pari data Bordonaro riferiva di analoghe dichiarazioni fatte da Beneš ai ministri di Francia e d'Inghilterra e sottolineava l'urgenza di uno scambio di vedute fra le grandi potenze.
339 2 Per la risposta vedi D. 344.
340 1 Vedi D. 337.
IL DELEGATO AD ANGORA, TUOZZi(1), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6668/169. Rodi, 27 ottobre 1921, part. ore 12,45 del 3 novembre (perv. ore 18,30).
Jussuf Kemal è venuto a parlanni a lungo dell'accordo franco-turco. Egli ha incominciato col chiedere che cosa io ne pensassi e dichiarandomi che si aspettava con impazienza mia venuta ad Angora per conclusione di un accordo simile coll'Italia. Ho risposto che ignoravo le condizioni dell'accordo che sarebbe stato concluso. Non ho potuto parlare con Franklin Bouillon passato rapidamente da Nasatamuni, ove io ero, preoccupato sembra di giungere in Francia prima della partenza di Briand per Washington. Per quel che riguarda un accordo coll'Italia era noto essere nei desideri del r. Governo il solo che si fosse astenuto da qualsiasi occupazione provincie Impero ottomano ma che dovevo aggiungere tale accordo era stato finora reso difficile disposizioni Governo Angora che non aveva voluto persino ratificare atto di Londra firmato da Bekir Sami bey(2)che pur presentava tanto vantaggio per la Turchia. Mi rispose che non fu ratificato perché par lavasi di zona d'influenza e si atteneva Accordo tripartito di cui i turchi non vorranno mai sentire parlare perché presume spartizione futura loro paese. Domandatogli se accordo turco-francese riguardava tutte le zone dell'Accordo tripartito compresa la Cilicia, egli mi rispose che no ed ha esposto per sommi capi quelle che sono le clausole dell'accordo. La Francia si obbligherebbe sgomberare la Cilicia compresa Mersina nel periodo massimo di due mesi. Turchia s'impegna rispettare diritti minoranze religiose. Turchia ottiene una rettificazione frontiera siriana riconoscendo mandato francese in Siria. Sarebbe rispettato statu quo circa scuole ospedali( ... ) religiosi francesi in Cilicia ma Francia si obbliga ad attenersi alle ( ... ) turche e non fare propaganda contro Turchia. Nessuna concessione di ferrovie ma concessioni miniere ferro cromo manganese presso Trebisonda, lontano disse il ministro degli affari esteri dalla cosiddetta zona d'influenza. Nessuna clausola circa gendanneria ma esiste accordo firmato con cui Turchia s'impegna assumere ufficiali francesi per la scuola gendanneria ove ritenuto utile. Richiesto se fosse esatto che ufficiali erano partiti con missione francese per la Francia egli mi rispose non essere civeritiero. Tre ufficiali turchi si recherebbero Francia per acquistare munizioni per cui sarebbe aperto un (manca). Ministro affari esteri aggiunse che in caso(...) nazionale vale a dire Anatolia ai turchi senza zona d'influenza, privilegio e senza capitolazioni, erano pronti accordarsi con noi e con Inghilterra. Avendo fatto io osservare che con accordo francese Governo Angora faceva pure il sacrificio di riconoscere la perdita di una bella provincia come la Siria, mi rispose che essi sinceramente hanno stabilito di lasciare provincie Arabia al loro destino. Non mi disse nulla, ma non dubito che me lo dirà in una conversazione prossima, del riconoscimento del nostro possesso Dodecaneso e Castelrosso. Io non sono in grado poter controllare se tali clausole
accordo sono esatte e siano le sole. V.E. potrà controllare a Parigi e comwanni le notizie che colà si potranno avere perché non v'è dubbio che accordo turco-francese dovrà servire di base al nostro ove se ne voglia concludere uno. Se è tale come è stato riferito, e se approvato Governo francese, equivarrebbe abbandonare completamente Accordo tripartito che la Francia potrà forse fingere dinanzi ai turchi di accettare per essere sicura intanto lavorare in Siria e giustificare dinanzi opinione pubblica internazionale e interna sgombero Cilicia. Quest'ultima(...) potrebbe forse(...) per noi per desiderare un accordo(...) faccio una illusione credere data mentalità Anatolia poter ottenere concessioni economiche ammesso che venissero concesse.
Governo di Angora perha fretta concludere poiché spera dopo avvenuto accordo con noi poter convincere anche l'Inghilterra ad un accordo del genere. Roma Costantinopoli Rodi informati.
341 1 Già delegato per la Caramania dell'ambasciata d'Italia a Costantinopoli, Tuozzi era stato incaricato di avviare trattative con il governo kemalista di Angora.
341 2 Si tratta dell'accordo di Londra del 12 marzo 1921 tra Sforza e Bekir.
IL GOVERNATORE DELLA CIRENAICA, DE MARTINO, ALL'EMIRO IDRIS ES-SENUSSI
L. Bengasi, 27 ottobre 1921.
Il Governo italiano attendeva che per il 25 ottobre i campi annati fossero interamente sciolti, secondo l'articolo 6° dell'accordo di Er-Regima(1)in cui è detto che l'emiro provvederà a sopprimere per sempre i campi annati e relativi caracol e qualunque organizzazione politica amministrativa e militare dei paesi che non siano affidati alla sua amministrazione.
Il Governo avrebbe poi provveduto al'organizzazione del paese secondo la legge fondamentale(2), adempiendo l'obbligo previsto per esso nei due commi precedenti dello stesso articolo: obbligo che non è subordinato a nessun termine e tanto meno anteriore allo scioglimento dei campi.
Tuttavia il Governo ha preso atto della lettera di V.A. in data 5 safar, nella quale è detto che se l'A.V. non avesse temuto una reazione, avrebbe ritirato i campi annati senzaltro, senza la minima osservazione; ma date le attuali circostanze, data l'attuale situazione politica, il discorde pensiero beduino, i rancori antichi e recenti che li dividono, l'A.V. riteneva necessario un espediente provvisorio che serva come di preparazione alla definitiva attuazione dell'accordo di Er-Regima anche in questo punto.
Il Governo riconoscendo che la lealtà dimostrata da V.A. negli anni scorsi gli consiglia di prestare fede all'esistenza di queste difficoltà fatte presenti da V.A.; desideroso d'altra parte di mostrare pubblicamente che gli accordi con la Senussia sui quali il popolo italiano ha riposto finora fiducia, durano ancora in vita per il bene del paese, ha deciso di accettare la soluzione transitoria proposta da V.A.
Esso dunque conviene e con la presente lettera ammette che dopo lo scioglimento di tutti i campi e caracol e la soppressione di tutta l'organizzazione amministrativa politico e militare che V.A. si è già impegnato a eseguire subito, il Governo e l 'A. V. istituiranno di comune accordo presidi misti di soldati del Governo in proporzione di 1 O e di mohafdia in proporzione di 8, nelle seguenti località: El Abiar, Tecniz, Slonta e Mdauar.
Questi presidi misti dipenderanno dai mudir nominati dal Governo. A questa organizzazione provvisoria verranno preposti due sopraintendenti l'uno nominato dal Governo l'altro da S.A. l'emiro secondo gli accordi verbali presi.
Il Governo rinuncia alla sua domanda di porre un termine fisso a questa organizzazione e confida nella piena lealtà e nell'onore di V.A. affinché in sincera concordia con la lealtà costantemente mostrata dal Governo si adoperi a far cessare questa organizzazione provvisoria non appena le menti si siano calmate ed il Governo abbia completato nel paese la sistemazione prevista dallo Statuto.
Se il Governo incontrasse qualche difficoltà in questa sistemazione V.A. secondo l'accordo di Er-Regima darà tutta la sua collaborazione per vincere questa difficoltà e se neppure questa collaborazione riuscisse a vincerle, s'intende di comune accordo che questa non avvenuta sistemazione parziale, non sarà di ostacolo alla cessazione dell'organizzazione provvisoria.
Con queste condizioni, quando il Governo vedrà da se che la forza aggiunta non è più necessaria concorderà insieme con l 'A. V. la cessazione dell'organizzazione provvisoria.
Per tutto il resto il Governo e l 'A. V. si rimettono fiduciosamente al rispettivo buon volere che ci anima per il bene delle popolazioni, agli accordi verbali presi regolandosi sempre secondo la lettera e lo spirito dello Statuto e dell'accordo di Er-Regima(3).
342 1 L'accordo di Er-Régima del 25 ottobre 1920 affennava esplicitamente la sovranità italiana per la parte colonizzabile del territorio della Cirenaica (zona costiera e altipiano); ma anche, implicitamente, per le oasi dell'interno, della cui amministrazione veniva investito l'emiro, capo della Senussia.
342 2 Il riferimento sembra alla Carta costituzionale elargita alla Tripolitania il 10 giugno 1919 ed estesa alla Cirenaica il 31 ottobre successivo.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6542/656. Parigi, 29 ottobre 1921, ore 20,45 (perv. ore 3 del 30).
Seguito lettera inviata da Benès a Briand e comunicata alla Conferenza degli ambasciatori(1)questa ha deciso telegrafare oggi al ministro di Francia una nota da presentare in nome della Conferenza e di tutti i ministri alleati. Segue riassunto nota:
1) Si accetta chiedere a Governo ungherese immediata dichiarazione decadenza Asburgo(2);
2) Quanto applicazione del Trattato Trianon Conferenza dichiara che ne persegue la applicazione insieme a quella dalle convenzioni che ne derivano (si allude all'accordo di Venezia) e che sono state concluse fra talune delle nazioni eredi della monarchia austro-ungarica
3) Si comunica che le Commissioni interalleate di controllo del disarmo potranno valersi di ogni utile informazione che verrà fornita dalla Piccola Intesa. Così pure le Commissioni avranno facoltà di informare la Piccola Intesa dello stato dei lavori.
4) Si avverte che le grandi potenze avendo invitato ripetutamente le potenze limitrofe dell'Ungheria ad astenersi da qualunque misura non concretata preventivamente non vi è base alla richiesta di indennizzo a carico della Ungheria per mobilitazione indetta dal Governo czecoslovacco. Si conclude che in vista attitudine corretta del Governo ungherese nulla giustificherebbe azione militare di cui parla Benès. Conferenza ambasciatori confida nell'amore per la pace della Czecoslovacchia e l'invita a smobilitare.
Uguale comunicazione è inviata dalla Conferenza a Belgrado e Bucarest.
Inoltre ministro Francia a Budapest è incaricato di presentare insieme colleghi alleati a Governo ungherese telegramma qui presso riassunto: Conferenza ambasciatori rileva che Governo ungherese non dà seguito a domanda di decadenza di re Carlo. L'abdicazione dell'ex re non può essere considerata come esecuzione delle decisioni delle potenze. Si insiste su necessità agire rapidamente per calmare agitazione Stati vicini. Conferenza quindi si attende che Governo ungherese proclami senza indugio decadenza di re Carlo e di tutti gli altri Absburgo conformemente telegrafato in data odierna con telegramma 650.
Ho comunicato quanto precede a r. ministri Praga Budapest Belgrado Bucarest ai quali V.E. vorrà dare le istruzioni del caso.
342 3 Con missiva del 28 ottobre successivo, l'emiro ldrìs es-Senussi concordava con il governatore De Martino nello spirito e nella lettera dello Statuto e dell'accordo dì Er-Régima.
343 1 Ne aveva riferito Bonìn a Torretta con T. 6511/650 dello stesso giorno.
343 2 Con T. 6555/639 delle ore 21,50 dello stesso giorno, Castagneto osservava l'inopportunità dì una misura dì decadenza dì tutti gli Asburgo, perché tale da provocare una reazione e far cadere, all' Assemblea nazionale dì Budapest, la proposta di detronizzazione.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO
T. 1717 PREC. ASS. Roma, 29 ottobre 1921, ore 24.
Ricevuto suo telegramma n. 268 urgentissimo Gabinetto(1).
Prego anzitutto V.S. di voler ringraziare Benès delle sue speciali dichiarazioni riguardanti l'Italia e dargli le più ampie assicurazioni che esse rispondono perfettamente alle disposizioni mie e del Governo italiano verso la Cecoslovacchia. Egli pucontare incondizionatamente sull'appoggio dell'Italia, cui interesse è il rafforzamento dello Stato cecoslovacco ed è in considerazione appunto di questo interesse che torno a consigliargli la maggiore pacatezza e moderazione nelle presenti circostanze.
Il signor Benès ha perfettamente ragione di richiedere efficaci garanzie per la sicurezza e lo sviluppo del suo paese, ma è certo pivantaggioso di riuscire ad ottenerle evitando superflue complicazioni e turbamenti nel pacifico svolgimento della vita di codesto popolo all'inizio della sua vita nazionale. Date le disposizioni dell'Italia e quanto mi consta circa quelle degli Alleati il signor Benès deve essere sicuro che l'accordo sui suoi desideri sarà certamente raggiunto s'egli continuerà ad agire con ponderatezza e senza precipitazione. Egli ha potuto esperimentare che la dichiarazione del casus belli per la presenza del re Carlo in Ungheria trovla solidarietà dell'Italia e la connivenza degli Alleati, appunto perché trattavasi di una situazione pericolosa da risolversi con la
massima urgenza, mentre ora, trattandosi di giungere ad un accordo per il quale vi sono le migliori buone disposizioni, atteggiamento eccessivo di violenza non giustificato dalle circostanze potrebbe compromettere quelle identità dì atteggiamento delle potenze che è coefficiente dì somma importanza per ottenere soddisfacenti risultati.
Cio premesso V.S. puformalmente dichiarare che l'Italia è disposta ad accogliere in genere tutti i desiderata esposti dal signor Benès e ad appoggiarli presso gli Alleati nella persuasione che egli, come già dimostra a riguardo del punto 4 e seconda parte del punto 3, sarà nelle questioni complementari accomodante di fronte alle possibili obbiezioni degli Alleati, evitando dì mettere in forse, solo a causa di esse, il raggiungimento del perfetto accordo con le grandi potenze.
Quanto alle riserve circa il Burgenland ritengo necessario chiarire il mio punto di vista che non si discosta nel risultato desiderato da Benès, ma differisce nel metodo da seguire per raggiungerlo, differenza causata forse da una inesatta conoscenza da parte sua dei termini dell'accordo stesso. (Invio per posta il testo dell'accordo acciocché ella possa comunicarlo a titolo personale e confidenziale).
V.S. vorrà anzitutto porgere a codesto ministro affari esteri i miei ringraziamenti per la sua dichiarazione di accostarsi al punto di vista italiano per un sentimento dì riguardo, ma vorrà anche chiarirgli che la mia opinione trae origine dalla considerazione che il compromesso di Venezia è indiscutibilmente un'arma efficace da far valere in questo difficile momento verso l'Ungheria, per la quale rappresenta la possibilità di superare gravi difficoltà interne e contribuisce così al mantenimento della pace che è indubbiamente interesse vitale della Cecoslovacchia e dell'Italia.
Escludo in modo assoluto che il compromesso di Venezia possa servire all'Ungheria di pretesto od occasione per impiantare una politica di revisione dei trattati, essendo anzi fermo intendimento dell'Italia, in ciconcorde con gli Alleati, che la chiusura di questa discussione debba servire a giungere nel modo pirapido all'esecuzione del Trattato di Trianon. Accettai il difficile compito e dedicai le migliori cure nell'assolverlo perché appunto ero mosso da queste considerazioni.
Non mi rendo esatto conto della parte della proposta di Benés quando accenna ad evacuazione e consegna del Burgenland all' Austria secondo disposizioni trattato dì pace, facendo presente che mediazione ebbe inizio solo dopo firma processo verbale di consegna di tutto il Burgenland agli Alleati da parte dell'Ungheria e che a Venezia è stato stipulato nel modo pichiaro che ogni ulteriore procedura dovesse svolgersi mediante consenso e cooperazione degli Alleati.
Tutto Ciò premesso è certamente nel beninteso interesse dell'Italia e della Cecoslovacchia, ai finì di una politica pacifica, il rinvio dell'esecuzione del compromesso di Venezia, ma solo fino e non oltre a quel momento in cui chiaritasi la situazione in Ungheria nei riguardi esteri ed interni si giudichi arrivato il momento in cui l'accordo debba avere pratica esecuzione nelle modalità già stabilite dagli Alleati.
Stimo opportuno infine attirare la sua attenzione sulle dichiarazioni del ministro Benès circa le relazioni dell'Italia con la Jugoslavia sembrandomi conveniente che ella trovi modo dì lasciare intendere che le disposizioni del Governo italiano verso quello Stato sono tali che ove pure esistano degli interessi in qualche punto discordanti, è suo fermo intendimento procedere nelle trattazioni relative ad essi con il maggior possibile spirito dì conciliazione e con la ferma volontà dì intrattenere i piamichevoli rapporti. Se il signor Benès vorrà dimostrarsi a Belgrado formalmente consapevole dì tali nostri intendimenti, farà certamente opera utile contribuendo a dissipare impressioni che certi organi di stampa ed anche alcuni elementi politici non responsabili possono suscitare, contrariamente a quello che è il vero sentimento del Governo e della grande maggioranza del paese(2).
344 1 Vedi D. 339.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI
T. 1724. Roma, 30 ottobre 1921, ore 4.
Ho ricevuto suo rapporto n. 10288 del 17 ottobre(1)circa allontanamento metropolita Apostolos da Rodi. Da un primo esame questione sembrerebbe anche a me miglior partito mettersi sulla via costituzione chiesa autocefala per quanto cipossa essere in contrasto con art. 2 accordo Bonin-Venizelos del 10 agosto 1920(2), il quale pernon ci impegna definitivamente dovendo essere sottoposto al Parlamento per l'eventuale ratifica. Ad ogni modo V.E. potrebbe iniziare fin d'ora pratiche con opportuna prudenza come propone nel suo rapporto e naturalmente in modo che Governo appaia ad esse estraneo.
Resterebbe persempre da decidere circa persona metropolita Apostolos che non purestare lungo tempo custodito a Patmo senza inconvenienti fra i quali quello di creargli fra i suoi partigiani una pigrande aureola di martirio. Bisognerebbe quindi al momento più opportuno a giudizio di V.E. allontanarlo definitivamente dal Dodecanneso, ma cineanche troppo presto per evitare una sua reazione negli ambienti greci contraria ai nostri progetti. Intanto senza dimostrare alcuna premura di trattative col Patriarcato, occorrerebbe ottenere da questo che si lasci per qualche tempo vacante la sede metropolitana di Rodi in modo che riuscendo noi a costituire chiesa autocefala non si produca la coesistenza di un metropolita e di un antimetropolita.
Prego telegrafarmi suo parere al riguardo per eventuali istruzioni al r. ambasciatore a Cospoli(3).
IL MINISTRO A LISBONA, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6587/41. Lisbona, 30 ottobre 1921, ore 11,20 (perv. ore 22,30).
Situazione grave, Ministero non trova consistenza(1).
Presidente della Repubblica insiste proprie dimissioni, non potendo sciogliere Parlamento come vorrebbe imporre comitato rivoluzionario. Ministro affari esteri mi
ha detto segretamente che si cerca costituire Ministero concentrazione con persone molto energiche alla testa al quale presidente della Repubblica delegherebbe suoi poteri. Nuovo presidente del Consiglio scioglierebbe Parlamento farebbe elezioni e il nuovo Parlamento potrebbe nominare nuovo presidente della Repubblica. Egli mi ha chiesto patrocinare combinazione presso miei colleghi grandi potenze per ottenere riconoscimento estero. Ho risposto avrei fatto tutto il possibile evitare spargimento di sangue e per ritorno ordine, tranquillità, pertemo che questa combinazione non sarà attuabile perché elementi rivoluzionari fomenteranno nuovi disordini. Regna grande terrore alcuni perseguitati rifugiati presso di me.
344 2 Queste considerazioni sulle relazioni con la Iugoslavia furono poi trasmesse al ministro a Belgrado con T. 1747 del 1° novembre.
345 1 Non rinvenuto. Sulla questione si veda il D. 294.
345 2 L'art. 2 dell'accordo Bonin-Venizelos del 10 agosto 1920 riservava alla comunità greca di Rodi -con ampia autonomia sotto sovranità italiana -il diritto di conservare chiese e strutture scolastiche e di beneficenza «alla dipendenza del Patriarcato ecumenico».
345 3 Per la risposta vedi D. 352.
346 1 Una rivoluzione a carattere militare esplosa il I 9 ottobre aveva portato alla costituzione di un Governo rivoluzionario sotto la presidenza del col. Coelho, con Veiza Simoes al Ministero degli esteri.
IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DI PORTO ROSE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6569/9. Portorose, 30 ottobre 1921, ore 13,10 (perv. ore 18,30).
Ieri mattina è stata aperta Conferenza(1)con intervento di tutti i delegati compresi i czecoslovacchi. Dopo la mia elezione a presidente proposi quali vice presidenti delegati francese ed inglese essendo rimasto con essi di accordo che si riterrebbero soddisfatti di questa designazione onorifica e che la presidenza delle Commissioni sarebbe riservata agli Stati successori mantenendo al convegno suo carattere di «Conferenza tra questi ultimi coll'intervento della Francia ed Inghilterra quali consiglieri a fianco dell'Italia». Tale accordo non fu mantenuto poiché quando Commissioni si riunirono per eleggere loro presidente tanto delegato francese, malgrado sua qualità vice presidente Conferenza, quanto secondo delegato francese fecero proporre loro candidatura per presidenza Commissione trasporti. Non fu senza difficoltà che questa manovra venne sventata dopo altre tre ore di discussione. Prima commissione elesse Luciolli; seconda Greborio e la terza non essendosi raggiunto accordo sopra un nome unico decise che presidenza fosse esercitata a turno da ciascuno degli Stati successori escludendo delegato francese ed inglese. A meno che questa dissimilarità nel funzionamento della presidenza fra le due prime Commissioni e la terza non porti a modificazioni, coi risultati raggiunti possiamo considerare aver affermata nostra influenza preponderante nella Conferenza. Anche il Segretariato generale che Francia pretendeva per sé rimasto all'Italia. Se sono riuscito poi ad accentuare una diversità di situazione fra l'Italia con gli Stati successori da una parte e la Francia ed Inghilterra dall'altra, temo non potrimpedire ai delegati di queste due potenze votare così
nelle Commissiorcome nelle Assemblee plenarie avendo atfennato recisamente questo loro diritto. Cosicché se V.E. ritiene che tale pretesa [ ...] occorrerà siano provocate speciali istruziorai delegati francese ed inglese da parte dei rispettivi Governi.
347 1 Prevista inizialmente per il 9 luglio, rinviata successivamente ai primi di ottobre, la Conferenza economica sulla facilitazione delle relazioni economiche e commerciali, delle comunicazioni e dei trasporti tra gli Stati successori dell'ex impero austro-ungarico (Italia, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Regno S.H.S., Romania, Ungheria), con la partecipazione anche di Francia e Inghilterra, aveva avuto una prima riunione ufficiosa il 2S ottobre, con inizio dei lavori il 29, a causa dell'assenza dei rappresentati di vari Governi. Si sarebbe conclusa il 23 novembre con la firma di un protocollo e con sette accordi specifici. Vedi Trattati e convenzioni, voi. 27, nn. LXV e LXXII.
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6576/644-645-646. Budapest, 30 ottobre 1921, ore 21,20 (perv. ore 0,30 del 31).
Ministro affari esteri ha infonnato mirtro britanro, alto commissario francese e me aver presidente Benès dichiarato all'incaricato d'affari d'Ungheria in Praga che concentrazione delle truppe sulla frontiera ungherese sarebbe tenninata tra il 1°e il 2 novembre.
Benès chiede al Governo ungherese: 1) dichiarazione ufficiale da parte Governo magiaro della esclusione (dechéance) dal trono d'Ungheria dell'ex re Carlo e di tutti i membri della famiglia d'Absburgo, annullamento della [ ... ] sanziore che, in appresso, questa decisione dovrà essere ratificata dall'Assemblea nazionale; 2) disarmo generale ed esecuzione dei patti contenuti nel Trattato Trianon: per questi punti controversi Benès si accontenterebbe di una dichiarazione di principio e per l'esecuzione poi s'intenderebbe con le grandi potenze; 3) rimborso delle spese di mobilitazione. Per questa parte pure basterebbe una dichiarazione di principio ed i dettagli di pagamento saranno discussi in appresso e potranno essere soddisfatti in natura: viveri, grano ecc. Se per martedì 1° novembre Governo czecoslovacco non riceverà una risposta favorevole truppe czecoslovacche e serbe entrerebbero pel 2 novembre in Ungheria ed occuperanno alcune parti del territorio magiaro fino alla completa esecuzione delle richieste. Nel caso di accettazione Benès s'impegna di fennare operaziordelle sue truppe e di quelle serbe: le spese militari ulteriori al 1° novembre non saranno portate a conto del Governo magiaro ed i Gabinetti Praga e Belgrado esamineranno la questione delle minoranze. Benès avrebbe dichiarato che «si sarebbe accontentato che il Governo ungherese esprimesse alle grandi potenze l'accettazione di queste domande e nello stesso tempo egli sarebbe infonnato in via ufficiosa».
Cimi pennette fare osservare all'E.V. la fonna singolare di queste pretese di Benès. Benès avrebbe detto all'incaricato d'affari d'Ungheria in Praga di avere infonnato sabato 29 ottobre Gabinetti Roma Parigi e Londra che le operazioni militari contro Ungheria si sarebbero iniziate il 2 novembre.
Benès avrebbe pure dichiarato allo stesso incaricato d'affari essere disposto ariconoscere valido accordo di Venezia per il quale è d'accordo col Governo italiano che sarebbe riconosciuto valido solo dopo che la questione della detronizzazione di tutti gli Absburgo sarà definita.
Ho dichiarato a questo punto che il mio ministro mi avrebbe certamente tenuto infonnato di un impegno di questo genere e che io personalmente non consideravo potervi essere connessione alcuna fra accordo Venezia e ultima avventura dell'ex sovrano. Con i miei colleghi francese e britannico consideriamo la situazione oltremodo grave e che il modo di agire del Governo czecoslovacco è contrario ad ogni principio di giustizia e equità. Solo una azione per parte delle grandi potenze a Praga e Belgrado
potrà salvare la pace in Europa centrale. Ministri di Francia, di Gran Bretagna ed io abbiamo telegrafato alla Conferenza ambasciatori a Parigi e ai rispettivi Governi.
Dinanzi alla estrema gravità della situazione abbiamo consigliato al Governo ungherese piuttosto che di opporsi militarmente alla invasione del suo territorio di rimettersi completamente alle grandi potenze. Da fonte attendibile mi consta che Cecoslovacchia vuole occupare Salgotarian dove trovansi miniere di ferro e carbone e la Serbia il territorio di Pecs. Tutti gli ufficiali dei due Stati Cecoslovacchia e Serbia trovansi già ai loro posti compresi gli ufficiali francesi in Cecoslovacchia.
Le carte militari sono già state distribuite. Se le operazioni militari saranno iniziate qualsiasi azione delle grandi potenze giungerà troppo tardi. Ministro affari esteri ungherese aderendo al nostro consiglio ci ha fatto pervenire la dichiarazione seguente: «En communiquant le message télégraphique adressé Ministère des Affaires Etrangères pour Mr. Benès Président du Conseil des Ministres de la République Tchéquoslovaque le Gouvernement Hongrois se remet pour la solution de la crise presente entièrement à la décision des Grandes Puissances Alliées. Le Gouvernement Hongrois déclare en meme temps qu'il s'est, sur le Conseil des représentants des Grands Puissances Alliées à Budapest, abstenu de prendre des mesures quelconques. Il est par conséquent sans défense et prie les Gouvernements des Grandes Puissances Alliées de prévenir l'agression de la Tchecoslovaquie et de Serbes-Croates Slovènes et de lui procurer des garanties aptes à sauvegarder les droits et interests de la Hongrie au cas d'une agression des ses voisins».
Desidererebbe unanimità nel constatare l'ingiusta attitudine dei Governi della Piccola Intesa dopo le prove di lealtà date nelle ultime dolorose circostanze dal Governo ungherese. Ci consta inoltre che il Governo ungherese si adopera in tutti i modi per fare abdicare ex sovrano e che farà poi prendere atto di tale decisione l'Assemblea nazionale. Oggi stesso è stato stabilito da noi che gli ex sovrani d'Ungheria s'imbarcheranno a Baia nella notte fra il 1° ed il 2 novembre sopra una cannoniera britannica per raggiungere a Galatz un incrociatore inglese.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1729. Roma, 30 ottobre 1921, ore 22.
Telegramma di V.S. n. 638(1).
Mi sono adoperato e continuo adoperarmi presso potenze alleate e Piccola Intesa per impedire gravi complicazioni a danno Ungheria e per appoggiare Governo del conte Bethlen.
È bene perche la S.V. non lasci presso di esso sussistere dubbio alcuno che non potrei continuare in queso mio atteggiamento e che ogni mio sforzo sarebbe del resto condannato a sicuro insuccesso se da parte sua Governo di Budapest non giungesse nel modo il pisollecito o ad ottenere la rinunzia di Carlo per sé e per la sua famiglia al trono di Ungheria, o una dichiarazione dell'Assemblea nazionale circa decadenza degli Absburgo.
349 1 Del 28 ottobre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1731. Roma, 30 ottobre 1921, ore 22.
Telegramma di V.E. n. 634(1).
Dato atteggiamento Governo britannico e per considerazioni di politica generale non ho creduto fare nuovi passi a Londra. Stando così le cose prego V.E. affrettare discussione definizione questione albanese da parte Conferenza ambasciatori. Ove riuscisse vano ogni ulteriore tentativo circa cessione Velecicut autorizzo aderire alla proposta britannica facendo dichiarazione di cui al mio telegramma n. 1561(2) che ritengo conveniente modificare nel modo seguente in vista a nuove circostanze relative ed alla situazione internazionale del momento.
R. Governo nel prendere iniziativa sistemare questione albanese mediante costituzione Stato indipendente limitandosi solo a salvaguardare suoi interessi strettamente strategici doveva prefiggersi dare al nuovo Stato vitalità indispensabile per realizzare pace e rapporti buon vicinato con Stati confinanti. A tale scopo ha ritenuto necessario la conferma all' Albania delle frontiere del 1913 per cercare di eliminare, sulla base di un patto precostituito e riconosciuto dalle grandi potenze e dagli Stati interessati, ogni ulteriore contestazione che potesse mettere in pericolo la compagine e la esistenza dello Stato albanese. Poiché il Governo britannico pur aderendo in massima alla riconferma delle frontiere del 1913 ritiene necessario apportare alcune rettifiche a nord e a nord-est, Governo italiano, tenendo anche in considerazione i desiderata del Governo S.H.S., non insiste nel suo contrario avviso che era ispirato unicamente allo scopo predetto. Tiene pera chiarire che esso ha insistito nella conferma delle frontiere del 1913 per dare assètto pisicuro allo Stato albanese evitando che la stessa città di Scutari costituisca minaccia di possibili complicazioni. Regio Governo considera che dopo questa sua adesione si debba procedere senza ulteriore dilazione o discussione alla pratica definitiva sistemazione territoriale albanese ormai voluta concordemente dalle potenze alleate.
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6599/652 uu. Budapest, 31 ottobre 1921, ore 21,40 (perv. ore 9,30 del 1° novembre).
Mio telegramma n. 648 e mio telegramma n. 649(1).
Alle ore 15 ci siamo nuovamente riuniti alla Presidenza del Consiglio. Presidente Bethlehn ci ha fatto la dichiarazione seguente: 1) l'Ungheria si rimetteva completamente nelle mani delle grandi potenze; 2) ( ...)ci ha fatto una dichiarazione nelle quale dichiarava decadenza dell'ex re Carlo e di tutti i membri della casa Asburgo dal trono di Ungheria; 3) che questa dichiarazione sarà notificata per iscritto e sarà ratificata dall' Assemblea nazionale nel termine di una settimana dal giorno in cui l'ex sovrano sarà stato rimesso al comandante nave britannica ( ciò che avrà luogo 1° novembre);
4) Governo Ungherese conta che grandi potenze prenderanno tutte le misure in loro potere per impedire invasione dell'Ungheria da parte Czecoslovacchia e Serbia; 5) che nel caso che Serbia e Czecoslovacchia non si sottomettessero alla volontà del'Intesa il Governo ungherese richiederebbe dalle grandi potenze una garanzia affinché truppe cecoslovacche e serbe evacuino territorio ungherese in un breve spazio di tempo; 6) che i Governi cecoslovacco e serbo saranno considerati responsabili delle eventuali violenze durante la loro occupazione in Ungheria.
Con i miei colleghi riteniamo che dopo la dichiarazione presidenziale della detronizzazione dell'ex re Carlo e dei membri della sua famiglia la Piccola Intesa potrà rendersi soddisfatta tanto più chele altre pretese dipendono dalla decisione delle grandi potenze e dalla dichiarazione di Bethlehn ci auguriamo che nel caso di una eventuale invasione le truppe ungheresi saranno ritirate senza opporre resistenza. Sargrato all'E.V. poter dare assicurazione al più presto possibile al Governo Ungherese per l'ultima parte della dichiarazione presidenziale e ciper calmare l'opinione pubblica ungherese che è oltremodo agitata.
Telegramma nello stesso senso è stato da noi trasmesso alla Conferenza degli ambasciatori.
350 1 Del 26 ottobre, non pubblicato.
350 2 Vedi D. 283.
351 1 Del 31 ottobre, non pubblicati.
IL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6732/10808. Rodi, 31 ottobre 1921, part. ore 15,30 del 4 novembre (perv. ore 18,30).
Telegrammi di V.E. nn. 1675(1) e 1724(2).
A parte il fatto che il Trattato di Sevres non è stato ratificato ( e per quanto concerne il Dodecanneso ripeto l'augurio non lo sia mai) non mi pare possibile attenersi a quanto prescrive l'articolo 2 della Convenzione Bonin Venizelos di tenere cioè la comunità ortodossa di Rodi alla perpetua dipendenza del Patriarcato ecumenico. Tale obbligo difatti non puriposare che su una di queste due ipotesi: i turchi restano a Cospoli e ridivengono padroni di Rodi, oppure i greci vanno a Cospoli e divengono padroni di Rodi. Ambedue ipotesi a quanto mi è dato argomentare sono contrarie alle finalità della nostra politica. Se invece è ( come credo debba essere) nostro intento di adoperarci perché Rodi divenga presto e definitivamente italiana, la separazione di questa chiesa ortodossa dal Patriarcato
s'impone e siccome l'occasione se ne presenta quindi è meglio farlo, io mi proporrei di trasportare fra qualche settimana il metropolita dove meglio gli aggrada, restituendogli i suoi danari e la sua roba e poi non occuparmi più deifatti suoi. Qui lascerei funzionare per proprio conto la chiesa e le istituzioni ortodosse avvezzandole all'autonomia e forse producendovi una leggera disorganizzazione per nulla contraria ai nostri interessi. Dopo un periodo pio meno lungo che io o chi sarà al mio posto potrà giudicare sufficiente si potrà provocare dagli ortodossi stessi una domanda di convocazione del clero ad eleggere il suo metropolita e se la preparazione sarà stata fatta a dovere non ci sarà difficile di fare nominare chi vorremmo. Col Patriarcato ecumenico io almeno per ora parlerei poco o niente. Se ritornano alla carica si potrebbe freddamente accennare loro che la loro sincerità ha dato luogo a sospetti e che anche teoricamente è assai dubbia la opportunità che la chiesa di Rodi in terra non piturca resti alla dipendenza di esso patriarcato(3).
352 1 Del 23 ottobre, non pubblicato.
352 2 Vedi D. 345.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI, COSTANTINOPOLI E LONDRA E AL GOVERNO DI RODI
T. 1739. Roma, 1° novembre 1921, ore 4.
(Per Parigi-Cospoli-Rodi) Regio ambasciatore Londra telegrafa:
(riprodurre telegramma di collezione n. 6544 da«... a ...»)(1)
Ho risposto a De Martino:
(Per Londra) Suo telegramma n. 1469.
(Per tutti) Come è noto a V.E. non è esatto che nostre truppe abbiano abbandonata Anatolia, poiché esse rimangono a Scalanova e lungo valle Meandro, mentre nostra marina guerra mantiene proprie unità incrocianti lungo il resto della costa e ad Adalia rimane nostro stazionario.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6614/276. Praga, 1° novembre 1921 (perv. ore 21,45 stesso giorno).
Le dichiarazioni da me fatte in base istruzioni contenute nel telegramma di V.E. 1717(1) sono state accolte da Beneš molto favorevolmente. Egli mi ha pregato di ringraziare
V.E. e di farle conoscere che attribuisce ad esse molta importanza. La buona disposizione
di V.E. ad accogliere in genere tutti i desiderata sui quali Conferenza degli ambasciatori si è già pronunciata gli fa sperare nell'appoggio dell'Italia per le questioni complementari tuttora in discussione. Circa Burgenland è perfettamente d'accordo con V.E. Osservo a questo proposito che opposizione manifestata in alcuni giornali e circoli politici cecoslovacchi alla esecuzione accordo Venezia non è mai stata condivisa da Beneš il quale solo dopo avventura Carlo espresse riserva da me comunicata pur rimettendosi al punto di vista di V.E. Anche schiarimento circa nostre relazioni con Jugoslavia è stato ascoltato da Beneš con interesse e compiacimento e non dubito che se ne servirà all'occasione.
352 3 Con T. 181 Os.d. Torretta approvava poi la linea di condotta suggerita da De Bosdari, tenendo tuttavia presenti le difficoltà pratiche da sormontare.
353 1 T. 6544/1469 del 29 ottobre, con il quale De Martino, riferendo del malcontento britannico per l'accordo franco-turco, riportava le critiche del Daily Telegraph all'Italia e alla Francia per aver ritirato le loro truppe dall'Anatolia.
354 1 Vedi D. 344.
L'AMBASCIATORE A TOKIO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6657/67. Toldo, 2 novembre 1921, ore 11,25 (perv. ore 12 del 3).
È venuto a vedermi questo ambasciatore degli Stati Uniti per passare in rassegna principali problemi che saranno discussi a Washington concludendo essere massima importanza raggiungere risultati soddisfacenti perché fallimento trascinerebbe verso un fatale conflitto. Considerando che questo Governo si riserva decisione di maggiore importanza il mio collega si dimostrnon a torto persuaso della preponderante influenza che situazione diplomatica e trattative a Tokio avranno per il successo della Conferenza. Chiese quindi di collaborare personalmente per la soluzione della questione col Giappone. Ho risposto che mi ero opportunamente adoperato per dissipare reciproci pregiudizi e che avevo riscontrato buona volontà presso ambienti giapponesi e che volentieri accoglievo suggerimento mantenere con lui contatto per contribuire alto scopo alleati Conferenza. Egli mi ha segnalato notizie agenzia telegrafica provenienti Roma tendenti a far credere che anche in Italia possa esservi interesse mantenere dissidio fra Stati Uniti e Giappone. Per togliergli ogrdubbio gli ho dimostrato come regio Governo intende naturalmente procedere in stretto accordo con Stati Uniti per comune obbiettivo di pacificazione. Mi sembra superfluo rilevare necessità speciali riserve al riguardo specialmente ( ... ) nostra delegazione. Ambasciatore mi promise suo pieno appoggio per quanto possa esserci grato per esempio in Estremo Oriente ove abbiamo soprattutto interessi economici.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6646/1389 RIS. Londra, 2 novembre 1921, ore 14,09 (perv. ore 0,30 del 3).
Mio telegramma n. 1349 del 26 ottobre(1).
Curzon mi parldella legazione afgana a Roma manifestando con accento di dolore sincero il grande imbarazzo in cui si viene a trovare. Egli mi disse che non dubitava
affatto delle disposizioni amichevoli di V.E. ma non poteva dissimulare che quando la notizia sarà pubblica produrrà qui grave impressione. Quindi mi chiese come mai eravamo così poco informati da non avere saputo niente circa la partenza della missione da Cabul. Ho ampiamente esposto a Curzon gli argomenti da V.E. telegrafatimi(2), compresa l'intenzione di V.E. di possibilmente eliminare in avvenire la missione afgana. Curzon soggiunse che desiderava noi fossimo ben persuasi che tutta l'azione afgana per annodare relazioni con l'Italia non è altro che frutto di intrighi ed ha per fine creare difficoltà all' Inghilterra(3).
356 1 Vedi D. 336.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1752. Roma, 2 novembre 1921, ore 21.
Sono stato informato che Governo austriaco avrebbe intenzione di entrare in contatto col Governo ungherese per stabilire di comune accordo condizioni e plebiscito Oedenburg. Malgrado che protocollo di Venezia deferisca alla Commissione interalleata di stabilire modalità plebiscite sarebbe certamente desiderabile che i due Governi interessati potessero preventivamente mettersi d'accordo in proposito. Giudicherei quindi opportuno che aperture austriache in proposito trovassero a Budapest almeno il principio accoglienza favorevole. Mi risulta che qualche difficoltà che Governo austriaco trova ancora nell'Assemblea nazionale per la ratifica dell'accordo di Venezia potrebbe essere più facilmente eliminato se condizioni plebiscito venissero sin da ora concordate tra Vienna e Budapest.
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6651/66 l. Budapest, 2 novembre 1921, ore 22,30 (perv. ore 4 del 3).
Mio telegramma n. 654(1).
Ex re Carlo ed ex regina Zita sono salpati alle ore 8,30 da Baia alla volta di Galatz dove giungeranno tra sei o sette giorni(2). Colonnello Guzzoni che li ha accompagnati
fino sulla cannoniera inglese mi ha assicurato che ex re Carlo non rendesi menomamente conto dei pericoli nei quali Ungheria è incorsa per la sua scorreria. Egli diceva con insistenza che grandi potenze sono indifferenti al suo ritorno sul trono d'Ungheria e che avrebbero fermato intenzioni aggressive Piccola Intesa, solamente Governo di Horty era causa della rovina del piano di restaurazione. Nunzio apostolico a richiesta della regina si è recato a Baia. Mi ha confermato impressione del colonnello Guzzoni. Avendo raccomandato al nunzio apostolico cercare persuadere ex sovrano abdicare mi ha detto che ad una allusione ex re ha risposto: «non abdichermai per salvare il mio popolo. Presto o tardi con l'aiuto di Dio ritornersul trono. Se per questa volta non sono riuscito significa avere Dio disposto altrimenti». Nunzio apostolico mi ha osservato confidenzialmente essere l'ex sovrano un incosciente od un santo. Ex re Carlo a mezzo colonnello Guzzoni mi ha pregato interessarmi a la sorte dei suoi complici specialmente di Rakowsky e Ostenburg che teme saranno condannati a morte. L'ostinata mentalità dell'ex sovrano rendono [sic] sempre pinecessarie misure di precauzione e di fissare la sua sede definitiva molto lontano dall'antico Impero austro-ungarico(3).
356 2 Vedi D. 330.
356 3 Con T. 1521 del 26 novembre da Londra Taliani riferiva poi degli ultimi sviluppi della questione dopo l'accordo anglo-afgano di Kabul del 22 novembre -che confermava il riconoscimento britannico della completa indipendenza dell'Afghanistan -, riportando le considerazioni di Vansittart sul fatto che l'invio della missione a Roma aveva perduto ogni importanza, e che quindi l'incidente poteva considerarsi favorevolmente risolto.
358 1 Non rinvenuto.
358 2 Giunti a Galatz, Carlo e Zita salirono sull'incrociatore inglese «Cardiff», arrivando a Gibilterra il 16 novembre e quindi ( dopo il consenso del Governo di Lisbona) a Madera, isola portoghese dell' Atlantico, dove Carlo avrebbe concluso i suoi giorni in povertà.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI
T. 1764. Roma, 3 novembre 1921, ore 23.
Riferendomi al telegramma diretto a V.S. dal r. ambasciatore a Parigi(1)circa decisione presa da Conferenza ambasciatori relativamente contegno minaccioso da parte Jugoslavia verso frontiere albanesi prego V.S. accordarsi con colleghi inglese e francese per fare passo comune presso codesto Governo allo scopo di ammonirlo severamente circa responsabilità derivanti dal suo atteggiamento contrastante volontà potenze che intendono sia rispettata integrità territorio assegnato all' Albania.
IL PRESIDENTE DELLA DELEGAZIONE ARMENA ALLA CONFERENZA DELLA PACE, PAPASIAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. 4753. Parigi, 3 novembre 1921 (perv. il 21).
Suivant des nouvelles concordantes, reçues de source privée, un accord vient d'etre signé à Kars le 13 octobre 1921, entre les représentants d'Angora d'une part et
les représentants bolcheviques de Moscou, d'Erivan, de Tiflis et de Bakou(1), d'autre part, réglant les questions des frontières et les autres questions pendantes entre les Républiques du Caucase et la Turquie.
En priant le Gouvernement de Sa Majestéè le Roi d'Italie de vouloir bien prendre acte du fait que l'administration bolchevique imposée par la force des armes à l' Arménie, dont les représentants ont signé cet accord, ne représente nullement la volonté nationale, la. Délégation de la République Arménienne à la Conférence de la Paix tient à déclarer qu'elle fait d'ores et déjà les réserves les plus formelles quant aux atteintes partielles ou générales, que l'accord en question pourrait porter au Traité de Sèvres età l'ensemble des droits qui ont été reconnus et acquis à l' Arménie en vertu d'engagements internationaux(2).
358 3 Trasmettendo questo telegramma di Castagneto alle ambasciate a Londra e Parigi, con T. 1771 del 3 novembre, Torretta aggiungeva: «Ciò conferma necessità adottare ogni precauzione nella scelta località esilio ex re Carlo».
359 1 Ne fa riferimento Bonin nel T. 6632/852 a Torretta del 2 novembre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO
TELESPR. PER CORRIERE 76538/1214. Roma, 3 novembre 1921.
Mi riferisco all'ultima parte del mio telespresso n. 51844/857 del 22 agosto scorso(1)e all'ultima parte del telespresso di V.E. n. 1255 dell'8 ottobre scorso(2). Comunico le seguenti ulteriori informazioni circa l'azione anglo-etiopica nell'Ogaden retrostante al protettorato di Obbia.
Il r. ministro in Addis Abeba telegrafa in data 12 settembre scorso quanto segue:
«Questo ministro d'Inghilterra mi ha comunicato seguenti informazioni pervenutegli dal British Somaliland:
Assodato sultano Alì Jusuf di Obbia stabilitosi Korahai con largo seguito armati molti cavalli. Sisam Sultano Darod manda intorno messi promettendo fucili, cavalli a coloro si uniranno con lui. Ha dato ordini suoi seguaci questo anno rimanere tranquilli prepararsi anno prossimo attaccare nemici (?) dicesi costruiti molti forti Korohai. Rer Abdulla e Rer Issa calati Somalia inglese esitano unirsi Alì Jusuf sino a che questi non abbia mostrato sua forza vittoriosa contro ingloriosi abissini. Situazione presenta pericolo perché popolazioni nomadi Ogaden desiderano un capo comune che costituirebbe minaccia per i vicini. Fratello di Alì Jusuf ebbe tempo fa viva discussione con vice governatore Somalia inglese presso Talebe affermando recisamente diritto Sultanato di Obbia occupare regione Korohai.
Prego mettermi in grado rispondere tanto ministro d'Inghilterra quanto ras Tafari che per ora si è limitato unirsi ministro d'Inghilterra in conclusioni a me d'accordo(?)».
Informato di quanto precede il Governo di Mogadiscio, questo telegrafa il 7 ottobre:
«Informazioni mi sono state testé comunicate da Governo Berbera anche per il tramite console d'Italia Aden coll'aggiunta che intenzioni sultano JussufAlì di Obbia sarebbero manifestamente ostili tribù protette inglesi trovantesi in seguito accordo in territorio etiopico e con l'offerta da parte Amministrazione Berbera di cooperare con questo Governo per costringere Alì Jusuf ritirarsi verso territorio italiano. Incidenti segnalati vanno messi in relazione con atti brigantaggio compiuti da bande lsak che spingonsi verso Ogaden e con pretesto occupazioni località soggette Etiopia per parte sultano JusufAlì di Obbia. Mi è doveroso richiamare attenzione Ministero circa misure concordate fra Inghilterra e Etiopia che potrebbero seriamente pregiudicare interessi nostri garantiti da protocollo anglo-italiano 5 maggio 1894(3) nonché da articolo 4 accordo 13 dicembre 1906(4) concernente Etiopia».
Successivamente il 17 ottobre scorso, lo stesso Governo di Mogadiscio telegrafava:
«Sebbene capi Ogaden cerchino rientrare sotto la sfera d'influenza sultanato di Obbia per traffici commerciali, escludesi Alì Jusuf abbia pensato o pensa possibilità occupare regione Ogaden. In corso pratiche restituzione bestiame sequestrato lsak Abriunis. Nessun fratello Alì Jusuf mossosi da Obbia da parecchi anni. Molto probabilmente quindi dichiarazioni cui riferiscesi vice governatore Berbera furono fatte da qualche dipendente al suo Governo che non aveva veste né(...). Rinnovo preghiera Ministero affinché siano fatti passi presso Governo britannico scopo impedire popolazioni Somaliland sconfinino regione Ogaden Gobrahet costituenti hinterland sultanato e dove radunanza armati colonia inglese è causa inevitabile incidenti».
Prego intrattenere su quanto precede codesto Governo attirando la sua attenzione sulla necessità di darci serie assicurazioni circa la salvaguardia dei nostri interessi garantiti dai vigenti accordi.
360 1 Si tratta di un trattato di amicizia tra il Governo di Angora e le tre repubbliche del Caucaso (Armenia, Georgia e Azerbaigian) con la partecipazione di Mosca. Le tre repubbliche erano poi destinate ad unirsi, nel marzo 1922, nella Repubblica socialista federativa sovietica transcaucasica, Stato Federato nell'U.R.S.S.
360 2 Contemporaneamente, con T. 6832/179 s.d. (pervenuto a Roma il 7 novembre), il rappresentante italiano a Tiflis, Fransoni, riferiva delle reazioni negative dei nazionalisti georgiani al trattato di Kars.
361 1 Non rinvenuto.
361 2 In essa De Martino faceva rilevare come il Governo della Somalia non avesse esattamente prospettato la situazione dei rapporti tra Abissinia e Gran Bretagna.
L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROLANDI RICCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 27-28 GAB. RR. Washington, s.d. (perv. il 4 novembre 1921).
Infonnazione riservatissima mi insinua riferire propositi (manca) da presidente Stati Uniti indicando condotta che intende sia tenuta dall'America del nord nella Conferenza.
La Conferenza non è né per il disarmo né per la limitazione armamenti, ma brutalmente ha per iscopo dissoluzione alleanza Inghilterra Giappone. Giappone non è valutato capace da solo rovinare Stati Uniti pur potendo inizialmente nuocere loro, ma capace recar loro rovina se alleato saldamente con l'Inghilterra. Opinando che Stati Uniti vincerebbero anche contro Giappone Inghilterra alleati, presidente Stati Uniti riconosce tale guerra sarebbe disastrosa. Presidente conta sull'arma finanziaria contro Governo britannico e su attitudine che prenderebbe decisamente Canadà Australia. Stati Uniti vanno Conferenza con guanti di velluto verso Giappone Inghilterra. Presidente della Conferenza conta che Francia finirà con proporre essa stessa progetto disarmo pur d'avere garanzie da parte di tutte le potenze partecipanti Conferenza contro eventuale attacco germanico alla sua attuale integrità. Presidente della Repubblica sarebbe disposto far dare a Stati Uniti garanzie ma soltanto verbali ovvero morali volendo riservarsi caso per caso di determinare se sia da prestarsi o non. Presidente Stati Uniti disse Lega della Nazioni essere morta e sepolta e se vi è tra gli europei chi pensi poterla sostituire con qualche istituzione analoga deve disilludersi perché Stati Uniti considerano qualunque istituzione di tal genere come antitetica insuperabilmente con dottrina di Monroe. Costituire Lega delle Nazioni, realizzare sotto qualunque forma una prepotenza degli Stati forti sui deboli inammissibile dalla equità spirito dell' America. Delegati americani dovranno dichiarare tale reciso punto di vista Stati Uniti ogni qualvolta vedano sorgere tentativo valorizzare Lega delle Nazioni o qualche cosa analoga. Dall'Italia si attende soltanto appoggio morale cui si attribuisce notevole importanza, su tutte le questioni del Pacifico e disarmo effettivo. Presidente Stati Uniti(...) Italia «metta la testa al muro» assieme America e concordi con questa separatamente protezione propri interessi.
Malgrado mellifluità parole, relazioni con Governo inglese sono dal presidente considerate attualmente come pericolose fino a quando non sciolga alleanza Giappone, Presidente Stati Uniti sa né a Inghilterra vorrà dimostrare sua alleanza Governo giapponese è mezzo per mettere d'accordo Stati Uniti impedendo guerra con Giappone, ma tesi non persuade affatto presidente Repubblica. Relazioni con Giappone sarebbero state tanto pessime già da condurre a conflitto se appunto per evitare conflitto non fosse stata convocata da presidente Conferenza internazionale. Suo esito negativo condurrebbe irreparabilmente a guerra. Per ciAmerica del nord non disarma.
E scopo pratico Conferenza diventa veramente quello di vedere se nazioni convocate concordano dirimere questione che rendono (...) apertamente necessario accrescere armamenti. Importanza morale Italia pari a quella Stati Uniti perché soli(...) paesi non hanno preso nulla e non vogliono fare nulla. Cina va considerata come vittima che Conferenza deve difendere contro il Giappone. Non ha parlato Russia. A nostro riguardo vorrebbe limitare discussione a soli punti principali, nessuna discussione crediti, questione che, conforme progetto di legge segretario tesoro federale, dovrà formare tema singole discussioni separate tra Stati Uniti e ogni paese debitore. Non parlato petrolio. Presidente Repubblica considera delegati americani si sforzino evitare questione malintesi; probabilmente verrà sollevata da Giappone Inghilterra (manca) circa tassa passaggio Canale di Panama; se sollevata troverà opposizione nella dottrina di Monroe. Presidente Confederazione desidera conferenza giunga malgrado gli ostacoli a una conclusione favorevole ma Stati Uniti intervengono con "dente arrotato".
Comunicato riservatamente a Shanzer, Albertini ma prego V.E. volersi compiacere di non comunicare quanto precede che solo Presidente del Consiglio. Prego telegrafarmi, accusando ricevuta.
361 3 Si tratta del terzo protocollo ( dopo quelli del 24 marzo e 15 aprile I 891) tra l'Italia e la Gran Bretagna per la delimitazione delle rispettive zone dell'influenza in Africa Orientale. Edito in serie seconda, voi. XXVI, D. 264 e in Trattati e convenzioni, voi. 13, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero, 1895, n. IV.
361 4 L'art. 4 dell'Accordo tripartito di Londra del I 3 dicembre I 906 (in Trattati e convenzioni, voi. 18, Roma, Tip. del R. Ministero degli affari esteri, 1930, n. LIII) impegnava i paesi firmatari (Francia, Gran Bretagna e Italia) a fare ogni sforzo per mantenere l'integrità dell'Etiopia e in particolare per salvaguardare gli interessi 1) della Gran Bretagna e dell'Egitto nel bacino del Nilo; 2) dell'Italia in Etiopia in rapporto all'Eritrea e alla Somalia; 3) della Francia in Etiopia in rapporto alla Costa dei Somali e alla zona necessaria alla costruzione e al traffico della ferrovia Gibuti-Addis Abeba.
IL MINISTRO A SOFIA, ALDROVANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6745/216. Sofia, 4 novembre 1921, ore 9 (perv. ore 2 del 5).
Mio telegramma n. 113 del 1Omaggio scorso e mio rapporto n. 191 del 9 giugno(1).
Nel primo colloquio che ho avuto con Stambuliski questi protestando vivamente simpatie Bulgaria per l'Italia che per essere piprossima ai Balcani è quella delle grandi potenze che a suo avviso deve avere nei Balcani direttive preponderanti, ha lamentato meco che simpatie Bulgaria verso Italia siano diminuite per contegno aspro e ostinatamente malevolo Ufficio Italiano della Commissione di controllo militare(2). Ho ragione di credere che questi lamenti che mi giungono da vari mesi e da pifonti concordi abbiano fondamento nel carattere del capo missione colonnello Fiore sul quale ebbi l'onore intrattenerla.
Confermando quanto esposi in proposito nella primavera scorsa riterrei opportuno egli fosse richiamato senza ulteriore indugio provvedendo sostituirlo Sofia.
IL MINISTRO AD ATENE, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6742/410. Atene, 5 novembre 1921, ore 24 (perv. ore 2,30 del 6).
Mio telegramma n. 409(1).
Mentre ritengo che nei casi Brancucci e del suddito coloniale(2)otterremo soddisfazione resterà a risolversi caso Penzo che presenta per i greci grande difficoltà a cagione della natura del reato(3). Confermo il mio avviso concordante colla opinione dei miei
colleghi di Francia ed Inghilterra (mio telegramma n. 406)(4), che non si possa escludere per i reati contro la sicurezza dell'esercito la competenza corte marziale, purché vi sia intervento del console nel processo. Credo quindi che nostra richiesta debba limitarsi alla applicazione di questo principio esigendo rinnovamento del giudizio. Occorre perattendere punto di vista Parigi e Londra nella questione di massima. Dai colloqui di stamane al Ministero affari esteri ho avuto impressione che questo Governo non sarebbe alieno, pur di liberarsi dall'incubo, promuovere grazia sovrana e di far luogo puramente e semplicemente alla espulsione del Penzo. Trattandosi pei greci di un reato (politico) che per noi non esiste, potremmo forse considerare una soluzione simile come possibile, salvo a ribadire formalmente il principio che in awenire nessun suddito italiano imputato di delitti militari potrà essere giudicato dalla Corte marziale senza partecipazione del console.
Comunico quanto precede a Senni pregandolo telegrafarmi suo avviso.
363 1 Non pubblicati, cfr. Avvertenza.
363 2 Prevista dal trattato di Neuilly (27 novembre 1919) -insieme alle Commissioni navale ed aeronautica -con il compito di controllare il materiale bellico e l'organizzazione militare della Bulgaria, era articolata in due sottocommissioni, alla prima delle quali ( con competenza per armamenti, munizioni e fortificazioni) era preposto il col. Fiore.
364 1 Del 5 novembre, non pubblicato.
364 2 Si tratta di un certo Abduramman, di cui al T. 409 da Atene citato.
364 3 L'accusa era di spionaggio.
IL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6767/675. Budapest, 6 novembre 1921, ore 15,20 (perv. ore 9,50 del 7).
Stamane mi è pervenuta nota del conte Hanffy con la quale ministro degli affari esteri mi fa conoscere nostre note inviategli circa decadenza Asburgo e loro ineleggibilità in data 4 e 5 gli sono pervenute dopo decisione definitiva presa a questo riguardo in seconda lettura da Assemblea Nazionale.
Nota afferma che art. 3 della legge (mio telegramma n. 670)(1), assicura a Governo ungherese facoltà di conformarsi alla volontà delle grandi potenze che avevano domandato che voto fosse della pigrande chiarezza e non permettesse di supporre che Ungheria voglia sottrarsi a decisioni Conferenza(2)4 febbraio 1920 e 3 aprile 1921. Legge è stata votata da Assemblea nazionale 5 novembre e verrà fatta proclamare oggi. Art. 1 stabilisce decadenza ex re Carlo; art. 2, abolendo legge ungherese del 1723 n. 1 e 2, estende nello stesso tempo la decadenza a tutti i membri casa Asburgo regola termini che in quest'articolo hanno dovuto conformarsi, dice nota, «al testo originale della legge sopracitata per rispettare forma unicamente valida per nostra costituzione». Art. 3 conferisce esclusivamente al Governo diritto e responsabilità di presentare proposte in tempo utile per scelta di un (manca) Ungheria. Tale disposizione ha scopo assicurare al Governo facoltà esclusiva sollevare questione trono. Governo ungherese dichiara obbligarsi seguire decisioni Conferenza ambasciatori 4 febbraio 1920 e 3 aprile 1921 che vietano restaurazione degli Asburgo. Dichiara inoltre che prima di iniziare soluzione della questione della elezione del futuro re esso si intenderà preventivamente con grandi potenze rappresentate alla Conferenza ambasciatori e non procederà senza loro
consenso. Nota termina dicendo che per assicurare pieffettivamente intenzioni della legge e salvaguardare responsabilità del Governo, Governo ungherese si propone di far passare una legge che gli fornisca all'infuori delle disposizioni penali già attualmente in vigore altre sanzioni penali per combattere effettivamente ogni tentativo o propaganda fatta in favore degli Asburgo o di chiunque altro la cui candidatura non fosse posta in conformità alle summenzionate disposizioni. Invio per corriere testo nota.
364 4 Del 3 novembre, non pubblicato.
365 1 Del 4 novembre, riferiva del disegno di legge relativo alla decadenza degli Asburgo. Approvata dall'Assemblea Nazionale il 5 novembre, la legge entrin vigore il 6 novembre alle ore 12.
365 2 Si tratta della Conferenza degli ambasciatori.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BELGRADO, MANZONI
T. 1783. Roma, 6 novembre 1921, ore 21.
Telegramma di V.S. n. 597(1).
Buona parte della stampa jugoslava tiene nei riguardi dell'Italia atteggiamento insensato. Non posso percipreoccuparmi della singola assurda notizia di ufficiali italiani che combatterebbero con albanesi essendo questa una delle tante sciocche insinuazioni lanciate a nostro riguardo. Dquindi ben scarsa importanza ad una singola smentita che codesto Governo potrebbe o no fare. Apprezzerei invece che codesto Governo se lo ritenesse opportuno impiegasse sua influenza per rendere stampa locale se non favorevole nei commenti solamente veritiera nella contestazione di fatti ed avvenimenti. Atteggiamento codesta stampa in così aperto contrasto con quello tenuto dai nostri maggiori giornali nuoce alla formazione di quella atmosfera di reciproca fiducia che è necessaria per lo sviluppo che intendiamo dare ai rapporti amichevoli fra i due paesi. Avendo oggi accennato a questo ministro di Jugoslavia al lamentevole atteggiamento della stampa del suo paese, egli si mostrconvinto della inopportunità e del danno che produceva ed aggiunse risultargli che almeno in alcuni giornali di Belgrado ciera dovuto alla influenza di alcuni elementi montenegrini che già erano stati in Italia e poi da qui fatti da noi partire. Mi disse anche che di ciaveva fatto accenno alla S.V. in una recente conversazione.
Prego V.S. di volermi informare dettagliatamente di quanto il sig. Antonievich le ebbe a dire in proposito e di quanto le risulterà in seguito ad accurate indagini che vorrà immediatamente provocare.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALLE AMBASCIATE A PARIGI E LONDRA, ALLA LEGAZIONE A BELGRADO E AL MINISTRO A DURAZZO
T. 1784. Roma, 6 novembre 1921, ore 21.
(Belgrado, Durazzo) Ho telegrafato quanto segue a Parigi e Londra: (Per tutti) In relazione mie precedenti comunicazioni relative azione jugoslava Albania settentrionale prego V.E. richiamare attenzione codesto Governo su quanto
segue. Al momento dell'armistizio e dell'occupazione di tutto il territorio albanese da parte truppe italiane Governi Parigi Londra chiesero e Governo italiano consentì fosse ripristinata Scutari occupazione internazionale mediante invio rispettivi distaccamenti. Avendo in seguito Francia Inghilterra ritirate proprie guarnigioni fu convenuto che distaccamento italiano permanesse Scutari in rappresentanza occupazione internazionale. Poiché appare necessario tale occupazione sia prolungata fino a quando potenze alleate avranno ristabilita la pace alle frontiere albanesi e poiché intempestiva fine occupazione stessa mentre lascerebbe mano libera agli jugoslavi produrrebbe certamente penosa impressione presso albanesi che si vedrebbero privati di un segno tangibile della volontà delle potenze a voler rispettata integrità territorio assegnato Albania, ritengo necessario potenze alleate prevengano severamente Governo Belgrado nel senso che per qualsiasi molestia o quanto peggio per qualsiasi atto di ostilità anche da parte comitagi notoriamente assoldati da jugoslavi contro distaccamento internazionale di Scutari Governi alleati riterranno responsabile Governo S.H.S.
Prego quindi V.E. interessare codesto Governo affinché dia al suo rappresentante a Belgrado istruzioni di prendere accordi con colleghi alleati per opportuno monito in tal senso a Governo S.H.S.
366 1 Del 4 novembre, non pubblicato.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO
T. 1792. Roma, 7 novembre 1921, ore 1.
Telegramma di V.S. n. 663(1), si è evidentemente incrociato con mio tel. n. 1752(2) col quale le davo istruzione di agevolare opportunamente intesa tra Governi austriaco ed ungherese circa modalità plebiscito. Mi risulta ora che Governo austriaco ha fatto aperture presso Governo magiaro nell'intento suddetto e che attende con certa ansietà, giustificata da situazione parlamentare, una risposta che tarda a venire.
Prego S.V. adoperarsi con discrezione ma nei modi che riterrà piefficaci per ottenere che codesto Governo consideri con benevolenza proposte austriache. Ella potrà far rilevare che un accordo circa le modalità del plebiscito mentre darebbe soddisfazione all'opinione pubblica e parlamentare austriache non potrà influire sull'esito del plebiscito ed avrebbe il rilevante vantaggio di valorizzare i risultati appunto per il fatto di aver eliminato previamente le diffidenze dell'Austria.
Mi risulta d'altronde che per la necessaria immediata ratifica da parte del Parlamento austriaco dell'accordo di Venezia occorre che cancelliere possa dimostrare di avere ottenuto la fissazione di norme plebiscitarie che diano garanzia di equità e regolarità.
Ella vorrà nel contempo portare a riservata conoscenza del generale Ferrario il contenuto del mio telegramma n. 1752 suddetto suggerendogli di far in modo che decisioni circa il plebiscito non siano prese dalla Commissione dei generali in attesa dell 'esito delle trattative dirette che si spera possano svolgersi e concludersi felicemente fra i due Governi interessati. Naturalmente per restare nei precisi termini del protocollo di Venezia gli eventuali accordi fra l'Austria e l'Ungheria dovranno poi essere fatti proprii dalla Commissione dei generali cui solo spetta dettar le norme del plebiscito.
368 1 Del 3 novembre, non pubblicato.
368 2 Vedi D. 357.
L'AMBASCIATORE A BERLINO, FRASSATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6824/463. Berlino, 7 novembre 1921, ore 9,10 (perv. ore 9,30 del 9).
Capitale francese e inglese acquista larga misura azioni industrie tedesche Alta Slesia passate Polonia. Sarebbe utile che il capitale italiano non fosse assente. Consorzio banche potrebbe ( ...) parte detto ( ...) fare opera utile paese nonché ( ...).
Continua catastrofica caduta marco.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6798/1417. Londra, 7 novembre 1921, ore 11,14 (perv. ore 9 dell '8).
Telegramma di V.E. n. 1790 di ieri (1).
Tufton mi ha detto che il Governo portoghese ha dato consenso per la dimora di Carlo a Madera. A prima vista sembra a Tufton difficile impedire che amici dell'ex imperatore vadano Madera magari come turisti. Ad ogni modo i figli debbono poter raggiungere i genitori. Tufton ha soggiunto che Foreign Office si era preoccupato di rendere piagevole possibile il compito del Portogallo per prevenire obiezioni. Nessuna comunicazione era giunta dal ministro d'Inghilterra a Bema che probabilmente l'ha mandata per corriere.
370 1 Del 7 novembre, ore I, con il quale Torretta suggeriva «conveniente raccomandare Governo portoghese non autorizzare dimora isola personaggi carlisti, anche per troncare intrighi e rendere conseguentemente piagevole custodia».
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, . AL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI
T. 1796. Roma, 7 novembre 1921, ore 21.
Telegramma di V.S. n. 3257 e 3258(1).
Governanti albanesi nel considerare possibilità guerra in grande stile contro Jugoslavia danno prova di assoluta mancanza di senso pratico e politico. È indispensabile che Governo albanese scelga una via che tolga al Governo di Belgrado ogni pretesto ed attitudine aggressiva. Conferenza ambasciatori ha deliberato su confini albanesi e deliberazione verrà tosto comunicata ai Governi di Belgrado e di Atene. Albania fa parte della Società delle Nazioni. Conferenza ambasciatori nel comunicare a Belgrado sue deliberazioni inviterà quel Governo ad evacuare territorii assegnati al nuovo Stato albanese. In questo critico momento Albania non puche fare appello al senso di giustizia internazionale per trovarvi una difesa. Essa deve limitarsi combattere nel proprio territorio le bande e gli irregolari ed accettare immediatamente le decisioni della Conferenza ambasciatori. Riconoscendo noi di interesse nazionale il mantenimento ed il consolidamento dell'indipendenza albanese saremo sempre disposti ad aiutare l'Albania con tutta la nostra influenza diplomatica ed in tutti gli altri modi che valgano ad agevolarne la costituzione statale.
Ma spetta all' Albania rendere possibile questa nostra azione con atteggiamenti ben diversi da quelli finora adottati a nostro riguardo, e occorre che essa dia prova in questo momento di grave crisi di saggezza non abbandonandosi a dei progetti di grandi guerre che la esporrebbero a sicura rovina. Non è neppure il caso di pensare alla possibilità che l'Italia possa e voglia fornire la enorme quantità di armi.e munizioni di cui Albania avrebbe bisogno per realizzare un progetto impratico e rovinoso. In tali termini mi sono espresso con Fan Noli che ha condiviso mia maniera di vedere e prego
V.S. di adoperarsi in tal senso.
IL GOVERNATORE DI RODI, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6856/10963 PERS. Rodi, 7 novembre 1921, pari. ore 17 del 9 (perv. ore 1,30 del 10).
Ho esaminato il telegramma n. 169(1) comunicatomi da Tuozzi e convengo pienamente con lui che l'accordo concluso da Franklin Bouillon (della cui sostanza non è pilecito di dubitare) costituisca un abbandono dell'Accordo tripartito.
Tale abbandono è da considerarsi come già effettuato anche prima della sanzione del Parlamento francese, visto che la evacuazione della Cilicia contrariamente all'articolo dell'accordo medesimo deve avere luogo subito e senza il consenso preventivo dell'Italia (mio telegramma n. 10911)(2).
Ciò posto e data la minaccia sia pure vaga che ci giunge da Londra (telegramma di V.E. n. 10770)(2) di compensare la Grecia per una eventuale evacuazione di Smirne col Dodecanneso, mi sembrerebbe che invece ricorrere alle solite recriminazioni fosse giunto il momento di riaffermarci pienamente liberi per ciò che concerne queste isole ed uscendo da una situazione penosa equivoca e pressoché intollerabile per tutti annettersi Rodi Castelrosso e quante altre isole possa parere opportuno, a mio avviso certamente Cose Lero. Mi sembra che facendo ora l'annessione si profitterebbe (forse per l'ultima volta) di un momento di minore resistenza; giacché la Francia è in colpa e, per quanto poco pudore abbia generalmente la sua diplomazia, difficilmente reagirebbe al momento attuale; e la Grecia è avvilita e disprezzata e non conta ora dei potenti appoggi che già le procurò Venizelos, e che forse le procurerebbe di nuovo se, per una ipotesi non inverosimile, egli tornasse al potere. Quanto alla Turchia kemalista Tuozzi accenna giustamente alla probabilità che essa stessa di sua propria iniziativa ci proponga di riconoscere il nostro possesso del Dodecanneso in cambio di quella evacuazione militare della nostra zona d'influenza, cui dopo la evacuazione della Cilicia da parte della Francia, converrà pure che ci riduciamo. Tutti qui sentono, compresi gli allogeni, compresi, direi, i greci stessi, che la definitiva sistemazione del Dodecanneso è una necessità impellente per tutti. Approfitti r. Governo per regolarla a vantaggio nostro di un momento di opportunità senza pari; il consenso delle potenze verrà quando verrà, ma noi intanto potremo amministrare le isole annesse colla coscienza di lavorare per noi e non per altri come purtroppo ci accade ora.
Se il mio linguaggio avesse la gran fortuna di incontrare l'approvazione del r. Governo io chiederei soltanto un aumento di forze nelle isole da annettere per parare ad ogni evenienza.
371 1 Del 3 novembre, non pubblicato.
372 1 Vedi D. 341.
IL CANCELLIERE FEDERALE D'AUSTRIA, SCHOBER, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
L. Vienna, 7 novembre 1921.
Me référant aux communications que j'ai eu l'honneur de faire à V.E. par l'entremise de M. Kwiatkowski,je profite de la dernière heure pour Lui exposer, une fois de plus, combien il serait important, dans la question du Burgenland, de tenir compte, dans la mesure du possible, des désirs exprimés par la Commission des affaires étrangères autrichienne. C'est pourquoi je me permets d'adresser à V.E. un extrème appel pour La prier de vouloir bien faire son possible dans ce sens, avant que la Mission des
genéraux vienne, par quelque mesure, compromettre mes intentions et celles de V.E. Je suis convaincu que V.E., en agissant de la sorte, rendrait un service des plus précieux aux intérets autrichiens non moins qu'à sa propre oeuvre. Il serait de la dernière importance, pour ménager les sentiments du Parlement autrichien, d'empecher que les dispositions du plébiscite ne soient tout simplement imposées au Gouvernement autrichien sans qu'on l'entende. Un tel procédé serait, d'après mon avis, susceptible de mettre en danger la ratification du Protocole de Venise par l'Assemblée Nationale Autrichienne. Je puis assurer V.E. qu'au milieu de la situation créée par la dernière tentative de restauration en Hongrie, j'ai résisté à toutes les tentations età toutes les insinuations de m'éloigner du Protocole de Venise. Pour préciser bien le point de vu que je n'ai jamais quitté, je me permets de communiquer à V.E. par ce qui suit, le résumé d'une instruction donnée le 31 octobre à M. Cnobloch à Budapest, afin de conformer son langage tout-à-fait à mes intentions. Je lui ai donné l'ordre forme) de ne jamais oublier dans ses conversations que le Protocole de Venise a été, par la décision de la Commission, connue à V.E., accepté en principe et que nous sommes obligés de nous y conformer sous réserve de la décision définitive de l'Assemblée Nationale. Je lui ai exposé mot à mot que nous devons éviter toute ambiguité et que nous ne devons avoir d'autre objet que de faire valoir avec toute énergie les désirs de la Commission relatifs à l'exécution du plébiscite prévu à Venise.
Les sacrifices que je demande à I' Autriche par la signature du Protocole de Venise et particulièrement par les propositions que je suis obligé de faire au Parlement en conformité du Protocole sont très importants. Je ne peux pas cacher à V.E. )es vives préoccupations que m'inspire le sort du Protocole de Venise si ces sacrifices venaient se doubler de l'humiliation pour I' Autriche de se trouver, unjour, vis-à-vis d'un fait accompli dans cette question(1).
372 2 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 1809. Roma, 8 novembre 19 21.
(Per Parigi) R. ministro a Budapest telegrafa in data 7 c.m. quanto segue:
(telegramma n. 680-681)(1).
Ho risposto a Castagneto come segue:
(Per Budapest) Telegr. di V.S. n. 680-681.
(Per Vienna) Telegr. di Castagneto n. 680-681.
Gli ho risposto come segue.
(Per tutti) Mi risulta che difficoltà che Schober incontra per far approvare dal Parlamento austriaco accordo di Venezia sono realmente grandi. Prego dunque V.S. insistere nel modo piefficace presso Banfy e Bethlen perché si accordino direttamente con Austria per modalità plebiscito. Ripeto che, dato sicurezza esito plebiscito a favore Ungheria, è nell'interesse evidente dell'Ungheria stessa circondare plebiscito di tutte quelle formalità che valgano ad assicurare regolarità. Non vedo invece né utilità né possibilità dare all'accordo tra Austria e Ungheria forma di atto internazionale. Cisarebbe contrario al protocollo di Venezia che deferisce alla Commissione dei generali regolamento del plebiscito. Basterà che Schober possa affermare davanti al Parlamento che le norme sono state concordate col Governo austriaco.
Pregola dare riservate istruzioni gen. Ferrario non precipitare decisioni generali per dar tempo approvare difficoltà sorte.
(Per Vienna) V.S. vorrà per parte sua rappresentare Schober cattiva impressione che produrrebbe Governo austriaco se sollevasse ulteriori difficoltà. Con ciella alluderà a timori espressi da Castagneto nell'ultima parte suo telegramma. Regolamento questioni finanziarie è preveduto nel protocollo di Venezia né potrebbero considerarsi modifiche o deroghe.
(Per Parigi) Approvo in massima risposta di V.E. data a Cambon e riferitami con telegr. n. 885(2). Sarà tuttavia prudente fissare se mai un termine non troppo breve per dar tempo svolgersi trattative dirette tra Austria e Ungheria che voglio sperare saranno subito iniziate a Budapest.
373 1 Annotazione manoscritta (forse di Lago), datata 18 novembre: «Rispondere che da come si sono svolte le cose avrà rilevato come siamo andati incontro ai suoi desideri».
374 1 Del 7 novembre, con il quale Castagneto aveva riferito della richiesta austriaca che un accordo diretto sulle modalità del plebiscito dovesse essere consacrato da un atto internazionale, cioè un trattato addizionale all'accordo di Venezia, da sottoporre al Parlamento. L'idea doveva risultare persubito abbandonata, come da T. 6831/1673 da Vienna del1'8 novembre.
L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6822/ l42l RIS. Londra, 8 novembre 1921, ore 22 (perv. ore 5,30 del 9).
Mio telegramma 1419 di ieri (1).
Curzon mi pregrecarmi da lui e mi parla lungo della questione Turchia. Espose i precedenti della questione e l'attitudine inglese al tempo degli accordi della Francia e dell'Italia con Bekir; ma quando V.E. (...) Tewfik Pascià e il Ministero affari esteri, egli ebbe da V.E. a Parigi, nonché poi a mezzo mio, assicurazioni sulla necessità di evitare direttive discordi tra alleati (telegramma 1612 dell' 11 ottobre)(2). Curzon espose quindi che le assicurazioni avute da Briand circa la missione Franklin Bouillon furono smentite dai fatti: disse che Briand ha mancato alla sua parola.
Inoltre esiste un annesso all'accordo che attribuisce alla Francia la riorganizzazione della gendarmeria in tutta l'Anatolia, il che è contro il Trattato di Sèvres. Inoltre furono stipulate concessioni economiche oltre la zona francese stabilita dall'Accordo tripartito. Inoltre fu trattato per la fornitura di armi e munizioni. Intanto, soggiunse Curzon, sono venuti i greci ed egli li aveva persuasi a rimettersi nelle mani degli Alleati (mio tel. Gabinetto 1387 del 1° corr.)(3) con l'intesa che gli Alleati avrebbero concretata una direttiva.
Quindi Curzon mi narril suo recente colloquio con questo ambasciatore di Francia cui rimise un memorandum. Dopo avermi chiesto se avevo avuto istruzioni da V.E. Curzon mi disse che confidava nella simpatia e nell'appoggio del Governo italiano in questa grave questione. Essendo egli poi tornato sull'Accordo tripartito per conoscere il mio pensiero, gli ho ripetuto quanto gli avevo detto varie volte e cioè che l'Accordo tripartito costituisce per l'Italia una garanzia dell'equilibrio del Mediterraneo orientale nuovo assetto risultante dalla guerra. Che bensì corrisponde inadeguatamente agli acquisti territoriali fatti dalla Gran Bretagna e dalla Francia, ma che è per noi tanto piindispensabile (tel. ministeriale 856 del 18 giugno scorso)(4). Curzon osservato la questione odierna ha anche un'altra portata pivasta in quanto tocca l'esistenza stessa dell'alleanza; l'accordo franco-turco è contrario alla base dell'alleanza perché costituisce una pace separata col nemico. Quindi Curzon soggiunse che non dubita che Tuozzi non avrebbe mai seguito l'esempio di Franklin Bouillon, egli voleva escludere che un giorno si apprendesse che sotto la forma di un accordo economico l'Italia si fosse messa sulla pericolosa via seguita dal Quai d'Orsay. Aggiunse che ha piena fiducia di
V.E. Concludendo Curzon disse che la situazione è grave ma che il Governo britannico è risoluto a non cedere e ripetè che confidava nella simpatia e nell'appoggio di V.E.(5).
374 2 Del 7 novembre, con il quale Bonin aveva riferito della proposta avanzata da Cambon di un termine per la ratifica del protocollo di Venezia e della sua adesione «salvo istruzioni contrarie».
375 1 Con tale telegramma De Martino aveva riferito della crescente irritazione britannica per l'accordo franco-turco.
375 2 Vedi D. 297.
IL MINISTRO A PRAGA, BORDONARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 544. Praga, 8 novembre 1921.
A nessuno può sfuggire l'importanza dell'accordo czeco-polacco firmato a Praga il 6 novembre corrente, per l'equilibrio e la pacificazione dell'Europa centrale. Ancora qualche mese fa non si sarebbe osato sperare un tale riavvicinamento ed un così completo regolamento delle questioni che interessano i due Stati vicini e fratelli di razza. Il dr. Beneš sin dall'epoca del compromesso per Teschen ebbe di mira questo riavvicinamento necessario che faceva parte principalissima del suo chiaro e concreto piano di politica estera. Trovda principio qualche resistenza nell'opinione pubblica dei due paesi nonché -a quanto si dice -nei circoli politici e governativi di Varsavia. Ma, con
la tenacia che è propria del suo carattere e della sua abilità, seppe aspettare il momento propizio continuando a lavorare attivamente e segretamente al raggiungimento del suo scopo.
I frequenti convegni di Marienbad col ministro Pilz, che è qui da vari mesi pur non avendo potuto ancora, per ragioni di salute, presentare le sue credenziali, hanno preparato il terreno all'opera che è stata in questi giorni coronata. L'atteggiamento assunto da Beneš dietro le quinte nella questione dell'Alta Slesia, per cui non gli furono risparmiati attacchi ed insinuazioni da parte della stampa tedesca, ha contribuito a fare svanire gli ultimi malintesi. La nomina a ministro degli affari esteri di Skirmunt, legato a Beneš dai vincoli di una amicizia sorta dalla comunanza di lotta nell'esilio durante la guerra, ha facilitato ed affrettato le cose.
Si dice, ed è verosimile, che la Francia abbia collaborato a questo riavvicinamento. Non potrei peraltro affermare di essermi accorto di alcun indizio di tale mediazione che, se è avvenuta, si sarà svolta piprobabilmente a Varsavia che a Praga.
Preceduto da una convenzione commerciale, firmata a Varsavia il 20 settembre scorso, con la clausola della nazione più favorita, da negoziati tuttora in corso per disciplinare questioni economiche, finanziarie, di trasporto e di transito, l'accordo attuale contempla le questioni politiche che potrebbero essere causa di divergenza fra i due Stati limitrofi. Col riconoscimento reciproco dei confini territoriali viene chiusa l'aspra polemica per Teschen, che tanti strascichi di odio ha ancora lasciato localmente. Con la dichiarazione di neutralità, la Czecoslovacchia ottiene un'enorme sicurezza in caso di guerra con l'Ungheria. Con la dichiarazione di disinteressamento per la Galizia orientale, la Polonia si libera da una grave preoccupazione e, se l'accordo sarà rispettato, né agitazioni ucraine nel territorio cecoslovacco, né complotti slovacchi in Polonia saranno più tollerati.
Il riconoscimento da parte della Polonia dei trattati formanti l'insieme della Piccola Intesa e da parte della Czecoslovacchia dei trattati che legano la Polonia con la Romania e con la Francia, è come un consenso non impegnativo a due differenti sistemi politici in cui Polonia e Czecoslovacchia, che ne sono i rispettivi pernii, non hanno peraltro comuni interessi. L'obbligo di ricorrere all'arbitrato in caso di possibili divergenze assicura infine il carattere pacifico all'accordo da cui, a differenza degli altri trattati politici finora conchiusi dalla Czecoslovacchia, esula ogni accenno ad una qualsiasi convenzione militare.
La Polonia non entra a far parte della Piccola Intesa, ma ne riconosce i fini immediati e le rende il gran servigio di guardarle le spalle. Un annesso all'accordo stabilisce le modalità per il pronto regolamento di questioni locali di frontiera tuttora in pendenza.
La soddisfazione del Governo cecoslovacco per la stipulazione di questo accordo è stata accresciuta dal fatto che il ministro polacco degli esteri è venuto in persona a Praga per firmarlo.
Il signor Skirmunt, ricevuto alla stazione dal Governo, dalle autorità militari e civili e da alcuni ministri esteri, ha avuto offerto una colazione dal presidente della Repubblica il giorno dopo il suo arrivo, ha fatto visita ai ministri alleati ed ha assistito ad una serata di gala in suo onore al teatro nazionale. Il giorno appresso ha offerto egli stesso una colazione alle autorità ed al Corpo diplomatico ed ha assistito la sera ad un grande banchetto seguito da un ricevimento dal presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri. Ieri è stato ospite del presidente Masaryk al castello di Lany e la sera è ripartito per Varsavia.
375 3 Non pubblicato.
375 4 Non pubblicato, cfr. Avvertenza.
375 5 Un promemoria di analoga impostazione fu poi presentato il 9 novembre dall'ambasciata britannica a Roma (vedi D. 379).
IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DI PORTOROSE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6821/22 URG. Portorose, 9 novembre 1921, ore 13 (perv. ore 14).
Ho rimesso a V.E. progetto convenzione cui è addivenuta Commissione della Conferenza incaricata dei numeri 1 e 6 programma relativi rimozione divieti di importazione e di esportazione. Il Ministero del commercio deve averne già ricevuto testo ed è al corrente delle trattative occorse per giungere a questo risultato per informazioni ricevute dai suoi delegati. Trattasi di compromesso difficilmente modificabile di alto valore politico che nel complesso tiene conto di tutti nostri interessi e corrisponde alle direttive che politica commerciale italiana non può fare a meno di seguire verso maggiore libertà commercio se vuole risolvere problema sue esportazioni. Data attività spiegata da alcuni delegati Stati successori è urgente che accordi presi siano fissati in seduta plenaria e però prego V.E. se nulla vi osti far telefonare al Ministero del commercio e sollecitare sua adesione telegrafica e immediata al progetto di convenzione(1).
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 683 5/898. Parigi, 9 novembre 1921, ore 18 (perv. ore 24).
Firmato stamane decisione frontiere albanesi. Salvo minima modificazione redazione il testo della dichiarazione riproduce integralmente rapporto esperti già inviato a
V.E. (telegramma posta n. 960)(1). Col corriere odierno trasmetto alcuni esemplari della dichiarazione(2).
Contemporaneamente Conferenza ha deciso che dichiarazione relativa riconoscimento interessi italiani già approvata il 28 settembre scorso (mio telegramma n. 532)(3) rimane definitivamente approvata. Trattandosi di una decisione fra gli Alleati che non deve essere comunicata a terzi la dichiarazione è impegnativa senza bisogno di altri atti formali e fanno testo i verbali della Conferenza degli ambasciatori come per tutte le altre
decisioni dello stesso carattere. Si sono altresì approvati testi delle comunicazioni a Belgrado Atene Tirana e Società delle Nazioni. La comunicazione a Belgrado su domanda inglese che ho appoggiato interamente contiene invito perentorio a sgombero Albania.
Ambasciatore d'Inghilterra ha altresì dato notizia dell'invito di Lloyd George al Consiglio della Società delle Nazioni per esaminare situazione albanese. Testo ricevuto da visconte Ishii che parla di azione immediata della Società delle Nazioni differirebbe da istruzioni avute da Hardinge che parlano di misure da prendersi in caso che la Serbia dopo ricevuto notifica delle frontiere non esegua o ritardi lo sgombero delle sue truppe.
377 1 Con T. 1825 dell' 11 novembre Torretta comunicava poi a Romano Avezzana l'approvazione del progetto di convenzione da parte del ministro del commercio.
378 1 Non rinvenuto.
378 2 Firmata da Hardinge, Cambon, Ishii e Bonin (per la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone e l'Italia), la dichiarazione del 9 novembre riconosceva l'Albania, costituita in Stato sovrano e indipendente, nonché l'integrità e l'inalienabilità delle sue frontiere, fissate in pari data, riconoscendo altresi che la violazione di tali frontiere o dell'indipendenza dell'Albania poteva costituire una minaccia per la sicurezza strategica dell'Italia (vedi Trattati e corrvenzioni, voi. 27, n. LVII).
378 3 Del 28 settembre, non pubblicato.
L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI
PROMEMORIA. Roma, 9 novembre 1921.
The ltalian Govemment are no doubt aware that the French Govemment, through the medium of M. Franklin Bouillon, have concluded an agreement with the Turkish Govemment ofAngora. To this agreement is attached a letter addressed by the Angora Foreign Minister to M. Bouillon in terms which indicate understandings far more extensive and more serious.
In the fust piace the general character ofthe agreement has the appearance ofa treaty made by one ofthe Allies with an ex-enemy without the knowledge ofthe other Allies, and amounts to the recognition ofthe Angora National Assembly as the Government ofTurkey. Secondly, the economie and other concessions granted to France seem to be far outside the zone allotted to that country in the Tripartite Agreement. Tue text ofthese documents-the agreement and letter -have caused His Majesty's Government the gravest misgiving and astonishment, as they appear to be directly contrary to the treaty engagements ofthe Allies and to the policy ofcomplete frankness and mutua! cooperation, on the basis ofwhich His Majesty's Government had hoped that the three Great Powers would have been able shortly to reach a settlement ofthe Near and Middle Eastern question.
His Majesty's Govemment trust that the Royal Italian Govemment will share their views in this matter, and they hope they may count on ltalian cooperation in any steps they may feel obliged to take.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI
T. 1812. Roma, 10 novembre 1921, ore 2.
Prego comunicare urgenza a Tuozzi quanto segue: «Suoi telegrammi 169(1) e 186(2). Come risulta da istruzioni impartitele prima della sua partenza scopo sua missione Angora è principalmente quello tenere contatti con
Governo Angora e riferire su situazione politica locale trattando per soluzione noti incidenti il cui appianamento è destinato ristabilire basi cordiali relazioni con Turchia. La possibilità di un accordo economico non è stata da me contemplata se non subordinatamente alle informazioni sulla situazione locale che V.S. era incaricata di raccogliere, ed alla nostra convenienza generale politica. Questo Ministero informando Angora dell'invio missione V.S. non parlmai di accordo da concludere. Prego pertanto mantenersi riservato di fronte apertura Youssuf Kemal, ma ad ogni modo ella potrà fargli comprendere che un progetto di accordo dal quale si escludesse qualunque concessione economica nella nostra zona non potrebbe evidentemente presentare per noi interesse di negoziato. Prego assumere esatte informazioni e telegrafarmi circa clausole o documenti segreti annessi all'accordo franco-turco che vengono segnalati da buona fonte come ledenti nostri interessi»(3).
380 1 Vedi D. 341.
380 2 Non rinvenuto.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN
T. 1813. Roma, 10 novembre 1921, ore 2.
Questa ambasciata di Inghilterra mi informa che Governo britannico riconosce Governo albanese non solo de facto ma anche de jure. Ciò in seguito definizione frontiere albanesi ed anche per dare miglior base all'azione da svolgere verso la Jugoslavia per richiamare alla osservanza delle deliberazioni della Conferenza degli ambasciatori circa frontiera albanesi.
Mi accingo a notificare anche riconoscimento dell'Italia. Ritengo poi sarebbe opportuno riconoscimento francese ed italiano avvenisse contemporaneamente. Prego telegrafarmi se codesto Governo è d'accordo(1). Naturalmente dato anche che l'Inghilterra ha già proceduto per proprio conto, dandone anche notizia in Parlamento nostro atto riconoscimento dovrebbe essere il pisollecito possibile.
IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE RIPARAZIONI A SOFIA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 7069/37. Sofia, 10 novembre 1921, ore 8 (perv. ore 6 del 12).
Commissione ha iniziato ieri discussione questione rinvio pagamenti riparazioni. Sono in discussione tre proposte:
1) Proposta italiana (vedi nota comunicata V.E. con rapporto in data 31 ottobre
scorso )(1) che ha carattere sospensivo nel senso non accordare nessuna dilazione finché in seguito maggiori pirigorosi studi non ne risulti assoluta necessità, limitando in ogni caso durata al minimo e esigendo pagamenti massimi possibile.
2) Proposta inglese che si riassume nel criterio di accordare un periodo di garanzie di almeno 3 anni dopo che sia raggiunto equilibrio bilancio lasciando disposizione Bulgaria eventuale avanzo per il paese il che equivarrebbe ad accordare un rinvio completo di almeno 5 anni.
3) Proposta francese che consiste nell'accordare rinvio sino 1° luglio 1924 durante quale periodo Bulgaria dovrebbe avere equilibrio suo bilancio e realizzare nei due prossimi esercizi un avanzo complessivo di 300 milioni di franchi oro da destinare rimborso spese truppe occupazione e altri carichi derivanti dal trattato di pace diversi dalle riparazioni impegnando garanzia futuri pagamenti proventi doganali miniere carbone monopoli e concessioni.
Nella discussione gli altri delegati si sono manifestati nettamente contrari a differire decisione. Mantenendo ciascuno proprio punto di vista presidente della Commissione ha proposto rinvio prossima riunione per vedere frattanto se era possibile avvicinare diverse opinioni. Anche da precedenti conversazioni ho avuto impressione che delegato della Francia desidererebbe venire ad una decisione unanime o almeno ottenere nostra adesione essendo egli pivicino nostro punto di vista che quello inglese. Egli mi ha assicurato aver telegrafato a Parigi per esporre varie tendenze ed insistendo nuovamente perché tra il suo Governo e quello di Roma intervenga accordo. In realtà dietro nostra decisa opposizione la primitiva idea francese di accordare rinvio completo secondo è detto mio telegramma 23 in data 9 settembre(2)si è andata avvicinando molto nostro criterio esigere da Bulgaria sforzo reale immediato inizio pagamenti. Principale divergenza consiste in ciò che noi riteniamo debba domandarsi sforzo massimo cui entità non sembra ancora possibile precisare; inoltre che pagamenti debbono andare beneficio riparazioni secondo ordine priorità stabilite dal trattato di pace e cioè sottrarre dopo il rimborso spese truppe occupazione che del resto interessa nostro Governo anche pidi altri governi. In sostanza ritengo che somma 50 milioni di franchi oro giudicata nei due prossimi esercizi rappresenti sforzo notevole e che in ogni caso è escluso si possa ottenere subito pagamento integrale. In questo stato di cose riterrei opportuno in linea subordinata e con le riserve del caso specialmente circa attribuzione pagamenti alle riparazioni, che noi non ci opponessimo e al caso aderissimo proposta francese purché non subisca altra alterazione. Nostra opposizione potrebbe altrimenti indurre delegato francese fare altre maggiori concessioni nel senso desiderato da delegato inglese onde ottenere maggioranza mediante adesione questo ultimo.
In considerazione imminenza prossima riunione prego telegrafarmi d'urgenza istruzioni(3).
380 3 Il telegramma fu ritrasmesso a Tuozzi via Rodi, «nel dubbio non le sia ancora pervenuto», il 15 novembre con T. 1884.
381 1 Con T. 6865/907 dello stesso giorno Bonin confennava che la decisione, fumata il 9 novembre, della Conferenza degli ambasciatori per il riconoscimento del Governo albanese -già comunicata a Roma con D. 378-doveva essere intesa come atto comune e simultaneo delle potenze alleate.
382 1 Non rinvenuto.
382 2 Non pubblicato.
382 3 Per il seguito della questione vedi D. 521.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO A BUDAPEST, CASTAGNETO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, BIANCHERI
T. 1818. Roma, 11 novembre 19 21, ore 2.
(Per tutti meno Parigi) Ho telegrafato al r. ambasciatore a Parigi quanto segue:
(Per Parigi) Telegramma di V.E. n. 671(1) e precedenti.
(Per tutti) Governo austriaco mi fa premure per invio truppe italiane nel Burgenland e soprattutto nella zona plebiscitaria. Non avrei avuto difficoltà ad inviare un contingente italiano se anche gli altri Governi alleati avessero fatto altrettanto. Di fronte al rifiuto dell'Inghllterra e della Francia di inviare loro truppe non resta che l'invio di ufficiali, i quali, analogamente a quanto è stato fatto in Carinzia, dovranno controllare la regolarità del plebiscito. Quanto al numero di questi ufficiali, che certamente debbono essere abbastanza numerosi mi sembra debba lasciarsi la decisione alla Commissione dei generali a Sopron.
È desiderabile che gli ufficiali siano ripartiti in egual numero per ciascuna nazionalità. Se tuttavia Francia ed Inghilterra avessero difficoltà a coprire il numero corrispondente al terzo della cifra totale che sarà indicata sarei disposto ad integrare la cifra stessa mediante invio di un maggior numero di ufficiali italiani.
E ciò nell'intento di assicurare un controllo effettivo che dia pieno affidamento alle due parti.
Che se il Governo austriaco dovesse fare insistenze eccezionali per l'invio di almeno un piccolo contingente di truppe potrà considerare l'invio di un nucleo di carabinieri. Voglio tuttavia sperare che Ciò nonsia necessario.
Per il mantenimento dell'ordine trovasi nella zona plebiscitaria un battaglione ungherese già sotto il controllo della Commissione interalleata al momento del plebiscito sarà bene che sia accentuato il carattere di subordinazione di tale forza e in modo di dare all'Austria maggiormente l'impressione che tali forze non possono influire a favore dell'Ungheria.
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, PIACENTINI
T. 1820. Roma, 11 novembre 19 21, ore 2.
Suo telegramma 148(1).
In seguito suo rapporto 75(2) è in corso scambio note con Governo britannico per concordare possibilmente comune precisa linea di condotta in tutte questioni relative importazioni armi Etiopia.
Governo Londra, mentre è assolutamente contrario importazione fucili, sarebbe disposto permettere che codesto Governo acquisti ugual numero mitragliatrici e cartucce da tre Governi alleati, numero che si propone sia fissato da codesti ministri alleati.
Pur riaffermando in principio nostra opposizione qualsiasi fornitura anni, attitudine assunta da Governo britannico potrebbe indurci per questa volta a concedere permesso importazione soltanto per 12 mitragliatrici già acquistate da Ras Tafari agli Stati Uniti e fermate Aden. Ogni altra domanda importazione mitragliatrici dovrebbe peressere negata.
Prego telegrafarmi suo avviso al riguardo(3).
383 1 Non rinvenuto.
384 1 Non rinvenuto.
384 2 Vedi D. 131.
L'AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6892/912. Parigi, 11 novembre 1921, ore 21,15 (perv. ore 1,30 del 12).
Avendo trovato notizia denunzia accordo commerciale italo-francese da parte Francia nel Corriere della Sera giunto ieri, ho subito telefonato al Quai d'Orsay per sapere se cosa era esatta e il signor Peretti che è il pialto funzionario del Ministero in assenza di Berthelot mi rispose egli stesso smentendola categoricamente ed aggiungendo anzi che doveva essere sorto equivoco con la denunzia del trattato con la Spagna. Smentita non meno precisa ebbi da Barrère che trovasi a Parigi. Volendo anche meglio chiarire argomento presi appuntamento per stamane con Peretti ed egli mi disse oggi che avendo interrogato la direzione commerciale risulta che effettivamente Charles Roux aveva ricevuto incarico di preannunciare il 20 ottobre la denunzia e confermarla il 30 ottobre. Peretti mi ripeté che egli ha sempre ignorato quelle istruzioni e che le ignorava fino a stamane lo stesso direttore dell'Ufficio commerciale del Quai d'Orsay signor Seydoux. Non ho ragione di dubitare della veridicità del signor Peretti atteso che le istruzioni a Charles Roux provocate da questo Ministero del commercio possono essere state firmate da Briand o Berthelot ora in America. Attribuisco misura azione personale signor Serruys capo ufficio trattati a questo Ministero del commercio. Mi sono pervivamente lagnato con Peretti che nessun accenno mi fosse stato fatto da Governo francese della sua intenzione di prendere quella misura la quale certamente non puprodurre in Italia che cattiva impressione ed è già oggetto disapprovazione( ...) i commenti della stampa. Peretti mi ha pregato di osservare che denunzia verso l'Italia avviene in condizioni tutte diverse da quelle verso la Spagna. La seconda preludia ad una rottura commerciale, la prima si fa con la certezza di addivenire prima di scadere il termine ad un opportuno modus vivendi. Ho risposto che una denunzia comunque presentata aveva sempre aspetto poco simpatico e che nelle presenti condizioni sarebbe stato assai meglio evitarla. Ora, conclusi, non vi è altro da fare che lavorare dalle due parti alla pronta conclusione di un modus vivendi. Voglia V.E. permettermi di esprimere mia sorpresa che r. Governo non mi abbia fatto ancora alcun cenno delle comunicazioni avute il 25 ed il 30 ottobre né circa il proprio modo di vedere in proposito(1).
384 3 Con T. 7326/152 del 16 novembre Piacentini rispondeva aderendo all'impostazione di Torretta e sottolineando la necessità di «ottenere perampie sicure leali garanzie perché non si ripeta caso di frequente avvenuto che l'Etiopia su istigazione Alleati attribuisca soltanto all'Italia colpa divieto d'importazione armi».
385 1 Per la risposta vedi D. 398.
L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, GARRONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
R. 12487/929. Costantinopoli, 11 novembre 1921 (perv. il 23).
Ebbi già a riferire diffusamente all 'E.V., con rapporto n. 10353/755 del 15 settembre(1), le prime fasi della scoperta del presunto complotto nazionalista contro le autorità alleate ( o meglio contro le inglesi) in Cospoli e dei provvedimenti presi per sventarlo; e vi espressi già la mia opinione sull'insussistenza della congiura. Seguii poi con altri rapporti e telegrammi, mostrando come a mano a mano tutto l'edificio dell'accusa andasse sgretolandosi, finché apparve chiaro che la storia del complotto non era che una trovata di un gruppo di poco scrupolosi agenti del Servizio Informazioni britannico (mio rapporto 11793/884 del 21 ottobre )1, di cui il principale responsabile, tale Mussafer, venne finalmente arrestato come falsario confesso (mio rapporto 12213/911, del 3 novembre)(2). Epilogo di tutto questo episodio che, se non fosse stata l'azione moderatrice esplicata dagli alti commissarii italiano e francese, avrebbe potuto avere conseguenze politiche di una certa gravità e prima fra tutte la caduta del Ministero turco, è stata la liberazione di tutti gli arrestati, (salvo due, accusati di infrazioni d'altra natura) avvenuta in questi giorni, ed enunciata al pubblico da un proclama sui giornali, di cui allego copia1. Tale proclama è stato naturalmente commentato da tutta la città come un espediente per chiudere alla meglio una faccenda in cui il Servizio Informazioni britannico ha fatto una figura piuttosto meschina, portando altresì un vero danno al prestigio del comandante in capo.
IL DELEGATO AD ANGORA, TUOZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
T. 6989/199. Rodi 11 novembre 1921, part. ore 12,15 del 14 (perv. ore 18,30).
Miei telegrammi nn. 169(1) e 178-182(2).
Ministero degli affari esteri mi ha consegnato ieri sera copia accordo turco-francese che invio subito plico tramite questo Ministero degli affari esteri. In esso sono contenute soltanto clausole riguardanti sgombero Cilicia frontiera Siria. Con lettera
particolare questo Ministero degli affari esteri ha confermato inoltre essersi impegnato per concessione miniere presso Trebisonda, assumere ufficiali francese per scuola gendarmeria riconoscimento statu quo istituzioni francesi in Turchia, ( ...) promessa ricorrere capitali francesi per sviluppo Turchia. Di questa lettera particolare non mi è stata data né mostrata copia. Egli(...) mi ha spiegato non essere(...) accordato a noi nessuna concessione nella zona Accordo tripartito e che fine stato di guerra significa immediato sgombero nostre truppe Meandro, di cui qui non si vogliono riconoscere vantaggi che hanno reso e rendono Turchia. Ho cercato spiegargli in linea generale vantaggi ( ...) Turchia ma ha risposto Assemblea Nazionale essere assolutamente avversa specialmente nella così detta zona di influenza italiana. Mi ha detto che Italia non pumostrarsi dopo tante prove di amicizia piesigente della Francia. Per risoluzione altre questioni pendenti egli mi ha confermato che esse non possono essere disgiunte dall'accordo e che quindi era necessario parlarne nello stesso tempo. Egli si riserva evidentemente risoluzione tali piccole questioni come contropartite. Ha di nuovo insistito per sapere se e quando potranno iniziarsi trattative, ho risposto attendo istruzioni da V.E. che avrei sollecitate. A mio avviso subordinato nelle attuali condizioni si potrebbe soltanto concludere un accordo come quello francese relativo sgombero nostre truppe senza alcun accenno clausole riguardanti(...) e senza compromettere verso Alleati Accordo tripartito. Si potrebbe chiedere riconoscimento diritti minoranze nelle zone occupate, riconoscimento nostri agenti consolari in Turchia promessa(...) con Rodi(...) Castelrosso come esiste per Siria nell'accordo francese, statu quo nostre istituzioni scolastiche ed ospedaliere. Insomma un modus vivendi da permetterci attendere senza difficoltà e senza urtare fine conflitto greco-turco e conclusione pace. In tal caso prego telegrafarmi dettagliatamente ciò che deve figurare a tale scopo nell'accordo e ciò che deve figurare nella lettera particolare di questo Ministero degli affari esteri. In caso contrario prego V.E. darmi istruzioni tenendo presente che tergiversare a lungo non è possibile data linea di condotta da loro adottata.
Roma Cospoli Rodi informati.
386 1 Non pubblicato.
386 2 Non rinvenuto.
387 1 Vedi D. 341.
387 2 Non rinvenuto.
IL MINISTRO A DURAZZO, CASTOLDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TORRETTA
RELAZIONE 3557. Durazzo, 11 novembre 1921 (perv. il 25).
Il nuovo funzionario che l'Inghilterra ha mandato a Durazzo è il sig. C.E. Heathcote Smith che fu console per vari anni in Oriente. Egli è qui giunto il 9 corrente, fu il giorno stesso a Tirana e venne l'indomani a farmi visita assieme al sig. Heyres che partì il giorno dopo.
Gli ho reso la visita ed ho avuto agio di conversare con lui. Mi ha detto che a Roma aveva parlato con De Facendis il quale gli aveva chiarito il punto di vista italiano nella questione albanese.
Mi ha chiesto se avevo ricevuto comunicazione degli accordi che stabiliscono la posizione dell'Italia in tale questione. Essa non è il protettorato e nemmeno il mandato; è una posizione nuova sui generis. Per Saseno viene ammesso che si tratti di faccenda fra Italia e Albania.
Ha parlato delle iniziative inglesi per i tabacchi ed i petroli. Per la prima ha accennato al contrasto sorto circa il monopolio della carta per sigarette che il Bames sostiene intendersi collegata alla concessione già ottenuta mentre il Governo albanese è di parere diverso. Per i petroli disse che il Bames gli aveva assicurato trattarsi di affare finanziato da capitalisti inglesi ed italiani.
Risposi ciò non risultarmi. Se così fosse stato il Bames sarebbe venuto a parlarne mentre invece non si fece vedere nonostante mi conoscesse personalmente da qualche anno. E nemmeno egli ne fece cenno al r. ambasciatore a Londra al quale era andato a parlare di politica.
Anzi essere questa la prima volta che da parte inglese mi veniva parlato di tale affare. Lo stesso Foreign Office al quale la r. ambasciata si era rivolta per conoscere la consistenza di tali iniziative non aveva saputo dare indicazioni sufficienti.
Il sig. Smith cercdimostrare che forse il Foreign Office non era informato. Disse che l'Inghilterra non ha risorse petrolifere nel proprio territorio. Importa da considerevoli distanze, il che è svantaggioso se si considera che è soprattutto per la guerra che occorre assicurare il rifornimento in petroli ed affini. Da qui l'interessamento inglese ad ogni ricerca in territori meno lontani.
Gli feci presente che maggiori argomenti stanno per l'Italia che cerca petrolio soprattutto per la pace e che aveva per prima condotto ricerche e studi, il che costituisce posizione di diritto secondo tutte le legislazioni conosciute. Che appunto per questo oltre avere informato minutamente V.E. avevo pure attirato l'attenzione del Governo albanese sull'indiscutibile vantaggio di prelazione da tener presente in favore di iniziative italiane. Senza progetti di tutto monopolizzare era giusto chiedere quanto ragionevolmente era diritto italiano di ottenere.
Il sig. Smith disse non sapere se cipossa comportare un veto. Gli feci osservare che non è questo il caso di veto per altri ma di precedenza per sé.
Il sig. Smith parlposcià della situazione in Albania e mi chiese se ritenevo poter fondatamente sperare che il nuovo Stato si consolidasse. Risposi che esso aveva in sé quanto bastava per superare le difficoltà interne ma non quelle provenienti dall'esterno. Quelle maggiori interne derivanti dal contrasto di religione e da quello fra la tendenza conservatrice a quella democratica ( che somma in sé probl