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SESTA SERIE

AVVERTENZA

1. La documentazione contenuta in questo volume, che copre il periodo che va dal 23 giugno al 25 novembre 1919, segna la conclusione della travagliata esperienza della prima Delegazione italiana alla Conferenza della pace di Parigi che aveva visto nel presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e nel ministro degli Esteri Sidney Sonnino i suoi principali esponenti, e l’inizio di una nuova stagione della politica estera italiana legata all’azione di Francesco Saverio Nitti e di Tommaso Tittoni. Nominato presidente del Consiglio il 23 giugno del 1919, Nitti aveva fatto parte della compagine governativa precedente in qualità di ministro del Tesoro, ma si era poi dimesso il 18 gennaio di quello stesso anno non condividendo soprattutto la linea di politica estera seguita fino a quel momento dall’Italia. Anche nei mesi successivi alle sue dimissioni, Nitti non aveva nascosto le proprie critiche alla maniera con la quale Orlando e Sonnino stavano conducendo i negoziati parigini, sicché era facile immaginare come da presidente del Consiglio intendesse dare una svolta all’azione internazionale italiana, sciogliendo tutti quei nodi che avevano creato motivi di tensione nei rapporti con gli alleati e soprattutto con gli Stati Uniti i quali, essendo intervenuti nel conflitto in qualità di “associati”, non riconoscevano gli impegni sottoscritti dall’Italia con l’Intesa prima del suo intervento in guerra contro gli Imperi Centrali. Anche la scelta di affidare il dicastero degli Esteri ad una personalità dalla lunga e consolidata esperienza diplomatica come Tommaso Tittoni, lasciava chiaramente comprendere come Nitti intendesse giungere rapidamente ad un positivo superamento della situazione di stallo cui era giunto il negoziato parigino; e ciò, anche rivedendo sensibilmente i termini entro i quali si era sviluppato fino a quel momento il confronto soprattutto sul tema della questione adriatica che, come è ben noto, aveva costituito il terreno di maggiore tensione nel corso delle discussioni che avevano avuto luogo nella capitale francese.

Oltre a questo, altri problemi che attendevano la nuova Delegazione italiana a Parigi riguardavano la questione coloniale e quella relativa alla presenza in Asia Minore, anch’essa lasciata in sospeso da Orlando e Sonnino e in continua evoluzione considerata la situazione politica e militare venutasi a creare in un Impero Ottomano ormai destinato a dissolversi. E ciò per limitarsi alle sole questioni di diretto interesse per l’Italia in quanto, su di un piano più generale, rimanevano ancora aperti molti altri problemi – tanto di ordine politico quanto di ordine territoriale – nati dall’ambizione nutrita dalle Grandi Potenze presenti a Parigi di ridisegnare la mappa d’Europa tenendo conto di un principio di “nazionalità” molto spesso di difficile attuazione, o più semplicemente per ragioni di pura e semplice politica di potenza. Ulteriore elemento di complicazione era poi costituito dalla volontà, manifestata in non poche occasioni dai nuovi nuovi Stati nati dalle ceneri degli Imperi che avevano dominato la scena diplomatica del Vecchio Continente prima della guerra, di vedere dilatati i propri confini a volte in maniera del tutto ingiustificata.

L’ampia corrispondenza intercorsa tra Nitti e Tittoni – che costituisce una parte significativa del materiale documentario edito nel presente volume – mostra chiaramente come il presidente del Consiglio italiano e il suo ministro degli Esteri cercassero, dinanzi alla necessità di dovere far fronte ad un ventaglio così vasto di problemi, di migliorare la posizione negoziale dell’Italia puntando innanzi tutto su di un miglioramento dei rapporti personali con i rappresentanti degli altri Grandi; la medesima documentazione porta tuttavia alla conclusione che una tale predisposizione d’animo non si rivelò certamente sufficiente a superare le difficoltà lasciate in eredità da Orlando e Sonnino. Solo pochi giorni dopo l’arrivo della nuova Delegazione italiana a Parigi, infatti, fu consegnata a Tittoni una lunga nota, firmata dal presidente del Consiglio francese Clemenceau e dal premier britannico Lloyd George, che rimetteva in discussione l’intero impianto delle rivendicazioni italiane e la stessa validità del Patto di Londra che in buona misura le conteneva (si veda il D. 30).

La reazione dell’Italia alla rimessa in discussione del suo intero programma di politica estera non tardò a prendere corpo in una nota con la quale Tittoni ribatté punto per punto a tutte le critiche che ad esso erano state rivolte (si veda il D. 30); rimase tuttavia la percezione di un rapporto con gli alleati che si era ormai deteriorato e che avrebbe condizionato sensibilmente l’azione diplomatica di Roma nei futuri lavori parigini. A ciò va poi anche aggiunto che, dopo la firma del Trattato di pace con la Germania, il presidente degli Stati Uniti fece ritorno nel proprio Paese rendendo quindi molto più macchinoso un processo decisionale che nel passato si era fondato su di un confronto diretto tra i “Quattro Grandi”. Per superare una situazione così difficile e complessa Tittoni, coadiuvato da collaboratori di primissimo piano come Vittorio Scialoja e poi Giacomo De Martino, dovette svolgere un’azione diplomatica estenuante, avendo ormai come interlocutori diretti i soli Clemenceau e Lloyd George e come rappresentante degli Stati Uniti a Parigi un diplomatico, F.L. Polk, certamente non in grado di assumere decisioni impegnative senza una preventiva autorizzazione da parte della Casa Bianca. E tutto questo, mentre da Roma giungevano frequenti inviti a chiudere velocemente la partita parigina per poter assicurare al Paese un veloce ritorno alla “normalità”.

Questo complessivo stato di cose comportò la necessità di rivedere i termini del tema che maggiormente aveva creato frizione con gli alleati e l’associato, vale a dire la questione adriatica con il connesso problema di Fiume che non solo di quella questione aveva finito con il costituire il nodo centrale, ma che divenne anche motivo di tensione con Parigi quando nella città istriana si verificarono incidenti che coinvolsero alcuni soldati francesi, militari italiani e comuni cittadini. A questo ulteriore elemento di tensione, che portò alla costituzione di una Commissione di inchiesta incaricata di appurare le responsabilità di quanto accaduto nella città istriana, si aggiunse presto il problema della sua occupazione da parte di Gabriele D’Annunzio e dei suoi “legionari”. I documenti pubblicati danno conto della difficile situazione venutasi a stabilire a Fiume con un confronto che, se sul piano politico e verbale conobbe momenti di estrema tensione, non impedì tuttavia che, soprattutto tramite l’azione del generale Pietro Badoglio, si stabilisse tra D’Annunzio e il Governo italiano un filo di comunicazione che fu continuo e dai toni a volte inaspettatamente cordiali. Questo mai interrotto dialogo costituì tuttavia un elemento marginale nella gestione complessiva della questione fiumana, data la determinazione sempre manifestata da D’Annunzio nel sostenere che la città istriana dovesse essere annessa al Regno d’Italia e l’impossibilità di far accettare tale ipotesi soprattutto al Presidente Wilson, caparbiamente ostinato non solo nel negare che un tale progetto potesse prendere corpo, ma anche nel rifiutare l’idea e di un’eventuale costituzione di Fiume in Stato Libero – una possibilità, questa, alla quale Roma si era ormai rassegnata – e che esso potesse essere collegato all’Italia tramite una striscia di territorio che con essa garantisse una qualche forma di contiguità geografica.

Sulla possibilità di successo di una tale ipotesi la diplomazia italiana aveva puntato parecchio e, grazie ad un’azione che era stata insistente e continua, Tittoni era riuscito ad ottenere un suo sostanziale avallo tanto da parte della Gran Bretagna, quanto della Francia, riuscendo anche a fare in modo che Londra e Parigi agissero congiuntamente su Washington per ottenerne l’accoglimento anche da parte americana. Tutto questo si rivelò tuttavia vano, sì da indurre il ministro degli Esteri italiano, il 25 novembre del 1919, a rassegnare le proprie dimissioni. Un’esperienza di governo, nata con l’ambizione di dare una svolta alla politica estera italiana, di liberarla da una presunta rigidità rappresentata soprattutto da Sidney Sonnino, registrava quindi un primo punto di crisi, scontrandosi anzitutto con l’intransigentismo wilsoniano e poi anche con un clima diplomatico che, dopo la firma del Trattato di Versailles, era profondamente mutato: leggendo i documenti qui di seguito pubblicati si avverte tutta la difficoltà nella quale vennero a trovarsi Tittoni e i suoi collaboratori nel muoversi entro un orizzonte diplomatico che appariva ormai sfrangiato, nell’ambito di una Conferenza che riteneva di avere ormai esaurito la maggior parte dei compiti che le erano stati assegnati e animata dal desiderio di chiudere in fretta le questioni ancora sul tappeto.

Entro questo quadro certamente non facile e sostanzialmente polarizzato sui temi della questione adriatica, la diplomazia italiana cercò anche altri campi di azione all’interno dei quali riuscì a volte ad ottenere qualche successo: i rapporti con la Grecia, con la quale non erano mancati momenti di estrema tensione a causa della comune presenza militare in Asia Minore, conobbero un netto miglioramento, e anche l’azione moderatrice svolta sul Governo romeno per favorire il ritiro delle sue truppe dall’Ungheria fu significativa del desiderio di Roma di ristabilire in Europa un clima di pace e stabilità. Nella stessa direzione si mossero anche gli sforzi compiuti per favorire un avvicinamento tra la medesima Romania e la Bulgaria, divise da un contenzioso territoriale determinato dall’avere questi due Paesi partecipato alla guerra in campi contrapposti, e soprattutto per la ripresa di relazioni amichevoli con le nazioni ex nemiche e con i nuovi Stati che erano nati o rinati dalle ceneri degli ormai scomparsi Imperi Centrali. Unica eccezione fu quella della Jugoslavia, con la quale non mancarono momenti di tensione e che fu vista come un possibile elemento di minaccia per la sicurezza adriatica del Paese; a ragione di ciò la diplomazia italiana si mosse attivamente per evitare che intorno al neonato Stato degli Slavi del Sud potesse realizzarsi una qualsiasi forma di solidarietà politica con le Nazioni vicine in grado di accrescerne il peso diplomatico e militare.

Questo relativo dinamismo della diplomazia italiana, limitato sostanzialmente all’area balcanica, non è tuttavia in grado di cancellare l’immagine di un’Italia che ha ormai rinunciato all’ambizione di svolgere un ruolo significativo sulla scena internazionale, cercando piuttosto – pressata come è da una situazione interna della cui problematicità Nitti si fa assai spesso interprete nei suoi rapporti telegrafici con Tittoni – di chiudere al più presto, anche a costo di vedere ridimensionate le sue originarie rivendicazioni, un confronto con gli alleati e con l’associato, che avrebbe altrimenti potuto portarla in una condizione di pericoloso isolamento. Le dimissioni più volte ventilate e poi definitivamente confermate da Tittoni il 25 novembre del 1919, data che segna la conclusione di questo volume, sono indicative della presa di coscienza che i propositi nutriti a Roma di un possibile rilancio dell’azione diplomatica italiana, dopo l’esperienza considerata negativa del Governo Orlando-Sonnino, si erano rivelati alla prova dei fatti sostanzialmente illusori.

2. Le ricerche finalizzate a raccogliere il materiale documentario qui pubblicato sono state condotte prevalentemente presso l’Archivio storico diplomatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, in particolare, nei seguenti fondi:

1) Raccolta dei telegrammi in arrivo e in partenza ordinari e di Gabinetto, che comunque non contiene la maggior parte dei dispacci inviati dalla Delegazione italiana alla Conferenza della Pace.

2) L’Archivio della Direzione generale degli affari politici.

3) L’Archivio della Conferenza della pace, che raccoglie una vastissima documentazione sull’azione svolta dalla diplomazia italiana a Parigi e, anche se non in una raccolta organica, la corrispondenza telegrafica intercorsa tra Tittoni, il Ministero degli Esteri e le varie rappresentanze italiane all’estero.

4) Archivi di Guglielmo Imperiali (1904-1922), Francesco Salata, Carlo Sforza (1905-1927), Gabinetto Tommaso Tittoni (Sottosegretario Pompilj).

5) Archivi delle ambasciate a Londra, Parigi e Washington.

Di grande utilità sono poi state le ricerche condotte presso l’Archivio Centrale dello Stato, dove sono conservate le Carte Nitti che hanno consentito di colmare i molti vuoti riscontrati nel ricostruire la corrispondenza telegrafica non solo tra Roma e Parigi nei mesi nei quali Tittoni fu il responsabile del Dicastero degli Esteri, ma anche di seguire la vicenda fiumana dopo l’occupazione della città istriana da parte di D’Annunzio.

Nella preparazione del presente volume fondamentale è stato l’aiuto della dottoressa Ersilia Fabbricatore tanto nelle ricerche compiute presso l’Archivio Centrale dello Stato quanto, in campo redazionale, nella messa a punto dell’indice sommario e delle note che accompagnano i documenti pubblicati. Desidero anche ringraziare la dottoressa Maria Laura Piano Mortari, cui si deve la compilazione della Tavola Metodica, ma che ha anche costituito, insieme alla dottoressa Francesca Grispo, un elemento di costante aiuto nel lavoro che ha accompagnato la messa a punto finale di quanto qui si pubblica. Sono anche grato alla sig.ra Andreina Marcocci per l’utilissimo contributo da lei offerto nella preparazione dell’Indice dei Nomi. Al di là di questi più specifici contributi, è comunque per me motivo di gratitudine l’aver potuto svolgere il mio impegno, negli anni che sono occorsi per mettere a punto questo volume, in un gruppo di lavoro come quello che si occupa della pubblicazione dei Documenti Diplomatici Italiani reso umanamente ricco e scientificamente stimolante dalla presenza di persone che, per quanto in numero ormai assai limitato, conducono con passione un lavoro che merita di essere ricordato con riconoscenza da tutti coloro che sono interessati alle vicende della politica estera del nostro Paese.

Italo Garzia

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Badoglio = P. Badoglio, Rilevazioni su Fiume, Roma, Donatello De Luigi, 1946.

DBFP, vol. IV = Documents on British Foreign Policy, 1919-1939, first series, vol. IV, 1919, London, HMSO, 1952.

FRUS, PPC = Papers Relating to the Foreign Relations of the United States, The Paris Peace Conference, 1919, Washington, United States Government Printing Office, vol. VI, VII, IX, 1946.

A. Giannini, I documenti = I documenti diplomatici della pace orientale a cura di Amedeo Giannini, Roma, Edizioni di Politica, 1922.

Miller = D.H. Miller, My Diary at the Conference of Paris with Documents, vol. XX, 1926.

Sonnino, Carteggio = S. Sonnino, Carteggio 1916-1922, a cura di P. Pastorelli,Roma-Bari, Laterza, 1975.

Tittoni-Scialoja = T. Tittoni e V. Scialoja, L’Italia alla Conferenza della Pace.Discorsi e documenti a cura di A. Giannini, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1921.

W. Wilson = W. Wilson, The papers of Woodrow Wilson, Princeton, New York Princeton university press, Arthur S. Link editor, voll. 62-63, 1990.


DOCUMENTI
1

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI1

T. Gab. 213/3934. Parigi, 23 giugno 1919(perv. il 24).

Presento a V.E. mie dimissioni da delegato plenipotenziario presso Conferenza pace, sono disposto a fare quanto occorra secondo le istruzioni che V.E. mi vorrà comunicare per evitare ogni effettiva interruzione nel funzionamento di questo. […]2.

Richiamo insieme attenzione di V.E. sulla necessità che Governo Italiano non risulti assente in occasione del Trattato di pace con la Germania: firma che nel caso di risposta affermativa Germania potrebbe aver luogo mercoledì prossimo 25, o giovedì 26. Non mi parrebbe conveniente né politicamente opportuno, vista anche imminenza della partenza del presidente Wilson per America appena firmato Trattato, chiedere che si sospenda sotto qualsiasi forma la stipulazione dell’atto o approvazione della firma della nostra Delegazione3.

Prego V.E. telegrafarmi istruzioni4 sul da farsi sia da me sia da altri due delegati presenti Crespi e Imperiali. Agiremo secondo direttive che V.E. vorrà comunicarci nell’interesse della cosa pubblica.

2

L’INCARICATO D’AFFARI A LONDRA, PREZIOSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 236/39. Londra, 24 giugno 1919, ore 8,50(perv. ore 5 del 25).

In una conversazione interceduta fra Gayda e Steed, questi ha accennato a varie riprese alla possibilità di un compromesso nelle seguenti basi:

1) Goriziano, Trieste, tutta l’Istria occidentale all’Italia con una frontiera che è in gran parte quella del Trattato di Londra e l’aggiunta della valle di Sexten.

2) Fiume città autonoma sotto una protezione internazionale, lasciando aperta la questione di una definitiva soluzione (plebiscito fra qualche anno).

3) Autonomia delle isole dalmate sotto la protezione italiana e riconoscimento di «qualche punto d’appoggio a Italia e Dalmazia».

4) Neutralizzazione di una gran parte della costa dalmata jugoslava (quasi 400.000 slavi).

3 1 Vedi D. 1.

3 2 Non è stato rinvenuto alcun riscontro al riguardo, ma vedi comunque D. 1, nota 3.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO

T. Gab. prec. ass. 187/102. Roma, 24 giugno 1919, ore 10,50.

Risposta a telegramma di V.E. n. 39341.

Per quanto io già abbia telegrafato a V.E.2 ripeto preghiera pienamente corrispondente a quanto ella spontaneamente mi manifesta di volere esercitare insieme ai suoi colleghi l’ufficio di delegato in tutta la sua pienezza valendosi dei pieni poteri sia per la firma del Trattato di pace colla Germania, sia per qualunque altra firma o atto che reputasse necessario.

4 1 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di suffragare tale affermazione.

4

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 3925. Parigi, 24 giugno 1919, ore 15,15(perv. ore 19,50).

S.E. Tittoni mi ha comunicato mia conferma nell’incarico rappresentare S. M. il Re e il Governo in questa Conferenza pace assieme autorevoli colleghi e amici. Grato nuova prova di fiducia conferitami da V.E. continuerò disimpegnare grave incarico con ogni devozione interesse supremo paese. Funzioni rappresentanti per parte finanziaria ed economica dei diversi Trattati pace sono ormai completi [sic]. Oggi sarà regolata definitivamente materia delle riparazioni per Austria e stati che ereditano territori ex Austria-Ungheria. Spero definire entro settimana, prima cioè della partenza di Lloyd George, difficile e complicata questione dell’assegnazione all’Italia del naviglio adriatico per la quale lotto tenacemente da oltre tre mesi. Colla risoluzione di questa questione sarà compiuto lavoro questa Delegazione anche in rapporto al Trattato con Austria. Nessuna difficoltà prevedesi e prevedo nuovo studio sembra necessario per Trattato con Ungheria. Lavori per Trattato con Bulgaria sono già buon punto. Venne testé deciso chiedere cifra fissa due miliardi un quarto franchi come contributo Bulgaria alle riparazioni. Resta proporre Trattato con Turchia la cui sorte non è comunque decisa. Abbiamo materiale pronto per parte finanziaria ed economica. Restano poi insolute e impregiudicate tutte nostre questioni territoriali e politiche verso Jugoslavia, in Asia Minore, in Africa. Sono per tutte queste questioni in possesso degli elementi necessari per mettere al corrente e per agevolare al ministro Affari Esteri e ai miei nuovi colleghi di Delegazione la loro risoluzione. Devo fin d’ora prevenire che purtroppo si avranno serie difficoltà, tanto più che presidente Wilson partirà appena firmata pace con Germania ed è sempre deciso negare Fiume Dalmazia all’Italia. Domina sulla nostra situazione politica la questione finanziaria che è gravissima come V.E. ben conosce e che deve essere risoluta subito. Comm. Ceresa è venuto Roma per esporre rifiuto Banca Inghilterra. Circa America V.E. avuto comunicazione dei passi che ho iniziato con delegati finanziari americani Davis e Lamont, dei colloqui e delle intese che ho condotte per incarico cessato Governo1; fra tali delegati finanziari è Stettinius delegato della Banca Morgan, con i quattro direttori delle nostre maggiori banche Pogliani, Fenoglio, Balzarotti, Angelici. Questi direttori sono tornati in Italia per redigere programma di definitivo accordo e potranno dettagliatamente informare V.E. e ministro Tesoro. Dovrebbero formare subito consorzio bancario e industriale qualora Governo lo desiderasse, potrei continuare qui assieme capitano Guido Jung mio ottimo collaboratore per materia finanziaria e con i comm. Rossi e Brofferio le pratiche iniziate. Ma è di massima urgenza che lo stesso ministro del Tesoro venga Parigi e rechisi poi subito Londra dove si potranno iniziare pratiche analoghe quelle con americani onde ottenere credenziali private sufficienti al nostro ristabilimento economico. Non ho bisogno fare rilevare V.E. dal successo di tali pratiche in America e Inghilterra dipende tutta vita della nazione. Personalmente ho fiducia mio ottimo amico Schanzer potrà raggiungere tale successo purché si ponga subito personale contatto con le personalità che da tanto tempo mi dimostrano la più grande simpatia per Italia. Spero dunque vorrà decidersi venire subito a Parigi e Londra mentre Delegazione italiana Pace potrà svolgere parallelamente le più difficili pratiche per nostro assetto territoriale politico coloniale. Ricordo che ambienti finanziari sono abituati e vogliono trattare soltanto con ministri responsabili, come V.E. sa per recente esperienza e che perciò io stesso non appartenendo al Governo, non potrò fare che ufficio di introdurre ed eventualmente di interprete, poiché è venuta a mancare preziosa collaborazione di Attolico che ha accettato ufficio direttore della Lega delle Nazioni che perciò non appartiene più alla amministrazione governativa. Raccomando importazione carne congelata e adozione abburattamento 85 per cento. Per la prima sono in corso importanti pratiche finanziarie con Brasile che S.E. Dante Ferraris conosce e che devono essere spinte avanti rapidamente da S.E. Schanzer. La seconda darà senso sollievo e faciliterà arresto aumento prezzi e forse discesa. Tale misura da me proposta da un mese fu respinta cessato Governo. Non ho potuto però insistere né potrei farlo oggi per mancanza sufficienti elementi. Prego comunicare quanto sopra Consiglio ministri tenendomi personalmente disposizione per ogni altro chiarimento e dettaglio.

5 1 Gruppo mancante.

5 2 Per la risposta vedi D. 7.

5

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. urgente prec. ass. 244/3972. Parigi, 24 giugno 1919, ore 17,30(perv. ore 18,50).

Plenipotenziari tedeschi annunziano loro arrivo per venerdì mattina. Clemenceau ha […]1 disposizioni perché si faccia il possibile per procedere firma venerdì alle ore 14 ma probabilmente firma non avrà luogo prima di sabato, dovendo effettuarsi verifica nuovi pieni poteri germanici ed eventualmente italiani.

Ravviserei qualche inconveniente che antichi delegati italiani firmassero dopo arrivo dei nuovi, che dovranno necessariamente essere preannunziati. Se V.E. crede firma per Italia possa meglio effettuarsi da nuova Delegazione venerdì alle ore 14 o sabato, prego inviarmi d’urgenza corriere nuovi pieni poteri e sigillo personale, che per brevità verranno apposti sull’atto prima della seduta. Qualora invece V.E. ritenesse opportuno che firma venga apposta da precedente Delegazione già accreditata, mi parrebbe più conveniente di fronte alleati ritardare alquanto arrivo nuova Delegazione2.

6 1 Grazzi rispose con T. 2142/69 del 29 giugno, non pubblicato, con il quale si comunicava il compiacimento del Governo e del popolo finlandesi per la decisione italiana.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A HELSINGFORS, GRAZZI,E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALIE A PARIGI, BONIN LONGARE

T. 394. Roma, 24 giugno 1919.

(Per Parigi e Londra) Ho telegrafato al r. console a Helsingfors:

(Per tutti) Prego V.S. annunziare ufficialmente al Governo finlandese che il R. Governo in piena corrispondenza con le simpatie che il popolo italiano ha sempre mostrato per le aspirazioni nazionali finlandesi è lieto di riconoscere l’indipendenza della Finlandia1.

7 1 Vedi D. 5.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO

T. Gab. 188/103. Roma, 25 giugno 1919, ore 12,25.

Suo telegramma n. 39721.

Condividendo completamente modo di vedere di V.E. ho disposto che nuova Delegazione partendo da Roma sabato mattina arrivi costà nel pomeriggio di domenica. Resta inteso che V.E. ed i suoi colleghi firmeranno preliminari colla Germania.

8

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 792. Parigi, 25 giugno 1919, ore 20,30(perv. ore 2 del 26).

Nella seduta odierna dei Quattro si è toccata la questione del tempo in cui i vari Governi alleati ed associati presenteranno ai rispettivi parlamenti il Trattato di pace per la ratifica. È risultato che se esso viene firmato come si prevede sabato e Wilson partirà subito, il presidente degli Stati Uniti potrà presentarlo al Congresso di Washington tra il 10 ed il 12 luglio. Wilson parlerebbe al Congresso in occasione della presentazione. Clemenceau e Lloyd George hanno convenuto di accordarsi per la discussione in modo che le loro dichiarazioni in Parlamento abbiano luogo contemporaneamente quasi, e dopo quelle di Wilson. Wilson ha detto che, per quanto egli possa prevedere, la ratifica, se non avvengono impedimenti, potrebbe effettuarsi entro un mese; Clemenceau e Lloyd George prevedono press’ a poco lo stesso periodo per quanto concerne i rispettivi paesi. Interrogato ho risposto che ritenevo che la ratifica potesse ottenersi entro un periodo corrispondente.

9 1 Vedi D. 7.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO

T. Gab. 191. Roma, 25 giugno 1919, ore 21,15.

Partenza nuova Delegazione resta fissata per sabato mattina treno lusso, ed arrivo a Parigi per domenica alle ore 14,301.

10 1 Bonin Longare rispose con T. Gab. 259/261 del 27 giugno, non pubblicato, comunicando che avrebbe incontrato Pichon la sera stessa e Clemenceau l’indomani. Sul contenuto di tali incontri vedi D. 24.

10

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE

T. Gab. 190/49. Roma, 25 giugno 1919, ore 21,30.

Prego V.E. recarsi personalmente da Clemenceau e Pichon e dir loro quanto sia lieto di ritrovarmi con loro che durante la mia ambasciata a Parigi mi dimostrarono sempre cordiale amicizia. Punto di partenza della mia missione sarà quello di un completo e sicuro accordo tra Francia Italia che garantisca una lunga ed intima unione.

Io vengo animato dalla migliore buona volontà e dalla fiducia di riuscire e son certo di trovare in loro le stesse disposizioni1.

11 1 Il telegramma fu inviato contestualmente anche alla Delegazione italiana alla Conferenza della pace, ove pervenne il 26 luglio alle ore 15.

11

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2107/12751. Vienna, 25 giugno 1919, ore 21,50(perv. il 27).

In conversazioni avute con questo ministro degli Affari Esteri egli mi disse chiaramente non avere nessuna fiducia sulla Francia, sola speranza per Austria tedesca riunirsi con Germania. Alcune delle condizione di pace imposte specialmente quelle economiche Austria tedesca essere impossibili ed equivalere distruzione e bancarotta completa paese. Appetiti continuano esser illimitati ed assolutamente ingiustificati in particolar modo da lato Carinzia; spera Italia si mostrerebbe favorevole e appoggierebbe Austria tedesca. Espresso desiderio di sentire [sic] possibilmente qui, se non possibile a Parigi, la questione del Tirolo meridionale ripetendo che per conto suo, invece concessione di piccola zona territoriale, sarebbe disposto concedere vantaggi commerciali economici militari.

12 1 Vedi al riguardo serie sesta, vol. III, DD. 799, 805 e 810.

12 2 Per la risposta vedi D. 19.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO

T. Gab. personale 189/104. Roma, 25 giugno 1919.

Unica salvaguardia per noi contro disposizioni Lega Nazioni è riserva circa nostre questioni territoriali che non devono cessare di essere di competenza della Conferenza, della quale riserva fu preso formalmente atto1. Voglia considerare V.E. se non le pare conveniente e possibile che la detta riserva sia ripetuta nell’atto di firmare il Trattato di pace2.

13 1 Non pubblicati, ma per le campagne di ostilità verso la missione militare italiana vedi serie sesta, vol. III, DD. 700 e 780.

13

L’INCARICATO D’AFFARI A PRAGA, LAGO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2121/305. Praga, 25 giugno 1919(perv. il 27).

Miei telegrammi nn. 263-2641.

Cessata campagna contro missione militare italiana, comincia campagna tendenziosa presunto atteggiamento tedescofilo Italia.

Anche questa campagna è opera principalmente agenti jugoslavi.

Indispensabile e assolutamente urgente arrivo giornalisti italiani.

14 1 Vedi serie sesta, vol. III, D. 889.

14

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 252/3993. Parigi, 26 giugno 1919(perv. ore 13).

Ho ricevuto da Roma una nota n. 11408 in data 22 giugno di S.E. Revel1. Ho telegrafato al capo di Stato Maggiore della Marina di rimettere un’altra copia a V.E. cui spetta la decisione in merito. Mi preme però avvertire che le mie istruzioni non furono mai così tassative come viene accennato in fine della pagina due «da escludere qualsiasi concorso di forze militari e navali italiane ad azioni contro i bolscevichi», di conseguenza occorrerebbe modificare eventualmente la prima frase della progettata risposta all’Ammiragliato britannico, non dovendosi escludere a priori il concorso delle nostre forze navali contro i bolscevichi, contro i quali del resto stiamo combattendo a Murman ed in Siberia e potremmo trovarci costretti a combattere a Baku. Ciò infatti contraddirebbe fra l’altro a quanto l’Italia ha dichiarato insieme alleati ad associati nelle comunicazioni collettive all’ammiraglio Kolciak. Le nostre riserve di usare forze navali contro i bolscevichi erano solamente in relazione alla necessità di non disperdere in quelle acque le nostre unità ma valersene principalmente per i bisogni più urgenti di evacuare i rifugiati russi da Odessa.

15 1 In realtà la riunione alla quale accenna Sonnino si era svolta nel pomeriggio della giornata precedente. Vedi in proposito FRUS, PPC, vol. VI, in particolare pp. 675 sgg.

15 2 Tittoni comunicò il proprio assenso alla dichiarazione che Sonnino intendeva fare con T. Gab. prec. ass. 193/107 del 27 giugno, non pubblicato.

15

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 257/3996. Parigi, 26 giugno 1919, ore 11(perv. ore 18,15).

Nella riunione pomeridiana di oggi1 si è accennato alla necessità di una intesa generica, prima della partenza del presidente Wilson, sulle condizioni di pace per la Turchia.

È stata letta una risposta della Delegazione ottomana a Parigi, ed è stata considerata come non seria e tale da non tenersi in nessun conto. Si è ventilata l’idea di rivedere la Delegazione semplicemente per accomiatarla. Durante la conversazione risultò che Wilson è favorevole ad escludere i turchi dall’Europa. Lloyd George disse che Balfour era vissuto in una stella ed in una tradizione britannica opposta a tale punto di vista. Clemenceau affermò di non essere in principio contrario ad eliminare il Sultano da Costantinopoli, ma la sua risposta dipende da quanto sarebbe stato risoluto pel resto dell’Asia. Lloyd George insistette sulla necessità di una discussione in una di queste mattinate, osservando che finora non si era giunti ad una intesa ed era difficile farlo, mentre Italia senza accordi e nonostante le pretese degli alleati mandava e disseminava le sue truppe in Asia Minore. Non ho interloquito oggi ove si addivenga ad una discussione che dalle parole di Lloyd George si può prevedere aspra contro di noi, mentre d’altronde sono palesi le parzialità di Wilson per Venizelos, mi proporrei di fare approvare una dichiarazione su questo tenore: «Nella imminenza della decadenza dal mio ufficio di delegato italiano e dell’arrivo del nuovo ministro degli Affari Esteri d’Italia e capo della Delegazione italiana alla Conferenza della pace, sono in dovere di riservare l’opinione e la decisione di lui in ordine alla questione del Vicino Oriente che oggi entra in discussione. Debbo anche commentare che per una parte dell’antico Impero ottomano esistono accordi tra Italia, la Francia e Gran Bretagna, alleati suoi nella guerra con la Turchia. Con Francia e Gran Bretagna esiste l’articolo 9 del Trattato di Londra del 26 aprile 1915 che sanziona a favore dell’Italia il principio dell’equilibrio del Mediterraneo orientale, nonché quello dell’equa proporzionalità degli interessi delle potenze alleate nella Turchia d’Asia. Ricordo pure che l’accordo dell’agosto 1917 con la Francia e la Gran Bretagna delimitava la zona da assegnare all’Italia, accordo che non possiamo ritenere nullo pel solo fatto del mancato consenso russo non mai chiesto.

In questo stato di cose è mio dovere formulare qui espressa riserva degli interessi e dei diritti dell’Italia e delle direttive che crederà adottare il mio successore nella stessa questione. Prego telegrafarmi d’urgenza se V.E. approva2.

16 1 Il 23 giugno con T. 228, non pubblicato, il commissario politico a Berlino, Chiaramonte Bordonaro, aveva informato Sonnino che l’Assemblea nazionale tedesca aveva deciso di accettare i termini del Trattato di pace con 287 voti favorevoli, 138 contrari e 5 astenuti.

16

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 255/4008. Parigi, 26 giugno 1919.

Stamane la Delegazione a Versailles ha fatto conoscere che i plenipotenziari tedeschi giungeranno sabato di prima mattina. I loro pieni poteri saranno verificati alle dieci e mezzo e la firma avverrà sabato alle ore quindici1..

17 1 Vedi al riguardo FRUS, PPC, vol. VI, p. 697.

17 2 Oltre ad affrontare questi ed altri temi di carattere specifico, in quella occasione Tittoni aveva soprattutto lamentato la circostanza che il problema delle rivendicazioni italiane non fosse stato ancora completamente affrontato, a differenza di quelle riguardanti Francia e Gran Bretagna. Vedi al riguardo Atti parlamentari, Camera dei Senatori, Legislatura XXIV, Discussioni, vol. V, tornata del 25 giugno 1919, pp. 4910 sgg.

17 3 Gruppo mancante.

17

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. riservato personale 253/4009. Parigi, 26 giugno 1919, ore 18(perv. ore 24).

Nella seduta di stamane dei Quattro in casa del presidente Wilson1, Lloyd George stando tuttora in piedi si è espresso con una intonazione alquanto risentita sulla parte del discorso tenuto ieri da V.E. al Senato, quale era riferita dai giornali stamane, che concerneva la questione dell’Asia Minore e le colonie in Africa2. Egli ha detto che avrebbe fatto conoscere il suo pensiero in proposito a V.E. per mezzo di Rennell Rodd. La cosa si svolse in poche frasi dette con la sua consueta impulsività dal sig. Lloyd George stando, come ho già detto in piedi ed in forma tutt’affatto privata. Più tardi durante la riunione, Lloyd George accennò nuovamente alla necessità di intendersi in qualche modo circa una possibile pace con la Turchia e Wilson mostrò consentire. Per il pomeriggio era indetta presso Wilson una riunione dei Quattro, ma alle 15 fui avvertito che essa non avrebbe più luogo, non essendo ancora approntato dalla Commissione il lavoro di quel che si doveva discutere concernente le riparazioni da […]3 nel Trattato con l’Austria.

Mi risulta invece che Wilson e Clemenceau si riunirono presso Lloyd George alle 16, ma ritengo probabile che abbiano parlato tra di loro circa la Turchia.

18 1 Su tale campagna si era anche soffermato Romano Avezzana il quale con T. Gab. 243/10 del 24 giugno, non pubblicato, aveva sostenuto che essa era stata ispirata dalla Francia.

18 2 Gruppo mancante.

18

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 260/2137. Parigi, 26 giugno 1919(perv. stesso giorno).

Ho avuto l’altro ieri una lunga conversazione con questo ministro di Grecia al quale, in conformità delle istruzioni datemi da S.E. Sonnino in seguito ai telegrammi della nostra legazione Atene, ho segnalato l’accanita campagna di stampa che si fa contro di noi colà1 e a Janina e della quale si trovano accenni anche nei giornali francesi a noi ostili come il Journal des Débats.

Gli dimostrai opportunità nell’interesse dei buoni rapporti fra i due paesi che Venizelos interponesse sua autorità perché quella campagna fosse arrestata. Persistentemente Romanos mi diede ragione circa mene della stampa greca che egli riconosceva imprudenti e che Venizelos indubbiamente si adopererebbe a modificare, ma si lagnò poi vivamente della condotta delle nostre autorità nel vilayet di Smirne alla quale egli attribuiva principalmente le difficoltà che incontrano le truppe greche e i sanguinosi incidenti che ne seguono giornalmente. Accennava specialmente all’opera del capitano Carossini che incoraggia alla resistenza i turchi e al fatto che un «capo brigante» turco sarebbe stato sbarcato da una nave italiana. Mi parlò poi nello stesso modo dei fatti occorsi nel Dodecaneso. Gli risposi osservandogli che le informazioni non coincidevano affatto con le nostre alle quali, fino a miglior prova almeno, dovevo attenermi e mettendo in evidenza interesse che Grecia ha di mantenere con noi buone relazioni che sono ugualmente da noi desiderate.

Dalle informazioni che poi ho assunto presso Delegazione italiana risulta che accuse greche contro capitano Carossini sono infondate. Qualcosa di vero vi sarebbe invece in quelle portate contro le nostre autorità nell’isola di Rodi, dove repressione sarebbe stata sproporzionata all’importanza dei moti. Mons. Cerretti, che venne ieri a vedermi e che in tutta la sua azione a Parigi si dimostrò buon italiano, mi disse di aver assistito ad una conversazione tra mons. Zucchetti, arcivescovo cattolico di Smirne, e Venizelos nella quale il primo disse schiettamente che i greci non potrebbero restare a Smirne che a prezzo di continui massacri, dichiarazione che avrebbe vivamente irritato il presidente greco. Mons. Cerretti disse altresì di aver avuto colloqui con prelati croati e sloveni e aver trovato in loro disposizioni apertamente italofobe e tendenza a deferirsi in tutto, anche contro i consigli della Santa Sede, al Governo di Belgrado. Mons. Cerretti ravvisa estremi in questa tendenza pericolo […]2 del cattolicismo nell’Oriente europeo.

19 1 Vedi D. 12.

19 2 Vedi serie sesta, vol. III, D. 805.

19 3 Con T. Gab. pers. 194/108 del 27 giugno, non pubblicato, Tittoni comunicò la propria approvazione alla linea di condotta seguita da Sonnino.

19

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. personale 263/794. Parigi, 27 giugno 1919(perv. stesso giorno).

Telegramma di V.E. n. 1891.

Riserva circa disposizioni contenute Lega delle Nazioni fu fatta nel modo noto a V.E., essendosi Lloyd George, quando prevenuto, dimostrato contrario alla riserva pubblica2. Il testo integrale della nostra riserva fu inserito nel processo verbale dei Quattro. In queste condizioni non ritengo conveniente proporre nuova riserva pubblica che ci esporrebbe ad un aut-aut degli alleati di firmare senza riserva o non firmare.

Ricordo che di questi giorni essendo pervenuta la notizia che la Cina si riprometteva di firmare sotto riserva della questione Shantung, Wilson, Lloyd George e Clemenceau dichiararono che non si poteva ammettere firma con riserva e se la Cina manteneva la riserva non poteva firmare. Rimango ad ogni modo in attesa di ulteriori decisioni di V.E.3.

20 1 Ed. in Sonnino, Carteggio, D. 478, pp. 663 sgg.

20 2 Vedi D. 11.

20

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI1

T. 795. Parigi, 27 giugno 1919, ore 11.

Mi riferisco al telegramma n. 12752 di Borghese rispedito ieri da qui a V.E.

Avverto ad ogni buon fine che mio atteggiamento è sempre stato assolutamente contrario a qualsiasi transazione con Austria circa linea del Brennero attribuitaci nel Patto di Londra, assegnataci dalla Conferenza e comunicata alla Delegazione austriaca per le condizioni di pace; mi sono sempre dichiarato ugualmente contrario a qualunque preventivo impegno e trattative su preventivi impegni internazionali e garanzie relativamente a condizioni di autonomie da concedersi a popolazioni Alto Adige, ritenendo che tali preventivi impegni darebbero poi occasione e motivo a successive agitazioni e ingerenze di terzi o di Lega Nazioni nelle cose nostre, e toglierebbero ogni carattere di spontaneità a quelle disposizioni liberali che intendessimo poi attuare di libera nostra volontà.

Riterrei opportuno V.E. avvertisse Borghese di quanto precede perché non si fomentassero a Vienna illusioni che per mio conto riterrei pericolose.

21 1 Vedi D. 19.

21

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SONNINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. urgentissimo 262/796. Parigi, 27 giugno 1919, ore 13(perv. ore 16).

Faccio seguito al mio telegramma 7941.

Stamane Clemenceau comunicò al delegato giapponese che Cina di fronte all’alternativa fattale di non firmare se voleva farlo con riserva, firmerà puramente e semplicemente. Confermo che ritengo fermamente non ci convenga proporre nuove riserve pubbliche e sconsiglio assolutamente di farlo perché ciò oltre produrre scandalo ci impedirebbe di firmare con pericolo probabile di conseguente dichiarazione degli alleati per liberarsi degli obblighi della convenzione di Londra del 1915.

22

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 266/374. Parigi, 27 giugno 1919, ore 13,30(perv. ore 9 del 28).

Dei due brindisi scambiati ieri sera all’Elysée, produsse migliore impressione quello del presidente Poincaré come più ricco di contenuto e più preciso. È da rilevare che mentre Poincaré accennò a tutti gli alleati, Wilson parlò esclusivamente dell’America e della Francia.

23 1 R. riservatissimo 1306 del 27 giugno, non pubblicato. Con T. 805 del 1° luglio, ugualmente non pubblicato, Tittoni rispose che la notizia relativa alla progettata costituzione di uno stato danubiano gli sembrava priva di fondamento.

23

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1982/1296. Vienna, 27 giugno 1919, ore 21(perv. ore 16 del 28).

Vengo informato dell’esistenza di maneggi per la formazione di un nuovo stato che dovrebbe comprendere, oltre che la Baviera nazionale, il Tirolo, il Voralberg e la Carinzia, anche la Slovenia. Gli elementi clericali della Slovenia sarebbero favorevolissimi a tale progetto, sarebbero già state annodate relazioni con gli sloveni della regione montuosa del goriziano a far parte della Slovenia e conseguentemente del nuovo stato progettato. Il progetto sarebbe appoggiato da missione francese. Il mio informatore che era stato invitato ad appoggiare il progetto si recò presso la missione francese ed ebbe conferma dal sig. Dunant, capo ufficio stampa, delle simpatie francesi per detta combinazione. Avendo manifestato sorpresa del progettato distacco Slovenia dalla Jugoslavia, Dunant avrebbe risposto che dopo brusco cambiamento opinione pubblica italiana divenuta ostile alla Francia, occorre creare una diga fra l’Italia e la Germania e che il nuovo Stato nazionalmente misto avrebbe potuto assolvere tale compito. In tale modo sarebbe stata anche risolta pacificamente questione dei confini in Carinzia. Segue rapporto1.

24 1 Vedi D. 10.

24

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 264/262. Parigi, 27 giugno 1919(perv. stesso giorno).

Ho ripreso ieri sera presso Pichon e stamane presso Clemenceau pratica prescrittami dal telegramma di V.E. n. 1901.

Pichon mi incaricò di ringraziare V.E. e assicurarla delle sue migliori disposizioni. Clemenceau mi disse la stessa cosa ma colla sua solita franchezza di linguaggio lasciò intravedere qualche diffidenza verso il nuovo Gabinetto, che combattei del mio meglio. Mi disse poi che egli sapeva essere intenzione di V.E. di regolar in primo luogo le questioni di Anatolia. Egli sconsigliava questo metodo deplorevole, questione essendo ancora immatura poiché egli non mi nascondeva di esser intorno a quella ancora in disaccordo con Inghilterra ed anche con America. Egli si lagnò poi dell’invio di una nostra nave a fare rilievi idrografici a Eraclea e più ancora del nostro sbarco a Scalanova avvertendo che Inghilterra ci farà delle difficoltà a quel proposito, nelle quali egli non potrebbe opporsi. Replicai che noi eravamo colà in seguito allo sbarco dei greci a Smirne e non vedevo la possibilità finché l’occupazione greca permaneva che noi palesemente ritirassimo da Scalanova. Alla sua osservazione che l’occupazione di Smirne era stata consentita nel Consiglio dei Quattro da Orlando, replicai che era stata decisa in assenza dei nostri plenipotenziari, i quali al loro ritorno trovaronsi in presenza di un fatto compiuto. A questo egli non contraddisse confermandomi quanto già sapevo che l’occupazione greca di Smirne era stata voluta da Wilson e da lui soltanto consentita. Quando presi commiato, Clemenceau mi ripeté, forse con maggior calore che all’inizio della mia visita, le assicurazioni del suo buon volere a nostro riguardo.

25 1 Vedi D. 24.

25 2 Vedi al riguardo FRUS, PPC, vol. VI, in particolare pp. 711 sgg.

25 3 Vedi D. 18.

25 4 Gruppo mancante.

25

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 265/263. Parigi, 27 giugno 1919(perv. il 28).

Devo mettere in relazione quanto mi disse stamane Clemenceau circa Scalanova1 con una riunione a tre che si tenne iersera tra lui, Wilson e Lloyd George2. Ricordandomi quanto mi disse il ministro di Grecia e che riferii col mio telegramma 2603 ho motivo di ritenere che Venizelos ha […]4 che Lloyd George, sulle simpatie del quale egli può contare maggiormente che su quelle di Clemenceau, solleverà lui quella questione alla quale dobbiamo prepararci.

Ritengo che una pronta e schietta spiegazione che V.E. avesse con Clemenceau fin dal suo arrivo e che contemplasse tutto l’insieme dei rapporti italo-francesi sarebbe opportunissima e avrebbe buon effetto.

26 1 Vedi al riguardo serie sesta, vol. I, D. 250.

26

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MANZONI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

Appunto 3/2A. Roma, 27 giugno 1919.

In esecuzione degli ordini di V.E. ho veduto oggi il sig. Barrère.

Gli ho ricordato la sua conversazione del novembre 1918 col barone Sonnino1, dalla quale risultava l’accordo tra gli alleati che l’Albania settentrionale a nord del Mathi, nei suoi confini delineati dalla Conferenza di Londra, fosse occupata esclusivamente dalle truppe italiane, salva l’eccezione per Scutari (occupazione mista italo-franco-inglese) che fu concordata tra S.E. Barrère e S.E. Orlando. Le truppe serbe dovevano dunque ritirarsi da quei territori. Non lo avevano ancora fatto e poiché ciò poteva dare luogo a incidenti con le truppe italiane che, col sopraggiungere della buona stagione si preparavano all’occupazione, si pregava il Governo francese di comunicare al Governo serbo l’intesa intervenuta nell’autunno scorso, interessandolo a conformarvisi.

S.E. l’ambasciatore che si è sovvenuto della cosa, ha risposto che avrebbe riveduto i particolari di essa e che intanto prendeva nota del nostro desiderio.

27 1 Trasmesso via Gibuti il 1° luglio.

27 2 Non è stata rinvenuta alcuna risposta alla richiesta avanzata da Colli di Felizzano.

27

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. riservatissimo 2170/86. Addis Abeba, 28 giugno 19191(perv. il 1° luglio).

Tanto Imperatrice che ras Degiac Tafari mi hanno in questi ultimi giorni ripetutamente intrattenuto in merito alla Lega delle Nazioni onde conoscere diritti e doveri che essa richiede ed impone alle potenze che vi aderiscono, chiedendo il mio parere sulla possibilità ed opportunità da parte Abissinia di fare i passi necessari onde essere accolta.

Mi sono astenuto finora dal dare forma concreta alle mie risposte pur facendo rilevare tanto alla Imperatrice che a ras Degiac Tafari come grado civiltà e lo stato disorganizzazione in cui si trova Abissinia e la sua riluttanza ad ogni progresso e ad ogni osservanza delle leggi internazionali costituiscono per se stesse un grande ostacolo alla sua ammissione nella Lega Nazioni, e nello stesso tempo un grande pericolo per Abissinia stessa qualora avendo aderito non osservasse impegni assunti.

Risultando però, come già ebbi a riferire, con le precedenti comunicazioni che il Governo francese si adoperava spingere Governo etiopico fare passi necessari per essere ammesso Lega Nazioni, gradirei conoscere pensiero ed intenzione del Governo del Re, ricevere istruzioni al riguardo2.

28 1 Trasmesso via Vienna il giorno 29 con prot. 1987/146.

28

IL REGGENTE L’ALTO COMMISSARIATO POLITICOA BUDAPEST, CERRUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 1987/28. Budapest, 28 giugno 19191(perv. ore 18,30 del 29).

Tentativo controrivoluzione 24 corrente, organizzato aristocratici facenti capo Governo Szeged appoggiati da allievi scuola militare, è fallito dopo cinque ore incertezza, perché mal preparato. Governo comunista arrestò capi movimento e li condannò a morte. Capo Delegazione militare italiana Budapest indirizzò 26 corrente, come unico rappresentante Ungheria Intesa, nota a Bela Kun ammonendolo non eseguire condanne a morte pronunziate contro persone che lottavano per un ideale politico e che dovevano esser trattate alla stregua prigionieri di guerra. Terminò nota con opportunità discutibile dicendo che le Potenze alleate avrebbero ritenuto Kun e compagni personalmente responsabili se avessero contravvenuto ammonizione suddetta. Kun rispose stesso giorno con nota insolentissima dicendo essere naturale che il tenente colonnello Romanelli si allarmi per l’esecuzione di delinquenti mentre non deplora uccisione inermi ad opera dei primi. Protesta poi per intervento italiano in affari Ungheria e conclude ritenere che il modo di agire tenente colonnello non sia conforme sentimenti veri dell’Italia per il Governo comunista. Tenente colonnello ribattè ieri con nota che vidi e feci modificare parzialmente insistendo ammonimento non eseguire sentenza di morte contraria principi umanitari. Rigetta accusa ingerirsi illegalmente affari interni Ungheria giacché alleati hanno diritto per articolo 4° armistizio salvaguardare ordine pubblico Ungheria.

Dichiarò che simpatia amicizia Italia è rivolta Ungheria ed al popolo ungherese non a questo od a quel Governo che considera illegale perché non rappresenta volontà di tutte le classi sociali e concluse chiamando tutta attenzione sopra serie conseguenze che esecuzioni capitali potrebbero avere per capo attuale Governo. Nota Romanelli produsse sui circoli anti-comunisti eccellente effetto cancellando d’un tratto impressione diffusasi che Italia parteggiasse per comunisti. Esecuzioni pubbliche che dovevano aver luogo in una piazza centrale furono sospese. Dicesi ne furono eseguite alcune nei sobborghi. Notizia non è fino ad ora confermata. Ad ogni modo si procedette con certo riguardo. Trasmetterò testo nota. Situazione generale presente: si attende da un momento all’altro un fatto che provochi altre cadute comunisti. Tutti concordano ritenere impossibile continuazione attuale stato cose. Occorre però che Intesa non dia con nessun mezzo appiglio ai comunisti lasciare credere godere fiducia potenze alleate. Confermo che il Governo aristocratico Szeged è dominato dai francesi. Se assumesse potere esporrebbe Ungheria altro pericolo. Ritengo converrebbe auspicare avvento potere socialisti con collaborazione elementi liberali.

29

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

R. Parigi, 28 giugno 1919.

Nell’esame dei nostri rapporti presenti con la Francia conviene distinguere il Governo della Repubblica dal paese. Questo ci è in maggioranza favorevole e per il resto indifferente. Non vi è in Francia un partito italofobo né esistono antipatie popolari contro di noi come esistono nel popolo italiano antipatie verso la Francia. Ci erano in passato contrari i vecchi partiti conservatori oggi assai diminuiti d’importanza e mutati d’animo poiché coll’attenuarsi della Questione romana essi non vedono in noi che una delle poche nazioni rimaste monarchiche. I socialisti estremi sono avversi alla politica del Governo italiano che qualificano reazionaria e imperialista, ma non coltivano avversioni popolari contro di noi. Si può dire che la gran massa della nazione francese ci è benevola e in tutti i casi non reclama una politica italofoba.

Lo stesso non può dirsi delle sfere governative. Anche qui conviene fare una distinzione fra il Governo propriamente detto riassunto e impersonato oggi dal sig. Clemenceau e i così detti circoli governativi costituiti dall’alto personale della banca e dell’esercito. In questi sopravvivono i germi delle antiche antipatie a nostro riguardo vivificati in taluni casi da una non irragionevole tema di una nostra prossima superiorità politica, in altri più numerosi dal desiderio di impadronirsi economicamente dei giovani Stati d’Oriente e di trovarvi occasioni di affari più o meno legittimi ma sempre proficui. Il primo motivo ci dà la spiegazione della gelosia onde ci onorano i circoli militari, il secondo quella della vivace jugoslavo – e grecofilia di tutti gli uomini d’affari che infestano la politica francese in questo momento.

Quanto al Governo, impersonato come dicevo nel sig. Clemenceau che è la sola volontà attiva del presente Gabinetto, esso ci ha dato alcuni mesi in qua non dubbi motivi di lamento e più complesse sono le cause del suo atteggiamento poco benevolo. Dopo Caporetto il Governo francese (ministère Painlevé) fu tra i nostri alleati il meno severo nei giudizi e il più pronto a soccorrerci. I primi rinforzi francesi furono apprestati prima ancora che noi li chiedessimo e ricordiamo i pronti e ampi aiuti d’armi e munizioni che trovò facilmente in Francia in quei gravi momenti il generale Dallolio. Anche i primi mesi del Ministero Clemenceau ci apportarono numerose prove delle sue buone disposizioni a nostro riguardo. In molte occasioni in cui dovetti ricorrere a lui perché levasse difficoltà burocratiche e amministrative che si opponevano a domande che noi avanzavamo d’approvvigionamenti, di viveri, di carbone ecc., l’ho sempre udito dare per istruzioni ai suoi collaboratori: «faire tout le possible pour l’Italie». Le cose andarono poi rapidamente modificandosi; i primi malumori risalgono alla fine dell’inverno 1918 e sorsero delle difficoltà che accompagnarono l’invio delle truppe ausiliarie in Francia. Quell’invio venne convenuto a Roma tra i delegati francesi e i nostri in un modo tanto trascurato e impreciso che costituisce, non esito a dirlo, una vera colpa per i nostri negoziatori. Nessun atto scritto regolare si stese, tutto si fece a voce: non vi fu nemmeno intesa documentata per iscritto sul numero dei militari che ponevamo a disposizione della Francia. Non mi dilungo su questo penoso argomento che ricordo soltanto per osservare che mentre noi ci consideravamo obbligati a inviare soltanto 75 mila uomini, Clemenceau sosteneva che ne dovevamo fornire un minimo di 90 mila, e incominciò allora a protestare che l’Italia non manteneva i patti consentiti. Altre difficoltà sorsero per la questione del comando unico accettate dagli inglesi interamente, e da noi soltanto a metà con una formula che non ci dava i vantaggi né dell’unità di comando né della piena indipendenza. La freddezza aumentò dopo la nostra vittoria del giugno 1918 sul Piave, un po’ per la naturale gelosia che fece nascere tra i militari francesi, un po’ perché qui si voleva che iniziassimo un’immediata offensiva sulla sinistra del fiume che il nostro comando riteneva impossibile. Si accrebbe poi notevolmente quando noi con scarsa opportunità annunziammo pochi giorni prima della grande offensiva tedesca sulla Marna che avremmo ritirato le truppe ausiliarie dal fronte francese. Quell’annunzio cui poi non si diede seguito, esasperò addirittura Clemenceau che lo qualificò «un coup de poignard dans le dos». Sopravvennero poi le nostre pratiche per avere dei rinforzi americani, pratiche che forse non troppo avvedutamente condotte, vennero qui interpretate come tendenti ad un’intesa diretta coll’America con pregiudizio della Francia. Il ritardo della nostra offensiva sul Piave che lo Stato Maggiore ed il Governo francese non cessavano di raccomandare contribuì pure al crescente malumore di Clemenceau a nostro riguardo. Ma i guai più seri incominciarono dopo l’armistizio e sarebbe non conoscere abbastanza i francesi il supporre che non vi abbia avuto nuova parte la gelosia della nostra vittoria dell’ottobre che portò a quello sfacelo dell’esercito austriaco che essi desideravano e non giunsero ad infliggere al tedesco. Il primo incidente, quello che certamente lasciò maggiore traccia nelle anime di Clemenceau, fu il noto telegramma dell’ammiraglio Revel all’ammiraglio Wemis, che consentiva alla venuta degli inglesi nell’alto Adriatico purché non vi venissero francesi e americani; telegramma che Wemis avrebbe comunicato allo Stato Maggiore francese ma che probabilmente venne intercettato da questo abilissimo ufficio di decifrazione. Clemenceau se ne irritò tanto che ancora dopo parecchi mesi richiama quel telegramma quando vuole enumerare i suoi lagni contro di noi. Venne poi la questione della base francese a Fiume dovuta in parte alla tendenza francese di fare in Oriente una politica di equilibrio favorendo a nostro danno i jugoslavi, in parte alla vanità insaziabile del generale Franchet d’Esperey che vuole estendere dovunque il suo comando e che lo porta a disseminare le sue forze, non numerose né disciplinate, da Odessa a Fiume, ognuno sa con quanto danno del prestigio francese in Oriente. Gli attriti, inevitabili del resto, sorti a Fiume fra i due comandi e i rispettivi Stati Maggiori aggiungendosi a quelli pure inevitabili che si produssero in Adriatico tra le due Marine avevano finito di indisporre contro di noi l’animo di Clemenceau quando sorse acuto il nostro conflitto con Wilson per la sovranità di Fiume.

Su questo punto Clemenceau ebbe per qualche tempo l’intenzione di facilitarci una soluzione sulla base dell’acquisto di Fiume contro larghe nostre concessioni nella Dalmazia e nelle isole. Ma quando scoppiò agli ultimi di aprile il nostro dissidio con l’America e il presidente Wilson dichiarò apertamente che avrebbe considerato come un’offesa qualsiasi appoggio che gli altri due alleati ci avessero dato, Clemenceau, come del resto Lloyd George e con maggiore esitanza di questo, preferì offendere noi piuttosto che l’associato d’oltre oceano e si mise interamente al rimorchio di Wilson. Fu così che la nostra Delegazione la quale era partita contando se non sull’appoggio almeno sulla neutralità assoluta dei nostri due alleati, dovette riprendere il suo posto alla Conferenza per non compromettere irreparabilmente la situazione internazionale dell’Italia.

In quel penoso momento il nostro vero e solo nemico fu Wilson; il torto dei nostri alleati si limitò a scegliere fra due amicizie non già quella del paese che li aveva salvati nel 14 e nel 15, ma quella dello Stato che poteva recar loro maggiore danno al presente. Senonché l’opinione pubblica italiana fuorviata dalla stampa che si ebbe la debolezza di non guidare con l’avvedutezza e l’energia occorrenti, si scagliò quasi unicamente sulla Francia trascurando o quasi i torti dell’Inghilterra e quelli, maggiori di tutti, dell’America, ed assistemmo per più giorni ad una violentissima campagna giornalistica antifrancese che attaccò la Francia per colpe in parte reali in parte immaginarie, e giunse fino all’apoteosi della Germania e alla minaccia di una nuova alleanza tedesca. Conviene riconoscere che invece, sotto l’influenza del Governo la stampa francese meno qualche eccezione conservò un insolito sangue freddo e non replicò; ma quelle intemperanze giornalistiche furono qui ampiamente sfruttate da americani e jugoslavi da greci e da affaristi di ogni nazionalità desiderosi di pescare nel torbido, e così si allargò la crepa disgraziatamente prodottasi nell’edifizio dell’alleanza franco-italiana.

Credo che questa rapida rassegna dei fatti fosse necessaria per rendersi esatto conto della situazione che trova in Francia il nuovo ministro italiano e per esaminare con ogni elemento di giudizio il da farsi nel nostro interesse. Persuaso come sono che a noi non convenga cercare pericolosi e umilianti rabberciamenti della nostra politica germanica, ma conservare con la Francia vincoli di stretta amicizia, ripeterò quanto accennai da principio cioè che le difficoltà presenti sono non tanto con la Francia quanto con l’attuale Governo, e che qualsiasi altro ministero che lo sostituirà, sia esso presieduto da Briand, da Barthou, da Painlevé, da Viviani o da Ribot, sarà dispostissimo a seguire a nostro riguardo una politica di conciliazione. Tutti gli uomini di Stato a lunga veduta si rendono perfettamente conto che né la Lega delle Nazioni né l’alleanza anglo-americana varranno mai per la Francia, quando si produrrà il nuovo corso che purtroppo si deve prevedere con la Germania, la benevolenza e l’appoggio dell’Italia. Come ritengo che non vi siano molte speranze di migliorare considerevolmente i rapporti italo-francesi finché governa Clemenceau, così ritengo che dopo il suo ritiro che non può ormai essere lontano la situazione potrà migliorare facilmente e rapidamente. Ma perciò occorrerà non lasciare approfondire lo screzio esistente fra le due nazioni e guidare assiduamente la nostra stampa verso un linguaggio più mite e un più sereno apprezzamento dei motivi che hanno inspirato la condotta dei nostri alleati. È un po’ la debolezza degli italiani di aspettarsi dalle nazioni amiche e alleate una politica idealistica fondata sulla lealtà, sulla gratitudine, sullo scrupoloso rispetto della parola data ecc., tutte virtù ammirevoli ma che si trovano difficilmente nei Governi e che non devono contare nei nostri calcoli. Nel preparare il nostro programma d’azione in quest’ultima e per noi più critica fase della Conferenza, dovremo ispirarci a criteri più realistici e non aspettare dai nostri alleati concorso più attivo di quello che sarà loro consigliato dai loro propri interessi.

La situazione da questo punto di vista non si presenta lieta per noi. Il presidente Wilson la cui ostinazione è ben nota non cederà mai sulla questione della sovranità di Fiume; i francesi e gli inglesi non eserciteranno mai sopra di lui una pressione seria per indurlo a cedere. Essi però specie i francesi sono abbastanza impressionati dalla reazione prodottasi in Italia e per quanto temono Wilson assai più di noi, pure non hanno nessun desiderio di perdere irremissibilmente la nostra alleanza. Questo modererà il loro zelo wilsoniano e li indurrà fino a un certo punto ad aiutarci a trovare una soluzione della questione adriatica che appaghi noi e sia accettata dall’America. Ma è ormai assai difficile trovarla. Noi non abbiamo che due vie aperte: 1) insistere per l’applicazione integrale del Patto di Londra, alla quale i nostri alleati pur riluttanti non possono sottrarsi poiché hanno riconfermato il loro impegno anche dopo sorto il nostro conflitto con Wilson, e non possono praticare la politica del chiffon de papier; 2) cercare un compromesso che sottragga ora Fiume alla sovranità croata e ce lo assicuri nell’avvenire.

Il primo partito dovendosi considerare come una specie di ultima ratio da tenersi in serbo in caso estremo, conviene esaminare soprattutto la possibilità del secondo. A questo proposito credo non ci sia possibile andare oltre alle concessioni contenute nel così detto ultimo progetto Tardieu che era stato accettato dall’on. Orlando. In altre parole quel compromesso per essere consentito da noi dovrebbe impostarsi, a mio giudizio, sulle basi minime seguenti: 1) massima limitazione dell’hinterland croato destinato a formare con la città di Fiume lo Stato libero di Fiume; 2) contiguità dello Stato libero con il territorio italiano; 3) plebiscito se vi ha da essere, relativamente prossimo e non globale ma per zona; 4) assegnazione all’Italia di Zara e Sebenico e delle isole strategiche; 5) neutralizzazione della costa e delle isole dalmato-croate.

Ma soprattutto e qui entro in un terreno assai delicato, occorrerà che la nuova nostra Delegazione si presenti al negoziato pienamente concorde sopra un programma ben definito in tutte le sue linee di successiva resistenza. Quello che più ci nocque nei negoziati fin qui condotti è la certezza che i nostri alleati ed associati avevano che nella Delegazione italiana non regnava un completo accordo sopra un programma unico, bensì diverse tendenze che essi credettero di potere sfruttare per indebolire la nostra situazione. Altro scoglio da evitare più che non si fece per lo passato è quello di ricorrere a negoziatori e a negoziati ufficiosi e non autorizzati da ambo le parti. Più volte ci accadde così di giungere con molta fatica a compromessi che contenevano nostre grandi concessioni e che poi si scopriva non essere stati in alcun modo sanzionati dal presidente Wilson il quale si valeva delle concessioni già da noi consentite per chiedercene di maggiori. Sarà bene che d’ora in poi ogni negoziato sia condotto esclusivamente da plenipotenziari nostri con plenipotenziari americani e cioè autorizzati dal presidente. Finalmente sarà opportuno portare tutta la nostra attenzione sui nostri rapporti con le minori potenze che a mio giudizio abbiamo avuto fin qui il torto di troppo trascurare. La nostra insanabile controversia coi jugoslavi avrebbe dovuto consigliarci a cercare simpatie in altri stati minori confinanti con loro. Qualche cosa, non abbastanza, si è fatto in questo senso con la Romania, ma nulla al contrario con la Grecia con la quale ci sarebbe stato più di una volta facile d’intenderci. Ora che a quanto si sa essa è legata da un’alleanza coi jugoslavi la cosa sarà assai più difficile. A mio giudizio vale però ancora la pena di tentare di neutralizzare quell’accordo che data la posizione geografica e marittima della Grecia può in avvenire darci molti fastidi. A ciò potrebbero servirci i pegni ottimi che abbiamo in nostro possesso nel Dodecanneso e nell’Epiro.

Soprattutto converrà, poiché credo che nulla potremo più ottenere dall’America fino a che duri la presidenza Wilson ormai diventato un nostro irreducibile avversario, converrà porre su miglior piede cioè su quello di una grande schiettezza i nostri rapporti con i nostri alleati e soprattutto con la Francia con la quale checché ne pensino molti italiani, potremo accordarci più facilmente che con l’Inghilterra. Conviene mostrare fiducia per ispirarne, non temere di affrontare le questioni che ci dividono, per chiarirle e risolverle. Come dissi in principio di questo scritto, quale possa essere l’atteggiamento preso e che continuerà a prendere a nostro riguardo il sig. Clemenceau il cui carattere irruente e irascibile è sfruttato a nostro danno da chi vi ha interesse, sono in gran maggioranza nel mondo politico francese gli uomini che sanno che l’alleanza anglo-sassone, la Lega delle Nazioni e tutti gli altri argomenti wilsoniani avranno scarsa virtù di difesa contro la rivincita germanica mentre avrà per la Francia importanza vitale nel giorno in cui quella eventualità si produca, l’atteggiamento nostro. È questa una fortissima carta nel nostro giuoco della quale molto possiamo sperare, a vantaggio nostro e della Francia non solo ma dell’avvenire di tutta Europa.

30 1 La nota, nella sua versione inglese, è anche in DBFP, vol. IV, pp. 4 sgg. e in FRUS, PPC, vol. VI, pp. 760 sgg.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,E IL PRIMO MINISTRO BRITANNICO, LLOYD GEORGE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

Nota degli alleati1. Parigi, 28 giugno 1919.

Les changements dans la Délégation Italienne se sont produits à un moment où les Associés de l’Italie éprouvaient une vive anxiété au sujet du rôle qu’elle jouait dans la cause commune. Rien ne pouvait étre plus amical que les relations personnelles qui ont uni le représentants des cinq Puissances pendant ces longs mois de discussion et de préoccupations, et nous sommes heureux de reconnaître l’aide et la coopération données par la Délégation Italienne dans l’élaboration de la paix avec l’Allemagne. Mais nous éprouvons moins de satisfaction en ce qui concerne la marche générale des négociations qui se rapportent à d’autres aspects du règlement mondial.

Sans aucun doute, le malaise actuel est dû en grande partie aux complications produites par les évènements politiques et militaires qui se sont déroulés depuis la signature du Traité de Londres en 1915. Depuis lors, la face du monde a changé. Ce Traité avait été conclu par la Russie, la France et la Grande-Bretagne, mais la Russie n’est plus en guerre. Ce Traité prévoyait une paix victorieuse avec l’Empire austro-hongrois; la victoire la plus complète a bien été remportée, mais l’Empire austro-hongrois a cessé d’exister. Ce traité admettait qu’au cas de défaite complète de la Turquie, des fragments de l’Empire ottoman pourraient étre attribués aux vainqueurs; la Turquie a, en effet, été battue complètement, et les populations allogènes qu’elle gouvernait mal seront séparées de son Empire, mais elles ne seront pas cédées en toute possession aux conquérants: toutes les sphères d’influence que pourront acquérir ces derniers ne deviendront pas leur pleine propriété; ils ne les détiendront qu’à titre de «Trustees» (fidei commissaires) ou de mandataires de la Ligue des Nations. En 1915, l’Amérique était neutre, mais en 1917, elle a pris part à la guerre sans étre liée par aucun Traité, et à un moment où l’ordre d’idées politiques auquel elle a donné une impulsion entièrement vigoureuse prenait un développement qui devait amener une prompte réalisation.

Il n’y a rien de surprenant à ce que la situation qui en résulte présente des difficultés complexes, que, seules, peuvent résoudre la plus grande bonne volonté et la loyauté la plus nette. Le Traité de Londres par lequel on peut dire que débute cet historique, n’a pas été observé strictement dès le commencement. L’Italie s’était engagée à employer toutes ses ressources dans la poursuite de la guerre en commun avec ses alliés contre tous leurs ennemis. Mais il s’est écoulé un an avant qu’elle ne déclare la guerre à l’Allemagne, et elle n’a pris aucune part à la guerre contre la Turquie.

En vertu du Traité de Londres, la partie centrale de l’Albanie devait former un État autonome sous protection de l’Italie; la partie septentrionale et la partie méridionale de l’Albanie devaient, dans des circonstances données, échoir l’une à la Serbie et l’autre à la Grèce. Mais en 1917, l’Italie a proclamé son protectorat sur l’ensemble du pays, protectorat qu’elle semble avoir, depuis lors, toujours exercé. De par le Traité de Londres et du consentement de l’Italie Fiume était attribué à la Croatie; mais, depuis l’armistice, l’Italie n’a cessé de masser des troupes dans le voisinage et il semble que des lois locales y ont été promulguées au nom du roi d’Italie.

L’Amérique, cependant qui n’était pas, comme la France et l’Angleterre, liée par le Traité de Londres, a refusé de livrer, contre leur volonté les populations, en majorité slaves, de l’Adriatique orientale à la nomination italienne, agissant en cela, conformément aux principes généraux qu’ont reconnus les Puissances Alliées et Associées, y compris l’Italie elle-même.

Evidemment, la situation ci-dessus décrite présente des difficultés particulières; mais nous devons ajouter que ces difficultés ont été accrues par la politique suivie en Asie Mineure par le Gouvernement italien et les troupes italiennes. Cette question, comme le sait peut-être Votre Excellence, a été l’objet d’une discussion animée au Conseil des Quatre. Le Président Wilson, Monsieur Clemenceau, et M. Lloyd George se sont plaints très vivement de ce qui s’est passé à Scala Nova, et ailleurs dans l’Anatolie du Sud-Ouest. Ils ont montré le contraste frappant qui existe entre la politique italienne et la politique du Gouvernement grec, qui n’a fait avancer des troupes qu’après avoir averti les Puissances alliées et associées, y compris l’Italie, au après en avoir été prié par elles. L’Italie, au contraire, qui était une de ces Puissances, et qui, comme telle, avait connaissance de tout ce qui était fait par ses amis, a débarqué des troupes et occupé des positions importantes, sans donner la moindre indication sur ses agissements à ceux avec qui elle délibérait, dont elle déclarait seconder la politique générale, et dont elle a continuellement négligé les avertissements à ce sujet.

Il nous est difficile de comprendre cette manière d’agir de la part d’une Puissance amie. A première vue, on pourrait la croire guidée par cette idée que les territoires occupés par les troupes d’une nation donnée seraient attribués à cette nation d’après les stipulations définitives de la Paix. Mais tel n’a jamais été le point de vue des autres Puissances alliées et associées, et nous avions les meilleures raisons de croire que tel n’était pas non plus le point de vue italien. Nous nous permettons de citer un paragraphe à ce sujet auquel le représentant italien a donné son adhésion:

«Aucun accroissement de territoire ne viendra récompenser un État quelconque, pour avoir prolongé les horreurs de la guerre; les Puissances alliées et associées ne seront pas amenées à modifier les décisions prises dans l’intérêt de la Paix et de la Justice, par le fait d’un usage peu scrupuleux des procédés militaires».

Il va sans dire que nous n’avons exposé nos difficultés communes que dans la seule intention de contribuer à les faire disparaître. Le Traité de Londres, la déclaration anglo-française de novembre 1918, les quatorze points du Président Wilson ont également trait à la situation; ils doivent tous, de différentes façons, étre pris en considération au moment où l’Italie discute avec ses alliés et associés les parties du règlement définitif qui la concernent plus particulièrement. Mais on ne peut envisager ces textes comme des contrats qui seraient susceptibles d’une interprétation purement et strictement juridique. Ce n’est pas ainsi que l’Italie elle-même les a envisagés; si les autres Parties Contractantes s’y essayaient, il semble qu’il serait au-dessus des forces humaines d’arriver à un règlement à l’amiable. Car, comme il a déjà été démontré, ces textes ont été rédigés au cours de périodes différentes, dans un monde qui changeait rapidement et sous l’impulsion de motifs extrêmement différents. Ils ne pouvaient étre et ne sont pas en réalité concordants sur tous les points. Ils sont, par endroits, périmés ou sur le point de l’être, et l’on ne peut les appliquer dans leur intégralité. Ce qui semble nécessaire en ces circonstances, c’est un nouvel examen d’ensemble de la situation. Que les quatre Grande Puissances occidentales, l’Amérique, la France, la Grande Bretagne et l’Italie, recherchent de concert, sans préventions et en toute franchise, si l’on ne peut trouver une solution compatible à la fois avec les intérêts matériels de l’Italie, ses persistantes aspirations, et avec les droits et les susceptibilités de ses voisins. Les difficultés qui s’opposent à une telle solution peuvent être grandes, mais elles ne devraient pas être insurmontables. Nous nous sentons néanmoins obligés d’ajouter qu’il est tout à fait inutile, à notre avis, de discuter les conditions de paix à Paris, en amis et en associés, si l’un d’entre nous poursuit ailleurs une action indépendante et même contraire.

Si, par exemple, elle persiste, malgré nos énergiques protestations, à maintenir des troupes en Anatolie, ce ne peut être que parce qu’elle a l’intention d’obtenir par la force ce qu’elle revendique comme lui appartenant de droit. Cette manière d’agir est absolument contraire à une alliance sincère. Son résultat inévitable est l’isolement complet. Il appartient aux hommes d’État italiens de dire si cela est ou non l’intérêt de l’Italie. Pour nous et pour le monde, ce sera une perte immense, car l’assistance que peut donner l’Italie à l’humanité, en aidant à l’établissement d’une paix durable par le moyen d’une coopération internationale, est d’une valeur inestimable. Pour l’Italie, cela signifiera la perte de tous droits à un appui ou à une aide ultérieure de la part de ceux qui ont été fiers d’être ses associés, pour nous, une telle fin nous paraît désastreuse, mais si la politique italienne se poursuit sans modifications cette fin nous paraît inévitable.

31 1 L’opportunità di una tale iniziativa era stata sollecitata da Bonin Longare con T. 377 del 29 giugno, non pubblicato, diretto al Ministero, il quale provvide nella stessa giornata a comunicarne il contenuto a Tittoni con T. 2338 prec. ass.

31

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4041. Parigi, 29 giugno 1919, ore 20.

Ritengo urgente che S.M. il Re si compiaccia telegrafare al sig. Poincaré in occasione firma Trattato con Germania a somiglianza di quanto fecero altri capi di Stato1.

32

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2146/378. Parigi, 29 giugno 1919(perv. stesso giorno).

Partenza presidente Wilson avvenuta ieri sera in forma ufficialissima ma tra scarsissimo entusiasmo. Salutarono il presidente degli Stati Uniti d’America e la sua signora alla stazione, splendidamente addobbata, il sig. Poincaré, i presidenti delle due Camere, molti ministri, fra i quali Clemenceau, il Corpo diplomatico e parecchi membri della Conferenza.

Fu molto osservato il contrasto fra le deliranti acclamazioni dell’arrivo e freddezza della partenza.

33

IL DELEGATO PRESSO IL RE NICOLA IDEL MONTENEGRO A PARIGI, MONTAGLIARI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

Relazione confidenziale. Parigi, 29 giugno 1919.

Tutte le informazioni ricevute dal Montenegro concordano nell’affermare che i serbi e le cosiddette autorità jugoslave (che non sono altro che dei serbi camuffati) stanno sempre più impadroneggiandosi del paese che tengono oppresso in un modo intieramente contrario ad ogni principio di civiltà e di giustizia.

Tutti coloro che non si dichiarano favorevoli all’annessione alla Serbia vengono imprigionati, deportati o uccisi. Con siffatto sistema si sta soffocando poco a poco ogni manifestazione di indipendenza di quelle misere popolazioni che sono fin dal novembre scorso abbandonate alle brutalità delle truppe e dei comitagi serbi; se presto non saranno prese delle misure il Montenegro avrà cessato di esistere. Il Governo del Montenegro, che non fu neanche ammesso alla Conferenza della pace, non ha cessato di reclamare alle grandi potenze contro siffatte prepotenze ed orrori, ma invano.

Evidentemente questo stato di cose ha provocato una crescente ostilità dei montenegrini contro i serbi e dà luogo a continui conflitti in cui i serbi, ben armati, provvisti d’artiglieria, aiutati in ogni modo dalle autorità francesi di occupazione, hanno facilmente ragione dei montenegrini inermi, ma che, animati di ardente patriottismo, non cessano di mantenere viva l’agitazione contro gli oppressori.

Il Re e il Governo montenegrino, considerando il momento opportuno per una azione liberatrice, hanno l’intenzione di partire per il Montenegro insieme ai rifugiati montenegrini che si trovano riuniti in Italia. Si considerano sicuri della riuscita di siffatta impresa perché le popolazioni oppresse premono sotto il giogo serbo e sono pronte a sollevarsi in massa. Il Re si metterebbe alla testa del movimento ma chiede dal R. Governo: 1) i mezzi di trasporto attraverso l’Adriatico; 2) un certo numero di fucili ex-austriaci colle relative munizioni; 3) il vettovagliamento degli insorti anche solo per poco tempo. Sebbene la popolarità di re Nicola sembri, dalle ultime informazioni, alquanto diminuita al Montenegro in seguito alle calunnie messe in giro dai serbi e dal partito serbofilo diretto dal famigerato Radovitch, pure le continue vessazioni dei serbi ha [sic] prodotto uno stato di irritazione così forte che chiunque porterebbe a quell’infelice popolo la liberazione verrà accolto con entusiasmo.

Il sentimento nazionale montenegrino sta ogni giorno rafforzandosi grazie al crudele regime serbo. Ma è necessario agire al più presto prima che tutti i patrioti montenegrini non siano stati fatti sparire.

A noi conviene evitare che si formi sull’altra sponda dell’Adriatico uno Stato jugoslavo (o piuttosto panserbo) compatto e che ci sarà sempre ostile, abbiamo quindi ogni vantaggio acché sia mantenuto il Montenegro come Stato indipendente anche magari se formasse parte di una Confederazione jugoslava. Un Montenegro a noi amico ci permetterebbe di avere un piede sull’opposta sponda, oltre a formare un cuneo nella compagine jugoslava o panserba col tenere il Lovcen e le Bocche di Cattaro ci toglierebbe una minaccia costante perché quel [sic] splendido porto in mano di nemici nostri sarebbe un continuo pericolo per noi.

Conviene dunque esaminare attentamente il progettato ritorno di re Nicola al Montenegro e vedere fino a che punto ci conviene di aiutarlo senza troppo comprometterci di fronte ad una potenza che, aiutando apertamente i serbi e favorendo l’annessione del Montenegro da parte di quelli, cerca indirettamente di colpire l’Italia ed i nostri interessi nell’Adriatico.

Fin dal principio, nel novembre scorso, l’azione delle autorità militari francesi nel Montenegro è stata ostile all’Italia cosa che ha incoraggiato i serbi perfino ad atti di violenza contro le nostre truppe come ne fanno fede i rapporti dei nostri militari. Così venne sparato da parte di regolari serbi contro i nostri accantonamenti (Antivari, Dulcigno), ebbero luogo manifestazioni ostili e ingiuriose contro l’Italia (Cattaro), e perfino ci fu impedito di mandare funzionari nostri a custodire il palazzo della r. legazione in Cettigne. I francesi poi hanno dato ai serbi artiglieria moderna, armamenti e munizioni, hanno apertamente aiutato i serbi contro gli insorti patrioti montenegrini, hanno sequestrato il naviglio e ostacolato il servizio della ferrovia appartenente alla Compagnia italiana di Antivari, hanno sequestrato gli impianti ed immobili del monopolio dei tabacchi concesso ad italiani, cercano di impadronirsi del porto di Antivari, cercano di organizzare un servizio sulla Bojana in concorrenza alla ferrovia di Antivari.

Di fronte a tali provocazioni possiamo esaminare se non abbiamo il diritto di aiutare i patrioti montenegrini e re Nicola che non è meno alleato nostro che re Pietro Karageorgevich.

34 1 Non pubblicato, con il quale Nitti comunicava il contenuto del D. 31.

34 2 Si tratta del T. 4050, pari data, non pubblicato.

34 3 Per la risposta di Poincaré vedi D. 40.

34 4 Cosa che fu fatta con T. 3660 del 1° luglio.

34

IL MINISTRO DELLA REAL CASA, MATTIOLI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 1814. Villa Italia, 30 giugno 1919, ore 20,40(perv. ore 9,50 del 1° luglio).

Riferiscasi al telegramma da V.E. diretto oggi al generale Cittadini1.

Contemporaneamente al telegramma di V.E. giungeva qui da Parigi un telegramma di S.E. Tittoni2 il quale ha proposto a S.M. il Re il seguente testo di telegramma al presidente della Repubblica francese: «Con l’atto storico testé compiuto a Versailles la Francia gloriosamente vede coronati gli sforzi eroici ed i sacrifici dolorosi della lunga lotta. Mi è grato interpretare il sentimento del popolo italiano che, memore del sangue versato insieme sul comune campo di battaglia, fidente nel conseguimento delle proprie rivendicazioni nazionali, partecipa alla gioia della Francia»3.

S.M. il Re ha firmato ed ha fatto spedire subito il telegramma proposto da S.E. Tittoni. Sarò grato a V.E. se vorrà avere la cortesia di avvertirlo direttamente a Parigi4.

35 1 Non pubblicato.

35

IL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2175/9480. Roma, 30 giugno 1919(perv. il 1° luglio).

Comunicasi per conoscenza il seguente fonogramma pervenuto da Trieste il 26 corrente ed il telegramma di risposta inviato da questo Ministero in data 27 c.m.:

«Riferimento mio 4739 AB del 21 corrente1 malgrado proteste S.E. Grazioli e promesse generale Savy, è giunto Fiume piroscafo con prigionieri austriaci dei francesi ed altro piroscafo segnalato. S.E. Grazioli ha vietato sbarco entro suo territorio, lasciando libero Savy sbarcare a Buccari. Non ha però certezza che Savy obbedisca ed è risoluto opporsi con le armi. Chiede energico intervento del Governo per impedire l’importazione di jugoslavi a Fiume sotto questa forma. Gen. Vaccari».

«37487. D’accordo con S.E. Diaz prego far conoscere gen. Grazioli quanto segue: “Esiga prigionieri siano tenuti a bordo sino al momento di proseguire per ferrovia e non potendo ciò ottenere consenta temporaneo sbarco Buccari secondo sue intenzioni già partecipate. È precisa volontà Governo sia evitato conflitto armato che nelle attuali circostanze nostra politica estera non potrebbe avere che dannose conseguenze. Nel caso non possa ottenere da gen. Savy rispetto condizioni sopradette elevi formale protesta informandone immediatamente Governo. Questo intanto svolge fin d’ora energica azione presso Governo francese e presso ambasciata Francia in Roma. Ministro Albricci».

36 1 Parola mancante.

36

IL MINISTRO A L’AJA, SALLIER DE LA TOUR,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. riservato 268/120. ’S-Gravenhage, 30 giugno 1919(perv. il 1° luglio).

Questo incaricato d’affari di Francia ha dato a me ed a questi suoi colleghi incaricati d’affari di Inghilterra, Stati Uniti e Giappone comunicazione di una nota che un telegramma firmato Clemenceau gli ha dato ordine di fare e che egli ha fatto sabato a questo ministro degli Affari Esteri dichiarando a nome dei Governi alleati ed associati che il Governo olandese mancherebbe gravemente ai suoi obblighi e si renderebbe colpevole di un delitto internazionale qualora non impedisse la fuga dall’Olanda dell’ex imperatore di Germania. Il telegramma di Clemenceau aggiungeva che nel caso in cui il Governo olandese non si credeva in grado o non intendesse prendere le misure necessarie per impedire la fuga eventuale dell’ex imperatore i Governi alleati erano disposti assumere tale incarico. Telegramma di Clemenceau partiva dalla promessa che si fosse avverata la notizia ufficiale e subito smentita della fuga dell’ex Kromprinz. Questo incaricato d’affari di Francia mi ha detto questa mattina che nel ricevere tale comunicazione questo ministro degli Affari Esteri si limitò a rilevarne la gravità e la minaccia che conteneva aggiungendo che nulla poteva rispondere prima di avere conferito in merito coi suoi colloqui. Questo telegramma è stato […]1 anche a Parigi.

37 1 Non rinvenuto.

37

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 02124. Parigi, 30 giugno 1919.

Stamane sono stato ricevuto da Pichon. L’ho trovato stanco ed apatico. All’esposizione che gli ho fatta dei rapporti tra Francia ed Italia, e specialmente dei sentimenti prevalenti nell’opinione pubblica dei due Paesi, egli ha risposto con frasi generiche di cortesia, studiandosi di evitare qualsiasi precisione. Alla mia osservazione che l’azione spesso discorde delle due diplomazie in vari Paesi, dipendeva da mancanza di preventivo scambio di idee e di opportuni accordi, egli ha annuito senza aggiungere nulla di concreto. Avendo io constatato che è difficile definire con parola giuridicamente esatta lo stato dei rapporti tra Francia ed Italia perché non vi è alcun atto da cui risulti che l’alleanza contratta per la guerra, e limitatamente alla guerra stessa, si prolunghi dopo la firma della pace, egli ha detto semplicemente: «È così». Però ha aggiunto che i sentimenti del popolo francese sono interamente favorevoli all’Italia.

Avendo io detto che desideravo discutere dettagliatamente e subito la questione dei compensi coloniali che devono essere assegnati a noi in Africa, e che mi sembrava matura, egli mi ha detto che noi eravamo in equivoco ritenendo che le offerte fatteci dall’Inghilterra potessero formare oggetto di un accordo separato mentre gli constava essere intenzione dell’Inghilterra, che tali concessioni dovessero far parte di un accordo generale in cui fosse anche compreso il regolamento della questione adriatica, che pertanto non gli pareva opportuno accettare la conversazione con me su questo punto esortandomi a chiarirlo bene prima nei riguardi dell’Inghilterra. Quanto alla questione adriatica egli mi ha detto che se noi, nei primi giorni della Conferenza, avessimo offerto di rinunciare ad una parte dei vantaggi assicuratici dal Patto di Londra in cambio di Fiume, l’avremmo quasi certamente ottenuto. Ma che oggi la questione si era molto inasprita e complicata, ed egli non ne vedeva la soluzione. Quanto ad applicare senza’altro il Patto di Londra, anche prescindendo dalla renitenza di Wilson, vi sarebbe stato sempre il fatto che l’applicazione avrebbe dovuto essere contemporanea in tutte le sue parti e quindi anche nella consegna di Fiume alla Croazia, secondo è stabilito dal Patto stesso, Pichon ha evitato di discutere più a lungo essendo evidente la sua preoccupazione di rimpicciolirsi per timore di Clemenceau. La questione dell’Asia Minore rimarrà sospesa poiché lo esige Wilson, il quale avrebbe detto che gli occorre più di un mese per sapere se l’America accetterebbe volentieri un mandato in Turchia, e che nessuna decisione dovrà essere presa fino a che egli non avrà dato la risposta. Io ho fatto osservare che in tanto sarebbe stato opportuno regolare sia pure a titolo provvisorio l’occupazione di fatto greca e nostra per evitare possibili conflitti; egli mi ha risposto: «Potete prendere l’iniziativa di una proposta». Io non ho mancato di fargli osservare che questa risposta indicava che egli si disinteressava della cosa, ciò che egli ha negato debolmente.

A proposito dell’azione diplomatica della Francia che si svolge nei vari Paesi all’infuori di noi e contro di noi, gli ho fatto rilevare quanto è argomento del telegramma di Aliotti da Sofia. n. 2261. Mi ha pregato di fargli rimettere un promemoria da Bonin promettendomi di occuparsene.

Prego comunicare a S.M. il Re.

38 1 Non pubblicato.

38 2 Gruppo mancante.

38

IL COMMISSARIO A SOFIA, ALIOTTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 257. Sofia, 30 giugno 1919.

Con mio telegramma n. 153 del 18 aprile1 ho segnalato a S.E. Sonnino atteggiamento assunto dal gen. Franchet d’Esperey che si rifiutava di riconoscermi nessun’altra attribuzione che non quella di semplice agente informatore del R. Governo. Col tel. Gab. n. 91 del 28 aprile mi venne riferito delle pratiche fatte dal conte Bonin presso il sig. Pichon che assicurò avrebbe provveduto all’uopo affinché fosse riconosciuta la mia qualità di alto commissario.

Ho segnalato parimenti in varie occasioni le continue difficoltà, in mezzo alle quali mi è riuscito con speciale circospezione di risolvere tutte le questioni più importanti mantenendo le più cordiali relazioni col Comando francese. Senonché il gen. Franchet d’Esperey di passaggio per Sofia sollevò nuovamente la questione di sua iniziativa dichiarando che non poteva riconoscermi quale alto commissario italiano e che tutti gli affari aventi carattere esecutivo davanti alle autorità locali dovessero passare per tramite suo esclusivamente. Egli in particolar modo mi dichiarò che io non avevo qualità per ingerirmi come già ho fatto al riguardo dello […]2 di Sofia nella questione del sequestro delle proprietà nemiche e che egli non avrebbe ammesso un’azione diretta neppure nel caso in cui fossero coinvolti gli interessi di cittadini italiani. Siccome egli assumeva un tono prepotente dovetti richiamarlo ad una migliore comprensione della delicata situazione locale facendogli intendere che le mie attribuzioni dipendevano esclusivamente dal R. Governo. Profittai dell’occasione per lamentarmi del modo in cui il Comando in capo francese in certi casi precedenti ha agito senza consultare il nostro punto di vista e non aveva chiamato il delegato italiano a prender parte all’esecuzione di importanti misure economiche. Innanzi al mio fermo atteggiamento il generale cominciò a moderarsi mostrandosi più conciliante e in mia presenza diede istruzione al generale Chretien acciocché un rappresentante italiano prendesse parte a tutte le operazioni economiche in cui fossero risultati nostri interessi pur lasciando la parte esecutiva all’ […]2 francese interalleata. Dopo una vivace discussione avvenuta in presenza del generale francese Graziani il gen. Franchet d’Esperey manifestò la sua intenzione di non sollevare la questione della mia qualità d’alto commissario neppure davanti al Governo bulgaro in vista della prossima firma della pace. Restituitagli la visita in giornata stessa egli si mostrò meco insolitamente conciliante. Ritengo che suddetta soluzione provvisoria ottenuta nella delicata questione risponda ai nostri interessi sostanziali. È però spiacevole l’aver dovuto rispondere al generale in termini calmi ma assai decisi prima di aver raggiunto un equo ristabilimento della […]2 situazione.

39

IL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

Disp. riservato 9485. Roma, 30 giugno 1919.

Il Comitato di guerra, nella riunione tenuta il giorno 26 c.m., ha deciso di non dar più corso all’intervento militare italiano già divisato nel Caucaso.

Dopo tale determinazione la nostra missione militare colà non ha più ragione né opportunità politica di sussistere. Perciò si rende necessario disporre il ritorno dei membri militari che fanno parte della missione diretta dal colonnello Gabba, e provvedere quindi alla sostituzione o, quanto meno, trasformazione della medesima in una missione di carattere essenzialmente economico-commerciale destinata ad esplicare colà la nostra azione secondo le direttive che l’E.V. ed i ministri interessati reputeranno più confacenti alle nostre condizioni.

Sarebbe molto opportuno che i membri di questa seconda missione fossero al più presto designati ed inviati nel Caucaso allo scopo di rendere minimo l’intervallo di tempo che dovesse intercedere fra la partenza della missione militare e l’arrivo ovvero la costituzione sul luogo di quella economico-commerciale e che potrebbe essere sfruttato dagli inglesi a nostro danno. Per guadagnare tempo, sarebbe molto giovevole ritardare, intanto e finché possibile, la comunicazione agli inglesi delle nostre decisioni.

40 1 Il telegramma fu trasmesso a Tittoni dal ministro della Real Casa, Mattioli, con appunto del 4 luglio.

40 2 Vedi D. 34.

40

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE, POINCARÉ,AL RE D’ITALIA, VITTORIO EMANUELE III

T. 92144/1061. Parigi, 1° luglio 1919, ore 12,30(perv. il 2).

Je remercie Votre Majesté de ses félicitations ainsi que du nouvel hommage que elle veut bien rendre à l’héroisme de la France et à l’immensité de ses sacrifices2. Je ne doute pas que l’Italie avec qui nous avons fraternellement défendu le méme idéal de justice et de liberté ne recueille bientôt dans une paix bienfaisante et glorieuse et dans la costitution définitive de son unité nationale les fruits légitimes de ses efforts de sa vaillance et de ses victoires. Elle peut compter sur l’inaltérable amitié de la France.

41

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL REGGENTE L’ALTO COMMISSARIATO POLITICOA BUDAPEST, CERRUTI

T. 828. Roma, 1° luglio 1919, ore 13,00.

Il r. incaricato d’affari a Bucarest telegrafa in data 30 giugno 1919 quanto segue:

«Re Ferdinando, mi ha parlato spontaneamente della possibilità di una intesa della Romania con un Governo d’ordine ungherese dicendomi doversi evitare che l’Ungheria si leghi colla Germania o colla Serbia. Avendo io accennato Bulgaria, Sua Maestà è stato meno reciso ma ha ammesso possibilità di una intesa anche con questa, purché conclusa direttamente fra i due Stati e dopo resa alla Romania tutta la Dobrugia».

42 1 Vedi D. 30.

42 2 Non riprodotte, ma vedi nota precedente.

42 3 Vedi D. 37.

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

R. Parigi, 1° luglio 1919.

Iersera, tornando alle ore 21 dall’aver accompagnato alla stazione l’on. Sonnino, trovai un plico contenente una lettera di Clemenceau in data 30, la quale accompagnava due note in data 28, assolutamente identiche, una in francese firmata da Clemenceau e l’altra in inglese firmata da Lloyd George1. Queste due note (di cui accludo il testo francese)2 disconoscono i patti firmati dagli alleati con noi e terminano con un vero ultimatum, minacciando di tradurre in atto il proposito di mettere l’Italia fuori dall’alleanza e di rifiutarle qualsiasi vantaggio politico ed economico, proposito che era stato già risolutamente affermato quando Orlando e Sonnino abbandonarono la Conferenza e sarebbe stato implacabilmente tradotto in atto se non vi fossero ritornati in fretta. Rimasi vivamente impressionato dall’atto brutale, benché rivolto specialmente contro i miei predecessori e deliberato da Wilson, Lloyd George e Clemenceau la vigilia della partenza dei primi due e prima che io giungessi qui. Risolvetti quindi di fare subito una energica risposta confutando efficacemente punto per punto le audaci affermazioni della nota ed immediatamente scrissi a Clemenceau dicendogli che avevo bisogno di vederlo subito. Osservo che la conoscenza della nota mi spiega ora l’imbarazzo e la reticenza di Pichon nel colloquio che ebbe con me e circa il quale ho riferito con rapporto separato3.

Ho veduto Clemenceau stamane alle 9,30 e l’accoglienza che egli mi ha fatto è stata oltremodo cordiale. Ha ricordato i rapporti intimi avuti con me durante i sette mesi della mia ambasciata qui ed ha detto che i suoi sentimenti per l’Italia rimanevano inalterati, però ha aggiunto che non poteva nascondere che io trovavo la situazione già gravemente compromessa. Egli ne dava la colpa all’attitudine e ai metodi dei miei predecessori e ad un mio movimento a questa osservazione si è affrettato a soggiungere: «Non voglio mettervi in imbarazzo obbligandovi a protestare, ma quando avrà tempo vi mostrerò un dossier nel quale le mie accuse sono ampiamente documentate.

Però credo necessario dirvi subito tre cose: 1) tra gli onorevoli Orlando e Sonnino e me sono mancati i contatti e i rapporti intimi, li ho visti raramente e non si è mai venuto a spiegazioni franche. Nel viaggio che facemmo insieme a Londra Orlando mi disse che era lieto dell’occasione che si porgeva di stare a lungo con me, invece con mia grande meraviglia, nel ritorno gli onorevoli Orlando e Sonnino si chiusero nei loro compartimenti e perfino alla fine del viaggio si dimenticarono di salutarmi; 2) al principio della Conferenza io mi trovai in fiero contrasto con Wilson e Lloyd George: era quello il momento per l’Italia di concordare con la Francia una vera politica di solidarietà, invece nessuna apertura mi fu fatta ed io combattei e vinsi da solo; 3) anche nei momenti più difficili io non pensai mai ad uscire dalla Conferenza perché comprendevo che ciò m’avrebbe perduto; Orlando invece uscì dalla Conferenza e fu questa imprudenza grandissima innanzi tutto perché avendo detto a Wilson che non sarebbe uscito lo irritò ancora di più e contro di lui personalmente e contro gli interessi italiani, ed in secondo luogo perché ci condusse a considerare l’Italia come fuori dell’Alleanza e fu la prefazione dell’ultimatum che poi abbiamo presentato».

Avendogli io osservato che l’affermazione dei suoi sentimenti verso l’Italia e della sua amicizia per me contrastava singolarmente con l’ultimatum stesso che io avevo ricevuto arrivando qui quasi a guisa di saluto, mi ha interrotto, dicendo: è una tegola che capita sul capo a voi, mentre l’ultimatum era stato cagionato dai vostri predecessori ed è diretto ad essi. Io ho aggiunto che contestavo tutte le affermazioni contenute nella nota ultimatum e che avrei risposto confutandole e protestando con la massima energia e che quindi, se egli e Lloyd George fossero rimasti sul quel terreno, non vedevo che cosa io sarei rimasto a fare qui. Clemenceau rispose che la nota era segretissima e tale sarebbe rimasta la mia risposta, nella quale io ero libero di dire tutto ciò che credevo, senza che ciò dovesse portare ad una rottura perché la conversazione sarebbe seguita verbalmente ed amichevolmente con me e con la mia risposta lo scambio di note sarebbe cessato. Avendo io allora affrontato la questione essenziale e cioè se la Francia dà effettivamente un valore all’amicizia italiana e la desidera ed è disposta a fare quanto occorre per ottenerla, Clemenceau mi rispose che quanto al primo punto non v’era dubbio alcuno e quanto al secondo bisogna discutere. Entrati poi a parlare delle questioni di dettaglio, avendo io detto che la questione che si presentava più facile era quella coloniale, mi promise di invitarmi ad una riunione con Pichon e con il ministro delle Colonie per studiare una soddisfacente soluzione. Circa l’Asia Minore mi disse che lo sbarco delle nostre truppe a Scalanova, operato senza prevenirne la Conferenza a riportarne l’approvazione aveva grandemente irritato Wilson e Lloyd George ed era stato uno dei nostri motivi più forti per indurli a presentare l’ultimatum. Io risposi che le nostre truppe, che mai noi avremo consentito a ritirare, erano state inviate in seguito alla avanzata inquietante dei greci, il cui sbarco in Asia Minore, mentre colà tutto doveva rimanere sospeso fino a che a Wilson avesse fatto comodo di dire se agli americani piaceva accettare un mandato colà, era uno dei più grandi errori e delle più grandi incoerenze in cui era caduta la Conferenza. Si sarebbe compresa una occupazione internazionale: era assolutamente ingiustificata l’occupazione greca, che ci obbligava a sollevare la questione dei compensi in Asia Minore, benché Orlando e Sonnino il giorno stesso in cui tornarono a Roma dopo l’abbandono della Conferenza avessero dato la loro approvazione all’occupazione greca. Finalmente quanto all’Adriatico Clemenceau disse che egli per parte sua ci avrebbe dato volentieri quanto chiedevamo, ma ormai non poteva distaccarsi dagli Stati Uniti, dei quali l’Inghilterra e Francia avevano bisogno e con i quali formavano un blocco. Clemenceau, essendo dovuto recarsi alla Commissione di bilancio della Camera, interruppe la conversazione con riserva di riprenderla al più presto.

Prego comunicare questo mio rapporto a S.E. il Re.

43 1 Vedi serie sesta, vol. III, D. 746.

43 2 Ibid., D. 837.

43 3 Ibid., D. 719 e nota 1.

43 4 Non pubblicata.

43 5 Vedi serie sesta, vol. II, D. 483.

43 6 Vedi serie sesta, vol. III, D. 714.

43 7 Non pubblicata, ma vedi serie sesta, vol. III, D. 768.

43 8 Non rinvenuti.

43 9 Vedi serie sesta, vol. III, D. 836.

43 10 Ibid., D. 839.

43 11 Li si veda in Trattati e convenzioni fra il Regno d’Italia e gli altri Stati, vol. 18, Roma, Ministero degli affari esteri, 1930, pp. 920 sgg.

43 12 Non riprodotto, ma vedi serie sesta, vol. III, D. 719, e nota.

43 13 Vedi serie sesta, vol. III, D. 653.

43 14 Ibid., D. 506.

43 15 I punti sospensivi sono presenti nell’originale.

43 16 Vedi serie sesta, vol. III, D. 600, nota 1.

43 17 Ibid., D. 722.

43 18 In realtà la corrispondenza era intercorsa tra Colosimo e Sonnino. Ibid., vol. III, DD. 510 e 512.

43 19 Vedi serie sesta, vol. III, D. 550.

43 20 Ibid., D. 641, che reca comunque come protocollo il n. 613.

43 21 Ibid., D. 658, che risulta in realtà firmato anche da Crespi.

43 22 Ibid., D. 553.

43 23 Vedi D. 123.

43

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

Nota 4950. Roma, 3 luglio 1919.

Nello assumere il Ministero delle Colonie, ho trovato la questione coloniale d’Italia al Congresso della Pace, al seguente punto:

a) S.E. l’on. Crespi aveva comunicato all’on. Colosimo, con lettera 8 giugno u.s. n. 4321, il testo della relazione che la Commissione istituita il 7 maggio u.s. doveva presentare al Consiglio Supremo per l’applicazione dell’art. 13 del Trattato di Londra;

b) Il ministro Colosimo aveva commentata tale relazione con lettera n. 3734 del 18 giugno al presidente del Consiglio2, ed aveva comunicato integralmente le conclusioni di questa lettera al barone Sonnino a Parigi, con telegramma 2144 del 16 stesso mese, in questi termini:

«S.E. Crespi mi ha trasmesso con lettera 432 dell’8 corrente, la relazione da presentarsi al Consiglio dei Quattro, sui lavori della Commissione istituita il 7 maggio scorso».

Su tale relazione espongo particolareggiatamente mio pensiero al presidente del Consiglio, con lettera della quale trascrivo qui, ad ogni buon fine, le conclusioni:

1) È bene che la Commissione non sia arrivata a conclusioni, poiché una conclusione sulla base della proposta italiana, specialmente per Gibuti, sarebbe stata pericolosa per i nostri interessi.

2) La nostra questione coloniale deve essere presa in esame intatta ed impregiudicata dal Consiglio Supremo interalleato.

3) La nostra riserva per i mandati vive, e noi dobbiamo mirare non al Togo, ma al Camerun. Anche senza il Camerun, il vantaggio territoriale conseguito dalla Francia in Africa è cospicuo, se si pensa che ha ripreso quanto aveva ceduto alla Germania nel Congo e che, ad ogni modo, non è giusto che noi soffriamo i danni della avidità britannica, anche nei riguardi della Francia.

4) Non dobbiamo consentire che ci si riduca nei confini della lettera dell’art. 13 del Patto di Londra il quale deve essere interpretato in modo estensivo per il contributo da noi portato dal 1915 in poi, anche direttamente nel campo coloniale in Libia e in Somalia e per tutto quanto nel gioco militare e diplomatico è intervenuto dal 1915 ad oggi.

5) Di fronte ad una persistente inflessibile intransigenza francese, alla quale io non posso rassegnarmi a credere (come ripetevo a V.E. nel mio telegramma 2043 del 6 corrente)3 è senza dubbio preferibile lasciare aperta la questione delle colonie africane piuttosto che accettare, peggio ancora se offerte da noi, soluzioni che sarebbero la definitiva concausa dell’avvenire coloniale dell’Italia in Africa».

La linea di condotta finora seguita dal Ministero delle Colonie è, come V.E. vede, precisa e recisa: la difesa ad oltranza del nostro programma, per la sistemazione degli interessi coloniali dell’Italia.

Conviene ricordare che le traccie di tale programma furono poste dal ministro delle Colonie Martini e comunicate al ministro degli Affari Esteri Sonnino, fin dal novembre 1914, cioè molto prima della nostra entrata nel conflitto (24 maggio 1915), appunto perché facessero parte integrante di un programma organico generale di rivendicazioni italiane che il ministro degli Esteri preparava in previsione degli eventi che si andavano maturando. Con quali criteri siano stati utilizzati dal ministro degli Esteri gli elementi forniti da quello delle Colonie, si ignora; poiché il ministro delle Colonie non fu in alcun modo chiamato né consultato nella redazione dell’art. 13 del Patto di Londra del 26 aprile 1915, articolo che è stato comunicato al ministro delle Colonie soltanto il 10 dicembre 1918. E conviene anche ricordare che, fin dal 1916, le nostre aspirazioni coloniali ebbero forma concreta nella lettera segreta n. 9683 che, dopo ripetuti colloqui, il ministro Colosimo diresse al barone Sonnino il 15 novembre 19164; nel quale documento si conteneva il programma massimo e minimo delle nostre rivendicazioni, programma provveduto del più organico, più esatto, più ricco corredo di documenti e di carte che si possa pensare.

Gibuti. Di questo programma il barone Sonnino segnò ricevimento con lettera 7 febbraio 1917 n. 54, nella quale egli riconosceva che «la questione di Gibuti è per noi di capitale importanza. Sinché Gibuti e la ferrovia restano in mano della Francia, è vano sperare da parte nostra l’attuazione di un programma politico-economico in Etiopia».

Punto fondamentale, dunque, del nostro programma coloniale è Gibuti, in quanto significa – è bene ripeterlo – non solo il porto di Gibuti, non solo la ferrovia, ma tutta la Somalia francese, con esclusione della influenza francese dall’Etiopia.

Dal novembre 1914 – dal tempo cioè della nostra neutralità – ad oggi, il Ministero delle colonie è restato fermo in questo concetto. È del 24 febbraio 1919 la lettera Colosimo n. 1367 al barone Sonnino a Parigi5 che si chiude con le seguenti parole: «… il non avere Gibuti farebbe cadere la base di qualsiasi nostro avvenire in Etiopia, consacrando il fallimento di una azione coloniale quasi semi secolare di cui non rimarrebbe che il triste ricordo della giornata di Adua e l’onere delle molte centinaia di milioni inutilmente spesi in Africa, e la irrisione di aver dato alla conoscenza dell’Africa orientale i più bei nomi che conosca la storia delle esplorazioni geografiche. Credo che per una grande potenza come l’Italia nessun altro vantaggio altrove possa controbilanciare il danno gravissimo».

Invece il barone Sonnino con telegramma 20 maggio 1919 n. 6134 dichiarava che «allo stato delle cose cessione Gibuti è da ritenersi non ottenibile».

Il giorno dopo gli rispondeva l’on. Colosimo col seguente telegramma4:

«V.E. mi dice che cessione Gibuti da ritenersi non ottenibile. Ciò, bisogna confessarcelo, significa il fallimento del nostro programma coloniale pel dopo guerra, che era tutto organicamente imperniato sull’acquisto di Gibuti, la cui importanza capitale per noi era stata riconosciuta anche da V.E. Non ripeterò quindi quanto da anni ho sostenuto».

Armi e munizioni. Questa la situazione che ho trovato:

la prima questione che è venuta alla mia trattazione è stata quella del commercio delle armi. Essa era certa da pochi giorni, da quando, cioè il barone Sonnino aveva comunicato all’on. Colosimo, con lettera 5 giugno u.s.6 un progetto franco-britannico circa tale commercio; il quale progetto lo stesso barone Sonnino diceva essere in suo possesso fin dall’aprile.

Al mio arrivo al Ministero delle Colonie tale questione era stata chiusa dal mio predecessore con lettera n. 3699 dell’11 giugno u.s.7 e con telegramma n. 13806 del 21 stesso mese4, confermanti recisamente il costante punto di vista del Ministero delle Colonie, col Ministero degli Esteri e dello stesso barone Sonnino: punto di vista contrario ad ogni concessione dell’Italia in favore del traffico delle armi. La lettera 25 giugno u.s. n. 2075 del barone Sonnino, su tale argomento, è venuta a me4; ed io ho risposto con i miei telegrammi n. 4834 del 28 giugno e n. 7308 del 298 (questo riguarda più specialmente la Libia associandomi ai concetti sostenuti dal mio predecessore, che sono quelli costantemente seguiti dal Governo italiano in tale materia, ed aggiungendo ragioni sia di civiltà, sia d’interesse specifico nostro).

Sarebbe stato, senza dubbio, desiderabile – e lo stesso barone Sonnino lo ha dichiarato ed ha cercato di ottenerlo (lettera Parigi n. 1763 del 5 giugno 1919)4 – che la questione delle armi non fosse stata portata alla Conferenza. Ma poiché ciò non si è evitato, l’on. Colosimo ed io abbiamo insistito a che non si subordini alla preoccupazione della penetrazione economico-agricola in Etiopia quella dell’esistenza stessa della Eritrea e della Somalia, che è questione essenziale; poiché in tanto esiste per l’Italia un interesse etiopico, in quanto possediamo la Eritrea e la Somalia. Primum vivere.

Gibuti. Ma ora viene al mio esame la questione di Gibuti, posta sotto un nuovo aspetto da due ordini di comunicazioni di codesta Delegazione:

1) Lettera Sonnino n. 02042 del 22 giugno u.s.4 con un progetto di soluzione per Gibuti che pare abbia il consenso del ministro Simon, e che è stato pubblicato nell’Actualités del 19 stesso mese, a firma del deputato Paolo Bluysen, membro della Commissione degli Affari Esteri.

La soluzione consisterebbe in questo: la Francia conserva la costa dei somali. La Francia conserva il porto di Gibuti. L’Italia ha una zona di terreno per stabilirvi magazzini, ecc. e per collegarsi con binario di raccordo alla ferrovia per Addis Abeba. L’Italia potrà anche acquistare la linea ferroviaria.

2) Lettera Sonnino n. 1984 del 18 giugno u.s.9, e lettera a firma De Martino n. 02057 del 23 stesso mese8, per comunicare il rapporto n. 2942 del 18 stesso mese, del r. ambasciatore a Parigi10. L’una e l’altra, partendo dal convincimento che la Francia non cederà Gibuti, ed anzi sostenendosi nel rapporto del conte Bonin che sarebbe savio partito desistere assolutamente da ogni pratica mirante alla cessione di Gibuti, suggeriscono di venire con Inghilterra e Francia, e specialmente con questa, ad un accordo economico, che permetta di dare agli accordi del 190611 il maggiore frutto.

Devo anzitutto rilevare che vi è già una piega nella primitiva linea di rigida intransigenza del ministro Simon, la quale cosa dà ragione al fermo convincimento del mio predecessore che la Francia non possa volere che si scavi fra essa e l’Italia un solco di insanabile rancore, come quello che deriverebbe dalla negata cessione di Gibuti; rivendicazione questa – è bene non farsi illusioni in proposito – oramai penetrata profondamente nella coscienza nazionale, e che, nell’insuccesso, costituirebbe nei rapporti franco-italiani quasi una seconda Tunisi.

Tale mutato atteggiamento del sig. Simon trova singolare riscontro in un discorso che un altissimo personaggio tenne, il 6 giugno u.s. all’on. Colosimo.

Egli disse al ministro di sapere che se noi teniamo fermo per Gibuti e puntiamo i piedi, i francesi cederanno.

In questi precisi termini, l’on. Colosimo, lo stesso giorno, riferì il discorso al presidente del Consiglio a Parigi, con telegramma n. 2043 che qui, ad ogni buon fine, unisco12.

Io ritengo quindi che l’unica via dignitosa, giusta ed utile sia quella della resistenza assoluta.

Una sola cosa potrebbe compromettere definitivamente la nostra giusta modesta e necessaria aspirazione, ed è un atteggiamento che ci mostri disposti ad entrare in via di accomodamento, e di compromesso.

Se non abbiamo integralmente Gibuti, che è il punto vitale del programma italiano in quanto significa accaparramento politico ed economico della Etiopia, nessun’altra combinazione può avere valore, ed io non posso che confermare il preciso pensiero dell’on. Colosimo che cioè, mancandoci Gibuti, l’Italia pur firmando la pace generale dovrebbe dichiarare impregiudicata nei suoi riguardi la questione africana, sia rispetto all’articolo 13 del Trattato di Londra, sia rispetto ai mandati nelle Colonie già tedesche.

Ricapitolando: siamo in sede di Conferenza per la pace, dove si discute e si delibera in materia di assetto territoriale.

Qui io, ministro delle Colonie, devo avere una sola preoccupazione: il soddisfacimento delle aspirazioni coloniali d’Italia.

Non posso acconsentire a che in tal sede si inizino discussioni che basta avere posto per avere già compromesso la questione essenziale; e sarebbe così se, là dove miriamo alla esclusione della influenza francese in Etiopia, accettassimo, ed anzi proponessimo, di esaminare una nostra penetrazione agricolo-economica in Etiopia di concerto con la Francia.

Non che io non riconosca la grande importanza di questo argomento, che anzi grandemente me ne preoccupo; dico solo che esso non deve essere abbinato alla questione territoriale, e molto meno deve diventare materia di compenso rispetto a quella.

Su tale questione, mi riservo di intrattenere a parte la E.V. non nella sua qualità di presidente della Delegazione italiana, ma di ministro degli Affari Esteri, e quindi non agli effetti della Conferenza; e dimostrerò allora a V.E. come e perché si sia giunti al fallimento dell’azione italiana in Abissinia, che il conte Bonin constata, e ciò non solamente per stabilire a chi spetti la responsabilità, ma per correre prontamente ai ripari.

Arabia. Ma il pensiero della nostra esclusione dalla Etiopia non è il solo che mi preoccupi, poiché ugualmente grave è la nostra esclusione della costa araba dal Mar Rosso. Essa è, non meno della prima, questione vitale per l’Eritrea, e deve anche essa formare oggetto di nostra energica azione.

Asia Minore. Al punto a cui noi abbiamo trovato le cose – e la difficoltà della situazione non può dissimularsi – io devo dire alla E.V. il mio pensiero, dopo avere constatato che, per la verità, il Ministero delle Colonie ha fatto tempestivamente tutto il suo dovere nei limiti della sua competenza.

Dico perciò, che se V.E. si convincesse dell’assoluta impossibilità di ottenere Gibuti – e V.E. sente tutta la gravità della cosa – bisognerebbe senz’altro considerare fallito il programma territoriale coloniale d’Italia in Africa, e, senza farsi confondere con lusinghe di vantaggi economici, ecc. impostare subito un altro programma parimenti organico in Asia Minore, non certo ristretto alle meschine concessioni presenti che non sono nemmeno concessioni, poiché si tratta di cose già internazionalmente acquisite a noi fin dal 1914.

Mandati in Africa. Il Ministero delle Colonie ha sostenuto e dimostrato che il diritto ad amministrare per mandato una delle colonie già tedesche non può infirmare in nessun modo il diritto che ci viene dal Patto di Londra.

L’attribuzione di un mandato all’Italia significherebbe il riconoscimento del concorso dell’Italia alla grande guerra e della sua capacità colonizzatrice; ma non vorrebbe certo dire che Francia ed Inghilterra dovrebbero o potrebbero rifiutarsi di far onore al Patto di Londra.

Nel caso, dunque, che l’Italia avesse un mandato per le colonie già tedesche, sussisterebbe tale e quale il buon diritto delle nostre rivendicazioni.

Del resto il mandato ha un fondamento di temporaneità per cui risulta del tutto opposto all’acquisto definitivo il cui carattere essenziale è la stabilità.

Il nostro diritto ad un equo compenso cadrebbe solamente quando noi di nostra libera elezione accettassimo in cambio di esso un mandato; ma perché ciò possa avvenire bisognerebbe che il mandato avesse un così ingente valore, da rifarci del danno proveniente dal mancato compenso, ed anche da farci accettare di correre le alee inerenti ad un possesso che non ha giuridicamente carattere di assicurata stabilità.

Vero è che il barone Sonnino presenziò alla seduta del 7 maggio u. s. senza fare osservazioni sulla spartizione dei mandati fra Inghilterra e Francia con esclusione dell’Italia; ma sta in fatto che nel verbale di quella seduta è riportata una riserva in proposito dall’on. Orlando, la quale costituisce il solo punto al quale possiamo attaccarci per potere ancora interloquire in materia di mandati.

Non ripeterò quanto è esposto in proposito nella allegata lettera 3734 del 18 giugno u.s. dell’on. Colosimo al presidente Orlando; e rileverò solo un punto di essa che mi pare meritevole di speciale considerazione; quello, cioè, in cui dopo aver notato che non certo per il Togo l’Italia avrebbe potuto barattare Gibuti dice: «Ed anche a parte ciò io mi domando se, per il solo acquisto come mandato del Togo, varrebbe la pena di creare fra noi e la Germania, a guerra finita, una ragione di profondo insanabile rancore come è quello che deriverebbe da una occupazione territoriale, tanto più che non sarebbe avvenuta, per virtù di nostre armi».

Ad ogni modo, nel telegramma Colosimo n. 1522 del 30 maggio u.s. al barone Sonnino13 è detto che si capirebbe che una nostra eventuale domanda di mandato fosse per il Camerun, la importanza del quale per noi è evidente sia per il suo valore intrinseco, sia per quello che gli deriva dall’essere il pendant della Libia sull’Atlantico con il naturale congiungimento dei rispettivi hinterland nello Ciad; non per il Togo, tenuto conto appunto del suo scarso valore.

Somaliland britannico. Per il Somaliland britannico, fo mie le conclusioni del mio predecessore, nel telegramma n. 5491 del 15 maggio u.s. al presidente Orlando a Parigi14: «Se l’Italia non avesse Gibuti, la aggiudicazione a noi del Somaliland britannico sarebbe per l’Italia una palla di piombo al piede15. Quando avessimo Somalia francese con Gibuti, il possesso integrale del Somaliland britannico (compresi naturalmente Berbera e Zeila), darebbe a noi la continuità di possesso da ras Casar al Giuba, e solo allora nostro dominio sarebbe organico e proficuo».

Giubaland. La questione del Giubaland mi pare posta limpidamente. Noi abbiamo chiesto tutta la provincia inglese del Giuba, compresa la parte del Northern frontier district che va fino a Mojale, sul confine etiopico.

Gli inglesi negano questa parte, che è per noi sostanziale in quanto assicura alla Somalia il commercio della corrispondente parte della Etiopia meridionale, e dà vita alla costruenda ferrovia Mogadiscio-Lug.

Negano, anche, parte della provincia del Giuba; concedendo solo la zona più vicina alla riva destra del fiume.

Le ragioni per le quali noi dobbiamo tener ferma la nostra domanda integrale resultano chiaramente dai telegrammi Colosimo 25 maggio u.s. n. 5923 al barone Sonnino16 e n. 3673 del 6 giugno u.s. al presidente Orlando17, il quale ultimo fu comunicato al Ministero degli Esteri con lettera n. 51 in pari data.

Quando V.E. nel suo discorso al Senato, del 25 giugno u.s. disse che giudicava «in massima soddisfacente» il compenso offerto dall’Inghilterra in Africa, suppongo che V.E. volesse riferirsi particolarmente al Giubaland che sarebbe appunto un compenso in massima soddisfacente.

Non è un equo compenso rispetto agli acquisti che la Inghilterra ha fatto, ma non si può dire che non valga nulla.

Infatti la rada di Chisimaio, per quanto eccentrica rispetto alla nostra colonia, è tuttavia la sola rada di quella parte delle costa nella quale si possa fare il traffico tutto l’anno, anche nei periodi di costa chiusa per il Benadir. Ma bisogna tener presente che nessuna sistemazione portuale gli inglesi vi hanno fatto; e che per adattare quella rada ai bisogni di un traffico accresciuto bisogna farvi opere che importano spese di parecchi milioni.

Né deve tacersi il valore dell’acquisto della riva destra del Giuba, che è in pari condizioni di fertilità e di irrigabilità della nostra riva sinistra.

Infine, il Giubaland ci darebbe il possesso integrale, nei confini della colonia, di uno dei maggiori fiumi africani, con la libertà per noi di farvi tutte le opere di sbarramento, di sopraelevazione di acque, che crederemo necessarie, senza incorrere in tutte le difficoltà e gli ostacoli a cui dà luogo il condominio. Ma anche qui bisogna tener presente che il compimento di lavori idraulici che permettano la piena utilizzazione del fiume ai fini della irrigazione agricola richiede spese ingentissime.

Ripeto che non è giusto dire che il Giubaland non vale nulla, ma non si deve nemmeno permettere alla Inghilterra di ritenere che sia un equo compenso. Troppo sì è peccato, specie da parte della stampa, nella sopra valutazione di quelle regioni.

A diminuire ancora il valore del Giubaland, fino al punto da farne apparire l’acquisto oneroso e gravido di difficoltà concorre lo stato di rivolta armata in cui quel territorio si trova, e ciò è messo in particolare rilievo nel citato telegramma 3673 dell’on. Colosimo al presidente Orlando.

Confine sud occidentale della Tripolitania.

Il nostro programma massimo prevedeva il ristabilimento dell’equilibrio nello hinterland tripolino. Sarebbero dovute ritornare alla Tripolitania: la parte settentrionale del Lago Ciad col Camerun e Wadai; le località prese dalla Francia dopo la nostra occupazione della Libia e cioè le oasi di Gianet, del Cauar, (Bilma) il Borcu e il Tibesti; le carovaniere dirette fra Gadames e Gat; le vie di comunicazione per Gat e Tummo; il libero passaggio sulla carovaniera Gadames, Fort Polignac, Gat.

Ma la nostra negoziazione a Parigi si è ristretta all’ultima parte, e cioè al ri-stabilimento del confine, secondo le carovane che congiungono Gadames e Gat, e Gat a Tummo, con soppressione dei becs de canard formati dai rientranti del pre-sente confine; rientranti che hanno avuto lo scopo di toglierci il possesso dellevie carovaniere ed anche gli unici luoghi di pascolo e di abbeverate in quel paese desertico.

Ma il nostro programma minimo comprendeva anche la facoltà di istituire consolati o agenzie commerciali nelle zone occupate dalla Francia; questione, questa, molto importante, che, del resto, si può riprendere anche fuori Conferenza,

Con telegramma 17 maggio 1919 n. 5587, i1 ministro Colosimo rispondendo al telegramma del presidente Orlando (Parigi n. 536 dello stesso giorno)18 che lo informava di una conversazione privata fra Crespi, De Martino e lord Milner, così esprimeva:

«Nei riguardi della Francia devo dire chiaramente a V.E. il mio pensiero. Se non dovessimo avere Gibuti non dovremmo accettare la rettifica del confine occidentale della Trìpolitania come “compensations équitables” mentre non ha valore alcuno né per il terreno desertico né per il possesso di carovaniere il cui traffico è stato oramai interamente deviato dalla Francia a proprio profitto da carovaniere parallele stabilite nel proprio territorio. Accettare ciò dalla Francia, come adempimento dell’art.13 del Patto di Londra, sarebbe accettare una irrisione ed aggiungere al danno la beffa.

Il comm. De Martino ricorderà che il 29 marzo 1916 si era già riuscito a far riconoscere dal Governo francese, rappresentato da Cambon e da De Margerie, nostre richieste su carovaniera Gadames-Gat; e che poi accordo già concluso fu sospeso. Evidentemente si premeditò fino d’allora la opportunità di riserbare tale concessione, per servirsene nel caso che la Francia si fosse trovata nella necessità di darci un qualche compenso in Africa».

Nella seconda seduta della Commissione coloniale (telegramma Sonnino - Parigi 20 maggio 1919 n. 552)19 il sig. Simon dichiarò che la Francia accettava di cedere territori compresi fra Gadames, Gat e Tummo; ma rifiutava nettamente Gibuti.

L’on. Crespi rispose essere «assurdo pensare che Francia possa ritenere di compensare equamente l’Italia con la carovaniera desertica di Gat e Gadames. In conseguenza, di fronte rifiuto Francia sul punto sostanziale programma italiano, Crespi deve da parte sua categoricamente rifiutare altre concessioni Francia, assolutamente inadeguate».

Nella terza seduta del 28 maggio u.s. (telegramma Parigi a firma Crespi-Sonnino del 29 maggio u.s. senza numero20 il sig. Simon manifestando il dispiacere di non potere arrivare a soluzione amichevole, aggiunse alla offerta già fatta il territorio francese compreso in una linea che da Gat e Tummo va al massiccio del Tibesti: segue la cresta del Tibesti, e si riunisce alla frontiera franco-britannica.

Nella quarta seduta del 30 maggio u.s. (telegramma Sonnino Parigi 31 maggio 1919 n. 622)21 l’on. Crespi: «dichiara inaccettabile offerta francese Tibesti. Aggiunge che persistendo Francia in rifiuto Gibuti, Italia non vede quale compenso Francia possa dare in base articolo 13. Questione, quindi, resta aperta tra Francia e Italia».

A me pare che la questione sia posta in giusti termini.

Confine orientale della Cirenaica.

La questione del confine orientale della Cirenaica si impernia sul contrastato possesso della oasi di Giarabub.

Non ricorderò quì il lungo negoziato iniziato nel 1906 e concluso nel 1907, che lasciò insoluta ed impregiudicata la questione della decorrenza del confine; pur avendo ben precisato il punto di partenza di esso sulla costa (Ras Gebel Solum).

Noi ora abbiamo chiesto che la linea di confine partente, appunto, da Ras Gebel Solum, passi ad est della oasi di Giarabub, lasciando questa alla Cirenaica.

Nella seconda riunione della Commissione coloniale (telegramma Sonnino Parigi, n. 552 del 20 maggio 1919) lord Milner dichiarò di accettare la domanda italiana per Giarabub e per il confine cirenaico.

Ma anche quí, non conviene lasciare sopra valutare, come veramente troppo si é fatto, la concessione di Giarabub, sulla quale del resto, vantavamo già da prima ben fondati diritti. Questo ambasciatore d’Inghilterra, sir J. Rennell Rodd, conversando delle nostre cose coloniali con il comm. Baccari, nello assicurare che Giarabub non ci sarebbe stato negato, definì scherzosamente Giarabub quattro palme piantate nel deserto, senza nemmeno acqua che deve esservi portata «da Siva coi cammelli».

Ciò l’on. Colosimo riferì al barone Sonnino, con telegramma 5730 del 20 maggio 191922.

Nessun valore territoriale ha, dunque, Giarabub; ma ha per la nostra politica cirenaica una notevole importanza, essendo uno dei luoghi santi del senussismo.

Conclusione. Il nostro programma coloniale africano, come era stato impostato dal Ministero delle Colonie d’accordo col ministro degli Affari Esteri, prima ancora dell’entrata dell’Italia nel conflitto mondiale, ha un solo valore: Gibuti.

Ove non si abbia Gibuti, nella compiutezza territoriale, economica e politica da noi prevista, il nostro programma resta vuoto di contenuto.

Tutto il resto, anche datoci nella integrità delle nostre richieste, non può costituire equo compenso per l’Italia, e non può essere da noi accettato a saldo del debito che gli alleati hanno verso di noi nel campo coloniale.

Ma non basta all’Italia un gesto di sdegnosa repulsa. Essa non vuole e non deve uscire a mani nette; ed ecco il bisogno di prevedere subito la eventuale necessità di spostare tutto l’asse della nostra azione in materia coloniale nel seno della Conferenza dall’Africa all’Asia Minore; sulla base appunto della denegata giustizia in Africa e del nostro credito rimasto interamente aperto.

Ho detto all’E.V. il mio pensiero.

V.E. può immaginare come mi prema di conoscere quale giudizio ella porti su di esso23.

44 1 Vedi D. 42.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

L. Parigi, 3 luglio 1919.

Alla fine della riunione del Consiglio Supremo della Conferenza dissi a Clemenceau, Balfour e Lansing che ritenevo opportuno una riunione confidenziale tra noi per parlare delle cose italiane. Essi assentirono e la riunione ha avuto luogo oggi alle ore 14,30 al Ministero della Guerra. Non fu trattata la questione africana dovendo prima aver luogo una conversazione tra me e il ministro delle Colonie francese. La questione dell’Asia Minore diè luogo ad una vivace discussione nella quale Clemenceau si mostrò decisamente ostile all’Italia recriminando violentemente contro la occupazione italiana di Scalanova e della zona a sud della ferrovia Smirne-Aidin avvenuta senza avvertirne la Conferenza e riportarne l’assenso. Io chiesi la ratifica dell’occupazione colla riserva che tanto noi quanto i greci dovessimo non oltrepassare la zona ora occupata e che nessuna occupazione di fatto dovesse pregiudicare la definitiva risoluzione che la Conferenza dovrà prendere dopo che Wilson avrà dato la sua risposta e mantenendo integri tutti i diritti derivanti all’Italia dai Trattati.

A questo proposito devo fare una parentesi. Wilson vorrebbe un mandato per l’America, però non è certo che l’opinione lo gradirebbe. Egli quindi vuol persuaderla ed ha detto che per far ciò gli occorrevano da due settimane a due mesi. Quindi per tutto questo periodo di tempo l’assetto dell’Asia Minore rimarrà sospeso perché ciò fa comodo a Wilson, come dopo l’armistizio la Conferenza della Pace tardò più di due mesi a riunirsi perché a Lloyd George faceva comodo di fare le elezioni in Inghilterra.

Non fu presa alcuna decisione perché i miei colleghi si riservarono di considerare le cose. Però nella discussione furono contro l’Italia ripetute le argomentazioni dell’ultimatum di cui alla mia nota precedente1 che io vigorosamente confutai. Clemenceau nella discussione si mostrò in alcuni momenti eccitato ed aspro ma io gli risposi con calma e fermezza. Ma il dibattito più vivo fu quando io dissi che pur rinviando le questioni territoriali dopo la risposta di Wilson chiedevo che fin da ora fossero assicurate all’Italia importanti concessioni di carbone e petrolio di cui essa manca affatto. All’uopo formulai la mia domanda nei termini seguenti:

Afin de faciliter et assurer les approvisionnements de combustibles:

1) L’Italie acquerra la pleine propriété de tous les giements de bouille situés en Asie Mineure le long de la côte de la Mer Noire, entre la baie de Bender-Eregli et la Ville de Inebeli.

Cette acquisition comportera pour l’Italie le droit à toutes les concessions nécessaires pour l’exploitation des mines, le traitement, le transport, et l’embarquement des produits, notamment la concession du Port de Bender-Eregli et de la Ligne de chemin de fer reliant le dit Port au reseau actuel d’Anatolie.

Sont exclues de cette acquisition seulement les concessions minières qu’avant le 1er août 1914 appartenaient à des ressortissants des Puissances allieés, et associées, mais il reste bien entendu que l’Italie, ou ses ressortissants, ont un droit de préférence sur ces concessions, ou sur les societés concessionaires, dans le cas que ces dernières décideraient la cession à des tiers de leurs droits ou du contrôle de leurs sociétés.

2) L’Italie acquerra la propriété d’une partie convenable du bassin pétrolifère situé au centre de l’Anatolie orientale dans la région du Lac de Van, avec droit à toutes les concessions nécessaires à l’exploitation, transport, traitement et commerce des produits.

Les susdites concessions doivent être réservées à l’Italie quel que soit le sort du territoire de l’Empire Ottoman, et les statuts politiques à être adoptés dans les territoires resultant du démembrement du dit Empire.

Mi accorsi con meraviglia che alla questione di Eraclea che tanto ci interessa, a Clemenceau non era mai stato fatto cenno. Clemenceau sorpreso protestò che ledevo gli interessi francesi e tra me e lui ebbe luogo un contrasto vivacissimo. Balfour si mostrò in massima favorevole a me. Lansing poi prese decisamente le mie parti. Egli disse a Clemenceau piuttosto seccamente voi avete il carbone, l’Italia non ne ha.

Perché volete impedire ad essa di prenderne in Asia Minore? Dopo lunga discussione Clemenceau si calmò e la discussione fu rinviata.

Si affrontò quindi la questione dell’Adriatico che dette luogo anche essa a vive discussioni nelle quali trovai coalizzati contro di me Clemenceau, Balfour e Lansing. Ecco in sintesi il loro ragionamento: se voi reclamate il Patto di Londra, noi ne esigiamo la completa applicazione quindi lo sgombero immediato di Fiume da parte vostra e la sua assegnazione alla Croazia. Orlando e Sonnino hanno compreso ciò perché pur dichiarando che mantenevano il Patto di Londra non hanno mai osato chiederne la completa applicazione. Però nemmeno questa sarebbe possibile, se è vero che Francia e Inghilterra hanno firmato il Patto di Londra, ciò non vi serve a niente non solo perché avrebbero motivi per ritenerlo caduco, ma perché nulla può farsi senza il consenso dell’America la quale fu estranea al Patto di Londra e dichiara di non volerlo riconoscere.

Queste affermazioni furono da me confutate, ma i miei colleghi rimasero immobili nel loro punto di vista e proposero di esaminare la questione adriatica nel suo insieme indipendentemente dal Patto di Londra. Poiché disgraziatamente il Patto di Londra infelicemente concepito e peggio redatto contiene la rinunzia a Fiume, ciò che dava ai miei colleghi ed avversari un vantaggio del quale erano risoluti di valersi, io accettai la loro proposta come un tentativo di giungere alla soluzione della questione dichiarando però che in nessun modo rinunciavo al Patto di Londra e che mi riservavo di far appello in qualunque momento.

I miei colleghi mi chiesero allora di precisare le domande italiane ed essendomi io riservato di far ciò nel tempo più breve, il seguito della discussione fu rinviato ad altra riunione.

Prego dar di ciò comunicazione a S.M. il Re.

45 1 Vedi D. 30.

45 2 Vedi D. 63.

45

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale riservatissimo. Parigi, 4 luglio 1919.

Ho trovato qui accoglienza personale molto cortese di francesi, inglesi e americani, ma grande irritazione contro miei predecessori. Infatti appena giunto è stato presentato a me una specie di ultimatum1 che era ad essi destinato ed al quale sto preparando risposta che presenterò entro dopodomani2. Detto documento però è segreto. Invierò copia dei due documenti insieme ad altre informazioni. Oggi avuto lungo colloquio con Clemenceau, Lansing e Balfour. Discussione in alcuni momenti è stata vivace specialmente con Clemenceau. Ha avuto carattere preliminare però mi è bastata per formarmi la convinzione che non otterremo quanto il paese desidera. Naturalmente non prenderemo alcun impegno e verremo a Roma a riferire. Credo che fine trattative coinciderà colla partenza di Lansing che avrà luogo il 12 corrente. È meglio perciò che nelle dichiarazioni che farai alla Camera per quanto riguarda la politica estera tu ti limiti ad una frase generica riferendoti alle dichiarazioni già fatte in Senato. Torno a pregarti affinché la dichiarazione circa la riforma elettorale sia molto esplicita e non dia luogo a dubbi. Credo poi che farebbe un’eccellente impressione nel paese se tu potessi prospettare una soluzione non parziale ma completa dei due grandi problemi nella Marina mercantile e dello sviluppo della forza elettrica per sostituire il carbone nelle ferrovie e in quelle industrie in cui è possibile.

46 1 Gruppo mancante.

46

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. per posta 02153. Roma, 4 luglio 1919.

Il generale Badoglio telegrafa da Abano in data 1° luglio quanto segue:

«Generale Grazioli telegrafa da Fiume in data 30 giugno “Ieri sera circa ore 21 un gruppo di militari francesi presi dal vino percorse le vie della città di Fiume emettendo grida ostili all’Italia. Popolazione e militari italiani indignatissimi furono trattenuti dal reagire dal pronto accorrere di ufficiali e militari dei carabinieri reali.

Ho inviato subito vibrata protesta generale Savy riservandomi deliberare e comunicare ulteriormente sulla […]1 risultati indagini in corso”».

Prego V.E. voler assumere opportune informazioni su quanto precede presso il Governo francese richiamando eventualmente sua attenzione sulla convenienza che vi sarebbe di provvedere affinché venissero possibilmente evitati in avvenire incidenti consimili.

47 1 Vedi D. 46.

47 2 Si tratta del R. 14001 del 3 luglio, non pubblicato.

47

IL SOTTOCAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, BADOGLIO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. 20640 g.m. uff. op. Comando Supremo, 4 luglio 1919, ore 14,10(perv. ore 23).

Comunicasi seguente telegramma diretto da S.E. Grazioli al Comando Terza Armata in data 2 luglio: «Stasera verso le ore 21, un soldato francese nella piazza principale della città, strappava tricolore dal petto di una giovinetta. Popolazione e soldati, già eccitati per fatti avvenuti domenica1 reagirono con grande violenza scagliandosi contro militari francesi che transitavano nelle vie della città, in quell’ora assai affollate. Ciò ha dato origine a numerose colluttazioni; circa una ventina militari francesi rimasti feriti. Truppe e carabinieri reali hanno ristabilito ordine. Invierò dettagliato rapporto»2.

48 1 Vedi al riguardo DD. 46 e 47.

48

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 418. Roma, 4 luglio 1919.

Consigliere ambasciata di Francia ha chiesto vedermi ma l’ho fatto ricevere da Tommasini. Per incarico di Barrère partito stamane per Camaldoli ma senza istruzioni del suo Governo, consigliere di questa ambasciata di Francia si è doluto con lui della forma sensazionale in cui stampa italiana riproduce fatti di Fiume1 ed ha rinnovato domanda già fatta stamane al presidente del Consiglio che il Governo pubblicasse un comunicato per attenuarne portata e calmare opinione pubblica. Tommasini gli ha risposto che non avendo ancora (ciò che è vero), informazioni dettagliate sui fatti di Fiume è stato chiesto un rapporto particolareggiato in proposito al generale Grazioli e che appena lo riceveremo ristabiliremo la verità dei fatti.

Tommasini ha constatato che il rapporto telegrafico del generale francese Savy, di cui Roux ha dato visione, conferma in complesso la versione dei nostri giornali.

Tommasini ha fatto anche osservare a Roux che la censura è stata da noi abolita e che lo stato di tensione in cui da parecchi mesi si trovano la popolazione di Fiume e opinione pubblica italiana a causa della situazione generale spiegano la grande ripercussione dei fatti di Fiume che tutti deplorano.

49 1 Come specificato a fine documento, analoga comunicazione fu fatta alle ambasciate a Londra e Washington con T. Gab. 832 del 6 luglio, con alcune differenze che si evidenziano fra parentesi quadre e si esplicitano nelle note che seguono.

49 2 Parola omessa nel testo per le ambasciate a Londra e Washington.

49 3 Nel testo per Londra e Washington, il nome del generale Grazioli è sostituito dall’espressione «da fonte competente».

49 4 Frase omessa nel testo per le ambasciate a Londra e Washington.

49 5 Nel testo per le ambasciate a Londra e Washington si legge invece: «Analoga questione venga costà discussa».

49

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE

T. 21751. Parigi, 5 luglio 1919.

Nello scorso giugno il capo di questa delegazione serba, sig. Pašić comunicava al presidente Wilson i risultati di un plebiscito, che egli diceva essere stato eseguito recentemente a Fiume per iniziativa privata del partito slavo. Secondo i risultati di tale plebiscito, ammonterebbero a circa ventimila le firme raccolte a favore dell’unione di Fiume allo Stato jugoslavo. Alla suddetta cifra, secondo le affermazioni di Pašić, dovrebbero aggiungersi le molte migliaia di fiumani appartenenti al così detto Partito autonomo ed al Partito operaio, che sarebbero tutti a favore di Fiume città libera o Repubblica [indipendente]2. Pašić, nel suo memorandum al presidente degli Stati Uniti, veniva alla conclusione che la maggioranza della popolazione di Fiume deve ritenersi come contraria all’annessione all’Italia.

A togliere ogni valore a tali inesatte affermazioni, comunico a V.E. le seguenti notizie pervenutemi dal generale Grazioli3, sul modo come fu eseguito il plebiscito cui allude il sig. Pašić: «Il Comitato jugoslavo di Sussak fece stampare e porre in circolazione molte schede di sottoscrizioni intestate al presidente degli Stati Uniti [con seguente scritta in croato: “Noi sottoscritti fiduciosi nel grande difensore della libertà e giustizia rivolgiamo a voi signor presidente colla calda preghiera di voler soffocare le ingiustificate aspirazioni italiane su questa città tecnicamente, geograficamente, economicamente jugoslava e di voler riaffermare la sua affezione alla Jugoslavia”]4. Le sottoscrizioni, che furono sollecitate con tutti i mezzi ed in alcuni casi con segrete minacce di futuro danno, raggiunsero appena due o tre migliaia di nomi naturalmente croati. Le schede venivano scritte dai medesimi raccoglitori che aggiungevano al nome del capo famiglia anche quello dei figli e discendenti. Alcune schede portavano pretesa adesione di bambini di pochi mesi. Ciò nonostante, numero firme raccolte Fiume risultò assai esiguo e allora Comitato jugoslavo allargò suo lavoro alle campagne limitrofe entro e oltre linea occupazione. Nessun sequestro di schede fu operato da autorità italiane le quali si limitavano a raccogliere deposizioni di persone cui sono state fatte minacce per indurle a sottoscrivere.

Circa dichiarazioni Partito autonomista informo che si tratta di un gruppo insignificante di fiumani dissidenti ai quali mancano autorevolezza e seguito. Detto gruppo è sovvenzionato ed inviato da stesso Comitato jugoslavo di Sussak ove abitualmente tiene sue riunioni. Sottoscrizione 3000 aderenti non è mai esistita. Infine Partito socialista cui si cita proclama è quello internazionalista bolscevico costituito da operai dei locali cantieri e portuari qui importati durante guerra da Governo ungarico che quindi non sono in gran parte pertinenti a Fiume. Operai fiumani sono invece raggruppati nel Partito democratico sociale che è annessionista».

[Ove se ne presenti l’opportunità]5, l’E.V. vorrà valersi di tutte le surriferite notizie per contrapporle alle tendenziose affermazioni di quanti negano il carattere puramente italiano di Fiume.

Analoga comunicazione ho fatto ai rr. ambasciatori a Londra ed a Washington.

50 1 Tale rassicurazione da parte di Clemenceau trovò seguito in ciò che Tittoni comunicò a Nitti con T. riservato 4007/4229 dell’8 luglio, con il quale si faceva presente che i giornali di quella giornata non facevano alcun cenno agli incidenti di Fiume.

50 2 Ciò fu effettivamente fatto con T. 834 pari data, non pubblicato.

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 3988/4171. Parigi, 6 luglio 1919, ore 19,40(perv. ore 9,40 del 7).

Ho parlato con Clemenceau degli incidenti di Fiume. Egli desidera vivamente che non si riproducano e non turbino trattative dei Governi.

Ha dato in questo senso istruzioni alla stampa francese1 e già stamane Journal e nel Petit Parisienne se ne parla deplorandoli esprimendo simpatia per l’Italia.

Siamo rimasti d’accordo con Clemenceau che io avrei telegrafato generale Grazioli2 ed egli al generale Savy invitandoli mettersi d’accordo per prevenire ripetersi incidenti e raccomandando loro massima cordialità. Qui non solo Clemenceau, ma tutti uomini politici che ho visto si lagnano del linguaggio violento stampa italiana contro Francia e lo mettono in raffronto con quello stampa francese che fa il possibile per attenuare le asprezze e continuare ad essere intonato simpatia per Italia. Occorrerebbe perciò cercare esercitare sulla stampa nostra una azione moderatrice.

51 1 Vedi D. 50.

51 2 Vedi D. 58.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4178. Parigi, 7 luglio 1919, ore 10.

Incidenti Fiume producono qui grande impressione. Stampa anche per suggerimento del Governo tiene linguaggio moderato e conciliante ma lamenta attitudini aggressive della stampa italiana verso la Francia. Come telegrafai1, Clemenceau mi promise che avrebbe dato istruzioni al generale Savy per intesa col generale italiano alfine di ricondurre la calma. Però non mi pare possibile ottenere il ritiro da Fiume del contingente francese. Il Consiglio Supremo della Conferenza che mantiene la sua attitudine di contrastare la sovranità italiana a Fiume ed ha fatto capire chiaramente che vuole costituirla in Città libera non consentirà mai a che l’occupazione non abbia carattere internazionale, tanto più che prescindendo dalle decisioni definitive della Conferenza, sta in fatto che Fiume è fuori tanto dal Patto di Londra quanto dalla linea d’armistizio. Parmi quindi che soluzione debba cercarsi in una intesa tra generale Caneva e comandanti francesi ed in provvedimenti efficaci concordati tra loro. Vedendo oggi Clemenceau insisterei perché siano rinnovate al Comando francese conseguenti istruzioni. Prego insistere presso Comando Supremo perché assicurino con comandanti ritorno calma altrimenti situazione mia presso Conferenza già così difficile per disastrose condizioni lasciate dai miei predecessori diverrebbe insostenibile. Telegraferò nuovamente oggi dopo parlato con Clemenceau2.

52 1 Minuta ed. in Sonnino, Carteggio, D. 479, p. 664.

52 2 Vedi D. 19.

52

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, TOMMASINI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 45 a/206. Roma, 7 luglio 1919, ore 13,20(perv. ore 17).

L’on. Sonnino è venuto a rimettermi seguente comunicazione personale per V.E1. chiedendomi di telegrafargliela:

«Dovendosi in occasione del Trattato di pace con l’Austria firmare una seconda volta i patti della Lega delle Nazioni, mi permetto di richiamare la sua attenzione sulla opportunità di rinnovare costì in seno al Consiglio dei Quattro o dei Cinque, e prima della conclusione dei negoziati, la nostra dichiarazione di riserva sull’applicabilità dei patti della Lega ai soli territori già contemplati e regolati nella presente pace, facendone nuovamente prendere atto dagli alleati ed associati.

Queste riserve furono già fatte, come sai2, in occasione del Trattato con la Germania, in seno al Consiglio dei Quattro, e ne fu preso formale atto; ma quei processi verbali rimangono segreti e le persone del Consiglio sono tutte mutate ad eccezione del solo Clemenceau. Inoltre la materia regolata dal Trattato con l’Austria si avvicina di più a quelle su cui in avvenire potrebbero nascere contestazioni tra noi e jugoslavi; onde è consigliabile abbondare in cautela, ripetendo alle Potenze alleate principalmente ed associate le riserve che esse non consentirebbero si facessero in pubblica seduta all’atto della firma di cui è cenno».

53

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, TOMMASINI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 207. Roma, 7 luglio 1919, ore 20,30(perv. ore 9,10 dell’8).

Barrère è tornato stamani da Camaldoli.

D’accordo col presidente del Consiglio sono andato dal consigliere dell’ambasciata di Francia a dirgli che S.E. Nitti aveva convocato ieri i rappresentanti dei principali giornali per invitarli ad astenersi, in relazione agli incidenti di Fiume, da tutto ciò che possa inasprire i rapporti fra Italia e Francia e si era messo in rapporto con V.E. per intrattenere costà Governo francese degli incidenti stessi. Ho aggiunto che stamane io ho rinnovato vive rimostranze ad un redattore del Popolo d’Italia che ho veduto per l’articolo violento pubblicato contro la Francia.

Dopo avermi ringraziato della mia comunicazione, consigliere dell’ambasciata di Francia mi ha dato lettura di due telegrammi del generale Savy che riferiscono tendenziosamente i fatti di Fiume. Siccome in uno di essi è detto avere il generale Grazioli dichiarato di non potere garantire incolumità dei contingenti francesi ed inglesi di Fiume, ho osservato che (da quanto mi risulta) non solo generale Grazioli non ha parlato in tal senso delle truppe inglesi ma ha anzi reso omaggio alla loro correttezza.

Consigliere dell’ambasciata francese mi ha ripetuto le sue recriminazioni sull’ostilità sempre crescente che si manifesta in Italia verso i francesi citandomi il caso di una canzonettista francese che è stata fischiata a Venezia. Gli ho risposto che il R. Governo deplora ogni atto poco cortese verso i francesi e fa il possibile per calmare opinione pubblica in attesa che i negoziati di Parigi approdino ad un risultato soddisfacente. Gli ho fatto però rilevare che l’opinione pubblica italiana senza distinzione di classi e di partiti è profondamente amareggiata per l’incertezza in cui vive da troppi lunghi mesi circa la soluzione dei problemi nazionali e che tale stato d’animo non potrà essere sostanzialmente modificato se non quando ci sarà stata resa giustizia.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. segreto precedenza assoluta 4003/4225. Parigi, 7 luglio 1919, ore 21,05.

In seduta odierna Consiglio dei Cinque, Clemenceau ha fatto seguenti comunicazioni:

«Quanto accade in Italia e Fiume destano [sic]nel Governo francese le più gravi preoccupazioni: a Fiume sono avvenuti eccidi di soldati francesi provocati, secondo notizie di fonte italiana, da un soldato francese; a Genova e Milano sono stati pure malmenati soldati francesi ed a quanto telegrafa console di Francia Milano sono da temersi da un momento all’altro massacri.

Stampa italiana nonostante rimostranze Barrère attacca gli alleati ed in un modo specialmente violento la Francia, mentre Governo italiano a Parigi influisce sulla stampa francese perché attacchi Governo, ciò in contrasto con atteggiamento amichevole Clemenceau cui si deve se domanda del presidente Wilson di invitare Italia evacuare Fiume non ebbe a suo tempo seguito.

A Modane autorità italiane hanno arrestato con futili pretesti treni francesi destinati Cecoslovacchia e Polonia.

Governo italiano, nonostante intese corse per Asia Minore, ha fatto recentissimamente partire da Rodi per Asia Minore tremila soldati italiani. Ministro della Guerra Albricci alle rimostranze fattegli per l’atteggiamento ostile assunto in Italia ha risposto che tale situazione cesserà se giungeranno da Parigi notizie più soddisfacenti per l’Italia.

Governo francese ha altresì sicura notizia di un ordine dato dall’ammiraglio Thaon di Revel per sospendere il dragaggio di campi di mine in vista della guerra con la Francia.

In presenza di tali fatti il sig. Clemenceau si vede costretto di chiedere spiegazioni alla Delegazione italiana e specialmente se crede che campagna stampa in Italia debba continuare senza che intervengano opportuni comunicati ufficiali del R. Governo e se si pensa di non regolare la situazione nostra in Asia Minore conformemente alle intese corse.

Circa le truppe francesi in Italia sono stati dati ordini per il loro ritiro mentre quelle attualmente a Fiume continueranno a rimanervi per affermare il diritto della Francia ad occupare quella città insieme con gli alleati ed a partecipare attivamente alle decisioni che gli alleati prenderanno a riguardo della città medesima.

Ho risposto al sig. Clemenceau ed agli altri alleati come segue:

«Sono dolorosamente impressionato che truppe le quali hanno lottato insieme per identici ideali si trovino oggi sia pure incidentalmente le une contro le altre. Reputo necessaria una inchiesta interalleata che stabilirà le colpe e suggerirà i provvedimenti atti a scongiurare che simili fatti di cui non mi risulta truppe italiane siano responsabili si ripetano a Fiume. Il generale Caneva è già sul posto e confido che gli alleati vorranno facilitargli il compito inviando opportune istruzioni ai generali che li rappresentano a Fiume. Circa i fatti di Genova attendo i risultati di una inchiesta e volentieri li comunicherò amichevolmente al sig. Clemenceau. I fatti che si addebitano ad Albricci e Revel mi sono affatto ignoti e dato che si tratta di due persone che godono meritatamente la più alta fiducia, debbo escluderli. Circa gli attacchi della stampa italiana ho pregato gli alleati di considerare che essi sono anzitutto diretti con violenza inaudita contro il Ministero, il che è prova come quest’ultimo vi sia del tutto estraneo; circa atteggiamento stampa francese, ho formalmente dichiarato che nessuna nostra azione sulla stampa fu mai diretta contro Governo francese. Ho anche aggiunto che sarei riconoscente al sig. Clemenceau se avesse potuto fornirmi elementi precisi al riguardo, per concorrere nella ricerca delle cause di tali atteggiamenti ai quali l’Italia è completamente estranea. Ho infine annunziato che data gravità avvenimenti, mi recherò domani in Italia con lo scopo di esaminare insieme con te e Governo situazione, ripromettendomi di ritornare al più presto.

Atteggiamento Clemenceau è stato insolitamente calmo e mie dichiarazioni non hanno incontrato obbiezioni. Clemenceau ha riconosciuto che generale Grazioli si è condotto con la più assoluta correttezza e che è stato sempre in ottimi rapporti con generale Savy.

La riprova che egli desidera seriamente che incidente non turbi i rapporti franco-italiani si ha nel fatto che giornali stasera non dicono nulla di Fiume; ciò che, data disciplina in fatto politica estera questa stampa, significa che sono stati presi provvedimenti in tale senso. Clemenceau ha poi manifestato viva soddisfazione per mia partenza e mi ha detto che confidava io sarei riuscito impedire che incidenti estranei turbino trattative amichevolmente avviate.

Mi ha assicurato che Conferenza avrebbe atteso mio ritorno per trattazione questioni interessanti Italia.

Però ragione prinicipale per cui io vengo a Roma non è incidente Fiume. Avendo io discusso con Lansing che torna martedì in America le questioni di Istria, Fiume, Dalmazia, isole, Montenegro, Albania, Dodecaneso e poiché ormai non vi ha dubbio che gli alleati trincerandosi dietro America consentiranno in nostro favore solo quanto essa è disposta consentire, credo indispensabile riferire lo stato delle trattative al Re e al Consiglio dei ministri nel quale mi propongo di chiedere che dal Re e da te siano convocati gli uomini politici più autorevoli di tutti partiti per la mia esposizione e stabilire una attitudine concorde senza la quale io credo impossibile affrontare la soluzione dei gravi problemi internazionali in un Paese così profondamente agitato e diviso come il nostro.

Giungerò mercoledì alle ore 14 e 30 con treno speciale, mi recherò alle ore 17 o in altra ora a lui piacerà da S.M. il Re ed appena terminata la seduta della Camera verrò a palazzo Braschi per conferire teco.

Ti prego intanto convocare per la sera stessa di mercoledì il Consiglio dei ministri. Ti raccomando intanto di dare precise istruzioni ai prefetti per evitare manifestazioni o aggressioni contro militari o sudditi francesi.

55 1 Con T. riservato 3993 partito alle ore 20,30 di quello stesso giorno indirizzato al generale Grazioli, non pubblicato, Nitti aveva duramente stigmatizzato gli incidenti verificatisi a Fiume concludendo: «Io desidero che ella faccia quanto può assumendo ogni responsabilità, perché nessun incidente più avvenga. I dolorosi fatti di questi giorni ci creano nuovi imbarazzi alla Conferenza di Parigi e ciò rappresenta un danno, non un vantaggio alla causa nazionale. Attendo da lei notizie rassicuranti ».

55

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 3994. Roma, 7 luglio 1919, ore 22.

Ti mando testo telegramma ricevuto d’urgenza generale Grazioli data stamane ore 8: «Ieri alcuni soldati francesi percossero per ragioni imprecisate alcuni ragazzi che giocavano innanzi alla loro caserma e ciò provocò nuove esplosioni sdegno popolare. In conseguenza ierisera gruppo militari francesi spararono colpi di rivoltella onde vennero inseguiti. Nel tafferuglio non si sa da chi venne lanciata bomba a mano cui esplosione provocò panico e reazione contro francesi che venivano inseguiti e percossi. A stento si pervenne ristabilire ordine ma agitazione contro truppe francesi perdura gravissima e perciò stamane presi severe misure per impedire ripetersi incidenti. Senonché contrariamente disposizioni concretate, soldati francesi uscirono in gruppi ed armati mentre pubblico tranquillamente passeggiava. Ad un tratto vennero scorti tre francesi armati e avvinazzati che attraversavano spavaldamente pubblico passeggio provocando risentimento popolazione. Nostra pattuglia servizio ordine per precauzione tenne d’occhio seguendoli i tre francesi che senza apparente giustificazione si diedero a sparare all’impazzata. Nostra pattuglia rispose fuoco e un francese rimase morto, altro ferito, altro arrestato. Immantinente la città fu in subbuglio e perciò venne occupata militarmente. Mentre un ultimo reparto di marina raggiungeva posto servizio passando innanzi ad un magazzino francese sul porto ove erano di guardia soldati annamiti vennero fatti segno colpi di fucile da questi sparati e due nostri soldati rimasero feriti. Venne quindi dato ordine bloccare posto francese, ma queste [sic] accolsero nostri soldati a fucilate e si dovette rispondere col fuoco. Rimasero morti otto annamiti e francesi e parecchi feriti. Finalmente circondati e incalzati si lasciarono catturare. Poscia calma rientrata e pel momento ordine perfetto. Provvedo energicamente affinché venga assicurata tranquillità. Generale Grazioli.»

Ho risposto essere dolentissimo incidenti che ritengo bisogna impedire a ogni costo1. Ho ricevuto oggi lunga visita Barrère tornato apposta da Camaldoli. Era realmente addolorato. Fa impressione che numero morti francesi sia tanto superiore anche se provocazione venne da francesi. Ho promesso dare disposizioni precise perché si eviti ogni nuovo contrasto. Non ritengo possibile ottenere ritiro da Fiume truppe alleate. Nostra richiesta sarebbe ingiusta. Troverò occasione fare Camera dichiarazioni amichevoli verso la Francia. Barrère propone come per fatti Livorno Commissione inchiesta di tutti alleati assodi responsabilità. Non ho preso alcun impegno riservandomi riferirtene perché tu possa stabilire con Clemenceau quanto è necessario. Ma essenziale è che fatti non si ripetano. Cerco impedire manifestazioni ostili della stampa ed ho trattenuto tutti telegrammi in arrivo. La situazione ordine pubblico sempre migliore.

A Roma era preparata una vera rivolta anarchici, che stanotte ho potuto completamente reprimere con energici provvedimenti. Ora situazione ovunque pare buona e forse tutto finirà presto.

56 1 Vedi DD. 58 e 59.

56

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 3997 ( Min. int.). Roma, 7 luglio 1919, ore 22,45.

Esprimendosi con un collega Sonnino insisteva oggi su necessità firmare al più presto la pace con Austria tedesca. Diceva che questioni adriatiche possono anche essere rimandate. Non so se ciò sia possibile ma ti riferisco proposta. Conto sulla tua amicizia. Cerchiamo di lavorare con grande abnegazione e slancio e nulla compromettere. Ti ripeto che tuo ritorno e della Delegazione produrrebbe ora gravissima impressione1.

57

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITOE DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, DIAZ

T. riservato 3998. Roma, 7 luglio 1919, ore 22,50.

Fra doglianze più gravi dei francesi è notizia aver noi mandato circa un mese fa armi in Ungheria. Ho smentito recisamente notizia con Barrère e ho pregato Tittoni smentirla con Clemenceau. Ma bisogna fare inchiesta diligente rapida onesta e accertare se fatto è vero o falso. Se è vero puniremo responsabili, se è falso potremmo esigere che si ripari al danno di questa diceria. Ma l’inchiesta deve esser seria.

58 1 Vedi D. 61.

58 2 Nel corso del processo intentato contro l’ex deputato Filippo Cavallini per opera di spionaggio ai danni dell’Italia, alcuni avvocati della difesa avevano fatto il nome di Camille Barrère.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4201. Parigi, 7 luglio 1919.

Impressione per incidente Fiume si aggrava sempre più. Clemenceau che avevo chiesto veder subito si è sottratto e mi ha fatto dire che mi vedrà più tardi alla Conferenza. Ho saputo poi che è furioso e che alla Conferenza farà carica a fondo contro l’Italia. Mi preparo a sostenere l’urto ma temo che ciò distrugga definitivamente anche le ultime grame probabilità di successo che aveva la mia missione. Pichon dal quale ho mandato subito Bonin1 si è mostrato anch’egli irritatissimo. Si è lamentato del contegno della stampa italiana ed ha detto che aveva con grande sforzo contenuto fino ad ora la stampa francese, ma che non gli era più possibile farlo. Si è lagnato delle ingiurie degli avvocati a Barrère nel processo Cavallini2. A questo riguardo riterrei necessario che processo Cavallini fosse rinviato a tempo indeterminato e che tu cercassi di vedere Barrère ed esprimergli rincrescimento per intemperanze avvocati che nostre leggi non comportano di reprimere.

Lansing parte domani sera e poiché ormai mi sono persuaso che dalla Conferenza avremo solo quello che gli americani vorranno darci, avrò stasera colloquio con Lansing e White nel quale esamineremo tutte le questioni e dopo il quale saprò quale è il massimo che noi possiamo sperare dalla Conferenza. È possibile che domattina di buon’ora io parta con treno speciale per venire Roma conferire. Apprendo con piacere migliori notizie situazione interna e spero che tu possa fronteggiarla. Però mi sono ormai convinto che né io né te da soli saremo in grado di fare accettare al Paese la situazione internazionale e che ci è necessario il concorso degli uomini di maggiore autorità di tutti i partiti. Se sotto qual forma potrà ottenersi, lo vedremo. Certo è che mai l’Italia si è trovata in situazione così grave e minacciosa.

59 1 Parola dubbia.

59 2 Vedi DD. 58 e 61.

59 3 Vedi D. 58.

59

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 3995. Roma, 7 luglio 1919.

Barrère mi comunica i due rapporti ricevuti dal generale Savy. Te li trascrivo traducendoli.

1° rapporto 7 luglio: «Nuovi e gravissimi incidenti. Uno dei posti della nostra base è stato attaccato dalla plebaglia e dai soldati italiani. Molti uccisi e feriti. Mancando dettagli, situazione grave […]1 le truppe italiane sono eccitatissime. Ufficiali isolati sono stati attaccati anche nel loro domicilio, in condizioni di brutalità inaudite. Una soluzione è urgente».

2° rapporto: «Totale delle perdite del 6 luglio 9 morti 5 o 6 feriti, ma questa cifra sarà probabilmente rettificata. Le perdite italiane sono ignote. Savy».

Mie disposizioni [...]1 addolorato. Per quanto riguarda ingiurie avvocati processo Cavallini2; cercherò, sebbene mi sia difficile, che nuove e sconvenienti arringhe di avvocati avvengano [sic].

Forse tua venuta Roma3 non farebbe che aumentare preoccupazioni e dare sensazione che ormai situazione adriatica sia irreparabilmente compromessa. Ti prego di considerare se non sia caso soprassedere; di venire, almeno dopo voto della Camera quando la situazione sia chiarita. Vedremo poi che cosa potremo avere dagli alleati e che cosa dovremo fare per fronteggiare le questioni di politica interna. Situazione interna migliora sempre e disordini sono oramai ridotti poche città. Confido fra qualche giorno tutto sarà in calma. Puoi anche fare dire ciò ai giornali francesi.

60 1 Non pubblicato.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 2247/852. Parigi, 7 luglio 1919(perv. 1’8).

Ho telegrafato quanto segue al r. agente diplomatico al Cairo:

«È probabile che nel corso delle presenti trattative d’indole coloniale con Governo inglese e francese, R Governo sia condotto per ragioni d’interesse politico generale a riconoscere protettorato inglese sull’Egitto come hanno fatto già Francia e Stati Uniti. Nel mentre informo di quanto sopra V.S. per sua riservata notizia la prego di volere esplicare in vista di tale eventualità opportuna azione moderatrice codesta nostra colonia e pure rassicurandola che R. Governo farebbe in tale caso quanto è possibile interessi tradizionali nostri connazionali i quali in ogni caso dovrebbero essere trattati su piede di perfetta parità di fronte a francesi ed americani; sarà pure opportuno preparare in senso analogo opinione pubblica egiziana cui non può sfuggire situazione assai difficile in cui verrebbe a trovarsi Italia persistendo oltre [sic] da sola a rifiutare atto di riconoscimento.

Sull’utilità di una tale azione codesta agenzia aveva del resto già attirato attenzione del R. Governo con rapporto del 16 novembre 3901.

61 1 Vedi D. 58 e nota 2.

61

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. riservato 277. Parigi, 7 luglio 1919.

Come ho già brevemente riferito a voce all’E.V. mi sono recato stamani dal sig. Pichon a fargli la comunicazione di cui l’E.V. mi aveva incaricato a proposito dei gravi fatti di Fiume. Gli ho esposto come il Governo italiano nel desiderio di appurarne tutte le circostanze e di impedirne la rinnovazione, aveva inviato colà il generale Caneva e avrebbe assai gradito l’invio d’altro ufficiale generale francese di grado elevato che potesse d’accordo con il generale Caneva procedere ad una inchiesta in comune.

Trovai il sig. Pichon molto turbato: più che occuparsi dei fatti di Fiume egli ne prese le mosse per dolersi vivamente di quanto succede in Italia in senso ostile alla Francia. La stampa egli mi disse, compresi i maggiori giornali tira a palle infuocate contro la Francia predicando i vespri siciliani, le truppe francesi sono insultate in molte delle maggiori città d’Italia tanto che converrà richiamarle, da ultimo il signor Barrère è stato insultato da un avvocato nel processo Cavallini1 senza che il presidente reprimesse quelle intemperanze di linguaggio né che alcun organo del Governo le deplorasse presso l’ambasciatore. Il sig. Pichon mi parlava in tono insolitamente concitato e, conoscendo la sua assoluta dipendenza in tutto dai voleri di Clemenceau, non dubito che mi parlasse così per ordine del suo presidente. Controbattei per quanto mi fu possibile le sue asserzioni insistendo soprattutto sulla considerazione che non poteva essere nelle intenzioni d’alcuno dei due Governi di lasciare così andare alla deriva i rapporti franco-italiani, che era nell’interesse di entrambi di fare argine ad una situazione che accenna a farsi sempre più grave con danno reciproco dei due Paesi. Non mancai di accennare all’amarezza cagionata in Italia dall’atteggiamento assunto dagli alleati nelle nostre difficoltà adriatiche e del fatto che gli altri alleati hanno oggi la pace mentre tutte le nostre questioni sono insolute e ci troviamo di fronte il nemico di prima trasformato in alleato. Il sig. Pichon conveniva ampiamente nel mio giudizio sulla gravità della situazione, ma nessun cenno fece del modo di porvi rimedio né delle buone disposizioni del Governo della Repubblica a quel riguardo.

Non ho bisogno di esprimere nuovamente all’E.V. il mio giudizio circa la gravità della situazione e l’urgenza di porvi riparo. Una tensione per non dire una rottura dei nostri rapporti con la Francia avrebbe in questo momento per noi effetti incalcolabili e occorre che cessino da noi gli incidenti e le manifestazioni antifrancesi prima che essi trovino qui la reazione che sarà immancabile se si prolungheranno ancora di poco. Occorre assolutamente far cessare con ogni possibile provvedimento i conflitti grossi e piccini dei due Eserciti e delle due Marine nell’Adriatico; soprattutto urge ottenere dalla nostra stampa un atteggiamento più prudente e più patriottico in modo che, per quanto la ragione possa essere da parte nostra, essa cessi per carità di patria di attizzare come fa il foco nascente che invece conviene spegnere ad ogni costo.

62 1 Con tutta probabilità si tratta del T. 3995 del 7 luglio, per il quale vedi D. 59.

62

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4226. Parigi, 7 luglio 1919, part. ore 2 dell’8.

Ricevo tuo telegramma1.

Impossibile rimandare partenza perché già nota al pubblico e ai giornalisti e il rimandarla produrrebbe impressione anche più grave. Inoltre anche Clemenceau mi ha vivamente spinto venire Roma per adoperarmi affinché gravi incidenti Fiume non abbiano seguiti e si è vivamente compiaciuto meco quando ha appreso che sarei partito. Del resto io mi propongo trattenermi pochissimo e ripartire sabato mattina. Però ora che ho chiarito situazione cogli americani non posso tardare ad esporla a viva voce al Re ed a te. Tuttavia se credi potrai non convocare Consiglio dei ministri, attendendo di aver parlato con me per vedere se è il caso di farlo. Anche gli altri membri della Delegazione riunitisi oggi hanno stimato necessaria la partenza.

63 1 Ed. in DBFP, vol. IV, D. 6, pp.16 sgg. e in Tittoni - Scialoia, pp.117 sgg.

63 2 Vedi D. 30.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,E AL PRIMO MINISTRO BRITANNICO, LLOYD GEORGE1

Nota. Parigi, 7 luglio 1919.

Ce n’est pas sans un pénible sentiment de surprise que j’ai reçu au lendemain même de mon arrivée à Paris, la note du 28 Juin adressée à la Délégation italienne par M. le Premier Ministre Lloyd George et par M. le Président du Conseil Clemenceau2.

La nouvelle Délégation italienne se disposait à entreprendre les travaux de la Conférence avec les meilleures intentions pour aboutir au règlement amical des questions italiennes, en prenant pour point de départ la base solide des traités et des accords précédents établis avec les Alliés. La note du 28 Juin m’a produit l’impression que ses auteurs aient voulu mettre en doute le fondement même des négociations ultérieures. Je veux croire toutefois que cette impression ne soit pas entièrement correspondante à l’intention de M. le Premier Ministre Lloyd George et de M. le Président Clemenceau. Ce serait, en effet, contraire à leur mêmes déclarations, qui ont été répétées récemment, tandis que les évènements politiques et militaires qui se sont déroulés depuis la signature du Traité de Londres en 1915, loin de diminuer les droits que les Traités reconnaissent à l’Italie, justifiant, au contraire une plus large et plus équitable considération de ces droits. Si la victoire a été plus grande de ce qu’on avait espéré, si, à cause de l’écroulement des forces militaires de la Russie, les sacrifices de l’Italie et la durée de la guerre ont surpassé tout ce qui avait été prévu, il ne serait ni logique ni juste que le résultat pour l’Italie fût une diminution des droits qui lui ont été garantis.

La note même reconnaît que la Délégation italienne jusqu’ici a donné son aide et sa plus loyale coopération dans l’élaboration de la paix avec l’Allemagne, qu’il s’agissait d’attribuer à ses alliés les fruits de la victoire commune. La Délégation italienne se refuse de croire que les Puissances alliées veuillent nier aujourd’hui, à propos des questions italiennes, la force des conventions juridiques qui ont réglé auparavant les rapports des États alliés et les négociations de la Conférence.

Néanmoins, je pense qu’il soit utile de répondre distinctement aux différents points qui ont été exposés dans la note du 28 Juin.

Cette note vise en premier lieu à mettre en contestation la validité actuelle du Traité de Londres du 26 Avril 1915, se basant sur la politique suivi par le Gouvernement italien après la conclusion de ce traité, et sur les évènements qui ce sont vérifiés depuis la même date. Deuxièmement la note soumet à examen les occupations militaires de l’Italie en Asie Mineure et attribue au Gouvernement Royal des projets de conquête et d’annexion en cette région. En dernier lieu la note des Gouvernements alliés envisage l’opportunité d’un nouvel examen d’ensemble de la situation sur la base du Traité de Londres, de la déclaration Anglo-Française de Novembre 1918 et des 14 points du Président Wilson, tout en déclarant que ces actes sont, par endroits, périmés ou sur le point de l’être. La note conclut avec la menace à l’Italie de la perte de tout droit à un appui ou une aide ultérieure si elle persiste à maintenir des troupes en Anatolie.

J’ai l’honneur de répondre comme suit:

1) Déclaration de guerre contre l’Allemagne. Le Traité de Londres ne spéci-fiait pas l’époque à laquelle l’Italie devait entrer en guerre avec l’Allemagne. L’art. 2 stipule que l’Italie «s’engage à employer la totalité de ses ressources à poursuivre la guerre en commun avec la France, la Grande Bretagne et la Russie contre tous leurs ennemis». En ce but l’Italie a bien employé la totalité de ses ressources et la guerre contre l’Allemagne fût précisément déclarée au moment où les conditions indispensables de la préparation militaire ont permis d’y faire face sans encourir le risque certain d’un désastre, qui aurait été en méme temps le désastre des alliés. Il est connu en effet que le Gouvernement italien décida d’attaquer l’Autriche-Hongrie, à l’échéance stipulée précisément par le traité de Londres, bien avant que la préparation militaire ne fût accomplie, et dans des conditions telles qu’une contre-offensive de la part de l’Allemagne l’eût exposée aux pires conséquences, tandis que, à ce moment, l’armée russe était battue par l’armée allemande.

Il faut également tenir compte du fait qu’au moment de l’entrée en campagne de l’Italie, l’armée serbe sur laquelle on comptait pour une action simultanée contre l’ennemi commun, garda une attitude d’inaction complète. Il est même venu récemment à notre connaissance que, à ce moment, les autorités militaires serbes et austro-hongroises avaient entrepris des pourparlers en vue de la conclusion secrète d’une suspension d’armes (Waffenruhe) de la durée de trois mois.

Après la déclaration de guerre à l’Allemagne l’Italie a voulu participer directement à la guerre sur le front français en un premier temps par l’envoi de soldats travailleurs (T.A.I.F.) ouvriers militaires et centuries qui ont atteint le chiffre de 61 mille hommes, et ensuite par l’envoi d’un entier corps d’armée de 53 mille hommes.

2) Article 1er du Traité de Londres. Cet article établit qu’une convention militaire fixera le minimum des forces militaires que la Russie devra employer contre l’Autriche-Hongrie «afin d’empêcher cette Puissance de concentrer tous ses efforts contre l’Italie». Il arriva, par contre, que la Russie ayant été écrasée, ce fût précisément la totalité des forces austro-hongroises qui se tourna contre l’Italie. A ce moment, l’Italie aurait pu invoquer, sur la base de l’article 1er du Traité de Londres, ce même argument de la fin de la Russie qui forme un point principal de la Note à laquelle j’ai l’honneur de répondre, et qui servit également ensuite à contester la validité de l’accord de Londres de Août 1917. L’Italie aurait pu, en effet, vis-à-vis des nouvelles conditions de fait qui s’étaient produites par le désistement de l’Allié, sur les forces duquel elle avait le droit de compter davantage, demander une révision du Traité de Londres pour le mettre en harmonie avec la prolongation inattendue de la guerre et le plus grand effort qu’elle devait désormais soutenir. Mais l’Italie n’eut point recours à ce moyen ne voulant pas marchander dans un moment critique son concours à la cause de la justice et de la liberté pour laquelle luttaient les Alliés.

Pour ces raison également je n’hésite pas à refuser comme injustifiée l’accusation à l’Italie de ne pas avoir fait honneur à ses obligations d’alliance par suite du retard apporté à la déclaration de guerre contre l’Allemagne.

D’ailleurs, les Alliés n’ont jamais douté jusqu’ici de la complète exécution donnée par l’Italie à ses obligations contractuelles et n’ont jamais fait un acte de mise en demeure envers elle. Au contraire, l’Angleterre et la France ont loyalement reconnu le Traité de Londres tout récemment, et l’Italie de son côté, a loyalement donné son assentiment à l’attribution à ses Alliés de tous les prix de la victoire qui leur revenaient en conformité des Pactes qui ont suivi le Traité de Londres dont ils sont l’application. Je ne veux pas croire que des doutes commencent à surgir au moment où il s’agit de reconnaître à l’Italie ce qui lui est dû aux termes du Traité méme.

3) Guerre contre la Turquie. La Note de M.M. Lloyd George et Clemenceau affirme que l’Italie n’a pris aucune part à la guerre contre la Turquie. Il est à remarquer d’abord que la guerre contre la Turquie fût déclarée le 20 Août 1915, c’est-à-dire peu de mois après 1’entrée en campagne. Au début de la guerre l’armée italienne ne se trouvait nullement en condition de détacher des contingents pour les envoyer en Turquie, mais l’Italie envoya un corps d’expédition de 47 mille hommes en Macédoine, sans compter les 100 mille hommes qui formaient le corps d’expédition en Albanie. La Macédoine et l’Albanie faisaient partie du théâtre de guerre d’Orient. Ces troupes furent constamment maintenues dans toute leur valeur combative.

Il ne faut pas oublier aussi que l’Italie a construit et entretenu avec des milliers d’ouvriers les grandes routes de communication des armées alliées.

Après l’expédition des Dardanelles, la guerre contre la Turquie fut poursuivie en Mésopotamie et en Palestine. Il est à présumer que la Grande-Bretagne n’eût pas agrée l’envoi de troupes italiennes en Mésopotamie, mais, quant à la Palestine, à l’égard de laquelle un régime international était envisagé, l’Italie offrit à plusieurs reprises le concours de ses forces armées, notamment au cours de la Conférence de Londres du mois d’Août 1917.

La guerre contre les Turcs fut aussi poursuivie en Libye où les Gouvernements Allemand et Ottoman ne cessèrent d’envoyer armes, argent et officiers par sous-marins afin d’encourager la résistance des indigènes. Le Gouvernement italien maintient en Libye un corps d’occupation de 40 mille hommes. Par cela, les opérations de guerre en Cyrénaïque et en Tripolitaine eurent pour effet d’empêcher des contingents de rebelles de se tourner contre l’Egypte et la Tunisie. Il est à remarquer, en outre, que l’Italie n’eut aucun concours de forces de la part de ces colonies, mais dût, au contraire, les défendre avec le corps d’occupation susdit, sans compter la charge de la vigilance maritime.

4) Albanie. Il est vrai que la proclamation adressée le 3 Juin 1917 par le Général Commandant italien à la population albanaise parle de «unité et indépen-dance de toute l’Albanie sous l’égide et la protection du Royaume d’Italie». Mais cette proclamation des autorités militaires fût interprétée et expliquée par le discours du Baron Sonnino à la Chambre des Députés du 20 Juin 1917 avec l’affirmation que l’Italie n’a d’autres visées que l’indépendance de l’Albanie et la défense contre les ingérences et les intrigues des États voisins. Le Ministre ajoutait qu’il appartiendra aux Puissances, au moment de la paix, de fixer les frontières de l’État albanais. D’ailleurs la proclamation susdite parlait de protection et non de protectorat. Quant au Traité de Londres 1915, l’art. 7 établit que l’Italie «ne s’oppose pas à ce que les parties septentrionales et méridionales de l’Albanie soient partagées entre la Serbie, le Monténégro et la Grèce» si tel est le désir des Alliés. Cette formule démontre suffisamment que l’Italie se préoccupe surtout de sauvegarder autant que possible le droit à l’existence de la nation albanaise, ce qui correspond également à ses propres intérêts dans l’Adriatique.

5) Question de Fiume. A ce propos je rappellerai que Fiume fut attribué par le Traité de Londres à la Croatie parce que cette dernière y était considérée comme séparée de la Serbie, ainsi qu’en force de considérations d’égards envers la Russie. Au contraire actuellement, la Croatie étant réunie à la Serbie, elle pourra profiter des ports attribués à la Serbie. Du reste la question de Fiume ne se rattache pas au Traité de Londres, vu que les Puissances se sont trouvées en face de la volonté de la population de cette ville qui jouissait déjà de son autonomie sous la Monàrchie Austro-Hongroise comme «corpus separatum». L’ Italie d’autre part a toujours affirmé sa ferme intention de garantir à la Croatie et aux autres Pays dont le commerce pourrait aboutir à Fiume toutes les facilitations désirables.

Contrairement à ce qui est énoncé dans la Note, aucune loi locale n’a été promulguée à Fiume par le Gouvernement italien, ni même par le Gouvernement local, au nom du Roi d’Italie. Il est vrai que le Conseil National de Fiume, qui exerce dans cette ville les droits de souveraineté, a décrété que les sentences du Tribunal local devaient être prononcées avec la formule italienne. Mais cela prouve seulement les sentiments nationaux du Gouvernement local et ne constitue aucun acte d’ingérence de la part de l’Italie.

Pour ce qui concerne les slaves qui resteraient compris dans la limite des frontières italiennes, il est à remarquer qu’à l’occasion du règlement territorial adopté par la Conférence pour la Pologne, la Tchéco-Slovaquie, la Roumanie et la Yougo-Slavie le nombre respectif des allogènes incorporés dans ces pays est infiniment supérieur en comparaison des allogènes que le règlement des frontières italiennes attribuerait à l’Italie.

6) Question d’Anatolie. Cette question est envisagée en plusieurs endroits de la Note du 28 Juin.

D’une manière générale je dois ici affirmer le droit de l’Italie de maintenir sa position de Puissance méditerranéenne. Un des buts principaux que l’Italie s’est proposé en prenant part volontairement à la guerre européenne consiste précisément dans la nécessité de sauvegarder ses intérêts vitaux dans la Méditerranée Orientale. On ne saurait envisager la possibilité que ces intérêts soient compromis par le règlement général de la paix qui devra clore la guerre victorieuse à laquelle l’Italie a participé avec tant de sacrifices. Ce droit essential découle naturellement d’un ensemble de considérations générales de justice et même de simple équité en dehors de tout traité ou arrangement international, et le Gouvernement des États-Unis ne pourrait refuser d’en tenir compte de même qu’il a tenu compte des intérêts vitaux des autres Puissances Associées. Mais, en outre, vis-à-vis des Alliés il existe des accords spécifiques dont je tiens à faire ici l’énumération: Article IX du Traité de Londres du 26 Avril 1915, arrangement de Saint-Jean de Maurienne du 19 Avril 1917, accord Italo- Français du 26 Juillet 1917, accord Anglo-Franco-Italien du 18 Août 1917.

Le Gouvernement Britannique a déclaré à maintes reprises, et en particulier par sa Note du 30 Octobre dernier, que: «It is of course unnecessary to say that there is no intention by initiating such a discussion to call in question the validity of the Treaty of London 1915, which remains in full force and effect». Toutefois le Gouvernement Britannique a cru pouvoir contester la validité de l’accord de Londres de Août 1917 pour la raison que l’ assentiment du Gouvernement Russe avait fait défaut. Le Gouvernement Français, de son côté, nous assura de son opinion opposé à cette manière de voir. Partageant entièrement le point de vue soutenu par le Gouvernement Royal je dois déclarer que je ne pourrais accepter le fondement de cette argumentation. L’assentiment de la Russie était prévu ayant égard aux intérêts de cet État Allié; en effet la clause en faveur de la Russie est expressement formulée comme une réserve. La Russie ne pouvait plus donner son assentiment et ne pouvait non plus le refuser pour la simple raison qu’elle avait cessé d’être un État Allié. C’est pourquoi cet assentiment ne lui fût pas même demandé, au moment qu’elle avait perdu le droit de faire valoir ses intérêts dans l’alliance. Cela ne peut aucunement infirmer la force de l’accord entre les parties contractantes.

La Note du 28 Juin expose que «toutes les sphères d’influence que pourront acquérir ces derniers (les «conquérants») ne deviendront pas leur pleine propriété; ils ne les détiendront qu’à titre de «Trustees» (Fidei commissaires) ou de mandataires de la Ligue des Nations». Plus loin la Note rappelle la déclaration des Gouvernements alliés et associés en force de laquelle «aucun accroissement» de territoire ne viendra récompenser un État quelconque pour avoir prolongé les horreurs de la guerre».

Finalement la Note exprime la supposition que l’Italie a l’intention d’obtenir par la force ce qu’elle revendique comme lui appartenant de droit.

Or, il doit être clairement entendu que l’Italie n’a aucune visée de conquête violente ou d’annexion arbitraire en Anatolie. Sa ferme intention de se ranger aux principes humanitaires proclamés par le Président Wilson et adoptés par les Alliés résulte de la Note italienne en date du 16 Novembre dernier adressé au Foreign Office (et communiquée au Gouvernement Français) qui affirme précisement les principes contenus dans la déclaration Franco-Anglaise de Novembre 1818 citée par la Note à laquelle j’ai l’honneur de répondre.

Du reste, pour enlever toute possibilité de doute à cette égard, je tiens à déclarer ici que je fais pleine adhésion, pour ce qui concerne les revendications de l’Italie, à cette déclaration qui se rapporte aux modes d’administration de la Syrie et de la Mé-sopotamie.

Les occupations militaires italiennes en Anatolie et celle de Scalanova en parti-culier, donnent occasion à des expressions très fortes dans la Note des Gouvernements alliés, expressions que je ne peux à moins de relever. J’ai bien pris connaissance du compte-rendu dé la Séance au Conseil des Quatre du 19 Mai dernier, et je ne peux dissimuler l’impression de douloureuse surprise que la lecture de ce document m’a produite. Le représentant de l’Italie y est traité comme pourrait l’être celui d’un Etat ennemi et vaincu sommé de rendre compte d’agissements criminels.

L’occupation de Scalanova qui souleva les protestations les plus vives de la part des Gouvernements Alliés et Associés fut décidée en vue du maintien de l’ordre public et doit être considérée comme conséquence directe de l’occupation de Smyrne de la part des Grecs. Il est vrai que le Gouvernement Grec fut invité à occuper cette ville et la région environnante, mais cette invitation a été faite pendant l’absence de Paris de la Délégation italienne. Cette dernière donne, à son retour en France, son consentement, et des forces italiennes participèrent à l’occupation des forts de Smyrne avec les troupes Alliées, mais cela n’empêche pas que le Gouvernement Italien n’eût pas le droit et le devoir de se préoccuper des graves conséquences qu’une extension de l’occupation grecque menaçait aux intérêts essentiels de l’Italie en cette région. En effet il est bien connu que toute la côte depuis la rivière Lamas jusqu’à Smyrne est dépourvue d’un port pouvant servir de débouché vers l’intérieur. Seulement Scalanova pourrait avoir cette fonction à l’avenir, à la suite de travaux considérables et le Gouvernement Britannique, avant l’accord de Août 1917 qui attribuait Smyrne à l’Italie, formula la proposition d’attribuer Scalanova à l’Italie (Février 1917).

La Note à laquelle j’ai l’honneur de répondre ne mentionne pas la circonstance que l’occupation de la ville de Konya fut exécutée par l’Italie sur la proposition de la Grande-Bretagne d’accord avec la France et les États-Unis. Mais, quant aux autres occupations, il est opportun de citer la disposition suivante de l’article IX du Traité de Londres de 1915: «Si la France, la Grande Bretagne et la Russie occupent des territoires de la Turquie d’Asie pendant la durée de la guerre, la région méditerranéenne avoisinant la province d’Adalie dans les limites indiquées ci-dessus sera réservée à l’Italie qui aura le droit de l’occuper».

Je ne pourrait consentir à admettre «le contraste frappant qui existe entre la politique italienne et la politique du Gouvernement grec». J’admets qu’il y a un contraste, mais c’est dans les conséquences des occupations militaires respectives. Tandis que les troupes italiennes ont été partout accueillies avec des marques de sincère amitié par les populations locales, la conquête grecque (car tout fait penser à une véritable conquête) a donné lieu à de nombreux massacres, pillages et incendies commis par le Grecs, avec la révolte de la population turque qui forme l’immense majorité de la région.

7) Recherche d’une solution possible. Je suis et serai toujours animé des dispositions les plus conciliantes dans le but d’arriver au règlement définitif des intérêts italiens. La Note du 28 Juin affirme que le Traité de Londres, la Déclaration Anglo- Français de Novembre 1918 et les 14 points du Président Wilson devraient être pris en considération, bien que de façon differente.

Pour ce qui concerne la Déclaration de Novembre 1918, je confirme que j’y fais pleine adhésion ainsi qu’il est dit plus haut.

Pour ce qui concerne les 14 points du Président Wilson, qui forment dans leur ensemble un monument de sagesse politique, je dois rappeler que le Gouvernement Italien formula en son temps une réserve expresse par rapport à la formule employée vis-à-vis de certain intérêts italiens.

Quant au Traité de Londres de 1915, il s’agit, à la différence des deux actes susnommés, d’un traité en bonne et due forme. Aucune espèce de justification ne pourrait légitimer l’affirmation que ce traité est par endroits périmé ou sur le point de l’être. Si des conditions de fait existant en 1915 ont subi des changements, il est facile d’en tenir compte, mais il y a loin de là à vouloir altérer l’esprit du traité jusqu’à priver un seul des contractants des fruits de la victoire remportée en commun.

Me rapportant à la conclusion de la Note de MM. Clemenceau et Lloyd George je suis tout disposé à envisager, d’accord avec les Gouvernements alliées et associés, l’ensemble de la question de Turquie, dans la ferme confiance que les intérêts légiti-mes de l’Italie trouveront auprès de ces Gouvernements la considération qui leur est due. Mais il est de mon devoir de repousser la menace de la «perte de tous droits à un appui ou à une aide ultérieure». Le sens de cette phrase n’est pas clair. Peut-être fait-on allusion à la possibilité de soumettre l’Italie à la famine, par le retrait du ravitaillement, si elle ne renonçait pas à ses droits, à ses intérêts légitimes sanctionnés par des Traités solennels, à sa dignité nationale? Si on devait en venir à pareille extrémité, l’Italie, après s’être jetée volontairement dans la fournaise de cette longue guerre, après avoir sacrifié à la cause commune le meilleur de la génération actuelle et sa richesse nationale toute entière, l’Italie ne pourrait néanmoins consentir à des renonciations contraires à son honneur, et l’Histoire porterait son appréciation infaillible sur l’injustice dont mon Pays aura été la victime.

64 1 Nella riunione dei capi Delegazione tenutasi nel pomeriggio del 7 luglio, si era deciso, su proposta di Tittoni, di nominare una Commissione d’inchiesta sui fatti di Fiume, sui quali da ultimo vedi D. 54.

64 2 Vedi D. 62.

64

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4009/4228. Parigi, 8 luglio 1919, ore 10,55(perv. ore 10,15 del 9).

Ieri Conferenza espressi desiderio che generali nominati per l’inchiesta1 non fossero già stati in Adriatico quindi non parmi che noi potremmo nominare generale Caneva anche perché troppo elevato di grado e troppo vecchio. Occorre quindi scegliere un generale giovane ed intelligente e che conosca il francese e l’inglese altrimenti si troverebbe in condizioni d’inferiorità. Perché la scelta degli altri generali avrà luogo oggi pregoti chiedere subito al Ministero della Guerra la scelta del nostro e telegrafarla qui a De Martino. Iersera ti telegrafai2 dopo la mezzanotte ed essendo già stanco non fui abbastanza chiaro. Oltre le ragioni addotte, quella che veramente mi ha deciso a fare una breve corsa a Roma è la seguente. Nei capi della Conferenza vi è malumore per quanto noi facciamo a Fiume e in Dalmazia dal punto di vista civile e militare come se la Conferenza si fosse già pronunciata favorevolmente alla nostra tesi mentre invece essa non è affatto disposta a farlo. Ora io ho già potuto comprendere che l’inchiesta di Fiume indipendentemente dalla questione della responsabilità per gli ultimi incidenti terminerà col rilevare le forze eccessive che sono ammassate a Fiume per proporre che per presidio della città si lascino non più di 3000 uomini di forze internazionali in numero uguale per ciascuna nazione. Ho potuto accertare che indipendentemente dal parere che potranno esprimere i generali, questa è l’opinione dei capi della Conferenza. Pertanto noi da un momento all’altro potremmo trovarci di fronte a una decisione di questo genere dalla quale non ci sarebbe possibile uscire che entrando in aperto conflitto cogli alleati ovvero provocando gravi rivolgimenti nel Paese. Sarebbe quindi desiderabile che la questione Adriatica, della quale oramai posseggo e ti esporrò tutti gli elementi, fosse risoluta prima che la Conferenza decidesse sull’inchiesta di Fiume2.

65 1 Il telegramma fu trasmesso anche al Ministero degli Esteri con preghiera di farne oggetto di comunicazione alla legazione a Belgrado ed alla legazione di Serbia in Italia.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI,A PARIGI, BONIN LONGARE,E A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 8551. Parigi, 8 luglio 1919, ore 12,15.

Mi riferisco pratica evacuazione truppe serbe da regioni albanesi entro frontiere 1913. Essad pascià è partito per la Svizzera. Ha cercato di tenere nascosto tale viaggio. Persona d’ordinario bene informata assicura che egli si recherà attraverso la Serbia a Dibra in Albania dove figurerà a capo dei gruppi armati che da qualche tempo sono stati preparati dai serbi come risulta dalle informazioni già comunicate con precedenti telegrammi ed è pertanto da aspettarsi che agitazioni e disordini aumentino in quelle regioni. Analoghe informazioni risultano al Comando di Valona. Prego voler rappresentare quanto sopra al sig. Pichon facendo rilevare la giustezza delle nostre previsioni circa i pericoli derivanti dalla permanenza di truppe serbe in Albania. Nessuna ragione giustifica l’andata di Essad in quelle regioni all’infuori del desiderio di provocare torbidi.

Di conseguenza è bene chiarire fin d’ora la responsabilità di quanto può accadere mettendo in rilievo che il R. Governo ha fatto tutto quanto si poteva per prevenire incresciose conseguenze da una situazione che nonostante reiterate pratiche col Governo francese non si è riusciti tuttora a regolare.

66 1 Sulla questione vedi D. 56.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4008/4231 (min. int.). Parigi, 8 luglio 1919, ore 13(perv. ore 9,50 del 9).

Consento pienamente nel concetto che Trattato con Austria tedesca debba firmarsi al più presto1. Idea in contrario attribuitami da un giornale francese non ha fondamento. Clausole economiche e militari sono già pronte e Trattato sarà presentato agli austriaci martedì o mercoledì. Ho fatto ieri viva pressione perché sia proceduto con la massima urgenza.

67 1 Il documento fu trasmesso con T. Gab. 283/4257, a firma De Martino.

67

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 4257/19251. Parigi, 8 luglio 1919, ore 18(perv. ore 5 del 9).

L’esame delle varie parti del Trattato deve essere presto integrato da uno sguardo complessivo che contempli soprattutto la situazione politica dell’Italia nei Trattati.

I Trattati creano, forse per la prima volta nella storia del mondo, una gerarchia ufficiale degli Stati. Nel primo posto sono collocate le cinque grandi Potenze, sempre così definite nei Trattati stessi, e cioè l’America, l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e il Giappone. A queste Potenze è dato, da una serie di clausole, un incontestabile diritto di dirigere la politica mondiale. In alcuni casi poi l’America o il Giappone e talvolta entrambi intervengono rimanendo allora affidato soltanto agli altri tre Stati il regolamento di importanti rapporti e interessi internazionali.

Per citare soltanto alcune delle principali organizzazioni internazionali, si ricorda che l’Italia ha il suo posto nel Consiglio della Lega delle Nazioni, la quale avrà larga influenza sulla vita presente dei popoli; nella Commissione delle riparazioni che regolerà per tanto tempo gravi interessi finanziari di molti Stati; nelle Commissioni regolatrici del traffico sui grandi fiumi che avranno una notevole ingerenza nella vita economica internazionale; nelle Commissioni finanziarie di controllo sulla Bulgaria e sulla Turchia, in quelle di vigilanza per speciali sistemazioni territoriali previste nei Trattati, in quelle pei plebisciti in determinate regioni, ecc., dove l’opera dell’Italia può dare direttive e suscitare iniziative proficue; nella Commissione internazionale del lavoro la cui importanza non ha bisogno di essere posta in rilievo, ecc., ecc.

Se i rappresentanti dell’Italia nelle dette Commissioni sapranno, come non v’ha dubbio, far valere la loro autorità e il loro punto di vista, l’Italia avrà modo di esplicare la sua nuova missione storica nel mondo.

68 1 Inviato anche a Roma con prot. Gab. 331/8085/1400 in pari data.

68 2 Per la risposta vedi D. 108.

68

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. segreto 2114/14001. Vienna, 8 luglio 1919, ore 21(perv. ore 9 del 9).

A nome membri Governo ungherese Szeged è venuto parlarmi stamane loro fiduciario ex diplomatico austro-ungarico di mia conoscenza. Sempre parlando a nome predetto Governo mi ha dichiarato fermo proposito Governo stesso servire unicamente come centro di preparazione e di appoggio contro bolscevismo, mantenere ordine nel paese durante periodo transitorio dopo caduta attuale regime, indire elezioni generali e cedere quindi potere al nuovo Governo. Considerando però indispensabile per Ungheria dopo enorme riduzione territoriale, appoggio efficiente di uno degli Stati limitrofi Governo Szeged è giunto alla conclusione che tale stato dovrebbe essere la Romania come quella che potrebbe con minori inconvenienti offrire maggiore vantaggio economico all’Ungheria e col quale in futuro si possa più utilmente stringere accordi politici. A tale scopo Governo Szeged chiede al Governo d’Italia se è disposto iniziare subito le pratiche necessarie e segrete con Governo rumeno perché questo entri in tale ordine idee e si metta al più presto d’accordo con Governo Szeged. A mie osservazioni circa precedenti tentativi simpatia Governo Szeged con jugoslavi e forte indiscutibile influenza francese, mio interlocutore ammise ambedue i punti e li spiegò con la necessità di quel Governo di procedere con massima cautela verso francesi che rappresentano forza militare in Jugoslavia che lo avrebbero in ogni modo osteggiato se avesse agito diversamente. Dichiarò tuttavia che tutto ciò non comprometteva in alcun modo libertà Governo Szeged il quale doveva usare certe forme apparenti per non essere sospettato e poter continuare sua azione. Concluse fiduciario insistendo perché trattative fra R. Governo e quello rumeno vengano fatte con massima assoluta segretezza perché altrimenti francesi ostacolerebbero ogni azione accordo, e aggiunse inoltre R. Governo dovrebbe persuadere Governo rumeno a proporre lui stesso trattative con Governo Szeged e discuterle, tanto sollecitamente e segretamente da avere tutto pronto per la firma dell’accordo non appena pace possa concludersi con Ungheria. Accennai a difficoltà per Transilvania e fiduciario rispose soluzione potrebbe essere creazione Stato autonomo Transilvania sotto sovranità rumena o almeno amministrazione autonoma Transilvania con sufficienti garanzie elemento magiaro. Chiesi anche se Governo Szeged sarebbe eventualmente disposto non appena caduto regime bolscevico cedere subito potere a dittatura provvisoria socialista che sorgesse eventualmente a Budapest per mantenere ordine fino a convocazione Camera ed elezioni generali e se avrebbe dato ad essa suo appoggio. Rispose affermativamente. In attesa telegrafare a V.E. probabili ulteriori conversazioni che avrò con membri importanti Governo Szeged, sarei grato intanto informarmi se accetta proposta ed in ogni modo quale risposta debba fare pervenire agli interessati che hanno insistito per conoscerla al più presto. Aggiungo ad ogni buon fine che il Governo Szeged a parte la obbiettiva origine e relazioni con francesi, non gode in Ungheria grande popolarità per essere considerato giustamente di tendenze troppo reazionarie mentre al momento attuale dittatura provvisoria socialista moderata sarebbe ben vista e potrebbe ricondurre con minore violenza condizioni normali in Ungheria2.

69 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino e pervenne il giorno 10.

69

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 309/42701. Parigi, 8 luglio 1919, ore 23.

Stamane ho avuto un lungo colloquio con Clémentel sulle relazioni italo-francesi e gli ultimi dolorosi incidenti. Clémentel si è dimostrato come sempre disposto qualsiasi azione per dirimere attuale stato d’animo. Ebbe poi luogo dalle 10 alle 12 Consiglio dei Ministri francese nel quale si parlò degli incidenti fiumani. Dalle 12 alle 14,30 m’intrattenni assieme al comm. Volpi coi ministri Loucheur e Claveille. Abbiamo prima discusso questione ferrovie lombarde Sudbahn restando ognuno sulle nostre posizioni. Ministri francesi hanno replicatamente dichiarato che Francia non firmerà Trattato coll’Austria se questione non sarà regolata. Abbiamo poi discusso delle forniture di carbone e di minerali ferro dalla Francia all’Italia, poi di Eraclea e dell’Asia Minore. Loucheur che era inizialmente violento poco a poco si è calmato e non dispero trovare ragionevole soluzione per la Sudbahn per la quale agisco in accordo con Volpi, D’Amelio, Brofferio e gli altri nostri esperti. Potremo forse avviare accordi per altri argomenti. Ore 18 continuerò colloquio con Loucheur Claveille. Recatomi ore 15,30 Consiglio Supremo dei Cinque, trovai presidente Clemenceau eccitatissimo richiedente Balfour, Lansing intervento America ed Inghilterra per Fiume e per Asia Minore. Appena iniziata seduta, presidente Clemenceau con forma molto violenta annunciò avere ricevuto notizia nuovo gravissimo incidente Fiume. Espose che drappello composto di otto soldati annamiti ed un francese comandato da altro francese è stato circondato dalla folla tumultuante nella città di Fiume, che nulla di grave è avvenuto fino a che non intervennero soldati italiani i quali, secondo la sua frase, assassinarono otto dei dieci soldati di cui sei annamiti componenti il drappello francese.

Asserì che navi da guerra italiane aprirono il fuoco contro soldati francesi accorsi. Che marinai italiani sbarcati dalle navi italiane si unirono ai soldati per assassinare i francesi. Che generale Grazioli ordinò generale francese sgomberare Fiume colle truppe francesi. Prese poi la parola Lansing che dichiarò avere ricevuto rapporto Fiume secondo il quale un ufficiale inglese presente avrebbe testimoniato sulla strage di soldati francesi compiuta da soldati italiani i quali avrebbero ucciso due annamiti quando avevano le mani levate in alto in segno di resa. Il racconto di Lansing era pure impressionante. Balfour dichiarò di nulla avere ricevuto. Risposi colla massima calma che non era giunto alcun rapporto alla Delegazione italiana che potesse far ritenere che nuovi fatti erano accaduti dopo i dolorosi fatti di domenica pei quali V.E. aveva già ieri discusso e proposto inchiesta. Clemenceau mi interruppe violentemente dicendo che non poteva più tollerare fatti e situazione creatasi così a Fiume come in Italia dove egli deve ritirare truppe poiché l’Italia è un paese del centro dell’Africa. Aggiunse che non ritirerà mai i soldati francesi da Fiume per lasciare che i soldati italiani assassinino i soldati francesi. Chiese vibratamente appoggio degli alleati per mettere ordine e accennò invio squadre alleate con prevalenza anglo-americana e rimpatrio truppe italiane. Richiese Balfour Lansing immediata riunione a tre per concertare provvedimenti che nell’intenzione Clemenceau dovevano essere evidentemente gravissimi in quanto egli non ha esitato dichiarare avvenimenti di Fiume come rottura di pace. Replicai che tale colloquio a tre non poteva aver luogo prima che fossero udite le mie spiegazioni. Così poco a poco potei condurre discussione in un tono regolare. Riuscii a fare in modo che Clemenceau leggesse i telegrammi ricevuti. Trattatasi di due telegrammi uno dei quali, del generale Savy, parlava di assassinio di soldati francesi ma stabiliva che Grazioli anziché ordinare ritiro truppe francesi a Matuglie erasi limitato farne proposta. Altro telegramma narrava che le navi da guerra italiane hanno aperto fuoco fucileria sui soldati francesi, e dava dettagli incidente con numero otto morti e feriti undici. Dalla lettura dei telegrammi appariva chiaro che si trattava dei dolorosi fatti di domenica giorno sei e non di fatti nuovi e che quindi non eravi nuova materia deliberare oltre quanto fu deliberato ieri in concorso V.E. Comunque Clemenceau ha voluto avesse luogo subito convegno a tre ed allora mi offersi ritirarmi dalla sala e difatti mi ritirai assieme ai giapponesi. Avevo già intuito che Balfour era favorevolmente impressionato dalla tranquilla dimostrazione che mi era riuscito fare della nessuna novità del fatto. Dopo dieci minuti circa, Clemenceau uscì con diverso atteggiamento dalla sala. Mi venne incontro affabilmente dichiarando che egli avrebbe ordinato che una nave da guerra francese partisse da Costantinopoli per recarsi Fiume, dandomi impressione che non farebbe altro. Ripresa la seduta a cinque, Lansing dichiarò che nominava nella Commissione d’inchiesta per i fatti di Fiume generale Summerall, e Clemenceau che nominava generale Noulin. Balfour ed io dichiarammo che nomi nostri commissari saranno fatti noti domani. Attendo al riguardo telegramma S.E. Diaz. In seguito Lansing diede lettura delle istruzioni da impartirsi ai quattro generali commissari d’inchiesta. Non feci alcuna obbiezione al testo di tali istruzioni che parmi ragionevole e che comunicherò a parte. Dopo di ciò non mi parlò più di Fiume e si passò agli altri argomenti di secondaria importanza, cioè rapporto sul ritiro delle truppe tedesche dalle province baltiche, rimpatrio prigionieri austriaci, risposta della Commissione economica alle osservazioni austriache sulle clausole economiche del Trattato di pace. Ultimata la seduta dissi a Clemenceau che mi avvicinò bonariamente che il Governo italiano avrebbe fatto ogni diligenza perché ordine non fosse più turbato a Fiume. Mia impressione è che Clemenceau abbia cercato impressionare alleati per strappare loro consenso qualche grave misura che distrugga nostra situazione di fatto in Fiume. Il colpo gli è andato fallito. È anche però possibile data sua eccitabilità ed impulsività non abbia fatto attenzione alle date e che ieri non sapesse che negli incidenti di domenica vi furono otto morti ed undici feriti. Forse ieri era a conoscenza soltanto dei fatti avvenuti il due ed il cinque. Ciò spiegherebbe la sua calma di ieri e la sua grande eccitazione e violenza odierna. Certo la posizione con simile uomo non potrebbe essere più difficile né più pericolosa. Parmi che odierna tempesta sia risoluta col semplice invio a Fiume di una nave da guerra francese, ma non posso certo prevedere né che altre misure siano prese, né che si tenti qualche colpo contro di noi. Le peggiori conseguenze si possono però prevedere se altri incidenti si verificassero.

Prego V.E. dare ordini alle Autorità militari di Fiume di telegrafarmi mattina e sera, cioè due volte al giorno, situazione quella città perché io possa essere sempre pronto parare qualunque sorpresa essendovi tutto da temere sia da parte di Clemenceau che da parte di Lansing.

Veda V.E. se mi potesse rispondere subito con qualche sua dichiarazione riguardante mantenimento ordine pubblico nella città e territorio di Fiume che potrei leggere nella seduta di domani, nella quale Balfour ed io dovremmo dichiarare nomi generali Commissione d’inchiesta.

70 1 Vedi D. 69.

70 2 Vedi D. 55, nota 1.

70

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, TOMMASINI,ALLA DELEGAZIONE ITALIANA ALLA CONFERENZA DELLA PACE

T. Gab. urgentissimo 211/134. Roma, 9 luglio 1919, ore 9,15(perv. ore 10).

Ho comunicato telegramma n. 42701 a S.E. Nitti il quale mi ha ordinato di riferire a S.E. Crespi autorizzandolo ad informare Comitato dei Cinque:

che nessun nuovo incidente si è prodotto a Fiume dopo i fatti di domenica 6;

che il generale Grazioli è stato inviato dal presidente del Consiglio a mantenere ordine sotto la sua personale responsabilità2.

S.E. Nitti si riserva impartire ulteriori istruzioni dopo aver conferito con S.E. Tittoni.

71 1 Vedi serie sesta, vol. III, D.889.

71

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA, THAON DI REVEL

T. 864. Parigi, 9 luglio 1919, ore 10.

In risposta al foglio di V.E. n. 11488 del 22 giugno1 ho l’onore di informarla che S.E. Tittoni partito per Roma propende a ritenere che nelle presenti circostanze la R. Marina non possa partecipare ad azioni nel Mar Nero contro i bolscevichi a causa della ripercussione che una tale attività avrebbe per certo sui partiti popolari in Italia.

L’E.V. potrà quindi far riferire a voce quanto precede alle competenti autorità navali britanniche limitandosi invece in una eventuale comunicazione scritta ad informare che «la Marina italiana non prenderà parte ad azioni militari contro forze bolsceviche, a meno che non sia da queste aggredita».

In quanto alla protezione del traffico mercantile nel Mar Nero, S.E. Tittoni concorda nell’opinione espressa alla V.E. circa il concorso della Marina italiana. Ella potrà quindi rispondere all’Ammiraglio britannico nel modo esposto in detto suo foglio.

72

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4010/4273. Parigi, 9 luglio 1919, ore 10,15(perv. ore 13).

S.E. Tittoni ha trasmesso ieri sera lungo il viaggio, seguente telegramma giunto qui ora diretto a V.E.: «Per domani sera potresti convocare a Palazzo Braschi generale Diaz ammiraglio Thaon di Revel a riunione alla quale interverrei io con Scialoja e Ferraris. Per evitare interrogazione o discussione circa mia venuta credo che potresti intercalare nelle dichiarazioni Governo periodo che suonasse press’a poco così: «ministro Affari Esteri che appena giunto Francia ha ripreso ed attivamente proseguito trattative è venuto Roma per esporre al Gabinetto primo studio e ripartirà subito per Parigi. In questo periodo preliminare egli non ancora è in grado di far comunicazioni al Parlamento. Sarà però in grado di farle tra non molto appena negoziazioni saranno entrate in fase risolutiva. E’ fermo proposito suo, dei suoi colleghi della Delegazione e di tutto Gabinetto di non fare nulla senza Parlamento ne sia informato e senza chiedere concorso uomini politici più autorevoli, di tutti partiti, poiché come trattative per pace devono essere tenute distinte dalla politica interna, così la pace stessa non può essere quella di un uomo, né di un Ministero, né di un partito. Essa non può né deve essere che la pace dell’Italia».

73 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino.

73

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 280/4274.1 Parigi, 9 luglio 1919, ore 10,25(perv. il 10).

Tutti i giornali stamane pubblicano articoli circa incidenti Fiume e circa tensione Italia Francia. Sono generalmente intonati bene ad evidenti ordini di calma e di moderazione ma generalmente attribuiscono colpa dello stato attuale degli incidenti alla nervosità italiana e tutti annunziano nomina Commissione d’inchiesta per Fiume rilevando che essa deve fare conoscere verità e possibili rimedi. Mi si dice ambienti americani commentano liberamente discussione avvenuta ieri nel Consiglio Supremo dei Cinque. La situazione è dunque nello stadio in cui ogni minimo atto oppure parola può decidere dei più gravi avvenimenti. E’ evidente che apprezzamenti e deliberazioni della Commissione d’inchiesta avranno importanza storica probabilmente definitiva così per la questione adriatica come per i nostri rapporti cogli alleati e la scelta del generale che deve rappresentare Italia nella Commissione è quindi evidentemente da considerare in rapporto a tale importanza. Cercherò oggi avere informazioni circa generale francese Noulin e circa generale americano Summerall. Oggi cercherò vedere Tardieu e Loucheur. Tutti giornali mettono anche in rilievo fatti e tumulti che avvengono in Italia per caro viveri.

74

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. riservato 4034. Roma, 9 luglio 1919, ore 11,15.

Bene arrivato. Credo avremo voto oggi o domani e sarà magnifica affermazione di forza del Governo. Situazione ordine pubblico anche molto migliorata. Prendo tutte precauzioni per sciopero generale venti. Ho sicurezza che sistemerò tutto con garbo e ti prego non occuparti situazione interna. Ieri venne vedermi Barrère e gli parlai con ogni sincerità. Tutti questi incidenti francesi sono esagerati alcuni come Venezia Genova Brescia quasi non esistono o non furono nemmeno segnalati dai consoli alle nostre autorità. Perché dunque il Governo francese li esagera? E con quale criterio? Ti prego riprendere vigorosamente le trattative dirette di cui Albertini ti ha parlato e far venire subito Quartieri. Al punto in cui sono le cose avendo tuoi predecessori tutto compromesso o rovinato, niun danno a seguire qualunque via di ripresa. Forse lo stesso Steed sarebbe onorato essere da te ricevuto e mettersi al tuo servizio. Niuna forza va trascurata. Sto prendendo tutte le misure perché il paese si prepari a intendere situazione reale. Stiamo ritirando tutte le nostre truppe dall’estero. Sono causa enormi spese e inutili imbarazzi e soldati giungono costare fino trecento lire ciascuno. Ti prego non prendere alcun impegno per truppe in Georgia anche spedizione qualche reggimento sarebbe disastrosa perché ci attirerebbe in un ingranaggio di rovina.

75 1 Vedi D. 69.

75 2 Bonin Longare l’avrebbe incontrato nella serata di quello stesso giorno. Vedi D. 77.

75

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 282/280. Parigi, 9 luglio 1919, ore 12,15(perv. ore 21,50).

Giornali di ier sera e di stamane parlano tutti dei fatti di Fiume annunciando Commissione d’inchiesta dei quattro generali e, meno un velenoso articolo di Gauvain, tengono tutti linguaggio assai calmo. Si vede che parola d’ordine del Governo è di trattare incidenti con moderazione.

Dal lungo telegramma che le ha inviato ier sera Crespi1 l’E.V. avrà potuto arguire quanto situazione è seria e come qualsiasi nuovo incidente può renderla gravissima. Occorre ad ogni costo che così a Fiume come nelle città del Regno non si rinnovi più alcun atto di violenza e di sfregio verso cittadini e truppe francesi, essendo qui sempre da temersi impulsività naturale del capo del Governo. Ho cercato di vedere stamane Tardieu ma questi si è sottratto al colloquio con un pretesto assai trasparente2, segno certo del malumore del presidente del Consiglio. Vedrò più tardi Pichon.

76 1 Vedi D. 78.

76 2 Vedi D. 54.

76 3 Vedi D. 83.

76

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. urgentissimo 4292. Parigi, 9 luglio 1919, ore 19,40.

Clemenceau dopo continue odierne provocazioni di cui mando rapporto a parte1 mi annunciò che domani porterà in Conferenza affare Genova2. Cioè che cittadini genovesi hanno battuto soldati ed ufficiali francesi. Non essendo informato prego telegrafarmi immediatamente particolari3. Clemenceau dichiarò avere già parlato con V.E. Allora gli chiesi perché voleva riparlarne in Conferenza. Rispose che ogni giorno porterà in Conferenza una questione contro Italia.

77 1 Vedi DD. 69 e 78.

77

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 281/283. Parigi, 9 luglio 1919, ore 22(perv. ore 24).

Ho veduto stasera Tardieu. Gli ho parlato del linguaggio offensivo tenuto da Clemenceau verso Crespi nelle riunioni dei Cinque di ieri e di oggi1 e l’ho pregato di usare della sua influenza su Clemenceau per indurlo a tenere verso i nostri rappresentanti un atteggiamento più amichevole e più conforme agli usi diplomatici. È inutile io riproduca qui argomenti che gli ho svolto circa opportunità per entrambe le parti di superare al più presto possibile la presente crisi. Tardieu mostrossi persuaso e mi promise di influire quanto più potrà in tal senso presso Clemenceau che egli dice è un grande sentimentale ed è irritato oltre ogni dire degli incidenti di Fiume. Temps pubblica informazione evidentemente ufficiosa secondo la quale giorno sei alcuni borghesi avrebbero aggredito francesi con colpi di fucile cui francesi risposero; aggressione si sarebbe generalizzata e marinai italiani vi avrebbero preso parte e quindi polizia italiana sarebbe riuscita ristabilire ordine e giorno sette passò tranquillo. Gauvain pubblica nel Journal des Débats odioso articolo che dà versione fatti del due di un suo corrispondente Fiume evidentemente croato. È indispensabile trovar modo mettere nostra stampa sopra via conciliativa e calmare nostra opinione pubblica prima incominci qui reazione che potrebbe avere disastrose conseguenze.

78 1 Vedi D. 73.

78 2 Vedi D. 77.

78

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 4294. Parigi, 9 luglio 1919, ore 23.

Confermo mio telegramma questa mattina1. Ho avuto lungo colloquio con Loucheur in presenza comm. Volpi e sig. Weill amico di Loucheur. Tardieu non ha potuto intervenire ma Loucheur si è impegnato subito riferirgli colloquio. Ho dichiarato che nella seduta del Supremo Consiglio dei Cinque di ieri il sig. Clemenceau ha pronunciato a diverse riprese parole offensive per l’Italia e per Governo italiano e che se non le ho rilevate si fu per riguardo alla lunga conoscenza del carattere del Presidente che spesso pronuncia parole aspre più per temperamento che per decisa volontà di offendere. E però io non potrei sopportare una seconda volta simili espressioni. Ho pregato Loucheur far presente al presidente Clemenceau che posizione è già tanto grave fra i due nostri Paesi che occorre non aggravarla con discussioni quasi pubbliche fra i loro rappresentanti improntate a così asprezza di linguaggio. Ciò in rapporto al fatto che al Crillon si sarebbero ripetute le parole di Clemenceau contro Italia. Loucheur rispose che si rendeva perfettamente conto del mio invito e che al mio posto egli farebbe altrettanto. Dichiarò che avrebbe parlato con Clemenceau possibilmente prima della odierna seduta del Consiglio Supremo. Abbiamo poi parlato della Sudbahn e Loucheur fece entrare anche sottosegretario stato Sergent. Loucheur rinnovò dichiarazione che Clemenceau non lascerà presentare clausole trattato ancora in sospeso agli austriaci se l’Italia non garantisce interessi obbligazionisti Sudbahn. La discussione fu lunga e senza conclusione. Loucheur mi dichiarò volere risposta per questa sera. Come sapete la questione è delicatissima ed in questa Delegazione siamo tutti concordi sulla convenienza trovare formula conciliativa quando però Governo francese ci appoggi nelle nostre richieste specialmente per carbone ed altre materie prime e mostri appoggiare anche le nostre rivendicazioni. Finora non ho dato alcuna risposta, perché nella seduta del Consiglio Supremo dei Cinque Clemenceau ha oggi nuovamente assunto contegno provocatore. Non ho ancora potuto sapere se Loucheur abbia riferito Clemenceau nostro colloquio. Odierna seduta Consiglio Supremo dei Cinque cominciò colla discussione dell’opportunità e possibilità intervento in Ungheria. Commissione militare fece rapporto affermando essere pericoloso affrontare ungheresi colle sole forze disponibili rumeni czechi serbi. Clemenceau disse che italiani erano i soli in armi ma che stavano battendosi coi jugoslavi a Fiume in Dalmazia in Albania. Replicai affermando inesatte tali notizie. Poi Clemenceau disse che italiani non si sarebbero mossi perché erano amici degli ungheresi ai quali fornivano aiuto. Replicai che era stato già dimostrato essere tale affermazione basata su fatti insussistenti che gli italiani erano e sarebbero sempre stati a fianco degli alleati. Allora Clemenceau chiese se ciò era anche di fronte agli ungheresi. Risposi che Italia è sempre pronta a stare coi suoi alleati contro chicchessia. Clemenceau ironicamente replicò avere piacere di saperlo. Discussione su Ungheria fu rinviata a nuovo rapporto dei capi di Stato Maggiore che si raduneranno prossimamente a Versailles venerdì. Generale inglese Wilson verrà appositamente da Londra. Prego telegrafarmi istruzioni al riguardo, ma faccio fin d’ora osservare che se fosse decisa spedizione militare con forze francesi ed inglesi contro ungheresi e Italia rifiutasse invio sue truppe, effetto sarebbe disastroso. Parmi inutile spendere parola per dimostrare che bisognerebbe mandare nostre truppe qualunque possa essere la spesa ed il rischio. Poi si discusse questione occupazione Bulgaria per la quale nostro Comando Supremo propone invio altro battaglione oltre quello in luogo. Clemenceau dichiarò di ritirare le due divisioni francesi e chiese occupazione interalleata con forze uguali. Approfittò per attaccare ancora Italia accusandola di non smobilitare per rifare la guerra dove bene si sa. Replicai e chiesi iscrizione a verbale che Italia ha smobilitato e smobilita quanto Francia ed anzi ha smobilitato una classe più della Francia. Clemenceau riaffermò che Italia è in armi tanto vero che dispaccio italiano ufficiale in sue mani ordina occupazione Caucaso con 40.000 uomini. Dichiarai che ciò non è affatto vero e allora ebbero luogo replicate smentite e contro smentite. Ebbi naturalmente sopravvento. Si discussero poi provvedimenti a prendere per sequestro dei titoli ungheresi da parte Bela Kuhn, rettifica confine tra Ungheria e Jugoslavia, rimpatrio forze czeco-slovacche e si rinviò discussione convenzione aerea e rapporto Consiglio Guerra su Niemel e Danzica. In fine seduta Clemenceau mi dichiarò come ho già telegrafato che domani porterà in Conferenza questione fatti di Genova tra italiani e soldati francesi e che ogni giorno porterà alla Conferenza una nuova questione contro Italia. Posso formalmente assicurare V.E. che non ho mai perduto la calma e la misura così che tutte le provocazioni di Clemenceau caddero perfettamente nel vuoto senza altro risultato che di procurarmi vivo dolore come italiano. Sono evidentemente strani questi atteggiamenti di Clemenceau che personalmente poi mi tratta bene e che sa che sono resistente e calmo perché mi vide in molte battaglie durante e dopo la guerra sempre sereno e non facilmente pieghevole. Ma la spiegazione risulta dalla dichiarazione che egli fece oggi due volte che cioè Italia ha provocato incidenti Fiume ed incidenti contro Francia per fare pressione sulla Conferenza ed avere Fiume. Al che io risposi che italiani non sono degli stupidi che sono abbastanza intelligenti per capire che il metodo sarebbe pessimo. Comunque è evidente che Clemenceau cerca un pretesto per far scoppiare qualche grave incidente nella Conferenza al che naturalmente io non mi presterò mai. Bonin da me informato si è questa sera recato da Tardieu2 per prospettargli situazione. Tardieu assicurò parlare con Clemenceau. Del contegno di Clemenceau si parla in diversi ambienti giornalistici. Nostri giornalisti avevano spedito telegrammi abbastanza precisi sulla seduta di ieri. Li ho convocati e si sono impegnati ritirare tali telegrammi e nulla telegrafare al riguardo. Mia impressione generale è che attacchi e provocazioni Clemenceau costituiscono finora attitudine personale del presidente e che gli alleati per ora non lo seguono. Prego vivamente moderare stampa e fare entrare poco a poco nel pubblico persuasione che la Francia non è causa dei nostri insuccessi territoriali mentre anzi ha cercato aiutarci. Un’affermazione ed un contegno amichevole benché fermo porrebbe oggi definitivamente Clemenceau dalla parte del torto e ci darebbe migliore vittoria che qualunque atto di violenza anche ben riuscito.

79 1 Il telegramma, giunto a Parigi, fu ritrasmesso a Roma, dove Tittoni si trovava, con T. Gab. 325/4316.

79 2 Non pubblicato.

79 3 Non rinvenuto.

79 4 Si tratta probabilmente del T. 2177 del 30 giugno, non pubblicato.

79 5 Vedi serie sesta, vol. III, D. 681.

79 6 Vedi D. 43, nota 11.

79 6 Vedi D. 43, nota 11.

79

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. riservato per posta 17256/50731. Roma, 9 luglio 1919.

Sono qui pervenuti i telegrammi posta n. 105042 e n. 126093 alle date 12 giugno e 6 luglio anno corrente di codesto Ministero ed ho avuto cognizione, col tramite del Governo dell’Eritrea, dei telegrammi nn. 774 e 893 che il r. ministro in Addis Abeba ha diretto all’E.V.

È oramai palese il programma della Francia di assorbimento dell’Etiopia, traendo profitto della presenza al Governo di Addis Abeba di ras Tafari educato dalla missione lazzarista francese, e quindi di tendenze francofile.

Non potendo conseguire il protettorato ufficiale sull’Abissinia, al quale si ribellerebbero i grandi capi etiopici, la Francia tende ad esercitare un patrocinio morale su quell’Impero, per assicurare alla sua influenza diretta tutto un vasto campo di sfruttamento economico e commerciale.

Per l’attuazione di tale programma, la Francia da una parte mette in guardia l’Etiopia contro inesistenti mire di assoggettamento da parte dell’Italia, assicurando che mai la Francia rinunzierà al possesso di Gibuti, e sollecitando l’invio di una speciale missione etiopica a Parigi con i poteri necessari per domandare l’immediata partecipazione dell’Abissinia alla Lega delle Nazioni; e d’altra parte si stringe in lega con l’Inghilterra per tutto un programma politico economico contrario agli interessi dell’Italia.

I frutti di tale azione già si hanno col predominio che vanno prendendo gli interessi francesi in Etiopia, di fronte al quale nessun serio ostacolo oppone l’Inghilterra, che, come appare evidente, tende ad avere a sua volta l’appoggio della Francia per l’affermazione dei suoi interessi nel bacino niliaco e specialmente sul lago Tsana.

L’Italia per tal modo, verrà a trovarsi in Etiopia non soltanto isolata ma purtroppo respinta, se un’energica e pronta azione da parte nostra non interviene per paralizzare tali forze contrarie, e per fare atto di affermazione di quei diritti che lunghi anni di sacrifici di danaro e di sangue ci hanno conferito, a preferenza di altri in Etiopia.

Mi richiamo, pertanto, a tutta la passata corrispondenza in argomento, ed in ultimo alla lettera di questo a codesto Ministero del 2 giugno u.s. n. 40205.

In concreto, a me sembra che, come azione immediata, occorra:

1) agire energicamente a Parigi per un radicale mutamento a nostro riguardo, dimostrando come l’azione promossa dal rappresentante in Addis Abeba del Governo francese, e da questi approvata e seguita, sia non soltanto contraria allo spirito ed alla lettera dell’accordo di Londra del 13 dicembre 19066, ma sia in dispregio di quell’alleanza che, consacrata durante la grande guerra, doveva essere perno di salda e leale amicizia per l’avvenire.

2) Agire egualmente a Londra, dimostrando al Governo britannico che la politica francese in Etiopia, come è contraria agli interessi italiani, è ugualmente contraria agli interessi inglesi, e che conforme già ebbe confidenzialmente a dichiarare il rappresentante britannico ad Addis Abeba, all’Inghilterra conviene seguire in Etiopia una politica di stretto accordo con l’Italia, con la quale un’intesa è sempre possibile, anziché con la Francia che dall’Etiopia dovrebbe invece essere eliminata nel comune interesse di Italia ed Inghilterra. In ogni modo, l’accordo a tre di Londra del 19066, dovrà anche dall’Inghilterra essere mantenuto fermo nello spirito e nella lettera.

3) Agire presso il Governo etiopico, con mezzi adeguati all’importanza della nostra causa, contrariamente a quanto finora è stato fatto, e con energia ed abilità delle quali, debbo con rammarico constatarlo, si è mostrato troppo deficiente chi della r. legazione in Etiopia è attualmente a capo, come ancora avrò occasione di dimostrare alla E.V., e ciò al fine di infondere piena fiducia nel Governo etiopico sulle amichevoli intenzioni dell’Italia, conforme anche la missione di degiac Ghietacciò in Italia ha avuto agio di constatare e potrà attestare direttamente al Governo etiopico; e per conseguire l’attuazione di quel programma di penetrazione economica in Etiopia, ben noto da lungo tempo al r. ministro in Addis Abeba.

4) Impedire che l’Etiopia entri nella Lega delle Nazioni, per le ragioni ampiamente svolte da questo Ministero (lettera precitata del 2 giugno u.s.) alle quali ha acceduto, per constatazioni dirette, il console americano in Aden, come l’E.V. mi informa con telegramma posta n. 12650 del 3 luglio corrente3.

5) Eccitare i capitali italiani, come questo Ministero si sta adoperando, ad intraprese in Etiopia, sempre quando di pari passo si svolga una favorevole azione di preparazione politica presso quel Governo.

Come l’E.V. ben vede, l’Italia si trova in Etiopia in una situazione critica: si tratta o di mantenervisi con prestigio e con forte affermazione di interessi, oppure di vedersi tagliata fuori completamente.

All’alto senno dell’E.V. debbo lasciare di esaminare e provvedere ad una questione di così alto interesse per l’avvenire coloniale dell’Italia nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano.

Attendo con fiducia comunicazioni dell’E.V. anche per norma dei Governi dell’Eritrea e della Somalia italiana.

80

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

L. Parigi, 9 luglio 1919.

En raison des massacres dont sont victimes les militaires français en Italie, j’ai l’honneur de vous faire connaître que j’ai donné l’ordre de rapatrier la Brigade mixte française encore stationnée en Italie.

Toutefois, en vue d’assurer le service de la ligne de communication des Armées d’Orient, je maintiens, jusqu’à nouvel ordre un bataillon échelonné sur la ligne de Modane à Trieste, ainsi que les éléments sur la ligne de Vintimille à Tarente.

81 1 Non rinvenuto.

81 2 Con successivo T. Gab. 311/855 del 10 luglio, non pubblicato, De Martino comunicò l’avvenuta accettazione della richiesta italiana aggiungendo che era stato affidato ai delegati italiani il compito di presentare nella successiva seduta della Commissione proposte concrete circa il problema delle minoranze balcaniche.

81

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. urgente 299/875. Parigi, 10 luglio 1919, ore 11(perv. ore 15).

Mi riferisco al progetto di telegramma che presentai a V.E. la mattina della sua partenza e che ella portò seco a Roma relativo alla questione delle minoranze in Jugoslavia1. Nella seduta di oggi della Commissione Nuovi Stati chiederò rinvio della discussione2. Occorrono però istruzioni di massima per prossima seduta circa convenienza o meno di chiedere speciali garanzie a favore delle minoranze italiane Dalmazia, di fronte al pericolo che in occasione del regolamento territoriale adriatico venga chiesta a noi la reciprocità. Abbiamo già presentato tre settimane fa alla Commissione una nota circa le minoranze nei territori già appartenenti all’Impero ottomano e ora incorporati alla Serbia nell’intento principalmente di tutelare la nazionalità albanese dell’antico vilayet di Uskub. A me pare che non sia logicamente possibile un tentativo di abbinamento a scopo di reciprocità fra minoranze slave incorporate in Italia e albanesi in Serbia, poiché questi ultimi costituiscono questione essenzialmente balcanica. Tuttavia anche su questo punto gradirei istruzioni di massima. Avverto che in ogni caso nel Trattato con la Jugoslavia saranno comprese clausole generiche a garanzia delle minoranze analoghe a quelle già stabilite per Polonia, Cecoslovacchia, Romania e Grecia le quali consistono sostanzialmente in uguaglianza civile e politica e garanzie religiose e scolastiche, nonché libero uso della propria lingua davanti i tribunali. Queste clausole, secondo fu stabilito nella Commissione, non saranno però applicabili alle Grandi Potenze quali Italia, Francia e Inghilterra.

82 1 Vedi DD. 12 e 19.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALLA DELEGAZIONE ITALIANA ALLA CONFERENZA DELLA PACE

T. Gab. 213/136. Roma, 10 luglio 1919, ore 12(perv. ore 13,30).

Quando Conferenza approverà testo definitivo Trattato di pace da presentare all’Austria, dobbiamo ricordarci di fare le stesse riserve che facemmo pel Trattato colla Germania all’articolo per la Lega delle Nazioni1 nel senso che le questioni territoriali interessanti l’Italia e non definite alla firma del Trattato dovranno essere risolute dalla Conferenza e non già dalla Lega stessa.

Di tale nostra dichiarazione dovrà prendersi formalmente atto dalla Conferenza e ciò dovrà risultare dal processo verbale.

83 1 Vedi D. 76.

83

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI

T. urgentissimo 15171. Roma, 10 luglio 1919, ore 13,15 (perv. ore 14).

Telegramma di V.E. 42921.

Incidente Genova è questo. Alcuni arditi leggevano un giornale con articolo sui fatti di Fiume quando passò un gruppo di soldati francesi. Un ardito si avvicinò loro e mostrando giornale avrebbe detto «ecco cosa siete buoni a fare». Un francese avrebbe dato del buffone all’ardito che rispose schiaffeggiandolo, i francesi si allontanarono poi rapidamente. Più tardi nella serata presso caffè Savoia un ardito diede una gomitata ad un sergente francese. Più tardi ancora un altro sergente francese in piazza Caricamento stava per attaccar briga con uno sconosciuto per questione Fiume; poco dopo lo stesso sergente fu colpito da un pugno alla nuca e cadde stordito; riavutosi dichiarò essere stato colpito da un bersagliere rimasto finora sconosciuto. Nella serata nessun altro incidente. L’ardito del primo episodio fu subito punito dalle autorità militari.

84 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino con prot. 881/4324.

84 2 Vedi D. 88.

84

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 301/43241. Parigi, 10 luglio 1919, ore 19(perv. ore 20,25).

Generale inglese presente al Consiglio Supremo odierno affermò a Cavallero e a Paternò avere ricevuto oggi rapporto ufficiale da Fiume secondo il quale generale Grazioli avrebbe ordinato ieri al generale Savy di sgomberare città colle sue truppe. Generale Savy avrebbe rifiutato. Prego mettermi subito in grado smentire ufficialmente2. Tale rapporto verrà certo domani in discussione se non è precedentemente smentito. Oggi seduta calma riferisco a parte.

85 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino.

85 2 T. Gab. 4303/294 dello stesso 10 luglio, non pubblicato, con il quale si comunicava che il Consiglio dei Cinque aveva impartito le proprie istruzioni alla Commissione incaricata dell’inchiesta sugli incidenti di Fiume e si riservava di comunicare il luogo dove il rappresentante italiano avrebbe dovuto incontrare i suoi colleghi stranieri.

85 3 Con T. 904 del 13 luglio, non pubblicato, Tittoni comunicò a Di Robilant la sua nomina a rappresentante italiano nella Commissione sui fatti di Fiume, la cui costituzione era stata decisa dal Consiglio Supremo del giorno 8 e che si sarebbe dovuta attenere alle seguenti istruzioni: «La Commissione interalleata d’inchiesta per Fiume investigherà e riferirà i fatti relativi agli incidenti di violenza verificatisi ultimamente in quella città e esprimerà il proprio avviso circa le responsabilità di essi. Essa dovrà inoltre sottoporre quanto più presto è possibile al Consiglio Supremo proposte circa i mezzi migliori per assicurare d’ora innanzi la pace e la sicurezza».

85 3 Con T. 904 del 13 luglio, non pubblicato, Tittoni comunicò a Di Robilant la sua nomina a rappresentante italiano nella Commissione sui fatti di Fiume, la cui costituzione era stata decisa dal Consiglio Supremo del giorno 8 e che si sarebbe dovuta attenere alle seguenti istruzioni: «La Commissione interalleata d’inchiesta per Fiume investigherà e riferirà i fatti relativi agli incidenti di violenza verificatisi ultimamente in quella città e esprimerà il proprio avviso circa le responsabilità di essi. Essa dovrà inoltre sottoporre quanto più presto è possibile al Consiglio Supremo proposte circa i mezzi migliori per assicurare d’ora innanzi la pace e la sicurezza».

85

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 302/8831. Parigi, 10 luglio 1919, ore 19.30.

Mio telegramma n. 43032.

Generali alleati partono questa sera giovedì direttamente per Fiume. Generale Robilant3 potrà pertanto partire entro domani. Incontro con generali alleati potrà avvenire senz’altro a Fiume.

Istruzioni date da Clemenceau ai generali sono state improntate a cordialità. Notevole raccomandazione tener presente necessità che armonia fra alleati non sia turbata.

86

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE

T. Gab. 217. Roma, 10 luglio 1919, ore 22.

Questa ambasciata di Francia mi comunica che nel pomeriggio di ieri a Venezia due bandiere francesi facenti parte di un fascio di bandiere alleate sulla mostra di un negozio, sarebbero state strappate e lacerate da alcuni studenti i quali avrebbero esortato il proprietario del negozio a togliere anche una scritta in francese.

Ho dichiarato all’ambasciata di Francia che ordinerò immediate indagini e darò poi al Governo francese tutte le soddisfazioni che il caso comporti.

Prego V.E. di comunicare quanto precede al Governo francese aggiungendo che il R. Governo fermamente deciso mantenere con esso i più cordiali rapporti di amicizia e di alleanza, si adopererà colla massima premura a prevenire il ripetersi di incidenti simili che vivamente deplora, e quando malgrado ciò avessero a prodursi, pur constatando che non può trattarsi se non di manifestazioni individuali ed isolate, il Governo non mancherà di fare il suo dovere e di applicare le più rigorose sanzioni.

Avendomi ambasciata di Francia prevenuto che il 14 luglio tutti i consolati francesi esporranno bandiere nazionali, ho fatto dal presidente del Consiglio telegrafare ai prefetti perché dispongano speciale e rigoroso servizio di vigilanza, rendendoli personalmente responsabili di ogni incidente che potesse avvenire presso i consolati.

87 1 Per il seguito vedi D. 94.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI

T. Gab. riservatissimo 214/137. Roma, 10 luglio 1919, ore 22,16(perv. ore 11 dell’11).

Ove venisse innanzi alla Conferenza progetto dell’Ufficio Militare interpellato per attaccare Ungheria, ella non dovrebbe opporsi e dovrebbe fare dichiarazione di piena solidarietà cogli alleati nella loro politica contro il Governo bolscevico di Bela Kuhn. Però dovrebbe aggiungere che con nostro rammarico ci troveremmo in questo momento nell’impossibilità materiale di partecipare all’impresa con le nostre truppe. Noi traversiamo in questi momenti una crisi interna gravissima per la scarsità e l’alto prezzo dei generi alimentari. Fino a questo momento il partito socialista ha fatta opera pacificatrice verso le masse, però non vi è dubbio che se le truppe italiane dovessero partecipare alla spedizione contro bolscevisti ungheresi i socialisti italiani proclamerebbero lo sciopero generale ciò che renderebbe la nostra situazione interna gravissima e pericolosissima1.

88 1 Vedi D. 84.

88

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI

T. Gab. 218/139. Roma, 10 luglio 1919, part. ore 0,20 dell’11.

Suo telegramma n. 43241.

Se incidenti Fiume sono di nuovo portati davanti al Consiglio dei Cinque, la prego di declinare ogni discussione rilevando che per ora di essi è investita la Commissione d’Inchiesta e che finché essa non abbia presentato la sua relazione, non vi è ragione che il Consiglio se ne occupi.

89 1 Trasmesso in pari data a Parigi con T. riservato 2128/1163.

89 2 Vedi al riguardo D. 36.

89

L’INCARICATO D’AFFARI A L’AJA, GUARNERI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. riservato 320/1281. L’Aja, 10 luglio 1919(perv. stesso giorno).

Questo incaricato d’affari di Francia ha comunicato oggi a me ed ai miei colleghi d’Inghilterra e Stati Uniti la risposta di questo Ministero Affari Esteri alla nota rimessagli in nome dei Governi alleati ed associati relativamente alla sorveglianza dell’ex imperatore di Germania e dell’ex Kronprinz2. Tale risposta è la seguente:

«Il ministro degli Affari Esteri dei Paesi Bassi ha ricevuto dall’incaricato d’affari ad interim di Francia una comunicazione indirizzata al Governo reale dalle Potenze alleate ed associate relativa al caso dell’ex imperatore e dell’ex principe imperiale di Germania. Tale comunicazione la quale secondo i suoi termini non si basa che sopra delle voci, contiene una ammonizione ad un Governo neutro ed amico che ha penosamente sorpreso il Governo reale. Il Governo è cosciente dei suoi obblighi internazionali; esso è ugualmente cosciente di non aver mancato a compierli. Relativamente al caso sollevato dalla comunicazione delle Potenze, egli deve riservarsi il libero esercizio della sua sovranità circa ai diritti che gli appartengono e ai doveri che gli incombono».

Questo ministro degli Affari Esteri che ho visto pocanzi mi ha confermato che l’Olanda è decisa a trattare la questione basandosi sui suoi diritti di piena sovranità e che il Governo olandese attende con calma lo svolgersi degli avvenimenti.

Ripetè che nessun trattato contempla il caso dell’estradizione dell’ex imperatore, La sua opinione personale è che il processo creerà all’ex imperatore se non sarà condannato una aureola ed un piedistallo che egli non avrebbe avuto mai. Mi assicurò che non si sa assolutamente nulla della notizia comparsa sui giornali di una lettera che l’ex imperatrice avrebbe diretto alla regina di Olanda per chiederle suo intervento presso la regina d’Inghilterra ed il Governo inglese perché si rinunzi alla consegna dell’ex imperatore.

90 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

90 2 Parola mancante.

90

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 310/43291. Parigi, 10 luglio 1919(perv. l’11).

Oggi seduta fu tranquillissima. Clemenceau non parlò di Genova né comunque d’Italia. Così furono date istruzioni regolari ai due generali Naulin e Summerall che partono per Fiume. Generale inglese Watts arriverà qui domani e li seguirà. Ho assicurato che generale Robilant incontrerà colleghi sul percorso Milano Fiume oppure in Fiume dove è Tassirechi. Fu poi discussa e rinviata a tre settimane Convenzione internazionale per navigazione aerea. Numero terzo ordine del giorno diceva «rapporto del signor Crespi sulle fermate di [...]2 rifornimenti in Modane».

Su questo argomento mi attendevo battaglia. Riferii che la [...]2 consegnatami ieri l’altro da ministro della Guerra francese, Clemenceau escludeva già per se stesso che treni destinati esclusivamente alle armate francesi e treni alimentari fossero in sofferenza.

Narrai che nostre autorità militari, impressionate dagli incidenti talvolta di frontiera, lo sono tanto più per il grande numero di armi e munizioni che Francia ha mandato in Serbia compreso sessanta grandi aeroplani da bombardamento e quattordici carri assalto. Narrai che le nostre autorità ebbero a constatare casi di false dichiarazioni di viveri per vagoni contenenti armi. Accennai all’effetto morale che tutto ciò produce in Italia; chiesi che il delicatissimo argomento della necessità di così grande trasporto di materiale bellico dalla Francia alla Jugoslavia che si arma contro di noi fosse esaminato da Comando generale interalleato di Versailles. Essendomi ieri accorto che Clemenceau scatta più facilmente in francese che in inglese, nella odierna seduta ebbi cura di parlare soltanto in inglese. Lansing osservò pel primo che non si poteva impedire ad un alleato di fornire armi ad un altro alleato e Clemenceau appoggiò vivamente tale tesi, ma alla mia risposta che non si comprende il bisogno di armamenti nuovi di eserciti vincitori, si limitò a replicare chiedendomi che io mettessi in scritto la mia relazione orale per poterla studiare. Accettai di presentarla scritta per domani. Clemenceau desiderò notizie sulla quantità di truppe ancora sotto le armi in Italia. Risposi che abbiamo ottocentomila uomini sulla intera linea di armistizio e cinquecentomila in Paese. Dopo di che si discusse la risposta alla nota tedesca circa l’evacuazione della colonia [sic] e la frontiera fra Austria e Ungheria. Questa discussione continuerà domani. Dopo la seduta ebbi colloquio con Balfour e con Lansing facendo loro notare che la questione dei rifornimenti bellici dalla Francia potrebbe facilmente ampliare alla discussione sulla questione generale dei rapporti franco-italiani e italo jugoslavi e cechi, questione che io dissi bisognerà pure affrontare francamente per risolverla. Lansing e Balfour mostrarono apprezzare molto tale mio modo di vedere. Aggiunsi che V.E. sarà qui lunedì al più tardi. E’ mio intendimento rinviare quanto più possibile perché se la grossa discussione venisse, non potrebbe essere fatta che da V.E..

91

IL CONSOLE A SMIRNE, SENNI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2305/791. Smirne, 10 luglio 1919(perv. il 12).

Malgrado assicurazioni alto commissario ellenico a commodoro inglese, truppe greche giorno 8 giugno trovavansi a 25 chilometri a sud Meandro presso Giroba e battevano con artiglierie nostre posizioni. Giorno 9 giugno non solamente greci non si erano ritirati, ma nostre truppe in marcia da Giroba verso Meandro venivano mitragliate da velivolo greco. A richiesta generale Battistoni nostro comandante navale ha nuovamente ottenuto intervento commodoro inglese che dimostrasi profondamente indignato condotta autorità greche alle quali ha diretto energiche rimostranze mentre ha riconosciuto pienamente opportunità che nostre truppe dimostrino massima fermezza di fronte attitudine greci. Commodoro inglese ha richiesto a alto commissario ellenico che truppe greche si ritirino immediatamente a nord linea ferroviaria Smirne-Aidin.

In ripetuti colloqui che ho avuto ieri e oggi con alto commissario ellenico e comandante Corpo d’occupazione greco ho persistito sulla portata gravissima accennati avvenimenti e ho potuto constatare ancora una volta disorganizzazione truppe e evidente mancanza buona fede. Detto comandante mi afferma che truppe greche saranno entro domani ritirate nord Meandro. Ho preso atto, insistendo ad ogni modo su richiesta commodoro inglese circa ritiro truppe a nord linea ferroviaria. Comunico quanto precede a Parigi e Costantinopoli.

92

IL FUNZIONARIO TECNICO PRESSOLA DELEGAZIONE ITALIANA ALLA CONFERENZA DELLA PACE, GALLI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

Promemoria. Parigi, 10 luglio 1919.

Con Piacentini siamo stati stamani a colazione al Crillon invitati da White.

La conversazione è stata oltremodo interessante, ed il White non ha tralasciato occasione per rinnovare le espressioni della sua simpatia per l’Italia, in favore della quale egli ha dichiarato si sarebbe adoperato in ogni modo possibile.

Circa la questione di Fiume ha narrato di avere avuto per iscritto gli ordini di Wilson. Wilson non firmerà mai una pace o un trattato qualsiasi che attribuisca in sovranità Fiume all’Italia. Ciò egli aveva del resto ripetutamente dichiarato ed essendo persona di decisioni irrevocabili non è da immaginarsi possibile egli intenda modificare il suo pensiero. White ha detto essere spiacevole che questa recisa dichiarazione non sia stata fatta prima poiché avrebbe forse evitato l’ingrandirsi di una speranza che è pertanto irrealizzabile. Se Wilson non firmerà una pace che attribuisca Fiume all’Italia egli per altro non si opporrà a che gli italiani lo facciano, prendendo in tal caso una attitudine passiva. White dichiara che non deve vedersi in questo atteggiamento di Wilson alcunché di ostile all’Italia, ma solo un radicato ed inflessibile pensiero di Wilson il quale crede che una diversa decisione possa essere una futura ragione di guerra, dato che Fiume è uno sbocco indispensabile alle popolazioni slave del retroterra.

Dalla forma dell’esposizione e da alcune lievi sfumature devesi ragionevolmente ritenere che il pensiero di White non sia assolutamente identico a quello di Wilson ma più favorevole ad una soluzione quale è da noi desiderata. Egli però non potrebbe in nulla modificare le risoluzioni [del] presidente.

A proposito dei recenti incidenti di Fiume, White ha ripetutamente affermato di rendersi conto come siano avvenuti ammettendo implicitamente che l’iniziale responsabilità risale ai francesi. Ha dimostrato compiacimento per la scelta di Robilant quale membro italiano della Commissione d’inchiesta. Ha confidenzialmente narrato che l’incaricato d’affari americano a Roma ha avuto istruzione di non associarsi ad eventuali passi che a proposito degli incidenti di Fiume fossero fatti dagli ambasciatori di Francia e di Inghilterra.

Quanto al contegno di Clemenceau nel Consiglio dei Cinque ha narrato che Lansing ne ha avuto una impressione di disgusto attenuata solo dalla considerazione dell’età avanzata di Clemenceau. Di riflesso ha riportato un’ottima impressione di Crespi che ha saputo conservare la sua calma senza acuire il dissidio e senza diminuire la propria dignità.

Circa le questioni di Asia Minore, White ha detto che si adopererà in ogni modo perché l’Italia abbia piena soddisfazione. Specialmente nei riguardi di Eraclea egli riconosce fondate le nostre domande. E’ stato sorpreso dal fatto che i francesi hanno delle truppe ad Eraclea come ne hanno insieme agli inglesi sulle linee del vilayet di Aidin e sulla Soma Panderma. Ha chiesto tutti i dati che noi possediamo a tale riguardo ed essi gli verranno da me comunicati oggi stesso. Tali dati, secondo una sua asserzione, verranno telegrafati a Wilson che li ignora.

Per questa questione di Asia Minore avrò da ora in poi frequenti rapporti col sig. Buckler fratellastro di White (presente alla colazione) che mi ha dichiarato di essere fautore di mandato unico in Anatolia da affidarsi all’Italia. Detto signore è adesso l’esperto della Delegazione americana per tali questioni.

Quanto alla ratifica del Trattato con la Germania, White ritiene per fermo che essa si avrà malgrado qualche opposizione. In genere l’America desidera la pace ed in specie il mondo commerciale desidera riprendere gli affari che i commercianti francesi hanno probabilmente già ripreso. Un ritardo nella ratifica metterebbe gli americani in dannoso ritardo nella ripresa dei commerci.

Il sig. Buckler ha detto che la questione del Tirolo è oramai chiusa. La parte meridionale di esso è ormai data all’Italia, e perciò ogni discussione in proposito deve considerarsi finita. Però l’America confida che l’Italia, che ha saputo mostrare la sua liberalità anche verso gli Arabi di Libia, saprà mostrarla con opportune concessioni e garanzie anche verso i tedeschi dell’Alto Adige.

93 1 Vedi al riguardo D. 91.

93 2 Crespi rispose alle 20,40 di quella stessa giornata con T. Gab. 333/893, con il quale comunicava di non essersi potuto ancora incontrare con Balfour e Lansing, ma che contava di poter dare seguito alle istruzioni ricevute nella giornata successiva.

93

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI

T. Gab. 219/140. Roma, 11 luglio 1919, ore 13,50(perv. ore 15 dell’11).

Comandante navale superiore inglese Smirne aveva ordinato truppe greche non oltrepassare linea stabilita. Ciò malgrado, esse giunte 25 chilometri sul Meandro da dove battono con artiglieria le nostre posizioni1. Alle domande del nostro comandante navale commodoro inglese ha risposto non aver più fede nelle parole della autorità greche le quali sono spinte dallo stesso Venizelos alla disubbidienza agli alleati. Prego intrattenere subito separatamente di quanto precede Clemenceau, Lansing e Balfour rappresentando urgentissimamente necessità che Venizelos sia richiamato stretta osservanza decisioni Conferenza e che le truppe siano fatte immediatamente ritirare ed obbediscano al commodoro inglese. Dalle posizioni ove sono esse hanno anche aperto fuoco fucilerie contro reparti italiani2.

94 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

94 2 Vedi D. 87.

94

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. 334/43501. Parigi, 11 luglio 1919(perv. stesso giorno).

Anche oggi seduta tranquilla.

Furono uditi maresciallo Foch, ministri ceco, serbo, rumeno circa azione contro Ungheria.

Riferirò dettagliatamente a voce. Interpellato cosa avrebbe fatto Italia, ho seguito istruzioni V. E.2 però come mia risposta provvisoria aggiungendo che V.E. potrà dare risposta definitiva. Ciò perché mi accorsi che la discussione non avrebbe concluso oggi come infatti avvenne. Congratulazioni vivissime per suo discorso Camera.

95 1 Gruppo mancante.

95

L’INCARICATO D’AFFARI A WASHINGTON, ARONE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. 2154/362. Washington, 11 luglio 1919(perv. il 13).

Il discorso con cui Wilson ha accompagnato la presentazione formale al Senato del Trattato di pace colla Germania s’imposta fondamentalmente sulla situazione politica che al riguardo esiste nel Senato medesimo e in genere in paese.

Ed è quindi dedicato in modo speciale alla Lega delle Nazioni ed insieme all’esaltazione del compito cui è chiamata l’America; gli attacchi al Trattato sono ormai definitivamente attorno alla parte che riguarda la Lega delle Nazioni e gli obblighi internazionali derivatine agli Stati Uniti. Naturalmente il discorso fa […]1 lo stesso, larga parte al contributo americano alle guerra e alla Conferenza di Parigi. E accorda pure trattazione ampia al Trattato propriamente detto e alla descrizione del nuovo assetto politico ed economico cui esso dà vita. Ma nell’ordine logico del discorso stesso queste parti hanno piuttosto carattere di premesse, le quali permettano poi di argomentare nella sua parte centrale, l’assoluta necessità della Lega della Nazioni come particolare presidio per la completa [...]1 e per il mantenimento dell’ordine di cose stabilito a Parigi. Nella perorazione finale Wilson ricorda la posizione nel mondo che la partecipazione americana ha fissato per l’America e si pone la domanda se sia mai possibile che gli Stati Uniti rifiutino la direzione morale chiaramente offerta loro. Con che apparisce chiaro il piano Wilson di lusingare l’amor proprio nazionale americano nella speranza di sollevare tale entusiasmo popolare da fare piegare o quanto meno ridurre il più possibile le opposizioni sollevate contro taluni degli amici della Lega della Nazioni per i pericoli temuti alla sovranità ed alla libertà americana. Il discorso si mantiene nelle generali e mancano spunti e attacchi polemici di carattere interno. Vi è invece l’offerta di porsi a disposizione del Senato per le notizie e le spiegazioni desiderate. Ciò che potrebbe dare conferma alla voce corrente che Wilson intenda di assumere invece attitudine conciliante nei suoi rapporti personali col Senato. A proposito attitudine di Wilson è anzi a […]1 come la stampa a lui amica gli attribuisca la disposizione ad accettare la ratifica del Trattato con riserve, se riserve stesse non alterino la portata del Trattato. Manca pure nel discorso qualsiasi accenno ad affari interni americani. E pel Trattato colla Francia è detto che esso farà oggetto di uno speciale messaggio al Senato. Di contro discorso dà risalto fra l’altro alle difficoltà create alla Conferenza dall’esistenza di trattati e di intese segrete. Dice infine che salvo pochissime eccezioni delegati alla pace si mostrarono sinceramente desiderosi liberarsi delle sinistre influenze del passato. E conclude che l’atmosfera nella quale la Conferenza condusse i propri lavori non era fatta dalle ambizioni dei governi forti ma dalle speranze e dalle aspirazioni delle piccole nazioni e dei popoli oppressi. Se Trattato stabilito a Parigi non è esatto, con quello che Wilson avrebbe scritto, nessuno dei princìpi a cui fu inteso dare forma fu violato nella sua essenza.

96 1 Vedi D. 80, qui trasmesso nella sua traduzione italiana.

96

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, TOMMASINI,AI PREFETTI DI GENOVA, POGGI, E DI TORINO, TADDEI

T. Gab. riservato personale 235. Roma, 12 luglio 1919, ore 13,20.

Prego comunicare a S.E. Tittoni che passerà costì oggi col treno di lusso per Parigi quanto segue:

«S.E. Nitti ha ricevuto la seguente lettera di Clemenceau in data 9 corrente1: “A causa dei massacri di cui i soldati francesi sono vittima in Italia, ho l’onore di farvi conoscere che ho dato ordine di rimpatriare la brigata mista francese ancora dislocata in Italia. Tuttavia, per assicurare il servizio della linea di comunicazione degli eserciti alleati d’oriente, io mantengo fino a nuovo ordine un battaglione scaglionato sulla linea da Modane a Trieste nonché gli elementi sulla linea da Ventimiglia a Taranto”.

S.E. Nitti desidererebbe conoscere d’urgenza avviso di V.E. sui punti seguenti:

1) Non sarebbe opportuno rilevare procedura affatto insolita di un presidente del Consiglio che si dirige personalmente ad un altro anziché seguire la consuetudinaria via diplomatica?

2) Non sarebbe preferibile che la risposta anziché direttamente da S.E. Nitti a Clemenceau fosse data per mezzo del conte Bonin o, tutt’al più, da V.E.?

3) Sembra necessario protestare energicamente contro il motivo addotto per il ritiro della brigata francese che è assolutamente contrario alla verità. Anche secondo le versioni francesi giunte a questa ambasciata di Francia, gli incidenti avvenuti in questi ultimi tempi con soldati francesi in Italia sono di piccolissima importanza.

4) Sembra ugualmente necessario lo stabilire chiaramente che le truppe francesi le quali si trovano attualmente in Italia possono ritirarsi più o meno rapidamente ma non cambiare dislocamento in modo da esercitare sopra linee ferroviarie un controllo ed una sorveglianza che nessuna circostanza di fatto giustifica e che sono incompatibili colla dignità dell’Italia.

97 1 Non pubblicati.

97 2 Vedi D. 79.

97

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. per posta 17617/5225. Roma, 12 luglio 1919(perv. il 13).

Ho preso cognizione, pel tramite del Governo dell’Eritrea, dei telegrammi nn. 86, 92 e 93 che il r. ministro in Addis Abeba ha diretto all’E.V.1.

L’atteggiamento assunto dalla Francia nei riguardi dell’Etiopia sorpassa ormai ogni limite. Da sua parte non si tratta più ora soltanto di un patrocinio morale che essa cerchi, con ogni sforzo e grandi mezzi, di esercitare su quell’Impero per assicurarsi tutto un vasto campo di sfruttamento economico e commerciale, ma si tratta decisamente di farsi attribuire dalla Lega delle Nazioni il mandato sull’Abissinia. Noi dobbiamo opporci con ogni mezzo alla riuscita di un tale piano che segnerebbe la fine di ogni nostra influenza in Etiopia, e infrangerebbe la ragione d’essere delle stesse nostre colonie dell’Eritrea e della Somalia.

Debbo, quindi, insistere completamente su quanto ho avuto già occasione di manifestare all’E.V. col telegramma posta n. 5073 del 9 luglio corrente2 circa l’azione da spiegare da parte nostra a Parigi, Londra e ad Addis Abeba. Specialmente a Londra si deve trovare, per la difesa dei rispettivi interessi d’Italia e Inghilterra, un valido appoggio contro le soverchianti tendenze francesi. Non potendo io concepire che quell’unione tra Francia e Inghilterra, della quale si è avuto più d’un sintomo in altri campi dell’azione politica, sia di natura tale da mettere l’Etiopia alla completa mercé della Francia, dopo fatti salvi gli interessi inglesi allo Tsana, con esclusione assoluta dell’Italia.

Quanto all’azione da esercitare ad Addis Abeba, è necessario che il conte Colli agisca con prudente abilità per neutralizzare bensì l’azione francese ed allontanare dal Governo etiopico l’idea di entrare nella Lega delle Nazioni, ma senza spingere in forma troppo palese la sua azione, per non generare diffidenza nel Governo etiopico e dare a vedere una intromissione nostra contraria all’accordo di Londra del 1906.

L’E.V. ha già potuto esaminare quanto così avviene per l’Etiopia e trarne norma in relazione alla situazione generale. Le sarò quindi particolarmente grato di ogni comunicazione che sarà in grado di farmi in argomento di così alta importanza.

98

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,ALL’ALTO COMMISSARIO A COSTANTINOPOLI, ALLIATA,E AL COMMISSARIO A SOFIA, ALIOTTI

T. per posta 897. Parigi, 13 luglio 1919, ore 12.

Comitato centrale territoriale convocato per studio frontiere definitive Bulgaria ha concluso come segue. Per Dobrugia rimane aperta possibilità intesa diretta fra Romania e Bulgaria. Verso Serbia ammessa cessione regione Strumitza e modifiche frontiera presso Tzaribrod e più lieve rettifica presso Zaieciar. Per frontiera bulgara sud circa Tracia non fu raggiunto accordo fra delegati varie potenze. Delegati Francia, Inghilterra e Giappone confermarono frontiera sfavorevole alla Bulgaria già sostenuta nella Commissione per esame richieste greche. L’Italia propose mantenimento frontiere quali erano prima della guerra. Delegati americani dopo aver chiesto rinvio seduta per esaminare argomenti italiani hanno nella seduta definitiva fatta propria la proposta italiana specificando mantenimento frontiere bulgare del 1915, compresi cioè territori Maritsa ottenuti da Turchia. Su questi due punti di vista dovranno decidere capi di Stato.

Quanto precede in via confidenziale essendo stabilito che il lavoro della Commissione resta segreto. Tuttavia ella potrà valersene nel modo opportuno per comunicazioni confidenziali, di carattere generale e come da fonte indiretta.

99 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

99 2 Vedi D. 102.

99 3 Con T. 4039/4378, in pari data, non pubblicato, Tittoni comunicò a Nitti di condividere il pensiero di Crespi e di augurarsi quindi che il Trattato di pace fosse dall’Italia ratificato il più presto possibile.

99

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4036/9001. Parigi, 13 luglio 1919, ore 14,30(perv. ore 17,30).

Dalle riunioni che hanno luogo a Versailles per l’esecuzione del Trattato con la Germania e che per ora riguardano particolarmente le prestazioni dovute dalla Germania di materiali per la restaurazione delle terre invase, del carbone e delle materie prime, è stata posta in evidenza la prevista necessità di ratificare d’urgenza il Trattato suddetto. In effetti, tenuto conto che per l’entrata in vigore del Trattato basta la ratifica di tre sole grandi potenze e che la Francia, l’America e il Giappone ne otterranno presto l’approvazione dei rispettivi Parlamenti, se il Trattato stesso non divenisse esecutivo anche per noi, contemporaneamente, non potremmo conseguire le somministrazioni anzidette, né far parte della Commissione riparazioni e degli altri grandi organismi costituiti dal Trattato. La nostra assenza nella discussione iniziale, specie nella Commissione riparazioni, costituirebbe una nostra inferiorità, che potrebbe pregiudicare definitivamente nostri interessi. Prego quindi V.E. di esaminare tale condizione di cose che consiglia la presentazione del Trattato per la ratifica al Parlamento nel presente periodo di lavori, chiuso il quale la ratifica subirebbe un lungo ritardo. In ogni caso prego V.E. telegrafarmi2 deliberazioni Governo al riguardo per opportuna norma Delegazione3.»

100 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

100 2 Vedi D. 93.

100 3 La nota è edita, nella sua versione inglese, in FRUS, PPC, vol. VII, p. 128.

100 4 Il telegramma fu trasmesso con T. 9668 in data 16 luglio al sottosegretario agli Esteri, Sforza, il quale annotò: «Non vedo argomento per risposta».

100

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, CRESPI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. Gab. 344/9071. Parigi, 13 luglio 1919, ore 19(perv. ore 8 del 14).

In seguito telegramma S.E. Tittoni n. 219/140 Gab.2 ho ieri in Consiglio dei Cinque letto seguente richiesta: «Come è noto il 1° luglio i greci furono costretti dalle forze turche a sgombrare Aidin, ma poterono rioccuparla il 5. Anzi dopo tale giorno continuarono la loro avanzata a sud della linea loro fissata dal Consiglio dei Quattro nella seduta del 19 maggio (Ayasoluk - Aidin).

È da rilevarsi che detto Consiglio dei Quattro aveva anche stabilito che i greci non potessero fare alcuna occupazione fuori del sangiaccato di Smirne e del cazà di Aivali senza autorizzazione del comandante navale più anziano e cioè del commodoro inglese. Pertanto il commodoro inglese essendosi opposto alla rioccupazione di Aidin da parte dei greci, e cioè per evitare inutili massacri, egli sarebbe stato in pieno diritto di essere ubbidito.

Invece come si è detto non solo i greci hanno rioccupato Aidin ma si sono spinti da 20 a 25 Km a sud della linea massima loro consentita incontrandosi per conseguenza con truppe italiane e prendendo a fucilate qualche pattuglia. Velivoli greci hanno mitragliato truppe italiane in marcia da Giroba verso il meandro ed artiglierie greche hanno sparato sulle posizioni italiane.

In queste condizioni di cose il commodoro inglese ha inutilmente ordinato all’alto commissario ellenico che siano rispettati i suoi ordini, i quali nella situazione presente riflettono principalmente l’immediato ritiro delle truppe greche a nord della linea ferroviaria di Aidin.

Risulta anzi che in un primo tempo istruzioni sono venute da Parigi all’alto commissario ellenico a Smirne di procedere alla rioccupazione di Aidin anche contro le tassative disposizioni del commodoro inglese, il quale ha ripetutamente dimostrato la sua indignazione per la disobbedienza ai suoi ordini. Ho quindi l’onore di chiedere che questo Consiglio Supremo faccia energicamente sentire alla delegazione ellenica che gli ordini del commodoro inglese debbono essere rispettati»3.

Dopo qualche osservazione di Clemenceau, Balfour ha assicurato che avrebbe telegrafato al commodoro inglese a Smirne per sapere stato delle cose4.

101

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4054 (min. int.). Roma, 14 luglio 1919, ore 10,20.

Ti prego prendere in seria considerazione trattative dirette con jugoslavi. Al punto attuale nulla da perdere tutto da guadagnare. Occorrerebbe che Quartieri non tardasse a venire.

102 1 Vedi D. 99, nota 3.

102 2 Nella stessa giornata con T. 4049/4393 De Martino comunicò che nella serata ne sarebbero state inviate a Roma 150 copie, facendo al contempo presente che solo nella giornata precedente la Delegazione italiana aveva ricevuto l’edizione definitiva del testo in questione.

102

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4042. Roma, 14 luglio 1919, ore 13,35.

Risposta a telegramma 13 corrente n. 43781. Convengo nell’opportunità che ratifica Trattato pace con Germania avvenga al più presto e provvederò perché Camera deputati possa deliberarla prima di essere sciolta. Poiché però finora testo Trattato di pace non è pervenuto né a me né a Ministero Esteri prego disporre che mi sia subito inviato2.

103 1 Vedi D. 43.

103

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2161/8052. Roma, 14 luglio 1919, ore 22(perv. ore 10 del 15).

Confine sud occidentale della Tripolitania. Nella mia lettera 4950 del 3 corrente1 ricordai come avendo il sig. Simon aggiunto all’offerta di rettificazione del confine sud occidentale della Tripolitania da noi respinto perché insufficiente il territorio che va al massiccio del Tibesti, anche questa offerta aggiuntiva era stata nettamente dichiarata inaccettabile dall’on. Crespi. Tuttavia poiché sono giunte fino a me voci, che ritengo siano infondate, di nuove offerte del Borcu e del Tibesti da parte della Francia sempre a titolo di compenso pella denegazione opposta alla richiesta nostra fondamentale, desidero confermare la inaccettabilità di siffatta proposta che riguarda territori di nessun valore ai nostri fini, di difficile costosa amministrazione che può fare comodo alla Francia che siano in mano nostra poiché obbligherebbe noi a fare a nostro rischio e spese il servizio di vigilanza dei possedimenti francesi contro un nido di predoni.

104 1 Il telegramma 2166/70 fu inviato da Varsavia via radio a Bucarest l’8 luglio 1919 e pervenne a Parigi il 15 luglio alle ore 15.

104 2 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di ricostruire il contenuto.

104 3 Parola mancante.

104 4 Non rinvenuto.

104 5 Per la risposta vedi D. 164.

104

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2194-2166/69-701. Bucarest, 14 luglio 1919, part. ore 1,25 del 15( perv. ore 1,50 del 17).

Bratianu mi ha parlato del colloquio avuto con V.E.2, e mi ha manifestato suo grande compiacimento per avere trovato l’E.V. consenziente nelle sue idee circa futura politica italo-rumena. Mi ha confermato possibilità dell’intesa da noi desiderata della Romania coll’Ungheria e la Bulgaria e efficacia del nostro concorso per effettuarla qualora però nostra azione sia in rapporto coll’avvertenza che i tre Stati hanno per noi data loro attuale potenza rispettiva e qualora tenace conciliativa politica italiana con Budapest e Sofia si faccia a Bucarest. In particolare per quanto riguarda Bulgaria, Bratianu mi ha detto che l’intesa è possibile se questa rinunzia a tutta la Dobrugia la quale è per essa d’importanza assai secondaria in paragone alla […]3 e all’Egeo: se egli aveva ammesso possibilità di qualche cessione della Romania in quella regione, ciò era subordinato alle rivendicazioni rumene nel Banato (mio telegramma Gabinetto n. 55)4. Bratianu quindi […]3 essersi lamentato della pretesa parzialità per bulgari delle nostre truppe di Dobrugia, al che ho opposto recisa smentita. Ha ripetutamente chiesto di pregare in suo nome V.E., volere fare dare ordini affinché esse non lascino quadrilatero (a meno che non siano sostituite da altre alleate) fino a che quelle rumene non possono occuparla. Inoltre Bratianu desiderebbe che Aliotti se è vero che sta per partire in congedo passasse da Bucarest nel tornare in Italia. Quanto intesa coll’Ungheria, essa dovrebbe concludersi con un Governo d’ordine, che non fosse però quello di Szegedin, e avere come condizione il pieno riconoscimento di questo del nuovo stato di cose in Transilvania. Un eventuale invio di truppe rumene a Budapest dovrebbe farsi, d’accordo con noi e soltanto, qualora a Parigi se ne facesse esplicita richiesta alla Romania tenendogliene poi il dovuto conto. Bratianu ha concluso accennando all’identità d’interesse dell’Italia e della Romania di fronte Russia e Serbia e dichiarando avere grande fiducia nelle parole di V.E. circa futuri rapporti tra i nostri due Stati. Qualora domanda di Bratianu circa sospensione della partenza delle nostre truppe dalla Dobrugia possa e voglia accogliersi credo che il nostro consenso debba essere subordinato alla condizione che la censura rumena impedisca a questo giornale [...]3 da organo officioso di rinnovare attacco aperto o velato all’Italia ed alle sue truppe riferito nei miei precedenti rapporti e telegrammi circa loro pretesa parzialità verso bulgari a danno dei romeni. Ogni eventuale incidente dovrebbe risolversi al di fuori dalle potenze mediante trattative dirette e amichevoli5.

105 1 Vedi D. 65.

105 2 Del 30 giugno, non pubblicato.

105 3 Parola mancante.

105

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2175/1027. Londra, 15 luglio 1919, ore 8,50(perv. ore 15 del 17).

Telegramma di V.E. n. 8551 e 4042.

Sulla base dei fatti segnalatimi ho vivamente raccomandato al Foreign Office urgenza azione politica Governo britannico intervenga presso il […]3 di Bel-grado onde ottenere che truppe serbe si ritirino prontamente dall’Albania. Foreign Office mi risponde d’aver subito comunicato mie istanze a Balfour e di confi-dare potermi fra qualche ora partecipare decisione del Governo britannico al riguardo.

106 1 Tittoni con T. 946 del 17 luglio rispose nei seguenti termini:«Questione Albania è ora oggetto di studio. Se come è possibile Conferenza nell’assestamento generale ci conferirà il mandato per l’Albania, allora scomparso ogni pericolo di conflitto con serbi nostro corpo di occupazione potrà essere molto ridotto».

106

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4055 (min int.). Roma, 15 luglio 1919, ore 10,40.

Prego non prendere impegni militari per Georgia. Credo che gente di mare farebbe ostruzionismo qualunque spedizione militare che è del resto inutile e dannosa. Attendo anche che tu mi chiarisca situazione Albania.

Ho accertato che nostra occupazione costa forse più di un miliardo e ha carattere spesa continuativa oltre trecento milioni all’anno. Ti telegraferò richiesta generale Piacentini che feci intervenire ieri Comitato guerra. Perché Albania possa dare qualche decina milioni all’anno di vantaggio all’Italia occorreranno molti anni. Perché questa follia? Che scopo si vuole raggiungere? Abbiamo ora oltre quarantamila uomini in Albania e si chiedono larghi complementi. È situazione che bisogna chiarire e attendo tuo consiglio1.

107 1 Si trattava di un voto di fiducia sul Governo. Vedi Atti parlamentari, Camera dei deputati, legislatura XXIV, I sessione (1913-1919), Discussioni, XVIII, tornata del 14 luglio 1919, pp. 19266 sgg.

107

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4056. Roma, 15 luglio 1919, ore 11,50.

Voto iersera fu magnifica manifestazione, avemmo centoquarantasei voti maggioranza1. Tutte opposizioni raccolsero solo centoundici voti compresi socialisti e alcuni democratici che poi sono non contrari nel sentimento al Governo. Votarono contro Salandra, Luzzatti, altri parlamentari eminenti che pure raccolsero voti. Mie dichiarazioni furono recise, respinsi voti dubbi, dissi che volevo non solo fiducia politica personale con espresso significato che nostro Governo è il più adatto gravi problemi interni internazionali. Mie parole destarono profonda impressione e voto ha significato importante. Oggi stesso comincia discussione esercizio provvisorio che chiedo per cinque mesi per avere libertà movimenti. Son sicuro averlo grande maggioranza ed avere quindi direzione sicura situazione. Dopo chiederemo sosta pochi giorni per discutere Senato e giorno ventitrè cominceremo discussione disegno scrutinio liste. Fatto notevole discussione ieri peraltro accesa politica estera. Parecchi oratori compreso Raimondo dissero chiaramente necessità non illudere Paese situazione adriatica opportunità tutti sentano penoso dovere rinunziare Fiume. Camera non reagì e credo opinione pubblica preparata. Ogni cosa che otterrai in più è dunque in attivo. Ti prego riprendere trattative dirette vedere quanto con ogni sforzo si può salvare. Ho disposto cessi Comando Supremo e molti generali ammiragli ritornino in Paese. Diaz collabora cordialmente. Ho sicurezza ridurre sciopero generale minime proporzioni.

108 1 Vedi D. 68.

108 2 Si tratta del T. riservatissimo 2095/1394 del 7 luglio e del T. segreto 2120/1212 del 9 luglio, non pubblicati.

108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE

T. segreto 915. Parigi, 15 luglio 1919, ore 12.

Suo telegramma segreto 14001.

Tendenza nuovo Governo accordarsi con Stato indicato suo telegramma suddetto deve essere da noi incoraggiata. Allo scopo diminuire rischio compromissione da parte nostra è necessario delegato che giungerà costì oggi inizi rapide trattative per tale accordo sotto direzione V.S. Se questi primi approcci riusciranno, sarà il caso esaminare se occorrerà integrarli fra Governi.

Per opportuna informazione avverto che dissidio fra serbi e rumeni permane tuttora anche di fronte necessità lotta comune contro bolscevismo Budapest.

Ai suoi telegrammi 1394 e 14142 rispondo che deve escludersi invio di truppe italiane in Ungheria a causa delle attuali condizioni interne dell’Italia e della inevitabile grave ripercussione che tale invio avrebbe sull’atteggiamento del Partito socialista italiano. Tale motivazione, naturalmente, non è da comunicare costà, ma lascio a V.S. trovar modo di rispondere alla richiesta fattaci nei modi più convenienti. Quanto all’invio di armi e munizioni non potremmo eseguirlo senza accordi cogli alleati e mi riservo ulteriori comunicazioni al riguardo.

109 1 Per la risposta di Auriti vedi D. 134.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’ALTO COMMISSARIO A SOFIA, ALIOTTI,E ALL’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI

T. 922. Parigi, 15 luglio 1919, ore 12.

Comitato centrale territoriale incaricato studio frontiere bulgare ha lasciato ancora aperta possibilità intesa diretta fra Rumania e Bulgaria dopo lunga discussione vari punti di vista. Delegazioni francese e inglese erano piuttosto contrarie a tale soluzione.

Delegazione americana riteneva doversi imporre senz’altro cessione alla Bulgaria di parte territorio Dobrugia meridionale. Delegazione italiana e giapponese sostennero necessità lasciare decisione a Rumania. È stato fissato giorno 25 corrente quale termine per presentazione conclusioni definitive da inserire nel Trattato con Bulgaria. Rimane pertanto ancora poco tempo per avviamento pratiche miranti ad intesa diretta fra Bucarest e Sofia1.

110 1 Vedi D. 89.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A L’AJA, GUARNERI

T. 919. Parigi, 15 luglio 1919, ore 13.

Con riferimento suo telegramma 11631 informola che ella non deve prendere alcuna iniziativa nella questione per la consegna del Kaiser all’Intesa, ma sibbene tenere un’attitudine passiva, limitandosi ad associarsi all’eventuali proposte e richieste dei suoi colleghi alleati.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4064/4433. Parigi, 15 luglio 1919, ore 21,10(perv. ore 5,20 del 16).

Oggi ha avuto luogo la prima riunione del Consiglio dei Quattro dopo il mio ritorno a Parigi.

Dopo aver discusso di alcuni problemi di secondaria importanza per noi, si è parlato della questione greco-bulgara. Il sig. Clemenceau si è lagnato meco dell’atteggiamento dei nostri rappresentanti locali, specie militari, per le simpatie da essi dimostrate ai bulgari ma ha subito soggiunto che le sue lagnanze non si rivolgevano contro l’attuale Governo della cui politica franca e leale non era possibile dubitare. Il sig. Clemenceau che ha usato anche oggi verso di me un contegno cordiale e deferente ha proposto alla Conferenza di dare a me l’incarico di trattare col sig. Venizelos a nome del Consiglio degli alleati di tutte le questioni pendenti fra la Bulgaria e la Grecia al fine di vedere se non sarebbe preferibile ottenere un accordo fra i due Paesi prima del 25 corrente, data fissata per la convocazione a Parigi della Delegazione bulgara. Il presidente del Consiglio ha aggiunto che era suo vivo desiderio di vedere Italia assumere la direzione degli accordi da avviare fra i due Paesi in questione e sopra tutto di ritrovarla disposta ad una politica di cordiale e sincera cooperazione con gli alleati. Vedrò probabilmente domani mattina Venizelos per formarmi un concetto circa le possibilità che il problema affidatomi presenta. Essendo fatto cenno in fine della seduta alla situazione in Asia Minore ho colta l’occasione per affermare il nostro punto di vista e la necessità che i greci si attengano alle prescrizioni degli alleati per evitare conflitto.

Le mie osservazioni non hanno provocato alcuna obiezione mentre si è deciso di interrogare nella seduta di domani lo stesso Venizelos al quale saranno probabilmente confermate le istruzioni già deliberate precedentemente dal Consiglio dei Quattro. Io ho profittato squisita occasione per dar una formale smentita alle accuse di connivenza con la Turchia mosse da Venizelos all’Italia.

112

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI TITTONI, A PARIGI

T. 2168/4062. Roma, 15 luglio 1919, ore 21,20(perv. ore 23,30).

Per passi che V.E. riterrà opportuni di fare comunico a V.E. seguenti telegrammi del generale Grazioli. Telegramma in data 10 corrente:

«Anche oggi ordine pubblico perfetto, città calma. Se tale situazione perdurerà domani accoglierò domanda generale francese abolizione restrizione libera uscita truppe e ripresa attività militare normale previe nuove esortazioni cittadinanza mantenere contegno corretto. Generale Savy mi avverte ora che è prossimo arrivo Fiume incrociatore corazzato francese “Waldeck Rousseau”. Ritengo abbia circa 800 uomini a bordo. Conoscendo per prova contegno marinai francesi specie dopo naturale eccitazione ultimi fatti, mi induco ad esprimere avviso debbasi fare ogni sforzo per evitare possibilmente detto arrivo procurando inviarli Pola o quanto meno ottenere che per elementare misura prudenza mi sia concesso stabilire opportune limitazioni discesa e diporto in città equipaggio durante sua permanenza Fiume. Sarebbe necessario far presente Governo francese che non aderendo a tali indispensabili limitazioni difficilmente sarebbero evitati nuovi incidenti con popolazione, che è comune interesse evitare».

Telegramma in data 11 corrente:

«Anche oggi città calma. Le truppe interalleate riprendono gradatamente loro vita normale con le speciali misure stabilite per evitare nuovi incidenti. Arrivato stasera a Fiume S.E. Robilant. Nessun altro membro Commissione arrivato finora. Invece si notano continui arrivi autorità militari navali inviate dai rispettivi Governi per assumere informazioni sui fatti accaduti e riferire. Reputo mio dovere far presente che tali inchieste extra Commissione inevitabilmente unilaterali sono molto pericolose. Sarebbe prudente ottenere dai vari Governi che l’impediscono essendo logico rimettere ogni esame esclusivamente a Commissione che sola potrà avere documenti al completo. Nostra relazione quasi ultimata con le numerose testimonianze annesse. Posso assicurare che nostra condotta ne risulta corretta e che condotta popolazione largamente giustificata, ripetute le gravissime provocazioni tutte comprovate da regolari testimonianze.

Permettomi di insistere su quanto ho riferito ieri circa preannunziato arrivo incrociatore francese “Waldeck Rousseau” avendo oggi avuto conferma che equipaggio detta nave proviene da Costantinopoli proprio quale accennavo ieri.

Generale Savy il quale ha conferito in proposito con testimoni oculari mi ha assicurato che finché non sarà sicuro sua disciplina vieterà sbarco.

Due marinai americani oggi giunti con nave portante ammiraglio Andrews hanno dato luogo ad incidente per ubriachezza. Anche per questo, partenza ammiraglio e loro navi sarebbe altamente desiderabile nell’interesse ordine pubblico».

113 1 Vedi D. 99, nota 3.

113 2 Vedi D. 102, nota 2.

113 3 Nitti rispose con T. 2197/4091 del 17 luglio 1919, non pubblicato, facendo presente di aver preso opportuni accordi con il Ministero degli Esteri affinché il progetto di legge di ratifica del Trattato di pace con la Germania fosse predisposto secondo i precedenti indicati da Tittoni e in tempi rapidi.

113

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4071/936. Parigi, 16 luglio 1919, ore 19(perv. ore 23).

Mi riferisco ai miei precedenti telegrammi in data 13 corrente, n. 43781, e 14 successivo n. 43932, relativi ratifica Trattato di pace con la Germania.

Prego V.E. farmi conoscere quando approssimativamente potrà essere presentato disegno legge Parlamento3. Per un complesso di ragioni è di sommo interesse che ratifica nostro Parlamento abbia luogo al più presto.

Ritengo che forma da adoperare per la ratifica possa essere quella già usata per ratifica Trattati 1859 e 1866. Non credo necessaria traduzione italiana del testo da presentarsi al Parlamento, ma avverto, ad ogni buon fine, che essa è qui in parte già pronta. II Trattato con l’Austria sarà originalmente redatto anche in lingua italiana.

114 1 Vedi D. 111.

114

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4072/941. Parigi, 16 luglio 1919, ore 20,50(perv. ore 3 del 17).

Come telegrafai ieri1, durante odierna seduta Venizelos ha fatto esposizione situazione greca in Asia Minore. Dopo aver accennato difficoltà create dalla resistenza turca, egli ha chiesto autorizzazione occupare determinati punti strategici e di lasciare al Comando greco libertà movimento onde meglio provvedere alla sicurezza del corpo di occupazione. Ha anche chiesto che una compagnia di soldati francesi o inglesi sia inviata sul posto dinnanzi alle truppe greche esprimendo il convincimento che presenza, sia pure di una semplice rappresentanza di truppa alleata, produrrebbe sui turchi effetto salutare e gli consentirebbe di ritirare un paio di divisioni che potrebbero essere utilizzate in Macedonia a tenere in freno la Bulgaria. Il sig. Venizelos si è infine rivolto a me per chiedere se l’Italia gradirebbe di procedere d’accordo con la Grecia nelle zone attualmente occupate in Asia Minore, persuaso che in tal modo si otterrebbe la tranquillità per lo meno sul fronte greco-italiano. Il sig. Balfour ha da parte sua suggerito che la delimitazione tanto della zona italiana quanto della zona greca sia deferita al generale Allenby quale comandante supremo delle Forze alleate in Asia Minore e che di tale delimitazione lo stesso generale Allenby dia notifica al Governo turco per rassicurarlo circa intenzioni degli alleati. Ho risposto al sig. Venizelos che ero lieto di accettare la sua proposta e che pertanto lo avrei veduto con piacere per discuterla nei suoi particolari. Al sig. Balfour ho detto che l’accordo diretto fra me e Venizelos rendeva inutile l’incarico al generale Allenby, mentre era inteso che base di tale accordo sarebbe la sospensione di qualsiasi ulteriore avanzata così da parte greca che da parte italiana. Al Governo turco la Conferenza avrebbe notificato l’accordo stesso insieme con l’assicurazione che essi non avranno da temere alcuna nuova molestia essendo bene inteso che le decisioni della Conferenza circa l’Asia Minore non erano in nulla pregiudicate dalla situazione attuale.

Il sig. Clemenceau si è mostrato particolarmente soddisfatto della odierna soluzione.

Posso oggi esprimere senza riserva opinione che situazione nostra in seno alla Conferenza tende decisamente a migliorare.

Oggi si è sostanzialmente ottenuto:

1) Sanzione legale della Conferenza della nostra occupazione che fino ad ora si era rifiutato di riconoscere.

2) Arresto dell’avanzata greca con impegno formale che Venizelos suo malgrado ha dovuto prendere.

3) Venizelos ha dovuto persuadersi che la convinzione in cui era che la Conferenza gli avrebbe dato sempre ragione contro l’Italia oggi non regge più ed ha ormai bisogno di intendersi con noi.

Il Consiglio si è poi occupato oltre che delle clausole relative alle minoranze, delle questioni polacche e dello Schleswig, dell’articolo da inserire nel Trattato di pace con l’Austria relativo alle ferrovie del Passo di Reschen e del Predil.

L’articolo del Trattato consisteva nella istituzione di un arbitro che determinasse il contributo di spesa a carico dell’Italia e dell’Austria proporzionalmente ai vantaggi reciproci.

Malgrado grave opposizione per essere stato identico articolo soppresso nel Trattato di pace colla Germania, ho potuto ottenere soluzione transazionale, nel senso che spesa costruzione linea sia anticipata dall’Italia salvo a deferire ad un arbitro designato da Società delle Nazioni determinazione quote rimborso da parte dell’Austria, in ragione dell’aumento dei prodotti sulle reti austriache in dipendenza delle nuove linee costruite.

115 1 Il presente documento fu redatto con tutta probabilità per avere un quadro delle questioni da discutere in occasione di un previsto incontro tra Tittoni e Venizelos, unitamente all’appunto redatto da De Martino, qui pubblicato in allegato, sul contenuto dei precedenti colloqui avuti, sempre con Venizelos, da Sonnino e da Orlando.

115 2 Non rinvenuto.

115 3 Non rinvenuta.

115

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI1

Parigi, 16 luglio 1919.

Conversazioni con Venizelos

Obiettivo in Asia Minore: Valle del Meandro.

Se non si ottiene, avremo fatta guerra per niente, perché zona di Adalia era nostra prima della guerra, Konia non ha valore (deserto salato).

1) Cercare di avere rinunzia greca a Valle del Meandro (sgombero sino a linea Hipsiti, ecc.) appoggiandosi unicamente alle presenti difficoltà militari greche in Asia Minore. (Proposta collaborazione italo-greca).

2) Se ciò non possibile, o se si preferisce accordo complessivo italo-greco, la situazione è come appresso:

Domande italiane

1) Capo Stylos

2) Valle del Meandro

3) Collaborazione diplomatica

Concessioni italiane

1) Rotabile Janina Monastir

2) Konispolis

3) Isole (vedere appunto)

4) Tracia (v. memoria Castoldi del 15 luglio)

5) Autonomia di Arghirocastro e Delvino sotto sovranità albanese in conformità Patto Corfù maggio 1914 (in secondo tempo).

Allegato

APPUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO

Parigi, 16 luglio 1919.

Conversazioni fra S.E. Sonnino e sig. Venizelos nel gennaio-febbraio 1919.

1) Deve restare all’Albania la regione costiera con limite sud a Capo Stylos.

2) Italia non si opporrebbe a che nei territori di Koritza, Kolonia e Leskovic venga tracciata una nuova frontiera che lasci in possesso della Grecia tutta la rotabile da Janina a Monastir.

3) Qualora l’Italia abbia soddisfazione sul punto n. 1, e sulla questione delle isole, può prevedersi un’attitudine amichevole dell’Italia verso la Grecia per Smirne e Tracia.

4) Occorre accordo su tutto, se no, niente.

Colloquio Orlando - Venizelos 6 febbraio 1919.

- Smirne: inteso

- Epiro: non conosce questione

- Adalia: vada De Martino

- Venizelos: volete che vi aiuti lui?

- Orlando: no. Se difficoltà vi avvertiremo.

Obiettivo in Asia Minore: Valle del Meandro.

Se non si ottiene, avremo fatta guerra per niente, perché zona di Adalia era nostra prima della guerra, e Konia non ha valore (deserto salato).

1) Cercare di avere rinunzia greca a Valle del Meandro (sgombero sino a linea Hipsiti, ecc.) appoggiandosi unicamente alle presenti difficoltà militari greche in Asia Minore (proposta collaborazione italo-greca).

2) Se ciò non è possibile, o se si preferisce accordo complessivo italo-greco, la situazione è come appresso:

Domande italiane

1) Capo Stylos

2) Valle del Meandro

3) Collaborazione diplomatica

Concessioni italiane

1) Rotabile Janina Monastir

2) Konispolis

3) Isole (vedere appunto)2

4) Tracia (v. memoria Castoldi del 15 luglio)3

5) Autonomia di Arghirocastro e Delvino sotto sovranità albanese in conformità Patto Corfù maggio 1914. (in secondo tempo).

116 1 Vedi al riguardo D. 101.

116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4086/943. Parigi, 17 luglio 1919, ore 11,45(perv. ore 19,15).

Resoconto giornaliero telegrafico Conferenza è indirizzato a te solo. Ti prego perciò mandarne copia a S.M. il Re ed al Ministero Affari Esteri. Negli ambienti inglesi ed americani si dice che la malattia di gola di Lloyd George abbia qualche gravità. Un italiano giunto da Londra mi ha confermato questa voce e mi ha detto che si tratta di un’escrescenza che si teme abbia carattere maligno.

Quartieri giunge qui sabato ed inizierà subito scandagli presso jugoslavi1. Intanto Volpi che deve oggi trovarsi con Vesnič procurerà con prudenza di conoscere sue intenzioni. Io intanto ho iniziato conversazione con Clemenceau e White.

117

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4074. Roma, 17 luglio 1919, ore 12.

Ieri con enorme maggioranza Camera dopo mie vibrate dichiarazioni votò esercizio provvisorio fino trentuno dicembre. Tutta Camera compreso Fascio mi fece in fine seduta vera ovazione dopo mie ferme parole. Situazione è interamente capovolta e devo ora frenare eccessivi entusiasmi per Ministero. Possedendo ora mezzo fare elezioni, niuna opposizione appare possibile, niuna nuova formazione. Puoi dunque condurre trattative con grande vigore. Il Paese è pronto a ogni sacrifizio e comincia intendere disastro sua politica estera. Ciò che occorre è uscire dignitosamente. La soluzione che mi hai prospettata sarebbe accolta bene. Anche dalmati e fiumani desiderano soprattutto avere la sicurezza. Ho provveduto per tutti generali e ammiragli che in buona fede rappresentano tendenza più nazionalista e che leggermente il nostro Governo ha spinto a un’azione di eccessivo entusiasmo. Ti raccomando quindi procedere con sicurezza in ciò che credi più utile interessi nostro Paese.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4078/944. Parigi, 17 luglio 1919, ore 13(perv. ore 16,30).

Ho notificato agli inglesi che noi non possiamo sostituire le truppe che essi ritirano dalla Georgia. Colonnello Gabba che tornerà in Georgia dove trovasi già nostra Missione rinvierà in Italia una parte dei componenti la Missione stessa e dirà al Governo georgiano che noi non possiamo mandare soldati ma che siamo pronti dare ad essi consigli per l’organizzazione civile e militare del Paese ed anche a mettere a sua disposizione qualche nostro funzionario competente che possa assisterli nell’organizzazione del Paese e ciò come prova del nostro appoggio morale. Inoltre ci proponiamo spiegare un’attività commerciale per mettere in valore, d’accordo con loro ed insieme a loro, le ricchezze non ancora sfruttate del loro territorio.

119 1 Tittoni rispose con T. riservatissimo 4189/4849 del 26 luglio, non pubblicato, comunicando a Nitti di convenire con lui pienamente ed informandolo che si sarebbe valso dell’argomento per ottenere quanto occorreva all’Italia in Albania.

119

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4089. Roma, 17 luglio 1919, ore 23(perv. ore 7,45 del 18).

Al momento della risoluzione del problema Adriatico reputo che un argo-mento atto a provocare non pochi contrasti sarà quello della soluzione del problema montenegrino. Personalmente sarei propenso a ritenere che non convenga all’Italia di porre fra i principali suoi postulati la conservazione dell’indipendenza montenegrina: poiché l’unione del Montenegro con la Jugoslavia in un avvenire più o meno lontano sembrami cosa inevitabile, credo preferibile che l’Italia non prenda in proposito una posizione troppo recisa che faccia di noi i soli difen-sori dell’indipendenza montenegrina e sia atta a provocare nuovi ed immediati argomenti di dissidio con la Jugoslavia ed a suo tempo un dannoso smacco per la politica italiana. Ti sarò grato se vorrai farmi conoscere il tuo pensiero su tale questione1.

120 1 Vedi DD. 111 e 114.

120

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4090. Roma, 17 luglio 1919, ore 23,15.

Ho letto con profondo compiacimento i tuoi telegrammi del 15 e del 16 corrente1. Quanto hai ottenuto circa il riconoscimento della nostra occupazione militare in Asia Minore, la parte direttiva affidatati nel regolamento delle questioni bulgaro-greche che tanto interessano l’avvenire balcanico, l’accoglimento del tuo punto di vista nelle questioni ferroviarie di Rechen e del Predil, il sensibile cambiamento che si avverte nell’attitudine degli alleati verso di noi, addimostrano chiaramente quali servigi la tua chiaroveggente abnegazione e la tua autorità personale abbiano già reso al Paese.

Sono in particolar modo lieto di vederti iniziare trattative dirette con Venizelos.

Lo sviluppo dei rapporti italo-balcanici e specialmente italo-greci è a mio parere questione di capitale importanza e noi vi dobbiamo dedicare ogni nostra cura ed ogni nostra attenzione.

121 1 Per la risposta vedi D. 132.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 954. Parigi, 17 luglio 1919.

Certamente Wilson deve avere ricevuto dai delegati americani di Parigi telegrammi circa l’attitudine della nuova Delegazione italiana. Prego indagare quale sia stato il tenore, se Wilson ne abbia ricevuto favorevole impressione e se c’è da sperare che si mostri più condiscendente a nostro riguardo1.

122 1 Si pubblica la minuta di questo telegramma, in quanto non se ne è rinvenuta la copia in arrivo.

122 2 Il telegramma 2244/378 fu spedito da Washington il 20 luglio e giunse a Parigi il giorno successivo alle ore 11.

122

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 3751-376-377-378. Washington, 17 luglio 1919 2(perv. ore 15 del 19).

Ho avuto testé un lungo e cordialissimo colloquio con Polk che lascia domani Washington per imbarcarsi domenica colla moglie e due figli sul piroscafo «Imperator». Egli spera abboccarsi prima con Lansing atteso a New York sabato. Gli ho esposto con tutta franchezza, limitata appena dalle necessarie riserve, il corso dei negoziati di Parigi relativi alle nostre questioni. Analizzando con lui le cause complesse che hanno addotto alla presente difficile situazione ho annoverato anche l’attitudine meno amichevole dei nostri alleati soprattutto della Francia evidentemente gelosa dei buoni rapporti italo-americani. Ho tratteggiato il sentimento delle nostre popolazioni rispetto a Fiume e le altre impellenti necessità politiche strategiche ed economiche dell’Italia per conchiudere che è ancora dall’America (che l’Italia considera sempre la sua migliore amica) che ci ripromettiamo nella questione di Fiume il sostegno ad una soluzione conciliativa che non urti contro il nostro prestigio e contro l’aspettativa della nazione, e l’appoggio necessario a soddisfare rispetto agli altri problemi i nostri interessi legittimi fin qui volutamente disconosciuti dalla ingiustificata gelosia o rivalità altrui. Ho diffidato Polk contro le insinuazioni che dipingono l’Italia come elemento perturbatore intransigente ed arrogante e gli ho detto che la falsità di questa accusa egli avrebbe constatato ampiamente ai primi contatti con V.E. di cui avrebbe accertato in pari tempo la simpatia verso gli Stati Uniti ed il proposito di consolidare vieppiù attraverso una politica di stretto affiatamento le relazioni sentimentali e di interesse dei due Paesi. A questo riguardo Polk mi ha detto che verrà collo scopo di entrare in rapporti con V.E. di cui aveva già udito gli apprezzamenti più lusinghieri aggiungendomi che il colloquio da lei avuto con Lansing prima di recarsi a Roma gli era stato segnalato come assai soddisfacente. Dopo non aveva saputo altro essendosi limitate le informazioni da Parigi agli incidenti italo-francesi a Fiume.

A mia domanda mi ha detto che Wilson impegnatosi ormai a negare la sovranità italiana su Fiume rimaneva però propenso a formule conciliative: ed anche a mia richiesta ha aggiunto che Wilson manifestandogli molta deferenza gli ha concesso un mandato assai ampio a decidere sui vari problemi in discussione. Polk chiamandomi a testimone della sua costante simpatia verso l’Italia ha tenuto a dichiararmi che avrebbe cercato di dimostrarla anche a Parigi. Ed io lo credo.

Occorre tener presente peraltro che essendo uomo di parte ed assai ligio a Wilson la sua attività su talune questioni già parzialmente compromesse rimarrà necessariamente limitata.

Ho toccato anche con Polk della nostra situazione in Asia Minore e gli ho smentito recisamente le informazioni e le insinuazioni di fonte greca che mi risulta affluiscono al Dipartimento di Stato. Gli ho detto che Venizelos ritenendosi ormai immune dalla posizione privilegiata fattagli a Parigi cerca di coprire con menzogne a nostro danno gli abusi e le violenze delle truppe greche e la situazione precaria fatta loro dai turchi.

Stimo segnalare a V.E. ad ogni buon fine che avendo incontrato Wilson la sera del 14 luglio all’ambasciata di Francia ebbi da lui manifestazioni pubbliche della più cordiale lusinghiera accoglienza.

Attendo di orientarmi meglio per riferire esattamente sulla attitudine del Congresso.

Qualunque informazione di V.E. sul corso dei negoziati mi riuscirà utile per norma di linguaggio.

123 1 Vedi D. 43.

123 2 S’intende: Giarabub.

123 3 Non rinvenuto.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI

L. riservata 02333. Parigi, 17 luglio 1919.

Ho ricevuto la lettera di V.E. 49501.

Allo stato delle cose non posso non convenire con quanto V.E. scrive intorno all’azione del Ministero degli Esteri (prima e durante la guerra) e della Delegazione italiana alla Conferenza di Parigi relativamente alla questione coloniale.

Se quando fu concluso il Patto di Londra il Ministero delle Colonie fosse stato interpellato, certo la redazione dell’articolo 13 sarebbe risultata ben diversa, cioè più larga, più completa e più consona ai reali interessi italiani in Africa.

Ricordo a tal proposito che fin da quando la guerra mondiale era al suo inizio e l’Italia aveva dichiarato la sua neutralità, il marchese di San Giuliano aveva già ideato, in linea di massima, un piano di richieste di carattere coloniale del quale pure si sarebbe dovuto tener conto nella formulazione concreta delle nostre domande da contenersi nel Patto di Londra dell’aprile 1915.

Senonché tutto ciò se può formare argomento di rimpianto e di recriminazione, non può oggi esser rievocato per la fissazione di una linea di condotta e dì un possibile scopo da raggiungere.

Il Ministero degli Esteri sapeva che noi non avremmo mai potuto domandare alla Francia la cessione di Gibuti. Quando infatti si stava per concludere il Patto di Londra, il Governo francese obbiettò, nei riguardi dell’art. 13, che sarebbe stato necessario precisare che in ogni caso l’Italia non avrebbe inteso di alludere a Gibuti tra gli altri compensi da domandare agli alleati. Data la redazione generica dell’articolo, il Governo italiano preferì non specificare nell’articolo stesso l’esclusione di Gibuti: restò però bene inteso — ed io, che ero allora r. ambasciatore a Parigi — fui autorizzato a dichiararlo al Governo francese, che se anche tale domanda fosse stata fatta, la Francia sarebbe sempre stata nel suo diritto di rifiutarla.

Ora, dato questo precedente, dato l’enorme prezzo attribuito dalla Francia al suo possesso di Gibuti e dato il modo come le questioni coloniali sono state trattate sinora alla Conferenza di Parigi, mi sono formata la precisa convinzione che non sia assolutamente il caso d’insistere ulteriormente alla nostra domanda di farci cedere la Côte Française des Somalis.

A questo punto due vie si aprivano davanti a me: o procedere alla definizione degli altri problemi interessanti l’Italia prescindendo dalla questione coloniale anzi lasciandola aperta ed insoluta tra Italia e Francia, oppure addivenire ad una soluzione diversa da quella prospettata dal Ministero delle Colonie, ma più rispondente alla odierna reale situazione di fatto, positivamente e freddamente considerata.

Non ho creduto utile, nell’interesse stesso del nostro Paese seguire la prima delle due vie indicate.

La questione coloniale non può oggi esser considerata di per sé, indipendentemente dalle questioni complesse della politica italiana.

Dopo la terribile guerra e dopo le fortunose vicende della Conferenza di Parigi, l’Italia vuole e deve rientrare nella linea normale della sua attività politica internazionale senza strascichi di diffidenze e di discussione, che costituirebbero per essa una pericolosa debolezza.

Per questo motivo ho ritenuto miglior consiglio seguire la seconda delle vie sopraindicate, quella cioè di prospettare alla Francia una diversa soluzione del problema coloniale franco-italiano.

Studiata attentamente la questione, son venuto alla conclusione che null’altro si poteva chiedere alla Francia, oltre le rettifiche del confine occidentale della Libia, se non gli interi territori del Borku, del Tibesti e dell’Ennedi.

Il possesso di questi territori completerà il sistema oasistico sahariano degli hinterland tripolino e cirenaico mettendoci in comunicazione con le regioni del centro Africa e permettendoci di ridare in parte vita al commercio carovaniero della Libia.

Completeranno le nostre richieste verso la Francia:

a) la revisione del Trattato di Londra del 1906, nel senso di meglio definire la spesa di effettiva esclusiva influenza economica italiana (Etiopia occidentale);

b) il regolamento delle questioni relative agli interessi italiani in Tunisia;

c) l’impegno da parte della Francia di concederci sin d’ora il diritto di raccordo con le sue ferrovie coloniali costruite e da costruirsi.

Quanto all’Inghilterra, oltre al Kisimajo e al Giubaland e oltre a Giacobub2 già accordatici da lord Milner nella Commissione coloniale, mi propongo di chiedere la porzione del Somaliland ad est di Berbera. So che non [sic] si tratta di territorio non ricco, ma ritengo che uniti alla nostra Somalia settentrionale formerà con essa un tutto più organico – senza d’altronde costituire un peso per noi, visto che può essere facilmente governato con gli stessi mezzi con cui ora noi governiamo il nostro protettorato dei Migiurtini.

Speciali accordi con l’Inghilterra regoleranno la questione della revisione dell’accordo di Londra del 1906 per l’Etiopia. All’Inghilterra inoltre chiederemo, come già si è detto per la Francia, il diritto di raccordo con le ferrovie inglesi africane.

Sulla questione dei mandati, al mio arrivo a Parigi ho trovato la situazione definitivamente compromessa.

Nella seduta del 7 maggio u.s. del Consiglio Supremo degli Alleati l’on. Orlando aveva – è vero – accennato anche al diritto dell’Italia a partecipare alla distribuzione dei mandati africani. Ma all’osservazione degli alleati che l’Italia non poteva avere tale aspirazione dovendo ad essa applicarsi l’art. 13 del Patto di Londra, l’on. Orlando non aveva replicato. L’on. Sonnino poi non aveva sollevato alcuna obbiezione. Non mi sembra quindi che possa seriamente parlarsi di riserva esplicitamente fatta dall’Italia nella seduta suddetta, né parmi che sia possibile – ora – di fronte ad un fatto legalmente e regolarmente compiuto riaprire tale discussione: ciò produrrebbe fra noi un dannoso effetto, senza portarci a risultati pratici. E nel presente delicato difficile stadio delle relazioni italiane con le potenze alleate ed associate non è assolutamente consigliabile sollevare questioni il cui solo accenno condurrebbe a giudizi e ad apprezzamenti a noi non infondatamente contrari.

V.E. accenna anche nella sua lettera all’Asia Minore. La risoluzione di tale problema è, pel momento, rinviata: sino a quando, cioè, il presidente Wilson non avrà fatto conoscere se e in quali limiti l’America acconsentirà ad assumere la funzione di potenza mandataria su determinate parti dell’ex Impero turco.

Comunque è uno dei precipui scopi di questa Delegazione quello di ottenere dall’Italia una giusta parte nella divisione dei mandati in Anatolia. Al momento opportuno, sarà da noi certamente tenuto presente l’argomento cui V.E. ha accennato, e a cui più volte ha egualmente alluso la stampa francese, politica e tecnica-coloniale, che cioè la scarsità di compensi coloniali africani debba essere per l’Italia equilibrata con una giusta e proporzionata divisione di compensi in Asia.

Presenterò forse oggi stesso al sig. Pichon una nota contenente l’esposizione di massima delle nostre richieste coloniali secondo i criteri sopra esposti.

Sarà mia premura tener informata l’E.V. dell’esito di tali negoziati. V.E. nel telegramma n. 21673, giuntomi quando già era scritta la presente lettera, conforma i criteri già altre volte espressi dal suo onorevole predecessore intorno alla necessità di mantenere integralmente il nostro programma di fronte alla Francia e di non accettare per conseguenza una soluzione basata sulla cessione all’Italia delle regioni francesi del centro Africa. Non ho che a ripetere quanto più sopra ho esposto: che cioè tale linea di condotta non è più possibile ora, dopo sei mesi da che si è aperta la Conferenza, e dato il modo come anche la questione coloniale è stata trattata alla Conferenza stessa.

Il programma integrale di codesto Ministero era certamente organico e completo; ma, oggi, risponde a concetti teorici più che a una situazione pratica e reale. Sfortunatamente è questa situazione reale che impone la nostra linea di condotta alla quale ci è gioco forza attenerci.

124

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4095 (min. int.). Roma, 18 luglio 1919, ore 18,30.

Discussione disegno legge riforma elettorale procede piuttosto monotona con oratori quasi tutti contrari. Non penso affatto accettare emendamento Peano. Bisognerà fare grande sforzo perché riforma sia accolta. Penso che sciopero generale dopo miei provvedimenti deve ritenersi già abortito. Ferrovieri, postali, bancari non parteciperanno e avremo solo qualche incidente in Liguria.

Mi congratulo del tuo successo nella Conferenza. La situazione ministeriale essendo solidissima puoi ora affrontare meglio soluzione problema adriatico. Ho destinato Cagni a Spezia, duca Aosta ispettore generale Fanteria. Ho veduto principali agitatori adriatici e tutti si rendono conto situazione. Fa quanto puoi per successo nostre rivendicazioni ma ora qualunque soluzione problema adriatico non avrà niun contraccolpo nella politica interna.

125 1 Non rinvenuto.

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. 1061. Parigi. 19 luglio 1919, ore 12,30.

Telegramma di V.E. n. 22361.

R. Governo per considerazione di ordine diverso ha rinunziato in modo definitivo al progettato invio di truppe nel Caucaso in sostituzione di quelle britanniche. R. Governo non cessa però di prendere un particolare interesse a quella regione che presenta delle possibilità di attivi ed importanti scambi commerciali con l’Italia a condizioni favorevoli per esplicarvi una considerevole attività economica.

Conseguentemente è nostra intenzione di mantenere nella Georgia e nell’Azerbadjan la missione militare che per ora si trova in quei luoghi riducendola e modificandola opportunamente per completare studi in corso, salvo poi a prendere più tardi provvedimenti più adatti e definitivi per spiegare azione di carattere puramente economico.

Di quanto precede l’E.V. vorrà informare codesto Governo.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4109/4522. Parigi, 19 luglio 1919, ore 13,10(perv. ore 19,45).

Nella seduta antimeridiana di ieri alla Conferenza ho comunicato il testo dell’accordo da me concluso con Venizelos circa la linea provvisoria di occupazione fra noi ed i greci. I greci si arresteranno dove sono, ma a sud si ritireranno sulla riva destra del Meandro restando le truppe italiane sulla sinistra. Sarà notificato alla Turchia che l’avanzata delle truppe greche è arrestata, che l’Intesa si considera in stato di armistizio e non di guerra colla Turchia, che le truppe tanto italiane che greche esistenti in Asia Minore dovranno d’ora in poi dipendere dal generale inglese Milne il quale a sua volta dipende dal generale Allenby che comanda tutte le forze dell’Intesa nell’Oriente asiatico. Questa ultima proposta fatta da Balfour dette luogo ad un vivace incidente con Clemenceau il quale disse che Allenby faceva una propaganda anti-francese e che egli ne aveva le prove. Quindi Clemenceau lesse una lettera di Sheikh-ul-Islam enunciante i massacri delle truppe greche e propose una inchiesta interalleata. Io aderii subito. Balfour e White chiesero rinvio della deliberazione al pomeriggio.

Così il riconoscimento di fatto della nostra presenza in Asia Minore è ufficialmente avvenuto. Avendo però Balfour insistito sul concetto che attuale situazione tanto dell’Italia come della Grecia non pregiudichi le decisioni future della Conferenza, ho dichiarato che condividevo perfettamente il suo punto di vista intendendo discutere dei nostri problemi in Asia Minore in base ai titoli che l’Italia ha in suo possesso. Di tale mia dichiarazione è stato preso atto senza obbiezioni da parte degli altri delegati. In seguito di che è stato introdotto il sig. Venizelos che ha confermato l’accordo intervenuto per la parte che lo concerne e ha presentato la proposta dell’occupazione della linea Pandarma-Smirne da parte degli alleati. Questa proposta sarà esaminata dai tecnici interessati.

Clemenceau ha vivamente rimproverato a Venizelos i massacri compiuti dalle truppe greche. Si è poi proceduto alla discussione per l’Ungheria; si è deciso l’invio di una numerosa Commissione Militare per imporre all’Ungheria l’esecuzione integrale dell’armistizio, la navigazione del Danubio, ecc. Con ciò rimarrebbe virtualmente sospesa la spedizione rumeno-serbo-czeco-slovacca propugnata da Foch ed alla quale non si dimostrano favorevoli Balfour e White.

127 1 Su tale questione vedi DD. 12, 19 e 82.

127

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4108/4523 (min. int.). Parigi, 19 luglio 1919, ore 13,50(perv. ore 19,20).

Nella seduta pomeridiana di ieri ho presentata la riserva fatta in occasione del Trattato con la Germania1 nel senso che nostre questioni territoriali dovranno essere regolate dalla Conferenza anche dopo firma Trattati, anziché dalla Lega delle Nazioni. Conferenza ha preso atto della mia riserva. Circa commissari alleati per incidente Aidin, è stato stabilito invio rappresentante italiano, francese e inglese, Governo americano nominerà il suo se vorrà. Se non vorrà, andranno ugualmente gli altri tre. Per la Commissione per Budapest lunedì si spera avere le risposte di Londra e Washington. Si è inoltre deliberato di studiare il modo più opportuno per rimpatriare i prigionieri russi dalla Germania e le truppe cecoslovacche dalla Siberia. A questo proposito si è approvato il testo di un telegramma da inviare a Tokio e a Washington per chiedere la loro eventuale collaborazione allo scopo di sostituire le truppe cecoslovacche con forze americane e giapponesi.

Naturalmente alle spese non lievi non parteciperà l’Italia. Si è pure deciso di telegrafare al Governo georgiano per invitarlo a lasciar passare i viveri per l’Armenia russa.

128 1 Il telegramma fu indirizzato anche al comandante il Corpo di spedizione in Anatolia, generale Battistoni, all’alto commissario a Costantinopoli, Alliata, al console a Smirne, Senni, alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington, alle Sezioni Militare e Marina della DICP ed al Comando Supremo.

128

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 973.1 Parigi, 19 luglio 1919, ore 18,30.

(Per tutti meno Rodi e Costantinopoli) Ho telegrafato al Comando del Corpo di Spedizione in Anatolia ed all’alto commissario a Costantinopoli quanto segue:

(per tutti) «Il Comitato dei Cinque ha preso stamane le seguenti decisioni.

Prima decisione: 1) La Conferenza comunicherà al Governo turco la sua intenzione di stabilire una linea che né le truppe greche né le truppe italiane dovranno oltrepassare, rimanendo fermi per gli alleati tutti i diritti loro conferiti dall’armistizio. Il Governo turco è richiesto di ritirare le sue truppe nelle posizioni che gli verranno indicate dal comandante in capo. Il Governo turco sarà nello stesso tempo informato che la linea che verrà stabilita non ha nessun rapporto con le decisioni territoriali definitive che verranno prese dalla Conferenza della Pace. 2) Il comandante in capo delle Forze alleate ed associate trovantesi nella Turchia d’Asia invierà degli ufficiali i quali dopo avere conferito col comandante navale più anziano a Smirne e con i comandanti italiano e greco fisseranno la linea militare e ne riferirà. 3) Ogni futuro movimento delle Forze degli alleati sarà sotto la suprema direzione del comandante in capo il quale è responsabile verso la Conferenza delle operazioni militari nell’Asia turca.

Seconda deliberazione: La linea di divisione fra le due occupazioni greca ed italiana in Asia Minore comincia dalla foce del K. Menderes; ne seguirà il corso fino alla altezza della strada Ayassoluk-Scalanova, di là essa seguirà la linea della occupazione attuale greca di Ayassoluk e della vecchia Efeso.

Dalla vecchia Efeso essa seguirà una linea distante in media 600 (seicento) metri dalla ferrovia Smirne-Aidin all’ovest e poi a sud della detta ferrovia e che sarà fissata sul posto dai due comandanti greco ed italiano, allo scopo di permettere alle truppe greche di proteggere la ferrovia dai colpi di mano dei comitagi. In seguito arriverà fino al fiume Mushluk Deressi che essa seguirà fino al suo affluire nel Menderes. Di là essa seguirà il thalweg del Menderes verso est fino al punto destinato dal generale Milne (carta di Kiepert al 400.000 ed. 1911). I due Governi si impegnano a non passare la linea qui sopra stabilita. Questa occupazione del resto non ha che un carattere provvisorio rispondente allo stato di fatto attuale, la deliberazione sul regime definitivo di queste regioni essendo riservata alla Conferenza. Ciascuno dei due Governi si impegna ad accordare sul territorio che egli occupa, piena ed intera protezione ai connazionali dell’altro. Saranno date istruzioni ai due comandanti perchè gli ufficiali delle due armate intrattengano fra di loro le relazioni più amichevoli.

Fine della seconda decisione.

(Per Comando Anatolia) Nel riservarmi far conoscere limite occupazione provvisoria ad est Aidin ed avvertendo che V.S. riceverà direttamente dal Comando Supremo istruzioni per quanto si riferisce esecuzione parte militare delle deliberazioni aggiungo che comandante sarà generale Milne sotto gli ordini del generale Allenby e raccomando tener presente ultimi due capoversi seconda deliberazione. Prego segnare ricevuta ed assicurare adempimento.

Comunicato al Comando Supremo Costantinopoli Smirne Atene.

(Per Comando Supremo) Prego far conoscere a Battistoni, cui ho raccomandato tener presenti ultimi due capoversi seconda deliberazione, istruzioni relative esecuzione parte militare deliberazioni delle quali gradirò avere conoscenza. Generale in capo è Milne sotto gli ordini del generale Allenby.

Comunicato a Costantinopoli Smirne Atene.

(Per Costantinopoli): Comunicazioni alla Sublime Porta saranno fatte direttamente da Presidenza Conferenza.

(Per Presidenza): Ho raccomandato a Battistoni tener presenti ultimi due capoversi delibera.

129

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4112 (min. int.). Roma, 19 luglio 1919, ore 21,45.

Anche oggi continuata discussione di riforma elettorale con tendenza oratori meno contraria. Solo fatto interessante discorso contrario Nasi che fece sua riapparizione. Dovrò fare grandi sforzi perché riforma passi ma metterò ogni energia. Camera discuterà lunedì interpellanze, riprenderò discussione legge elettorale martedì. Situazione ordine pubblico non desta gravi preoccupazioni ma temo sciopero generale esigerà qualche dura repressione perché vi è troppo uso di bombe e non manca qualche attentato. Ma in complesso situazione non mi preoccupa. Credo che Paese sia completamente rassegnato a dolorose rinunzie politica estera e che oramai problemi politica interna preoccupino assai più.

130 1 Vedi D. 123.

130 2 Tittoni rispose con T. personale 4581 del 21 luglio, non pubblicato, pregando Rossi di inviare a Parigi Theodoli per un utile scambio di vedute sulla questione.

130

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. confidenziale personale 2222/8212. Roma, 19 luglio 1919, ore 21,45(perv. ore 9 del 20).

Ricevo sua 02333 del 17 corrente1.

Poiché V.E. di fronte alla dolorosa situazione che ha trovato a Parigi ha creduto utile nell’interesse del Paese di prendere la determinazione di cui a fatto compiuto m’informa, non mi resta che prenderne atto. Tuttavia data la nostra confidenza ed amicizia, prego l’E.V. di volermi consentire d’insistere nel concetto che, poiché non abbiamo Somaliland francese, non ci conviene acquisto Somaliland britannico che significa nulla che sabbia. V.E. sa che nostri protettorati della Somalia settentrionale hanno per noi esclusivo valore di cuscinetto fra Benadir e territorio Mullah, e che nostra felice politica di sultanati riposa appunto sul concetto della difesa quasi autentica del Benadir mediante i protettorati. Acquistare dunque solamente Somaliland britannico significa spostare pericolosamente la base della nostra situazione politica in Somalia senza aggiungere nessun valore ai nostri possessi. Identica è situazione per Borcu, Tibesti ed Ennedi, come ho confermato anche in recenti telegrammi. Piuttosto dunque che perdere il bene per acquistare il male, è meglio nulla2.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

L. riservata personale 02349. Parigi, 19 luglio 1919.

Il cancelliere austriaco Renner nei suoi discorsi col colonnello Casati gli ha detto che il Partito cristiano sociale in Austria ed il clero nell’Alto Adige sono ostili all’Italia perché credono che il Governo italiano faccia una politica di intransigente opposizione al papa.

Se giungesse loro a mezzo del nunzio una parola del Vaticano si può esser quasi certi che cambierebbero attitudine.

Il Renner è ormai convinto che è inutile chiedere all’Italia di rinunciare all’Alto Adige ma che se l’Italia saprà farsi amare da quelle popolazioni sarà tolto un grande ostacolo ai buoni rapporti italo-austriaci. Egli dice che il Governo italiano commetterebbe un grave errore se facesse del Trentino e dell’ Alto Adige una sola provincia poiché una delle cose che più lusingherà le popolazioni dell’Alto Adige sarà quella di essere costituita in provincia separata ed aver un Consiglio provinciale. Il Renner dice che il Governo austriaco non ha interesse a che Bela Kun cada prima che sia firmata la pace poiché dal Governo bolscevico potrà avere maggiori concessioni territoriali.

132 1 Vedi D. 121.

132 2 Vedi D. 122.

132

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON. MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2255-2258/384-387. Washington, 20 luglio 1919, part. ore 1,50 del 21(perv. ore 10 del 22).

Telegramma di V.E. n. 9541 incrociatosi col mio telegramma n. 3752.

Ebbi ieri altro lungo colloquio col sig. Phillips che funge in questi giorni da segretario di Stato e che conta fra gli intimi di Wilson. Dopo un minuto esame dei fatti trascorsi, ho accentuato [sic] che la situazione trovava fortunatamente un correttivo nella nuova Delegazione italiana a Parigi la cui attitudine (che presumevo fosse qui già nota) dimostrava ampiamente il proposito ineccepibile di un orientamento amichevole verso gli Stati Uniti e il desiderio di risolvere la questione adriatica con spirito conciliativo. Senonché i propositi e l’azione di V.E. rimarrebbero frustrati qualora venisse loro a mancare l’aiuto di Wilson. Manifestando infatti a questo proposito la delicatezza della situazione creata a V.E. dalle note esigenze dell’opinione pubblica italiana aggravate dalla difficile condizione interna del Paese e dal pericolo di reazioni le cui conseguenze esorbiterebbero dai confini nazionali, ho rilevato che ogni sforzo compiuto da parte di lei verrebbe fatalmente paralizzato da una minore condiscendenza da parte Wilson.

Gli ho chiesto se gli avvenimenti posteriori alla sua partenza da Parigi non avessero per caso indotto Wilson a opporre quella resistenza cui non erano state al pari estranee del tutto considerazioni personali oggi fortunatamente inesistenti. Phillips mi ha risposto che non sapeva Wilson si fosse qui mai dopo suo ritorno in nessun modo manifestato rispetto questione italiana. Riassumendo allora nei suoi aspetti essenziali situazione presente, a risolvere la quale io credo che sia elemento necessario una rinnovata elasticità di Wilson, ho chiesto a Phillips se era disposto assumersi non solamente di leggere per conto mio nel pensiero odierno di Wilson, bensì pure di eventualmente fare opera persuasiva sul presidente degli Stati Uniti nel senso indicatogli da me.

Egli me l’ha promesso subito volenterosamente, riservandosi di agire non appena raccoglierà ultime impressioni ed ultime notizie. Lansing è atteso Washington mercoledì prossima settimana.

Ieri stesso ho avuto un colloquio col sig. Miller sulla cui attività a Parigi V.E può essere informata da De Martino. Miller, che dopo infruttuosi tentativi di accomodamento, si vede ridotto a un’attitudine di prudente riserbo, mi ha confermato mutismo di Wilson nella questione italiana e mi ha confidato di avere dal canto suo in una apposita conversazione intrattenuto Polk delle vicende degli antichi negoziati di costà, predisponendolo a favore nostro. Mi risulta da ultimo che Wilson coi senatori convocati in questi ultimi giorni alla Milite House i quali gli hanno chiesto spiegazioni sul problema adriatico si è mantenuto irrimediabilmente chiuso dichiarando trattarsi di una questione complicata di razza che richiede molto studio.

Da questo mutismo suscettibile di interpretazioni diverse potremmo essere tratti in errore. Né per lo spirito conciliativo di Phillips benevolmente disposto verso noi, ma pur tuttavia sempre vincolato da uno stato di subordinazione e di riserva, riusciremmo probabilmente a veder chiaro nella mente del presidente e a guadagnare tempo. Via più sicura ed efficace di leggere nel pensiero di Wilson (ed eventualmente di indovinarlo) è quella di avvicinarlo di persona. Né io esiterei dal chiedere a V.E. di farlo se autorizzatone e munito istruzioni per norma di linguaggio. Ma V.E. intende che allo stato delle cose qualsiasi dichiarazione non accompagnata oramai da qualche suggerimento pratico e da proposte concrete renderebbe la conversazione precaria e vana ai fini che ci proponiamo. Sono d’avviso soltanto sulla manifestazione di un piano efficace per un orientamento definitivo.

133 1 Tittoni rispose con T. 4206 del 27 luglio nei termini seguenti: «Comando Supremo comunica che generale Piacentini si reca Roma chiamato da S.E. il presidente del Consiglio per conferire. A tale riguardo informo che situazione Albania molto delicata nei riflessi politici alleati e quindi sottometto a V.E. opportunità farmi pervenire notizia dei risultati colloquio per procedere poi d’intesa sulle direttive avvenire» e successivamente con L. 02676 dell’8 agosto, per la quale vedi D. 230.

133 2 Vedi serie sesta, vol. I , D. 602, dove tuttavia il telegramma è datato 20 dicembre.

133 3 Vedi serie sesta, vol.II, D. 887.

133 4 Vedi serie sesta, vol. III, D. 253, nota 4. La lettera di Pichon risulta essere del 18 e non del 19 aprile.

133 5 Non pubblicato.

133

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. riservata personale 02349. Roma, 20 luglio 1919.

Il generale Piacentini mi ha rimesso l’unito promemoria che ti trasmetto. Nel leggerlo rileverai certamente come appaia chiaro che nel passato le nostre autorità in Albania non abbiano mai ricevuto un indirizzo preciso rispondente a concetti ponderati e prudenti.

Così ad esempio l’ordine dato in data del 19 marzo di procedere senz’altro all’occupazione dei territori albanesi occupati dai serbi poteva portarci nel momento il più inopportuno ad un conflitto armato colla Jugoslavia, atto ad ingenerare le più gravi complicazioni.

Sia sulla questione delle frontiere albanesi, sia su quella più generale dell’assetto da darsi al Governo albanese ed alla nostra occupazione di Valona, io desidero vivamente di conoscere il tuo pensiero.

Niuno più di me intende l’importanza dello sviluppo dell’influenza italiana in Albania ed è pronto compiere per questo i necessari sacrifici; ma occorre che questi sacrifici siano veramente utili e proficui.

Durante la guerra e l’armistizio abbiamo speso in Albania qualche miliardo in opere pubbliche, abbiamo lasciato organizzare un tipo di occupazione militare che verrebbe a rappresentare per il nostro bilancio un onere di due o trecento milioni all’anno e come unico risultato veramente tangibile abbiamo ottenuto una notevole diminuzione delle simpatie albanesi verso l’Italia.

Tu ben conosci le nostre condizioni finanziarie e sai pertanto che su questa via non possiamo procedere se non vogliamo giungere al fallimento. Ti sarò pertanto grato se vorrai indicarmi i tuoi concetti su questo complesso ed importante argomento: il Governo deve avere in proposito un piano organico e chiaramente determinato e seguirlo con energia e con fermezza1.

Allegato

IL COMANDANTE DELLE TRUPPE ITALIANE IN ALBANIA, S. PIACENTINI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

Promemoria riservatissimo 2001. [luglio 1919], ore 16,30(perv. ore 9 del 22).

Con telegramma del 17 dicembre 19182 S.E. Sonnino dette le seguenti direttive: «Occupazione Albania venne riservata Italia salvo Scutari ove ammettemmo occupazione internazionale. Poiché Tarabosch Bakcelik possono considerarsi militarmente congiunti Scutari, siamo disposti per dimostrare nostra arrendevolezza considerare quelle località come soggette alla occupazione internazionale di Scutari».

L’occupazione metodica dell’interno dell’Albania non incominciò effettivamente che verso la primavera successiva.

Mentre noi procedevamo dalla costa verso oriente, i serbi avevano già varcato i confini di Londra procedendo verso occidente fino al Drin vero.

Il Governo italiano iniziò trattative per il ritiro delle truppe serbe.

Il Governo serbo prese tempo, domandando se l’Italia sarebbe stata in grado di assumere la garanzia dell’ordine sulla frontiera serbo-albanese.

Prolungandosi però infruttuosamente tali trattative il ministro degli Esteri con telegramma 19 marzo 19193 autorizzó il Comando delle truppe d’Albania di procedere all’occupazione dei territori albanesi previa intimazione di sgombero ai serbi.

Le truppe italiane, giusta l’approvazione del Ministero Esteri, dovevano accamparsi a fianco o nelle vicinanze delle truppe serbe, qualora queste avessero persistito a rimanere nelle loro posizioni.

Le trattative diplomatiche per l’evacuazione dell’Albania da parte dei serbi non cessarono, per questo, ed il 19 aprile del 19194 il ministro Pichon in una lettera diretta all’ambasciatore Bonin così si esprime:

«Sono lieto di potervi far conoscere che il generale Franchet d’Espery ha ricevuto dal voivoda Mičić l’assicurazione che le truppe serbe avevano ordini formali di non varcare la frontiera orientale dell’Albania e che dappertutto questi ordini erano stati rispettati».

Informato di ciò, il Comando delle truppe d’Albania con telegramma in data 29 aprile5 rappresentò che tale affermazione non era esatta e che i serbi occupavano tuttora con tre nuclei: la regione ad ovest di Dibra, la regione Piskopexa e quella di Kukus.

Lo scrivente non è a conoscenza dell’ulteriore corso di siffatte trattative. Egli sa però che una protesta in proposito fu indirizzata dal ministro degli Affari Esteri al ministro di Serbia a Roma.

Il 12 giugno c.a.le nostre truppe vennero a contatto con i serbi, sul Drin: a Vau Spasit ed al ponte di Kukus, mentre esse erano già in presenza dei serbi stessi sulle montagne ad ovest di Dibra, nella regione di Klenje.

Nelle località di Vau Spasit e di Kukus si dette da parte nostra avvertimento scritto ai serbi che noi avremmo occupato la riva destra del Drin.

Dopo preliminari trattative giunse risposta dal Comando serbo dislocato a Prizren dichiarante che «nell’attesa di ulteriori decisioni da parte delle superiori autorità serbe, informate del fatto, le truppe serbe del Drin non avrebbero permesso nessun tentativo di passaggio del fiume».

Il Drin essendo inguadabile non vi fu da parte nostra nessun tentativo di passaggio.

Nella regione di Klenje un movimento delle nostre truppe verso questa località nel giorno 14 giugno determinò da parte dei serbi un nutrito fuoco con numerose mitragliatrici ed artiglieria. Le nostre truppe presero allora conveniente posizione in modo da fronteggiare l’attacco serbo che però non ebbe seguito.

Il giorno 21, da un piccolo posto serbo presso Klenje fu sparato un colpo di fucile; subito dopo i piccoli posti serbi aprirono il fuoco anche con mitragliatrici. Le nostre truppe risposero con un solo colpo di cannone che determinò da parte serba la cessazione del fuoco ristabilendo la calma. Il giorno 24 si svolse da parte serba un regolare attacco contro le nostre truppe. Mentre da tergo bande assoldate dai serbi sparavano contro le nostre truppe, sul fronte, circa 400 gendarmi serbi attaccavano la nostra linea. L’attacco fu respinto con perdite in morti e feriti da parte dei serbi e furono catturati loro 2 prigionieri. Da parte nostra un solo ferito. Dopo d’allora le nostre truppe non sono più state molestate dai serbi né si sono più mosse.

Informazioni pervenute in questi giorni danno che forze serbe sono in continuo aumento sulla linea del Drin.

134 1 Vedi D. 109.

134 2 Vedi D. 104.

134 3 Per la risposta vedi D. 165.

134

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2281/75. Bucarest, 21 luglio 1919, ore 10,55(perv. ore 15 del 23).

Telegramma di V.E. n. 9221.

Bratianu mi ha detto che Bucarest non può iniziare discussione per una intesa con Sofia basata sulla cessione che la Romania, unica fra le potenze vittoriose dovrebbe fare di territori appartenentile già avanti guerra e garantitile da Trattato del 1916. Ha aggiunto che Romania è disposta intendersi colla Bulgaria ma a condizione che serbi tutta Dobrugia e che di questo aveva già parlato con V.E. (mio telegramma Gab. 692). Egli si è dichiarato assai addolorato di non trovare nella nostra Delegazione tutto l’appoggio su cui contava per risolvere presente questione e per stringere in avvenire più intimi legami fra i due Stati. Ha infine messo in raffronto col nostro atteggiamento quello della Delegazione francese e inglese le quali sarebbero favorevoli alla restituzione alla Romania di tutta la Dobrugia. Se tale opinione non fosse esatta sarebbe assai utile ne fossi informato telegraficamente. Punto di vista sostenuto da Bratianu, sia a Parigi di fronte Grandi Potenze, sia a Parigi (?) di fronte opposizione intesista basata sul riconoscimento del Trattato del 1916, gl’impedirebbe ora, a mio parere, di ammettere anche se volesse qualsiasi cessione alla Bulgaria. Essa darebbe modo a Take Jonesco di torcere contro liberali le accuse che questi gli muovono per le sue transazioni con Belgrado e troverebbe contraria questa opinione pubblica la quale è quasi più avversa ai bulgari che ai serbi3.

135

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4138 (min. int.). Roma, 21 luglio 1919, ore 17,10.

Sciopero generale finisce stasera senza incidenti notevoli e può considerarsi completamente fallito. Da tutte le parti d’Italia sono dimostrazioni grande simpatia estrema fiducia per contegno energico del Governo. Alla Camera e al Senato tutte opposizioni sono completamente scomparse. Ho fatto anche entrare nel Paese la convinzione che politica estera deve essere sincera realistica e tutti sono preparati ogni avvenimento. Disposizioni date hanno anche allontanato tutti elementi più eccitati.

La tua opera è seguita con ogni fiducia ogni simpatia e ti prego non preoccuparti che di realizzare presto ciò che è possibile facendo finire questo stato di tensione.

Tutti sentono quanto bene hai già fatto e quanto potrai fare.

136

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4141 (min. int.). Roma, 21 luglio 1919, ore 19,20.

Ammiraglio Millo che ho fatto venire a Roma e con cui ho lungamente conferito di ritorno a Zara mi telegrafa quanto segue:

«Con riferimento colloquio avuto con V.E. informo che ambiente italiano Zara insiste sopra assoluta necessità che almeno Zara con maggior hinterland possibile sia dominio completamente italiano perché ritiene che diversamente autonomia dalmata con protettorato Lega Nazioni darebbe risultati a noi sfavorevoli perché elemento slavo non disarmerebbe, mentre vi sarebbe tutto da guadagnare da confronti con territorio che verrebbe assegnatoci diretto dominio. Sono anch’io dello stesso parere».

Mentre si trasmette per conoscenza esclusivamente personale questa notizia richiamo la tua attenzione sul fatto che anche negli ambienti un tempo recisamente opposti a qualsiasi soluzione conciliativa pure se impostaci da imprescindibili necessità, va diffondendosi una tendenza a considerare la situazione in modo più ponderato e più equo.

137 1 Vedi D. 126.

137 2 Gruppo mancante.

137 3 Per la risposta vedi D. 142.

137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4143/992 (min. int.). Parigi, 21 luglio 1919, ore 24(perv. ore 4,30 del 22).

Durante seduta odierna Comitato Supremo Conferenza sonosi trattate seguenti questioni:

1) Questione bulgaro-greca. Ho informato Comitato Supremo dei passi da me fatti presso Venizelos in nome della Conferenza. Avendo egli dichiarato che la Grecia pone come unica base di un accordo la cessione dell’intera Tracia da parte della Bulgaria, ho espresso il parere che il mio compito di indurre i due contendenti ad una transazione era resa [sic]impossibile, che sarebbe pertanto più opportuno che la Conferenza decidesse essa stessa. La discussione di questa questione avrà luogo giovedì prossimo non avendo gli americani istruzioni dal presidente Wilson. Come è noto la Delegazione americana cui si era associata la nostra ha tenuto un atteggiamento conciliante con lo scopo dare alla Bulgaria parte della Tracia, onde lasciarle uno sbocco proprio al mare Egeo. Osteggiano questo progetto inglesi francesi e giapponesi i quali appoggiano decisamente la tesi greca.

2) Ungheria. Clemenceau ha dato notizia di un telegramma col quale Bela Kun lo informa avere deciso attaccare i romeni per forzarli a rispettare la linea di armistizio a suo tempo fissata dall’Intesa. In vista di questa decisione Clemenceau ha espresso il parere che sarebbe stato inutile invio Commissione di controllo di cui mio telegramma precedente1. Da parte mia ho creduto opportuno informare la Conferenza di notizie pervenute secondo cui generale boemo sarebbe entrato in contatto con Bela Kun allo scopo di trasformare il Governo bolscevico in socialista ed ha espresso parere che di fronte ad una simile probabilità era interesse delle potenze incoraggiare tale trasformazione.

3) Questione di Asia Minore. È stata comunicata una domanda di Venizelos tendente a ottenere che anche un ufficiale greco faccia parte della Commissione d’inchiesta relativa. Balfour ha subito appoggiato la tesi greca dichiarando che non sarebbe stato equo negare ai greci lo stesso trattamento adottato a Fiume dove italiani e francesi sono attualmente nella Commissione in seno alla quale sono giudici e parte in causa ad un tempo. Clemenceau ha ripreso che nella questione di Fiume trattatasi di un incidente fra alleati, in nulla paragonabile all’incidente greco turco di Smirne e si trattava per giunta di due grandi potenze. Ho da parte mia fatto osservare che chiamare la Grecia a partecipare dei giudizi di competenza del Consiglio dei Cinque, equivaleva a modificare lo statuto della Conferenza ed attribuire d’ora innanzi a tutti i piccoli Stati il diritto a far parte del Supremo Consiglio. Che sarebbe stato soltanto giusto mettere i greci in condizione di produrre tutte le prove utili alla loro difesa che la Conferenza avrebbe chiesto poi vagliato come unico giudice. La Commissione che si reca oggi in Asia non è se non una delegazione della Conferenza che agisce per mettere questa in condizioni di conoscere e giudicare di un fatto denunziato dai turchi. Dopo queste mie spiegazioni è stato deciso che sarà consentito ad un ufficiale greco di difendere presso la Commissione interalleata le ragioni greche respingendo però la domanda di Venizelos che [...]2 alla Commissione medesima. Ho infine informato che a nostro rappresentante è stato designato il generale Dall’Olio. L’incontro dei commissari interalleati avverrà al più presto a Costantinopoli.

4) Questioni di Klagenfurt. Il sig. Clemenceau ci ha informato che i serbi rifiutano di evacuare la città e di riprendere la linea fissata dall’armistizio. Balfour ha detto che essi non intendono allontanarsi per non abbandonare il ricco materiale bellico ivi trovato e che considerano bottino di guerra. Ha quindi suggerito di permettere ai serbi di lasciare nella città una esigua guarnigione a custodia di tale materiale. Ho risposto che non si può parlare di bottino di guerra. Le armi ed ogni specie di munizioni trovate dai serbi durante la loro avanzata posteriormente all’armistizio non può per questo stesso fatto essere considerato bottino, ma bensì materiale da imputarsi al fondo comune raccolto e come tale non appartenente né ai serbi né ad austriaci, e sul quale i serbi non hanno diritto che per un quinto. Quanto al lasciare una piccola guarnigione non sembravami possibile ammetterla poiché trattasi di un territorio su cui dovrà decidere con un plebiscito e pertanto da evacuare dalle truppe appartenenti allo Stato interessato così come si è deciso di fare per i territori in uguale condizione contesa [sic] fra Germania e Polonia (Alta Slesia). La Conferenza ha deciso che si dia ordine ai serbi di evacuare completamente Klagenfurt che si incarichi la Commissione interalleata locale di prendere in consegna tutto il materiale bellico.

Durante odierna seduta si è pure trattato dell’Alta Slesia, di aiutare la Polonia e gli Stati balcanici. Malgrado Balfour, oggi la mia tesi contraria ai greci ha completamente trionfato ed io ne sono lieto non già perché desideri di persistere in una attitudine contraria a loro, ma perché credo che lo avere ormai constatato che il voto dell’Italia, a differenza di quanto accadeva prima, può avere un’influenza decisiva nelle decisioni della Conferenza, li indurrà a più miti consigli e li persuaderà a mettersi d’accordo con noi3.

138 1 Vedi allegato.

138

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. personale. Roma, 21 luglio 1919.

Il comm. Salata mi ha riferito i colloqui avuti a Parigi con te sulle varie soluzioni prospettate per la questione adriatica. Ne colgo l’occasione per manifestarti il mio pensiero su alcuni punti del problema, lieto di trovarmi come sempre con te concorde nelle direttive di una politica estera profondamente italiana, inspirata al desiderio di compiere ogni atto di abnegazione personale pur di trarre con onore l’Italia fuori dalla dolorosa situazione internazionale in cui attualmente si trova.

Innanzi tutto mi compiaccio nel sapere bene avviato un ordinamento razionale dell’esercizio della Sudbahn, cosa molto importante per l’avvenire di Trieste e che pertanto ci deve stare profondamente a cuore.

Per quanto riguarda la sorte di Fiume e della Dalmazia è, a parer mio, nostro dovere di inspirarci sopra tutto al concetto che l’Italia deve compiere anche gravi sacrifici pur di porre i principali nuclei d’italianità in condizioni tali da assicurare loro libero e fiorente sviluppo.

Ecco perché non ho bisogno di dirti che, dimostrandosi assolutamente impossibile l’annessione di Fiume (sia pure con l’internazionalizzazione del porto e degli impianti ferroviari), la creazione dello Stato libero di Fiume mi sembrerebbe già notevolissimo progresso di fronte alle stipulazioni del Trattato di Londra che abbandonano incondizionatamente i cittadini fiumani al dominio jugoslavo.

Naturalmente è da porsi fra i capisaldi del nostro programma il possesso di Idria e la scelta di una frontiera fra lo Stato italiano e lo Stato di Fiume che si avvicini per quanto è possibile a Fiume e sia in ogni modo atta a salvaguardare l’esistenza dei centri italiani di quella regione e l’unità della vita economica istriana. Per ottenere una frontiera a noi vantaggiosa noi forse potremmo ammettere la neutralizzazione di quella parte della costa istriana che ci viene contestata. Mi compiaccio con te per lo studio minuzioso dello statuto dello Stato libero di Fiume e per le essenziali disposizioni circa la neutralizzazione perpetua di tutto il territorio, per la nostra legittima prevalenza nella Commissione di Governo, per le garanzie per l’autonomia statale e nazionale di Fiume (le cui storiche libertà cittadine vanno indubbiamente rispettate) e per i traffici di Trieste1.

Riguardo alla Dalmazia io reputo che anche ivi una forma di autonomia ben congegnata nei suoi dettagli, onde assicurarci le debite garanzie, sarebbe la più atta a proteggere in modo equo i nuclei italiani ed a favorire gli scambi commerciali fra le due sponde adriatiche. Ma occorre essere oltremodo guardinghi, perché, ove i necessari privilegi non ci fossero chiaramente garantiti, l’autonomia dalmata diverrebbe sorgente di infinite complicazioni e si rivolgerebbe a nostro danno.

Inutile aggiungere che, ove la nostra bandiera potesse sventolare sulla città di Zara, l’opinione pubblica, amareggiata dalla delusione di Fiume, ne trarrebbe ragione di conforto; mentre invece il possesso delle bocche di Cattaro, abitate da genti nettamente serbe, sarebbe accolto con poco entusiasmo.

Dal punto di vista strategico occorre ottenere la neutralizzazione totale della costa ed il possesso di alcune isole, come pure il porto di Valona.

Raccomando ad ogni modo la tutela delle clausole di carattere prevalentemente economico che con Salata furono costà concretate a tutela degli interessi che in Dalmazia hanno non solo italiani indigeni, ma anche regnicoli.

Allegato

PROGETTO PER LO STATO LIBERO DI FIUME REDATTO DA SALATAPER INCARICO DI TITTONI E SCIALOJA

Parigi, 17 luglio 1919.

Confini

1) Confine orientale dello Stato libero fiumano sino alla linea delle rivendicazioni italiane e al di là di Fiume sino a Buccari; confine occidentale lungo la linea ferroviaria Fiume - S. Peter - Lubiana, lasciando in assoluta sovranità dell’Italia Idria, a nord, e Castelnuovo e Volosca a sud, con tutto il sistema del Monte Maggiore.

(Vedere schizzo della Sezione Militare).

Isole

Delle isole del Quarnero includere nello Stato libero fiumano Veglia e al caso Arbe; in nessun caso però Cherso che formando con Lussin un tutto geografico con l’Istria, è parte integrante indispensabile del sistema economico e strategico di Pola.

(A Cherso come a Lussin tutte le amministrazioni comunali furono sempre e sono tuttora in mano degli italiani).

Neutralizzazione

2) Neutralizzazione assoluta e perpetua di tutto il territorio dello Stato libero fiumano.

Governo

3) Commissione di Governo dello Stato libero fiumano con equa rappresentanza d’italiani (due), di jugoslavi (due: uno del Regno jugoslavo ed uno locale) e della città di Fiume, che costituisce, di fronte al resto del territorio esclusivamente rurale e povero, l’unico vero valore civile ed economico dello Stato.

Garanzie per il Comune di Fiume

4) Garanzie per l’autonomia, statale e comunale, della città di Fiume secondo i secolari suoi privilegi e statuti, della sua italianità negli Uffici e nelle scuole.

5) Cooperazione di rappresentanze locali anche degli altri distretti (slavi) agli atti di Governo particolarmente di carattere legislativo.

6) Istituzione di un corpo locale di gendarmeria per il mantenimento dell’ordine. Esenzione degli abitanti da obbligo militare.

Porto franco

7) Porto Franco per tutto il territorio della città e distretto di Fiume e per quella parte di Sussak dove si trovano impianti ferroviari e portuali connessi col funzionamento del Porto di Fiume.

Garanzie per Trieste

8) Garanzie a favore di Trieste nell’esercizio della ferrovia Lubiana - S. Pietro e parità di trattamento dei porti di Trieste e Fiume in ogni riguardo ferroviario.

9) Garanzia per un raccordo che l’Italia volesse costituire fra le ferrovie istriane e la ferrovia S. Pietro - Fiume (p.e. tronco del Monte Maggiore).

139 1 Vedi D. 130.

139 2 Vedi D. 123.

139

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2267/8272. Roma, 22 luglio 1919, ore 10,45(perv. ore 17).

Con mio telegramma 8212 del 19 corrente1 in risposta alla lettera 02333 di V.E.2 ho confermato esplicitamente il costante pensiero di questo Ministero e mio. Ma nella ipotesi che ci possiamo trovare di fronte al fatto compiuto, devo pregare S.E. di voler tenere presenti le considerazioni che seguono e che si riferiscono particolarmente ai territori del Borcu, del Tibesti e dell’Ennedi. Questi territori con gli oneri che ci addosserebbero, con i pericoli a cui ci esporrebbero, potrebbero avere una sola importanza; quella cioè di ridare alla Libia quella parte di efficienza politica commerciale e mediterranea che può essere ancora conseguibile, sebbene molto dubbia ed avviata ad essere sempre più limitata nell’avvenire. Sarebbe perciò indispensabile ottenere la revisione della dichiarazione franco-britannica del 21 marzo 1899 che è l’epilogo di tutte le precedenti convenzioni per l’hinterland tripolino; e ciò anche sulla base della protesta turca del 30 ottobre 1890 rinnovata nell’aprile 1899. A questa proposta rispose dando assicurazioni il Governo francese, assicurazioni che l’ambasciatore di Francia a Roma comunicò il 23 aprile 1899 al r. ministro degli Affari Esteri, consentendo che ne prendesse nota. Non riporterò qui la trattazione diplomatica che ne seguì; ma poiché ora ci troviamo in sede di compenso dopo la guerra, la questione andrebbe esaminata appunto nel proposito di dare a questo pur scarso compenso un qualche valore. A questo fine bisognerebbe chiedere:

1) tutta la regione a nord dello Ciad col Canem e l’Uadai;

2) le località occupate dalla Francia, come Giavet e quelle sulla via carovaniera della Libia, cioè le oasi di Kauar (Bilma), Agadem, Barrua; il Bodele, il Borcu, il Tibesti, lo Ennedi. Ciò oltre la nota carovaniera diretta a Gadames Gat. Concludendo, V.E. sa che a noi preme non di accrescere di centinaia o migliaia di sterili chilometri quadrati di territori nuovi possessi coloniali, ma di cercare di dare un qualche valore a quelli che abbiamo. Quindi, ove la E.V. giudicasse di dover fermare il suo pensiero sul retroterra libico, bisognerebbe avere il territorio che dà libero accesso allo Ciad. Viceversa, la linea Tibesti, Borcu, Ennedi, non ci riunisce alla regione che è il vero hinterland economico commerciale della Libia; preoccupazione questa tanto più grave in quanto V.E. sa come i francesi, forti della perfetta conoscenza del terreno, siano maestri nel tracciare confini che traggono la parte utile e concedono la parte non utile.

140 1 Vedi D. 134.

140 2 Per la reazione di Tittoni vedi D. 199.

140

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2387/77. Bucarest, 22 luglio 1919, ore 12(perv. ore 9 del 31).

Mio telegramma Gabinetto n. 751. Re Ferdinando s’è meco lamentato ieri del trattamento fatto alla Romania dalla Conferenza la quale vuole obbligare uno Stato vittorioso oltre a tutto il resto a cedere a uno Stato vinto una parte del proprio territorio garantito da un trattato2.

141 1 Per la risposta vedi D. 153.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 998. Parigi, 22 luglio 1919, ore 20.

Comitato centrale territoriale riunitosi per decidere frontiere bulgare non ha raggiunto accordo per Dobrugia e Tracia. Parere americano per Dobrugia è che Congresso decida concessione delle regioni meridionali alla Bulgaria. Altre Delegazioni compresa italiana ritengono doversi limitare a interrogare Romania in proposito. Circa Tracia parere italiano e americano è di conservare tale regione alla Bulgaria. Parere francese e inglese è invece di togliere tale regione alla Bulgaria con scopo evidente cederla alla Grecia. Giappone ha aderito parere franco-inglese.

Prego far conoscere d’urgenza a Dipartimento Esteri che allo stato attuale nostro punto di vista per Tracia si mantiene identico a quello americano e che voci contrarie sono da ritenere tendenziose1.

142 1 Vedi D. 137.

142

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4146. Roma, 22 luglio 1919, ore 23.

Rispondo telegramma n. 9921.

Sono sempre stato sicuro che la tua opera avrebbe prontamente restituito all’Italia nel Consiglio degli Alleati quel posto che giustamente le spetta. Mi è grato constatare che hai così felicemente raggiunto questo primo intento. Il negare alla Bulgaria uno sbocco nell’Egeo è cosa ingiusta e pericolosa, atta ad impedire qualsiasi possibilità di raggiungere un assetto balcanico di carattere duraturo. Noi dobbiamo pertanto affermarci sinceri ed aperti sostenitori di una tesi che si inspira alla logica ed all’equità. Condivido pienamente il parere da te espresso a riguardo dell’Ungheria e della domanda di Venizelos circa la composizione della Commissione d’inchiesta per l’Asia Minore. Non dubito del resto che non ti mancherà propizia occasione per far intendere a Venizelos che la nostra attitudine non è ispirata a nessuna preconcetta ostilità verso la Grecia con cui desideriamo addivenire a leali spiegazioni per stabilire tra i due Paesi accordi sinceri e cordiali rispondenti ai reciproci interessi.

Respingendo sin dall’inizio una ingiustificabile pretesa serba sul materiale di guerra esistente a Klagenfurt hai accortamente evitato che si stabilisse un precedente pericoloso, non conforme alle clausole stesse del nostro armistizio e destinato a provocare discussioni e discordie.

143 1 Non rinvenuto.

143 2 Borghese diede séguito alle istruzioni con T. riservato 1608 del 29 luglio, non pubblicato.

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE

Disp. 02404. Parigi, 22 luglio 1919.

Prego la S.V. di voler comunicare quanto segue al generale Segre:

«Ho letto con molto interesse il suo rapporto del 2 corrente diretto al Comando Supremo col n. 126781 relativo alle tendenze di avvicinamento all’Italia manifestatesi nelle popolazioni della Stiria e della Carinzia.

Per ragioni di politica generale noi dobbiamo astenerci dall’avanzare qualsiasi proposta di annessione di quelle regioni all’Italia, ma non dobbiamo tuttavia disprezzare in alcun modo quelle tendenze che vanno anzi vedute con simpatia.

Infatti esse debbono essere considerate da un punto di vista generale allo scopo di svolgere un programma che miri ad ottenere che la popolazione tedesca dell’Alto Adige si affezioni all’Italia in modo da servire quasi di attrazione per altre popolazioni tedesche verso il nostro Paese.

Si mira con ciò al fine precipuo di dare il massimo possibile incremento alle reciproche relazioni economiche e di spegnere così qualsiasi irredentismo tedesco»2.

144 1 Per la risposta di Nitti vedi D. 155.

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

L. riservatissima. Parigi, 22 luglio 1919.

Con Lansing e White, e poi, partito Lansing, con White solo, io avevo avviato le trattative su queste basi. Cedevo sui punti nei quali mi avevano più volte ripetuto che Wilson sarebbe stato irremovibile, e cioè Fiume stato libero, Zara città libera e Sebenico agli slavi.

Però chiedevo in cambio:

1) che la ferrovia Trieste-Klagenfurt fosse interamente in territorio italiano od austriaco, e quindi fossero attribuite all’Austria una zona da Klagenfurt ad Assling comprendente la ferrovia, ed all’Italia il triangolo di Assling comprendente la ferrovia stessa. Questi territori erano stati attribuiti agli slavi.

2) Che i confini dello Stato libero di Fiume fissati da Wilson fossero corretti a nostro vantaggio includendo in territorio italiano il distretto di Albona e le isole di Cherso e Lussin.

3) Che nello Stato libero la città di Fiume per non essere sopraffatta dagli slavi prevalenti nello stato stesso avesse uno statuto speciale che avevo fatto studiare da Scialoja e Salata.

4) Che lo Stato libero di Fiume fosse neutralizzato sotto la garanzia della Società delle Nazioni e fosse neutralizzata la costa dalmata slava.

5) Che in compenso del nostro assenso alle proposte di Wilson l’Italia avesse: a) Cattaro con i monti che la circondano; b) il mandato in Albania; c) l’hinterland di Valona indicato dalle nostre autorità militari.

6) Che la questione del Montenegro non fosse regolata senza il nostro assenso.

7) Che fosse sanzionata la neutralizzazione del canale di Corfù.

8) Che in attesa della definitiva sistemazione dell’Asia Minore ci fossero intanto date le miniere di carbone di Eraclea.

Lansing e White avevano considerato queste proposte con simpatia e, senza trasmetterne a Wilson i dettagli, gli avevano telegrafato che erano rimasti molto favorevolmente impressionati dalle mie vedute larghe e dalle mie disposizioni concilianti, e che quindi ritenevano che le trattative potessero essere utilmente riprese. Ora, White è venuto rattristatissimo a comunicarmi il seguente telegramma che ha ricevuto da Wilson:«There can be no profit in our covering again the field of discussion which we went on so often with Signor Orlando and Baron Sonnino. Our position has remained exactly the same throughout all the discussions, because, though we have the most cordial good-will towards Italy and the most sincere desire to meet her wishes in every possible way, we do not feel at liberty to depart in respect of the territory, from the principles which have been followed throughout all the other settlements in which we have taken part».

Poiché Tardieu col quale durante sette anni sono stato qui in rapporti intimi, si era in questi giorni molto avvicinato a me dicendo aver compreso che bisognava secondarmi in tutti i modi possibili se non si volevano compromettere irreparabilmente i rapporti tra Francia ed Italia, mi sono aperto con lui. Egli mi ha detto che vi è una sola possibilità di indurre Wilson a piegarsi, e cioè che Francia ed Inghilterra gli dichiarino con fermezza che esse intendono a qualunque costo trovare un componimento coll’Italia. Tardieu mi ha detto che ora Clemenceau è pienamente convinto della mia sincerità ed è molto contento della mia attitudine nella Conferenza e che egli gli parlerà per prepararlo ad un colloquio ad hoc che dovrà aver luogo appena terminato il dibattito politico che si inizia anche alla Camera. Tardieu mi ha anche esortato di andare a Londra a vedere Lloyd George, dicendomi che questi era non meno di Clemenceau irritato contro Orlando e Sonnino, e che se io riuscirò a cambiarlo come sono riuscito con Clemenceau, egli ha fiducia che si giungerà ad una conclusione soddisfacente per l’Italia.

Però la mia conquista di Clemenceau è avvenuta gradatamente mediante un’opera lenta di tutti i giorni, e se Lloyd George non viene per un po’ di tempo a Parigi, mi mancherà il modo di sperimentare con lui lo stesso metodo e dovrò tentare di persuaderlo in una o due conversazioni al più, visto che mi è impossibile lasciare qui la Conferenza dove, improvvisandosi l’ordine del giorno poche ore prima, sono sempre esposto a vedere in mia assenza approvata qualche proposta inglese od americana per noi spiacevole. Infatti non v’ha dubbio che ieri la decisione da noi desiderata per l’Asia Minore e Klagenfurt si ebbe soltanto grazie all’efficacia della mia argomentazione ed alla mia energia secondata molto abilmente da Clemenceau il quale parve in principio inclinare per la tesi inglese ed infine si decise per la mia. Non v’ha dubbio che se fossi stato assente la nostra tesi sarebbe rimasta soccombente.

A Tardieu ho detto poi che se non si giungeva ad una combinazione soddisfacente noi avremmo domandato alla Francia ed all’Inghilterra l’esecuzione del Trattato di Londra (cosa che Orlando e Sonnino hanno sempre minacciato difare, ma non hanno mai avuto di coraggio di fare), e nel caso di un rifiuto, purnon ritirandoci dalla Conferenza e pur firmando il Trattato di pace perchè non potevamo fare diversamente, avremmo protestato dichiarando che subivamo una prepotenza.

Mi riservo di tornare sull’argomento dopo che avrò parlato con Clemenceau se domani non sarà rovesciato dal voto della Camera1.

145 1 Con T. riservato 4155/4645 del 24 luglio, non pubblicato, Tittoni rispose congratulandosi vivamente con Nitti.

145

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4151. Roma, 23 luglio 1919, ore 14.

Ieri quando entrai alla Camera, deputati di tutti i partiti mi fecero una grande ovazione come attestazione piena fiducia dopo sciopero generale. Anche le tribune si unirono agli applausi. Domani Senato vuol fare anche più larga manifestazione. L’estremo vigore con cui ordine è stato mantenuto ha dato in tutto il Paese sensazione vera fiducia e ovunque è senso ripresa anche negli affari. Ho voluto riferirti ciò solo per dirti che ora data situazione interna possiamo affrontare con maggior calma problemi politica estera. Il pubblico è già compreso della vera situazione adriatica1.

146 1 Il telegramma fu trasmesso contestualmente al ministro dei Trasporti De Vito, al ministro del Commercio Ferrari ed al commissario straordinario per la Venezia Giulia, Petitti di Roreto.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A PRAGA, LAGO

T. 10111. Parigi, 23 luglio 1919, ore 17.

È stato da me codesto ministro degli Affari Esteri Edoardo Benéš. Mi ha detto che la Cecoslovacchia teneva moltissimo ad avere i migliori rapporti politici e commerciali coll’Italia. Mi ha fatto grandi elogi del generale Piccione e mi ha detto che i noti spiacevoli malintesi ebbero carattere strettamente locale. Già egli ha fatto sapere al Governo francese che appena la situazione generale sarà divenuta normale specialmente rispetto alla Polonia ed all’Ungheria, il Comando delle truppe dovrà passare ad un generale cecoslovacco. Avendo il Governo francese detto che pur ritirandosi il generale Pellé sarebbero potuti restare un certo numero di ufficiali francesi, Benéš ha risposto che preferiva che a suo tempo fossero ritirati anche questi. Egli mi ha soggiunto che la Cecoslovacchia desidera avere i migliori rapporti con le potenze alleate, ma desidera egualmente la più assoluta indipendenza e quindi non può consentire a protettorati o monopoli da parte di alcuna. Ha anche accentuato che intende mantenere buoni rapporti con la Germania. Avendogli io chiesto a questo proposito se potevamo contare che qualunque privilegio economico e commerciale dato ad altra potenza sarebbe stato dato anche a noi, Benéš mi ha risposto che potevamo contare sulla perfetta eguaglianza di trattamento con le altre grandi potenze alleate. Ha poi detto che desiderava venire ad accordi con noi per le questioni ferroviarie e portuali, per quella del commercio cecoslovacco che si varrà dei porti di Venezia e Trieste e che all’uopo gli uffici competenti a Praga stavano riunendo materiale di studio.

Ho risposto che noi eravamo pronti a trattare ed a concedere tutte le facilitazioni possibili. Quindi Benéš mi ha intrattenuto della assoluta necessità per la Cecoslovacchia di avere una parte del bacino carbonifero di Teschen.

147 1 Parola mancante.

147 2 Sulla questione vedi D. 170.

147

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2286/47. Londra, 23 luglio 1919, ore 21(perv. ore 13 del 24).

Curzon, a differenza predecessore, stabilito ricevimento ebdomadario. Andai oggi fargli visita di cortesia. Sul progresso lavori della Conferenza, Sua Signoria si espresse in termini vaghi con intonazione che non parevami soverchiamente ottimistica. Alle questioni adriatiche non accennò né vi feci allusione io, ignaro come tutti gli altri stato attuale delle trattative. Circa Asia Minore disse Consiglio Supremo in vista gravi conseguenze derivate da occupazioni greca ed italiana aveva invitato rappresentanti due Paesi intendersi per linea demarcazione rispettiva occupazione. Ho osservato supponevo proposta della demarcazione deve essere originata da V.E. che, provvidamente, me ne aveva sin da primo momento manifestato convenienza. Quanto poi alle conseguenze delle occupazioni […]1 consentire con lui nel riconoscere gravità per regioni occupate greci, dovevo per contro rilevare come semplice constatazione di fatto che nelle zone occupate da noi, pace ed ordine pubblico non vennero mai turbati. Passando ad altro argomento, Curzon mi ha chiesto se ero in grado di confermargli in modo definitivo decisione R. Governo di rinunziare alla ventilata spedizione nel Caspio e Caucaso. Ha aggiunto che, considerando come certa siffatta rinunzia Governo britannico, cui sta a cuore affrettare ritiro proprie forze di terra o di mare intende consegnare a Denikin flottiglia inglese nel Caspio. Ho risposto nessuna comunicazione ufficiale aver io ricevuto delle suaccennate decisioni del R. Governo, non essere quindi in grado di dirgli cosa alcuna al riguardo2. Avrei subito pregato V.E. di favorirmi opportune indicazioni di cui mi sarei affrettato rendere edotto Sua Signoria.

Curzon ha osservato che per conto suo, quando seppe della offerta fattaci, espresse l’avviso, R. Governo dopo matura considerazione, avrebbe riconosciuto che non tornava assolutamente conto di imbarcarsi in quella precaria avventura.

148 1 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di chiarire in maniera più dettagliata tale circostanza.

148 2 Vedi D. 152.

148

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, THEODOLI

T. 1215/8325. Roma, 23 luglio 1919, ore 22(perv. ore 22,45).

Pur conoscendoti interamente consapevole del nostro programma coloniale e pienamente consenziente nel mio punto di vista al quale tu stesso ti sei associato telegraficamente il 20 corrente mese al commendatore De Martino1, devo pregarti di tenere presente, poiché sei stato chiamato a Parigi come sottosegretario di Stato per le Colonie, che mantengo ferma e integra la linea che ho trovato al Ministero e che ho fatto mia; che cioè si debba piuttosto non avere nulla lasciando aperta ed impregiudicata la nostra questione coloniale, che accettare e peggio ancora chiedere territori che ci sarebbero fatti valere come compenso mentre sono inutili, o dannosi e onerosi. Questo vale anche per il Giubaland quando sia staccato dal programma complessivo. Ciò ho ritenuto mio dovere confermarti poiché non potrei mai derogare a questa precisa linea di condotta che non è guidata da intransigenza, ma dalla necessità di tutelare per quanto rientra nella mia responsabilità, gli interessi che mi sono affidati2.

149 1 La versione che qui si pubblica è integrata con la copia in partenza dall’ambasciata a Washington. Il telegramma fu ritrasmesso da De Martino con T. posta 2437 del 25 luglio alle ambasciate a Londra e Parigi.

149 2 Tittoni rispose con T. 5016 del 1° agosto, non pubblicato, pregando Macchi Di Cellere di esprimere a Page i ringraziamenti per l’opera efficace da lui svolta e che si proponeva di svolgere a favore dell’Italia.

149

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2289-2290/399-400-4011. Washington, 23 luglio 1919(perv. ore 17 del 24).

Ambasciatore degli Stati Uniti Page dopo aver avuto lungo colloquio con me fu ricevuto ieri da Wilson al quale presentò dimissioni definitive. Egli ha manifestato al presidente che Italia lamenta non a torto disconoscimento del suo contributo vitale alla guerra e dei bisogni nei quali oggi si dibatte e che Stati Uniti dovrebbero adoperarsi modificare stato d’animo derivatone mediante qualche segno tangibile di amicizia tanto nel campo politico quanto economico. Ha insistito sulla necessità per Stati Uniti di fomentare quella stretta unione coll’Italia che altri tenta palesemente minare. Ha suggerito si offrano all’Italia per acquisto e trasporto materie prime condizioni favore in concorrenza speciale con quelle inglesi. Ha discusso questione adriatica insinuandogli necessità agevolare azione conciliativa e amichevole di V. E. sulla quale si è specialmente soffermato. Wilson avrebbe affermato vantaggio di una qualche dichiarazione pubblica a favore Italia ripromettendosi cogliere prima occasione propizia. Avrebbe promesso adoperarsi per agevolare concessione e trasporto materie prime. Quanto a Fiume, menzionando petizioni e dichiarazioni pervenutegli a più riprese, ha detto essere convinto che fiumani stessi anziché annessione preferiscono una forma di autonomia (non sono mancate purtroppo neanche qui da parte di autorevoli fiumani manifestazioni in tal senso). Comunque, lungi dal mostrarsi chiuso nella intransigenza, Wilson si è riservato riflettere e esaminare. Quello che precede è quanto mi ha confermato Page il quale ha prevenuto ulteriori attacchi personali contro Wilson svalutando con dichiarazioni opportune ai suoi intimi, recenti aggressioni D’Annunzio come non divise da popolo italiano. Page si propone sostenere pubblicamente causa italiana con conferenze e interviste. Ha già cominciato. Lansing arrivato New York da ieri non ha potuto incontrare Polk già partito. È atteso a Washington oggi2.

150 1 Per la risposta vedi D. 158.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4162/4667 (min. int.). Parigi, 24 luglio 1919, ore 20,30(perv. ore 1 del 25).

Causa seduta Camera di ieri l’altro sono sospese sedute Conferenza. Clemenceau nel suo discorso ha accennato alla perdita di tempo nelle sedute Conferenza. Questa allusione colpisce gli inglesi e americani che prolungano le discussioni con lunghi discorsi e minute osservazioni spesso oziose e spesso al momento di concludere ne chiedono il rinvio.

Io continuo a conversare con Venizelos ed i miei rapporti con lui divengono sempre migliori ed è possibile che ci intendiamo per una linea di condotta comune per le questioni che ci interessano. Mi riservo su ciò darti precise informazioni appena ci sarà qualcosa di concreto. Quella parte della burocrazia del Quai d’Orsay a noi ostile che speculava a nostro danno sul dissidio nostro con Grecia si è allarmata e già oggi sul Journal e nell’Oeuvre sono apparsi due articoli tendenziosi nei quali si parla di marchandage che io e Venizelos stiamo facendo a danno Francia. L’isolamento completo in cui i nostri predecessori avevano posto l’Italia conveniva a troppi.

Stringher arrivato ieri ha conferito oggi con banchieri americani. Non vi sono difficoltà ma ci vuole il permesso di Wilson. Ho telegrafato alla r. ambasciata a Washington e domani mattina vedrò White1.

151 1 Per la risposta vedi D. 167.

151

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4902/4160 (Min. int.). Roma, 24 luglio 1919, ore 23(perv. ore 9 del 25).

Regolàti nel modo migliore possibile i nostri rapporti politici ed economici con l’Austria tedesca anche e specialmente per la parte che più direttamente interessa le nostre nuove provincie, mi viene segnalata la preoccupazione che per il diverso carattere attribuito ai nuovi Stati sorti dalla cessata Monarchia, gli stessi rapporti ed interessi non abbiano conveniente regolazione e tutela nelle convenzioni con gli Stati nuovi suindicati. So che le clausole speciali proposte dalla nostra Delegazione sono in corso di esame nella Commissione delle clausole politiche europee. Tenendo presente che tali clausole sono indispensabili a valorizzare economicamente i nostri acquisti territoriali e sono tanto più necessarie quanto meno completa potrà essere la soluzione del problema fiumano, io ti prego di adoperare ogni tua influenza presso i principali plenipotenziari alleati a favore delle nostre richieste. Poiché mi sono fatte da circoli interessati continue premure, ti sarò grato di qualche assicurazione e comunicazione sul successivo stadio delle trattative in proposito anche per norma dei nuovi commissari generali civili di Trieste e Trento1.

152 1 Vedi D. 148.

152 2 Per la risposta vedi D. 163.

152

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, THEODOLI,AL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI

T. 139. Parigi, 24 luglio 1919, ore 23.

A tuo 8325 del 23 corrente1.

Ho conferito con Tittoni. Punto pregiudiziale: lasciare aperta e impregiudicata la questione coloniale con Francia. Egli pensa che non approderebbe a nulla perché una volta chiusi i lavori di questa Conferenza non si avrebbe più modo di far valere nostre rivendicazioni; questo indipendentemente da opportunità, già da lui prospettata, evitare cioè strascichi e diffidenze nella futura vita internazionale italiana. Secondo punto: accettare o chiedere territori inutili e onerosi, Borcu e Tibesti sono stati offerti da Francia in modo generico e Italia ha solo precisato aggiungendo Ennedi. Questa è la sintesi della nostra conversazione. Per dette regioni come per parte orientale del Somaliland, compresa Berbera, questione è tuttora impregiudicata. Si può tornare a trattare rinunciando a Tibesti, Borcu e detta parte Somaliland per avere adesione di Francia e Inghilterra a nuove richieste su Angola per sostituirci alle concessioni francesi ed inglesi e ottenere larga concessione in quella colonia col sistema della carta adottato nel Mozambico a favore dell’Inghilterra. Si dovrebbe anche determinare regolamento degli interessi italo-franco-inglesi in Etiopia con delimitazione precisa rispettive sfere influenza economica secondo programma Ostini, sostituendo con nuovo accordo positivo quello negativo a tre del 1906. Tutto questo indipendentemente regolamento confini orientale e occidentale Libia secondo è stato già concordato. Allo stato attuale delle cose tale programma a me sembra organico e possibile. Tittoni desidera che io stesso ne parli col ministro Simon ma gradirei conoscere tuo pensiero. Nel telegramma 8325 cui rispondo si cita il Giubaland; penso che si sia voluto alludere a Somaliland ma desidererei chiarimenti. Assicuro che non mancherò tutelare nel miglior modo interessi che ci sono affidati assumendo solo quella parte di responsabilità che ci spetta2.

153 1 Vedi D. 141.

153

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2293/403. Washington, 24 luglio 1919(perv. ore 23).

Telegramma di V.E. 9981.

Potendo vedere Phillips soltanto domani mattina gli ho diretto oggi comunicazione scritta affermando che, contro ogni diversa voce, allo stato attuale delle cose punto di vista italiano si mantiene identico a quello americano. Raccoglierò domani mattina personalmente da lui impressione e notizie possibili dallo stesso Lansing avute. Intanto America fa annunziare oggi ufficiosamente firmerà Trattato di pace Turchia e Bulgaria. Questo a proposito notizie che Venizelos aveva interpellato Wilson al riguardo.

154 1 Vedi D. 132.

154

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2305-2244/407-408. Washington, 24 luglio 1919, part. ore 1,50 del 25(perv. ore 9 del 26).

Sig. Phillips si compiaceva stamane nel dirmi che Lansing col quale aveva avuto un primo colloquio si era espresso nei riguardi di V.E. in termini che non potevano essere più calorosi e più lusinghieri. Ne ho preso motivo per riallacciare la conversazione già riferita a V.E. nel mio telegramma n. 3841. Phillips mi ha confermato che farà dal canto suo quanto gli è possibile nel senso da me indicatogli. Egli sa che i rapporti fra V.E. e la Delegazione americana sono improntati a reciproca simpatia.

Mi ha confidato White, nel riferire recentemente circa un progetto di soluzione presentatogli dall’E.V. e circa la sua dichiarazione di non poterlo accettare perché si differenziava troppo dall’ultimo programma di Wilson, aveva spiegato a Dipartimento di Stato che tutto ciò era stato fatto d’intesa, la presentazione di quel progetto essendo necessario a V.E. per la condotta negoziati, e che si attendeva adesso dall’E.V. una proposta nuova. Phillips desumeva da questo un promettente affiatamento a Parigi dal quale egli contava trarre partito per agevolare conciliazione a Washington. Mi ha detto inoltre avere gran fiducia nei prossimi contatti di V.E. con Polk.

Di questa confidenza di Phillips che mi permette segnalare a V.E. pensiero e le tendenze di queste sfere, importa non si abbia notizia costà. Vedrò Lansing domani.

155 1 Vedi D. 144.

155

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4166 (Min. Int.). Roma, 25 luglio 1919, ore 10,40.

In ordine tua lettera ventidue1.

Concordo pienamente nelle tue parole a Tardieu circa eventuale domanda di applicazione del Trattato di Londra. Sarebbe però opportuno che accordi finanziari fossero subito conchiusi da Schanzer soprattutto con gruppo Morgan per evitare che gli Stati Uniti d’America reagiscano in qualunque modo alle nostre richieste. Sarebbe credo pericoloso tuo allontanamento dalla Conferenza dove niuno potrebbe efficacemente sostituirti ma credo che tuo incontro con Lloyd George non possa che portare utili risultati. Forse breve sospensione lavori tre quattro giorni per causa estranea potrebbe conciliare le due cose. Mi domando se non potresti ottenere un vero efficace appoggio francese e inglese presso Wilson insistendo in modo assoluto sui punti uno due tre e otto, ma lasciando cadere punto sei e la domanda di Cattaro di cui al punto cinque, domanda che può offendere la Serbia nei suoi sentimenti se non nei suoi interessi. Al punto quattro mi pare si potrebbe aggiungere la profferta di neutralizzare anche la nostra costa orientale istriana e le isole di Cherso e Lussin che passerebbero a noi.

156 1 Parola mancante.

156

IL MINISTRO DEL TESORO, SCHANZER,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4176. Parigi, 25 luglio 1919, ore 21,35.

Riassumo il risultato delle varie conferenze avute circa i prestiti americani.

1) Hoover controllore dei viveri negli Stati Uniti mi ha dichiarato essere impossibile per difficoltà legislative ottenere ulteriori prestiti dalla tesoreria federale che come tu sai, fino al 31 agosto prossimo, finanzia le forniture viveri dagli Stati Uniti.

2) Per disposizione del presidente Wilson comunicata qui giorno prima del mio arrivo le banche private americane devono sospendere qualsiasi concessione di crediti agli alleati in genere. Questa disposizione sembra durerà fino a quando non sia chiarita la situazione politica.

Stettinius e il rappresentante del gruppo Morgan ci hanno quindi dichiarato che le note trattative devono considerarsi sospese. Essi prevedono che potranno riprendere soltanto fra alcune settimane. Questa nuova e non prevista difficoltà aggrava sensibilmente la situazione. Tittoni è intervenuto subito con impegno per cercare di rimuoverla. Si farà ogni possibile tentativo perché non vengano ad interrompersi completamente i crediti americani. Intanto però mi appare di speciale urgenza e interesse avviare le pratiche con gli inglesi onde trovare da loro parte quel finanziamento provvisorio che ci occorre per non sospendere i nostri approvvigionamenti. Quindi domenica partirò per Londra. Verranno con me oltre Capel Cure anche Pogliani e Giuffrida. Ti pregherei di telegrafare direttamente non oltre domenica Lloyd George e interessarlo nel modo più efficace perché intervenga a nostro favore dando disposizioni che ci siano accordati crediti della tesoreria o almeno facilitato il collocamento di nostri buoni del tesoro presso banche inglesi. Il tuo intervento mi sembra necessario non solo per preparare il lavoro che mi […]1 di svolgere a Londra, ma anche perché le gravi difficoltà che si incontreranno anche colà non potranno essere rimosse senza un’autorevole e efficace azione politica. Occorrerebbe stampa italiana non parlasse mie trattative. Qualche pubblicazione fatta aumenta mie difficoltà.

157 1 Per il seguito vedi DD. 223 e 225.

157

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4172. Roma, 25 luglio 1919, ore 22,30.

Apprendo dai giornali che il presidente Wilson ha fatto sapere a Parigi che l’America non può per il momento partecipare ad alcuna deliberazione a riguardo della liquidazione dell’Impero ottomano lasciando piena libertà alle potenze dell’Intesa di addivenire a quella sistemazione provvisoria che riterranno opportuna. Occorrerebbe sapere se ciò significa che l’America tende a disinteressarsi del problema dell’Asia Minore oppure se Wilson persiste nel desiderare un mandato. Ad ogni modo questi ritardi sono per noi assai dannosi. La nostra opinione pubblica appunto perché si va con grande saggezza adattando ad inevitabili compromessi nell’Adriatico, rivolge maggiormente il suo pensiero verso l’Asia Minore.

La nostra opera sarebbe grandemente facilitata se al momento di deliberare e di annunciare dolorosi sacrifici noi fossimo posti in grado di assicurare che almeno in Asia Minore le nostre eque aspirazioni non sono più ostacolate dagli alleati e dagli associati.

Sono sicuro che tu consenti con me nel desiderare che il problema dell’Asia Minore riceva pronta e completa soluzione.

Ti prego di telegrafarmi in proposito1.

158 1 Vedi al riguardo D. 150.

158

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4173. Roma, 25 luglio 1919, ore 22,30.

Sono molto lieto di quanto mi telegrafi a riguardo dei tuoi colloqui con Venizelos1. Le critiche di alcuni organi della stampa parigina addimostrano chiaramente che questa è appunto la miglior via da seguire. È evidentemente nostro interesse di non limitare la nostra attività internazionale sia nel campo politico sia nel campo economico ai rapporti colle sole Grandi Potenze: dobbiamo invece dimostrare anche alle piccole potenze che noi desideriamo entrare con loro in rapporti di cordiale e sincera collaborazione.

159

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2327/410. Washington, 25 luglio 1919, part. ore 1,50 del 26(perv. ore 9 del 27).

Lansing mi ha confermato stamane il suo pieno affiatamento con V.E. Egli è compenetrato della difficile e delicata situazione creatale dagli avvenimenti anteriori e si rende conto della necessità per V.E. di procedere cautamente nelle nuove trattative. Mi ha detto di avere scartato presso V.E. ogni possibilità che Wilson consenta alla sovranità italiana su Fiume, ma che l’Italia potrebbe trovare compensi a questa rinunzia in concessioni altrove. Avendogli rilevato che il problema adriatico non si arresta a Fiume ed avendogli chiesto se era disposta a favorire da parte di Wilson quella maggiore condiscendenza necessaria per ogni soluzione accettabile, ha risposto che eliminata la sovranità su Fiume egli ha piena fiducia in un componimento soddisfacente e mi ha promesso che dal canto suo si sforzerà di agevolarlo nei limiti del possibile. Alcune sue recriminazioni di natura amichevole rispetto alla condotta della precedente Delegazione ed agli attacchi contro la persona del presidente sono stati interrotti dall’entrata improvvisa di Wilson che veniva a conferire con lui.

160

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4968/1075. Londra, 25 luglio 1919, part. ore 2,35 del 26(perv. ore 11,30 del 27).

Oggi ho incontrato lord Milner. Mi ha chiesto sorridendo se io ero più contento. Gli ho risposto mia contentezza dipenderà oggi dalle conclusioni di Parigi, circa questioni interessanti mio Paese. Nel corso della breve conversazione, ho colto l’occasione per accennare, pregandolo di riferirlo a Lloyd George, alle cordiali relazioni esistenti tra V.E. e Clemenceau di che Sua Signoria mi ha espresso vivo compiacimento. Ho pure insistito subito sulle necessità di un susseguente colloquio di V.E. col primo ministro e con lui stesso. Ha risposto ritenere anche lui colloquio assai desiderabile. Ha soggiunto però sarà bene attendere sia qui tranquillizzata situazione interna, sulla quale, in termini generali, ha manifestato prognostici rassicuranti. Sinceramente rallegrandomi per positivo successo da V.E. già conseguito a Parigi, affretto coi voti sua venuta Londra, la quale mi appare ogni giorno più necessaria sotto ogni aspetto. Giornali hanno riprodotto notizie circa prossima sua visita.

161 1 Vedi D. 144.

161

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. riservata personale. Roma, [25] luglio 1919.

Ho letto con profonda attenzione e con animo vivamente preoccupato la tua lettera del 22 corrente1.

Innanzi tutto approvo incondizionatamente il tuo progetto di recarti a Londra appena avrai avuto un esauriente colloquio con Clemenceau.

È certo deplorevole che Lloyd George non sia a Parigi, ma poiché non è da sperarsi che nell’attuale momento politico egli possa indursi ad un nuovo soggiorno all’estero, mi sembra opportuno, anzi necessario, che tu abbia con lui una franca ed esauriente spiegazione.

Mi risulta che Lloyd George, appena assunto alle funzioni di primo ministro al posto di Asquit, mandò a chiamare Imperiali e gli disse di voler stabilire intimi e speciali rapporti fra l’Italia ed Inghilterra, sia per il periodo della guerra, sia per il dopo guerra: Sonnino respinse queste «avances» e Lloyd George ne fu profondamente offeso.

Egli però fece un nuovo tentativo di politica italofila nel Convegno di Roma (inverno 1916-17) proponendo l’invio di forti contingenti alleati in Italia per tentarvi un’offensiva in grande stile; il Governo italiano accolse con indifferenza la proposta inglese che, naturalmente osteggiata dai francesi, venne tosto abbandonata. Tutto ciò disgustò ed irritò Lloyd George, che, d’allora in poi, si disinteressò delle cose d’Italia ed alle volte si dimostrò anzi a noi avverso.

Un tuo appello diretto, dimostrandogli che non solo le persone ma le direttive del Governo sono cambiate, che la nostra politica attuale non cela alcuna aspirazione imperialistica, ma è profondamente ed arditamente liberale e democratica e quindi conforme a quella ch’egli vuole seguire nel suo Paese, potrebbe forse far risorgere nell’animo suo dei sentimenti che un tempo aveva dimostrato in modo così spontaneo.

Per quanto riguarda la risposta di Wilson comunicatati da White, mi sembra che essa riveli più che altro uno stato d’animo irritato ed offeso. Occorre non essere impressionati e perseverare nella nostra via con calma e cordialità.

Wilson non può pretendere che tu conosca la conversazione che egli ebbe con Orlando e Sonnino e che tu acconsenta a riferirti a colloqui a cui non eri presente.

White deve pertanto svolgere opera amichevole trasmettendogli dettagliatamente le proposte che gli farai e sono sicuro che Wilson, dominando un primo impulso, si indurrà a farci conoscere con pari franchezza su quali punti il suo parere differisce dal nostro: allora potremo discutere.

Richiamo la tua attenzione sul fatto che il punto 1 (triangolo di Assling) e la domanda del possesso di Cattaro (lettera A del punto 5) sono, fra le nostre proposte, quelle più atte a mal disporre verso di noi il presidente Wilson, poiché non si basano su nessuna considerazione etnografica e non trovano neppure una giustificazione nel fatto ch’esse rispondano ad un desiderio del popolo italiano.

Inoltre, pur mantenendo ferme le nostre domande per quanto riguarda l’Albania e Valona, si potrebbe studiare il modo di dar loro una forma più vicina ai concetti wilsoniani.

Quello che più importa è di interrogare Wilson sul progetto di creare intorno a Fiume ed in Dalmazia due Stati liberi e neutralizzati.

Wilson non potrà dire che questo punto di vista dimostri da parte dell’Italia delle aspirazioni imperialistiche e dovrà pronunciarsi in merito. In un secondo tempo si potrà discendere ai dettagli.

Per quanto riguarda i compensi credo che Wilson ci sarà favorevole per ciò che concerne le nostre aspirazioni in Asia Minore, poiché per tali territori egli non ha formali impegni cogli altri, mentre ne ha coi jugoslavi, per quanto riguarda l’Adriatico.

Inoltre mi risulta che gli americani desiderano garantirci compensi economici poiché non stimano conforme al loro proprio interesse che l’Italia rimanga a dipendenza della Francia e della Inghilterra.

Ti prego di farci sapere quando intendi recarti in Inghilterra.

162

L’AMBASCIATORE A BRUXELLES, RUSPOLI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2325/108. Bruxelles, 26 luglio 1919, ore 18(perv. ore 9 del 27).

Oggi col nuovo cerimoniale adottato per ricevimento ambasciatori ho presentato a S. M. il Re del Belgio credenziali ambasciatore. Re Alberto rispondendo alle mie parole ha manifestato tutta la sua gratitudine per onore che Italia tributa al Belgio e ha voluto ancora esprimere sua ammirazione per parte decisiva presa da nostro esercito vittorioso alleato. Nella trasformazione in ambasciata della r. legazione sollecitudine posta dal R. Governo che mi permise presentare credenziali, si può dire quasi contemporaneamente all’ambasciata di Francia, felice scambio telegrammi e tutte le altre circostanze che hanno dato maggior risalto alla manifestazione, hanno contribuito dare tutto il possibile valore al gesto di simpatia dell’Italia verso il Belgio.

163 1 Vedi D. 152.

163 2 Vedi D. 43.

163 3 Si tratta in realtà del T. riservato personale 2298/8336 del 24 luglio, non pubblicato.

163 4 Così nel testo. Si tratta in realtà della regione denominata Erdi.

163 5 Vedi D. 123.

163 6 Parola illeggibile.

163 7 Parola mancante.

163 8 L. 5343 del 16 luglio, non pubblicata.

163 9 L. 5639 del 26 luglio, non pubblicata.

163 10 Con T. 4949/8397 del 26 luglio, Rossi telegrafava a Theodoli comunicandogli il contenuto di quanto scritto a Tittoni.

163

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4948/8396. Roma, 26 luglio 1919.

Ricevo telegramma n. 139 del 24 corrente del marchese Theodoli1 che mi informa di avere conferito V.E.

Nella mia corrispondenza, dalla lettera fondamentale del 3 corrente2 al mio telegramma 8366 del 24 corrente3, ho esposto a V. E. il mio pensiero, considerando il problema sotto tutti gli aspetti, compreso quello finanziario che è gravissimo. Ma il telegramma a cui rispondo mi obbliga a ricapitolare chiaramente i miei argomenti. Essendo fallito nostro programma, né Somaliland inglese nella sua totalità, compresi cioè Berbera e Zeila, né regolamento confini orientale e occidentale Libia, né Borcu, Tibesti, Ennedi, né Giubaland possono essere considerati equamente i compensi. Tuttavia si può stabilire la seguente graduatoria: 1) Regolamenti confini orientale e occidentale Libia è cosa di scarsissimo valore intrinseco, ma anche di nessun onere; 2) Giubaland britannico ha un certo valore soltanto se concesso nella sua integrità compreso territorio fino Moiale; ma bisognerebbe essere preparati ad affrontare subito le gravi difficoltà e le rilevanti spese militari cui tale acquisto ci esporrebbe; 3) Somaliland britannico, Borcu, Tibesti, Enesti4, Ennedi significano onere finanziario gravissimo difficoltà danni e pericoli grandi e certi, e vantaggio nessuno. Questa è la pura verità e non si potrebbe nasconderla al Paese. Essa è del resto già entrata nel convincimento di eminenti parlamentari e di esperti pubblicisti, i quali sanno bene che questi stessi territori, escluso il solo Giubaland, furono già dall’on. Crespi nettamente rifiutati. Non io certo posso volere creare imbarazzi a V. E., che ha trovato a Parigi una così disperata situazione, né posso valutare le opportunità di ordine internazionale già prospettati [sic] a V. E. nella lettera 2333 del 17 luglio5 e a cui si accenna anche nel telegramma del marchese Theodoli1 al posto che mi spetta di ministro delle Colonie, non posso che confermare il pensiero da me espresso nella lettera 4950 del 3 corrente che cioè convenga lasciare intatto il monito derivanteci dall’articolo 13 del Patto di Londra, piuttosto che accettare compensi non adeguati e irrisori. Ma mentre il mio predecessore si fermava in questo atteggiamento certamente difensivo dei nostri interessi, ma interamente negativo, io nelle mutate direttive della situazione politica determinata dall’[…]6 di veder alla presidenza di codesta Delegazione [...]7, ho voluto portare fino dal tre luglio la questione su un terreno positivo e pratico, quello cioè di lasciare bensì intatto il detto credito, ma non per uscire a mani nette dalla Conferenza, sibbene per farlo pesare nella sua integrità nel seno stesso della Conferenza a favore di altre nuove aspirazioni che attendono giusta soddisfazione. Come V. E. vede, sono stato fin dal primo momento del pensiero che ora apprendo essere quello di V. E. che cioè l’articolo 13 del Trattato di Londra per quello che contiene che purtroppo è molto poco debba essere fatto valere prima che sia [sic] chiusi i lavori della Conferenza. Nel telegramma a cui rispondo1 si accenna a vantaggi che rinunziando potremmo avere da Francia e Inghilterra in Angola e in Etiopia. V. E. sa che per l’Angola sono già avviate soddisfacenti trattative con Portogallo per concessioni di ordine economico da parte di una società privata, con appoggio del Governo. Siamo quindi in sede di concessioni economiche certo molto importanti e non di compensi territoriali. Per Etiopia ho dimostrato a V. E. con mia lettera alla firma del 16 corrente8 che anche in base al solo accordo a tre del 1906 possiamo e dobbiamo ottenere le desiderate concessioni territoriali in piena intesa con Francia e Inghilterra e con reciproco vantaggio e con utilità della stessa Etiopia. Con altra mia lettera che spedisco oggi9 espongo a V. E. il lato economico della questione stessa, come lo vedo io. Queste due lettere contengono il mio programma per la soluzione della questione etiopica nei riguardi della Eritrea e della Somalia; programma pratico, chiaro ed organico, rispondente alla esatta verità della situazione politica diplomatica quale è e non quale il comm. Ostini vorrebbe che fosse. Perciò tale mio programma non deve confondersi con gli esposti dal comm. Ostini che sono tuttavia importanti per i dati tecnici che contengono, ma di cui bisogna tener conto con prudenza. Sono sicuro che V. E. espertissimo conoscitore della questione etiopica nei riguardi coloniali e internazionali vorrà considerare la importanza per noi della questione stessa, avviarla a rapida conclusione poiché ogni ritardo è dannoso10.

164 1 Vedi D. 104.

164

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI

T. 991. Parigi, 27 luglio 1919, ore 17.

Rispondo suo telegramma Gabinetto n. 691.

Prego dire a Bratianu che ho appreso con compiacimento sue dichiarazioni e che è nelle mie direttive politiche procedere d’accordo nella ricerca della soluzione delle questioni che interessano Rumania. In quanto ad Aliotti egli non andrà per ora in Italia e non è quindi il caso si rechi a Bucarest.

165 1 Vedi D. 134.

165 2 Vedi D. 109.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI

T. 1046. Parigi, 27 luglio 1919, ore 17,30.

Rispondo suo telegramma n. 751.

Con precedente telegramma n. 922 informavo circa questione Dobrugia2. Sig. Bratianu conosce che accordo fra Bulgaria e Rumania non può essere raggiunto che mediante concessioni territoriali alla Bulgaria. Delegazione italiana ha cercato in tale materia di tenere aperta possibilità a convenienti trattative sempre però salvaguardando diritti rumeni e riservando a Romania libertà iniziativa. Ciò era indispensabile per dar modo a Governo rumeno di esaminare convenienza consentire cessione. Qualora decisione Governo sia negativa, esso può contare su nostro appoggio suo punto di vista.

Anche in ultima seduta Comitato centrale abbiamo fatto opposizione a proposta americana di assegnare alla Bulgaria zona meridionale Dobrugia. Atteggiamento italiano fu quindi sempre inspirato a sentimenti amichevoli per Romania e a favorire spirito di conciliazione utile ad essa ed a Bulgaria.

166 1 Vedi D. 105.

166 2 Il telegramma fu inviato anche a Tittoni, decifrato tuttavia in una forma che, nel suo periodo finale, ne alterava il significato. Si leggeva infatti: «Posso quindi concludere che Governo britannico confida che intervento ministro d’Inghilterra a Belgrado sortirà desiderato effetto».

166

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 2483/1083. Londra, 27 luglio 1919.

Mio telegramma n. 1027 Albania1.

Foreign Office informami che Balfour ha incaricato ministro d’Inghilterra a Belgrado di fare a titolo ufficioso opportune osservazioni al Governo serbo. Foreign Office aggiunge esser sicuro che Governo del Re converrà che sarebbe sotto ogni aspetto più soddisfacente se Governo serbo potesse essere indotto dai passi suindicati a ritirare spontaneamente le proprie truppe dai distretti occupati nell’Albania. Nota quindi conclude che Governo britannico confida che intervento ministro d’Inghilterra a Belgrado sortirà desiderato effetto2.

167 1 Vedi D. 151.

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4210/4900. Parigi, 28 luglio 1919, ore 12(perv. ore 15,30).

Rispondo tuo 4160 del 24 corrente1.

Le clausole speciali per regolare rapporti ed interessi nuove provincie con nuovi Stati sono in esame presso Commissione clausole politiche che ne ha approvato la massima parte. Esame sarà esaurito prossima seduta di martedì. Le stesse però devono essere negoziate quasi tutte con rappresentanti nuovi Stati, giacché soltanto poche potrebbero imporsi in forza Trattato di pace con Austria. Trattative accordo si inizieranno subito e spero che diano buoni risultati per preventive approvazioni delle clausole da parte grandi potenze per reciproco interesse degli Stati alla loro applicazione. Non mancheró interessarmi personalmente esito negoziati di cui ti terrò informato.

168

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, DIAZ

T. riservato personale 4207. Roma, 28 luglio 1919, ore 12,45.

Sono vivamente impressionato notizie di Fiume. È stato determinato uno stato di esaltazione pericolosissima. Azione ex capitano arditi Host Venturi non ostacolata autorità italiana è vera minaccia. Prego con grande garbo accertare se sia vero che vi sono a Fiume mine già predisposte presso caserme truppe alleate. Notizia mi viene da ex deputato Riccardo Luzzatto reduce da Fiume e amico capitano Host Venturi. Bisogna evitare che vi siano fatti gravi e che comunque Italia ne abbia responsabilità diretta o indiretta. V.E. sa nostra grave situazione interna ed estera e bisogna evitare ogni grave causa perturbamento. Confido nel suo patriottismo e nella sua energia.

169 1 Vedi D. 43.

169 2 Per la risposta vedi D. 184.

169

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4210. Roma, 28 luglio 1919, ore 18,10.

Ministro Rossi mi comunica sue apprensioni in ordine alla cessione che la Francia vorrebbe fare di Tibesti e di altre zone di deserto dopo il rifiuto di Gibuti1. Divido [sic] le sue apprensioni e credo che meglio avere nulla che simile concessione. In ogni modo dobbiamo evitare ogni acquisto di territorio che possa comunque determinare nuove grandi spese senza utilità evidente. Ci rimettiamo però come sempre in tutto al tuo illuminato giudizio2.

170 1 Vedi D. 147.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. Parigi, 28 luglio 1919.

Telegramma di V.E. n. 22861.

R. Governo per considerazioni di ordine diverso ha rinunziato in modo definitivo al progettato invio di truppe nel Caucaso in sostituzione di quelle britanniche.

R. Governo non cessa però di prendere in particolare interesse quella regione che presenta delle possibilità di attivi ed importanti scambi commerciali con l’Italia e condizioni favorevoli per esplicarvi una considerevole attività economica.

Conseguentemente è nostra intenzione di mantenere nella Georgia e nell’Azerbaigian la missione militare che per ora si trova in quei luoghi riducendola e modificandola opportunamente per completare studi in corso, salvo poi a prendere più tardi provvedimenti più adatti e definitivi per spiegare azione di carattere puramente economico.

Di quanto precede l’E.V. vorrà informare codesto Governo.

171 1 Nella copia rinvenuta in ACS al documento è attribuita la data del 31 luglio.

171 2 Il riferimento è con ogni probabilità al discorso pronunciato da Nitti al Senato il 9 luglio, nel corso del quale il presidente del Consiglio italiano aveva tra l’altro affermato che occorreva «condurre a termine le trattative riguardanti la pace, difendendo con sincera fede il programma di aspirazioni nazionali». Vedi Atti parlamentari, Camera dei Senatori, legislatura XXIV, Iª sessione (1913-1919), Discussioni, pp. 4941 sgg.

171

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale 12221. Londra, 28 luglio 1919.

Avantieri Lloyd George che ad un pranzo a Corte sedeva accanto a mia moglie, le disse avere ricevuto da V.E. una lettera che gli aveva fatto gran piacere. Aggiunse avere vivissima simpatia e profonda stima per V.E. che definì un “uomo forte”. Egli segue con grande interesse azione provvida ed efficace di V.E., nel risultato della quale ha piena fiducia. Colgo occasione per rammentarmi a Lei, ed offrirle più sinceri rallegramenti per suo mirabile discorso al Senato2 che ho letto e meditato con profonda ammirazione. Di tutto cuore auguro successo coroni nobili suoi sforzi pel maggior bene nostra diletta Italia.

172

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO,AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, THEODOLI

L. Parigi, 28 luglio 1919.

La mia opinione personale circa il problema coloniale africano dell’Italia è la seguente:

1) Nella presente situazione internazionale l’Italia dovrebbe radicalmente trasformare il suo programma coloniale impostandolo sopra basi essenzialmente economiche e rinunciando ai postulati prevalentemente politici che lo informavano in passato. (Ciò non si riferisce alla Libia che costituiva questione Mediterranea). Pertanto occorre francamente rinunciare al programma politico dell’Impero etiopico sotto egemonia italiana quale fu ideato da Crispi. Ragioni: impossibilità di realizzarlo di fronte all’opposizione francese di cedere Gibuti che è oramai constatata; in Abissinia si trova il solo popolo africano con una nazionalità organizzata (oltre il Marocco) e per di più cristiana, ciò che lo pone in situazione internazionale speciale; se anche riuscissimo a bloccare l’Abissinia dal mare con l’acquisto della Somalia inglese e della Somalia francese saremmo inevitabilmente condotti ad una guerra a breve scadenza, per molte ragioni che sarebbe lungo enumerare. Nel medesimo ordine di idee ritengo che l’acquisto del Tibesti, Borku e Ennedi non abbia valore per noi. Suolo roccioso, clima sahariano. Le discussioni che ebbero luogo nel 1899 circa quelle regioni rispondevano esclusivamente al concetto coloniale politico in quel tempo predominante.

2) La migliore soluzione del problema sarebbe stata senza dubbio una partecipazione nei mandati sulle colonie tedesche. Ma ciò oramai è nel campo delle impossibilità pratiche per le note ragioni. Esiste però un vantaggio nella nostra assenza da questa partecipazione in quanto ci darà libertà d’azione allorquando la questione africana sarà un giorno riaperta dalla stessa Germania.

3) Non è opportuno, né pratico, pensare a un abbinamento tra Africa e Asia Minore. Non servirebbe a niente per l’Asia Minore e rinunzieremmo gratuitamente alle nostre posizioni per quanto riguarda l’Africa.

4) Oggi occorre impostare sopra nuove basi un negoziato con Francia e Inghilterra. La base necessaria è quella di tutti i negoziati, cioè: offerta e richiesta.

A) Francia.

Offerta: Desistenza dal nostro claim su Gibuti. Far valere il vantaggio per la Francia di chiudere una controversia che eccita l’opinione pubblica italiana e che allarma quella francese. Desistenza dal claim sul Borku, Tibesti, Ennedi (i francesi ce ne offrirono una minima parte).

Richiesta: Rettifica Gadames (precisandone lo scarso valore). Regolamento della questione abissina sulla base di zone di lavoro conforme la lettera al ministro Pichon del 16 luglio corrente.

Disinteressamento della Francia dalle sue concessioni nel Mossamedes (accompagnandolo da opportuno concorde negoziato col Portogallo).

B) Inghilterra.

Offerta: Regolamento della questione dello Tsana su base territoriale e non solamente idraulica. Desistenza dal claim sul Somaliland, anche parziale.

Richiesta: Appoggio diplomatico nel negoziato con la Francia. Rettifica confine Cirenaica (Giarabub), Giubaland (senza Mojale). Disinteressamento dalle sue concessioni nel Benguela o compartecipazione in esse. Compartecipazione nella Compagnia di Mozambico.

173 1 Vedi D. 98.

173 2 La risposta non è stata rinvenuta.

173

IL REGGENTE L’ALTO COMMISSARIATO A COSTANTINOPOLI, LODI FÈ,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2367/953. Costantinopoli, 29 luglio 1919, ore 9,30(perv. ore 9,30 del 30).

Comitato Tracia mostrasi vivamente impressionato in seguito notizia giuntagli oggi secondo cui V.E. avrebbe proposto Conferenza che Tracia bulgara venga ceduta Grecia e che Tracia turca sino alla linea Enos-Midia venga ceduta Bulgaria, mentre fa presente che propaganda ellenica promettendo autonomia intera Tracia riscontra grande favore fra popolazioni interessate in confronto della proposta attribuita a V.E. In base alle istruzioni suo telegramma 8971, ho insistito constarmi che Italia sostiene mantenimento Trattato del 1915. Gradirei tuttavia conoscere se sia il caso di dare formale smentita alla notizia suddetta2.

174 1 Vedi D. 179 e nota 2.

174 2 Gruppo mancante.

174 3 Per la risposta vedi D. 183.

174

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservatissimo personale 4224/4919. Parigi, 29 luglio 1919, ore 12,45(perv. ore 19).

Firmerò domani con Venizelos un accordo1, che non ha addolcito carattere trattato, ma è semplicemente una stipulazione relativa alla reciproca linea di condotta da tenersi dinanzi alla Conferenza. Esso è destinato a rimanere segreto appunto per questo motivo, tenuto conto che sua attuazione avviene attraverso i deliberati della Conferenza. Soltanto alcuni punti, sui quali fino ad ora le due parti prendono impegno, dovranno formare successivo oggetto di pubblica convenzione, quando la Conferenza avrà statuito sulle questioni che interessano le due parti. Con detti accordi, di cui trasmetto testo per corriere, Italia si impegna ad appoggiare rivendicazioni Grecia nelle regioni albanesi di Argirocastro e Coriza in Tracia ed in Asia Minore limitatamente al sangiaccato di Smirne e Sarukhan ed i territori posti a nord-est e compresi nel memoriale greco 30 dicembre 1918. L’Italia cede le isole del Dodecanneso eccettuato Rodi, cui sorte viene legata a quella di Cipro, nella eventualità di sua retrocessione da parte dell’Inghilterra e previa consultazione della popolazione. La Grecia, appoggia I’Italia quanto al mandato sullo Stato albanese, quanto alla sovranità su Tirreno Valona e hinterland, nonché quanto alle domande di mandato in Asia Minore, rinunziando alle richieste in questa regione per ciò che si riferisce al sangiaccato di Aidin Manteche e Denizli. La Grecia conferma neutralizzazione canale di Corfù e costa. Dal possesso italiano di Valona fino al Capo Stilos specificando le condizioni principali. Essa accorderà inoltre all’Italia per cinquanta anni porto franco a Santi Quaranta e zona franca Smirne, riservandosi per congiunzione ferroviaria o sfruttamento linea fra Santi Quaranta e penisola Balcanica e priorità ad italiani e per zona assegnatale in Asia Minore speciali accordi commerciali e ferroviari all’Italia. Sono contemplate garanzie per le popolazioni albanesi che passeranno alla Grecia, per gli ortodossi, che saranno sotto amministrazione italiana in Asia e Albania. Garanzie identiche saranno concesse agli italiani che si troveranno nella zona greca in Asia Minore; vi sono inoltre clausole di dettaglio relative al rimborso da parte Grecia dell’opera di utilità pubblica da noi costruita nell’Albania meridionale e nel Dodecanneso ed ai contratti in corso. L’Italia non ricevendo soddisfazione quanto alle sue domande in Asia Minore e in Tracia ed Albania (meno Coriza), le parti riprendono libertà di azione su tutti punti dell’accordo. Trattandosi di una intesa limitata alla Conferenza e che si esaurirà colle deliberazioni della Conferenza stessa, essa non è destinata a essere mai pubblicata e ad ogni modo deve essere tenuta segretissima. Ti avverto che ciò che cedo non ha di concessione che l’apparenza. Infatti io cedo solo quello che la Conferenza non mi avrebbe mai dato, come risulta dalle recenti indagini da me fatte. La zona ceduta a noi in Asia Minore […]2 la vallata del Meandro avrebbe grande importanza commerciale ed agricola3.

175 1 Si tratta in realtà del T. riservato personale 4224/4919 inviato in pari data, alcune ore prima, per il quale vedi D. 174.

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4239/4946. Parigi, 29 luglio 1919, ore 21(perv. ore 10,30 del 30).

Intesa con Grecia. Nel telegramma di ieri1 dimenticai indicare che eventuale retrocessione Rodi, nel caso Inghilterra renda Cipro alla Grecia, è subordinata deliberazione Parlamento che rimane libero di decidere come crede; anche stabilito che anche se Inghilterra cedesse Cipro prima, questione Rodi non potrebbe essere sollevata che fra Cinque. Dettagli circa neutralizzazione canale Corfù furono studiati e formulati con molta cura dal nostro addetto navale ammiraglio Grassi. Venizelos dichiarava che sua politica sarà appoggiare sull’Italia e offrire favori in tutti modi italiani commercialmente e industrialmente.

176 1 Vedi D. 161.

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4238/4947 (Min. int.). Parigi, 29 luglio 1919, ore 21(perv. ore 11,20 del 30).

Sono malauguratamente in letto con un poco di tosse dovuta al freddo straordinario di questi giorni ed ho dovuto oggi farmi sostituire alla Conferenza da Scialoja. Ricevuta tua lettera1. White telegrafa Washington tutto ciò che può predisporre Wilson favorevolmente. Anche Lansing appena giunto colà si è espresso a mio riguardo in termini molto lusinghieri. Polk è arrivato stamane e Marconi lo ha visto subito. Polk parlò di te con grande fervore. Ha fatto capire che egli potrà fare qualche piccola concessione, nei punti essenziali Wilson rimane irremovibile. Intanto Quartieri ha iniziato conversazione a Londra con Steed e Jugo che stasera giungeranno qui per continuarla. Essi già ci avrebbero concesso tre cose che White mi disse non dover noi sperare da Wilson e cioè il triangolo di Asslingo [sic], il distretto di Albona e l’isola di Cherso.

Per Dalmazia sono tenacissimi ed escludono assolutamente Cattaro. Si tratta anche per neutralizzazione costa dalmata e per nostra promessa di indifferenza per questione Montenegro dietro promessa Serbia appoggiare nostro mandato in Albania.

Tardieu mi ha detto che l’affare di Eraclea si regolerà secondo i nostri desideri perché Clemenceau dopo qualche esitazione si è ora dichiarato pronto a discuterlo.

White mi ha ripetutamente assicurato appoggio americani per questa ed altre concessioni economiche.

177 1 Il telegramma era indirizzato anche al Comando Supremo, alle ambasciate a Londra, Madrid, Parigi e Washington, alle Sezioni militare e marina della DICP, al generale Bongiovanni a Rodi, alla legazione di Atene, al consolato in Grecia, all’alto commissariato a Costantinopoli, ai consolati a Smirne e Adalia ed al comandante in Albania, generale Piacentini.

177

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 10701. Parigi, 29 luglio 1919, part. ore 0,15 del 30(perv. ore 9).

Ho diretto alle regie autorità diplomatiche e consolari nonché ai comandi militari in Albania, Grecia, Dodecanneso, Asia minore il seguente telegramma:

Per tutti: Essendosi determinati migliori rapporti fra il Governo italiano e quello greco si è oggi convenuto fra me e Venizelos di inviare a tutte le autorità diplomatiche e consolari nonché ai comandi militari e di marina in Albania, Grecia, Dodecanneso e Asia minore istruzione di improntare le relazioni con i rappresentanti ed i Comandi dell’altro Stato con i quali potranno essere in contatto alla massima cordialità cercando di eliminare ogni incidente e di risolvere con spirito amichevole qualsiasi differenza che potesse eventualmente sorgere. Occorre inoltre che i Comandi di Albania e Rodi nel prendere provvedimenti nell’ambito del compito amministrativo loro affidato tengano particolarmente conto dei bisogni culturali e religiosi degli ortodossi sì da evitare qualsiasi giustificato lamento. Prego dare istruzioni identiche a tutti Uffici e Comandi dipendenti e segnarmi ricevuta del presente telegramma inviato contemporaneamente ad Autorità diplomatiche e consolari in Grecia e Turchia e Comandi Valona e Rodi.

Per consoli. Prego dare conoscenza presente telegramma a generale Dallolio cui compito reso necessario da incapacità greca ad impresa Smirne dovrà essere ispirato massima serenità secondo istruzioni dategli da conte Sforza.

Per Sezione Marina. Prego richiedere a capo Stato Maggiore che dette istruzioni siano telegrafate a tutte le r. navi operanti in Levante e ad ufficiali aventi missione in Turchia.

178 1 Il testo del presente telegramma fu trasmesso con i TT. 2392/420, 2391/421, 2375/422 del 30 luglio.

178

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 46461. Washington, 29 luglio 1919(perv. ore 11 del 31).

Amico bene informato ha tenuto a confidarmi che Wilson è attualmente preoccupato dal timore che la questione italiana venga assunta più innanzi dai senatori repubblicani per opporsi al Trattato di pace coll’Austria, così come oggi le questioni di Shantung e della Lega delle Nazioni formano dell’opposizione al Trattato colla Germania. Wilson accarezza perciò la corrente che gli venisse offerta dall’Italia di un accordo che implicasse accettazione di una forma di autonomia della città di Fiume. Polk avrebbe istruzioni precise in tal senso con mandato di addivenire ad un accordo.

Sta di fatto che i senatori Lodge e Sherman impegnatisi già entrambi con dichiarazioni scritte si propongono attaccare più innanzi il presidente sulla questione adriatica. Lo stesso Lodge esclude peraltro che il Senato possa reclamare da Wilson riconoscimento sovranità italiana su Fiume ed egli propugnerebbe quindi una forma di autonomia favorevole all’Italia. Persone suindicate ed altri amici fidati nostri consigliano una condotta prudente nei riguardi del presidente evitando di impegnarci con lui con dichiarazioni positive o negative prima di avere accertato le idee ed i piani presidenziali che porta seco Polk, il quale (secondo mi ha detto stamane Phillips) si propone di procedere con cauta lentezza fino ad orientamento completo della situazione costì.

Da altra fonte sicura vengo informato che Polk destava da qualche tempo preoccupazioni all’amministrazione per una certa indipendenza che egli veniva assumendo specialmente nei rapporti con Congresso, presso il quale si affermava simpaticamente con uno spirito conciliativo non interamente consono ai propositi di Wilson. Donde il suo invio a Parigi colla lusinga di una posizione preminente e di un mandato di ampia fiducia.

179 1 Ed. in A. Giannini, I documenti, pp. 27 sgg.

179 2 L’accordo fu in realtà firmato il 30 luglio, anche se la sua datazione ufficiale è quella qui indicata.

179

ACCORDO TITTONI-VENIZELOS1

Parigi, 29 luglio 19192.

Les Gouvernements Italien et Hellénique, respectivement représentés par les Chefs de leur Délégation à la Conférence de la Paix - savoir Son Excellence Monsieur Tommaso Tittoni Ministre des Affaires Etrangères du Royaume d’Italie et Son Excellence Monsieur Eleuthérios Venizélos, Président du Conseil des Ministres du Royaume de Grèce sont tombés d’accord sur les points suivants:

Dans le but de faciliter un règlement en ce qui concerne le bassin de la Méditerranée Orientale et de la Péninsule Balkanique les sousignés collaboreront en commun pour soutenir devant la Conférence de la Paix les points de vue suivants:

1) L’ Italie s’engage à prêter tout son appui auprès de la Conférence aux revendications présentées par la Grèce pour la Thráce Occidentale et Orientale dans le Mémorandum de Monsieur Venizelos du 30 Décembre 1918.

2) L’Italie s’engage de même à prêter son appui auprès de la Conférence à la demande de la Grèce concernant l’annexion de l’Albanie du Sud (Epire du Nord) dans les limites marquées par une ligne qui sera approximativement la suivante: (carte italienne 1:200.000). À partir d’un point sur la côte entre le torrent Aspri Rouga et celui de Paljassa cette ligne remonte le contrefort du Mont Cika pour rejoindre la côte 2025. À partir de là elle suit la crête Malji Cika (Krava 1.669 Bogunica 1350 Calarat 1263 Bersi 1422) et rejoint celle de Papazi (1575) Skivovic (1859) d’où en passant au Sud de Galemi elle atteint la Suhagora (1800-1750).

De là elle suit la crête de contrefort de Liuzati et va au confluent du Zrinos avec la Voyusa, continue en suivant la rive méridionale de la Voyusa remontant son cours jusqu’au delà du confluent de la Lomnica, d’où elle remonte en contrefort au sud de ce fleuve atteignant la côte 1475 sur les Malji Kokoika. De ce point elle rejoint Cafa Skembit et la côte 1450 laissant Frasheri à l’Albanie, descend par le contrefort de Ogoreka, coupe le fleuve Osum et rejoint la côte 1400 près de Kjuteza, passant entre Kaltani et Gesaraka. De ce point elle suit la crête à l’est de Selenica Pises et par la côte 1550 (Bunar) Cafa Liuzates arrive à Malji Ukid (1800). D’ici elle continue à l’est rejoignant Mali Korova (1650) et plus à l’est la côte 1650 d’où, par Pascia Tepé (1585), Peltek (1270), elle descend à la confluence du fleuve de Moscopoli avec le Kelizoni. Elle suit ce fleuve jusqu’à sa jonction avec le Dévoli; remonte le Devoli jusqu’au pont de Malik et de là jusqu’au lac Malik qu’elle traverse en rejoignant la côte 837 d’où passant par la côte 1863 elle rejoint sur les Malji Sat l’ancienne frontière.

Au cas où la Grèce viendra en possession de ces territoires de l’Albanie du Sud (Epire du Nord) le Gouvernement Grec s’engage à rembourser au Gouvernement Italien les dépenses faites par lui pour les travaux de caractère permanent (routes, ports, édifices publics, écoles etc.) et ne se rapportant pas exclusivement aux besoins de la guerre. Une Commission où l’Italie et la Grèce seront également représentées en établira la valeur en choississant un arbitre en cas de désaccord.

Le Gouvernement Grec s’engage à accorder à l’Italie en location pendant cinquante ans une partie du port de Santi Quaranta qui formera zone franche.

Si le Gouvernement Hellénique ne construit pas lui même les lignes de chemin de fer reliant le port de Santi Quaranta à 1’intérieur, il s’engage à accorder la préférence à des sociétés italiennes qui demanderont à les construire à conditions égales à celles de leurs concurrents éventuels ressortissants d’autres puissances. Il en sera de même en ce qui concerne l’exploitation de ces lignes.

Les contrats de travaux publics en cours et ne se rapportant pas exclusivement aux besoins de guerre, passés entre les administrations militaires ou navales italiennes et des entrepreneurs ou fournisseurs sur les territoires qui reviendront à la Grèce seront liquidés équitablement par une commission où l’Italie et la Grèce seront également représentées choississant un arbitre en cas de désaccord.

3) La Grèce s’engage à soutenir devant la Conférence le mandat de l’Italie sur l’État d’Albanie.

La Grèce appuiera la reconnaissance de la souveraineté italienne sur Valona et le hinterland que l’Italie jugera nécessaire pour la défense de cette région.

La Grèce confirme la neutralisation du Canal de Corfou stipulée par la Conférence de Londres de 1913-14.

En plus les deux Gouvernements sont tombés d’accord sur les clauses suivantes:

Il ne sera pas construit des digues et défenses fixes sur toute 1’étendue de la mer comprise entre le Cap Stylos et Aspri Ruga d’un côté et les îles opposées de l’autres, qui pourraient empêcher ou réduire les passages entre ces îles et la côte ou faciliter la constitution d’une base navale.

De même aucune oeuvre de fortification ne sera construite sur la côte depuis le cap Stylos jusqu’à Aspri Ruga sur une profondeur de vingtcinq kilomètres (jusqu’à la vallée de Zrinos et du Xeria et sur le Massif du Chamanda) ainsi que sur la partie des îles situées en face de cette côte.

Il n’y aura pas d’aérodromes militaires dans la région neutralisée ni de défenses sousmarines fixes ou mobiles, et il ne sera pas permis de construire et entretenir des magasins et dépôts d’approvisionnement militaires terrestres, navals et aériens de tout genre.

Des garanties spéciales pour la liberté de l’enseignement, la liberté religieuse, le droit de famille des musulmans, leur régime Erazii-Emirié, les Wakoufs, seront accordées par le Gouvernement Hellénique aux populations non grecques de l’Albanie du Sud (Epire du Nord) qui reviendront à la Grèce.

Le Gouvernement Italien donne les mêmes garanties aux communautés grecques qui seront sous son administration dans le territoire de Valona et le reste de l’Albanie, d’entretenir librement leurs établissements scolaires, charitables ou de bienfaisance, ainsi que leurs églises et établissements religieux sous la dépendance du Patriarcat Oecuménique.

Une amnistie complète pour les crimes et délits politiques sera accordée tant de la part de l’Italie que de la part de la Grèce dans les territoires placés sous leur administration respective en Albanie et dans l’Epire du Nord (Albanie du Sud).

4) Le Gouvernement Hellénique s’engage pour le cas où ses revendications en Thrace et dans l’Epire du Nord (Albanie du Sud) recevraient définitivement satisfaction, à renoncer en Asie Mineure au profit du Gouvernement Italien à ses prétentions sur les territoires situés au Sud d’une ligne qui partant de l’embouchûre de la rivière près de la pointe Otouzbir-Kava (marqué sur la carte anglaise 1:200.000 du War Office année 1915) se dirige à l’est, puis au sud passant à l’ouest de Chinara K., puis par la crête du Gumush Dagh se dirige vers la station de Balachik de la ligne de chemin de fer Aidin-Smyrne pour se confondre à partir de cette station avec les limites séparatives des Sandjaks de Smyrne et de Saroukhan d’un côté et de Aidin et de Deuzli de l’autre. Le Gouvernement Grec considérait la condition de cette renonciation comme remplie même dans les cas où par suite de l’opposition éventuelle des États-Unis, et malgré l’appuis du Gouvérnement Italien en faveur de la Grèce, Corytza ne serait pas englobée dans les territoires qui reviendraient à la Grèce.

En dehors de cette renonciation le Gouvernement Hellénique maintient les revendications formulées dans le Mémorandum adressé par Monsieur Vénizélos le 30 Décembre 1918 à la Conférence de la Paix au sujet de l’Asie Mineure et le Gouvernement Italien s’engage à lui prêter tout son appui. De son côté la Grèce s’engage à prêter tout son appui aux revendications du Gouvernement Italien en Asie Mineure.

L’Italie n’ayant pas l’intention de faire concurrence au port de Smyrne par celui de Scalanova, lorsque un raccord aura été établi entre cette localité et la ligne de chemins de fer Smyrne-Aidin, mais désirant au contraire laisser à Smyrne son importance de port principal desservant le vilayet d’Aidin, la Grèce s’engage à accorder en location à l’Italie pendant cinquante ans, une étendue dans le port de Smyrne formant zone franche et à stipuler une convention pour le commerce en transit entre ce port et le territoire accordé à l’Italie et un accord relatif au régime de chemins de fer.

5) L’Italie cède à la Grèce la souveraineté des îles qu’elle occupe dans la mer Egée.

L’île de Rhôdes demeurera sous la souveraineté de l’Italie qui accordera dans les deux mois qui suivront la décision de la Conférence relativement aux îles de l’Egée occupées par l’Italie, une large autonomie locale. Les communautés grecques de l’île jouiront de toute façon de la faculté d’entretenir librement leurs établissements scolaires, charitables ou de bienfaisance, ainsi que leurs églises et établissements religieux sous la dépendance du Patriarcat Oecuménique.

La Grèce s’engage à rembourser à l’Italie tous les frais pour les oeuvres de caractère permanent ne servant pas exclusivement à des besoins militaires, qu’elle a executées dans les îles cédées à la Grèce (routes, édifices publics, travaux pour les ports, écoles etc.).

Le Gouvernement grec s’engage à prêter ses bons offices auprès du Patriarcat Oecuménique pour que, en cas de vacance du trône Métropolitain de Rhôdes, son choix se porte sur un prélat qui soit persona grata auprès du Gouvernement Italien.

6) L’Italie s’engage à respecter les libertés religieuses des Grecs qui seront placés sous son administration en Asie Mineure et leur dépendance du Patriarcat Oecuménique et à garantir le libre fonctionnement des écoles grecques, soit privées, soit à la dépendance des communités orthodoxes.

La Grèce s’engage à accorder exactement les mêmes garanties aux Italiens qui seront placés sous son administration en Asie Mineure.

7) Dans les cas où l’Italie n’obtiendrait pas satisfaction en ce qui concerne ses aspirations en Asie Mineure, elle reprend pleine liberté d’action par rapport à tous les points du présent accord.

Dans le cas où la Grèce n’obtiendrait pas satisfaction en ce qui concerne ses revendications formulées dans l’art. 4, elle reprend pleine liberté d’action par rapport à tous les points du présent accord.

8) La réalisation de cet Accord ne dépendant pas des Hautes Parties Contractantes et cet accord n’étant que la détermination d’une ligne de conduite commune à suivre vis-à-vis de la Conférence, il devra toujours demeurer secret puisqu’il n’est pas un vrai traité qui d’après les principes adoptés devrait être public.

La seule déclaration que les deux Ministres peuvent faire est celle qu’ils ont résolus de traiter avec un exprit de conciliation des différents questions qui intéressent les deux Pays devant la Conférence.

Les clauses du présent accord qui ne seront pas comprises dans les Traités de Paix formeront l’objet d’une Convention spéciale.

E.K. Vénizélos T. Tittoni.

Les Gouvernements Italien et Héllénique, respectivement représentés par les Chefs de leur Délégation à la Conférence de la Paix - savoir S.E. Monsieur Tommaso Tittoni Ministre des Affaires Etrangères du Royaume d’Italie et S.E. Monsieur Eleuthérios Vénizélos Président du Conseil des Ministres du Royaume de Grèce, sont tombés d’accord sur ce qui suit:

Le Gouvernement Italien accepte que le Traité public qui devra être stipulé entre l’Italie et la Grèce, lorsque les clauses de l’accord signé en date d’aujourd’hui, au sujet des revendications de l’Italie et de la Gréce en Asie Mineure et dans la Péninsule Balkanique, auront été réalisées, contienne l’engagement de la part de l’Italie de laisser la population de Rhodes se prononcer librement sur son sort le jour où l’Angleterre prendrait la décision de donner l’île dè Chypre à la Grèce. Dans tous les cas la consultation de la population de Rhodes n’aura pas lieu avant le délai de cinq ans à partir d’aujourd’hui.

Le traité public devra être soumis à la ratification des deux Parlements, Italien et Grec.

Paris, le 29 juillet 1919

T. Tittoni E.K. Vénizélos

180 1 Ed. con alcune varianti, in DBFP, vol. IV, pp. 34 sgg.

180 2 Vedi D. 30.

180

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,E IL SEGRETARIO BRITANNICO PER GLI AFFARI ESTERI, BALFOUR,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI1

Memorandum. Parigi, 29 luglio 1919.

Nous avons l’honneur d’accuser réception de la réponse de V. E. à la note collective signée par les Présidents du Conseil de France et d’Angleterre et adressée le 28 Juin au prédécesseur de V. E. le Baron Sonnino2.

La plus grande partie de cette réponse a trait à certaines questions de controverse historique soulevées par la note collective. Nous nous proposons de traiter ces que-stions rapidement dans une autre communication. Mais pour le moment, il nous paraît indispensable d’isoler le plus important des problèmes dont la solution s’impose et d’exposer à V. E. la nature exacte des difficultés qui rendent si ardue à résoudre la question de l’Adriatique.

Il nous faut, au préalable, rectifier une erreur sérieuse dans laquelle est tombée V. E. Vous dites explicitement et vous laissez constamment entendre que nous ne considérons plus le Traité de Londres comme liant les Puissances qui y sont parties. Nous n’avons jamais dit cela. Ce que nous avons dit, c’est que l’Italie a agi et agit en ce moment même comme si ce traité ne liait plus les parties contractantes; ce qui est tout différent. Les déclarations de ses hommes d’État, les articles de ses journaux, les manifestations de son Parlement et les incidents, souvent des plus regrettables, qui sont survenus chez elle, tout contribue à prouver que dans l’opinion de son peuple la question de Fiume est une question ouverte, et que, si l’Italie désire Fiume, il n’y a pas de raison valable pour qu’elle ne l’obtienne pas. Mais d’après le Traité de Londres, la question de Fiume n’est pas ouverte; et ceux qui sont prêts à renier le traité en ce qui concerne Fiume après avoir sous leur propre signature donné cette ville à la Croatie, n’ont évidemment aucun droit à l’invoquer sur les points où ses dispositions répondent davantage à leurs désirs.

Nous sommes assurés que V. E. ne croira pas que nous soulevions cette question, quelque importante qu’elle soit, dans le seul dessein d’engager une controverse. Notre but est très différent. Nous désirons convaincre V. E. qu’une solution satisfaisante de la question adriatique doit tenir compte d’éléments autres que le Traité de Londres, et vous rappeler que dans cette opinion, bien que se plaçant à un autre point de vue, V. E. et toute l’Italie sont d’accord avec nous.

La difficulté du problème apparaît entière dès que nous énumérons toutes les conditions auxquelles, pour être complète, sa solution doit satisfaire. L’une de ces conditions doit être considérée comme irréductible. Le règlement, quel qu’en soit la nature, doit être accepté par toutes les Puissances associées d’Occident. Autrement ce ne serait pas un règlement, mais un aveu public et déshonorant d’insuccès diplomatique. Il est d’autres conditions dont le caractère est peut-être moins absolu, mais dont chacune, prise séparément, doit être comprise dans un arrangement parfaitement satisfaisant. Un tel arrangement permettrait à chaque Puissance de remplir toutes les obligations auxquelles elle s’est soumise, de maintenir tous les principes qu’elle a proclamés, de satisfaire toutes les espérances qu’elle a exprimées et toutes les ambitions qu’elle a nourries. Jusqu’à quel point pouvons-nous nous rapprocher de cet idéal? Voilà la question.

Qu’il soit très difficile de donner une réponse à cette question, cela est évident si nous la considérons du point de vue de la Puissance la plus directement intéressée. L’Italie désire maintenir le Traité de Londres; elle désire aussi obtenir Fiume. De toute évidence, elle ne peut pas faire les deux. L’Italie veut régler les frontières de l’Europe d’après le principe du droit des peuples de disposer d’eux-mêmes; et en même temps elle veut obtenir une partie considérable de la côte dalmate et des îles adjacentes. Encore une fois, elle ne peut faire les deux.

L’Italie reconnait la nécessité d’admettre 1’Amérique à tout règlement qui pourra être atteint, mais elle désire aussi obtenir des territoires qui ne peuvent pas lui appartenir avec le consentement des États-Unis, ceux-ci s’en tenant à l’interprétation que le Président Wilson a donnée de ses 14 points. Il nous faut de nouveau faire observer que personne jusqu’à présent n’a pu proposer un moyen de concilier ces deux incompatibilités évidentes.

Les difficultés que nous venons d’énumérer sont bien connues de V. E. et il est hors de doute que toutes les autres Puissances associées se trouvent, comme l’Italie et à des degrés divers, en face de problèmes résultant des développements historiques imprévus des quatre dernières années. Mais du moins pour ce qui est de la question adriatique, c’est l’Italie qui devrait nous fournir une solution. Car là l’Italie, seule des Puissances occidentales associées, a des ambitions matérielles à satisfaire. Les quatre Puissances se sont faites les défenseurs du principe du droit des peuples à disposer d’eux-mêmes; trois d’entre elles ont signé le Traité de Londres. Mais que ce soit au point de vue territorial ou militaire, naval ou économique, le règlement qui en fin de compte sera adopté n’intéressera que l’Italie. Que ce soit donc l’Italie qui suggère une politique qui, tout en tenant compte de ses intérêts, soit d’accord avec ses principes et avec les nôtres.

Le mémorandum de V. E. soulève une autre discussion accessoire dont il nous faut dire un mot avant de terminer cette partie de notre réponse.

V. E. s’exprime comme si l’Italie était traitée par ses associés avec moins d’égards que les autres États alliés et, en particulier, comme si le principe du droit des peuples à disposer d’eux mêmes et celui des nationalités lui étaient opposés avec une rigidité d’interprétation que l’on ne retrouve pas, par exemple, dans le cas de la Pologne ou de la Bohême.

Il nous est impossible de partager cette manière de voir. Il est évident que, dans ce monde de rapports complexes, nulle règle abstraite ne peut être appliquée simplement et d’une manière pour ainsi dire mécanique. Des considérations découlant de l’histoire et de l’ethnologie, de la religion, de la culture et du langage, des nécessités administratives, de la solidarité économique et de la sécurité militaire, peuvent unir des régions qui, autrement, seraient séparées et séparer des régions qui, autrement, serai-ent réunies. La fixation de la nouvelle frontière du Nord de l’Italie offre un exemple de cette manière d’agir qui a causé une pénible surprise à beaucoup d’admirateurs de l’Italie. Ils disent, et ils ont raison, que si la langue, la race et le voeu des populations avaient déterminé la décision de la Conférence, le Tyrol du Sud n’aurait jamais été italien. Quoiqu’il en soit le principe du droit des peuples à disposer d’eux-mêmes et le principe des nationalités ont cédé devant les nécessités stratégiques et l’Italie a obtenu ce qu’elle désirait à la frontière des Alpes.

Le cas de la Bohême, également, présente des difficultés. Ici aussi une région allemande se trouve englobée dans un État non-allemand et ici aussi des raisons géo-graphiques et stratégiques peuvent être sincèrement invoquées en faveur de cette anomalie. Mais les considérations historiques et économiques ont plus de poids encore. Depuis le Moyen-Age, la Bohême a formé une unité politique. Tantôt elle a été un royaume séparé et indépendant, tantôt un royaume indépendant mais uni à ses voisins dans la personne de son souverain; tantôt elle a fait partie du Saint Empire Romain et tantôt elle en a été séparée; en dernier lieu elle était comprise dans la moitié autrichienne de la Monarchie Dualiste. Mais à travers tous ces changements elle n’a pas cessé de conserver son unité et son territoire, a de temps immémorial été isolé de l’Allemagne proprement dite par la chaîne de montagnes qui l’encercle. Diviser ce territoire en deux par une frontière uniquement linguistique, au mépris des sentiments historiques et des courants économiques, aurait été manifestement faire un mauvais usage du principe du droit des peuples à disposer d’eux-mêmes. Nous sommes certains que V. E. est d’accord avec nous sur ce point. Nous ne doutons pas non plus que vous estimiez comme nous qu’il n’est pas possible de trouver une situation analogue parmi les populations italiennes éparpillées ça et là le long de la côte dalmate.

A part ces deux exceptions – le Tyrol du Sud et la Bohême de langue allemande – nous ne connaissons pas un cas où les frontières aient été tracées de telle façon que des districts importants soient restés du côté de la ligne que leurs habitants auraient estimé être le mauvais côtè. Sans doute des groupements isolés ont fréquemment dû être laissé au milieu d’une population étrangère. Cela est inévitable. Sans doute aussi des raisons géographiques, économiques ou stratégiques ont parfois eu assez de poids pour amener la Conférence à sanctionner délibérément de légères modifications à la frontière ethnographique. Mais d’une manière générale, nous ne voyons pas que V. E. soit fondée à insinuer que nos principes ne deviennent inflexibles que lorsque l’Italie est en jeu. Nous estimons au contraire, que si l’Italie voulait appliquer à la ligne côtière de l’Istrie et de la Dalmatie au Sud de Pola les mêmes méthodes que, d’accord avec ses alliés, elle a appliquées ailleurs, la question Adriatique n’existerait pas.

Allegato

Note annexe.

La note remise le 7 juillet par S. E. Monsieur Tittoni touche à un certain nombre de points sur lesquels des observations et rectifications doivent être présentées.

C’est ainsi que:

a) l’accord de Londres du 26 avril 1915, bien qu’il ne formule pas dans les articles 1, 2 et 3 de délai pour l’entrée en guerre et la poursuite de la guerre par l’Italie contre tous nos ennemis, contient cependant in fine un engagement formel de l’Italie, se référant à ces mêmes articles, et fixant un délai ne pouvant excéder un mois après la signature de l’accord;

b) la convention militaire fixant le minimum des forces que la Russie devra employer contre l’Autriche-Hongrie est prévue explicitement pour «le cas où la Russie déciderait de porter son principal effort contre l’Allemagne», et n’est ainsi applicable que par interprétation au cas de force majeure d’écroulement de la Russie, qui aurait pu difficilement être imputé à la France et à l’Angleterre et être invoqué par l’Italie pour se délier de ses engagements;

c) la défense de la colonie italienne de Libye et de la région albanaise de Vallona invoquée comme action contre la Turquie, la date tardive de déclaration de guerre à la Turquie, les conditions de la participation à l’expédition de Salonique prêteraient également à des discussione si l’on devait relever les conditions, les réserves, les délais et les refus intervenus;

d) la concession même de Fiume ne paraît pas pouvoir être présentée comme ne s’appliquant qu’à la Croatie séparée de la Serbie, puisque la note de l’article 5 énumère les territoires de l’Adriatique non cédés à l’Italie comme devant être attribuée globalement «par les quatre puissances alliées à la Croatie, à la Serbie et au Monténégro» réservant par là toute organisation éventuelle ultérieure de la Croatie, de la Serbie et du Monténégro;

e) on ne saurait nier que le mémorandum concernant les résultats des conversations de St. Jean de Maurienne du 8 août 1917 ne débute par la réserve générale suivante qui s’applique ainsi à l’ensemble des dispositions: «sous réserve de l’assentiment du Gouvernement russe», et ne soit clos par un article neuf ainsi conçu: «Il est entendu que le présent mémorandum sera communiqué au gouvernement russe afin de lui permettre de faire connaître ses vues», double réserve que les évènement ont laissé en suspens;

f) le premier débarquement à Scala Nova, opéré sans prevenir les alliés malgré des réu-nions quotidiennes, n’a nullement été motivé par l’occupation de Smyrne par les Grecs puisqu’il a eu lieu antérieurement, du fait du cuirassé Regina Elena, et qu’il l’a ainsi précédée de même que les occupations de Marmaris et de Boudroun;

g) l’occupation même de Smyrne n’a pas eu lieu en l’absence des délégués italiens, puis-que M. Orlando mis au courant du projet des Puissances, a demandé un délai pour l’examiner et y a souscrit dans la séance suivante ainsi que M. Sonnino, qu’il avait demandé à consulter dans l’intervalle, et que les troupes italiennes y ont participé.

D’autres observations pourraient encore être présentées sur un certain nombre de faits allégués par V. E., mais ni l’Angleterre ni la France n’ont l’intention de poursuivre une discussion de ce genre avec l’Italie puisque leur seul désir est de trouver une solution tenant compte à la fois des principes qui dominent les négociations de la paix, des engagements respectifs qui les lient et de la nécessité d’obtenir l’adhésion des États-Unis.

181 1 Non pubblicata.

181 2 Vedi D. 143.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

L. 02495. Parigi, 29 luglio 1919.

Con riferimento alla sua comunicazione in data 10 luglio1 circa l’intenzione del Governo della Carinzia e del Tirolo di separarsi da Vienna e il costituirsi in Stato libero con lega doganale che li unisca all’Italia, mi pregio di comunicare all’E.V. che questa Sezione militare mi comunicò sull’argomento un rapporto della Missione militare d’armistizio a Vienna, nel quale il generale Segre si proponeva, pur senza entrare in merito, di accogliere con simpatia tali tendenze.

Con dispaccio n. 2404 del 22 luglio2, ho dato istruzioni al principe Borghese di comunicare al generale Segre che per ragioni di politica generale noi dobbiamo astenerci dall’avanzare qualsiasi proposta di annessione di quelle regioni all’Italia, ma non dobbiamo tuttavia disprezzare in alcun modo quelle tendenze che vanno anzi vedute con simpatia. Infatti esse debbono essere considerate da un punto di vista generale allo scopo di svolgere un programma che miri ad ottenere che la popolazione tedesca dell’Alto Adige si affezioni all’Italia in modo da servire quasi di attrazione per altre popolazioni tedesche verso il nostro Paese. Si mira con ciò al fine precipuo di dare il massimo possibile incremento alle reciproche relazioni economiche e di spegnere così qualsiasi irredentismo tedesco.

182 1 Trasmesso da Bucarest con T. 2512 del 3 agosto.

182 2 Vedi D. 164.

182 3 Vedi D. 165.

182 4 Non rinvenuto.

182 5 Gruppo mancante.

182

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 841. Bucarest, 30 luglio 1919, ore 10(perv. ore 9 dell’8 agosto).

Bratianu ha appreso con grande compiacimento dichiarazioni di V.E. esposte nel suo telegramma 9912 e anche più quelle del suo telegramma 10463 che sembrano aver dissipato ogni dubbio e timore. Mi ha ripetuto che è disposto intendersi colla Bulgaria ma che non può consentire sacrifici territoriali. Per parte mia sono sempre convinto che una zona sud di Mangalia potrà essere ceduta in processo di tempo e ne trova conferma nell’aver Bratianu già ammesso a Parigi eventualità di qualche concessione in Dobrugia pur subordinandola ad alcune premesse (mio telegramma Gab. n. 55)4.

Per Romania e Bulgaria è grande l’interesse di desistere dalla reciproca inimicizia in […]5 di quella degli altri ed è piccolo l’[…]5 delle reciproche contestazioni in paragone di quelle cogli altri. Ostacolo è però sopratutto in una ragione d’amor proprio per la quale specialmente dopo quanto avviene per Banato e si teme possa avvenire per Bessarabia nessuno vuole consentire da re Ferdinando a Bratianu a Take Jonescu ad Averescu e a Marghiloman che la Romania vincitrice faccia ora, malgrado Trattato del 1916, spontanea rinunzia di territori tanto più in quanto senza corrispettivo di acquisti di altri territori, e ciò a vantaggio di Bulgaria vinta da cui considera essere stata ingannata vilipesa e straziata. Credo che tale ostacolo sia per adesso insormontabile e che chi volesse ora persuadere Romania alla cessione volontaria non vi riuscirebbe, ma susciterebbe dannose diffidenze e malcontenti se non anche inimicizie. Parlandomi in seguito dell’Ungheria, Bratianu mi ha detto che l’esercito rumeno colle sue misure salva sempre il Paese nella difficile situazione e che le operazioni militari non cesseranno fino a quando il nemico non sarà stato battuto in modo da non rendere più possibile un suo ritorno offensivo. A tale riguardo mi sono lamentato con lui che la censura non impedisca pubblicazione nella stampa rumena delle voci correnti sui nostri pretesi aiuti agli ungheresi in armi e munizioni (mio telegramma Gab. n. 80)4. Egli se ne è mostrato meravigliato e dispiaciuto ed ha promesso provvedere subito.

183 1 Vedi D. 174.

183

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4238. Roma, 30 luglio 1919, ore 10,35.

Risposta a telegramma 42241.

Mi congratulo per accordo con Venizelos. Credo rappresenti per noi reale vantaggio e renda nostra azione più facile. Ciò che diamo è ciò che avremmo sempre dato e viceversa ne abbiamo indiscutibile vantaggio.

184 1 Vedi D. 169.

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4242/4957. Parigi, 30 luglio 1919, ore 13,10(perv. ore 17).

Rispondo al tuo telegramma n. 42101.

Questione coloniale fu, come sai, da me trovata irrimediabilmente compromessa al mio arrivo Parigi. Tuttavia fu la prima che ripresi in attento esame, formulando programma che potesse almeno parzialmente soddisfare nostri desideri, compatibilmente con infelice compilazione articolo 13 Patto di Londra. In questi giorni ho di nuovo lungamente esaminato questione con Theodoli e De Martino. Programma che mi propongo sostenere è di natura essenzialmente economica. Tende assicurarci sfruttamento ricchezze naturali ovest Etiopia d’accordo Francia e Inghilterra; regolare questioni pendenti Tunisia Egitto; assicurarci giusti confini occidente oriente Libia; attribuirci porto Kissimayo, intera valle Giuba e fertile territorio adiacente. Tibesti, Borcu, Ennedi, regioni che domando alla Francia, costituiscono necessaria integrazione geografica commerciale del sistema oasistico dell’hinterland Kio e permettono riunione, sotto nostro dominio, popolazioni senussite che, per cordiale e ormai sicura nostra intesa con capo dei senussi, debbono costituire importante strumento nostra politica coloniale. Certo è da escludere ogni idea di spedizione militare per occupazioni suddette regioni, le quali dovranno passare sotto nostro dominio, solo quando avremo compiuta pacificazione Fezzan.

Potremo allora lasciare Governo indigeno con direzione e sorveglianza di agenti politici e militari specialisti, accompagnati piccoli scorte, a somiglianza di quanto, con mirabile successo, hanno fatto i francesi nella loro penetrazione nell’interno del Sahara. Pregoti tranquillizzare Rossi cui, ad ogni modo, riferirà ampiamente mio pensiero, su questione coloniale cav. Catastini, funzionario Ministero Colonie, qui in missione, che ho fatto ieri espressamente partire per Roma.

185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4247 (min. int.). Parigi, 30 luglio 1919, ore 19,25(perv. ore 22,30).

Perdurando mia indisposizione anche oggi mi ha sostituito Scialoja alla seduta del Consiglio Supremo. Sono state trattate seguenti questioni:

1) Truppe tedesche nelle province baltiche. È stata accettata la proposta del maresciallo Foch di inviare Von Der Goltz ed i residuali reparti di truppe tedesche ad evacuare le province baltiche;

2) La questione Tracia è stata rimandata a domani su domanda dei greci;

3) Questione delle flotte. La discussione non ha approdato ad alcuna conclusione, gli inglesi e gli americani hanno chiesto istruzioni ai propri Governi di fronte all’atteggiamento francese decisamente contrario a che la flotta tedesca venga distrutta. Da parte nostra abbiamo dichiarato che in caso di ripartizione intendiamo ricevere la quota che ci spetta.

Clemenceau ha risposto che trova fondata la nostra richiesta a condizione che anche la flotta austro-ungarica sia conglobata nel conto comune del naviglio bellico da ripartirsi in congrue proporzioni fra gli Alleati. La questione sarà riportata in Consiglio dopo che Balfour e White avranno ricevuto istruzioni.

186 1 Vedi DD. 175 e 176.

186

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4243. Roma, 30 luglio 1919, ore 20,20.

Sono dolentissimo tua lieve infermità e spero sii già guarito. Ti ringrazio tue comunicazioni1 e credo che accordi con Venizelos rappresentano un grande beneficio. Vedendo Venizelos che è mio amico personale ti prego dirgli mio vivo compiacimento. Telegrafo a Polk che conobbi in America, il benvenuto. Credo trattative Quartieri potranno avere risultati anche maggiori e Wilson non potrà che accettare tutto ciò che è convenzionale. Questione Cattaro non appassiona alcuno ed è meglio non insistere.

187 1 Per la risposta vedi D. 190.

187

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 2389/4244. Roma, 30 luglio 1919, ore 20,20(perv. ore 9 del 31).

Commissione parlamentare che esamina Trattato di pace con la Germania ha ventiquattro membri presieduta da Luzzatti. Ne fanno parte tre socialisti Modigliani, Turati, Casalini. Commissione è agitata da correnti contrarie approvazione per diverse ragioni. Socialisti vogliono combattere per spirito opposizione guerra nazionalisti come Federzoni per malcontento cattolici perché non vogliono processo all’Imperatore. Insomma aria di fronda. Stamane ho detto Luzzatti e Monti Guarnieri che è segretario che Trattato deve essere approvato e presto. Ci siamo messi d’accordo e venerdì o sabato interverrò io stesso in Commissione. Luzzatti desidera alcuni chiarimenti e stasera ti telegraferà suoi quesiti. Luzzatti desidera essere assistito da qualche funzionario degli Esteri che conosca perfettamente il Trattato per aver partecipato ai lavori della nostra Delegazione. Vuoi mandargli tu qualcuno?1

188 1 La comunicazione fu trasmessa in pari data, su esortazione di Luzzatti, anche al sottosegretario Sforza (con T. Gab. personale 2939), con in calce la seguente richiesta di istruzioni: «Luzzati vorrebbe anche conoscere quale atteggiamento sia conveniente tenere nella questione del processo all’Imperatore di Germania. Alcuni commissari fra cui Stoppato vorrebbero fare approvare alla Camera un ordine del giorno contrario al processo. Finalmente Luzzati ha vivamente sollecitato immediato invio del funzionario da aggregare alla Commissione circa il quale le ho già telegrafato oggi stesso».

188 2 Per la risposta vedi D. 190.

188

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 2375 bis/4245. Roma, 30 luglio 1919, ore 21,15(perv. ore 9,20 del 31).

Luzzatti mi prega mandarti seguente memorandum che interessa lavoro Commissione Trattato Germania: «La Commissione della Camera che esamina il Trattato di pace con la Germania, presieduta dall’on. Luzzatti, e composta di 24 deputati i quali ne rappresentano i vari gruppi, non è contenta di quell’accordo né per le disposizioni generali, né per quelle che riguardano gli interessi italiani. Vorrebbe conoscere se ci sono e se fosse lecito consultarli, i verbali delle conferenze ufficiali, o avere almeno da qualche ministro o delegato del Governo notizie e commenti su non poche disposizioni non chiare. Così fece il Governo francese verso la Commissione che esamina il Trattato. Alla Commissione parlamentare della Camera preme anche sapere quali siano i peggioramenti avvenuti dopo la partenza dei delegati italiani per l’incidente Wilson. Si sa, per esempio, che la somministrazione prima sicura dei carboni all’Italia fu messa allora in dubbio o almeno fu data la prevalenza alla Francia per quanto riguarda i carboni della Germania da sostituire quelli delle miniere di carbone francese resi inservibili. Si sa anche che il Governo italiano fece delle riserve su queste modificazioni avvenute senza il suo consenso. Queste riserve quale valore hanno? La Francia ottenne dalla Germania due benefici doganali, uno riguardante l’entrata libera per un certo periodo in Germania delle merci dell’Alsazia Lorena; l’altro beneficio riguarda l’entrata delle merci degli Stati Alleati e Associati, beneficio comune a tutti loro. Perché nell’accordo con l’Austria non si chiese e non si ottenne per i prodotti delle terre redente, Trentino, Istria, Trieste, ecc., gli stessi benefici, concessi dalla Germania alla Francia per l’Alsazia e la Lorena?»1. Le domande che la Commissione vorrebbe rivolgere al Governo hanno questo carattere e il meglio sarebbe mettere a fianco del presidente on. Luzzatti uno che avesse seguito a fondo tutte le negoziazioni e sapesse rispondere a tutti questi e ad altri punti2.

189 1 Il documento reca a margine la seguente annotazione datata 2 agosto ed a firma Vannutelli Rey: «Conforme a quanto suggerisce Borghese, sarei d’avviso di non dar seguito alcuno alla proposta Allizé. Timeo Danaos…».

189 2 Tittoni rispose con T. 1118 del 5 agosto, non pubblicato, dando le seguenti istruzioni: «Continui pure conversazioni con Allizé, ma si astenga dal fare qualsiasi proposta e dichiarazione in proposito».

189

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. confidenziale 2407/16271. Vienna, 31 luglio 1919, ore 13(perv. ore 9 del 1° agosto).

Allizé è oggi tornato ad intrattenersi meco su proposta alla quale aveva già accennato alcuni giorni or sono dichiarandomi che come Francia non poteva ammettere Germania rinforzata, così Italia doveva essere contraria qualsiasi forma ricostruzione monarchia austro-ungarica. Egli dichiarava poi che nell’impedire ogni possibilità di una eventuale Confederazione danubiana interessi Italia e Francia coincidono perfettamente. Suggerì quindi che lui ed io proponessimo alla Conferenza di fare all’articolo 218 una aggiunta nel senso di impedire all’Austria concludere subito accordo politico ed economico qualsiasi durata che potesse modificare suoi diritti sovranità ed indipendenza. Tale proposta appoggiata da noi sarebbe stata a suo avviso presa in considerazione seriamente a Parigi. Chiesi ad Allizé la formula da lui proposta e gli ho detto che avrei studiato questione prima riparlarne. Informo V.E. ad ogni buon fine perché è qui opinione prevalente Allizé sia invece grande fautore Federazione danubiana che potrebbe essere potente anche senza Austria e perché sembrami intanto sua proposta possa escludere qualsiasi possibilità per un accordo doganale di favore fra Austria tedesca o Italia. Sarei grato a V.E. telegrafarmi suo pensiero in proposito2.

190 1 Al riguardo vedi D. 188.

190

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4259/5004 (min. int.). Parigi, 31 luglio 1919, ore 19(perv. ore 22).

Ti proporrei rispondere a Luzzatti nei seguenti termini1: «La domanda di prendere visione dei verbali della Conferenza fu già fatta a Wilson da Senato americano, a Clemenceau dalla Commissione speciale della Camera dei Deputati e a Lloyd George dalla Camera dei Comuni e tutti e tre rifiutarono. Clemenceau però pur rifiutando entrambe comunicazioni dei verbali diede insieme a Tardieu tutti i chiarimenti che la Commissione richiese dichiarando che egli li dava confidenzialmente alla Commissione e che questa se avesse voluto renderli di pubblica ragione avrebbe dovuto assumerne da sola la responsabilità. Pertanto il Governo italiano legato da un impegno preso verso la Conferenza dalla precedente Delegazione non può comunicare i verbali alla Commissione della Camera dei Deputati ma se questa vorrà rivolgergli un questionario, il Governo risponderà ad esso dicendo tutto ciò che sa o che gli risulta dai documenti che possiede». Questa mi pare la sola risposta possibile. Il mettere a disposizione di Luzzatti uno dei funzionari che sono a conoscenza di quanto è avvenuto alla Conferenza potrebbe dare luogo ad equivoci nello scambio di comunicazioni puramente verbali. Inoltre i funzionari che sono al corrente di quanto è avvenuto sono soltanto tre: Aldrovandi, Scordia e De Martino. Ai primi due per diverse ragioni io mi rifiuterei nel modo più assoluto affidare tale incarico e, quanto a De Martino, appunto perché è al corrente di tutti i precedenti non potrei consentire che lasciasse Parigi. Come procedura, la Commissione potrebbe trasmettere a te i quesiti. Io manderei a te le risposte e tu dopo averle bene esaminate le comunicheresti alla Commissione stessa.

191 1 Si tratta verosimilmente della linea Enos-Midia. Vedi al riguardo il resoconto della seduta del Consiglio Supremo del 31 luglio in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 434 sgg.

191 2 Per la risposta vedi D. 197.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4262/5007 (min. int.). Parigi, 31 luglio 1919, ore 23,25(perv. ore 3 del 1° agosto).

Oggi stando meglio mi sono alzato poco prima della riunione del Consiglio Supremo cui ho preso parte: oltre a questioni di secondaria importanza e cioè le misure da prendere per Danzica e Memel nonché una richiesta del Governo svedese di essere udito dalla Conferenza sulle isole Aland, si perseguì iniziata la discussione sul confine greco-bulgaro. Gli americani di fronte al persistente diniego da parte dei francesi, inglesi e giapponesi di lasciare la Tracia occidentale alla Bulgaria hanno presentato una proposta tendente ad assegnare l’intera Tracia bulgara al futuro Stato internazionale di Costantinopoli. Poiché questa proposta toglieva di colpo ai bulgari uno sbocco al mare Egeo e capovolgeva la situazione volgendola a favore di un terzo Stato finora non in discussione ho approfittato della sorpresa e del disorientamento prodotto per affacciare l’ipotesi di una soluzione intermedia proponendo di esaminare se sarebbe stato possibile prendere come linea di demarcazione la linea Kiyali Midia1 la quale avrebbe [sic] ai bulgari la zona settentrionale a maggioranza bulgara; ho anche indicato eventualmente la possibilità di dare ai bulgari il porto di Rodosto che avrebbe potuto soddisfare almeno in parte i bisogni commerciali della Bulgaria. È stato deliberato di fare ristudiare le varie proposte alla commissione tecnica degli esperti; si è così usciti dal vicolo cieco in cui la Conferenza si trovava per la irriconciliabilità delle due tesi in contrasto; i greci dovranno, se il progetto riesce, essere grati a noi di una soluzione che certamente li soddisfa e i bulgari guadagnerebbero grazie al nostro intervento parte del territorio che avranno perduto dall’altro lato. Questo è il piano che mi propongo di svolgere e sul quale ti terrò ulteriormente informato. La discussione in Conferenza sarà ripresa sabato. White e Polk si sono vivamente congratulati meco per il tuo discorso che hanno segnalato al Presidente. Polk avrà con me un colloquio per le cose adriatiche sabato mattina2.

192

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

T. Gab. riservato 308. Parigi, 31 luglio 1919.

Il signor Berthelot con cui parlai stamane abbastanza a lungo di cose albanesi, degli incidenti di Scutari, di Cattaro e d’altre faccende adriatiche, mi disse con molto calore che egli considerava d’assoluta urgenza e necessario agli interessi d’entrambi i Paesi che si venisse ad un regolamento definitivo della questione dell’Adriatico. Finché dura la presente situazione provvisoria, egli diceva, e i contatti che ne seguono fra i comandi militari di terra e di mare francesi ed italiani d’ogni grado, gli attriti, i conflitti, i pericoli d’incidenti saranno continui.

La Francia, egli aggiungeva, non ha alcun interesse proprio in quel mare e si trova colà a far da gendarme fra due contendenti irritando l’uno e l’altro. Egli accennò alla sovraeccitazione non giustificata dell’opinione pubblica italiana contro la Francia, che pure si calmerebbero [sic] ove venissero regolate le nostre frontiere orientali. Abbondai da parte mia nel senso delle sue osservazioni e ricordai come questa situazione spiacevolissima per chi ha a cuore la cordialità dei rapporti fra i due Paesi e che non risponde ad un interesse proprio della Francia, provenisse in gran parte dalla tendenza del generale Franchet d’Esperey di volere essere dappertutto anche dove non lo chiamerebbe una savia politica. Berthelot ne conveniva e osservava che è proprio dei francesi volersi occupare di questioni che non li toccano. Conchiusi ricordandogli che il Governo francese appoggiandosi presso gli altri alleati, molto potrebbe fare per la soluzione delle difficoltà che tutti deploriamo.

Come l’E.V. sa Berthelot ha sempre disapprovato in termini abbastanza schietti la politica di Clemenceau che condusse i francesi a Fiume, ma egli mi parlò oggi con maggior vigore dell’usato della necessità di finirla presto con le difficoltà adriatiche per dissipare così le nubi che offuscano l’orizzonte dei due Paesi.

193 1 Vedi D. 230.

193

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. Roma, 31 luglio 1919.

Dalla Consulta mi comunicarono nei giorni scorsi il seguente telegramma da Scutari:

«741. Da qualche tempo circolano voci riservate secondo cui nel caso Conferenza della pace affidasse mandato Albania ad Italia sarebbe tentata insurrezione in tutta Albania contro nostre truppe. Agenti di Essad Pascià di accordo con serbi sarebbero ovunque. Notizia mi viene riservatamente confermata dai padri Gesuiti. Ho dato comunicazione di quanto precede a Valona. Perricone».

Anche se la voce sia falsa o esagerata, è chiaro – per molti altri segni – che la nostra situazione in Albania è cattiva: sopratutto la situazione morale.

V’è colà oggi una febbre di caldo albanesismo che ha reso ancor più gravi gli inconvenienti della pubblicazione del Trattato di Londra; e taccio degli innumerevoli errori quotidiani di amministrazione che ci avevan già alienate le simpatie.

Gli albanesi più saggi, e sono pochi, continuano a capire che almeno per ora l’Italia è per loro il Paese verso cui orientarsi; ma anch’essi temono di esser fatti italiani invece che lasciati albanesi. Non voglion diventare una colonia, nemmeno a Valona.

A me sembra che i danni e il pericolo della disaffezione e forse della rivolta potrebbero essere eliminati da una pubblica nostra dichiarazione che noi vogliamo un’Albania indipendente, che anche nel nostro interesse la vogliamo indipendente; che l’opera nostra in Albania (quale che sia la forma che essa abbia a prendere) a questo solo mirerà; e che, salvaguardati in qualche modo i nostri interessi militari, anche Valona vogliamo sia una città albanese dell’Albania indipendente.

Io credo che se provocassimo l’occasione di pronunziare siffatte parole alla Camera l’effetto ne sarebbe enorme.

Mi pare che anche per la Conferenza ce ne avvantaggeremmo, giacché:

1) diminuiremmo l’impressione d’importanza di ciò che ci verrebbe dato per l’Albania, pur conservando tutto quanto di reale là ci occorre;

2) porremmo serbi al nord e greci al sud in posizione più difficile per le loro pretese territoriali; le quali o eviteremmo o faremmo valere ben di più. Ma spero eviteremmo perché delle cessioni alla Grecia nell’«Epiro del Nord» possono creare in Albania un turbamento gravissimo. Alla Grecia meglio varrebbe fare altre concessioni altrove.

Ti prego telegrafarmi al più presto il tuo parere in proposito1.

194

IL DELEGATO DEL CONSIGLIO NAZIONALE DI FIUMEALLA CONFERENZA DELLA PACE, OSSOINACK,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI

L. riservatissima. Parigi, 31 luglio 1919.

Nel colloquio che V.E. ha avuto la cortesia di accordarmi ieri mattina in presenza del delegato del Consiglio Nazionale di Fiume dott. Antoni, il quale mi ha portato le istruzioni del Consiglio stesso in merito alla linea di condotta politica da tenersi innanzi la Delegazione italiana per la pace, V.E. mi ha dichiarato che all’Italia non sarebbe stato possibile di ottenere la pura e semplice annessione di Fiume, ma che invece per ragioni di politica estera ed in considerazione della precaria situazione economica e finanziaria, la Delegazione italiana si troverà purtroppo costretta di accettare una soluzione di compromessi o colla creazione di uno Stato intermedio, comprendente la città di Fiume, i cui diritti nazionali ed autonomi vi saranno efficacemente salvaguardati, escludendo ogni ingerenza jugoslava nel corpus separatum di Fiume, oppure con l’erezione di Fiume stessa in città libera.

Per mantenersi quindi coerente all’indirizzo politico sempre mantenuto dal Consiglio Nazionale, io devo, Eccellenza, abbandonare Parigi, troncando così ogni relazione con la Delegazione italiana, poiché in tale modo soltanto si può mantenere impregiudicato il diritto di Fiume, che non deve cadere in prescrizione, poiché è interesse comune d’Italia e di Fiume che l’efficacia di un tale diritto possa essere conservata anche per l’avvenire.

Sono inoltre indotto ad allontanarmi da Parigi perché la mia sola presenza ed ogni mia eventuale relazione con la Delegazione italiana potrebbe far nascere il sospetto che io sia tacitamente consenziente, con una qualsiasi forma di compromesso, che Fiume decisamente ed assolutamente respinge.

In tale occasione mi pregio di allegare l’atto di protesta del Consiglio direttivo di Fiume contro una eventuale decisione della Conferenza della Pace, che non corrisponda al diritto di Fiume ed alle aspirazioni della sua popolazione, richiedente l’annessione pura e semplice di questa città alla madre patria.

Poiché ritengo intempestivo di presentare già ora un tale atto di protesta, prima cioè che la Conferenza della Pace abbia preso la sua deliberazione in merito alla questione di Fiume, prego V.E. di presentare questo atto nel momento opportuno: e poiché anche ritengo che sia oggi, come bene V.E. ha consigliato, da evitarsi ogni clamorosa dimostrazione, faccio ascrivere la mia partenza a ragioni di salute.

Come ebbi l’onore di riferire a V.E., che mi ha pienamente approvato, la solenne protesta di Fiume sarà fatta nel momento in cui il rappresentante della Conferenza della Pace verrà a Fiume per destituire il suo Consiglio Nazionale e per imporre il nuovo ordine di cose stabilito dalla Conferenza stessa: in allora il Consiglio Nazionale eleverà fiera protesta contro l’atto arbitrario e dichiarerà che il diritto di Fiume alla autodecisione non cade in prescrizione, ma si mantiene efficace anche per l’avvenire.

Eccellenza! È mio dovere di rendere ancora una volta avvertita la Delegazione italiana che la mancata annessione di Fiume all’Italia non significa soltanto la perdita di questa città per la patria ed il sacrifizio della sua popolazione italiana, ma significa anche la rovina economica di Trieste, la quale non potrà resistere alla concorrenza del porto di Fiume e che vedrà impoverire il suo commercio e sviato il suo traffico, riducendo con ciò il lavoro del suo porto ad un coefficiente minimo, non bastevole ad assicurare l’esistenza della sua popolazione.

È mio dovere ancora di avvertire la Delegazione italiana che qualsiasi soluzione di compromesso, in cui Fiume rimanesse città libera o come città libera facesse parte di uno Stato intermedio, porta come inevitabile conseguenza la perdita definitiva di questa città per l’Italia, poiché avvalendosi dell’arma dell’infiltrazione economica la razza slava penetrerà sempre più nella nostra città, rendendo impossibile l’esistenza economica all’elemento italiano e prendendo quindi il sopravvento nel campo economico commerciale: gli jugoslavi, i cecoslovacchi e le altre razze estranee tenderanno con ogni mezzo e magari con sacrifizi finanziari a fare affluire il loro commercio a Fiume, ove si serviranno soltanto della propria gente, aumentando quindi considerevolmente la cifra della popolazione slava.

Il fatto che l’appartenenza politica di Fiume non verrà definitivamente stabilita, ma che questa città sarà trasformata in «città libera» o «Stato libero» spronerà gli slavi a tentarne con ogni sforzo e con ogni mezzo la conquista nazionale, persuasi che alla conquista nazionale seguirà la conquista politica.

Per dimostrare quanto più facile sarà tale conquista voglio portare l’esempio della città di Vienna, nella quale, pur essendo la capitale austriaca, in cui tutta la vita politica sociale ed economica si imperniava intorno al trono degli Asburgo, ciononostante i cechi riuscirono abilmente ad introdursi, costituendo una colonia fortissima, che gradatamente, a guisa di cuneo andava conquistando i poteri e le cariche pubbliche, in modo che se non fosse subentrato lo sfacelo dell’Austria, questa stessa sua capitale sarebbe stata conquistata dagli slavi.

Nel prendere commiato da V.E. è mio dovere di dichiarare ancora una volta che la città di Fiume, fedele al plebiscito del 30 ottobre 1918, conscia del suo diritto storico di auto-decisione e fiera della sua nazionalità italiana respinge ogni e qualsiasi soluzione di compromesso che potrebbe essere presa in sua assenza e contro sua volontà, per cui una tale soluzione illegale e contraria al diritto delle genti non avrà alcuna forza obbligatoria per la città stessa.

195 1 T. urgente 4963 del 30 luglio, non pubblicato, con il quale Tittoni informava che a causa di una indisposizione non avrebbe potuto essere a Londra come previsto prima del mercoledì successivo, vale a dire il 6 agosto.

195

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2428/1127. Londra, 1° agosto 1919, ore 8,47(perv. ore 9 del 2).

Telegramma di V.E. n. 49631.

Lloyd George era già stato informato da Balfour indisposizione di V.E. cui augurava pronta guarigione. Avendogli detto V.E. contava esser qui mercoledì il prossimo, rispose sarà lietissimo vederlo giovedì per avere con lei una buona conversazione. Primo ministro rilevò con aria compiaciuta risultargli che grazie a V.E. le cose procedono ora meglio costì. Aggiunse pure qualche altra osservazione di indole personale, che mi riservo riferirle verbalmente. Ad una mia calda esortazione sull’interesse britannico a non alienarsi amicizia dell’Italia ed alla conseguente necessità che egli agisca colla sua usata energia per dare al nostro Paese testimonianza tangibile, replicò egli amicizia italo-britannica stargli sommamente a cuore, ed io non mancai di rilevarne tutti i vantaggi. Questa dichiarazione mi fu fatta in termini calorosamente espansivi, cui da un pezzo non ero più abituato e che mi ricordò linguaggio analogo a quello tenuto due anni sono quando appena salito al potere mi fece chiamare e mi partecipò sua decisione di rinsaldare intimità due Paesi alleati. Quelle dichiarazioni furono poi seguite da una visita a Roma, donde Lloyd George come V.E. saprà ritornò con diverse disposizioni da allora in poi più o meno non modificatesi. Ad una mia interrogazione sulla situazione interna inglese, rispose purtroppo prospettava per il momento non essere soddisfacente. Schanzer che ho veduto stamane mi ha informato aver avuto col cancelliere dello Scacchiere colloquio di cui è rimasto soddisfatto e circa il quale telegraferò direttamente maggiori particolari. S.E. fu invitata ieri sera ad una rappresentazione di gala cui assistevano sovrani. S.M. il Re informato presenza nostro ministro mi fece dire desiderava glielo presentassi subito. Il Re la Regina ed il principe di Galles lo colmarono di cortesie. Il Re cui partecipai prossimo arrivo di V.E. mi disse sarà lietissimo di vederla.

196 1 Per la risposta vedi D. 198.

196

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4265. Roma, 1° agosto 1919, ore 10,40.

Domani sera sabato alle 21 Commissione per Trattato di Pace con la Germania mi ha invitato a intervenire e fornire spiegazioni. Per essere più preciso e andar sempre d’accordo ti prego telegrafarmi quali dichiarazioni credi io faccia in ordine ai seguenti punti: 1) necessità dell’approvazione rapida; 2) danni del rinvio e della non approvazione; 3) su quali punti devo richiamare attenzione anche in ordine clausole facoltative1.

197 1 Vedi D. 191.

197

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4267. Roma, 1° agosto 1919, ore 18,20(perv. ore 19).

Sono molto lieto di saperti in miglior salute e t’invio ogni più amichevole augurio di completo ristabilimento.

Mi rallegro di cuore con te per la pronta ed abile iniziativa presa a riguardo dell’intricato problema greco-bulgaro1.

Sei riuscito a dimostrare ai greci i nostri sentimenti amichevoli e ad impedire nel contempo che un’irreparabile ingiustizia fosse sancita a danno dei bulgari. L’offrire Rodosto ai bulgari mi sembra ottimo ed equo proposito del tutto conforme agli interessi italiani. Auguro vivamente che tu possa far trionfare questa proposta.

198 1 Vedi D. 196.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4276/5034. Parigi, 1° agosto 1919, ore 23,25(perv. ore 2 del 2).

Rispondo tuo odierno 42651.

A quanto sembra Camera deputati francese si prorogherà subito e non riprenderà suoi lavori che mese corrente o principio settembre.

Ciò rende non più urgente ratifica da parte nostra; ma è indispensabile che ratifica abbia luogo prima proroga lavori nostro Parlamento. Avendo Inghilterra già approvato Trattato, e potendo intervenire presto approvazione del Parlamento francese nei primi del settembre e sarebbe esecutivo per detto Stato [sic] anche se non fosse stato ratificato da parte nostra. In tal caso, che bisogna evitare, Italia sarebbe esclusa da tutte le Commissioni economiche, politiche e militari; non potrebbe conseguire dalla Germania consegna materie prime fra cui carbone ed ogni altra riparazione danni assicuratale dal Trattato; perderebbe influenza su molte questioni di carattere internazionale od economico che devono essere risolte entro pochi mesi dall’entrata in vigore del Trattato; dovrebbe poi accettare più tardi o contrattare quanto altri Stati hanno compiuto in sua assenza. Naturalmente tali danni si aggraverebbero se non si dovessero [sic] conseguire prima proroga Parlamento anche la ratifica Trattato con Austria giacché oltre danni summenzionati sarebbevi quello della provvisorietà regime nuove terre redente.

Circa ultima parte telegramma, in cui chiedi se devi richiamare attenzione su clausole facoltative, se parola «facoltative» non rappresenta errore trasmissione mi limito ad indicarti l’art. 296 lettera E, che dà facoltà al Governo di costituire ufficio di compensazione debiti e crediti e l’art. 297 che dà facoltà confisca beni sudditi nemici in conto. La natura facoltativa di detta clausola può eliminare molte obiezioni.

199 1 Vedi D. 140.

199

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI

T. 1108. Parigi, 3 agosto 1919, ore 10.

Suo telegramma Gabinetto n. 77 del 22 luglio1.

Prego far presente a re Ferdinando qualora se ne offra occasione, ed in generale, non omettere mai di ricordare in codesti ambienti politici, che sin dall’inizio della Conferenza la Delegazione italiana assunse atteggiamento decisamente favorevole al programma massimo rumeno sostenendo sola contro tutti la piena validità del Trattato del 1916 specialmente nei riguardi del Banato. Soltanto quando tesi indivisibilità di quest’ultimo, da noi sostenuta, fu concordemente respinta dalle altre Delegazioni, credemmo utile, nell’interesse stesso dei rumeni, che essa tesi non venisse violata a solo benefizio dei serbi, ma anche degli ungheresi, ai quali fu lasciata una piccola zona di territorio intorno a Szeged. I francesi colsero da ciò il pretesto per insinuare in tutti i modi nell’animo degli uomini politici rumeni il sospetto che Delegazione italiana favorisse magiari contro Romania. Membri Delegazione rumena sanno tuttavia molto bene che tali insinuazioni sono infondate e che Italia ha seguitato costantemente, sebbene con poca fortuna, ad appoggiare, sia nelle Commissioni, sia nel Consiglio Supremo della Conferenza, il programma massimo delle rivendicazioni della Romania. Basti ricordare progetto italiano per congiungimento diretto fra Polonia e Romania attraverso ferrovia Iablonitza, opposizione italiana alla cessione di Versecz ai serbi, difesa interessi rumeni in Bessarabia seriamente minacciati tuttora da qualcuna delle altre Delegazioni. Anche nell’ultima seduta della Conferenza io presi la parola perché fosse sollecitata la questione delle frontiere della Bucovina e della Bessarabia nel senso voluto dalla Romania. Occorre insomma neutralizzare in modo definitivo insinuazioni malevole di chi cerca impedire intesa cordiale italo-rumena, ed ingenerare convincimento che, se Romania non potrà dichiararsi soddisfatta dei risultati della Conferenza, ciò non devesi ascrivere assolutamente a carico Italia.

200 1 Non è stata rinvenuta alcuna traccia di tale comunicazione.

200 2 Vedi D. 202.

200

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4288. Roma, 3 agosto 1919, ore 11,50.

Come Sforza ti ha telegrafato ierisera1 dalle 21 alle 23 riunione Commissione parlamentare Trattato Germania. Sono intervenuto con Sforza e Ferraris. Molte domande molti quesiti tendenza ostile. Ho dichiarato: 1) che bisogna che Trattato sia approvato altrimenti ne verrebbe a noi grande danno; 2) che deve essere approvato subito. Che Governo è disposto nei limiti possibilità rispondere tutti quesiti. A molti quesiti ho subito risposto, altri Sforza ti manderà. Esiste vera tendenza fare processo condotta Ministero e delegati precedenti. Ho fatto su ciò per probità le più ampie riserve e ho detto in ogni modo che non in sede di approvazione del Trattato potevano discutersi alcuni argomenti. Ti trasmetteremo i quesiti se Sforza non li ha già trasmessi2.

201 1 Vedi D. 166.

201 2 Imperiali rispose con T. 2491/1141 del 6 agosto, non pubblicato, con il quale comunicava di aver ricevuto da Graham precise assicurazioni su di un passo compiuto a Belgrado nel senso indicato da Tittoni. Il medesimo Tittoni inviò copia di questo telegramma alle ambasciate a Parigi e Washington (con T. 1139 dell’8 agosto), sottolineando la convenienza di pratiche simultanee di quei rispettivi Governi presso il Governo serbo a conferma del punto di vista italiano. Per il seguito della questione vedi D. 286.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. 1113. Parigi, 3 agosto 1919, ore 12.

Rispondo telegramma di V.E. n. 10831.

Ho appreso con compiacimento risultato passi di V.E. presso codesto Governo. Più che da nostre ragioni particolari, il ritiro delle truppe serbe dalle regioni albanesi comprese nelle frontiere del 1913 è richiesto dalla necessità di mettere fine alle agitazioni che loro presenza procura e dai torbidi che si vanno preparando in evidente accordo con Essad Pascià. Voglia pertanto cogliere opportune occasioni per meglio chiarire tale concetto tenendo presente che codesto Governo ha ragioni particolari di antipatia verso Essad Pascià, derivanti oltre che da prevenzione per suo passato anche da incidenti occorsi con funzionari inglesi nel periodo 1913 del suo Governo a Durazzo2.

202 1 Vedi D. 213.

202

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4292. Roma. 3 agosto 1919, ore 14,50(perv. ore 15).

Commissione pel Trattato riunitasi iersera desidera ricevere notizie e chiarimenti urgenti sui punti seguenti: 1) Commissione constata che per la somministrazione carboni all’Italia furono nell’assenza della Delegazione da Parigi apportate modifiche a nostro danno e crede che si siano poi fatte delle riserve sulle modifiche avvenute senza nostro consenso. Qual valore hanno queste modifiche? 2) Perché nell’accordo coll’Austria non si chiese per le terre redente gli stessi benefici doganali concessi dalla Germania per l’Alsazia-Lorena, visto che fra i due casi vi è perfetta analogia colla differenza a vantaggio delle terre redente che esse eran legate coll’Austria da molto prima del 1871? 3) Noi abbiamo fatto leggi circa il lavoro che creano obblighi formali al nostro mondo industriale mentre altrove non si son formulate che delle raccomandazioni. Come si può assicurarci una rapida perequazione la quale oltre fornirci un simpatico argomento toglierà alla industria italiana gli aggravi che le nostre nuove leggi operaie le impongono in confronto della industria straniera? Al punto 2 avrei potuto osservare che agendo per facilitazioni doganali per le terre redente correremmo rischio di collaborare alla creazione di un zollverein danubiano, ma ho preferito lasciare che ogni chiarimento venga dalla tua autorità. Prego risposta telegrafica1 per mostrar deferenza alla Commissione dalla quale spero non difficile ottenere una rapida favorevole relazione.

203 1 Si tratta del T. riservato 4277/5035 del 2 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni aveva riassunto la discussione svoltasi nel Consiglio dei capi delegazione del giorno precedente.

203 2 Nella riunione del giorno 1 era stata data lettura di un telegramma con il quale il Governo tedesco prospettava «timore che immediata consegna colpevoli disgreghi esercito» e potesse quindi suscitare in Germania «una rivolta in senso bolscevico».

203 3 Per la risposta vedi D. 205.

203

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4294. Roma, 3 agosto 1919, ore 15,30.

Rispondo tuo telegramma n. 50351.

Mi ha penosamente impressionato domanda di Clemenceau intesa a sospendere restituzione dei prigionieri tedeschi sinché non saranno consegnati alla Francia i mille ufficiali tedeschi presunti colpevoli che sono stati richiesti dal Governo francese2. Si tratta di una domanda eccessiva che non può trovare giustificazione alcuna tanto più che non si ammette una eventuale reciprocità. Con siffatte proposte anziché avvicinare l’ora della vera pace, di cui l’Europa ha tanto bisogno, si creano incidenti complicazioni e rancori atti a provocare oscuri torbidi che possono avere imprevedibili conseguenze. Io mi sto adoperando con ogni fervore per ottenere dal Parlamento una rapidissima ratifica del Trattato di pace e spero di riuscire a superare prontamente le difficoltà che vi si oppongono. Ma l’opera mia sarà resa più difficile se questa notizia si diffonderà in Paese, ove si biasima aspramente il progetto di processare l’imperatore Guglielmo. È dunque anche per ragioni d’ordine interno ch’io richiamo su questo problema tutta la tua attenzione. Forse sarebbe opportuna una tua aperta e leale dichiarazione in proposito in seno al Consiglio dei Cinque.

Non è con questo sistema che si facilita la pronta smobilitazione degli eserciti nemici che noi dobbiamo affrettare ad ogni modo perché ci è necessario di procedere senza indugio nella smobilitazione del nostro esercito3.

204 1 Del 28 luglio, con il quale Sforza aveva trasmesso a Galanti con relative istruzioni il T. 2483/1083, per il quale vedi D. 166.

204

L’INCARICATO D’AFFARI A BELGRADO, GALANTI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 2564/167. Belgrado, 3 agosto 1919(perv. stesso giorno).

Telegramma di V.E. 4571.

Dalla conversazione avuta stamane con ministro aggiunto degli affari esteri non mi è risultato che questo ministro d’Inghilterra abbia fatto ancora alcun passo circa evacuazione truppe serbe Albania. Gavrilovič si é però mostrato meco meno intransigente al riguardo. Mi disse Governo serbo aveva avuto ora da Parigi comunicazione dell’accordo italo-francese ma che questo non escludeva a suo parere la presenza nell’Albania del Nord di altre truppe alleate e che quindi come tali le truppe serbe avevano diritto di rimanervi.

Ha aggiunto che Governo serbo aveva chiesto ulteriori schiarimenti alla sua Delegazione per la Pace a Parigi e che spera si possa addivenire ad un modus vivendi. Mi è sembrato egli volesse con ciò alludere ad una possibile occupazione mista italo-serba.

205 1 Vedi D. 203.

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4305/5095. Parigi, 4 agosto 1919, ore 10,30(perv. ore 18,10).

Rispondo telegramma 42941.

Sono perfettamente d’accordo teco.

Alla Conferenza parlai chiaramente e dissi che ove avesse ecceduto nelle misure contro la Germania avrebbe di fronte alla storia assunto la responsabilità di una rivoluzione bolscevica che dalla Germania avrebbe dilagato negli altri Stati. Feci anche rilevare l’opportunità di esigere la rigida esecuzione dell’articolo del Trattato che limita la forza armata della Germania poiché il limite fissato dal detto articolo metterebbe il Governo di fronte alla rivoluzione. Però quando si tratta della Germania ho dovuto constatare che manca qualsiasi serenità di giudizio non solo in Clemenceau ma anche in Balfour e negli americani.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4303/5096. Parigi, 4 agosto 1919, ore 11,15(perv. ore 16,45).

Crisi serba ha interrotto trattative con jugoslavi. Quartieri sarà Roma tra quattro o cinque giorni e ti riferirà dettagli. Richiamo tua attenzione su quanto ti riferirà circa internati. Ieri con Clemenceau, Balfour e Polk è incominciata discussione affari italiani. Quattro delegati indicati da ciascuno di noi proporranno soluzione problemi. Clemenceau ha delegato Tardieu che ci è pienamente favorevole. A Londra chiederò a Lloyd George che il delegato britannico abbia eguali istruzioni.

207 1 Nitti rispose con T. riservato personale 4320/36 del 5 agosto, non pubblicato, con il quale dichiarava di «trovare oltremodo opportuna la progettata visita a Bruxelles e di essere certo che essa sarebbe valsa a dissipare il dannoso raffreddamento constatato nei rapporti tra Italia e Belgio».

207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4309/5104. Parigi, 4 agosto 1919, ore 13,20.

Lloyd George mi fa sapere a mezzo di Imperiali che gravità situazione creata in Inghilterra dallo sciopero della polizia a Liverpool e Birmingham lo assorbirà interamente in questi giorni e quindi mi prega rinviare mia gita alla prossima settimana. Perciò stamane sono stato da Balfour e gli ho dettagliatamente esposto il mio progetto per l’Adriatico. Egli è rimasto molto favorevolmente impressionato e mi ha promesso tutto il suo appoggio. Desiderando riacquistare per l’Italia le simpatie del Belgio che la condotta dei miei predecessori aveva molto raffreddato come aveva raffreddato quella della Romania ed avendo saputo da Ruspoli che una mia visita a Bruxelles sarebbe molto gradita ho deliberato di andarvi domenica prossima se detto giorno converrà al Governo belga1.

208 1 Vedi D. 204.

208 2 Gruppo mancante.

208 3 Nota 662 del 25 luglio, trasmessa da Manzoni a Parigi con T. posta 18207 del 6 agosto, non pubblicata.

208

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI TITTONI, A PARIGI

T. 2471/18041. Roma, 4 agosto 1919, ore 24(perv. ore 8 del 5).

Attiro attenzione V.E. su telegramma 167 da Belgrado (n. 2564 raccolta arrivo Roma)1. È stato ripetuto Londra Parigi, ma credo sia preferibile V.E. stessa impartisca […]2 ai due ambasciatori istruzioni per seguito da darvi. Serbia evidentemente tira le cose in lungo perché questo è il suo interesse e perché così essa si procura un successo di fatto che altrettanto aumenta sua influenza presso albanesi, quanto diminuisce la nostra. Tattica serba del traccheggiare appare chiara anche da una nota verbale di questa legazione di cui invio copia per posta3. Se un’azione decisiva può venire ordinata ai nostri ambasciatori, conviene sia esperita senza ritardo, altrimenti avverrà, per questa questione, ciò che è avvenuto per quella di Scutari. Ed allora valeva meglio non sollevarla.

209 1 Cosa che fu fatta il giorno 6 di quello stesso mese.

209 2 Per il seguito della questione vedi D. 218.

209

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. riservata personale 10074. Roma, 4 agosto 1919.

Ti trasmetto l’unito rapporto del generale Robilant con preghiera di restituirmelo1. Ti sarò grato se vorrai, dopo averne preso conoscenza, telegrafarmi se tu credi opportuno nell’attuale momento di allontanare da Fiume, sotto un pretesto qualsiasi, il generale Grazioli; bisogna esaminare quale ripercussione questo provvedimento potrà avere mentre i lavori della Commissione d’inchiesta sono in corso.

È necessario che la sua partenza non assuma l’apparenza di un riconoscimento preventivo di un eventuale nostro torto. Vi è anche da considerare l’eventualità che la sorte di Fiume sia regolata prima che la Commissione abbia condotto a termine i suoi lavori; in tal caso le conclusioni della Commissione avranno minore importanza ed il richiamare il generale Grazioli avrà allora altro carattere poiché tale richiamo non significherebbe più necessariamente biasimo al suo operato, ma bensì desiderio di evitargli un compito particolarmente penoso2.

Allegato

IL RAPPRESENTANTE ITALIANONELLA COMMISSIONE INTERALLEATA D’INCHIESTASUGLI INCIDENTI DI FIUME, DI ROBILANT,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI

R. riservatissimo personale 59 f. Fiume, 25 luglio 1919.

La Conferenza continua il suo lavoro nell’ordine indicato nei telegrammi, essendo lontana ancora da ogni conclusione. Conformemente all’ordine ricevuto, non faccio nulla per accelerare il lavoro e credo aver fatto molto per rallentarlo. Suppongo che sia negli intendimenti o almeno nei desideri del Governo che la decisione di Parigi sulla sorte definitiva di Fiume possa aver luogo prima che la Conferenza di Fiume si sia pronunciata e se realmente è così non posso che aderire perché le conclusioni della Conferenza, che probabilmente saranno a noi contrarie, in tal caso diverrebbero praticamente nulle.

La linea di condotta che io mi sono proposto di seguire consiste nell’affermare che noi non occupiamo Fiume perché italiana, ma perché, per la sua vicinanza alla linea di armistizio, costituisce uno di quei punti strategici che le condizioni di armistizio permettono di occupare. Da ciò ne deriva che per ovvie ragioni militari non consentiremo mai né a sgombrarlo, né a lasciarvi impiantare un Comando non italiano finché l’Italia non avrà firmato la pace. Nel tempo stesso cerco di provare, e credo vi si riuscirà, che se il Comando italiano ha favoreggiato gli italiani, il Comando francese ha favoreggiato la Jugoslavia altrettanto apertamente. Da questo argomento potrebbe scaturire la necessità dell’abolizione della base francese la quale era giustificata in principio da ragioni logistiche che ora più non esistono, mentre permangono fino a pace fatta le ragioni strategiche dell’occupazione italiana.

Credo invece opportuno dimostrare una certa correntezza in quanto riguarda i noti fatti dei primi di luglio. Non si può negare che nove francesi sono stati uccisi e una quarantina feriti senza che dall’autorità nostra e dall’autorità fiumana locale sia stato preso alcun provvedimento. Non vi è stato un arresto, non un internamento, non un processo aperto e questo ci fa molto torto, tanto più che il nostro Comando lascia comprendere che non ha voluto irritare la popolazione italiana di Fiume per evitare guai maggiori. Né questa scusa né le provocazioni francesi, per quanto ormai dimostrate, possono giustificarci agli occhi degli inglesi e degli americani, i quali ragionano così: avevate forze sufficienti per impedire i disordini, e non li avete impediti; potevate punire i colpevoli e non l’avete fatto: perché? È quindi a mio parere nel nostro interesse di offrire spontaneamente od accettare senz’altro quello che ci verrà chiesto in fatto di riparazioni, se la richiesta si manterrà nei limiti delle consuetudini diplomatiche per casi analoghi e non conterrà nulla che possa in qualsiasi modo ledere il nostro prestigio e la nostra dignità. Possiamo a parer mio accettare di esprimere ufficialmente il nostro rincrescimento; di ricercare e sottoporre a giudizio presso i nostri tribunali i colpevoli; di pagare un’indennità alle vittime, se è dimostrato che i nostri soldati li hanno uccisi. Possiamo pure appoggiare domande analoghe che fossero rivolte collettivamente al Consiglio Nazionale di Fiume dagli alleati per le vittime fatte dai fiumani, ma non sono di parere che si possa accettare nulla di più su questo argomento.

Due navi da guerra sono arrivate con poche truppe da sbarco, una francese, il «Condorcet» e una americana, il «Pittsburg» ma nessuna truppa venne sbarcata. Escludo che questo arrivo possa avere il carattere di una pressione verso di noi e suppongo che in buona fede gli americani possano avere immaginato, dietro a sobillazioni jugoslave, che la presenza delle nostre truppe a Fiume non garantisce la sicurezza e la vita della popolazione civile e vi volessero provvedere per conto loro. Ora avranno veduto che quando i francesi non provocano, Fiume è tranquillissima.

Si è dalla Commissione proceduto alla lettura del rapporto del generale Grazioli alla presenza del generale Savy; poi del rapporto di questo in presenza del generale Grazioli; quindi furono uditi i due generali in contraddittorio. Il generale Grazioli si lagnò di essere stato udito per il primo, ritenendo che questo fosse uno svantaggio. Io non lo credo, ma dichiaro di ritenere opportuno in tutte le questioni di procedura nel seno della Commissione di mostrarmi conciliante ed adottare salvo casi speciali il parere dei colleghi, per due ragioni: a) per dimostrare la mia fede della bontà della nostra causa che non ha bisogno di ricorrere per farsi valere ad artifici di procedura; b) perché praticamente sarebbe inutile far diversamente essendo certo di rimanere solo del mio parere.

Il contraddittorio fra i due generali fu assai vivo; tutti i fatti furono contestati con cavillosa abilità e poca buona fede dal Savy, con passione e troppa buona fede dal Grazioli, cosicché la Commissione non rimase convinta né dalle ragioni dell’uno, né dalle ragioni dell’altro. Data lettura delle deposizioni inserite nel processo verbale ai due interessati, e entrambi se ne dimostrarono insoddisfatti e richiesero numerose rettifiche che furono fatte. Tutto ciò non fece buona impressione agli anglo-americani, la cui tendenza sembra di essere di dichiarare la presenza di francesi ed italiani a Fiume incompatibile colla tranquillità della città, deducendone la necessità di mandarli via entrambi per sostituirli con inglesi e americani, i quali, aggiungo io, naturalmente si occuperebbero degli ingenti affari finanziari che vi hanno iniziato.

La deposizione del maggiore Abba che comanda i carabinieri fece invece molta impressione; egli si contentò di deporre i numerosi rapporti di polizia mandati al Comando francese sulle infrazioni alla disciplina commesse dai suoi subordinati nelle pubbliche vie, mentre egli disse che non ebbe mai l’occasione di fare altrettanto per soldati americani ed inglesi. Il delegato francese non poté rispondere che con una vaga accusa di partigianeria indimostrabile ed indimostrata.

Dopo di lui furono escussi alcuni dei principali notabili italiani di Fiume. Il dr. Grossič fece una bellissima vibrante dichiarazione di italianità, dicendo che Fiume è italiana, che vuol essere ammessa al Regno di Italia ecc. ecc., fece una breve storia delle libertà comunali della città e dichiarò che essa odiava i croati, che non era mai stata croata e non avrebbe mai accettato di divenirlo. Come era naturale le sue dichiarazioni furono accolte freddamente, ma l’attenzione divenne viva quando raccontò che un ufficiale del Comando francese gli disse: «souvenez vous que derrière la Serbie il y a la France». Le stesse cose con altri particolari disse il dr. De Vio. Entrambi esclusero che il generale Grazioli appoggiasse il Consiglio Nazionale. Gli altri testimoni italiani da me interrogati deposero:

a) che i francesi non avevano bisogno di stabilire qui una base perché la città possedeva organizzazioni portuali e ferroviarie tali da provvedere coi propri organi a qualunque trasporto di cui i francesi avessero avuto bisogno e che una proposta fatta in tal senso non fu accettata; b) che i francesi non pagano i loro trasporti ferroviari, dicendo ai membri del Consiglio Nazionale che non riconoscono la loro autorità quando ne richiedono il pagamento, mentre la riconoscono quando ad essi si rivolge, o per qualsiasi loro bisogno, e ciò in perfetto contrasto col modo di agire degli inglesi ed americani che appena ricevuto quel che chiedono pagano in contanti immediatamente; c) che i capitali jugoslavi a Fiume sono per lo meno dieci volte maggiori di quel che fossero prima della guerra il che non si può spiegare se non con l’intervento di «uomini di paglia» jugoslavi rappresentanti capitalisti stranieri e che secondo loro questi capitalisti sono tanto francesi quanto inglesi ed americani, quantunque gli abitanti di Fiume credano siano soprattutto francesi; d) che parte di questi capitali sono impiegati a comprare terreni ed immobili nel territorio italiano di Fiume per compiervi opera di snazionalizzazione; e) che quantunque non vi siano prove, non escludono che per mezzo di un’agenzia commerciale francese gestita da ufficiali e facente parte della base, e per mezzo di vagoni aggiunti ai treni militari, la Francia faccia il commercio con la Jugoslavia. La esistenza dell’agenzia è ammessa dal Comando francese, il quale per conto suo non esclude che a sua insaputa si faccia coi treni militari francesi del commercio di contrabbando, non solo da sudditi francesi, ma anche da sudditi italiani.

I notabili croati di Sussak escussi il giorno seguente furono tutti concordi nel contestare la legittimità del Consiglio Nazionale che ora regge il Governo di Fiume. Dicono che non fu eletto da nessuno, ma si è costituito da sé. Leggono la sua ordinanza con la quale proclama l’annessione all’Italia e senz’altro statuisce che la giustizia sia resa in nome di S.M. Vittorio Emanuele III. Su queste questioni si soffermano specialmente perché fu stabilito come conseguenza di detta ordinanza che gli avvocati non possono esercitare il loro patrocinio presso le varie corti se non dopo aver prestato giuramento a detto sovrano, cosicché tutti gli avvocati croati che non vollero prestare questo giuramento furono senz’altro radiati dall’albo degli avvocati, perdendo ogni mezzo di guadagnarsi la vita, e impedendo alla popolazione croata di avere chi tutelasse i suoi interessi. Perciò questi signori propongono come unico mezzo per ristabilire la tranquillità, la dissoluzione del Consiglio Nazionale e la consegna del Governo di Fiume fino a pace firmata ad una Commissione interalleata che sarebbe imparziale, mentre il Consiglio attuale, sorretto dal Comando e dalle truppe italiane, si sente autorizzato a qualunque violenza verso i croati. Aggiungono che detto Consiglio ha speso dei milioni a fare della propaganda anticroata. Alcuni affermano che disordini sono solo avvenuti a Fiume dopo l’arrivo delle truppe interalleate, mentre prima la città era tranquillissima, e s’appoggiano sul fatto che il nostro ammiraglio Rainer non sentì il bisogno di sbarcare i suoi marinai. Credo che questa deposizione sia dovuta a suggestione inglese, perché, avendo io osservato che tanto prima quanto dopo l’occupazione per parte delle nostre truppe non vi erano stati seri conflitti fra italiani e croati di Fiume, ma solo conflitti di fiumani italiani con soldati francesi, non mi si rispose in modo adeguato, quasi non fossero essi stessi convinti di quanto asserivano e senza portare altre prove del loro asserto che vaghe dicerie.

Interrogati dal francese e dall’inglese sui capitali jugoslavi ora ampiamente impiegati in grandi affari, negano che fossero spalleggiati da capitalisti stranieri, ed interrogati da me sugli acquisti di terreni ed immobili nel territorio italiano di Fiume, negano che queste operazioni abbiano scopo politico e lo spiegano con la necessità per i capitalisti jugoslavi di investire i loro capitali in beni stabili dato il deprezzamento della valuta.

Uno di questi testimoni legge un discorso tenuto in pubblico dal generale Grazioli, che questo, interpellato da me in seguito, mi rimette e che io allego. Il medesimo parla di una conferenza tenuta da Mussolini al Teatro Verdi di qui e che lo stesso generale non ha impedito. In seguito a questa deposizione il generale inglese di sua iniziativa fece ricercare il resoconto di questa conferenza, lo fece tradurre in inglese e ne fece dare lettura alla Commissione il giorno dopo. In esso si dice che l’Italia ha salvato la Francia, la quale ciò malgrado ci ha traditi insieme agli altri alleati, che ora l’Italia troppo debole si deve sottomettere, ma che fra qualche anno, la sua popolazione aumentando considerevolmente, sarà forte, avrà bisogno di territori per espandersi e li cercherà non solo a Fiume, ma in Egitto, in Tunisia e se ben ricordo anche in Asia Minore, cacciando via inglesi e francesi che senza diritto e solo colla forza hanno occupato quelle antiche colonie romane. Dissi che dopo l’abolizione della censura a Roma si scrive ben altro e che il solo responsabile è l’autore, che Mussolini è un noto agitatore del Partito riformista nazionalista e che non ha una vera posizione politica. Ciò nondimeno fu deciso di versare questo documento negli atti. Allora si fece da noi osservare che esso era stato redatto dalla missione inglese alla quale sola si debbono attribuire gli apprezzamenti che ne formano la conclusione.

I notabili croati si lagnarono anche molto della costituzione del battaglione fiumano con ufficiali italiani. Contestai questa asserzione dicendo che si tratta di fiumani che fecero la guerra con noi come volontari e che non sono smobilizzati ancora. Lo ammisero, ma uno di essi fece questa curiosa osservazione. Se l’Italia farà la guerra alla Jugoslavia, egli disse, essa è così forte che non ha bisogno di un battaglione di più e d’altra parte, se le truppe alleate si ritirano, la presenza di questo battaglione porterebbe alla guerra civile, mentre pochi gendarmi alleati basterebbero a mantenere l’ordine se questo battaglione fosse sciolto. È la solita tesi anglo-americana. Risposi che l’Italia non aveva nessuna intenzione di fare la guerra alla Jugoslavia e non desiderava altro che di vivere in pace con i suoi vicini, ma che se per deprecata ipotesi si dovesse giungere a questi estremi, era interesse dei cittadini di Fiume italiani e croati che noi vi rimanessimo, perché se l’avessimo sgombrata prima, l’avremmo immediatamente ripresa di viva forza con quanto danno della città ognuno si può immaginare. Questa mia uscita sembrami aver fatto una certa impressione e chiuse ogni discussione di una possibile guerra.

Dopo i croati di Sussak fu inteso il comandante Barrau, e dalla sua deposizione risultò:

a) che vi furono lagnanze per gli ostacoli posti dal generale Grazioli alla costituzione della base, lagnanze alle quali risponde a mio parere vittoriosamente una memoria benissimo documentata che il generale Grazioli stesso fece presentare da me alla Commissione e che sarà posta nell’incartamento;

b) che gli ufficiali francesi non vanno nelle famiglie e nei circoli italiani dove essi dicono di essere freddamente accolti, mentre frequentano famiglie e circoli croati;

c) che gli ufficiali francesi si lagnano di non essere salutati dai nostri soldati e che questa astensione dal saluto è stata accentuata dopo firmata la pace con la Germania. (Feci osservare che per parte del nostro Comando vi sono lagnanze analoghe ed aggiunsi che io stesso dacché sono qui sono stato salutato da ufficiali francesi ma mai dai soldati, mentre inglesi ed anche serbi mi salutano. Il generale Naulin disse che ciò proviene dalle poca visibilità dei nostri distintivi di grado);

d) che i francesi non si rendono conto che vi è una differenza fra le bandiere serbe, croate e jugoslave, perché i colori sono uguali e solo la loro disposizione è differente cosicché quando loro si rimprovera di mettere fuori le bandiere croate nei loro ritrovi, essi dicono che è una bandiera serba, cioè di un alleato.

Il maggiore Barrau espresse lagnanze uguali a quelle dei croati sulla costituzione del battaglione fiumano, il che è caratteristico, e finì coll’esibire un numero della «Giovane Italia», giornaletto locale, nel quale vi è un articolo che, per quanto censurato in parte, lascia trasparire il significato di un appello alle armi e porta in quarta pagina fra i nomi dei sottoscrittori per il giornale stesso il nome del generale Grazioli con un’offerta di L. 200. Fu versato agli atti e l’impressione non è stata buona per noi.

210 1 Vedi D. 202.

210

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 268. Roma, 5 agosto 1919, ore 12,30.

Oltre i tre quesiti di cui le ha telegrafato presidente del Consiglio1 la Commissione chiede risposta e chiarimenti ai punti seguenti:

1) art. 435. Neutralità della Savoja. Tale importante questione viene definitivamente compromessa con l’approvazione dell’articolo 435.

2) Nell’annesso n. 1 non sono elencati come compensi da poter essere domandati i danni subiti dai connazionali costretti ad abbandonare immediatamente la Germania.

Occorre anche chiarire se Italia ha diritto a compensi diretti da Germania per i danni prodotti dall’offensiva tendenza del generale von Bulow ed a compensi per lo stato in cui furono ridotte Tripolitania e Cirenaica dopo ribellione diretta dalla Germania.

3) Articolo 21. Gli impegni internazionali come i trattati di arbitrato e le intese regionali come la dottrina di Monroe non sono incompatibili con alcuna delle disposizioni del presente atto.

È opportuno accennare nella relazione che art. 2 va interpretato nel senso che leggi fondamentali italiane aventi portata internazionale (come legge guarentigie) sono compatibili col Patto della Società Nazioni.

4) Nessun cavo e neppure quello Costantinopoli-Costanza passerà in proprietà dell’Italia.

211

IL CAPO DELLA MISSIONE ITALIANA PER L’ARMISTIZIOA VIENNA, SEGRE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2483/16278. Vienna, 5 agosto 1919, ore 20,40(perv. ore 9 del 6).

Romeni hanno ore 16 presentato Governo Budapest condizioni armistizio ultra gravissime, equivalenti a spogliazione Paese, intimando risposta per ore 20. Ho dato colonnello Romanelli istruzioni avvertire essere parere Missione militare italiana che Budapest debba soltanto uniformarsi recente nota Parigi prescrivente che Ungheria debba rispettare armistizio novembre 1918.

Comando Supremo informato.

212

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4324. Roma, 5 agosto 1919, ore 23,20.

È sorto in me il dubbio che il divieto imposto dal Governo degli Stati Uniti ai privati cittadini di fare crediti all’Italia per ragioni di politica generale, nasconda in realtà, sotto le apparenze di un provvedimento di ordine interno, una vera forma di pressione economica specialmente stabilita a danno dell’Italia. Il provvedimento in parola, se teoricamente colpisce tutte le potenze dell’Intesa, praticamente sembra risolversi in un gravissimo torto per la sola Italia, mentre Inghilterra e Francia non ne risentono torto alcuno.

Tale impressione mi viene confermata da fonti autorevoli. Poiché la nostra situazione finanziaria continua ad esser gravissima è necessario di appurare i reali moventi che guidano la politica finanziaria americana a nostro riguardo. Attualmente l’ambasciata americana a Roma, in assenza dell’ambasciatore, non esercita nessuna attività, e gli effetti dell’opera svolta dal nostro rappresentante a Washington sono pressocché nulli. Reputo pertanto che sarebbe oltremodo opportuna una tua leale e franca spiegazione con Polk. Egli dovrebbe intendere che, animati come siamo dal più sincero spirito di conciliazione, noi potremo perseverare in questa via e giungere più facilmente ad un accordo se l’opinione pubblica italiana si persuaderà che noi non siamo sottoposti per parte dell’America a nessuna umiliante pressione economica, ma che l’America continua a dimostrarsi animata verso di noi da spirito di amichevole cooperazione. È questo un argomento di somma urgenza e di somma delicatezza su cui richiamo tutta la tua attenzione.

213 1 Vedi D. 202.

213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4329/1122. Parigi, 5 agosto 1919, ore 23,50(perv. ore 5,30 del 6).

Telegramma di V.E. 42921.

In relazione tre quesiti formulati dalla Commissione pel Trattato comunico: sul 1° che durante assenza Delegazione italiana furono aggiunte ultime parole paragrafo 10 annesso V riparazioni, e precisamente quelle che seguono la parola «priorité». Per effetto di tale aggiunta i 20 milioni di tonnellate che Francia ha diritto di ricevere da Germania in virtù paragrafo 2 stesso annesso, dovranno essere somministrate con privilegio. Data limitata produzione carbone in Germania nei primi anni dell’esecuzione del Trattato detto privilegio può danneggiarci gravemente. Sono però in corso trattative per le quali la Francia cederebbe a noi parte del quantitativo privilegiato ad essa assicurato in forza predette disposizioni. Quanto alle riserve cui V.E. accenna, esse furono verbalmente formulate dall’on. Crespi nella seduta della Conferenza del 6 maggio scorso in cui fu data comunicazione alle potenze minori dello schema di Trattato con la Germania. (E per notizia di V.E. aggiungo che tali riserve furono formulate in termini tanto generici da escludere la possibilità che potessero avere una concludente portata giuridica). Ad ogni modo le trascrivo qui appresso:

2) «En raison de la possibilité que pendant l’absence temporaire de la Délégation Italienne, certaines clauses, qui avaient déjà été adoptées avec le concours de cette Délégation aient été modifiées, je dois, à toutes fins utiles, faire les réserves qui pourraient être justifiées par les circostances».

Sul 2° che non vi è stretta equivalenza fra il caso dell’Alsazia-Lorena e quello delle nostre terre redente, in quanto l’Alsazia-Lorena rappresenta una ben piccola frazione del territorio germanico pressoché intatto, mentre le nostre terre redente insieme con i territori trasferiti ad altri Stati rappresentano la maggior parte dell’aggregato austriaco ora ridotto a proporzioni insignificanti come mercato internazionale. Non si manca tuttavia da parte dei membri italiani della Commissione economica, nel corso delle sedute della medesima svoltesi dal principio di aprile fino alla definitiva formulazione dello schema del Trattato, cioè il 20 luglio, di richiedere per le nostre terre redente lo stesso trattamento doganale fissato dal Trattato per l’Alsazia-Lorena.

Non fu possibile ottenere tale concessione perché i rappresentanti degli stati cui sono trasferiti territori dell’antica monarchia, appena avuta notizia della domanda italiana affrettarono a presentarne una analoga nei riguardi dei territori rispettivi sicché la Commissione si trova nella necessità di respingerle tutte in quanto il loro accoglimento avrebbe avuto per effetto di togliere quasi completamente all’Austria ogni entrata doganale riducendone la capacità contributiva ai fini delle riparazioni dovute agli alleati. D’altronde se la nostra domanda di esenzione doganale fosse stata accolta ma estesa a tutti gli Stati cessionari di territori austro-ungarici, noi avremmo con lieve nostro vantataggio economico assicurato vantaggi maggiori a Stati con noi concorrenti nel commercio generale con l’Austria.

Sul 3°, che le disposizioni del Trattato riferentisi al lavoro tendono appunto ad avviare quella progressiva perequazione che è auspicata da V.E. ma che difficoltà di fatto e l’opposizione di alcuni Stati non hanno permesso di realizzare finora in forma più completa. Ad ogni modo le disposizioni del Trattato concretano tutto un programma da attuare in tal campo e creano l’organizzazione a ciò preordinata.

214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4328/5126. Parigi, 5 agosto 1919, part. ore 0,30 del 6(perv. ore 3,50).

Theodoli che giungerà Roma dopodomani mattina verrà subito da te e ti riferirà dettagliatamente stato trattative circa colonie Asia Minore. Per quest’ultime Francia ci appoggia seriamente, ma un discorso che ho avuto oggi con Polk mi ha confermato che l’America vuole il mandato non solo su Costantinopoli e sull’Armenia, ma anche su tutta Asia Minore. Polk mi ha dato appuntamento per giovedì mattina per discutere questo argomento. Gli domanderò o di darci la nostra parte o dividere con noi il mandato. Ancora però non sono affatto tranquillo per le difficoltà che ci creerà l’America tanto nell’Asia Minore quanto nell’Adriatico. Ho ristabilito la piena armonia con Clemenceau ed ottenuto il suo appoggio in tutte le questioni che ci interessano.

Sono in buonissimi rapporti con Balfour. Troverò Lloyd George ben disposto a mio riguardo da quanto Balfour mi ha riferito ed ho fiducia di ottenere con Lloyd George quando potrò vederlo gli stessi favorevoli risultati che ho ottenuto con Clemenceau. Quindi qualunque cosa avvenga sono sicuro che avrò reso al mio Paese il servizio di ristabilire interamente i buoni rapporti con l’Inghilterra e con la Francia che i nostri predecessori avevano cosi leggermente e imprudentemente compromesso. Per l’America invece nulla posso dire di sicuro ed anzi le mie impressioni malgrado la grande cordialità dei rapporti personali coi delegati americani sono pessimistiche.

215 1 Non rinvenuta.

215

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIOAL MINISTERO DELLE COLONIE, THEODOLI,CON IL MINISTRO DELLE COLONIE FRANCESE, SIMON

Verbale. Parigi, 5 agosto 1919, ore 16.

Theodoli dichiara che non viene a conferire come sottosegretario di Stato per le Colonie ma come mandatario di fiducia di S.E. Tittoni, con l’istruzione di avviare la soluzione definitiva della questione coloniale italiana eliminando qualunque malinteso.

Theodoli dice che non giudica l’opera dei passati Gabinetti né la redazione del Patto di Londra. Egli è un realista dunque e guarda all’avvenire. Si rimette alla nota verbale di Tittoni a Pichon 16 luglio 19191, ma con due aggiunte. La prima e più importante riguarda il desiderio che la Francia ci appoggi presso l’Inghilterra affinché ci aiuti a regolare le nostre questioni coll’Etiopia, così come noi siamo disposti ad aiutare l’Inghilterra per farle ottenere dall’Etiopia la regolamentazione delle questioni del lago Tsana facendole noi stessi le necessarie concessioni di ordine territoriale. La seconda riguarda un simile appoggio che la Francia ci deve aiutare ad avere dall’Inghilterra per regolare le nostre questioni economiche nell’Angola.

Simon dimostra la sorpresa vivissima sua e dello stesso Pichon perché dalla nota Tittoni, sia Pichon che lui hanno avuto l’impressione che l’Italia vuole spartire l’Etiopia ad insaputa dell’Inghilterra.

Theodoli protesta energicamente richiamando il testo dell’accordo del 1906. È evidente che il Simon ne parlava senza conoscerlo.

Il Simon discute anche la nota Tittoni su una frase relativa alla divisione di Etiopia in parte est e in parte ovest, dalla quale appunto principalmente Pichon e lui hanno dedotto che si vuole mettere fuori causa l’Inghilterra.

Theodoli prega di far intervenire il comm. Baccari che ha la nota precisa intorno a questa questione abissina, con la chiara dimostrazione che non solo l’Italia non vuole la disintegrazione dell’Etiopia, ma anzi ne vuole conservata la integrità territoriale e la indipendenza, per poterne mettere in valore le risorse naturali d’accordo con Francia ed Inghilterra e con vantaggio della Etiopia stessa.

Simon legge l’articolo 4 dell’accordo a tre del 1906 e qualche altro punto e dimostra chiaramente coll’atteggiamento che non l’aveva bene approfondito prima. Si limita a dire che non si felicita con i redattori del testo. Legge quindi la nostra nota odierna, e subito, senza averla meditata né compresa dice: «questa è la spartizione dell’Etiopia».

Baccari spiega come questo non sia esatto, e spiega pure come non si è voluto in nessun modo agire all’insaputa o all’infuori dell’Inghilterra; si è voluto soltanto, per facilità e comodità di trattazione considerare a parte il lato che riguarda specialmente Italia e Francia, e poi quello che riguarda più specialmente Italia ed Inghilterra, salvo a comunicarsi le intese preliminari, e mettersi quindi tutti e tre d’accordo per la parte d’interesse comune.

Simon dice di non capire in che cosa consista la concessione che Theodoli dice che l’Italia si accinge a fare alla Francia.

Theodoli spiega come la ulteriore concessione ferroviaria che la Francia potesse ottenere dall’Etiopia dovrebbe svolgersi necessariamente in zona di influenza italiana, e che perciò l’Italia potrebbe opporsi. L’Italia offre appunto la desistenza da una tale opposizione ma naturalmente nei limiti compatibili con la tutela degli interessi propri. Della stessa natura è la concessione che l’Italia si accinge a offrire alla Inghilterra per il regolamento della questione dello Tsana. In cambio di tutto ciò l’Italia si attende da Francia e Inghilterra leale efficace appoggio presso il Governo etiopico per le concessioni ferroviarie, economiche che la interessano.

Simon dice di non capire come il monopolio a tre sugli appalti e servizi pubblici dell’Etiopia con la sub-concessione nelle rispettive sfere d’influenza di Francia, Inghilterra e Italia, possa sussistere con la integrità dell’Etiopia.

Theodoli dimostra lucidamente ed efficacemente tale possibilità facendo un rapido parallelo tra la situazione che si presentò e fu resoluta nell’Impero ottomano per le ferrovie e per i monopoli dei tabacchi e quella che si presenta e si vuol risolvere nell’Impero etiopico.

Theodoli conferma che la presente nota è stata presentata con l’unico scopo di portare l’accordo del 1906 ad una fase praticamente utile, e ciò può solo avverarsi quando le tre parti messesi d’accordo, si presentino insieme al Governo etiopico per darle garanzia del rispetto della sua integrità e per chiederle le concessioni suddette. Solo così l’Etiopia può smettere i timori e le diffidenze e non può più, come finora ha fatto giocando sulle nostre rivalità, negarci le concessioni.

Simon riconosce che la nota presente, pure essendo cosa tutto affatto diversa dalla nota Tittoni-Pichon del 16 luglio u.s., merita di esser presa in attenta considerazione. Si riserva pertanto di dare una risposta e di entrare in discussione in merito, martedì 12 corrente alle ore 17.

Si passa poi all’esame della rettificazione del confine sud-occidentale della Tripolitania.

Simon dice che non vi è difficoltà per la soluzione della questione di una frontiera che vada direttamente da Gadames a Gad.

Theodoli fa notare che se non vi è contestazione nei punti terminali bisogna stabilire bene il percorso della linea stessa.

Simon riconosce ciò giusto. Nega ancora una volta l’esistenza di un accordo preliminare 1916 fra De Martino e De Margerie.

Resta stabilito che mercoledì 6 agosto Baccari si recherà al Ministero delle Colonie alle ore 10, per conferire in proposito col direttore dei Servizi d’Africa.

Circa il raccordo delle ferrovie coloniali italiane con quelle francesi Simon dice, sorridendo, che non vi è difficoltà alcuna anche perché queste ferrovie e questi raccordi non li vedremo né noi né loro.

Quanto alla regolamentazione delle questioni relative agli interessi italiani in Tunisia, Simon dice che bisogna rivolgersi al Ministero degli Esteri per ragioni di competenza.

Per l’Angola, Simon si dice informato che Italia e Portogallo si sono messi d’accordo e che la Società è già costituita.

Domanda perciò in che cosa Francia ci debba appoggiare.

Theodoli spiega come oltre l’accordo che il gruppo italiano mira a conseguire, vi sono due ferrovie una inglese ed una francese, e che Francia ed Inghilterra ci devono aiutare ad intendersi con esse.

Per la questione della cessione del Tibesti, del Borku e dello Ennedi, Simon dice che prega gli sia creduto sulla parola quando dichiara di parlare con lo spirito della più schietta cordiale amicizia. Questi territori non hanno valore intrinseco, almeno per quanto ora il Governo francese ne sappia. Non sa se noi abbiamo informazioni diverse. Ad ogni modo non è una questione di territorio che lo preoccupa, ma una questione di sicurezza per la Francia per le sue oasi sahariane e per le comunicazioni con il lago Ciad e con il Wadai. Il Tibesti ecc. sono nidi di briganti e la Francia per contenerli ha dovuto sostenere lunghe, sanguinose e costose campagne. Così pure per mantenere la sicurezza e la tranquillità ha tutta un’organizzazione che la Francia può avere perché ha tutto l’Impero sahariano e che non vede come noi possiamo creare e mantenere, anche indipendentemente dalle considerazioni di spese ecc. Egli aggiunge: vi siete domandato come provvederete a questa necessità, che è immediata ed urgente se non si vuol fare ripiombare il Sahara nell’anarchia? Permettetemi di continuare a domandarvi in via tutt’affatto amichevole: vi siete domandato come farete a mantenere i contatti con i vostri presìdi, a dar loro il cambio, a rifornirli? Io vi confesso che non so rendermi conto della ragione per cui voi ci chiedete quei Paesi: ma non voglio entrare nelle vostre vedute. Vi dichiaro solo che io mi dovrei opporre recisamente ad una cessione che portasse a minacciare la esistenza dei nostri possedimenti sahariani.

Simon continua: «si dice: l’Italia occuperà delle regioni quando potrà. Ma, diciamocelo francamente: lo potrete? E quando credete di poterlo fare? Né certo voi vorrete che noi vi cediamo un territorio che vi dobbiamo tenere occupato noi a spese nostre. Vi invito a considerare tuttociò. Vi ripeto io non vedo e non faccio una questione di concedere e di negare un territorio; faccio una questione di necessità di sicurezza e di polizia alle quali noi abbiamo dimostrato di poter soddisfare, e che io non vedo come voi possiate soddisfare».

Theodoli dice: «parliamoci chiaro, come volete che Tittoni torni in Italia con una così grande insoddisfazione in materia coloniale? Non parliamo di Gibuti. Ne avremmo potuto parlare con ben altri argomenti nel 1915. Ora ripeto, non ne parliamo. E allora non vedete come quello che ottiene l’Italia in Africa dalla Francia se non è nulla è troppo poco cosa?».

Simon non oppone nulla evidentemente perché sente di non poter opporre. Ma aggiunge: «le questioni sono molte e il mondo è grande. Perché non si può cercare altrove un maggiore compenso per l’Italia? La Francia vi assisterà certo in ciò; fraternamente. Il guaio è che ciascun ministero fa le cose per conto suo. Io vedo le cose coloniali; ma non vedo come vi si possa meglio soddisfare nell’Asia Minore o altrove. Io credo che dobbiate essere compensati con una maggiore soddisfazione in Asia Minore».

Theodoli si mostra un pò scettico; ma Simon risponde vivacemente assicurando che no; che la Francia assisterà l’Italia in Asia Minore.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservatissimo 5137. Parigi, 6 agosto 1919, ore 13.

Stamane ha avuto luogo prima riunione della Sottocommissione la quale per incarico di Polk, Balfour, Clemenceau e mio studia una soluzione della questione adriatica. La seduta è stata occupata interamente dall’esposizione fatta da Scialoja secondo le direttive da me dategli. La Commissione ha chiesto alcuni dati statistici che potranno essere ricercati tra oggi e domani e quindi probabilmente potrà riunirsi di nuovo dopodomani.

217

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4336/11190. Parigi, 6 agosto 1919, ore 13(perv. ore 18,45).

Nella Commissione dei nuovi stati fu discusso il progetto di Trattato con la Jugoslavia nella parte relativa alla protezione delle minoranze. Il delegato italiano propose che alle minoranze stesse fosse riconosciuto il diritto di servirsi della propria lingua non solo davanti tribunali come era stato stabilito nei trattati con Polonia, Cecoslovacchia, Romania, eccetera, ma anche davanti le autorità amministrative. Fu obbiettato dalle altre delegazioni non essere consigliabile introdurre nel Trattato con Jugoslavia clausole differenti da quelle adottate nel trattati con gli altri Stati nuovi. Un delegato italiano osservò che Jugoslavia presenta sotto questo punto di vista caratteristica speciale e che si correrebbe il rischio di commettere una ingiustizia verso alcune minoranze etniche di antichissime origini come per esempio quelle di talune città italiane della Dalmazia. Le altre delegazioni dichiararono allora che sarebbero pronte ad accettare la proposta italiana relativa all’uso della lingua propria avanti le autorità amministrative, ma limitatamente alle minoranze italiane della Dalmazia per le quali tutte espressero parole di simpatia, considerazione. Tuttavia il delegato inglese cui si associò quello americano aggiunse che sarebbe consigliabile che il Governo italiano di sua propria libera volontà e iniziativa dichiarasse la sua intenzione di rispettare la lingua degli slavi che sarebbero incorporati in territorio italiano. Il comm. De Martino fece presente che il carattere liberale e democratico della costituzione e delle leggi italiane forma la migliore garanzia a favore degli slavi e, in conformità delle istruzioni da me impartite, egli dichiarò che in ogni caso noi non avremmo accettato nessuna clausola inserita nel trattato e nessuna obbligazione di carattere internazionale, ma avremmo chiesto istruzioni a Roma, per sapere se potevamo fare una dichiarazione verbale, che sarebbe rimasta nel processo verbale, nel senso di tenersi disposti a spontaneamente accordarsi cogli slavi incorporati all’Italia, l’uso della propria lingua davanti le autorità giudiziarie ed amministrative. A conferma che nessuna intenzione meno che liberale anima Governo italiano verso gli slavi, citò trattamento che viene fatto in Italia agli albanesi ed ai valdostani ed accennò agli intendimenti spontanei del R. Governo verso i tedeschi dell’Alto Adige. Il delegato inglese osservò che una qualsiasi dichiarazione del Governo italiano avrebbe certamente facilitato, secondo gli risultava, l’accettazione da parte degli slavi di quella qualunque soluzione territoriale che sarà data alla questione adriatica. Il delegato italiano non mancò di rammentare essere stato stabilito che le clausole per la protezione delle minoranze non dovevano applicarsi alle grandi potenze alleate ed associate, e concluse che si sarebbe pronunziato in una prossima seduta, circa il suggerimento del delegato inglese. Il quesito si presenta quindi nei seguenti termini: è opportuno oppure no inserire clausola speciale per le minoranze italiane della Dalmazia? In caso affermativo, basta la formula degli sloveni della lingua propria avanti le autorità giudiziarie ed amministrative, oppure sono da richiedersi altre garanzie?

Possiamo oppur no consentire a dichiarare in sede di Commissione con menzione a processo verbale la nostra spontanea intenzione di applicare garanzie analoghe agli slavi in Italia? Essendo la Commissione al termine dei suoi lavori e già pronto il Trattato con la Jugoslavia, urge avere risposta immediata, al quale scopo prego V.E. voler interpellare il comm. Salata, al corrente della questione.

218 1 Vedi al riguardo D. 209.

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservatissimo personale 5145. Parigi, 6 agosto 1919, ore 23.

È giusto quanto dice generale Di Robilant che sarebbe bene richiamare generale da Fiume (generale Grazioli) prima che Commissione d’inchiesta lo proponga, come è altrettanto giusto quanto tu osservi che non è possibile dare al richiamo una ragione legittima che appaghi l’opinione pubblica1. La miglior soluzione sarebbe ottenere che la questione di Fiume fosse decisa dalla Conferenza prima della discussione dell’inchiesta. A ciò son certo che Clemenceau si presterà poiché ora egli è con me in ottimi e intimi rapporti e mostra in tutti i modi il desiderio di secondarmi. Intanto oggi dopo la seduta della Conferenza ha proposto confidenzialmente a me, Balfour e Polk di destinare la giornata di lunedì alla discussione della questione adriatica invitando la Commissione da noi nominata a presentare le sue conclusioni per quel giorno.

Clemenceau e Balfour temono meno di noi l’intransigenza degli americani e sperano che possa addivenirsi ad una soluzione soddisfacente e concorde. Io riservo più sicure previsioni a domattina dopo che avrò parlato di nuovo. È bene che non si sappia che lunedì si discuterà la questione adriatica per non creare nel pubblico agitazione e aspettativa.

219 1 Vedi D. 214.

219 2 Vedi D. 223.

219

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4340. Roma, 6 agosto 1919, ore 24.

Tuo telegramma 51261.

Condivido pienamente il tuo punto di vista.

Tu hai già reso al Paese immensi servigi ristabilendo i buoni rapporti colla Francia e coll’Inghilterra e riacquistando all’Italia la posizione che giustamente reclama fra le Grandi Potenze, ma che gli errori commessi avevano così seriamente compromesso. Confido pertanto che ti sarà possibile di superare pure le difficoltà che le smisurate ambizioni americane ci fanno incontrare anche per quanto riguarda l’Asia Minore. Non ti posso celare che l’opinione pubblica italiana, ormai propensa a rassegnarsi ad una soluzione conciliativa dei problemi adriatici, accoglierebbe con infinita amarezza nuove nostre rinuncie in Asia Minore. Tutta la nostra opera intesa a render gli spiriti più equi e sereni ne sarebbe gravemente compromessa. È questo un problema che del resto interessa non solo noi, ma anche la Francia e l’Inghilterra. Ove il programma americano si realizzasse la Francia infatti dovrebbe rinunciare ad alcune sue aspirazioni e l’Inghilterra vedrebbe l’America trasformarsi in fattore decisivo dell’equilibrio asiatico e saldamente stabilirsi sulla via delle Indie, tale situazione permetterebbe all’America di esercitare una pressione economica e quasi un controllo politico su quei nuovi domini che nel corso della guerra l’Inghilterra ha saputo procacciarsi e che uniti al suo antico Impero asiatico formano la miglior parte della futura potenza anglosassone. Anche di questo tu dovresti lealmente e risolutamente parlare con Lloyd George e Clemenceau, il che non esclude l’opportunità di perseverare, per quanto riguarda l’Asia, nelle tue amichevoli conversazioni con Polk2.

220 1 Vedi D. 204.

220 2 Per la risposta vedi D. 241.

220

L’INCARICATO D’AFFARI A BELGRADO, GALANTI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 2610/174. Belgrado, 6 agosto 1919(perv. il 7).

Faccio seguito al mio telegramma n. 1671.

In una conversazione con ministro d’Inghilterra questi mi ha detto che non aveva avuto da molto tempo occasione di parlare a questo Governo delle questioni di Albania. Dissi allora che mi risultava che il Foreign Office si interessava per eliminare le ragioni di dissidio tra noi ed i serbi [in] quella regione, al che sir Charles Desgratz rispose di non aver avuto dal suo Governo alcuna comunicazione al riguardo. Mi risulta quindi confermata impressione che trassi parlando con questo ministro aggiunto degli Affari Esteri che ministro d’Inghilterra non abbia fatto finora alcun passo circa Albania2.

221 1 T. riservato personale 4332/5127 del 6 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni riferiva circa le questioni trattate nella seduta del Consiglio Supremo del giorno precedente.

221

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4352. Roma, 7 agosto 1919.

Tuo telegramma 51271.

Reputo anch’io che molte delle soluzioni di transazione accolte dalla Conferenza e specialmente quella di un corridoio per Dedeagatch saranno in un non lontano avvenire causa di gravi preoccupazioni internazionali. Il soffocare in tal modo la Bulgaria ed il farne così l’elemento più torbido ed inquieto della Penisola Balcanica è indubbiamente un fatale errore. Forse converrebbe nella tua proposta di dare Rodosto ai bulgari. L’accoglienza che l’America farà a tale progetto sarà sicuro indice del suo reale pensiero per quanto riguarda Costantinopoli.

222 1 Vedi D. 217.

222

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4353. Roma, 7 agosto 1919, ore 23.

Rispondo telegramma n. 11191 riguardante rispetto delle minoranze italiane in Jugoslavia.

Ho esaminato l’importante argomento ed ho interpellato in proposito comm. Salata. Reputo deplorevole che la nostra Delegazione non abbia sollevato la questione alcuni mesi or sono quando si stipulavano i Trattati colla Polonia e colla Cecoslovacchia. Poiché ciò non fu fatto allora forse era meglio non parlarne ora. Il consenso dato alla nostra domanda per quanto riguarda gli italiani di Dalmazia può essere inteso tendenziosamente a dimostrare che nulla l’Italia deve opporre alla tesi di una Dalmazia jugoslava poiché le giuste garanzie ci sono state già concesse. Ad ogni modo se la questione dovesse esser sollevata nuovamente per opera di uno dei membri della Commissione credo che un nostro assoluto rifiuto a fare qualsiasi dichiarazione verbale possa produrre cattiva impressione. Dobbiamo dunque dichiarare in tal caso che se non possiamo né vogliamo ammettere che una dichiarazione scritta sia contenuta nel testo del Trattato per quanto riguarda le garanzie da concedersi ai nuovi sudditi italiani di razza slava noi siamo però lieti di dichiarare verbalmente che è intenzione del Governo di riconoscere ai sudditi italiani di razza slava il diritto di fare uso di lingua slava dinanzi alle nostre autorità giuridiche ed amministrative.

223 1 Vedi al riguardo D. 225.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4355/5181. Parigi, 7 agosto 1919, part. ore 1 dell’8(perv. ore 4).

Oggi ho avuto due lunghe conferenze con Polk e Tardieu. Con Polk ho parlato prima della questione finanziaria. Gli ho svolto le mie considerazioni del telegramma che mi hai diretto al riguardo. Egli mi ha promesso di parlare con Stettinius per il collocamento di buoni del tesoro trimestrali per l’importo di cinquanta milioni di dollari da essere più tardi compresi nell’operazione triennale che si dovrebbe studiare subito. Quanto all’Asia Minore Polk riconosce che è giusto che l’Italia abbia compensi corrispondenti a quelli dell’Inghilterra e della Francia, ma vede difficile il modo, e perché Wilson non vuole smembramenti della Turchia, e perché la Turchia non si lascerebbe portare via una parte del suo territorio senza una guerra. Le difficoltà che avrebbe prodotto l’assegnazione a noi di territorio turco in confronto di quello arabo assegnato ad Inghilterra e Francia fu da me preveduto [sic] da molto tempo fa e fece oggetto della mia memoria consegnata a Orlando ai primi di ottobre 1918 e della quale non fu tenuto conto alcuno. Avendo Polk detto ritenere possibile il Congresso consenta a Wilson di accettare il mandato per l’America, ma ritenere impossibile che dia tal consenso pel mandato della Turchia, ho fatto osservare che dovendo in tal caso costituirsi un controllo internazionale della Turchia, questa potrebbe dividersi in zone d’influenza, una delle quali dovrebbe essere attribuita all’Italia, e ciò senza pericolo di guerra, perché in tal caso la Turchia dovrebbe dichiararla non all’Italia sola, ma a tutti gli alleati. Ad ogni modo Polk mi ha detto essere ogni discussione prematura perché la questione di Asia Minore non potrà essere presa in esame che alla fine di settembre. Tutto quello che egli ora può dirmi è che consente che l’Italia debba essere in qualche modo considerata. Commissione per nostra questione adriatica non poté giungere ad alcuna conclusione perché delegato americano dichiarò che vi assisteva unicamente per riferire a Polk quanto sarebbe stato detto e non per partecipare a deliberazioni.

Perciò la vera discussione comincerà lunedì tra me, Clemenceau, Balfour e Polk.

Ho chiesto a Clemenceau di far intervenire anche Tardieu che è completamente acquisito alla nostra tesi e di cui ho potuto constatare la grandissima abilità nelle discussioni più imbrogliate.

Clemenceau, volendo prima avere con me una lunga conversazione, mi ha dato appuntamento per domani mattina alle undici1.

224 1 Gruppo mancante.

224 2 Vedi D. 199.

224

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2610-2553/89-90. Bucarest, 8 agosto 1919, ore 17(perv. ore 9 dell’11).

Ho sempre avuto cura mettere in risalto con il re Ferdinando, con gli uomini politici e coi giornalisti opera della nostra Delegazione a vantaggio Romania e mi […]1 in avvenire anche dei nuovi ragguagli fornitimi da V.E. suo telegramma 1108 del tre corrente2. Noto però che quando Mishu venne a Bucarest pur […]1 meco appoggio trovato a principio nella Delegazione italiana si lamentò che essa non avesse poi voluto avere rapporti stretti e costanti con quella rumena ciò che Bratianu al suo ritorno da Parigi mi confermò lagnandosi assai che non si fosse così potuto concertarsi con […]1 identità d’atteggiamento e di azione delle due Delegazioni di fronte Conferenza. Nomina di V.E. e le sue dichiarazioni circa politica dell’Italia con la Romania rallegrarono assai Bratianu che, sostenendo con il consiglio dirigente Transilvania e contro Take Jonesco impossibilità di concessioni e alleanza […]1 Serbia, è partigiano di una politica di stretta intesa con noi.

A raggiungere questo intento occorre da parte nostra adoperarsi energicamente in ogni modo possibile per dissipare quella certa diffidenza che è qui nell’opinione pubblica verso l’Italia, cui a istigazione dei nemici si rinnova antico rimprovero di ambiguità perché […]1 appoggio Romania avrebbe danneggiato mandando armi in Ungheria e sostenendo Bulgaria prima coi propri soldati in Dobrugia poi con propri delegati nella Conferenza. Occorre altresì mantenere più intimo e regolare contatto col Governo mediante frequenti scambi di vedute, notizie politiche ecc. Occorre pure che vengano rese più intense relazioni commerciali tra i due Paesi nonché più rapide e sicure quelle telegrafiche e postali e promosse quelle intellettuali non trascurando propaganda per mezzo stampa italiana e rumena. Amicizia dell’Italia deve insomma apparire alla Romania sincera e profonda e effettiva.

225 1 Vedi al riguardo D. 161.

225 2 Vedi al riguardo D. 223.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4366/5193. Parigi, 8 agosto 1919, ore 17,30.

Ho avuto stamane lunga conversazione con Clemenceau. Egli innanzi tutto mi ha ripetuto la sua grande soddisfazione per l’opera da me compiuta ristabilendo i rapporti franco-italiani sulla base della più stretta e cordiale intimità. Ha soggiunto che Barrère lo aveva informato delle dichiarazioni che tu gli hai ultimamente fatto che egli ne era rimasto lietissimo e mi pregava di esprimerti le sue felicitazioni. Ha quindi udito da me la esposizione del nostro programma minimo per l’Adriatico sulle basi che tu conosci ed hai approvato1, ha dichiarato di accettarlo completamente ed ha promesso di appoggiarlo con tutta la sua energia ed autorità non solo presso colleghi della Conferenza ma occorrendo anche con una sua azione personale presso il presidente Wilson. Clemenceau mi ha anche detto: «Voi fate bene a chiedere Fiume città autonoma nello Stato libero e non dovete domandare di più, però a metà della discussione io interverrò e dirò che è assolutamente necessario che sotto qualsiasi forma Fiume sia dichiarata italiana, lasciate a me soltanto la iniziativa e la responsabilità di questo tentativo». Venuto poi alla questione dell’Asia Minore io gli ho fatto rilevare che se dopo esserci mostrati così concilianti nella questione adriatica e dopo essere stati esclusi dai mandati africani non avessimo nell’Asia Minore corrispondenti compensi non potremmo onestamente sostenere presso il nostro Parlamento e la nostra opinione pubblica di avere ottenuto una pace equa. Egli ne ha pienamente convenuto e mi assicura tutto il suo appoggio: «ora che i nostri rapporti sono divenuti quali desideravo, dovete in ogni eventualità far sicuro affidamento nell’appoggio della Francia». Avendogli io riferito la conversazione che ebbi con Polk2, egli mi ha detto che se per le pretese di Wilson, alle quali dobbiamo inchinarci, resti sospesa la definizione degli interessi italiani in Asia Minore come purtroppo resta sospesa quella degli interessi francesi che per giunta sono apertamente contrastati dall’Inghilterra nessuno potrà mai mettere in dubbio che l’Italia e la Francia abbiano ad avere la loro parte.

226 1 Vedi D. 225.

226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4380/5208. Parigi, 8 agosto 1919, ore 20(perv. ore 23,30).

Clemenceau con sollecitudine che dimostra la sincerità delle dichiarazioni fattemi stamane1 ha conferito oggi stesso prima con Balfour e poi con Polk propugnando con molto calore l’accettazione delle nostre proposte per l’Adriatico. Ha trovato in Balfour piena adesione. Invece Polk pur riconoscendo e lodando i miei sforzi per una soluzione conciliativa gli ha risposto che temeva che Wilson sarebbe restio a qualsiasi concessione. Clemenceau mi ha informato di ciò or ora. Gli ho detto: «Se si deve venire ad una soluzione conciliativa questa non può aver luogo se mentre noi facciamo un passo verso Wilson egli non fa un passo verso noi, altrimenti non dovrà più parlare di soluzione conciliativa ma di nostra sottomissione incondizionata alle imposizioni di Wilson». Clemenceau mi ha risposto: «Voi avete perfettamente ragione ma riservatevi di dire ciò agli americani soltanto quando non ci sarà più speranza che facciano concessione; intanto iniziate lunedì la discussione contando sull’appoggio incondizionato mio e di Balfour».

227 1 T. riservato personale 4345/5151 e T. riservato personale 4356/5182 rispettivamente del 7 e dell’8 agosto, non pubblicati, con i quali Tittoni aveva comunicato a Nitti il resoconto delle sedute del Consiglio Supremo tenutesi in quelle due giornate.

227 2 Esse erano elencate nel telegramma di Tittoni del 7 agosto (per il quale vedi nota 1) e prevedevano la consegna da parte dell’Ungheria di tutto il materiale bellico prodotto dalle sue fabbriche, l’equipaggiamento per 300.000 uomini, il 50% del suo materiale ferroviario, il 30% del suo bestiame e delle macchine agricole, rilevanti quantità di derrate alimentari.

227

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4374. Roma, 8 agosto 1919, ore 22,35.

Telegrammi nn. 5151 e 51821.

Mi duole che i rumeni con cui noi desideriamo stringere intimi rapporti affaccino ora nei riguardi dell’armistizio con l’Ungheria pretese inammissibili2 che ci obbligano ad associarci ad atti dolorosi per il loro amor proprio. Forse sarebbe opportuno un tuo passo personale presso il Governo di Bucarest inteso a far comprendere nel modo più amichevole che queste follie militaristiche compromettono gravemente la situazione politica della Romania ed i suoi più vitali interessi. Per quanto riguarda l’avvenire della Tracia reputo che il negare alla Bulgaria persino il possesso di Dedeagatch sia un gravissimo errore. La soluzione proposta non può soddisfare completamente la Grecia ed è per la Bulgaria una irreparabile rovina. Spero che la Commissione tecnica si persuaderà che il creare uno Stato libero di Dedeagatch è cosa assurda. Noi faremo opera saggia e giusta se agiremo decisamente in tal senso.

228 1 Vedi D. 223.

228

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AI. MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4373. Roma, 8 agosto 1919, ore 23.

Tuo telegramma n. 51811.

Ti ringrazio per il tuo pronto interessamento per quanto riguarda le trattative finanziarie italo-americane. È questione vitale ed urgente. Quanto ti ha detto Polk circa l’Asia Minore mi preoccupa non poco. Ad ogni modo poiché nulla si può decidere in proposito prima della fine di settembre occorre consacrarci alla risoluzione dei problemi adriatici ed economici (compreso Eraclea). Poi bisognerà spiegarci lealmente con Francia ed Inghilterra onde conoscere quale sia il loro reale pensiero circa le vaste ambizioni americane in Asia Minore. Bisognerà far intendere a Clemenceau ed a Lloyd George che se la soluzione del problema adriatico chiude il doloroso periodo dei nostri conflitti coi nostri alleati la felice soluzione del problema dell’Asia Minore potrà sola ristabilire la completa solidarietà fra Francia, Inghilterra e Italia e restituire a questa politica di collaborazione il sincero consenso dell’opinione pubblica italiana.

229 1 Con T. 2466/979 del 4 agosto, non pubblicato, Lodi Fè aveva dato notizia dell’arrivo a Costantinopoli di una missione americana guidata da Charles Crane, il quale aveva accennato alla possibilità dell’assegnazione di un mandato sull’Asia Minore a favore della Francia, della Gran Bretagna o degli Stati Uniti, ma non dell’Italia.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL REGGENTE L’ALTO COMMISSARIO A COSTANTINOPOLI, LODI FÈ

T. 2545/1132. Parigi, 8 agosto 1919(perv. il 9).

Rispondo suo telegramma n. 9791.

Voglia ispirare con ogni cautela sua azione seguenti concetti:

distinguere soluzione della questione di Costantinopoli da quella delle regioni ottomane dell’Asia.

Per questione Costantinopoli nostro punto di vista è che venga regolata con il mandato internazionale.

Quanto alle provincie ottomane in Asia prendiamo in esame due seguenti soluzioni:

1° Mandato all’Italia sulla regione Meandro-Konia e territori a sud.

2° Mandato comune italo-americano per tutta l’Anatolia meno Costantinopoli.

230 1 Vedi DD. 133 e 193.

230 2 Per la risposta di Nitti vedi D. 267.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

L. 02676. Parigi, 8 agosto 1919.

Mi riferisco alle tue lettere in data 20 e 31 luglio relative all’Albania1. In materia albanese le questioni in esame sono le seguenti: frontiere, Valona, assetto amministrativo, regime di Scutari, occupazione serba.

Per le frontiere nessuna decisione è stata presa finora dal Congresso. Per quelle meridionali ha avuto luogo nostro scambio di vedute con Venizelos, ma condizionato a soluzione di altri problemi sicché non può dirsi questione chiusa definitivamente. Per le frontiere settentrionali hanno attualmente luogo conversazioni con Francia ed Inghilterra e sosteniamo il confine di Londra 1913.

Circa Valona ritengo doversi mantenere nostro diretto dominio sul campo trincerato con limite al fiume Voiussa fino a Tepelene e ai monti del Kurvelesh.

Ciò non impedisce che a tale territorio sia conservata pretta fisionomia albanese, ma nel momento attuale e fino a quando non sia decisa e chiarita la situazione conviene a nostra garanzia di non dare limiti maggiormente ristretti alla zona militare.

L’occupazione serba di territori compresi nei confini del 1913 è inconveniente grave derivato dalla lentezza delle nostre truppe al momento della ritirata austriaca. Il Comando di Valona, sebbene sollecitato, non seppe valersi della facoltà ottenuta in ottobre a Versailles di riservare alle sole truppe italiane l’occupazione dell’intera Albania meno Scutari. Creatosi il fatto compiuto, si è cercato di rimediarvi con pratiche diplomatiche presso il Governo francese ma, finora, senza risultato. Recentemente sono riuscito ad interessare il Governo inglese il quale ha fatto passi presso la Delegazione serba in Parigi nel senso da noi desiderato.

A Scutari, in base agli accordi dell’ottobre 1918 doveva esservi occupazione interalleata. La Francia ritenne invece doversi ripristinare il regime internazionale esistente prima della guerra. Di fatto il comando locale francese avoca a sé ogni potere. Contro tale arbitrio vennero fatte rimostranze mantenendo punto di vista non esistere analogia fra circostanze passate conseguenti da guerre balcaniche e quelle presenti per le quali sarebbe sistemazione regolare semplice guarnigione interalleata senza ingerenza diretta nelle faccende amministrative e politiche locali.

Questione che ci interessa vivamente è quella dell’assetto da darsi al Governo albanese. Condivido il tuo parere che il regime finora seguito non possa oltre continuare sia per l’eccessiva spesa, sia per il vero disordine creato, sia per le diffidenze e l’animosità alle quali dà luogo alienandoci ogni simpatia. Ritengo convenga dare soddisfazione all’amor proprio albanese e far cessare ogni ingerenza militare nelle amministrazioni. Si può lasciare al Governo di Durazzo l’intera funzione amministrativa mettendo a sua disposizione per organizzazione e indirizzo un alto funzionario italiano con mansioni direttive e pochi altri quali consiglieri ed ispettori pei vari rami dell’amministrazione. Il colonnello Lodi potrebbe continuare ad essere tramite ufficioso fra Governo albanese e Governo italiano non che col Comando Militare fino a che duri presente situazione.

Oltre a quanto sopra, occorre provvedere alla formazione di buona gendarmeria e di nucleo di milizia facendo all’uopo le necessarie previsioni finanziarie.

Questo progetto schematico può servire di base a studio completo che può essere fatto a Roma dove si trovano presentemente vari membri del Governo di Durazzo e tenuto presente che il conte Sforza conosce bene la materia albanese e i particolari di tali questioni.

Una volta concretati colla maggior sollecitudine possibile questi provvedimenti, sono del tuo parere che potrà convenire di trovare circostanza adatta per far cenno al Parlamento delle nostre intenzioni, il che potrebbe rassicurare gli albanesi e avere eco favorevole all’estero2.

231

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2525/18340. Roma, 9 agosto 1919, ore 5(perv. ore 9).

Robilant telegrafa 6 corrente: «Stamane cominciata discussione su fatti, sulle responsabilità, sulle proposte da sottomettere rispettivi Governi. Intonazione generale a noi ostile specialmente per parte britannica. Osservai interesse generale Intesa non aggravare inasprimento Italia già noto. Spero indurre modificare condizioni proposte e dichiarai che se mantenute non firmerei».

Ho comunicato presente telegramma r. ambasciatore Londra.

232 1 Vedi D. 222.

232

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELLA PACE, SCIALOJA,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4388/1140. Parigi, 9 agosto 1919, ore 17(perv. ore 19).

Suo telegramma n. 4353 riservato1.

La proposta di estendere alle minoranze in genere della Jugoslavia il diritto di servirsi della propria lingua anche avanti le autorità amministrative, fu presentata dai delegati italiani nella Commissione nuovi Stati, in seguito ad accordo preso da me col comm. Ricci Busatti e comm. Salata nello scorso luglio, pei motivi che, prego comm. Salata stesso di esporre a V.E.

Nella seduta di stamane della Commissione nuovi Stati, il presidente, dopo uno scambio d’idee personali con De Martino, dichiarò che è praticamente impossibile deliberare circa trattamento delle minoranze italiane che rimarranno comprese nella Jugoslavia prima di sapere quali saranno tali minoranze, cioè prima che siano fissate le frontiere dello Stato jugoslavo. Tutti i delegati, compresi quelli italiani, essendosi associati, rimane inteso che la proposta sopra accennata era ritirata.

Per tal modo la questione è risoluta nel senso preferito da V.E. salvo riprenderla in sede politica dell’assestamento territoriale adriatico.

A mio modo di vedere bisognerà tuttavia fare il possibile per non abbandonare alla loro triste sorte le minoranze italiane in Dalmazia, le quali, benché esigue di numero, rappresentano un alto valore storico e sentimentale.

233

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 322. Parigi, 9 agosto 1919.

In una conversazione che ho avuto stamani con lui il sig. Pichon si mostrava assai soddisfatto della miglior piega che dopo 1’arrivo dell’E.V. avevano preso le cose della Conferenza specialmente in quanto riguarda le relazioni tra le due Delegazioni italiana e francese. Egli mi disse che questa si adopera a trovare una soluzione alle nostre difficoltà adriatiche e che era già in pronto un progetto, ma che il sig. Tardieu gli aveva detto iersera che ne stava allestendo un altro a noi anche più favorevole. Avendo io osservato che si trattava poi di farlo accettare agli americani, il sig. Pichon mi parlò con mal celata amarezza della pretesa degli americani di intervenire in tutte le faccende europee mentre riaffermano la dottrina di Monroe per quanto concerne gli affari del nuovo continente. Specialmente egli criticava la pretesa degli Stati Uniti di ingerirsi nelle cose di Turchia e di Bulgaria mentre il Governo federale aveva sempre rifiutato di dichiarare la guerra a quei due Stati che si battevano contro l’Intesa. Egli aggiungeva che Polk gli aveva fatto un’impressione assai migliore di quella lasciata da Lansing di cui egli biasimava i modi bruschi ed altezzosi, mentre il nuovo delegato ha modi cortesi; ma anche egli, osservava il sig. Pichon, ha le mani legate dal presidente.

Il ministro si compiaceva anche del migliorato atteggiamento della nostra stampa e lodava quanto ha fatto a quel fine l’E.V. e Nitti; aggiungeva però che Barrère si doleva tuttavia di due giornali il Resto del Carlino ed il Giornale d’Italia.

Mi disse poi che il sig. Coppola benché sia partito da Parigi, continua a pubblicare corrispondenze datate da qui.

Infine il sig. Pichon disse che a suo giudizio l’Intesa accennava ad essere troppo severa con la Romania. Questa, è vero, esagerava nelle sue esigenze a danno degli interessi e dei pegni assicurati in Ungheria agli altri Governi, ma non conveniva nemmeno disconoscere l’immenso servizio da essa reso al mondo abbattendo il bolscevismo ungherese. Pichon era tutt’altro che soddisfatto dell’avvento dell’arciduca Giuseppe. Potremo valerci di lui, egli conchiudeva, per firmare una pace con l’Ungheria, ma però dovremo poi, e non sarà difficile, sbarazzarcene al più presto possibile.

234 1 Del 9 agosto, non pubblicato, ed. in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 845 sgg.

234 2 Non pubblicati.

234

IL RAPPRESENTANTE ITALIANONELLA COMMISSIONE INTERALLEATA D’INCHIESTA,SUGLI INCIDENTI DI FIUME, DI ROBILANT,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI

Relazione 92/8. Fiume, 9 agosto 1919.

Si trasmettono colla presente a codesto Ministero:

a) il rapporto originale contenente le conclusioni della Commissione d’inchiesta1;

b) i processi verbali delle sedute2;

c) i rapporti redatti dai delegati francesi, inglesi ed americani che servirono, col mio, di base alla discussione finale della quale non si tennero verbali2; (essi costituiscono quindi documenti riservatissimi da tenersi segreti ).

Ho creduto di dovere firmare il rapporto finale, ritenendo essere intenzione del Governo e interesse del Paese il mostrarsi conciliante ed il non creare un nuovo incidente cogli alleati in un momento nel quale le condizioni della nostra pace sono ancora in sospeso, per non accrescere le difficoltà dei nostri negoziatori. Per gli errori commessi ed il modo col quale dagli alleati veniva interpretata la politica seguita da noi a Fiume, la situazione del delegato italiano alla Commissione d’inchiesta non era certamente facile e credo di aver fatto quanto era possibile perché le conclusioni che questa ne avrebbe logicamente tratte non fossero tali da produrre cattiva impressione nella opinione pubblica italiana. D’altronde, esse non sono che proposte le quali non vincolano, finché non le abbiano accettate, i Governi ai quali sono sottoposte e non sono attuabili in 24 ore, cosicché qualora lo si credesse opportuno, si potrebbe con qualsiasi pretesto, protrarne l’esecuzione come se ne è protratta la discussione, finché la decisione sulla sorte di Fiume sia avvenuta o sia vicina.

Fra le cause dei fatti ho voluto che la politica generale seguita dagli alleati verso l’Italia fosse chiaramente menzionata e lo ottenni coll’appoggio del delegato americano; ma non potei impedire che fossero menzionati anche come cause fatti di pochissima importanza, quale la diffusione, evidentemente avvenuta per isbaglio, del notiziario della 3ª Armata fra le truppe, ed altri consimili.

La narrazione dei fatti è esatta e quale risulta da numerose testimonianze; dove queste sono state contraddittorie, lo si dice; credo quindi che essa non si possa contestare, tanto più che fu presa per base della determinazione delle responsabilità, e delle proposte di sanzioni.

Tanto nelle une quanto nelle altre si è cercato, malgrado la viva opposizione del delegato francese, di tenere la bilancia uguale fra Italia e Francia, e solo si poté giungere ad un accordo ricorrendo a frasi involute quando si trattava di responsabilità della Francia, giudicandone gli atti non in sé, ma nell’interpretazione che l’opinione pubblica italiana loro dava.

Quanto alle proposte, osservo:

1) Il Consiglio Nazionale italiano, acclamato e non eletto, non poteva considerarsi come avente una base giuridica. Lo si voleva sopprimere e sostituire con una Commissione interalleata; ma io mi opposi in base alle condizioni dell’armistizio, le quali stabiliscono che i governi locali dei territori occupati debbano rimanere in carica, e lo si dovette ammettere. Intanto perché le elezioni possano aver luogo bisogna prima che la Commissione Interalleata che le deve sorvegliare sia insediata, quindi che si facciano le liste elettorali, ed infine che il Consiglio Nazionale attuale ammetta di trasformarsi, tutte cose che esigono tempo e non sono di facile attuazione.

2) La nomina della Commissione Interalleata per la sorveglianza ed il controllo del Governo eletto non poteva evitarsi. Si voleva estenderne la giurisdizione su tutto il territorio da noi occupato ad est della linea di armistizio per accrescere, coi contadini croati che la abitano, il numero degli elettori di questa nazionalità; ma io mi opposi dicendo che la giurisdizione della Commissione non poteva svolgersi che sui territori del corpus separatum di Fiume governati dal Consiglio Nazionale di questa città. Non mi opposi all’aggiunta di Sussak perché probabilmente ciò creerà delle difficoltà col Governo SHS di Zagreb dal quale ora dipende.

3) Non accettai il cambio del Comando e delle truppe italiane che furono presenti ai torbidi se non quando fui assicurato che la stessa cosa sarebbe stata chiesta per il Comando e le truppe francesi, ed accettai la riduzione delle nostre truppe d’occupazione perché essa corrisponde a riduzioni analoghe che avvengono gradualmente su tutta la nostra fronte [sic], cosicché esso può benissimo essere motivato da esigenze di ordine militare riconosciute da noi, e non da ingerenze d’ordine politico per parte degli Alleati. In fatto avremo sei battaglioni e uno squadrone di fronte ad un battaglione francese e ad uno britannico ed il Comando militare sarà italiano come prima. Data la diminuzione delle truppe e la limitazione delle attrazioni del Comando, inevitabili dopo le misure proposte sul comma 2), la persona del comandante assume una figura più modesta e non occorre quindi che egli abbia rango di comandante di Corpo d’armata; perciò il richiamo del generale Grazioli non avrebbe in Italia il carattere di una soddisfazione richiesta dagli alleati e da noi dovuta accettare.

Parimenti il fatto che nell’interno della città di Fiume non debba essere acquartierato che un battaglione italiano può benissimo essere spiegato colla necessità di diminuire il gravame che pesa sulla città per l’acquartieramento di tante truppe e non ha nessuna conseguenza pratica dal momento che altri cinque battaglioni possono essere accantonati nelle immediate vicinanze: che quello acquartierato nella città può avere, se lo si crede, effettivi maggiori.

Poiché il Governo non ha voluto accettare la mia proposta circa il generale Grazioli e che egli si trova ancora qui, è meglio che egli vi rimanga fino a che il nuovo ordine di cose sia stabilito.

Sarà opportuno e necessario però che la sua partenza e il cambio delle truppe avvengano in modo da evitare qualsiasi dimostrazione popolare che potrebbe condurre ad un conflitto, del quale ci si addosserebbe la responsabilità.

Infine è bene notare che, qualora la polizia fosse affidata all’Inghilterra, essa non potrebbe, sotto questo pretesto, turbare in suo favore l’equilibrio delle forze nell’interno della città.

4) Il paragrafo relativo al cambio delle truppe francesi è analogo, nella sostanza, a quello che ci riguarda; non si volle parlare esplicitamente del Comando, ma la sostituzione è compresa in quella del personale della base. Quindi si avrà diritto di esigere l’allontanamento del generale Savy, come di affrettare la soppressione della base.

5) Sulle clausole navali, ho poco da dire; osservo solo che la natura delle due navi che potranno essere in porto non è precisata, perché io mi opposi a che lo fosse, e che difficilmente, con le esclusioni indicate, gli alleati potranno avere due corazzate nel porto di Fiume. Sarà agevole alle nostre autorità marittime mantenere la preponderanza italiana in queste acque, se lo giudicano opportuno.

6) Il passaggio della polizia locale, che era nelle mani nostre e della questura fiumana, in quelle di funzionari inglesi ed americani non poteva purtroppo evitarsi dopo quanto ho accennato nei miei rapporti e fu lungamente illustrato nelle sedute della Conferenza con particolare compiacenza per parte del delegato inglese. Possiamo però pensare che, qualora avvenissero nuovi torbidi, il che è probabile, non saremo noi costretti all’alternativa di tirare sulla folla, alienandocene l’animo per sempre, o di rimanere inerti incorrendo nell’accusa di parzialità o di impotenza.

7) La soppressione del battaglione fiumano era volontà di tutti gli alleati, sia perché rappresentava il nucleo intorno al quale si aggrappavano gli elementi italiani più turbolenti, sia perché si nega al Governo di Fiume il diritto di avere forze armate ai suoi ordini. Non so se il Consiglio Nazionale attuale accetterà questa imposizione che attenta alla sua sovranità, né se la soppressione potrà avvenire tranquillamente, qualora l’accettasse. Queste obiezioni d’ordine pratico da me esposte non furono accolte, ma potrebbe il Governo farle sue, chiedendo la procrastinazione di questa misura, alla quale si volle dare un carattere di immediatezza, fino a che la nuova polizia fosse costituita, declinando in caso contrario ogni responsabilità.

8) Mi opposi energicamente alla domanda di inchiesta giudiziaria. a carico di nostri ufficiali, ritenendo che, se inchieste fossero state necessarie, esse dovevano essere comprese nelle riparazioni morali e materiali dovute alla Francia; ma il delegato francese insistendo non meno tenacemente, coll’appoggio dei delegati inglese ed americano, non credetti spingere l’opposizione al punto di negare la firma all’accordo, visto che l’inchiesta non può essere fatta che da autorità italiane; che la comunicazione dei risultati dell’inchiesta stessa non è stata domandata, e che questi risultati potranno essere nulli, visto che i fatti più gravi non potranno essere provati, e gli altri importeranno al massimo provvedimenti d’ordine disciplinare.

9) Ho proposto io di deferire ad una intesa diretta fra i Governi interessati il capitolo delle riparazioni, ritenendo dannoso discuterlo qui dove la Francia avrebbe trovato appoggio presso i delegati americano e britannico alle sue richieste, mentre io sarei rimasto solo per ribatterli. Messe faccia a faccia Francia e Italia, alla prima sarà tolto questo vantaggio ed alla seconda risparmiato di far conoscere ad Inghilterra ed America quanto crederà dover concedere.

Le ultime proposte valgono in sé stesse quel che valgono; ma dimostrano uno spirito di conciliazione che non manca di importanza e soprattutto il diritto dell’Italia di vedere apprezzato nella sua giusta misura la grandezza dello sforzo fatto nell’interesse comune.

Il tenente colonnello di Sua Maestà Ponza di S. Martino, al quale affido l’incarico di presentare personalmente all’E.V. i risultati dell’inchiesta ed i documenti che la riassumono, potrà dare oralmente quegli schiarimenti che saranno giudicati necessari, avendo egli assistito a tutte le sedute, salvo a quelle nelle quali si discussero le conclusioni.

Io raggiungerò immediatamente ad Udine il mio quartier generale dove sarò martedì mattina fermandomi solo a Trieste qualche ora per far visita al governatore civile testé nominato, ritenendo così compiuto il mandato affidatomi a Fiume.

235 1 Vedi DD. 225 e 226.

235

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4392. Roma, 10 agosto 1919, ore 14,30.

Telegrammi 5193 e 52081.

Sono molto lieto che Clemenceau si sia dimostrato con te così lealmente amichevole. Se lo reputi opportuno digli da parte mia quanto io sento profondamente il valore della sua cordiale attitudine in quest’ora decisiva per i rapporti franco-italiani. Una sua personale azione verso Wilson potrà essere indubbiamente efficace. Occorrerebbe che l’Inghilterra dimostrasse pari fervore. Non basta il platonico consenso di Balfour; una iniziativa di Lloyd George che nei momenti decisivi sa dimostrare slancio ed energia sarebbe a parer mio oltremodo utile. In quest’ora difficile mentre rendi al Paese così grandi servigi il mio pensiero si rivolge a te con sentimento di assoluta fede e di totale solidarietà.

236 1 A seguito di questa informazione Nitti, con T. riservato 4402 del 12 agosto, non pubblicato, espresse il proprio compiacimento nei termini seguenti: «Sono lieto che Lloyd George abbia preso iniziativa di una gita a Parigi per conferire teco. Mi sembra che ciò confermi sue buone disposizioni a nostro riguardo».

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4396. Bruxelles, 10 agosto 1919, ore 19,10(perv. ore 0,35 dell’11).

Oggi ho fatto visita principe principessa Napoleone. Governo francese che avevo fatto amichevolmente prevenire da Bonin Longare è stato molto sensibile al pensiero che ho avuto far tale comunicazione. Poi ho visitato cardinal Mercier il quale mi ha parlato dei rapporti fra Italia e Vaticano chiedendo se era possibile fossero regolati da Conferenza pace. Ho risposto ciò non era possibile non potendo noi riconoscere alla questione carattere internazionale.

L’ho però assicurato rapporti tra Governo e Vaticano si svolgono normalmente e correttamente con reciproca soddisfazione.

Lloyd George mi fa sapere che per fine questa settimana sarà Parigi o nei primi giorni prossima per conferire meco. Riparto stasera per Parigi1.

237 1 Non rinvenuta.

237 2 Vedi serie sesta, vol. III, D. 847.

237 3 Non pubblicata.

237

IL MINISTRO DELLE COLONIE, ROSSI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. riservata. Roma, 10 agosto 1919.

Non ripeterò a V.E. quanto ormai resulta chiaro dalla corrispondenza scambiata fra questo Ministero e la Delegazione, che, cioè fallito, con la negata concessione di Gibuti, il nostro programma, l’Italia esce dalla Conferenza senza adeguata soddisfazione nei riguardi coloniali.

Questa la situazione che V.E. ha trovato; situazione che, precludendo la via a utili acquisti territoriali in Africa, ci obbliga a trovare un compenso in altre regioni, ed in altri campi; tra gli altri in quello delle attività economiche.

Ho presentato a V.E. un concreto programma nei riguardi dell’Etiopia; e sono lieto che V.E. lo abbia voluto far proprio, formandone la base di proposte già rimesse alla Francia, e di altre che saranno prossimamente presentate anche all’Inghilterra.

Confido che la energica azione di V.E. riuscirà a condurre in porto quel programma che resta il fulcro della nostra pratica azione coloniale, e che, se effettuato, darà valore e vita alla Eritrea.

Tuttavia, senza uscire dall’Africa, noi volgiamo la nostra attenzione anche ad altre regioni; e più specialmente alla Tunisia e all’Angola.

Per la Tunisia, a complemento delle richieste contenute nella nota di V.E. a Pichon del 16 luglio u.s.1, mi permetto di proporre che ne siano inserite altre miranti ad assicurare all’Italia il rifornimento di fosfati, dei quali la nostra agricoltura ha così grande bisogno.

Mi limito a questo accenno, perché la cosa esce dalla mia competenza; pur potendosi riferire, per la negoziazione, alla questione coloniale.

Altra zona nella quale in Africa deve essere lasciato largo campo alla nostra attività è l’Angola; e già questo Ministero, con telegramma 19 giugno u.s. n. 136942 dette il suo pieno assentimento allo schema di accordo tra Governo portoghese e Governo italiano, concordato fra il comm. De Martino e il sig. Norton de Mattos, e comunicato dalla regia delegazione con lettera 28 maggio u.s. n. 017513.

Richiamo l’attenzione dell’E.V. su questa lettera nella quale il barone Sonnino, riferendosi al programma esposto da questo Ministero con lettera n. 80 del 4 gennaio 19173, manifestava l’avviso che gli accordi da istituirsi con Inghilterra e Francia per sostituirci ad essi nei loro diritti ed interessi in Angola, e specialmente nel Benguela e nel Mossamedes, dovessero iniziarsi dopo avvenuto un preliminare accordo col Governo portoghese.

Non ho precisi elementi per apprezzare in modo concreto quali interessi economici italiani possano essere creati e sviluppati anche nel Mozambico; che giustamente ha chiamato anch’esso l’attenzione dell’E.V., allo stesso titolo che l’Angola.

238 1 Vedi D. 199.

238 2 Gruppo mancante.

238

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2618/92-94. Bucarest, 11 agosto 1919, ore 10,50(perv. ore 20 del 15).

Telegramma di V.E. n. 11081.

Bratianu mi ha detto che è convinto delle intenzioni del R. Governo di procedere in pieno accordo con la Romania e di sostenerla, ma che durante permanenza di lui a Parigi Delegazione italiana appoggiava politica romena piuttosto con il pensiero che con la volontà. Essa infatti pur manifestando vivo desiderio che le rivendicazioni romene fossero interamente accolte non impiegò tutti i mezzi in suo possesso per ottenere tale accoglimento ma finì col prestare il suo consenso a decisioni come quella circa Banato cui era stata prima ostile e che senza concorso del suo assenso non sarebbe stata valida. Ha poi ripetuto una volta di più che vuole fare una politica di stretto accordo coll’Italia e che è disposto a secondarci nel nostro disegno per una intesa della Romania con l’Ungheria e colla Bulgaria purché interessi della prima non siano da noi anteposti a quelli delle altre due.

Bratianu si è poi lagnato del contegno poco amichevole del colonnello Romanelli per il tono così delle sue […]2 all’esercito rumeno fatto per mezzo degli stessi nostri ufficiali come del suo telegramma a Clemenceau in cui Romania è chiamata nemica. Ha aggiunto che non attribuisce soverchia importanza alla cosa e che a Diamandy, partito ieri per Budapest come rappresentante politico di questo Governo, ha dato istruzioni tenersi in stretti rapporti col suo collega italiano per un’azione concorde. È comune interesse dei nostri due Paesi che sotto il proprio patronato si costituisca a Budapest un Governo […]2 amico della Romania e che venga invece evitata formazione sotto il patronato anglo-francese di un governo aristocratico amico della Serbia. Governo di Bucarest esige […]2 che quello di Budapest riconosca nuove frontiere romene. Conferenza nelle sue risoluzioni circa assetto Ungheria, ammette Romania con parità di diritti a decidere. Se titolo invocato dalle grandi potenze a Parigi per fare prevalere la loro volontà nelle questioni concernenti le altre potenze è stato finora quello […]2 maggiori sacrifici, tale titolo devesi a maggiore ragione […]2 nel caso presente per la Romania, la quale ha lottato da sola per giungere alla presente vittoria. Bratianu ha infine ripetuto che non firmerà attuale Trattato con l’Austria, tanto più che il suo recente viaggio in Transilvania lo ha confermato di aver consenziente con lui opinione pubblica di quella regione ed ha accennato alla possibilità di un nuovo ministero che egli crede sarebbe […]2 deciso resistere. Ciò fa supporre che valendosi della nuova forza derivante al suo partito dai successi militari, egli si va riaffermando nella fiducia di poter rimanere al potere se non di nome almeno di fatto con un Gabinetto da lui designato ed a lui obbediente.

239

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4401/5262. Parigi, 11 agosto 1919, part. ore 0,30 del 12(perv. ore 3,15).

Sforza mi telegrafa che Commissione Trattato Germania per iniziativa di Stoppato vuole biasimare articoli circa Kaiser. Io sono pienamente d’accordo con te e con Commissione che processo Kaiser giuridicamente è una eresia e politicamente una sciocchezza. Questa tesi ho sostenuto oggi francamente innanzi alla Conferenza. Però sono rimasto solo. Nessuna risposta è stata data alla osservazione di indole giuridica, però Balfour ha detto che nelle ultime elezioni non solo Lloyd George e lui, ma tre quarti dei deputati inglesi si erano solennemente impegnati a far processare il Kaiser e che questo impegno doveva mantenersi a qualunque costo per non mettersi apertamente in contrasto colle loro pubbliche opinioni. Comitato esecutivo per le elezioni si è associato in modo molto energico e reciso per quel che riguarda Francia, e Polk ha semplicemente assentito. Non credo quindi opportuno che noi ci mettiamo in aperta opposizione coi nostri alleati.

Però siccome tutto si può dire quando si sa usare la dovuta misura, la relazione della Commissione senza biasimare apertamente l’articolo del Trattato potrebbe senza insistere troppo esprimere un semplice dubbio sulla legalità ed efficacia del provvedimento.

240 1 Vedi D. 236.

240

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4403. Roma, 12 agosto 1919, ore 10,20.

Quanto mi dici col telegramma inviatomi da Bruxelles1 conferma tutta l’opportunità della tua visita.

Avrò cura di far pervenire al re del Belgio il volume di cui ti ha parlato. Tuo progetto di più attivi scambi commerciali col Belgio è da me incondizionatamente approvato.

Per quanto riguarda progettato scambio di visite sarà oltremodo interessante seguire con attenzione eventuali trattative che dovrebbero svolgersi fra Governo belga e Vaticano.

241 1 Vedi D. 220.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’INCARICATO D’AFFARI A BELGRADO, GALANTI

T. 1151. Parigi, 12 agosto 1919, ore 11.

Rispondo suo telegrama n. 1741.

Confermo precedenti comunicazioni circa interessamento Governo inglese per evacuazione serbi dall’Albania.

R. Ambasciatore a Londra telegrafa in data 6 corrente quanto segue:

«Graham mi ha detto oggi che codesta Delegazione britannica ha, per iscritto, insistito presso quella serba sulla necessità ritiro truppe serbe dalle note regioni albanesi. Imperiali».

V.S. può tener parola di quanto sopra con codesto ministro d’Inghilterra.

242 1 Si tratta del T. riservatissimo 2501/1707 spedito da Vienna alle ore 12 e pervenuto a Parigi lo stesso giorno alle ore 18.

242 2 Analoghe istruzioni furono inviate in pari data da Tittoni a Borghese con T. 1150 bis, e con T. 1152 bis a Mombelli a Budapest, con la seguente aggiunta: «Azione personale di V.E. dovrà quindi essere diretta a dissipare completamente nei rumeni impressione che tradizionale fraterna amicizia italo-rumena siasi affievolita a vantaggio dell’Ungheria; d’altra parte è necessario che ungheresi si convincano essere una loro stretta intesa con Romania la migliore politica da seguire».

242 3 Cosa che fu fatta da Sforza con il T. 272 del 14 agosto, non pubblicato.

242

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 1150. Parigi, 12 agosto 1919, ore 12.

Borghese telegrafa quanto segue in data 7 corrente1: «Persona di fiducia intimamente unita Governo di Szegedin mi ha riferito: 1) Alcun tempo fa autorità militare francese Szeged ha detto a quella ungherese che se mai avesse avuto contatto o trattative qualsiasi genere con militari italiani non avrebbe mai più ottenuto appoggio di sorta da francesi. 2) In riunione avuta luogo tre o quattro giorni or sono a questa ambasciata Francia, Allizé ha esplicitamente consigliato ungheresi presenti del gruppo Szegedin di appoggiarsi decisamente ai serbi come gli unici che avrebbero potuto aiutarli contro il pericolo rumeno».

Urge che Martin raggiunga al più presto Bucarest e intraprenda ivi azione politica diretta dissipare impressione che Italia favorisca Ungheria a preferenza Romania.

Linee generali della nostra politica consistono impedire accordi fra Ungheria e Jugoslavia e favorire possibilmente intesa romeno-magiara sulle basi seguenti:

1) rinuncia Romania indennizzi per attuale campagna; 2) consigliare Romania moderazione nella questione Transilvania accordando alle popolazioni magiare e sassoni larghe libertà amministrative e linguistiche o dando alla Transilvania costituzione autonoma come stato cuscinetto; 3) rinuncia dell’Ungheria a rivendicazioni territoriali dal lato romeno oltre linee stabilite dalla Conferenza; 4) garanzia dell’Italia per entrambi i Paesi che eventuale accordo sarebbe da essa favorito con mezzi morali e materiali2.

Lascio a V.E. giudicare dell’opportunità di telegrafare intanto istruzioni in tal senso ad Auriti per sua norma di condotta3.

243 1 La si veda in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 689 sgg.

243 2 Gruppo mancante.

243

L’INCARICATO D’AFFARI A BUCAREST, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2610/95-96. Bucarest, 12 agosto 1919, ore 13,30(perv. ore 10 del 16).

Bratianu ha voluto darmi conoscenza con anticipazione della lunga nota che invierà a Parigi in risposta a quella della Conferenza circa Ungheria1. Non riferisco per brevità i suoi ragionamenti che sono stati il commento di tale nota, ma mi limito riferire avermi egli a più riprese affermato che il Governo rumeno è estraneo alla costituzione di quello ungherese sotto la reggenza dell’arciduca e che egli lo considera pericoloso così all’estero per le sue tendenze imperialistiche come all’interno per quelle reazionarie. Punto di vista di Bratianu può riassumersi così: sacrifici fatti dalla sola Romania nell’interesse comune le danno diritto a non sottostare alle intimazioni della Conferenza bensì a collaborare con essa per il futuro regolamento politico e militare dell’Ungheria.

Bratianu crede che nota sia dovuta per il fondo all’America e […]2 a Clemenceau e mi ha ripetutamente dichiarato che se attribuisce minore importanza in tale questione al […]2 degli Stati Uniti ne attribuisce assai maggiore a quello dell’Italia. Spera che questa, contrariamente a quanto potrebbe far credere colonnello Romanelli verso il quale ha rinnovato le sue lagnanze, non farà causa comune con l’America ma sosterrà a Parigi ed a Budapest giusti interessi della Romania che coincidono per tanta parte con i propri. Bratianu non si è punto preoccupato del tono della nota mostrando considerare che la Conferenza con la forza delle sue intimazioni non riesce a nascondere debolezza della situazione in cui si trova per mancanza di mezzi di sanzione da fare valere contro la Romania.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4413/1159. Parigi, 12 agosto 1919, ore 20,30(perv. ore 2 del 13).

Oggi Theodoli conferito con Simon circa questione coloniale. Simon dice aver parlato in proposito con Clemenceau e Pichon. Aggiunge essere desiderio Governo francese che rapporti fra Italia e Francia escano da Conferenza cordiali, senza malintesi, né riserve, né rancori. Converrà che diverse questioni siano trattate insieme, per avere visione complessiva e simultanea interessi italiani da soddisfare in Africa, in Asia Minore e altrove. Simon ha accentuato la necessità di procedere d’accordo in Asia Minore. Simon ha trovato giusta nostra proposta per Etiopia, restando ben chiaro che non si vuole smembramento di essa ma solamente svolgimento azione economica in Abissinia. Deve restare anche ben chiaro che trattazione debba svolgersi contemporaneamente tra Francia, Inghilterra e Italia. Theodoli ha confermato che ciò corrisponde interamente al pensiero del Governo italiano.

Theodoli e Simon sono rimasti d’accordo che Theodoli concreti con Pichon le modalità tecniche per portare innanzi trattative di pieno accordo con le tre parti e con la maggiore possibile sollecitudine per evitare temuta intromissione americana. Una riunione mia con Pichon, presenti anche Theodoli e Simon, permetterà di concordare formola da presentare contemporaneamente da me al Governo francese ed a Londra al Governo britannico.

Prego comunicare a S. E. Rossi.

245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4421 bis/5314. Parigi, 13 agosto 1919, ore 13,20(perv. ore 18).

Essendosi Tardieu rimesso dall’indisposizione che l’aveva colpito domenica, la questione adriatica è stata discussa oggi con lui, Pichon ed i Cinque confidenzialmente e senza intervento di segretari. Io ho esposto il programma che tu ben conosci e Clemenceau e Balfour hanno elogiato la chiarezza e la forza della mia argomentazione ed hanno raccomandato a Polk di volerla considerare benevolmente. Verso fine della discussione Clemenceau ha detto che l’istituzione di stati liberi controllati dalla Lega delle Nazioni non gli piaceva e che preferiva dare agli slavi la parte slava del proposto Stato libero, ma dare la città di Fiume in piena sovranità all’Italia ed ha insistito presso Polk perché raccomandasse questa soluzione a Wilson a nome della Conferenza intera. Anche Balfour ha appoggiato. Polk non ha mosso obiezioni. Ha soltanto detto che gli occorreva considerare bene la cosa e sentire il pensiero di Wilson. Io ho detto che Wilson doveva dimenticare il suo urto personale con Orlando e Sonnino e considerare la cosa imparziale senza preconcetti tenendo conto dei gravi sacrifizi d’uomini e denaro da noi sopportati nella guerra e tenendo conto altresì che Patto di Londra non lega l’America perchè non l’ha firmato né accettato, costituisce però per essa un vincolo morale. Polk ha annuito a queste mie osservazioni. Questa sera le mie domande pel triangolo di Assling e pel mandato in Albania non hanno sollevato discussioni di sorta. Invece vi è stata breve discussione pel distretto di Albona e l’isola di Cherso ma Clemenceau e Balfour hanno riconosciuto la validità delle mie ragioni a favore dell’Italia e Polk si è riservato. Per Zara ho chiesto la piena sovranità per l’Italia. Clemenceau e Balfour hanno annuito. Polk si è riservato. Tutti si sono mostrati d’accordo per la neutralizzazione di quella parte del progettato Stato libero di Fiume che diverrebbe slava e di tutta la costa ed isole della Dalmazia e della costa orientale dell’Istria ed isole del Quarnero sia nostre che slave. Salvo ciò che risulterà da ulteriori discussioni l’isola di Uglian prospicente Zara e le isole di Cherso, Lussin e Lissa dovrebbero essere italiane e le altre slave.

Per gli interessi economici italiani in Dalmazia e per le minoranze italiane ho chiesto garanzie. Clemenceau ha concluso dover dare a Polk e Wilson il tempo necessario per studiare e […] rispondere preferendo egli una risposta ritardata ma favorevole ad una risposta affrettata ma contraria. Clemenceau parte giovedì e rimarrà assente una settimana. Parlerò con Polk pregando di dare la sua risposta pel ritorno di Clemenceau.

246 1 Si tratta quasi certamente di Nicolas Mishu.

246 2 Gruppo mancante.

246 3 Nitti rispose con T. riservato 4493 del 17 agosto, non pubblicato, prospettando anche l’eventualità che Grassi andasse direttamente a Bucarest per trattare egli stesso le concessioni con il Governo rumeno.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4431/5318. Parigi, 13 agosto 1919, ore 17(perv. ore 2 del 14).

In una lunga ed amichevole conversazione che ho avuto con i rappresentanti romeni Vaida e Lagshu1 [sic] chiarito la nostra politica incondizionatamente favorevole alla Romania ora […]2 recisamente d’impedire nell’interesse non solo nostro ma della Romania stessa, l’unione degli ungheresi con i serbi. Le mie dichiarazioni li hanno pienamente […]2 mi hanno detto che avrebbero telegrafato a Bratianu che oggi si è rafforzato e, come essi, è partigiano della politica di stretto accordo con l’Italia. Avendo detto loro che la Romania non dovrebbe prestarsi a tentativi di accaparramento del suo petrolio e nafta ed in ogni caso riservarne all’Italia una congrua parte mi hanno detto che avrebbero telegrafato a Bratianu e che erano certi che questi avrebbe tenuto nel debito conto i desideri italiani. Però hanno soggiunto che noi non dovevamo perdere tempo e come gli inglesi, i canadesi e gli americani avevano mandato apposite missioni a Bucarest così noi avremmo dovuto mandar subito colà dei nostri incaricati. Io ho telegrafato intanto al nostro ministro a Bucarest di interessare Bratianu. La questione del petrolio e nafta ha per noi capitale importanza volendo, specialmente nella nazione, sostituire il carbone. Questo addetto navale, ammiraglio Grassi, aveva, d’accordo con alcuni capitalisti studiato un progetto per assicurarsi a Budapest un milione di tonnellate di nafta all’anno e costruire un tubo per portarla a Trieste a somiglianza di quello che la porta da Baku a Batum. Grassi sarà a Roma venerdì e si presenterà a te. Ti prego riceverlo subito. Tu vedrai se conviene accettare la sua combinazione finanziaria, integrandola o chiedere la nafta per conto dello Stato. A me parrebbe preferibile la prima perché la costruzione del tubo dovrebbe essere intrapresa da una società. Però noi dovremmo assicurarci l’impegno da parte di essa di varia nafta e petrolio a conveniente prezzo. Tanto in un caso che nell’altro Grassi mi parrebbe la persona indicata per andare subito a Bucarest. Dopo che avrai parlato con Grassi ti prego telegrafarmi tue decisioni3.

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4430/5317. Parigi, 13 agosto 1919, ore 17,10(perv. ore 23,20).

Clemenceau comunica che lavori Conferenza sono sospesi fino lunedì. Ieri sera Dutasta e Tardieu hanno detto che lavori dovranno nuovamente essere sospesi il 25 iniziando Camera francese discussione Trattato Germania alla quale, come a quella del Senato che seguirà, dovranno presentarsi Clemenceau, Pichon e Tardieu, Balfour ha già deciso di partire per Londra il 25. È impossibile dire ora quando la Conferenza riprenderà i suoi lavori. Clemenceau, che per la questione adriatica continua a mostrarsi ottimista per noi, spera che tra il 18 e 25 possa risolversi. Io però continuo ad avere grave dubbio che l’apparenza cortese e conciliante di Polk non dissipi [sic]. A persona che ha parlato con Osborne, segretario di Polk, ed altra con Hoover essi hanno detto non ritenere che disposizioni di Wilson permetteranno una soluzione soddisfacente per l’Italia. Può essere che risposta Wilson sia o contraria o favorevole solo in parte, e poiché le nostre richieste rappresentano un minimo, tanto che nel secondo caso vi saranno nuove disposizioni, nuovo telegramma a Wilson ed ulteriore attesa di sue nuove risposte [sic].

Pertanto se la Conferenza si prorogasse il 25 senza che questione adriatica avesse fatto un passo, la posizione della Delegazione italiana diventerebbe difficilissima. Partendo gli altri, io non potrei rimanere qui, ed a Roma come potrei venire alla Camera aperta ed assistere alla discussione del Trattato di pace colla Germania senza essere in grado di dire nulla dopo quasi due mesi tranne che, malgrado i rapporti intimi da me ristabiliti colla Francia e coll’Inghilterra e malgrado l’appoggio sincero da esse ottenuto la questione adriatica per l’irriducibilità di Wilson non ha fatto un passo? Sottopongo alla tua considerazione questa ipotesi che è molto possibile si avveri.

248 1 Per il seguito della questione vedi il D. 255 e per la risposta di Nitti il D. 249.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4429/5320. Parigi, 13 agosto 1919, ore 17,40(perv. ore 23).

Schanzer ha avuto oggi conversazione con Polk. Questi pur manifestando sentimenti amichevoli per Italia riconoscendone i bisogni ed ammettendo la necessità che America aiuti Italia ha detto chiaramente Schanzer che Tesoro federale non ha facoltà fare crediti agli Stati europei e che, quanto ai banchieri americani, questi sono impauriti e non vogliono arrischiare i loro denari fino a quando non siano risolute le questioni politiche in modo definitivo. Specialmente per quanto riguarda Italia Polk dice che capitalisti americani temono che Italia possa avere una nuova guerra colla Jugoslavia o con Turchia per questione Asia Minore. Schanzer ha risposto che Italia non pensa a nuova guerra ed ha fatto presente urgenza bisogni italiani e pericoli che minaccerebbero nostro Paese se non si provvedesse regolare approvvigionamento. Polk ha replicato che ci vorrà un certo tempo per convincere popolo americano necessità fare larghi crediti Europa. Schanzer ha insistito sulla particolare condizione Italia, che non ammette ulteriore indugio ed ha invocato una operazione provvisoria ed almeno l’invio di grano a credito. Polk ha promesso di interessarsi di tale richiesta sempre pronto parlarne anche con banchieri e specialmente con Stettinius, ma ha nuovamente insistito sulla necessità risolvere questione politica. Schanzer non potendo instancabilmente fare altro qui, ripartirà domani Italia1.

249 1 Il riferimento è al D. 248

249 1 Il riferimento è al D. 248

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4423. Roma, 13 agosto 1919, ore 20,50.

Sono molto lieto tuo telegramma odierno1 che segna un vero successo della tua opera alta di conciliazione e di italianità. Spero che Polk entri nelle nostre direttive e che entri Wilson. È inutile aggiungere che come apprezzo tua opera divido interamente tue idee. È mirabile quanto hai fatto per rendere cordiali nostri rapporti con Francia Inghilterra.

1 1 La minuta di questo telegramma, leggermente differente dal testo che qui si pubblica, è ed. in Sonnino, Carteggio, D. 477, pp. 662 sg.

1 2 Parola mancante.

1 3 Circa la questione della firma del Trattato di pace con la Germania, Orlando aveva avuto, nel pomeriggio del 22 giugno, un colloquio con Nitti e Tittoni, sul cui contenuto vedi serie sesta, vol. III, D. 885.

1 4 Vedi D. 3.

3 1 Vedi D. 1.

3 2 Non è stato rinvenuto alcun riscontro al riguardo, ma vedi comunque D. 1, nota 3.

4 1 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di suffragare tale affermazione.

5 1 Gruppo mancante.

5 2 Per la risposta vedi D. 7.

6 1 Grazzi rispose con T. 2142/69 del 29 giugno, non pubblicato, con il quale si comunicava il compiacimento del Governo e del popolo finlandesi per la decisione italiana.

7 1 Vedi D. 5.

9 1 Vedi D. 7.

10 1 Bonin Longare rispose con T. Gab. 259/261 del 27 giugno, non pubblicato, comunicando che avrebbe incontrato Pichon la sera stessa e Clemenceau l’indomani. Sul contenuto di tali incontri vedi D. 24.

11 1 Il telegramma fu inviato contestualmente anche alla Delegazione italiana alla Conferenza della pace, ove pervenne il 26 luglio alle ore 15.

12 1 Vedi al riguardo serie sesta, vol. III, DD. 799, 805 e 810.

12 2 Per la risposta vedi D. 19.

13 1 Non pubblicati, ma per le campagne di ostilità verso la missione militare italiana vedi serie sesta, vol. III, DD. 700 e 780.

14 1 Vedi serie sesta, vol. III, D. 889.

15 1 In realtà la riunione alla quale accenna Sonnino si era svolta nel pomeriggio della giornata precedente. Vedi in proposito FRUS, PPC, vol. VI, in particolare pp. 675 sgg.

15 2 Tittoni comunicò il proprio assenso alla dichiarazione che Sonnino intendeva fare con T. Gab. prec. ass. 193/107 del 27 giugno, non pubblicato.

16 1 Il 23 giugno con T. 228, non pubblicato, il commissario politico a Berlino, Chiaramonte Bordonaro, aveva informato Sonnino che l’Assemblea nazionale tedesca aveva deciso di accettare i termini del Trattato di pace con 287 voti favorevoli, 138 contrari e 5 astenuti.

17 1 Vedi al riguardo FRUS, PPC, vol. VI, p. 697.

17 2 Oltre ad affrontare questi ed altri temi di carattere specifico, in quella occasione Tittoni aveva soprattutto lamentato la circostanza che il problema delle rivendicazioni italiane non fosse stato ancora completamente affrontato, a differenza di quelle riguardanti Francia e Gran Bretagna. Vedi al riguardo Atti parlamentari, Camera dei Senatori, Legislatura XXIV, Discussioni, vol. V, tornata del 25 giugno 1919, pp. 4910 sgg.

17 3 Gruppo mancante.

18 1 Su tale campagna si era anche soffermato Romano Avezzana il quale con T. Gab. 243/10 del 24 giugno, non pubblicato, aveva sostenuto che essa era stata ispirata dalla Francia.

18 2 Gruppo mancante.

19 1 Vedi D. 12.

19 2 Vedi serie sesta, vol. III, D. 805.

19 3 Con T. Gab. pers. 194/108 del 27 giugno, non pubblicato, Tittoni comunicò la propria approvazione alla linea di condotta seguita da Sonnino.

20 1 Ed. in Sonnino, Carteggio, D. 478, pp. 663 sgg.

20 2 Vedi D. 11.

21 1 Vedi D. 19.

23 1 R. riservatissimo 1306 del 27 giugno, non pubblicato. Con T. 805 del 1° luglio, ugualmente non pubblicato, Tittoni rispose che la notizia relativa alla progettata costituzione di uno stato danubiano gli sembrava priva di fondamento.

24 1 Vedi D. 10.

25 1 Vedi D. 24.

25 2 Vedi al riguardo FRUS, PPC, vol. VI, in particolare pp. 711 sgg.

25 3 Vedi D. 18.

25 4 Gruppo mancante.

26 1 Vedi al riguardo serie sesta, vol. I, D. 250.

27 1 Trasmesso via Gibuti il 1° luglio.

27 2 Non è stata rinvenuta alcuna risposta alla richiesta avanzata da Colli di Felizzano.

28 1 Trasmesso via Vienna il giorno 29 con prot. 1987/146.

30 1 La nota, nella sua versione inglese, è anche in DBFP, vol. IV, pp. 4 sgg. e in FRUS, PPC, vol. VI, pp. 760 sgg.

31 1 L’opportunità di una tale iniziativa era stata sollecitata da Bonin Longare con T. 377 del 29 giugno, non pubblicato, diretto al Ministero, il quale provvide nella stessa giornata a comunicarne il contenuto a Tittoni con T. 2338 prec. ass.

34 1 Non pubblicato, con il quale Nitti comunicava il contenuto del D. 31.

34 2 Si tratta del T. 4050, pari data, non pubblicato.

34 3 Per la risposta di Poincaré vedi D. 40.

34 4 Cosa che fu fatta con T. 3660 del 1° luglio.

35 1 Non pubblicato.

36 1 Parola mancante.

37 1 Non rinvenuto.

38 1 Non pubblicato.

38 2 Gruppo mancante.

40 1 Il telegramma fu trasmesso a Tittoni dal ministro della Real Casa, Mattioli, con appunto del 4 luglio.

40 2 Vedi D. 34.

42 1 Vedi D. 30.

42 2 Non riprodotte, ma vedi nota precedente.

42 3 Vedi D. 37.

43 1 Vedi serie sesta, vol. III, D. 746.

43 2 Ibid., D. 837.

43 3 Ibid., D. 719 e nota 1.

43 4 Non pubblicata.

43 5 Vedi serie sesta, vol. II, D. 483.

43 6 Vedi serie sesta, vol. III, D. 714.

43 7 Non pubblicata, ma vedi serie sesta, vol. III, D. 768.

43 8 Non rinvenuti.

43 9 Vedi serie sesta, vol. III, D. 836.

43 10 Ibid., D. 839.

43 11 Li si veda in Trattati e convenzioni fra il Regno d’Italia e gli altri Stati, vol. 18, Roma, Ministero degli affari esteri, 1930, pp. 920 sgg.

43 12 Non riprodotto, ma vedi serie sesta, vol. III, D. 719, e nota.

43 13 Vedi serie sesta, vol. III, D. 653.

43 14 Ibid., D. 506.

43 15 I punti sospensivi sono presenti nell’originale.

43 16 Vedi serie sesta, vol. III, D. 600, nota 1.

43 17 Ibid., D. 722.

43 18 In realtà la corrispondenza era intercorsa tra Colosimo e Sonnino. Ibid., vol. III, DD. 510 e 512.

43 19 Vedi serie sesta, vol. III, D. 550.

43 20 Ibid., D. 641, che reca comunque come protocollo il n. 613.

43 21 Ibid., D. 658, che risulta in realtà firmato anche da Crespi.

43 22 Ibid., D. 553.

43 23 Vedi D. 123.

44 1 Vedi D. 42.

45 1 Vedi D. 30.

45 2 Vedi D. 63.

46 1 Gruppo mancante.

47 1 Vedi D. 46.

47 2 Si tratta del R. 14001 del 3 luglio, non pubblicato.

48 1 Vedi al riguardo DD. 46 e 47.

49 1 Come specificato a fine documento, analoga comunicazione fu fatta alle ambasciate a Londra e Washington con T. Gab. 832 del 6 luglio, con alcune differenze che si evidenziano fra parentesi quadre e si esplicitano nelle note che seguono.

49 2 Parola omessa nel testo per le ambasciate a Londra e Washington.

49 3 Nel testo per Londra e Washington, il nome del generale Grazioli è sostituito dall’espressione «da fonte competente».

49 4 Frase omessa nel testo per le ambasciate a Londra e Washington.

49 5 Nel testo per le ambasciate a Londra e Washington si legge invece: «Analoga questione venga costà discussa».

50 1 Tale rassicurazione da parte di Clemenceau trovò seguito in ciò che Tittoni comunicò a Nitti con T. riservato 4007/4229 dell’8 luglio, con il quale si faceva presente che i giornali di quella giornata non facevano alcun cenno agli incidenti di Fiume.

50 2 Ciò fu effettivamente fatto con T. 834 pari data, non pubblicato.

51 1 Vedi D. 50.

51 2 Vedi D. 58.

52 1 Minuta ed. in Sonnino, Carteggio, D. 479, p. 664.

52 2 Vedi D. 19.

55 1 Con T. riservato 3993 partito alle ore 20,30 di quello stesso giorno indirizzato al generale Grazioli, non pubblicato, Nitti aveva duramente stigmatizzato gli incidenti verificatisi a Fiume concludendo: «Io desidero che ella faccia quanto può assumendo ogni responsabilità, perché nessun incidente più avvenga. I dolorosi fatti di questi giorni ci creano nuovi imbarazzi alla Conferenza di Parigi e ciò rappresenta un danno, non un vantaggio alla causa nazionale. Attendo da lei notizie rassicuranti ».

56 1 Vedi DD. 58 e 59.

58 1 Vedi D. 61.

58 2 Nel corso del processo intentato contro l’ex deputato Filippo Cavallini per opera di spionaggio ai danni dell’Italia, alcuni avvocati della difesa avevano fatto il nome di Camille Barrère.

59 1 Parola dubbia.

59 2 Vedi DD. 58 e 61.

59 3 Vedi D. 58.

60 1 Non pubblicato.

61 1 Vedi D. 58 e nota 2.

62 1 Con tutta probabilità si tratta del T. 3995 del 7 luglio, per il quale vedi D. 59.

63 1 Ed. in DBFP, vol. IV, D. 6, pp.16 sgg. e in Tittoni - Scialoia, pp.117 sgg.

63 2 Vedi D. 30.

64 1 Nella riunione dei capi Delegazione tenutasi nel pomeriggio del 7 luglio, si era deciso, su proposta di Tittoni, di nominare una Commissione d’inchiesta sui fatti di Fiume, sui quali da ultimo vedi D. 54.

64 2 Vedi D. 62.

65 1 Il telegramma fu trasmesso anche al Ministero degli Esteri con preghiera di farne oggetto di comunicazione alla legazione a Belgrado ed alla legazione di Serbia in Italia.

66 1 Sulla questione vedi D. 56.

67 1 Il documento fu trasmesso con T. Gab. 283/4257, a firma De Martino.

68 1 Inviato anche a Roma con prot. Gab. 331/8085/1400 in pari data.

68 2 Per la risposta vedi D. 108.

69 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino e pervenne il giorno 10.

70 1 Vedi D. 69.

70 2 Vedi D. 55, nota 1.

71 1 Vedi serie sesta, vol. III, D.889.

73 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino.

75 1 Vedi D. 69.

75 2 Bonin Longare l’avrebbe incontrato nella serata di quello stesso giorno. Vedi D. 77.

76 1 Vedi D. 78.

76 2 Vedi D. 54.

76 3 Vedi D. 83.

77 1 Vedi DD. 69 e 78.

78 1 Vedi D. 73.

78 2 Vedi D. 77.

79 1 Il telegramma, giunto a Parigi, fu ritrasmesso a Roma, dove Tittoni si trovava, con T. Gab. 325/4316.

79 2 Non pubblicato.

79 3 Non rinvenuto.

79 4 Si tratta probabilmente del T. 2177 del 30 giugno, non pubblicato.

81 1 Non rinvenuto.

81 2 Con successivo T. Gab. 311/855 del 10 luglio, non pubblicato, De Martino comunicò l’avvenuta accettazione della richiesta italiana aggiungendo che era stato affidato ai delegati italiani il compito di presentare nella successiva seduta della Commissione proposte concrete circa il problema delle minoranze balcaniche.

82 1 Vedi DD. 12 e 19.

83 1 Vedi D. 76.

84 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino con prot. 881/4324.

84 2 Vedi D. 88.

85 1 Il telegramma fu trasmesso a Roma da De Martino.

85 2 T. Gab. 4303/294 dello stesso 10 luglio, non pubblicato, con il quale si comunicava che il Consiglio dei Cinque aveva impartito le proprie istruzioni alla Commissione incaricata dell’inchiesta sugli incidenti di Fiume e si riservava di comunicare il luogo dove il rappresentante italiano avrebbe dovuto incontrare i suoi colleghi stranieri.

85 3 Con T. 904 del 13 luglio, non pubblicato, Tittoni comunicò a Di Robilant la sua nomina a rappresentante italiano nella Commissione sui fatti di Fiume, la cui costituzione era stata decisa dal Consiglio Supremo del giorno 8 e che si sarebbe dovuta attenere alle seguenti istruzioni: «La Commissione interalleata d’inchiesta per Fiume investigherà e riferirà i fatti relativi agli incidenti di violenza verificatisi ultimamente in quella città e esprimerà il proprio avviso circa le responsabilità di essi. Essa dovrà inoltre sottoporre quanto più presto è possibile al Consiglio Supremo proposte circa i mezzi migliori per assicurare d’ora innanzi la pace e la sicurezza».

79 5 Vedi serie sesta, vol. III, D. 681.

79 6 Vedi D. 43, nota 11.

87 1 Per il seguito vedi D. 94.

88 1 Vedi D. 84.

89 1 Trasmesso in pari data a Parigi con T. riservato 2128/1163.

89 2 Vedi al riguardo D. 36.

90 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

90 2 Parola mancante.

93 1 Vedi al riguardo D. 91.

93 2 Crespi rispose alle 20,40 di quella stessa giornata con T. Gab. 333/893, con il quale comunicava di non essersi potuto ancora incontrare con Balfour e Lansing, ma che contava di poter dare seguito alle istruzioni ricevute nella giornata successiva.

94 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

94 2 Vedi D. 87.

95 1 Gruppo mancante.

96 1 Vedi D. 80, qui trasmesso nella sua traduzione italiana.

97 1 Non pubblicati.

97 2 Vedi D. 79.

99 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

99 2 Vedi D. 102.

99 3 Con T. 4039/4378, in pari data, non pubblicato, Tittoni comunicò a Nitti di condividere il pensiero di Crespi e di augurarsi quindi che il Trattato di pace fosse dall’Italia ratificato il più presto possibile.

100 1 Il telegramma fu trasmesso da De Martino.

100 2 Vedi D. 93.

100 3 La nota è edita, nella sua versione inglese, in FRUS, PPC, vol. VII, p. 128.

100 4 Il telegramma fu trasmesso con T. 9668 in data 16 luglio al sottosegretario agli Esteri, Sforza, il quale annotò: «Non vedo argomento per risposta».

102 1 Vedi D. 99, nota 3.

102 2 Nella stessa giornata con T. 4049/4393 De Martino comunicò che nella serata ne sarebbero state inviate a Roma 150 copie, facendo al contempo presente che solo nella giornata precedente la Delegazione italiana aveva ricevuto l’edizione definitiva del testo in questione.

103 1 Vedi D. 43.

104 1 Il telegramma 2166/70 fu inviato da Varsavia via radio a Bucarest l’8 luglio 1919 e pervenne a Parigi il 15 luglio alle ore 15.

104 2 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di ricostruire il contenuto.

104 3 Parola mancante.

104 4 Non rinvenuto.

104 5 Per la risposta vedi D. 164.

105 1 Vedi D. 65.

105 2 Del 30 giugno, non pubblicato.

105 3 Parola mancante.

106 1 Tittoni con T. 946 del 17 luglio rispose nei seguenti termini:«Questione Albania è ora oggetto di studio. Se come è possibile Conferenza nell’assestamento generale ci conferirà il mandato per l’Albania, allora scomparso ogni pericolo di conflitto con serbi nostro corpo di occupazione potrà essere molto ridotto».

107 1 Si trattava di un voto di fiducia sul Governo. Vedi Atti parlamentari, Camera dei deputati, legislatura XXIV, I sessione (1913-1919), Discussioni, XVIII, tornata del 14 luglio 1919, pp. 19266 sgg.

108 1 Vedi D. 68.

108 2 Si tratta del T. riservatissimo 2095/1394 del 7 luglio e del T. segreto 2120/1212 del 9 luglio, non pubblicati.

109 1 Per la risposta di Auriti vedi D. 134.

110 1 Vedi D. 89.

113 1 Vedi D. 99, nota 3.

113 2 Vedi D. 102, nota 2.

113 3 Nitti rispose con T. 2197/4091 del 17 luglio 1919, non pubblicato, facendo presente di aver preso opportuni accordi con il Ministero degli Esteri affinché il progetto di legge di ratifica del Trattato di pace con la Germania fosse predisposto secondo i precedenti indicati da Tittoni e in tempi rapidi.

114 1 Vedi D. 111.

115 1 Il presente documento fu redatto con tutta probabilità per avere un quadro delle questioni da discutere in occasione di un previsto incontro tra Tittoni e Venizelos, unitamente all’appunto redatto da De Martino, qui pubblicato in allegato, sul contenuto dei precedenti colloqui avuti, sempre con Venizelos, da Sonnino e da Orlando.

115 2 Non rinvenuto.

115 3 Non rinvenuta.

116 1 Vedi al riguardo D. 101.

119 1 Tittoni rispose con T. riservatissimo 4189/4849 del 26 luglio, non pubblicato, comunicando a Nitti di convenire con lui pienamente ed informandolo che si sarebbe valso dell’argomento per ottenere quanto occorreva all’Italia in Albania.

120 1 Vedi DD. 111 e 114.

121 1 Per la risposta vedi D. 132.

122 1 Si pubblica la minuta di questo telegramma, in quanto non se ne è rinvenuta la copia in arrivo.

122 2 Il telegramma 2244/378 fu spedito da Washington il 20 luglio e giunse a Parigi il giorno successivo alle ore 11.

123 1 Vedi D. 43.

123 2 S’intende: Giarabub.

123 3 Non rinvenuto.

125 1 Non rinvenuto.

127 1 Su tale questione vedi DD. 12, 19 e 82.

128 1 Il telegramma fu indirizzato anche al comandante il Corpo di spedizione in Anatolia, generale Battistoni, all’alto commissario a Costantinopoli, Alliata, al console a Smirne, Senni, alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington, alle Sezioni Militare e Marina della DICP ed al Comando Supremo.

130 1 Vedi D. 123.

130 2 Tittoni rispose con T. personale 4581 del 21 luglio, non pubblicato, pregando Rossi di inviare a Parigi Theodoli per un utile scambio di vedute sulla questione.

132 1 Vedi D. 121.

132 2 Vedi D. 122.

133 1 Tittoni rispose con T. 4206 del 27 luglio nei termini seguenti: «Comando Supremo comunica che generale Piacentini si reca Roma chiamato da S.E. il presidente del Consiglio per conferire. A tale riguardo informo che situazione Albania molto delicata nei riflessi politici alleati e quindi sottometto a V.E. opportunità farmi pervenire notizia dei risultati colloquio per procedere poi d’intesa sulle direttive avvenire» e successivamente con L. 02676 dell’8 agosto, per la quale vedi D. 230.

133 2 Vedi serie sesta, vol. I , D. 602, dove tuttavia il telegramma è datato 20 dicembre.

133 3 Vedi serie sesta, vol.II, D. 887.

133 4 Vedi serie sesta, vol. III, D. 253, nota 4. La lettera di Pichon risulta essere del 18 e non del 19 aprile.

133 5 Non pubblicato.

134 1 Vedi D. 109.

134 2 Vedi D. 104.

134 3 Per la risposta vedi D. 165.

137 1 Vedi D. 126.

137 2 Gruppo mancante.

137 3 Per la risposta vedi D. 142.

138 1 Vedi allegato.

139 1 Vedi D. 130.

139 2 Vedi D. 123.

140 1 Vedi D. 134.

140 2 Per la reazione di Tittoni vedi D. 199.

141 1 Per la risposta vedi D. 153.

142 1 Vedi D. 137.

143 1 Non rinvenuto.

143 2 Borghese diede séguito alle istruzioni con T. riservato 1608 del 29 luglio, non pubblicato.

144 1 Per la risposta di Nitti vedi D. 155.

145 1 Con T. riservato 4155/4645 del 24 luglio, non pubblicato, Tittoni rispose congratulandosi vivamente con Nitti.

146 1 Il telegramma fu trasmesso contestualmente al ministro dei Trasporti De Vito, al ministro del Commercio Ferrari ed al commissario straordinario per la Venezia Giulia, Petitti di Roreto.

147 1 Parola mancante.

147 2 Sulla questione vedi D. 170.

148 1 Non è stato rinvenuto alcun elemento in grado di chiarire in maniera più dettagliata tale circostanza.

148 2 Vedi D. 152.

149 1 La versione che qui si pubblica è integrata con la copia in partenza dall’ambasciata a Washington. Il telegramma fu ritrasmesso da De Martino con T. posta 2437 del 25 luglio alle ambasciate a Londra e Parigi.

149 2 Tittoni rispose con T. 5016 del 1° agosto, non pubblicato, pregando Macchi Di Cellere di esprimere a Page i ringraziamenti per l’opera efficace da lui svolta e che si proponeva di svolgere a favore dell’Italia.

150 1 Per la risposta vedi D. 158.

151 1 Per la risposta vedi D. 167.

152 1 Vedi D. 148.

152 2 Per la risposta vedi D. 163.

153 1 Vedi D. 141.

154 1 Vedi D. 132.

155 1 Vedi D. 144.

156 1 Parola mancante.

157 1 Per il seguito vedi DD. 223 e 225.

158 1 Vedi al riguardo D. 150.

161 1 Vedi D. 144.

163 1 Vedi D. 152.

163 2 Vedi D. 43.

163 3 Si tratta in realtà del T. riservato personale 2298/8336 del 24 luglio, non pubblicato.

163 4 Così nel testo. Si tratta in realtà della regione denominata Erdi.

163 5 Vedi D. 123.

163 6 Parola illeggibile.

163 7 Parola mancante.

163 8 L. 5343 del 16 luglio, non pubblicata.

163 9 L. 5639 del 26 luglio, non pubblicata.

163 10 Con T. 4949/8397 del 26 luglio, Rossi telegrafava a Theodoli comunicandogli il contenuto di quanto scritto a Tittoni.

164 1 Vedi D. 104.

165 1 Vedi D. 134.

165 2 Vedi D. 109.

166 1 Vedi D. 105.

166 2 Il telegramma fu inviato anche a Tittoni, decifrato tuttavia in una forma che, nel suo periodo finale, ne alterava il significato. Si leggeva infatti: «Posso quindi concludere che Governo britannico confida che intervento ministro d’Inghilterra a Belgrado sortirà desiderato effetto».

167 1 Vedi D. 151.

169 1 Vedi D. 43.

169 2 Per la risposta vedi D. 184.

170 1 Vedi D. 147.

171 1 Nella copia rinvenuta in ACS al documento è attribuita la data del 31 luglio.

171 2 Il riferimento è con ogni probabilità al discorso pronunciato da Nitti al Senato il 9 luglio, nel corso del quale il presidente del Consiglio italiano aveva tra l’altro affermato che occorreva «condurre a termine le trattative riguardanti la pace, difendendo con sincera fede il programma di aspirazioni nazionali». Vedi Atti parlamentari, Camera dei Senatori, legislatura XXIV, Iª sessione (1913-1919), Discussioni, pp. 4941 sgg.

173 1 Vedi D. 98.

173 2 La risposta non è stata rinvenuta.

174 1 Vedi D. 179 e nota 2.

174 2 Gruppo mancante.

174 3 Per la risposta vedi D. 183.

175 1 Si tratta in realtà del T. riservato personale 4224/4919 inviato in pari data, alcune ore prima, per il quale vedi D. 174.

176 1 Vedi D. 161.

177 1 Il telegramma era indirizzato anche al Comando Supremo, alle ambasciate a Londra, Madrid, Parigi e Washington, alle Sezioni militare e marina della DICP, al generale Bongiovanni a Rodi, alla legazione di Atene, al consolato in Grecia, all’alto commissariato a Costantinopoli, ai consolati a Smirne e Adalia ed al comandante in Albania, generale Piacentini.

178 1 Il testo del presente telegramma fu trasmesso con i TT. 2392/420, 2391/421, 2375/422 del 30 luglio.

179 1 Ed. in A. Giannini, I documenti, pp. 27 sgg.

179 2 L’accordo fu in realtà firmato il 30 luglio, anche se la sua datazione ufficiale è quella qui indicata.

180 1 Ed. con alcune varianti, in DBFP, vol. IV, pp. 34 sgg.

180 2 Vedi D. 30.

181 1 Non pubblicata.

181 2 Vedi D. 143.

182 1 Trasmesso da Bucarest con T. 2512 del 3 agosto.

182 2 Vedi D. 164.

182 3 Vedi D. 165.

182 4 Non rinvenuto.

182 5 Gruppo mancante.

183 1 Vedi D. 174.

184 1 Vedi D. 169.

186 1 Vedi DD. 175 e 176.

187 1 Per la risposta vedi D. 190.

188 1 La comunicazione fu trasmessa in pari data, su esortazione di Luzzatti, anche al sottosegretario Sforza (con T. Gab. personale 2939), con in calce la seguente richiesta di istruzioni: «Luzzati vorrebbe anche conoscere quale atteggiamento sia conveniente tenere nella questione del processo all’Imperatore di Germania. Alcuni commissari fra cui Stoppato vorrebbero fare approvare alla Camera un ordine del giorno contrario al processo. Finalmente Luzzati ha vivamente sollecitato immediato invio del funzionario da aggregare alla Commissione circa il quale le ho già telegrafato oggi stesso».

188 2 Per la risposta vedi D. 190.

189 1 Il documento reca a margine la seguente annotazione datata 2 agosto ed a firma Vannutelli Rey: «Conforme a quanto suggerisce Borghese, sarei d’avviso di non dar seguito alcuno alla proposta Allizé. Timeo Danaos…».

189 2 Tittoni rispose con T. 1118 del 5 agosto, non pubblicato, dando le seguenti istruzioni: «Continui pure conversazioni con Allizé, ma si astenga dal fare qualsiasi proposta e dichiarazione in proposito».

190 1 Al riguardo vedi D. 188.

191 1 Si tratta verosimilmente della linea Enos-Midia. Vedi al riguardo il resoconto della seduta del Consiglio Supremo del 31 luglio in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 434 sgg.

191 2 Per la risposta vedi D. 197.

193 1 Vedi D. 230.

195 1 T. urgente 4963 del 30 luglio, non pubblicato, con il quale Tittoni informava che a causa di una indisposizione non avrebbe potuto essere a Londra come previsto prima del mercoledì successivo, vale a dire il 6 agosto.

196 1 Per la risposta vedi D. 198.

197 1 Vedi D. 191.

198 1 Vedi D. 196.

199 1 Vedi D. 140.

200 1 Non è stata rinvenuta alcuna traccia di tale comunicazione.

200 2 Vedi D. 202.

201 1 Vedi D. 166.

201 2 Imperiali rispose con T. 2491/1141 del 6 agosto, non pubblicato, con il quale comunicava di aver ricevuto da Graham precise assicurazioni su di un passo compiuto a Belgrado nel senso indicato da Tittoni. Il medesimo Tittoni inviò copia di questo telegramma alle ambasciate a Parigi e Washington (con T. 1139 dell’8 agosto), sottolineando la convenienza di pratiche simultanee di quei rispettivi Governi presso il Governo serbo a conferma del punto di vista italiano. Per il seguito della questione vedi D. 286.

202 1 Vedi D. 213.

203 1 Si tratta del T. riservato 4277/5035 del 2 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni aveva riassunto la discussione svoltasi nel Consiglio dei capi delegazione del giorno precedente.

203 2 Nella riunione del giorno 1 era stata data lettura di un telegramma con il quale il Governo tedesco prospettava «timore che immediata consegna colpevoli disgreghi esercito» e potesse quindi suscitare in Germania «una rivolta in senso bolscevico».

203 3 Per la risposta vedi D. 205.

204 1 Del 28 luglio, con il quale Sforza aveva trasmesso a Galanti con relative istruzioni il T. 2483/1083, per il quale vedi D. 166.

205 1 Vedi D. 203.

207 1 Nitti rispose con T. riservato personale 4320/36 del 5 agosto, non pubblicato, con il quale dichiarava di «trovare oltremodo opportuna la progettata visita a Bruxelles e di essere certo che essa sarebbe valsa a dissipare il dannoso raffreddamento constatato nei rapporti tra Italia e Belgio».

208 1 Vedi D. 204.

208 2 Gruppo mancante.

208 3 Nota 662 del 25 luglio, trasmessa da Manzoni a Parigi con T. posta 18207 del 6 agosto, non pubblicata.

209 1 Cosa che fu fatta il giorno 6 di quello stesso mese.

209 2 Per il seguito della questione vedi D. 218.

210 1 Vedi D. 202.

213 1 Vedi D. 202.

215 1 Non rinvenuta.

218 1 Vedi al riguardo D. 209.

219 1 Vedi D. 214.

219 2 Vedi D. 223.

220 1 Vedi D. 204.

220 2 Per la risposta vedi D. 241.

221 1 T. riservato personale 4332/5127 del 6 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni riferiva circa le questioni trattate nella seduta del Consiglio Supremo del giorno precedente.

222 1 Vedi D. 217.

223 1 Vedi al riguardo D. 225.

224 1 Gruppo mancante.

224 2 Vedi D. 199.

225 1 Vedi al riguardo D. 161.

225 2 Vedi al riguardo D. 223.

226 1 Vedi D. 225.

227 1 T. riservato personale 4345/5151 e T. riservato personale 4356/5182 rispettivamente del 7 e dell’8 agosto, non pubblicati, con i quali Tittoni aveva comunicato a Nitti il resoconto delle sedute del Consiglio Supremo tenutesi in quelle due giornate.

227 2 Esse erano elencate nel telegramma di Tittoni del 7 agosto (per il quale vedi nota 1) e prevedevano la consegna da parte dell’Ungheria di tutto il materiale bellico prodotto dalle sue fabbriche, l’equipaggiamento per 300.000 uomini, il 50% del suo materiale ferroviario, il 30% del suo bestiame e delle macchine agricole, rilevanti quantità di derrate alimentari.

228 1 Vedi D. 223.

229 1 Con T. 2466/979 del 4 agosto, non pubblicato, Lodi Fè aveva dato notizia dell’arrivo a Costantinopoli di una missione americana guidata da Charles Crane, il quale aveva accennato alla possibilità dell’assegnazione di un mandato sull’Asia Minore a favore della Francia, della Gran Bretagna o degli Stati Uniti, ma non dell’Italia.

230 1 Vedi DD. 133 e 193.

230 2 Per la risposta di Nitti vedi D. 267.

232 1 Vedi D. 222.

234 1 Del 9 agosto, non pubblicato, ed. in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 845 sgg.

234 2 Non pubblicati.

235 1 Vedi DD. 225 e 226.

236 1 A seguito di questa informazione Nitti, con T. riservato 4402 del 12 agosto, non pubblicato, espresse il proprio compiacimento nei termini seguenti: «Sono lieto che Lloyd George abbia preso iniziativa di una gita a Parigi per conferire teco. Mi sembra che ciò confermi sue buone disposizioni a nostro riguardo».

237 1 Non rinvenuta.

237 2 Vedi serie sesta, vol. III, D. 847.

237 3 Non pubblicata.

238 1 Vedi D. 199.

238 2 Gruppo mancante.

240 1 Vedi D. 236.

241 1 Vedi D. 220.

242 1 Si tratta del T. riservatissimo 2501/1707 spedito da Vienna alle ore 12 e pervenuto a Parigi lo stesso giorno alle ore 18.

242 2 Analoghe istruzioni furono inviate in pari data da Tittoni a Borghese con T. 1150 bis, e con T. 1152 bis a Mombelli a Budapest, con la seguente aggiunta: «Azione personale di V.E. dovrà quindi essere diretta a dissipare completamente nei rumeni impressione che tradizionale fraterna amicizia italo-rumena siasi affievolita a vantaggio dell’Ungheria; d’altra parte è necessario che ungheresi si convincano essere una loro stretta intesa con Romania la migliore politica da seguire».

242 3 Cosa che fu fatta da Sforza con il T. 272 del 14 agosto, non pubblicato.

243 1 La si veda in FRUS, PPC, vol. VII, pp. 689 sgg.

243 2 Gruppo mancante.

246 1 Si tratta quasi certamente di Nicolas Mishu.

246 2 Gruppo mancante.

246 3 Nitti rispose con T. riservato 4493 del 17 agosto, non pubblicato, prospettando anche l’eventualità che Grassi andasse direttamente a Bucarest per trattare egli stesso le concessioni con il Governo rumeno.

248 1 Per il seguito della questione vedi il D. 255 e per la risposta di Nitti il D. 249.

249 1 Il riferimento è al D. 248

250 1 Gruppo mancante.

250 2 Per la risposta vedi D. 273.

250

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. 3126/5238. Parigi, 13 agosto 1919, ore 23(perv. il 14).

[…] assolutamente necessario dopo l’arrivo a Parigi di Lloyd George io abbia un colloquio Clemenceau. Quest’ultimo partirà da Parigi domani giovedì e vi ritornerà il 21 corrente. Prego V.E. pertanto adoperarsi colla maggiore premura affinché la venuta Lloyd George qui coincida col ritorno di Clemenceau. Si tratta di cose della massima importanza riguardanti questione adriatica giunta oramai al punto decisivo. La presenza di Lloyd George trattative segrete indispensabili perché Clemenceau […]1 divenuto interamente favorevole a noi conta di concertarsi con lui per influire su […]1. Non basterebbe che Lloyd George desse istruzioni a Balfour il quale è di temperamento troppo freddo2.

251 1 Per il seguito della questione vedi D. 256.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4437/5239. Parigi, 13 agosto 1919, ore 23(perv. ore 8 del 14).

Data attitudine americana, malgrado serbi non siano ancora risoluti, riterrei utile far riprendere conversazioni jugoslavi. Mi risulta confidenzialmente che questi lo desidererebbero. Pregoti far avvertire subito Quartieri e Bensa di trovarsi a Parigi lunedì prossimo1.

252 1 Vedi al riguardo D. 250.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservatissimo personale 4438/5240. Parigi, 13 agosto, 1919, ore 23(perv. ore 0,14 del 14).

Prima della seduta della Conferenza è stato da me White il quale mi ha detto che Polk nella riunione di ieri in cui si trattò questione adriatica, non volle dire cose che pur espresse nella forma che la stima e simpatia che ha per me gli avrebbe suggerito, mi sarebbero riuscite sgradite. Per ciò aveva pregato White che ha con me maggior intimità di dirmelo confidenzialmente. E White non ha fatto che ripetere la dichiarazione che già venne a farmi altra volta ed io ti trasmisi e cioè che Wilson non intendeva fare la benché minima concessione e rimaneva fermo nel volere la soluzione della questione adriatica da lui indicata prima della sua partenza da Parigi. Dopo aver espresso a White la mia meraviglia che Wilson rispondesse con così irriducibile intransigenza al mio spirito conciliativo al quale tutti i colleghi, assenziente Polk stesso, avevano reso omaggio, ho detto a White di chiedere a Polk di ripetere testualmente queste dichiarazioni nella nuova riunione per le cose adriatiche che terremo appena che sarà tornato Clemenceau e che io mi riservavo di considerare risposta che avrei dato. Prima che egli mi lasciasse gli ho riassunto così la situazione: «Io ho fatto e sto facendo tutto il possibile per giungere ad una soluzione conciliativa e invece voi volete che io mi sottometta ad una imposizione». White mi ha espresso il suo vivo rammarico non avere l’autorità per modificare le decisioni di Wilson e mi ha parlato di larghi compensi in Asia Minore, ma quando io gli ho prospettato la questione dell’Asia Minore come si presenta in seguito ai colloqui da me avuti al riguardo con Polk, Clemenceau e Balfour, egli si è trovato molto imbarazzato. Ho veduto poco dopo Clemenceau: dopo di essersi sfogato con parole veementi contro la prepotenza di Wilson che impedisce agli alleati di Europa di risolvere amichevolmente tutte le questioni che li interessano mi ha pregato di non tenere parola ad alcuno delle dichiarazioni di White e mi ha detto che appena tornato parlerà con Polk, sopratutto si metterà d’accordo con Lloyd George per telegrafare a Wilson in modo da fargli comprendere la ferma volontà della Francia e della Inghilterra di regolare le questioni italiane con soddisfazione se non completa, almeno relativa dell’Italia stessa. Io gli ho fatto osservare che intanto i giorni passano e se il 25 la Conferenza si prorogherà, io non potrò fare a meno di tornare in Italia ed il 28 mi troverò in una posizione imbarazzante di fronte alla Camera dei deputati italiana che riprende il suo lavoro. Clemenceau mi ha risposto egli conta prima del 25 di risolvere la questione ma io non ho uguale sicurezza né posso dividere la fiducia che egli ha cercato di ispirarmi quando lasciandomi mi ha detto: «io credo che tutto si accomoderà». Intanto io telegrafo a Imperiali affinché si adoperi colla maggiore premura perché la venuta di Lloyd George qui coincida col ritorno di Clemenceau poiché io terrò molto ad avere un colloquio decisivo con tutti e due insieme1.

253

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’ AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. 1162. Roma, 13 agosto 1919, ore 23.

In un colloquio avuto con r. incaricato d’affari in Praga, Masarik si è dimostrato recisamente contrario all’idea di una Confederazione danubiana, in favore della quale si cerca di far propaganda da alcuni ex uomini politici austriaci, soprattutto il Lammasch, appoggiato, come è noto, da Francia ed Inghilterra.

In una Confederazione danubiana, ha detto Masarik, lo Stato cecoslovacco non potrebbe occupare quel posto preminente cui pure ha diritto per l’alto sviluppo culturale ed economico raggiunto. Sia sotto il rapporto politico che sotto il rapporto commerciale, industriale, ecc., la funzione direttiva verrebbe riassunta da Vienna, città già all’uopo preparata e godente di ogni sorta di appoggi interni ed esterni. Masarik si è dichiarato ugualmente contrario all’unione doganale con gli altri Stati danubiani, pur mostrandosi desideroso di stringere con essi degli accordi di carattere economico.

Quanto precede per opportuna notizia dell’E.V. avvertendo che da parte nostra consideriamo come contrario agli interessi italiani ogni progetto di Confederazione danubiana.

254 1 T. 2526/1722 dell’8 agosto, non pubblicato, con il quale Borghese aveva riferito di aver avuto una conversazione con Cunningham nel corso della quale quest’ultimo aveva caldeggiato la possibilità che si giungesse alla costituzione di una Federazione danubiana comprendente Austria, Ungheria e Croazia e, in un secondo momento, la Boemia meridionale. Borghese aveva risposto di non aver «precisa conoscenza del pensiero del Governo» al riguardo, ma che «distacco della Croazia dalla Jugoslavia» avrebbe potuto facilitare la «sistemazione della questione adriatica».

254 2 Non pubblicati.

254 3 Vedi a tale ultimo riguardo il D. 253.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,E ALL’INCARICATO D’AFFARI A PRAGA, LAGO

T. 1165. Parigi, 13 agosto 1919, part. ore 0,55 del 14.

(per Vienna) Suo telegramma n. 17221.

(per Praga) Suoi telegrammi nn. 367 e 3682.

(per entrambi) Da parte nostra consideriamo come contrario agli interessi italiani ogni progetto di Confederazione Danubiana.

(per Vienna) Per Sua opportuna informazione, aggiungo che Masarik in un recente colloquio con r. incaricato affari in Praga si è dichiarato decisamente ostile all’idea di una Confederazione danubiana, nella quale, egli ha detto, la Boemia sarebbe certamente sacrificata a tutto vantaggio dell’Austria e di Vienna3.

255 1 Vedi D. 248.

255 2 Con T. 4441/5355, in pari data e ugualmente diretto a Nitti, Schanzer confermava quanto comunicato da Tittoni scrivendo: «In questo momento e dopo dichiarazioni Polk andrei incontro sicuro insuccesso che potrebbe pregiudicare questione la quale deve essere ripresa al più presto possibile e nella cui soluzione definitiva ho fiducia. Parto quindi per Italia come ti telegrafai e sarò da te lunedì mattina ». Per la risposta di Nitti vedi D. 257.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4440/5354. Parigi, 14 agosto 1919, ore 12(perv. ore 15).

Facendo seguito al mio telegramma di ieri riguardante colloquio Schanzer con Polk1 sono d’avviso che in questo momento insistenze di Schanzer presso banchieri americani per un accordo sarebbe [sic] non solo inutile ma anche dannoso. Ritengo che trattative con banchieri americani potranno essere utilmente riprese soltanto quando saranno chiarite questioni politiche2.

256 1 Vedi D. 251.

256

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4447. Roma, 14 agosto 1919, ore 21,30.

Tuo telegramma 52391.

Ho veduto stamane maggiore Bensa che lunedì mattina sarà Parigi con Quartieri. Credo utilissimo riprendere vigorosamente conversazioni con jugoslavi. Ciò è reso necessario da contegno degli americani e trova ambiente favorevole nei jugoslavi dopo restaurazione monarchica Ungheria.

257 1 Vedi D. 255.

257

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4445. Roma, 14 agosto 1919, ore 21,50.

Tuo telegramma 53541.

Convengo inutile insistere ora per accordi con banchieri americani. Mancando però aiuto Tesoreria nostri acquisti diventano estremamente difficili e bisognerà che trattative siano riprese rapidamente energicamente appena chiarite questioni politiche.

258 1 Vedi D. 245.

258

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4446. Roma, 14 agosto 1919, ore 22.

Tuo telegramma 53141.

Vedo vi furono osservazioni per Albona. Data importanza nazionale e carbonifera distretto di Albona credo opportuno ricordare quanto segue anche se, come son certo, ti è noto. Wilson disse: «tutte le belle terre che guardano ad occidente e che sono ad ovest dello spartiacque saranno italiane». Albona è nella parte orientale dell’Istria ma si trova occidente anche dell’ultimo spartiacque in cui culmina il Monte Maggiore. Infatti da Albona si vedono Pola, Rovigno, ciò che non accade dal resto della costa orientale. A parte dunque tutte considerazioni strategiche, storiche, morali che militano tutte per noi, rimane fatto essenziale per Wilson che le sue stesse dichiarazioni dovrebbero farci dare Albona. Ricordo che i minatori socialisti di Albona han fatto adesione all’Italia e che piccolissima città di Albona ha mandato venti volontari nostra guerra.

259 1 Vedi DD. 252 e 247.

259

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4448. Roma, 14 agosto 1919, ore 22,20.

Tuoi telegrammi 5240 e 53171.

Sono molto contento dei reali progressi realizzati nei rapporti con Francia e Inghilterra e del contegno amichevole di Clemenceau. Tutto ciò che era possibile fare hai fatto e te ne siamo riconoscentissimi. Malauguratamente contegno Wilson non pare che muti e si rischia non riuscire. È anche pericoloso lungo rinvio perché anche tutte questioni finanziarie e approvvigionamenti rimangono insolute. Nuovo Governo italiano sta dando prove grande fermezza e moderazione e dovrebbe avere appoggio maggiore anche da Stati Uniti. Ordine pubblico è ormai perfetto, tutte misure restrittive sono scomparse, le assemblee legislative dan prova mirabile disciplina. Capisco avversioni di qualche mese fa ma perché ora? Sarebbe veramente assai grande fortuna avere decisione prima giorno 25 non solo per lavori parlamentari ma per ragioni ordine finanziario e negoziazioni per approvvigionamenti. Se del resto sospenderai lavori giorno 25 non ho nessuna preoccupazione parlamentare. Camera è già estremamente tranquilla e sola discussione che può essere torbida sarà per responsabilità inchiesta Caporetto dove soffiano dentro amici Giolitti e socialisti. Ma anche questa discussione son sicuro mantenere e fare senza gravi inconvenienti. In conclusione fa tutto quello che nella tua nobile coscienza di italiano credi utile all’Italia. Non ti preoccupare del Parlamento. La nostra situazione ci permette ora affrontare ogni battaglia.

260 1 Del 13 agosto, non pubblicato, con il quale Nitti riferiva circa il rinvio della discussione sul progetto di riforma relativo alla composizione del Senato in senso parzialmente elettivo.

260 2 Il riferimento è all’approvazione da parte del Senato della riforma che modificava in senso proporzionale la legge elettorale. Si vedano al proposito Atti parlamentari, Camera dei Senatori, legislatura XXIV, I sessione (1913-1919), Discussioni, tornata del 14 agosto 1919, pp. 5449 sgg.

260

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4456/5376. Parigi, 14 agosto 1919, part. ore 1 del 15(perv. ore 8,50).

Tuo telegramma n. 44241.

In tutti questi ambienti politici approvazione riforma2 è giudicata come un tuo grande successo personale. Mi compiaccio tuo intervento al comitato segreto del Senato e giudico opportuno rinviare riforma. Oggi mi sono molto interessato per affrettare la necessaria procedura affinché la firma del Trattato con l’Austria possa aver luogo il 25 corrente, giorno in cui la Conferenza si prorogherà, a quel che pare, per tre settimane. Tale caso il Trattato potrebbe essere presentato alla nostra Camera il 28 o poco dopo se dovesse attendersi per la stampa.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 5377. Parigi, 15 agosto 1919, ore 8,40.

Essendo Marconi stato compagno di giovinezza di Polk l’ho mandato da lui per ripetergli le ragioni per le quali Wilson dovrebbe essere più condiscendente con noi, sentire se Polk è disposto ad agire all’uopo presso Wilson e nell’affermativa se ha fiducia nella tua azione. Polk si è dichiarato pronto a fare ancora un tentativo presso Wilson e non esclude che questi possa fare qualche piccola concessione, ma dubita molto che sia di natura tale da appagarci. Ha concluso che desiderava avere un altro colloquio con me presente Marconi ed è stato deciso che domani ci troveremo a colazione insieme. Inutile dirti che non dimenticherò alcun argomento che possa giovare alla nostra causa. Parlando della questione economica, Polk ha ripetuto ciò che già aveva detto a Schanzer, e cioè che questa è connessa alla questione politica, ma non già nel senso che il Governo americano fa divieto ai banchieri americani di trattare con noi se prima le cose politiche non sono definite, ma nel senso che i banchieri stessi se non ha luogo questa definizione, temono che l’Italia abbia a trovarsi lanciata in avventure che comprometterebbero le garanzie che essa può dare.

262 1 Parola mancante.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 5378/4461. Parigi, 15 agosto 1919, ore 10,50(perv. ore 13,17).

Imperiali mi telegrafa che il capo Gabinetto di Lloyd George gli ha comunicato che mercoledì prossimo egli si recherà in Francia in una località vicina a Le Havre e che appena giunto colà si metterà in comunicazione con me per fissare data e modalità convegno. Lloyd George aveva già detto a Imperiali che desiderava discorrere con me lungamente e tranquillamente. Capo di Gabinetto ha aggiunto che per ciò egli ritiene che m’inviterà ad andare a passare una serata […]1 con lui. Però ignoro se dopo Lloyd George verrà a Parigi.

263 1 Vedi D. 262.

263

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4465. Roma, 15 agosto 1919, ore 20,15.

Sono lieto tuo incontro con Lloyd George1 e confido che azione di Polk e quella di Lloyd George e Clemenceau possano rendere Wilson più cedevole. Per noi è necessario pensare alla situazione finanziaria e alimentare e se tutto si potesse convenientemente definire prima del 25 sarebbe vera fortuna. Credo che argomento degli americani che Italia possa trovarsi lanciata in avventure se pace non è conclusa con accordo jugoslavi ha vera efficacia sullo spirito americano. Tutto dunque spinge a definire se nostra dignità sarà salvaguardata e vitali interessi tutelati.

264 1 Nitti rispose con T. riservato 4479 de1 16 agosto dichiarandosi assai soddisfatto di quanto comunicatogli da Tittoni, precisando tuttavia: «Tutto dipenderà da quanto vorrà fare Wilson. Nazionalisti tenteranno qualche violenza a Fiume ma io sto prendendo tutte precauzioni e credo eviteremo maggiori inconvenienti».

264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale 4469/5410. Parigi, 15 agosto 1919, part. ore 0,40 del 16(perv. ore 6).

Ho avuto stamane lungo colloquio con Tardieu, il quale mi ha detto che Clemenceau prima di partire gli aveva dichiarato di volere assolutamente risolvere la questione adriatica prima del 25 corrente e nel modo più favorevole all’Italia, adoperandosi con la maggiore premura per vincere la resistenza americana. Tardieu ha fiducia che una pressione fatta contemporaneamente da Clemenceau e Lloyd George su Wilson potrà modificarne le disposizioni a nostro riguardo. Tardieu mi ha soggiunto che tanto lui quanto Clemenceau si preoccupano della necessità che trovandomi io a Roma durante la discussione Trattato con la Germania, possa fare alla Camera soddisfacenti dichiarazioni, perciò Tardieu sta lavorando affinché prima del 25 possa essere definita la questione di Eraclea. Egli sta studiando varie forme le quali però devono tutte avere lo stesso risultato cioè che a noi pervenga il carbone di Eraclea al puro prezzo di costo dell’estrazione. E poiché quando da principio io chiesi le miniere di Eraclea domandai anche che fosse assicurata all’Italia una concessione nei giacimenti petroliferi dell’altipiano armeno, Tardieu si adopererà perché anche a questo riguardo io possa dare alla Camera una formale assicurazione. Tardieu vedrà Clemenceau prima del colloquio che, appena tornato, deve avere con Polk. Tardieu mi ha ripetutamente detto di contare sull’appoggio incondizionato di Clemenceau, il quale gli ha confidenzialmente comunicato che cercherà di ritardare se gli sarà possibile, la soluzione della questione della Tracia affinché sia risoluta in precedenza la questione adriatica1.

265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4474/5412. Parigi, 15 agosto 1919, part. ore 0,45 del 16(perv. ore 10).

Sono stato a colazione con Marconi e Polk col quale mi sono poi lungamente intrattenuto. La questione adriatica è stata esaminata sotto tutti gli aspetti ed io gli ho dato tutte le spiegazioni che egli desiderava e che confortano la nostra tesi. L’impressione di Polk è stata favorevole tanto che se egli avesse avuto i poteri necessari ritengo che oggi stesso avremmo firmato l’accordo. Egli non ha potuto obiettare nulla alla richiesta del triangolo di Assling per mettere in parità di posizione la ferrovia di Trieste con quella di Fiume, né ha fatto eccezione alle garanzie per la italianità di Fiume. Ha detto anche che apprezzava le ragioni per le quali insistevamo per avere il distretto di Albona e l’isola di Cherso riconoscendo che la neutralizzazione del Quarnero insieme a quella della costa dalmata garantiva contro temuti ostacoli da parte nostra al libero transito pel porto di Fiume. Ha detto invece di non essere convinto della nostra richiesta di portare il confine dello Stato libero di Fiume fino alla ferrovia e di chiedere per noi il distretto di Istria che è interamente sloveno, visto che alle necessità militari da noi accampate risponde esaurientemente la neutralizzazione dello Stato cuscinetto di Fiume che garantirebbe nel modo più assoluto Trieste e Pola da qualunque attacco. Per Zara con la vicina isola di Urica, Polk vorrebbe la dichiarazione di città libera, ma conviene che si dovrebbe dare il mandato o il protettorato all’Italia. Quanto al mandato politico in Albania ha dichiarato che ignorava quale fosse il pensiero di Wilson, però per parte sua era favorevole, salvo l’esame delle frontiere. Polk ha concluso che stasera rileggerà le istruzioni lasciate da Wilson circa la questione adriatica, domani e dopo domani durante il viaggio che faremo insieme mi dirà se e quali proposte crede di poter raccomandare a Wilson. Dalla conversazione con Polk si dovrebbe trarre auspicio piuttosto favorevole ma io sono ancora molto dubbioso perché quando Polk ha parlato di Wilson si è mostrato timorosissimo di incorrere nella sua disgrazia presentandogli proposte che possano non piacergli.

266 1 Riferimento mancante.

266 2 Tittoni rispose con T. per corriere 029992/4111 del 26 agosto da Parigi scrivendo: «Condivido pienamente le giuste osservazioni di V.E. nella questione dell’Asia Minore. Sarà mia cura parlarne con Lloyd George appena possibile».

266

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. per corriere 1577/1180. Londra, 15 agosto 1919.

Nel colloquio di ieri, ad un accenno mio alla situazione in Turchia lord Curzon disse cagionargli essa grave preoccupazione, specie nei riguardi dell’Armenia, dove, mentre le potenze stavano a discutere, le cose precipitano ed i più serii avvenimenti sono da paventarsi da un momento all’altro. Situazione appariva Sua Signoria piena di pericolose incognite, al punto da inspirargli dubbi sulla prudenza ed opportunità delle disposizioni oggi in massima prevalenti a Parigi di attendere cioè il responso americano, prima di accingersi alla sistemazione del problema turco, che invece sembra a lui richieda urgente regolamento.

Ad una mia osservazione - più volte fatta al sig. Balfour - nel senso cioè che le tre potenze alleate potranno forse in futuro rimpiangere amaramente le loro insistenze per indurre l’America ad impiantarsi solidamente nel Mediterraneo, rispose Sua Signoria che in favore di questa tesi militano serie considerazioni. Egli però considera che agli alleati tutti riesce, tutto compreso, giovevole che anche gli americani si addossino oneri e responsabilità nel contribuire all’assetto generale ed al suo consolidamento pacifico in avvenire. Intanto, non era il caso di dilungarsi in una discussione, per oggi, ancora ipotetica. Non replicai quindi. Per parte mia però mantengo integralmente il mio modo di vedere, forse errato, ma frutto di radicato mio convincimento. Proseguendo lord Curzon aggiunse che questo ambasciatore di America, manifestandogli giorni fa un’impressione meramente personale, gli aveva confidato che, a suo parere, il Governo americano potrà consentire tutt’al più ad accettare un mandato ristretto su Costantinopoli od altra regione. Lord Curzon, per conto suo, crede invece che, pur non desiderandolo, l’agitazione nel Congresso e nel popolo in favore dell’osservanza scrupolosa della dottrina di Monroe finirà per trionfare sulle vedute del presidente, e che, allo stringere dei conti, l’America rifiuterà ogni mandato. E ciò porrà in grave imbarazzo le tre potenze, nessuna delle quali se la sente di andare a cacciarsi nel ginepraio armeno.

A proposito delle incognite che tuttora presenta la sistemazione dell’ex-Impero Ottomano, un generale inglese specialmente competente nelle materie di cui ha ad occuparsi per dovere d’ufficio, manifestava ieri vedute sensibilmente collimanti con quelle esposte nell’articolo del Times da me segnalato col tel. n. [...]1. Re dell’Hedjaz, diceva egli, è persona debole e non capace di tradurre in atto i noti suoi piani ambiziosi di dominio su un gran Regno Arabo. Meglio quindi varrebbe egli si contenti di regnare sul suo Hedjaz. Del pari, per oggi almeno, ipotetica e fantastica gli appare la costituzione della famosa confederazione degli stati arabi, qui in passato tanto vagheggiata e caldeggiata. Chiestagli a questo punto quale a suo credere sarebbe la sorte finale delle città siriache, Aleppo e Damasco, attualmente oggetto di acrimoniose controversie e recriminazioni francesi, rispose che, per quanto gli arabi detestino e detesteranno sempre intensamente i francesi – cui darebbero eventualmente filo da torcere – egli non sapeva concepire, per quanto concerne questo paese, altra soluzione all’infuori dell’appagare le brame francesi, lasciando loro tutta la Siria e lavandosi le mani per ogni conseguenza futura. Riteneva per contro difficile appagare supremamente le ingiuste ambizioni francesi in Cilicia, contro le quali del resto gli armeni si ribellano con massima energia. Ad un’analoga mia interrogazione, generale rispose in modo da lasciarmi impressione che la questione della Siria formi in questo momento a Parigi oggetto di segreto negoziato tra i Governi di Francia e di Gran Bretagna. Dalla coincidenza fra le anzidette vedute e quelle del Times, si potrebbe forse trarre la non irragionevole illazione che l’articolo del giornale abbia ad interpretarsi come il preludio ad un eventuale mutamento delle vedute britanniche, ad un avvicinamento progressivo a quelle francesi.

V.E. che è sul posto possederà senza dubbio più precisi elementi di informazione al riguardo.

L’argomento ha per noi, per quanto in via indiretta, precipua importanza. Una volta raggiunto l’accordo franco-britannico, resteremo allo scoperto noi soli, che, per quanto io sappia, non abbiamo ancora fissato il titolo legale per l’attribuzione definitiva, sotto una forma qualsiasi, di quella parte dell’Anatolia, cui vantiamo diritto in base all’art. 9 del patto di alleanza. Onde è che, conscio come ben sono della speciale sollecitudine di V.E. per una soddisfacente soluzione della questione, io vorrei permettermi di attirare tutta la sua benevola attenzione sulla necessità da me ravvisata di venire a chiare e precise spiegazioni con Lloyd George. Al quale siccome ho più volte ma invano insistito in passato presso il predecessore di V.E., occorre una buona volta dichiarare in modo categorico che noi insistiamo più che mai sui diritti acquisiti in base all’art. 9 e vogliamo una buona volta sapere in qual modo gli alleati – l’Inghilterra in capite listae – intendano fare onore ai loro impegni.

Quale che sia il modus procedendi che V.E. ritenga di adottare per venire a termine di questa eterna e spinosa questione, sarebbe a mio subordinato parere, sotto ogni aspetto, sconsigliabile di presentarsi all’Inghilterra con domande concretate in previo accordo con la Francia. A prescindere dalla mia convinzione irradicabile sui gravi inconvenienti che per noi presenta in tesi generale il servirsi di Parigi nel discorrere con Londra, l’esperienza di quindici anni mi ha insegnato che ogni qual volta abbiamo fatto causa comune con la Francia, in controversie anche minori con l’Inghilterra, ci siamo sempre trovati male, perché i francesi, all’ultimo momento, si sono intesi alle nostre spalle, col solo risultato per noi di favorire la loro tendenza fondamentale poco simpatica alla perfetta intimità italo-britannica2.

267 1 Vedi D. 230.

267

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. riservata 10310. Roma, 15 agosto 1919.

Ti ringrazio per la tua lettera dell’8 corrente1, riguardante le questioni albanesi.

Condivido totalmente il tuo pensiero circa l’opportunità di delegare un alto funzionario civile presso il Governo di Durazzo e credo oltremodo opportuno di iniziare senz’altro gli studi per la costituzione di una gendarmeria locale.

Rimane però sempre grave il problema economico poiché mi sembra evidente che per far vivere una così vasta Albania noi dovremo per lunghi anni assumere un gravissimo onere finanziario.

268

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale T. 4476. Roma, 16 agosto 1919, ore 10,55.

Qui si ripete che qualche membro della Delegazione e principalmente Scialoja abbiano detto che io spinga verso una rapida conclusione della pace mentre si potrebbe ottenere assai più temporeggiando. Credo notizia destituita di ogni fondamento tanto più che io ho fatto [sic] che rimettermi interamente al tuo giudizio. Tue dichiarazioni in Senato erano contro esauriente e logorante rinvio. In ogni modo ti ripeto sempre che mi rimetto a te che conosci meglio di tutti la situazione e che sei meglio condizione giudicarla.

269 1 Si tratta del T. 2586/1790, pervenuto il giorno 14 agosto.

269 2 Con T. 1181 bis dello stesso 16 agosto, non pubblicato, Tittoni assicurò Borghese di aver dato adeguata diffusione alle informazioni da lui fornite.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, BONIN LONGARE,E AL COMMISSARIO POLITICO A BERLINO, ROGERI DI VILLANOVA

T. 1181. Parigi, 16 agosto 1919, ore 12.

Commissario politico in Vienna mi telegrafa quanto segue in data 13 corrente:

«Da buona fonte mi viene riferito che dietro invito Governo serbo, Abraham e Horthy, rispettivamente presidente e ministro della Guerra cosiddetto Governo Szeged si sarebbero ultimamente recati Belgrado dove avrebbero avuto promessa di armi e munizioni per azione contro i rumeni. Stesso informatore assicura essere stato iniziato a tale scopo arruolamento volontari provincie sud-est ungheresi e nella sola città Szeged essersi presentato primo giorno ben quindicimila volontari contro rumeni»1. Questo atteggiamento del Governo di Szeged costringe R. Governo a prendere posizione contro di esso. Dopo avvento del nuovo regime a Budapest Governo di Szeged non ha più ragione di esistere tanto più che si compone di reazionari e non fa che fomentare intrighi e lotte civili2.

Per Parigi solo: V.E. vorrà cogliere prima occasione per intrattenere Pichon al riguardo.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI,E A PARIGI, BONIN LONGARE

T. riservato 1186. Parigi, 16 agosto 1919, ore 12.

R. incaricato d’affari a Bucarest mi ha segnalato ripetutamente atteggiamento di diffidenza dell’opinione pubblica romena verso nostra politica che viene tacciata di ambiguità per appoggio dato alle rivendicazioni bulgare in Dobrugia e soprattutto per presunta fornitura di armi che nostre autorità avrebbero fatto a bolscevichi Ungheria contro scambio oggetti d’arte.

Senza entrare a discutere del merito di tali insinuazioni infondate occorre in ogni occasione smentire vivamente voci relative ad ingenerare in ogni ambiente rumeno convincimento che amicizia dell’Italia per la Romania è sincera, profonda ed effettiva.

Per Esteri Roma:

Occorre pure che vengano rese più intense relazioni commerciali fra i due paesi, nonché più rapide e sicure quelle telegrafiche e postali e promosse quelle intellettuali, non trascurando propaganda a mezzo stampa italiana e rumena.

271 1 Copia di questo telegramma fu inviata lo stesso 16 agosto a Tittoni, a Parigi, unitamente al rapporto n. 6 di Di Robilant, con la seguente richiesta: «Ti prego di farmi sapere telegraficamente se, ora che è terminata l’inchiesta, ti sembra opportuno di concedere a Grazioli una licenza per ragioni di salute, oppure se credi preferibile di attendere ancora».

271 2 Il rapporto 74 F/6 del 4 agosto di Di Robilant forniva spiegazioni circa due documenti redatti e distribuiti diffusamente dall’Ufficio Propaganda della 3ª Armata miranti ad aizzare i soldati italiani contro gli alleati e che, anche a suo giudizio, contribuivano a creare uno stato d’animo di esaltazione pericoloso. Secondo le informazioni raccolte da Di Robilant, il Comando della 3ª armata e quello di Fiume non ne sarebbero stati a conoscenza. Il rapporto ricostruiva inoltre gli incidenti italo-francesi, ipotizzando che la degenerazione degli eventi fosse stata causata da agenti provocatori.

271

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI,E AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, DIAZ

T. riservato urgente 103611. Roma, 16 agosto 1919.

Ho attentamente letto il rapporto n. 6 di S.E. Robilant e gli allegati che vi sono annessi2. Ne ho tratto nuova conferma di quanto sin dall’inizio appariva purtroppo evidente: il Comando della Terza Armata ed il Comando di Fiume anziché dare ai propri dipendenti esempio di misura e di sangue freddo, prevenendo quelle istruzioni impartite con tanta avvedutezza e chiaroveggenza da S.E. Diaz (a cui accenna il generale Robilant nel suo rapporto) hanno creduto opportuno di svolgere un’avventata azione di propaganda politica ed hanno omesso di prendere le necessarie misure atte a garantire il mantenimento dell’ordine. Così i due Comandi sopra indicati hanno contribuito a costituire quello stato di esasperata esaltazione che doveva fatalmente produrre dolorosi e tragici incidenti. La pubblicazione nel notiziario della Terza Armata di articoli ostili agli alleati va giudicata come atto avventato e scorretto; l’invio di tali notiziari ai reparti inglesi è poi imperdonabile prova di cattiva educazione, pienamente in contrasto colle tradizioni di gentilezza che sono vanto del nostro esercito e del nostro popolo. Il redattore del notiziario doveva certo risponderne presso un capo ufficio, e questo doveva ricevere istruzioni dal capo di Stato Maggiore della Terza Armata. Vi sono dunque responsabilità che è necessario appurare, misure disciplinari che devono essere prese. Gradirò esserne informato.

Ora s’intende per quali ragioni il Comando della Terza Armata ed il Comando di Fiume si dimostrarono così aspramente ostili, sin dall’inizio, all’opera del generale Robilant.

Momenti assai delicati sono da prevedersi in un non lontano avvenire: ancora una volta sarà richiesto all’Esercito ed in particolar modo alle truppe dislocate in zona di occupazione, di dimostrare l’impareggiabile spirito di abnegazione che tuttora le anima. Ma è necessario prendere sin d’ora le indispensabili misure precauzionali: un’accorta opera di propaganda deve essere svolta nei Comandi e nei reparti, fra gli ufficiali e fra i soldati; gli ufficiali che hanno svolta una azione politica devono essere subito allontanati dalla zona di armistizio; tutti devono intendere, ed a tutti si deve far intendere, quale nobile esempio saprà dare l’Esercito italiano dimostrando che solo forse fra tutti gli eserciti europei, esso ha saputo ancora conservare totalmente intatta la sua antica e ferma disciplina.

272 1 Vedi D. 271.

272

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4480. Roma, 16 agosto 1919, ore 20,30.

Stamane in Comitato guerra abbiamo discusso smobilitazione e si è deliberato procedere rapidamente e smobilitare subito parecchie leve. Ho comunicato tuo telegramma a Diaz e Albricci1. Abbiamo discusso questione Albania. Onere finanziario è enorme e insopportabile e risultati nulli. Situazione creata impone mantenere ingenti forze troppo superiori potenzialità economica nostro paese. Per raggiungere quale risultato? Urgerebbe definire nella Conferenza al più presto i confini dell’Albania e la sua posizione giuridica così potremmo proporzionare mezzi allo scopo. Anche Diaz chiede che si solleciti una soluzione definitiva dalla Conferenza tenendo presenti interessi italiani. Ma occorre rimediare questo vero disastro finanziario che minaccia avendo un programma che ora manca.

273 1 Vedi D. 250.

273

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservatissimo per corriere 1182/1579. Londra, 16 agosto 1919.

Telegramma di V. E. n. 52381.

Ieri ebbi con lord Curzon un lungo colloquio. Gli spiegai i motivi che rendono, all’ora presente, d’imperativa necessità una esauriente conversazione tra V. E. ed il primo ministro. Gli feci presente che tale conversazione non può essere più oltre differita. V. E. deve il 26 corrente al più tardi lasciare Parigi per partecipare alle sedute del Parlamento che si riapre il 28, ed al quale V. E. deve fare dichiarazioni sulla politica estera. Occorre quindi che Lloyd George appena giunto in Francia si metta subito in comunicazione con lei e prenda gli opportuni accordi. Sua Signoria presa nota delle date da me indicategli mi assicurò avrebbe riferito la mia comunicazione al primo ministro di cui confermò partenza per la Brettagna mercoledì prossimo, salvo imprevedute circostanze. Dopo di che pregai lord Curzon di ricordare al primo ministro, prestandomi suo autorevole appoggio, quanto io a varie riprese ho avuto occasione in questi ultimi tempi di significargli; e cioè: che è venuto il momento psicologico di cancellare quel sentimento di freddezza e di irritazione indubbiamente esistente in Italia, per la fondata impressione che tutti, io per il primo, si ha che nelle passate nefaste controversie di Parigi il Governo britannico nostro alleato ed amico ci ha dato con la “cold shoulder”. A quanto mi è stato riferito, in questi passati giorni debbono aver avuto luogo costì scambi di vedute per una soluzione della questione adriatica. Clemenceau mostrasi, a quanto pare, animato dalle migliori disposizioni. Occorre quindi che a concretare siffatta soluzione concorra con la speciale chiaroveggenza ed energia sua, anche Lloyd George: occorre che nazione italiana sappia che finalmente i suoi alleati, l’Inghilterra segnatamente, le si sono messe affianco per sostenere validamente le sue ragioni ed i suoi destini. Ignoravo i termini della discussione, ma conoscendo per lunga esperienza la sagacia, la praticità e la moderazione di V. E. e del presidente del Consiglio, ero sicuro che le nostre proposte sono inspirate da spirito eminentemente conciliativo. Ero però ugualmente sicuro che esse rappresentano un minimo, al di sotto del quale nessun ministro responsabile italiano potrebbe andare, senza esporsi al biasimo solenne e concorde del Parlamento e del paese. Su questo punto fondamentale nessun dubbio è ormai possibile. Se pertanto agli alleati ed associati sta a cuore di venire ad un regolamento del problema adriatico, in condizioni stabili e durature, occorre proposte di V. E., quali che esse sieno, vengano sostenute con energia, in modo da affrettare in base alle medesime l’accordo generale e definitivo. In caso diverso – è vano dissimularselo – il problema rimarrà allo statu quo, contrariamente ai desideri degli alleati ed associati, e con danno degli stessi jugoslavi. Nell’esaminare la questione, ritengo si debba da tutti, ma in modo più speciale dagli alleati, avere in mente due considerazioni: 1) che la nazione italiana, conscia dei veramente enormi sacrifizii di sangue e di danaro sostenuti per la causa comune, e conscia pure del suo contributo efficacissimo alla vittoria generale, non ammette di vedere oggi ridotti, oltre il minimo compatibile con la tutela dei suoi molteplici interessi morali e materiali, gli scopi precipui di sicurezza e di vita per i quali essa entrò volontariamente in guerra; 2) che per quanto si possa almanaccare e contestare, nulla può distruggere la circostanza fondamentale che croati e sloveni sono stati dal ‘48 in poi i nostri più implacabili nemici e tali, malgrado tutto, sono rimasti durante l’ultima guerra. È quindi umano e naturale che a noi italiani debba cagionare profonda amarezza la premurosa sollecitudine degli alleati ed associati a favore gli interessi [sic] di quei in oggi ancora nemici, ed a scapito grave dei nostri. Queste osservazioni, da me già ripetutamente rivolte al signor Balfour a Parigi, ripetevo oggi a lui, di mia esclusiva personale iniziativa e per semplice scrupolo di coscienza. Pregavo lord Curzon di riferirle al primo ministro, il quale, conoscendo, siccome assai sovente ha avuto la bontà di dire, purità delle mie intenzioni vorrà valutarne il motivo e tenerle in debito conto. Lord Curzon, statomi attentamente ad ascoltare, senza sollevare la minima contestazione, e presi alcuni appunti, disse avrebbe fedelmente riferito al primo ministro quanto io gli avevo esposto, aggiungendo con grande cortesia, che a quest’ora io dovrei essere edotto dei sentimenti del Governo britannico a mio riguardo, e del simpatico apprezzamento degli sforzi incessanti miei, per consolidare sempre più l’amicizia di due paesi. Lord Curzon sapeva che in questi passati giorni si era ripreso in esame il problema adriatico, non aveva però ricevuto da Parigi particolari al riguardo, né aveva avuto occasione di discorrerne in questi ultimi tempi col primo ministro.

274 1 Vedi al riguardo D. 234.

274

LA SEZIONE MILITAREDELLA DELEGAZIONE ITALIANA ALLA CONFERENZA DELLA PACE

Promemoria. Parigi, 16 agosto 1919.

Le conclusioni della Commissione di inchiesta1 rappresentano un notevole vantaggio per il punto di vista italiano, specialmente se messe a raffronto con esigenti richieste dei delegati alleati, ed in special modo con quella del delegato inglese e del delegato francese.

Alcune di esse tuttavia sono tali che la loro pubblicazione urterebbe certamente la suscettibilità dell’amor proprio nazionale, affetto in questo momento da ipersensibilità acuta per quanto ha tratto colla questione di Fiume.

E ciò a tutto svantaggio delle cordiali relazioni franco-italiane, tanto più che le stesse clausole non soddisferebbero appieno l’opinione pubblica francese.

Parrebbe quindi interesse comune procrastinare la pubblicazione di cui sopra di quanto tempo sarà necessario poiché altre questioni più importanti assorbano l’attenzione e le passioni popolari.

Se poi in questo frattempo sopragiungesse la soluzione del problema adriatico anche quelle, tra le proposte, che a noi possono riuscire meno accette o cadrebbero di per sé stesse o riuscirebbero, all’attuazione pratica, una pura formalità.

È da osservare a tal proposito che:

1) Dati i provvedimenti di indole generale in corso per la smobilitazione degli eserciti alleati:

a) la forza del contingente italiano di Fiume va assottigliandosi rapidamente per modo che, fra breve, si ridurrà naturalmente ai sei battaglioni voluti dalla Commissione;

b) la base francese di Fiume è già sin d’ora in via di scioglimento, per effetto dello scioglimento (già iniziato) dell’Armata francese di Ungheria la cui esistenza soltanto giustificava la esistenza della base stessa;

c) è inverosimile che le autorità francesi procedano a sostituzioni di personale in una base che è in liquidazione: d’altra parte le operazioni varie inerenti a tale liquidazione sono assai lunghe: è quindi da ritenere che i francesi, anche volendolo, non potranno allontanare da Fiume gli ufficiali e la truppa implicati nei fatti di luglio; l’inadempienza da parte francese ad una delle clausole proposte ci autorizza a fare altrettanto e cioè a non sostituire sia il generale Grazioli sia la brigata Granatieri per un tempo abbastanza lungo durante il quale è prevedibile che il generale Grazioli riceverà altra destinazione conforme al suo grado ed anzianità ed è possibile che la questione adriatica riceva una qualsiasi soluzione.

2) L’inchiesta giudiziaria, per quanto non siamo tenuti a comunicarne i risultati agli alleati, sarebbe pur sempre cosa assai delicata perché implica una certa pubblicità che avrebbe sicuramente ripercussioni pericolose sull’opinione pubblica italiana; parrebbe quindi opportuno classificare anche questo provvedimento tra quelli da postergare quanto più possibile.

3) Data la preoccupazione dimostrata chiaramente dagli inglesi e dagli americani di crearsi una larga popolarità tra la popolazione commerciale di Fiume, è probabile che i rispettivi Governi non si affrettino troppo a reclamare l’assunzione a loro carico della polizia locale e la soppressione del battaglione fiumano.

4) sarebbe invece nostro interesse prevenire le decisioni della Commissione perciò che riguarda le elezioni del Consiglio nazionale, perché se tali elezioni avvenissero sotto il controllo esclusivo del Comando Italiano, e sopratutto conle attuali liste anteriori alla guerra, segnerebbero sicuramente un’affermazioned’italianità.

5) Sarebbe pure opportuno, non fosse altro che a riprova della nostra buona volontà, liquidare subito i danni alle famiglie dei militari uccisi (quasi tutti annamiti).

Riassumendo e concludendo parrebbe opportuno:

1) Procrastinare la pubblicazione delle conclusioni della Commissione d’inchiesta;

2) Accelerare in modo da prevenire l’attuazione delle conclusioni stesse per quanto concerne:

a) elezione del Consiglio Nazionale di Fiume;

b) liquidazione danni alle famiglie dei militari francesi uccisi.

3) Avvenga o meno la pubblicazione di cui al predetto n. 1:

a) ritardare qualsiasi provvedimento relativo a riduzione delle truppe e a sostituzione di comandanti di reparto;

b) ritardare l’inchiesta giudiziaria.

275 1 T. riservato 1119 da Londra, pervenuto il 31 luglio a Roma, era stato ritrasmesso a Nitti con T. per corriere 02747/184 del 12 agosto, non pubblicato. Imperiali aveva riferito di un colloquio con un influente funzionario inglese, il quale si era lamentato della scarsa popolarità della quale godeva il suo Paese in quel momento in Italia. Egli aveva poi manifestato l’avviso che occorresse rafforzare su basi realmente salde le relazioni italo-inglesi.

275

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,ALL’ AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. riservato personale 4494. Roma, 17 agosto 1919, ore 12,40.

Suo telegramma 1119 comunicatomi da ministro Esteri1.

Non esiste in Italia corrente contro Inghilterra, esiste bensì senso di dolore e quasi di sgomento perché essendo Italia entrata liberamente in guerra e avendo sopportato maggiori sacrifici e avuto maggiori pericoli, vede dopo la guerra quasi un senso di indifferenza negli alleati. Ammettendo anche tutti errori dei miei predecessori non è a negare che alleati non si rendono conto dispiacere e sorpresa che producono in Italia atteggiamenti contrari ad aspirazioni nazionali o anche di poco interessamento nostre condizioni economiche. Italia supererà tutte difficoltà attuali. Ordine pubblico è ora eccellente e spero far trionfare vasto programma di produzione e lavoro. Sono contento parole Lloyd George a mio riguardo e confido che rapporti fra nostri due paesi dopo fase attuale diventeranno sempre più amichevoli.

276

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI,

T. riservato personale 4496. Roma, 17 agosto 1919, ore 13,10.

Stamattina ho lungamente parlato di te con S.M. il Re e gli ho detto quante difficoltà hai vinto e come la tua opera sia stata benefica per il Paese e quanti errori abbia riparato. Egli era in perfetto consenso di opinioni e mi incarica dirti che più di tutti apprezza quanto hai fatto, riconosce tutto il merito della tua opera e confida continuerai con la stessa fede e con lo stesso vigore. Ha voluto egli stesso che queste cose io ti riferissi perché nelle incertezze, nelle ansie di queste ore tu senta di essere seguito con simpatia da chi può meglio e più autorevolmente giudicare il tuo sforzo.

277

IL CAPO DELL’UFFICIO STAMPA DELLA DELEGAZIONE ITALIANAALLA CONFERENZA DELLA PACE, GIANNINI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4515. Parigi, 18 agosto 1919, ore 10,30.

Prego fare mettere particolare rilievo seguenti informazioni stampa.

Principio seduta ieri on. Tittoni ha fatto rilevare Consiglio Supremo che sono ormai trascorsi due mesi dalla firma del Trattato. È vero che Conferenza ha lavorato attivamente e tenute lunghissime sedute per occuparsi nuove e gravi situazioni sorte qua e là nei nuovi Stati creati od in quelli coi quali non è stata ancora fatta pace. Puossi dire che Conferenza bene o male che abbialo fatto ha in questo periodo governato Europa però non è questo compito principale che opinione pubblica tutti paesi esige da essa, né quello che da essa specialmente attendevasi. Quello che popoli ormai impazienti lunga attesa vogliono è che affrettisi conclusione tutti Trattati. Quindi Tittoni ha espresso avviso che se Conferenza non vuol esporsi ad essere severamente giudicata non debba separarsi senza aver firmato Trattato pace con Austria, risoluta questione adriatica e presentati Trattati pace Ungheria e Bulgaria. Essi anche doluto che non possa essere preparato Trattato Turchia per rinvio ad ottobre questioni Asia Minore. Causa assenza Clemenceau Conferenza ha deciso che questioni sollevate da on. Tittoni siano discusse seduta giovedì. Sonosi intanto sollecitate commissioni che esaminano osservazioni Delegazione austriaca al Trattato pace perché nella mattinata giovedì presentino loro conclusione in guisa che Conferenza possa esaminarle e approvare nella seduta pomeridiana e nella sera stessa possano essere consegnate Delegazione austriaca alla quale prefiggerassi termine giorni cinque che fu già assegnato Germania per firma Trattato pace.

278

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA, MILLO

T. riservato personale 4502. Roma, 18 agosto 1919, ore 11,20.

Questione dalmata non può essere giudicata separatamente dalle altre. Situazione dell’Italia è assai grave e occorre uscire dalle attuali incertezze e rimettersi al lavoro di produzione altrimenti tutto può pericolare. Nostri rappresentanti Parigi fanno quanto possibile per buona definizione nostri diritti nostre aspirazioni ma situazione è assai difficile. Ritardo nulla definisce anzi aggrava. Non vedo possibilità definire questione valuta dato regime legale vigente. Raccomando fare ogni opera temperanza per calmare animi. Faremo quanto è in noi perché dignità interessi nazionali popolazioni siano salvaguardati. Duca Abbruzzi [sic] ha chiesto lasciare la Marina e si trasferisce Benadir.

279 1 È in realtà del 29 luglio. Vedi D. 177.

279 2 Gruppo mancante.

279

IL PRIMO SEGRETARIO AD ATENE, NANI MOCENIGO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2648/1228. Atene, 18 agosto 1919, ore 15(perv. ore 13 del 19).

Telegramma di V.E. 1070 del 30 luglio1. Questi Ministeri Affari Esteri, Interno e Guerra hanno diramato circolare a tutte le autorità dipendenti per annunziare ripresa di cordiali rapporti con Italia e l’accordo avvenuto fra V.E. ed il signor Venizelos. Ordini vengono eseguiti e mi risulta che amicizia con l’Italia si predica nelle caserme, chiese, scuole e municipi. E autorità sono divenute più concilianti.

La stampa che al principio fu diffidente e riservata ora si lascia andare a scrivere secondo la tradizionale attrazione dei due popoli e mostra anche di rendersi conto dell’accresciuto prestigio del nome italiano. Partito venizelista è persuaso della cosa in sé e del grande interesse che costituiva per il signor Venizelos l’intesa con V.E. Ritengono generalmente sia assicurato alla Grecia Epiro settentrionale senza Argirocastro, Dodecaneso senza Rodi e la zona in Anatolia senza Aidin. I realisti ci portano qualche rancore essendo ormai patente e dannoso al partito che la crisi costantiniana rappresentò un grave pericolo per le aspirazioni elleniche a vantaggio delle nostre. Temono inoltre che abbandoniamo la causa dell’indipendenza e sovranità della Grecia lasciandola completamente nelle mani delle due potenze protettrici. Il Governo sembra tenga a sottolineare i mutati rapporti specialmente alla periferia ed in Anatolia nell’intento probabilmente di atteggiarsi di fronte ai turchi nella stessa nostra veste e di mettere noi davanti ai turchi […]2 propri piedi. Anche il signor Diomedi per ben tre volte mi ha a questo proposito espresso il convincimento che finiremo per avere coi turchi le stesse difficoltà che hanno i greci e mi ha citato casi di ufficiali e soldati in Anatolia che qui non risultano finora confermati. Ad ogni modo si è felicemente ottenuta una détente generale che era indispensabile specialmente dopo gli eccessi della propaganda […]2 ellenica e che prepara terreno per ulteriore intesa come per lo sviluppo della nostra influenza politica culturale e commerciale.

280

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4508. Roma, 18 agosto 1919, ore 20.

Non desidero esercitare alcuna pressione sul tuo spirito, voglio solo sottoporti necessità affrontare nettamente situazione. Giorno 25 saranno sospesi lavori Conferenza, giorno 28 si riapre Camera e tu dovrai essere qui nulla giustificando lontananza. Dovrai dire situazione come è, tanto più che si deve discutere anche Trattato con Germania. Due soluzioni hai: o Trattato con Austria sarà sottoscritto e questione adriatica sarà risoluta oppure tutto rimane statu quo. Tu devi giudicare se il tempo è per noi o contro noi. Ho impressione che Francia, Inghilterra assecondino benevolmente nostre richieste adriatiche ora che tutto è compromesso. Avere migliorato rapporti è bene e sarà sempre di grande beneficio ma avere illusioni è male. Intanto la situazione aggrava e Inghilterra nega perfino piccoli crediti già concessi. Governo americano non può dar nulla ma banchieri americani a lor volta non danno nulla fin quando situazione non appare chiara e Italia non dà sufficienti garanzie sicurezza. Il tempo è per noi? Questo è tutto il quesito, tu sai nostra situazione e il tempo è certamente contro di noi. Ciò che in materia di rivendicazioni territoriali non otteniamo oggi, potremo ottenere domani quando difficoltà alimentari e industriali per mancanza di crediti saranno più grandi? O cederemo domani con umiliazione? Io sono disposto sopportare ogni dolore per salvare il nostro Paese e disposto ad affrontare ogni difficoltà. Ma dobbiamo con alto spirito fare una valutazione serena degli avvenimenti. Rinviare quando non abbiamo alcuna probabilità di migliorare può essere la rovina. Considera tutto e decidi con energia pari alle difficoltà. Io sono completamente solidale in quanto farai. Non dobbiamo alimentare però alcuno equivoco né cedere ad alcuna debolezza. Farci guidare dagli avvenimenti e non cercare di dirigerli con un piano sicuro sarebbe una colpa; se nulla puoi ottenere di quanto desideriamo cerca almeno che la difesa dei nostri nazionali non manchi e ciò non ti sarà difficile.

281 1 Vedi D. 276.

281 2 Vedi al riguardo D. 277.

281

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4519/5493. Parigi, 19 agosto 1919, ore 13,20(perv. ore 16).

Tuo telegramma n. 44961.

Ti ringrazio sentitamente per le tue affettuose parole di incoraggiamento.Ti prego di esprimere a Sua Maestà la mia più viva riconoscenza pel confortoche anche egli mi porge in questo angoscioso momento. Polk mi ha detto cheessendo stato favorevolmente impressionato della mia esposizione2, ha telegrafato a Wilson. Giovedì chiederà a Clemenceau e Lloyd George che telegrafino anche essi.

282 1 Vedi D. 268.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4520/5494. Parigi, 19 agosto 1919, ore 13,20(perv. ore 16,10).

Suo telegramma n. 44761.

Scialoja è quotidianamente informato di tutto da me ed è con me pienamente solidale. Tuttavia oggi l’ho interrogato circa vantaggi che potrebbe offrire per noi rinvio soluzione adriatica. Mi ha risposto che crede necessaria una pronta soluzione.

283 1 Vedi al riguardo D. 277.

283

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4522. Roma, 19 agosto 1919, ore 17,15.

Ho preso tutte disposizioni perchè ordine sia mantenuto a Fiume e in Dalmazia in caso di soluzione non del tutto confacente desideri. Però Paese ha già nozione della situazione che abbiamo trovata. Mi è sembrata molto efficace la tua dichiarazione alla Conferenza1.

284 1 Vedi al riguardo D. 277.

284 2 Vedi al riguardo D. 282.

284

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4527. Roma, 19 agosto 1919, ore 19,10.

Sono lieto tue dichiarazioni e tua risoluzione sottoscrivere presto anche Trattato Austria1 e sono lieto che Scialoja desideri anche qui pronta soluzione2. Essendo già passati due mesi dalla nostra assunzione al Governo ogni ulteriore ritardo ci fa di fronte al pubblico ricadere nell’errore di Sonnino e aggrava nostra situazione.

285 1 Per la risposta vedi D. 288.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4533/5506. Parigi, 19 agosto 1919, part. ore 0,15 del 20(perv. ore 6,45).

Riassunto della seduta del Consiglio Supremo odierna:

1) Austria. Balfour in principio della seduta ha domandato la parola per proporre che contrariamente alla deliberazione presa siano ampliati i poteri al Comitato di coordinamento delle clausole da inserire nel Trattato con l’Austria-Ungheria per modo di permettergli la revisione delle clausole medesime, specialmente di talune che a detta del Balfour sarebbero sottoposte al Comitato di cui si tratta, senza che la Commissione le avesse in precedenza approvate. Che l’affermazione di Balfour non rispondeva alla verità ho chiesto a Pichon se ciò era esatto. Pichon ha risposto negativamente ed ha aggiunto che la questione era sorta in seguito all’atteggiamento assunto stamane al Comitato coordinamento dal delegato britannico il quale aveva dichiarato di considerare l’Austria come uno Stato nuovo, alla stessa stregua della Cecoslovacchia e della Jugoslavia e che pertanto bisognava sottoporre a revisione l’intero progetto del Trattato non applicabile ad un Paese che non poteva qualificarsi nemico. Ho preso nuovamente la parola in termini abbastanza vivaci per protestare contro questo punto di vista che faceva sì che la guerra da noi combattuta per tanti anni e con così gravi sacrifici di uomini e di denaro riducesse oggi l’Italia ad avere di fronte a sé un fantasma. Introdotto il Comitato di coordinamento ha parlato in suo nome Cambon il quale ha confermato le dichiarazioni di Pichon ed ha anche dimostrato con valide ragioni come sarebbe ingiusto non considerare l’Austria l’erede e la responsabile della ex monarchia austro-ungarica. Cambon ha infine ricordato come fin dall’arrivo della Delegazione austriaca a Parigi era stata sollevata al Consiglio dei Quattro la questione ora presentata dagli inglesi e che già allora su proposta di Wilson si era deliberato respingerla. Di fronte al nostro atteggiamento fermo, Balfour non ha sconfessata la tesi del proprio rappresentante; ha dichiarato di considerare anche da parte sua l’Austria quale stato separato ma nemico, ma ha insistito nell’idea di allargare i poteri del Comitato di coordinamento onde affrettare i lavori di elaborazione del Trattato. Ridotta la discussione in termini di semplice procedura è stato raggiunto l’accordo. Si è mantenuto al Comitato il suo carattere di coordinamento, lo si è soltanto autorizzato a ricevere annessi e, senza procedere a discussioni di merito, rapporti, che [sic] su determinate questioni a loro presentate da uno o più membri del Comitato stesso. Tali annessi se ve ne saranno verranno discussi soltanto dal Consiglio Supremo.

2) Sciopero in Alta Slesia. Sono giunti alla Conferenza nuovi telegrammi informanti di attacchi contro polacchi con serie minaccie pel bacino minerario di Garvin. Gli operai di Pless e altre regioni circostanti hanno disarmato le truppe tedesche. Il Governo polacco chiede l’invio di truppe alleate. Il generale Weygand interrogato da noi ha espresso il giudizio che l’istruzione preparata in seguito alle deliberazioni di ieri non sono più sufficienti oggi che si tratta non già di prevenire torbidi ma di ristabilire l’ordine turbato. Il generale ritiene che non sarebbe sufficiente neppure l’invio della divisione intera alleata destinata all’Alta Slesia trattandosi di una popolazione di oltre 300.000 persone in completa ribellione.

Si è stabilito di integrare le istruzioni al generale Dupont chiedendo telegraficamente esatte informazioni sulla situazione, il suo giudizio sulle misure da prendere e se sarebbe possibile accordarsi con gli operai per organizzare il lavoro minerario. Il movimento rivoluzionario dell’Alta Slesia potrà avere gravi conseguenze in Cecoslovacchia e Austria essendo sospeso ogni invio di carbone in quelle regioni.

3) Blocco colla Russia. Si è stabilito che i Paesi alleati e associati rifiuteranno la spedizione di merci e di vapori a destinazione dei porti bolscevichi, la trasmissione di corrispondenza telegrafica e postale per la Russia bolscevica, il visto ai passaporti e le operazioni di banca a favore di bolscevichi. Circa i Paesi neutri si è deciso di prendere con essi accordi analoghi a quanto in ciascun stato sia possibile. Alla Germania sarà chiesto di adottare misure identiche. Terminata la seduta ho fatto nuovamente rilevare ai colleghi, che sarebbe un vero scandalo che getterebbe nella Conferenza l’universale discredito, se questo si separasse senza avere firmato il Trattato con l’Austria e preparato gli altri Trattati. I colleghi hanno annuito ma il loro platonico assenso non mi assicura affatto. Debbo per giustizia rilevare l’attitudine di Pichon che è stata oggi nettamente ed energicamente a noi favorevole1.

286 1 Del 6 agosto, non pubblicato, con il quale Manzoni trasmetteva a De Martino la nota 662 del 25 luglio della legazione di Serbia a Roma, indirizzata a Sforza, relativa alla evacuazione delle truppe serbe dall’Albania.

286 2 Del 6 agosto. Una copia di tale telegramma fu poi da Tittoni inviata il giorno 8 agosto con T. 1139 alle ambasciate a Parigi e Washington insieme alle seguenti istruzioni: «Converrà pertanto interessare nuovamente codesto Governo potendo derivare da pratiche simultanee presso Governo serbo risultato conforme nostro punto di vista».

286 3 Vedi D. 201.

286 4 Per la risposta vedi D. 313.

286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. per corriere 02859. Parigi, 19 agosto 1919.

Mi riferisco telegramma posta a firma Manzoni n. 182071 con allegata risposta della Delegazione serba circa evacuazione truppe serbe da regioni albanesi entro frontiere 1913. Tale pratica pare debba ritenersi assorbita da passi inglesi presso Delegazione serba in Parigi, dei quali è cenno nel telegramma n. 1141 del r. ambasciatore in Londra2, che trascrivo «Telegramma di V.E. n. 11133. Graham mi ha detto oggi che codesta Delegazione britannica ha, per iscritto, insistito presso quella serba sulla necessità ritiro truppe serbe dalle note regioni albanesi. Presente telegramma ripetuto a Sforza.

Tuttavia prego farmi conoscere se è stato risposto o se si conta rispondere alla legazione serba in Roma4.

287 1 Vedi D. 258.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL DELEGATO DEGLI STATI UNITI D’AMERICAALLA CONFERENZA DELLA PACE, POLK

L. 02881. Parigi, 19 agosto 1919.

M. Nitti, to whom I have communicated the difficulties that have arisen as to Albona, has now telegraphed to me that he earnestly hopes Albona will be assigned to Italy1. He quotes Mr. Wilson’s own words: «all the beautiful lands looking to the West, which are situated to the west of the watershed line will be Italian» and adds that, although Albona is in the Eastern portion of Istria, it is to the west of the last watershed line that culminates in Mount Maggiore. So much so that from Albona one can look down on Pola and Rovigno whilst this could not be done from the remaining portion of Istria’s eastern coast.

Apart, therefore, from historical, moral and strategical considerations, which are all in our favor, M. Nitti thinks that Albona should be assigned to Italy according to the very words of the President.

Whilst communicating to you the above remarks of the Prime Minister I venture to add that the socialist miners of Albona have voted for their annexation to Italy and that Albona has sent 20 volunteers to fight in the Italian Army».

288 1 Vedi D. 285.

288

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4536. Roma, 20 agosto 1919, ore 17,35.

Tuo 55061.

Sono assai contento quanto hai risposto a Balfour. Si tratta di vera opera di insidia. Lodo anche moltissimo tuo fermo proposito non consentire che oltre si tardi firma Trattato con Austria. Avendo ormai rinviato Camera tre settembre ciò diventa anche indispensabile.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, DIAZ,E AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 5518. Parigi, 20 agosto 1919.

(per S.E. Sforza) Ho telegrafato quanto segue al capo di Stato Maggiore dell’Esercito:

(per entrambi) Ho disposto che Borghese lasci Vienna dove si recherà marchese Della Torretta mentre Cerruti ritornerà Budapest. Entrambi avranno per ora titolo commissari politici, saranno completamente indipendenti dalle r. autorità militari e avranno compito svolgere azione politica in Austria ed Ungheria giusta direttive loro impartite. Dovranno inoltre preparare sin d’ora graduale sistematico passaggio delle attribuzioni di carattere civile della Missione militare d’armistizio alle future rappresentanze diplomatiche. Prego pertanto V.E. impartire al generale Segre ed al capo della Delegazione militare in Budapest istruzioni nel senso seguente:

1) astenersi in avvenire svolgere qualsiasi azione politica propria deferendo ogni trattazione di tal genere ai due diplomatici;

2) consentire che questi direttamente o a mezzo di funzionari da loro dipendenti prendono conoscenza di tutta la corrispondenza delle Missioni militari per decidere quali mansioni da esse disimpegnate debbono passare subito alle loro dipendenze e quali solo più tardi;

3) consentire che gli ufficiali i quali disimpegnarono sinora mansioni civili le continuino sino a che sia provveduto diversamente in modo da evitare bruschi perturbamenti nei servizi con scapito nostro prestigio;

4) intrattenere con diplomatici amichevoli scambi di vedute inspirati alla più cordiale collaborazione.

Per quanto concerne rapporti fra generale Mombelli e Cerruti a Budapest prego V.E. informare Mombelli che egli riceverà da me istruzioni dirette circa sua azione come mandatario della Conferenza insieme altri generali alleati per applicazione clausole armistizio e rapporti col Comando militare romeno. Egli dovrà però informare Cerruti delle istruzioni ricevute e comunicazioni inviatemi.

Spetterà invece soltanto Cerruti compito svolgere azione politica officiosa verso Governo e partiti politici ungheresi ed informarmi al riguardo. Egli ricevette istruzioni mantenere con Mombelli costante scambio di vedute inspirato alla più cordiale collaborazione.

Prego pure V.E. impartire istruzioni generale Segre di disporre ove non sia già stato fatto per invio quotidiano corriere Vienna Budapest e viceversa.

290

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4544. Roma, 21 agosto 1919, ore 10,15.

Ho mandato alla firma decreto che proroga Camera 3 settembre. Dopo tua prima dichiarazione in Parlamento che bisognava definire presto, nulla definire dopo due mesi avrebbe prodotto grave impressione tanto più che tutti ritengono come te che tempo sia a tutto nostro danno data principalmente situazione alimentare e finanziaria gravissima. Prendo tutte disposizioni per la stampa.

291 1 Vedi al riguardo D. 295.

291

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4547. Roma, 21 agosto 1919, ore 13,55.

Consiglio Ministri riunito stamane con voto unanime voleva esprimere la sua fiducia e la sua solidarietà nella tua opera. Tutti hanno espresso convincimento che data gravità situazione economica, finanziaria e alimentare sia desiderabile che si venga a una soluzione definitiva nel più breve termine possibile anche per procedere alla smobilitazione. E’ anche convincimento di tutti i colleghi che ogni ritardo sia pericoloso1.

292

IL MINISTRO A BUCAREST, MARTIN FRANKLIN,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 2826/101. Bucarest, 21 agosto 1919, ore 17(perv. il 7 settembre).

Nella mia prima visita a Bratianu oggi egli mi ha ripetuto ciò che aveva più volte detto ad Auriti che cioè nostre simpatie per Romania erano rimaste troppo platoniche; egli aveva sperato di più dopo conversazione con V.E. del cui fine senso politico mi fece i più alti elogi, gli rincresceva però dire che finora non aveva realizzata speranza frutti più concreti; egli sapeva che l’opposizione veniva soprattutto da altre parti, ma avrebbe augurato da parte Italia azione più attiva in difesa interessi rumeni, invece doveva addirittura lagnarsi dell’attitudine di certe autorità italiane. Non intende ritornare sulla questione dei militari italiani in Bulgaria che avevano trattato i nemici vinti meglio che gli alleati vincitori, ma non poteva non lamentare l’attitudine autorità militari italiane Budapest che si erano condotte come se loro dovere fosse stato proteggere ungheresi contro rumeni. Bratianu formula lagnanze specialmente contro colonnello Romanelli dicendo esercito rumeno era stato dolorosamente impressionato nel trovare colonnello italiano avvocato conciliante protettore dei parlamentari ungheresi. Bratianu riconobbe però che l’azione dei generali Mombelli e Ferigo aveva poi contribuito a spianare le difficoltà. Bratianu si lamenta pure delle note della Conferenza che trattava quasi come nemica la Romania, la quale aveva invece preso un così grande servizio all’Intesa dissipando la minaccia comunista ungherese. Ammise che ultima nota era concepita in termini più concilianti. Il presidente si lagna che dopo aver annunziato di esaminare questione Bessarabia Conferenza nulla abbia deciso. Concluse ripetendo che la Romania desiderava intesa con Italia; comprendere desiderio italiani costituire alle spalle Jugoslavia blocco magiaro rumeno bulgaro, credere che Romania avrebbe potuto ottenere questa politica ma che, nell’opera ravvicinamento con Bulgaria e Ungheria, Italia dovrebbe sempre ricordare a questi due Stati che vero interesse principale era intesa colla Romania: Bulgaria e Ungheria dovevano essere in buona amicizia colla Romania per essere in buona amicizia con Italia. Non mancai di assicurare Bratianu che R. Governo ed in particolare V.E. a Parigi avevano fatto tutto il possibile in favore aspirazioni romene, che noi stessi non avevamo ottenuto ciò che legittimamente avevamo diritto chiedere, nonostante Italia avesse varie volte salvato fortuna Intesa, il che Bratianu riconobbe esplicitamente. Circa Bulgaria confida affermando che la buona intesa tra due Paesi si sarebbe stabilita; non si doveva esagerare episodio di alcuni militari e tener conto che molti ufficiali bulgari erano allievi delle scuole militari italiane. Pel Banato avevamo fatto quanto umanamente possibile e per Bessarabia poteva contare nostro franco appoggio. Circa Ungheria feci osservare Bratianu che noi abbiamo diritti derivati armistizio. Può darsi qualche nostro ufficiale abbia difeso questo diritto in modo da non piacere autorità militari Romania, ma forse questi avevano per i primi ecceduto, del resto egli stesso si era compiaciuto opera dei generali italiani. Bisogna tener conto anche ripercussione politica interna. Quanto noto affare ungherese, ero convinto influenza V. E. si era manifestata più nella ultima nota conciliativa che nella precedente. Al che Bratianu sorridendo mi disse aver nelle prime scorto stile Clemenceau, quantunque incaricato d’affari francese abbia accennato a redazione influenzata americani inglesi. Conclusi rinnovando Bratianu assicurazioni mie istruzioni erano lavorare sempre maggiore intimità italo-rumena. Bratianu ringraziandomi espresse speranza si possa presto realmente tradurre questo programma in campo pratico.

293

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4550. Roma, 21 agosto 1919, ore 20,20.

Ho tutto disposto con Diaz e Badoglio perché niuno incidente avvenga in occasione annunzio pace con Austria se essa non sarà quale si era fatta senza nessuna serietà credere. Sarà bene ogni notizia che possa avere ripercussione non sia pubblicata se prima io non ne sia avvertito.

Del resto il Paese è tranquillo e tutti desiderano uscire da questa situazione di attesa che è vero incubo.

294 1 Il pericolo cui Tittoni accennava era quello di un contrasto con Balfour sul tema di un eventuale alleggerimento delle riparazioni da imporre all’Austria, che avrebbe potuto far ritardare i lavori della Conferenza (vedi al riguardo D. 285). Il tema fu trattato da Tittoni con Balfour a margine della seduta del Consiglio Supremo del 20 agosto, il cui resoconto fu trasmesso da Tittoni a Nitti con T. riservato personale 4542/5224 del 20 agosto, non pubblicato.

294 2 Gruppo mancante.

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4554/5540. Parigi, 21 agosto 1919, ore 20,50(perv. ore 2 del 22).

Mie energiche dichiarazioni perché Conferenza non si proroghi senza avere prima definito Trattato pace ha avuto ripercussione favorevolissima in questo ambiente politico e giornalistico. Pertanto il pericolo che io già ti segnalai1 della possibilità di una proroga che lasciasse tutto in sospeso mi pare possa considerarsi definitivamente rimosso perchè l’opinione pubblica francese si è manifestata contraria a tale proroga. La discussione sulle questioni coloniali rimaste sospese per l’assenza del ministro Simon sarà ripresa in una conferenza che avremo lunedì mattina con Simon e Pichon ed ho fondata speranza di potere venendo in Italia partire [sic] se non l’accordo definitivo almeno le linee generali da comunicare alla Camera. Sono ormai poi sicurissimo di poter comunicare alla Camera l’accordo definitivo circa Eraclea. La difficoltà dell’accordo consisteva in ciò: assicurare il carbone a noi subito senza pregiudicare le questioni politiche e territoriali rimandate per dolorosa necessità di cose al prossimo ottobre quando potremo avere la risposta di Wilson. Questa difficoltà nella conversazione che ho avuto oggi con Loucheur delegato all’uopo da Clemenceau è stata completamente rimossa sulle basi tra noi convenute, che sulla produzione raggiungibile di tre milioni di tonnellate annue ne assicurerebbero due milioni all’Italia, riservandosi l’altro milione alla Turchia ed a cabotaggio del Mar Nero, Loucheur concreterà una formula che mi sottoporrà e che dovrà avere la sanzione della Conferenza in guisa che i due milioni di tonnellate annue ci siano assicurate in perpetuo. Poiché l’esposizione che dovrò fare alla Camera avrà luci ed ombre, riterrei opportuno di non parlare affatto adesso dell’affare di Eraclea e riservare l’annunzio insieme con quelli della soluzione delle altre questioni. Con Tardieu ho avuto stamane un lungo colloquio. Abbiamo prima discusso la questione dell’Asia Minore per vedere come potevamo premunirci contro il pericolo del mandato americano che specialmente per l’insistente pressione di Morgenthau, Wilson dovrebbe domandare per tutta la Turchia d’Europa e di Asia per l’Armenia turca e russa e per la regione transcaucasica russa. Tardieu dice tutto fa ritenere che questo piano colossale non avrà seguito per l’inevitabile riluttanza del Congresso americano. Avendogli io prospettato la necessità di un’intesa tra Francia e Italia egli mi ha risposto così: «È naturale che ristabiliti oggi i nostri rapporti intimi anche senza previe intese voi appoggiate le nostre domande in Asia Minore e noi le vostre, ma ciò poco potrà servire a voi e a noi se ci troveremo Wilson risolutamente contro. Nella questione adriatica siamo ormai d’accordo e voi potete contare sul nostro appoggio incondizionato, ma questo appoggio sarà per noi di scarsa utilità se non riusciremo insieme a persuadere Wilson».

Venuto così a parlare della questione adriatica, Tardieu mi ha detto essendo egli quello che in Francia meglio di ogni altro conosce la mentalità di Wilson per i rapporti avuti con esso, ha già cominciato a redigere il testo del telegramma che Clemenceau dovrà inviare a Wilson insieme con Lloyd George per indurlo a cedere nella questione adriatica. Lloyd George arrivato ieri sera nelle vicinanze di Trouville. Gli ho telegrafato oggi dandogli il benvenuto e dicendogli che ho molta premura di conferire […]2 pronto di andare da lui nel giorno che mi indicherà.

295 1 Vedi D. 291.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4558/5544. Parigi, 21 agosto 1919, part. ore 0,15 del 22(perv. ore 10).

Tuo telegramma 45471.

Sono gratissimo a te ed ai colleghi tutti per vostra affettuosa solidarietà. Dai telegrammi che t’invio tutti i giorni rileverai che lavoro da mane a sera per affrettare una soluzione. E’ il mio contegno energico che ha arrestato la minacciata proroga della Conferenza senza nulla concludere.

296 1 Il telegramma fu trasmesso in pari data anche al Ministero degli Esteri, con numero di protocollo 2734/481.

296 2 Non rinvenuto.

296

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2672/4821. Washington, 21 agosto 1919( perv. ore 10 del 22).

Conferenza di ieri alla Casa Bianca, di cui telegrafai in chiaro resoconto sommario e mando per posta resoconto stenografico2, non sembra avere corrisposto all’aspettazione del presidente che se ne riprometteva un trionfo clamoroso e rimane da parte sua nella più stretta intransigenza.

Wilson ha ammesso infatti soltanto che egli non si opporrebbe a talune dichiarazioni interpretative del Trattato, ciò che involgerebbe possibilità di ulteriori interpretazioni nelle ratifiche di altre potenze e il pericolo di dovere riaprire i lavori della Conferenza. Se determinazioni del Senato prendessero invece forma di una deliberazione in cui concordano ambo i rami del Parlamento americano, egli non vi si opporrebbe pur considerandole superflue. Wilson, stretto dagli avversari a dichiarare la portata degli obblighi derivanti agli Stati Uniti dal partecipare alla Lega delle Nazioni, si è trincerato dietro una distinzione fra obblighi morali e legali, fiero però che i primi pesano anche più dei secondi. E ciò rafforza l’opposizione all’articolo 10 del Covenant tanto più che dall’ammissione di Wilson che egli non conobbe se non a Parigi i trattati segreti conclusi in Europa durante guerra, i repubblicani traggano argomento per diffidare maggiormente delle complicazioni europee ed avvalorare la necessità delle loro riserve. L’opposizione alla Lega delle Nazioni ed alla cessione dello Schantung rimane pertanto intatta se non rafforzata. La tendenza di includere riserve nella ratifica sembra oggi più che mai destinata a prevalere.

297 1 Il telegramma fu trasmesso in pari data anche al Ministero degli Esteri, con numero di protocollo 2738/484.

297 2 Vedi D. 296.

297

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2679/4841. Washington, 21 agosto 1919(perv. ore 16 del 22).

Miei telegrammi 481 e 4822.

Nella conferenza tra Wilson e i senatori l’Italia ha figurato a più riprese. Una prima volta fu citata a mo’ di esempio per chiarire l’interpretazione all’articolo 10 della Lega. Un senatore chiese infatti al presidente se avvenendo che i territori assegnati all’Italia fossero assaliti da uno degli stati balcanici e concorrendo a giudizio del Consiglio della Lega e degli Stati Uniti le circostanze stabilite dall’articolo 10, gli Stati Uniti avrebbero dovuto concorrere alla difesa dell’Italia. Il presidente rispose che tale obbligo esisteva. Una seconda volta Italia fu citata nel tema della conoscenza dei patti segreti pure in via di esempio. Un senatore ricordando al presidente il riferimento al porto di Valona contenuto nel suo proclama agli italiani, gli chiese se egli avesse avuto visione del fatto che avrebbe assegnato Valona all’Italia. Il presidente rispose che aveva avuto cognizione di tale assegnazione ma che non ricordava avere veduto relativo accordo. Una ultima volta a proposito del Patto di Londra si citò l’Italia come il Paese la cui entrata in guerra occasionò la conclusione del Patto stesso.

298 1 Vedi D. 294.

298 2 T. 4555/5542 del 21 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni dava conto di quanto discusso nel corso di un Consiglio Supremo tenutosi il giorno 21 agosto. In tale occasione non erano stati affrontati problemi riguardanti direttamente l’Italia.

298

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato assolutamente personale 4560. Roma, 22 agosto 1919, ore 18,40.

Tuoi telegrammi 55401 e 55422.

Ti ringrazio vivamente notizie e partecipo interamente direttive. Nulla stanca più lungamente Paese che lunga attesa la quale fa sorgere speranze che pubblico aveva abbandonate. Quindi è ottima cosa tua ferma risoluzione risolvere ogni nostra controversia ora. Sono assai contento soluzione per Eraclea che sarà appresa assai bene. Risolute nostre questioni adriatiche potremo comunque avere più libertà movimento anche in materia coloniale e per quanto riguarda Asia Minore. Credo che notizie relative Eraclea che sarà bene tenere segrete saranno apprese grande soddisfazione.

299 1 Gruppo mancante.

299 2 L’originale del telegramma reca l’indicazione «cognome errato». Si tratta comunque, con tutta evidenza, di Ferdinando Quartieri.

299 3 Per la risposta vedi D. 301.

299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4564/5804. Parigi, 22 agosto 1919, ore 22,40(perv. ore 9 del 23).

Per rompere gli indugi della Conferenza occorre dare prova di energia e di pazienza insieme. Mentre Commissione coordinamento Trattato Austria aveva promesso presentare sue conclusioni ieri e poi aveva chiesto rinviare a domani, oggi ha fatto sapere alla Conferenza che il suo rapporto non potrà essere pronto sino lunedì. Così si sono perduti cinque giorni. Ancora non ho ricevuto invito Lloyd George. Clemenceau ha oggi parlato con Polk, ma lo ha trovato timoroso di Wilson. Clemenceau mi ha […]1 vari elementi per il telegramma che si propone inviare a Wilson appena io avrò parlato con Lloyd George. […]2 e Bensa tornati oggi da Londra hanno dovuto rompere le trattative coi jugoslavi perché questi, malgrado l’intervento di Steed in appoggio delle nostre proposte, hanno dichiarato la loro situazione interna non permetteva loro di accettarle e che preferivano attenersi alle decisioni di Wilson. Non potendo farsi grande assegnamento sull’azione di Polk perché è evidente che questi, malgrado le sue favorevolissime disposizioni a nostro riguardo, ha paura di dispiacere a Wilson, ultima nostra speranza è riposta nel telegramma che manderanno Clemenceau e Lloyd George3.

300 1 Non rinvenuta.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4567. Roma, 23 agosto 1919, ore 10,40.

Richiamo tua attenzione su nostra situazione Albania. È un vero disastro e occorre provvedere senza indugio. Forza attuale è settantamila uomini. Smobilitazione si arresta perché dati scopi guardare tutto fronte albanese contro greci e serbi occorre ai settantamila uomini dare larghi depositi anche per enormi perdite di malaria. Sono spese fantastiche. Ti mando copia lettera ministro Guerra1 che pure attenua verità. Spese superano qualunque immaginazione e malaria logora truppe. Bisogna a ogni costo e subito ritirare nostre truppe. Dovresti dalla Conferenza ottenere precisi impegni per quanto riguarda il confine che Serbia e Grecia non invadano territorio albanese. E dovremmo ritirare tutte nostre truppe limitandoci qualche battaglione se occorrerà e pochi carabinieri per misure ordine. Continuando ordinamento e spese attuali si va alla rovina. Tutto è stato fatto senza criterio e si spende senza giudizio anche per lavori pubblici pazzeschi. Ottenuta garanzia confine per fine mese dovremmo iniziare rapidamente ritiro truppe. Ti prego dare questione massima importanza.

301 1 Vedi D. 299.

301

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4569. Roma, 23 agosto 1919, ore 11,50.

Risposta 58041.

Credo necessario oramai venire soluzione perché ogni giorno che passa aggrava situazione e tue considerazioni confermano ciò. Se tu credi utile quando Lloyd George e Clemenceau telegraferanno a Wilson gli telegraferei anche io. So che ha le migliori disposizioni verso di me. In tal caso ti prego mandarmi testo telegramma da spedire. Se è inutile meglio non far nulla. Richiamo tua attenzione sopra mia circolare ai prefetti relativa situazione economica italiana. Stamane è riprodotta dai giornali. È situazione gravissima. Con nostre risorse economiche ogni resistenza è questione qualche settimana, ogni ritardo ci mette condizioni crescente inferiorità. Avremo domani meno di oggi e dopodomani meno di domani perché tutti sanno che nostro stato debolezza aumenta. Stesso contegno dei jugoslavi indica che essi intendono come tempo è loro favorevole. Non credo Polk farà alcuna pressione su Wilson. Non ha né intenzione né autorità e teme compromettere sua posizione.

302 1 Vedi DD. 300 e 301.

302 2 Gruppo mancante.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4576/5579. Parigi, 23 agosto 1919, ore 20,30(perv. ore 4 del 23).

Tuoi telegrammi 4567 e 45691.

Anche io sono preoccupato per la nostra situazione in Albania ed è perciò che ho compreso il regolamento della questione albanese nella soluzione del problema adriatico. Quando fossero dalla Conferenza fissati i confini dell’Albania e venisse a noi conferito il mandato, potremmo certamente ridurre il corpo di spedizione a diecimila uomini da ridursi gradatamente a due reggimenti. Lloyd George ancora non mi ha risposto. Clemenceau col quale anche oggi ho nuovamente conferito potrebbe telegrafare a Wilson lunedì o martedì al più tardi.

Però egli desidererebbe che Lloyd George firmasse anche lui il telegramma o ne inviasse a Wilson uno identico. Ritengo utilissimo che quando partirà il telegramma di Clemenceau e Lloyd George, abbi a telegrafare a Wilson, in conformità del desiderio che mi esprimi preparerò testo. Clemenceau oggi meravigliandosi del ritardo di Lloyd George a fissarmi un appuntamento si è espresso a di lui riguardo in termini molto amari affermando che per le questioni di Oriente più volte gli ha [...]2 di parola. Clemenceau dice che Lloyd George non verrà a Parigi perché vuole evitare di parlare con lui di tale argomento. Ha aggiunto che la parte di Balfour alla Conferenza può considerarsi meramente figurativa. Comprendo tutta la gravità della questione finanziaria e sono convinto di venire ad una soluzione, ma per raggiungere tal fine non saprei fare meglio o più di quello che sto facendo.

303 1Vedi D. 302.

303 2 T. riservato personale 4577/5582 del 23 agosto, non pubblicato, con il quale Tittoni trasmetteva a Nitti il resoconto della seduta del Consiglio Supremo tenutasi quel giorno. In quella occasione era stato deciso di intimare al Governo romeno di astenersi dal «requisire ed asportare materiale» ad opera delle sue truppe presenti in Ungheria e si era anche espresso parere contrario all’invio di armi alla Serbia. Il telegramma era partito alle ore 0,15 del giorno 24.

303

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4583. Roma, 24 agosto 1919, ore 20,45.

Tuoi telegrammi 55791 e 55822.

Sono gratissimo comunicazioni. Non posso che rimettermi al tuo sapiente giudizio essendo pienamente solidale in quanto farai. Il tempo è contro di noi ma tu solo puoi scegliere il momento per risoluzione.

304 1 Il memorandum fu redatto il 24 agosto e consegnato rispettivamente in lingua francese a Clemenceau quello stesso giorno, in lingua inglese a Balfour il 29 e a Lloyd George il 31 agosto.

304 2 Gli allegati non si pubblicano.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE, CLEMENCEAU,AL PRIMO MINISTRO BRITANNICO, LLOYD GEORGE,E AL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, BALFOUR

Memorandum Parigi, 24 agosto 19191.

La presente memoria riassume i vari problemi che costituiscono nel loro complesso la questione adriatica quale si presenta allo stato attuale delle trattative all’intento di conciliare le differenti tendenze che si sono manifestate in seno alla Conferenza su tale questione.

Detti problemi riguardano sostanzialmente:

a) lo Stato libero di Fiume;

b) il triangolo di Assling rivendicato dall’Italia;

c) la Dalmazia e le isole dalmate;

d) l’Albania.

Stato Libero di Fiume:

La Delegazione italiana nel caso che si debba venire alla costituzione di uno Stato libero fiumano, ritiene necessario:

1° salvaguardare l’italianità di Fiume;

2° sottrarre al dominio italiano alcuni distretti prevalentemente slavi;

3° assicurare una diretta comunicazione ferroviaria tra Fiume e il retroterra senza passare in territorio italiano.

I confini dello Stato Libero che potrebbero accettarsi dalla Delegazione italiana risultano dallo schizzo annesso (allegato 1)2. Essi differiscono alquanto nella parte ovest e nord dai confini proposti a suo tempo dalla Delegazione americana, poiché la Delegazione italiana deve conciliare il miglior raggiungimento degli scopi a cui tende la creazione dello Stato libero, colle necessità militari specie con quelle intese a garantire una relativa protezione alla città ed al porto di Trieste ed alla penisola istriana e al porto di Pola contro possibili offese militari da oriente.

Infatti la neutralizzazione perpetua dello Stato libero non è garanzia così assoluta che consenta all’Italia di rinunciare, in questa parte della sua frontiera, ad una linea di confine che sia militarmente ragionevole; poiché se anche questo Stato sarà in ogni circostanza geloso della propria neutralità, gli mancheranno per sempre le forze per respingerne una possibile violazione.

Sulla base di questo concetto fondamentale, il progetto della Delegazione italiana lascia all’Italia la conca di Idria, la regione di Senosenchia, Albona e l’Isola di Cherso, che il progetto della Delegazione americana voleva assegnare allo Stato libero fiumano. Insieme con Cherso l’Italia rivendica anche l’isola di Lussin.

La conca d’Idria è situata ad occidente della displuviale alpina ed è perciò geograficamente italiana. Sotto l’aspetto militare essa potrebbe costituire un comodo centro di raccolta per il nemico che da oriente volesse penetrare verso la linea dell’Isonzo a Tolmino; se ne è valso infatti molto abilmente l’esercito austro-germanico per l’offensiva dell’ottobre 1917.

Se la conca è ricca di mercurio e di foreste non sembra questa una ragione sufficiente per negarne l’assegnazione all’Italia. Nell’interesse della stessa regione, il togliere all’Italia la conca di Idria significherebbe allontanare le sue risorse dal mare (Idria - Trieste km. 70) (Idria - Fiume km. 120) con evidente svantaggio economico. Quanto all’interesse economico che lo Stato serbo-croato-sloveno potrebbe avere indirettamente per l’assegnazione di questa conca allo stato fiumano giova notare che la Jugoslavia possiede non lungi da Lubiana due giacimenti di mercurio e cinabro a Littai e S. Anna e le grandi foreste della Croazia.

La regione di Senosecchia se fosse assegnata allo Stato fiumano, rappresenterebbe un profondo saliente proteso verso Trieste, il cui confine disterebbe una ventina di km appena; condizione questa che per le regioni già dette, comprometterebbe la sicurezza di questo importantissimo porto adriatico; minaccia tanto più grave in quanto che la caduta di Trieste porterebbe seco l’isolamento di tutta la penisola istriana.

Le altre lievi differenze del confine occidentale dello Stato fiumano che qui si propone (schizzo allegato n. 1)2 e quello proposto a suo tempo dalla Delegazione americana, rispondono al concetto di dare a Trieste e all’Istria il minimo di protezione militarmente indispensabile, e cioè la linea Birnbaumer Wald - Monte Re - Monte Auremiano - Monte Pratica - Monte Sega e Gomila - Monte Maggiore, linea che si ritiene necessario venga lasciata in pieno possesso italiano.

La regione di Albona e l’isola di Cherso rappresentano, nello stesso ordine di idee, il minimo indispensabile per la sicurezza di Pola, che si trova rispetto a queste regioni, situata come al centro di un arco, alla distanza media di 35-40 km da esse. È evidente in queste condizioni, la necessità che l’Italia abbia il possesso di Albona, di Cherso e dello specchio d’acqua interposto fra quest’isole e la costa orientale istriana.

L’obbiezione, che possedendo Albona e Cherso, l’Italia sbarri l’entrata del golfo di Fiume, perde ogni valore se si riflette che l’Italia accetta la neutralizzazione della costa orientale dell’Istria, delle isole di Cherso e di Lussin, della costa dalmata e delle isole dalmate, tanto per la parte italiana che per quella jugoslava, secondo la formula che sarà proposta dagli esperti militari americani.

L’assegnazione di Albona all’Italia corrisponde d’altra parte al concetto espresso anche dal presidente Wilson che «all beautiful lands looking to the west, which are situated to the west of the watershed line will be italian». Albona infatti, pur trovandosi nella metà orientale dell’isola è situata ad occidente della linea spartiacque del Monte Maggiore, tanto che da Albona si vedono Pola e Rovigno, ciò che non è possibile da alcun altro punto della costa orientale istriana.

Per quanto in particolare riguarda l’isola di Cherso importa osservare che seppure gli italiani numericamente costituiscono solo poco più di un terzo della popolazione, essi rappresentano tuttavia in modo quasi esclusivo l’elemento culturale e dirigente, circostanza che conferisce a quest’isola un carattere di schietta italianità, e ne giustifica quindi anche sotto questo aspetto l’assegnazione all’Italia. Quanto a Lussin, quest’isola costituisce un tutto geograficamente e geologicamente unico con Cherso, e la popolazione italiana vi rappresenta all’incirca un terzo di quella totale.

Per lo Stato libero di Fiume la Delegazione propone uno schema di Statuto, che è qui annesso (allegato n. 2 ) ed i cui concetti fondamentali sono:

a) neutralizzazione perpetua dello stato;

b) invariabilità dei confini della città e del distretto di Fiume;

c) conservazione degli statuti della città di Fiume;

d) diritto d’uso della lingua italiana come lingua ufficiale nel distretto di Fiume;

e) governo composto di 5 membri nominati dal Consiglio della Lega delle Nazioni (2 dall’Italia, 1 dal Governo S.H.S., uno dalla città di Fiume, uno dagli altri distretti dello Stato libero);

f) istituzione di un corpo di gendarmeria;

g) Fiume dichiarato porto franco.

Triangolo di Assling:

Poiché si ritiene necessario e la Delegazione italiana lo ha ammesso, di assicurare a Fiume una comunicazione ferroviaria col suo retroterra, che sia diretta e che non passi pel territorio italiano, è evidente che esiste per il porto di Trieste eguale necessità di essere allacciata col suo retroterra direttamente, senza passare pel territorio jugoslavo.

Il retroterra di Trieste è rappresentato essenzialmente dai territori dell’Europa centrale. Da Trieste si raggiunge la frontiera austriaca attraverso due sole ferrovie, quella Pontebbana e quella di Assling, entrambe ferrovie di montagna a semplice binario e perciò di scarso rendimento. La ferrovia Pontebbana era già satura prima della guerra e non potrebbe assorbire anche in piccola parte il traffico di Trieste, per quanto modesto esso fosse.

La ferrovia di Assling si presenta nelle stesse condizioni della precedente, la sua massima potenzialità è di circa 22 coppie di treni al giorno, ma essa è il naturale allacciamento fra Trieste e il territorio del nord. (Trieste – Assling – Villach km. 176; Trieste – Udine – Pontebba – Villach km. 217). Però, se anche una piccola parte di questa ferrovia attraversasse il territorio jugoslavo interposto fra Austria e Italia, si avrebbero indubbi inconvenienti al transito: soste doganali, sanitarie e di polizia (circa 4 ore per i viaggiatori ed anche più lunghe per le merci) e possibilità di interruzione e di chiusura di frontiera con gravi conseguenze evidenti.

Per queste ragioni e per logica analogia di trattamento rispetto a Fiume, la Delegazione italiana chiede che sia incluso entro i confini d’Italia il territorio comprendente la testata della Sora e delle due Save (come appare dallo schizzo allegato 1) in modo che risulti in territorio italiano l’intera galleria Podberoo – Wocheiner – Freistsitz e il successivo tratto di ferrovia sino ad Assling. La stazione ferroviaria di Assling rimarrebbe esclusa dal territorio italiano, in modo da lasciare fuori l’intero tronco jugoslavo Laibach-Assling.

Se pure il territorio di Assling dovrà toccare allo Stato Serbo-Croato-Sloveno, l’Italia assicurerà la continuità dell’allacciamento Trieste - Villach mediante appositi raccordi l’uno sulla sinistra della Sava e l’altro in territorio austriaco attraverso i Caravanca.

Dalmazia e Isole.

Sono note le ragioni militari, morali ed economiche per cui l’Italia ha reclamato il possesso di una parte della Dalmazia e delle dipendenti isole. I Governi delle principali potenze alleate ne avevano riconosciuta la legittimità e il 26 aprile 1915 avevano garantito all’Italia, mediante trattato, il possesso della Dalmazia centrale e della quasi totalità delle isole dalmate e curzolane. Contingenze internazionali più forti del nostro diritto, hanno più tardi imposto alla Delegazione italiana di subire una discussione sulle clausole del Patto di Londra e di considerare la possibilità di notevoli riduzioni alle concessioni già stipulate.

Qualsiasi nostra arrendevolezza deve però arrestarsi dinanzi alle seguenti esigenze:

a) impedire che lo Stato Serbo-Croato-Sloveno si valga del possesso dei porti e delle isole dalmate per acquistare una superiorità strategica e tattica, che tale possesso può consentire anche con forze navali relativamente deboli;

b) tutelare i dalmati di nazionalità italiana contro l’oppressione di elementi meno civili ed a noi apertamente ostili;

c) salvaguardare gli interessi italiani in Dalmazia ed i nostri commerci colla penisola balcanica.

Pertanto la Delegazione italiana deve in primo luogo insistere per la neutralizzazione assoluta e perpetua di tutte le coste e di tutte le isole dalmate.

È però certo che nessuna forma di neutralizzazione impedirà che la costa dalmata possa, volendo, essere rapidamente trasformata in una vasta base navale minacciosa per l’Italia, poiché da Fiume a Cattaro l’intera costa si presta meravigliosamente per tale scopo. E poiché i porti più minacciosi sono quelli di Sebenico, di Spalato, e di Cattaro, è indispensabile che almeno l’Italia abbia il possesso delle due più esterne fra le maggiori isole curzolane, Lissa e Lagosta, per poter esercitare una relativa vigilanza verso quei porti.

In secondo luogo la Delegazione italiana deve ancora una volta ricordare come, nonostante le più sfrenate persecuzioni, l’elemento italiano della Dalmazia sia riuscito a conservare non soltanto la propria esistenza ma una grande superiorità civile ed economica in confronto degli slavi; il maggior centro italiano Zara rappresenta anche senza contrasto il centro culturale della Dalmazia.

Mentre nel resto della Dalmazia l’elemento italiano ha perduto gradualmente terreno, vinto dalla prepotenza slava e dagli arbitri governativi, in Zara esso è rimasto così forte da resistere vittoriosamente ad ogni sopraffazione e da segnare un aumento di circa 2500 abitanti italiani dal 1880 al 1900.

Questa vera cittadella dell’italianità dalmata non può essere abbandonata alla Jugoslavia. È doveroso pertanto di pretendere che la città di Zara, con Borgorizzo, S. Giovanni e Cezaria e coll’isola antistante di Uglian, sia annessa all’Italia o quanto meno costituita in libero Stato sotto il protettorato dell’Italia.

La Delegazione italiana chiede inoltre che le minoranze italiane negli altri centri della Dalmazia siano tutelati da alcune clausole da inserirsi nel Trattato fra le Grandi potenze e lo Stato S.H.S.

Finalmente la Delegazione Italiana chiede che nelle stesse clausole siano comprese disposizioni che assicurino:

a) il rispetto dallo Stato S.H.S. degli impegni assunti dai precedenti Governi di fronte a società e sudditi italiani;

b) l’equiparazione dei sudditi italiani, per l’esercizio di qualsiasi mestiere, professione, commercio o industria, ai sudditi della nazione più favorita;

c) il pieno diritto da parte dei dalmati italiani di assumere entro il termine di un anno dalla firma dei trattato, la nazionalità italiana;

d) la validità nel territorio jugoslavo di tutti i diplomi rilasciati dalle scuole superiori italiane.

Lo schema delle suddette clausole è annesso alla presente memoria (allegato 3).

Albania.

La Delegazione italiana ritiene che l’Italia sia fra le grandi potenze alleate e associate la più indicata per assumere il mandato per questo nuovo stato. L’esperienza del passato dimostra che un’Albania indipendente non potrà resistere da sola alle mire e agli intrighi dei vicini balcanici, né provvedere al proprio svolgimento e sviluppo senza che le vengano assicurati i mezzi adatti. Questa opera di tutela non può esser affidata ad altri che all’Italia in quanto per essa soltanto esistono ragioni fondamentali che fanno dell’esistenza del nuovo stato un’interesse comune italiano e albanese.

La sua formazione e la sua conservazione contribuiscono allo stabile assetto della questione adriatica nella quale l’Italia è la sola grande potenza direttamente interessata. L’Italia non ha nei riguardi dell’Albania altri scopi che di garantire la piena disposizione di sé stessa all’interno aiutandone il progresso e sostenendone le ragioni. L’opera già iniziata e spinta durante la guerra per la rinascita civile ed economica delle regioni albanesi non avrà che da proseguire con maggior vigore mediante l’incarico all’Italia di continuare l’opera intrapresa.

Per quanto riguarda i confini del nuovo stato la Delegazione italiana osserva che i confini etnografici della razza albanese si presentano molto indeterminati, se si eccettua la parte occidentale che confina col mare. Il nucleo principale albanese raggiunge un totale di 2 milioni, la metà dei quali vive fuori dei confini assegnati all’Albania dalla Conferenza di Londra del 1913, e cioè a Dibra, nei territori di Ockrida e di Struga, nei territori di Antivari e di Dulcigno ed in quello della Ciamuria.

Ridurre quindi il confine del 1913 sarebbe venir meno ad ogni sentimento di giustizia. Questa frontiera comprendeva un territorio di 2800 Km.q., con 800.000 abitanti mentre le rivendicazioni dei patriotti albanesi sull’intera regione di Scutari e sui territori albanesi annessi dai vicini stati nel 1913 porterebbero l’Albania a 92.900 Km.q. di superficie con 2.500.000 abitanti, Scutari, importante incrocio di comunicazioni che dall’Albania settentrionale conducono al mare, punto di contatto tra le tre religioni musulmana, ortodossa, cattolica, ha per secoli appartenuto all’Albania alla quale spetta geograficamente ed economicamente; il suo nome «Scutari d’Albania» è chiaro indice di un diritto riconosciuto dalle genti. La Delegazione italiana ritiene equo pertanto che Scutari sia consegnata allo Stato albanese.

Il confine meridionale dell’Albania sarà determinato, secondo gli accordi già intervenuti, di comune intesa fra Grecia ed Italia.

In quanto all’assegnazione di Valona all’Italia, la Delegazione italiana ritiene che questa sia fuori d’ogni contestazione; essa vuole tuttavia ricordare come il possesso di questo porto, col retroterra necessario per la sua difesa, sia indispensabile per garantire la libertà dell’Adriatico, problema al quale l’Italia è l’unica grande potenza direttamente interessata.

Il retroterra indispensabile per la sicurezza di Valona è indicato nello schizzo allegato 4 (linea verde). Esso è limitato, tenuto conto che l’essere lo Stato albanese posto sotto il mandato dell’Italia costituisce già una parziale garanzia.

305 1 Rispettivamente del 23 e del 24 agosto, non pubblicati. Riferivano di un colloquio avuto con Bethlen nel corso del quale quest’ultimo si era soffermato sulla situazione politica esistente in Ungheria ed aveva sollecitato un intervento italiano atto a favorire una composizione del contrasto con la Romania.

305 2 Gruppo mancante.

305

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. segreto 2712-2709-2714-2710/1923-1926. Vienna, 25 agosto 1919, ore 21(perv. ore 16 del 26).

Miei telegrammi 1917 e 19181.

In seguito nuova situazione Ungheria ed in vista probabile mutamento Gabinetto, Bethlen è tornato oggi Budapest dopo avermi consegnato schema proposte ricevute che avrebbe in animo di presentare. Ne discussi con lui e con i suoi collaboratori, avvertendo che ne avrei riferito a V.E. ed eventualmente fatto conoscere suo modo di vedere. Per relazioni fra Italia e Ungheria la base sarebbe conclusione convenzione militare segreta e accordo politica estera ungherese a quella dell’Italia. Per suo conto Ungheria vorrebbe ottenere: 1) Appoggio Italia alla Conferenza contro Stati confinanti. Rinunzia parte indennità di guerra che verrà attribuita Ungheria. 2) Appoggio finanziario, economico, invio di merci e stipulazione accordo commerciale. 3) Dopo conclusione della pace rifornimento immediato di armi e munizioni, materiale bellico, ecc. (in relazione alla convenzione militare). 4) Facilitazioni nel porto Fiume per quanto concerne Italia e consenso ad eventuale trattato di alleanza ungaro-croato.

Sunto di proposte fatte a Bethlen da gruppo rumeno Transilvania rappresentato da Erdeli.

A. 1) Formazione Governo di gradimento Intesa, Romania e opinione pubblica ungherese.

2) Esclusione Asburgo ma non eventuale regime monarchico.

3) Esclusione qualsiasi politica slavofila o germanofila. Convenzione militare, politica commerciale contro gli slavi.

4) Modificazione frontiera su linea intermedia fra quella Trattato 1916 e decisione Consiglio dei quattro e cioè a vantaggio Romania al sud e a vantaggio Ungheria nord est.

5) Rinunzia Ungheria politica irredentista.

6) Riconoscimento da parte Ungheria successione rumena su Banato e promessa rumena sostenere in favore Ungheria suoi sforzi per mantenimento frontiera verso Serbia lungo Danubio Drava.

B. Romania offre all’[…]2:

1) Convenzione economica larghissima, anche eventualmente unione doganale.

2) Soccorsi immediati di 50 milioni lei e altri successivi.

3) Possibilità ulteriore sviluppo accordo economico e relazioni politiche.

4) Garanzia uguaglianza diritti popolazione ungherese […]2, uso lingua amministrazione in conformità quella popolazione, autonomia territoriale comitato ungherese e applicazione generale principio catastale di Renner e libertà assoluta religione.

Controproposte ungheresi a quelle rumene Transilvania.

1) Accettato.

2) Governo ungherese si asterrà dall’influenzare in qualsiasi modo libera decisione nazione circa regime che voglia scegliere.

3) Ungheria si impegna astenersi da seguire politica slavofila, vuole accordo segreto con Romania a salvaguardare reciproci interessi. Verso altri Stati Ungheria accorderà suoi interessi con quelli Italia e Romania.

4) Ungheria disposta a suo tempo trattare con Romania per reciproche concessioni onde rettificare eventualmente frontiera stabilita da Conferenza della Pace.

5) Accettato.

6) Qualora Conferenza della Pace decida separazione Banato da Ungheria, questa sarà pronta pretese rumene su Banato contro Serbia in tanto quanto Romania sosterrà rivendicazioni ungheresi e jugoslave (frontiera Danubio-Drava).

Sunto proposte che Bethlen intenderebbe fare alla Romania per completare accordo:

1) Annullamento del recente armistizio rumeno e restituzione di tutto ciò che fu preso dell’equivalente quantità denaro.

2) Libertà immediata traffico economico postale e viaggiatori.

3) Ritiro truppe rumene in linea di demarcazione.

4) Cessazione immediata qualsiasi persecuzione politica nei territori occupati, riapertura delle scuole ungheresi e pagamento arretrati stipendi e pensioni impiegati e ufficiali ungheresi.

5) Rinunzia da parte Romania indennità di guerra, essa assumerebbe quella parte debito pubblico corrispondente territori occupati da essa.

6) Convenzione militare segreta che faccia parte integrante accordo politico.

7) Autonomia della Transilvania (compresi in essa i territori ceduti dall’Ungheria) sotto la sovranità rumena, autonomia riguarderà anche culto e istruzione pubblica.

In questo nuovo Stato autonomo restano in comune con Romania, il Re, l’Esercito con qualche speciale disposizione, l’unità monetaria Banco di emissione, usi doganali, la rappresentanza all’estero.

Seguono quindi una lunga serie di disposizioni tendenti tutte all’uguaglianza delle nazionalità nel nuovo Stato autonomo.

306 1 Vedi al riguardo D. 234.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4594/5614. Parigi, 25 agosto 1919, ore 24(perv. ore 8 del 26).

Riassunto seduta del Consiglio Supremo del 25 corrente.

Inchiesta su Fiume. Avendo Clemenceau dichiarato che non aveva nulla da obiettare, e che da parte sua assumeva impegno di sottomettersi alle conclusioni della Commissione1, io ho a mia volta dichiarato che da parte nostra avremmo fatto altrettanto. Polk e Balfour hanno preso atto con compiacimento di queste nostre dichiarazioni.

Ungheria. È stata su mio suggerimento adottata la decisione che la presidenza della Commissione dei generali a Budapest verrà assunta a turno dai quattro generali alleati. Questa decisione modifica quella precedente che stabiliva essere tutta l’Ungheria sottoposta militarmente al comando esercito d’oriente e cioè allo Stato Maggiore francese. È stata data lettura di altro telegramma di fonte americana annunziante che rumeni persistono a requisire su larga scala, e fra altro il 50% delle locomotive, il 95% dei vagoni passeggeri, e circa 5.000 carri merci.

Durante seduta è poi pervenuto un telegramma della Commissione dei generali, i quali informano che in seguito notificazione che invitava arciduca ad andarsene, presidente del Consiglio Friedrich si è affrettato nella stessa giornata del 23 corrente ad informare che arciduca e Governo davano le dimissioni e pregavano la Commissione di far quanto riteneva necessario per Governo Paese. Commissione ha risposto che Conferenza ritiene che attuale Governo assicuri disbrigo degli affari correnti fino formazione del nuovo Ministero nel quale tutti i partiti dovranno essere rappresentati. Friedrich ha fatto conoscere che spera presentare lista nuovo Gabinetto entro qualche giorno. Circa la Romania tanto Balfour che Polk hanno insistito perché Conferenza escogiti le misure atte ad indurla all’obbedienza; Clemenceau da parte sua oltre al pronto invio di ufficiali alla frontiera rumena-ungherese per sorvegliare l’esodo del materiale requisito in Ungheria, ha proposto di mandare un nuovo telegramma di minaccia a Bucarest. Ho fatto osservare che il messaggio della Conferenza col quale si intimava ai rumeni un vero e proprio ultimatum sulla questione riparazioni doveva essere giunto soltanto stamane a Bucarest ed era pertanto irragionevole pretendere già una risposta. Grazie al mio intervento la Conferenza si è limitata all’invio di un telegramma in cui sollecitasi una risposta, facendo presente che se Governo rumeno non muterà sua condotta, potrebbero derivarne a suo danno conseguenze oltremodo serie.

Turchia. Alto commissario francese ha telegrafato che suo collega americano ha notificato al gran visir una nota del presidente Wilson il quale diffida il Governo ottomano a impedire la continuazione di massacri specialmente in Armenia e nel Caucaso, sotto pena del ritiro dell’articolo 12 delle condizioni di pace americana, stabilente le regole pel mantenimento della sovranità turca. Clemenceau ha protestato abbastanza vivacemente con Polk, affermando che Wilson non è qualificato a far da solo passi presso la Turchia senza concordarli prima con potenze alleate. Ciò tanto più l’America non è stata mai in guerra con Turchia, e non ha firmato con questa l’armistizio, ha soggiunto Clemenceau che se gli Armeni non sono protetti ciò si deve sopratutto all’Inghilterra che impedisce ai francesi muoversi in Asia Minore mentre è noto che gli americani non vengono autorizzati dal loro Senato.

Balfour ha risposto che non era mai venuto a conoscenza del Governo britannico essere desiderio dei francesi di andare in Armenia; di questa frase del Balfour ha subito approfittato Clemenceau per lanciare l’idea di mandarvi parte delle truppe di Cilicia: la cosa è stata affidata all’esame dello Stato Maggiore francese il quale dirà se può distaccarsi un corpo di spedizione dall’attuale contingente francese in Asia Minore.

Trattato con l’Austria. Si è iniziata la discussione circa taluni punti del Trattato su cui non si era raggiunto l’accordo fra le varie delegazioni:

Questioni territoriali. È stata approvata all’unanimità la frontiera proposta fra noi e l’Austria; è stata respinta domanda austriaca che voleva modificazione cecoslovacca presso Emefeltzberg. Nella frontiera austro-jugoslava ho ottenuto di far comprendere come Austria domandava nella zona plebiscito il distretto di Marburgo che la Conferenza aveva assegnato ai serbi; per la prima volta la Conferenza ha confermato le precedenti decisioni. È stata respinta la domanda austriaca per la riduzione sulle riparazioni previste nel Trattato, specialmente in bestiame. Si è infine iniziata la discussione sulle clausole finanziarie, che hanno dato luogo ad un lungo dibattito che proseguirà domani mattina. Tardieu, nel momento di togliere la seduta, ha proposto che fosse imposto all’Austria di impedire qualunque manifestazione dei suoi cittadini per un cambiamento del suo regime indipendente; la proposta di Tardieu che avrebbe sottoposto la politica interna austriaca al controllo di altri Stati, violentemente combattuta da Balfour, da Polk, da me. Si è come conclusione ammesso soltanto che l’Austria debba impedire la propaganda straniera, lasciando la più assoluta libertà alle manifestazioni dei suoi cittadini. Il seguito della discussione del Trattato con l’Austria avrà luogo domani mattina essendo Clemenceau impegnato nel pomeriggio alla Camera pel dibattito del Trattato con la Germania.

307 1 Vedi D. 305, nota 1.

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE

T. 1223. Parigi, 26 agosto 1919, ore 12.

Suoi telegrammi nn. 1917 e 19181.

La S.V. può continuare a mantenersi in contatto con Bethlen riferendomi quanto egli le dirà. Ella dovrà però astenersi dall’esprimersi seco lui in qualsiasi maniera che potesse significare impegni e compromessi da parte nostra.

308 1 Vedi D. 306.

308 2 Per la risposta vedi D. 311.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4607/5642. Parigi, 26 agosto 1919, part. ore 1,30 del 27(perv. ore 6).

Seduta del 26 agosto del Consiglio Supremo.

Alta Slesia. Il generale Dupont rappresentante francese a Berlino ha telegrafato al sig. Clemenceau per informarlo che il Governo tedesco è contrario per ragioni di politica interna ad una occupazione anticipata della zona di plebiscito. Il barone Lersner rappresentante tedesco a Versailles ha confermato la cosa ma ha aggiunto che il Governo tedesco non fa alcuna opposizione all’invio della Commissione dei generali.

Si è quindi deciso di confermare a quest’ultimo l’ordine di partenza.

Questione di Fiume. Balfour ha chiesto la parola ritenendo che vi era un accordo speciale fra la Francia e l’Italia, sull’incidente di Fiume. A suo giudizio le dichiarazioni fatte da me e da Clemenceau di assoggettarci alle proposte della Commissione dei generali1 riguardano unicamente l’Italia e la Francia e non l’Inghilterra e l’America. Pichon ed io gli abbiamo spiegato che la deliberazione presa concerneva tutti gli alleati senza restrizioni di sorta. Balfour ha risposto che desiderava osservare come la raccomandazione di aiutare l’Italia nella sua crisi industriale e alimentare fosse estranea alla questione di Fiume ma che si accontentava questa sua osservazione fosse posta a verbale. Gli ho fatto rilevare che tale proposta non era stata fatta dal delegato italiano. Con tali spiegazioni può ormai considerarsi esaurita la discussione sull’inchiesta di Fiume.

Trattato con l’Austria. Si è discussa la clausola tendente ad impedire agli austriaci arruolarsi nell’esercito germanico. Ho fatto osservare come tali clausole non siano in pratica applicabili e che non mi pareva il caso di insistervi. Polk ha espresso lo stesso parere, la clausola è stata respinta, sono state invece approvate senza discussione tutte le altre clausole militari.

Plebiscito per Marburgo. La Commissione territoriale ha chiesto di essere udita per discutere nuovamente la deliberazione presa ieri di comprendere il distretto di Marburgo nella zona sottoposta al plebiscito e ciò perché non era riuscito agli esperti di stabilire una linea di demarcazione della zona stessa. Ho dichiarato che la domanda della Commissione era assolutamente ingiustificata in quanto che la linea di demarcazione era stata oggetto di una deliberazione unanime del Consiglio sulla quale non era lecito discutere nuovamente, che non potevo ammettere si ritornasse su deliberazioni prese il che avrebbe fra l’altro prolungato indefinitamente i lavori della Conferenza. Per le insistenze di Pichon la Conferenza ha consentito a che la Commissione sia domani udita. La Commissione si è divisa in due parti: a favore della tesi austriaca il delegato italiano e americano contro il francese e l’inglese. Ho preso una attitudine molto decisa nella questione e anche in via privata ho cercato di influire sui miei colleghi per due ragioni: la prima perché i serbi annettono ad essa una grandissima importanza ed è bene che constatino come la nostra opposizione può da sola bastare a dare loro scacco alla Conferenza; e la seconda perché mi risulta che i delegati austriaci, se la loro tesi per Marburgo prevarrà, firmeranno il Trattato; in caso diverso sarà difficile che consentano firmare. Delegazione francese ha dato lettura dell’articolo 2 della nuova legge costituzionale presentata in Germania il 2 agosto. In detta legge è sancito il principio che il territorio dell’Impero comprende tutti i Paesi tedeschi il che secondo i francesi significherebbe che anche Austria sarebbe dal Governo tedesco considerata come facente parte dell’Impero. In altro capitolo della stessa legge sarebbe poi stabilito che Austria avrà diritto alla data del suo ingresso nell’Impero ad un numero di voti proporzionalmente ai suoi abitanti mentre fino a quel momento le saranno accordati uguali voti ma a titolo consultivo. Queste disposizioni costituirebbero una aperta violazione del Trattato con la Germania che ha in esso riconosciuto il principio della inalienabilità e del rispetto della indipendenza austriaca. Pichon avrebbe voluto incaricare subito il Comitato dei giuristi per preparare una protesta formale contro il Governo tedesco. Ma su richiesta di Polk si è invece deliberato di distribuire il testo degli articoli di legge incriminati alle varie Delegazioni perché possano esaminarli prima di prendere una decisione. Esaurito questo argomento incidentale si è ripresa la discussione del Trattato.

Questione finanziaria. Ho dovuto sostenere un lungo dibattito contro le Delegazioni francese e americana a proposito dell’articolo 207, riproducente l’articolo 260 del Trattato con la Germania. La modificazione proposta dalle Delegazioni anzidette consisteva nella soppressione della facoltà attribuita alla Commissione delle riparazioni di domandare all’Austria il disinteressamento a favore del fondo riparazione dei propri sudditi dalle imprese di pubblica utilità nei territori trasferiti ad altri Stati. A giudizio degli Alleati la disposizione in questione si sarebbe [sic] in contraddizione con l’articolo 261 del Trattato con l’Austria stabilente un’eccezione della specie per gli interessi, beni e diritti privati dei sudditi austriaci. La questione è stata risoluta secondo il nostro punto di vista, le Delegazioni alleate avendo desistito dalla proposta modificazione clausola doganale. È stato accordato all’Austria di poter applicare la reciprocità doganale verso gli Stati sorti dall’ex monarchia dopo tre anni dalla firma del Trattato anziché dopo cinque come si era proposto nel primitivo. La discussione continuerà nella seduta antimeridiana di domani2.

309

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato per corriere 1208/1611. Londra, 26 agosto 1919.

Ieri, nel corso del nostro colloquio, sir R. Graham mi disse avere il maresciallo Allenby riferito che i nazionalisti egiziani lasciano apertamente intendere che essi fanno assegnamento sul rifiuto del Governo del Re di riconoscere il protettorato britannico sull’Egitto. Queste notizie contribuirebbero, secondo Allenby, a tener desta l’agitazione anti-britannica. Sir Ronald mi chiese se io conoscevo al riguardo le intenzioni del R. Governo. Risposi negativamente. Osservai che a mantenere l’agitazione, sembravami potesse invece contribuire la vasta ripercussione e simpatia incontrata in America dai nazionalisti egiziani e dalla decisione del Senato di chiamarli ad esporre le loro ragioni. Replicò Graham, quale che possa essere contegno del Senato, rimaneva il fatto dell’avere il Governo degli Stati Uniti già ufficialmente riconosciuto il protettorato britannico. Proseguendo, disse sir Ronald, deve essere nelle intenzioni di questo Governo di chiederci per ora il riconoscimento. Qualora, però, il Senato del Re ritenesse di ciò fare spontaneamente e di propria iniziativa, tale atto cortese ed amichevole sarebbe qui altamente apprezzato e produrrebbe favorevole e gradita impressione sull’animo del primo ministro. Sir Ronald concluse che l’accenno fattomi aveva carattere di spontanea confidenza, meramente privata e personale; nessun incarico al riguardo aveva egli ricevuto da lord Curzon. L’idea di parlarmene gli era venuta nella mattinata, dopo aver letti i rapporti di Allenby. Dati i precedenti della questione, il riconoscimento del protettorato britannico sull’Egitto sembrami, per quanto ci riguarda, una cambiale a scadenza più o meno prossima, ma alla quale presto o tardi converrà noi si faccia onore. Giudicherà ciò stante l’E.V. se nelle presenti circostanze soprattutto, sia o meno giovevole ai nostri interessi l’assecondare spontaneamente il desiderio recondito di questo Governo.

310 1 Non pubblicato.

310

L’INCARICATO D’AFFARI A PRAGA, LAGO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

R. 155/3505. Praga, 26 agosto 1919.

Il generale Segre, tornando da un viaggio a Cracovia, ha fatto una breve sosta a Praga, durante la quale ha avuto un’interessante conversazione col presidente del Consiglio sig. Tusar, a lui legato da rapporti cordiali risalenti al tempo in cui il sig. Tusar era rappresentante della Repubblica cecoslovacca a Vienna.

Il sig. Tusar, premesso di volergli parlare con la massima franchezza, disse che al suo giungere a Praga aveva trovato una direttiva «assolutamente sciocca» nelle relazioni tra la Cecoslovacchia e l’Italia. Ne attribuì senza perifrasi la colpa alla tendenza impersonata da Kramar, che vuol impostare tutta la politica estera sullo slavismo, e pertanto, nel momento attuale, sulla stretta amicizia con gli jugoslavi.

Egli criticò questa tendenza asserendo che la Cecoslovacchia nulla doveva agli slavi, i quali nulla avevano fatto per la libertà dall’oppressione asburghese, mentre la riconoscenza del Paese doveva andare agli alleati francesi, inglesi, americani e soprattutto agli italiani.

Egli sapeva che approcci erano stati fatti già per la conclusione di un accordo militare cecoslovacco-jugoslavo, e che probabilmente sarebbero di nuovo tentati con maggior insistenza ed esplicità prossimamente. Ma egli ed il suo partito erano ben decisi a respingerli. Un simile accordo, disse, non potrebbe essere presentato all’approvazione del Parlamento, senza suscitarci contro l’ostilità aperta e giustificata dell’Italia; e d’altra parte noi siamo recisamente contrari ai trattati segreti. Oltre che per la riconoscenza che noi dobbiamo all’Italia, noi non permetteremo mai che un solo soldato cecoslovacco versi il suo sangue per la causa di Trieste, che è e deve restare italiana.

Il sig. Tusar, ciò dicendo, accentuava trattarsi di idee non solamente sue personali, ma di tutto il partito socialdemocratico, e condivise dal presidente della Repubblica Masaryk.

Non nascondeva che il partito nazionaldemocratico di Kramar potesse svolgere opera in senso diverso; ma mostrava di non temerne per ora le conseguenze.

Disse pure che a queste sue direttive si era già ispirata praticamente la politica da lui svolta come ministro degli esteri ad interim, e che aveva dato istruzioni a tutte le amministrazioni dello Stato, perché le relazioni con le autorità italiane fossero improntate alla maggiore cordialità.

Passando poi a parlare della politica delle nazionalità, riaffermò i suoi noti propositi di conciliazione con i tedesco-boemi.

Interrogato sui rapporti della Cecoslovacchia con l’Ungheria, dopo essersi compiaciuto dell’ allontanamento dell’arciduca Giuseppe, soggiunse di aver intenzione di stringere, subito dopo la firma della pace, buoni rapporti con l’Ungheria, alla quale avrebbe fatto spontaneamente concessioni territoriali «che i magiari nemmeno si immaginano».

Infine non mostrò di dare importanza alla questione del corridoio cecoslovacco-jugoslavo.

Le dichiarazioni surriferite, ed in generale l’accoglienza particolarmente calorosa fatta al generale Segre dal presidente della Repubblica e dal presidente del Consiglio, costituiscono, a mio avviso, una spiccata manifestazione di simpatia per il nostro Paese.

In sostanza il sig. Tusar non disse nulla di nuovo né di inatteso. Egli è realmente l’uomo di fiducia di Masaryk e non ha fatto che ripetere le stesse cose dettemi ripetutamente da Masaryk e da me riferite. V’è in più il calore particolare di queste dichiarazioni, l’affermazione politica della tendenza con l’assunzione al potere del partito che specialmente la professa, e l’inizio pratico della sua applicazione, giacché, come pure ho avuto occasione di riferire, effettivamente l’atteggiamento di tutti i pubblici uffici è favorevolmente mutato nei rapporti con la r. legazione. La risoluzione rapida e con piena soddisfazione dell’incidente provocato dall’articolo del capitano Vydra ne è la riprova.

Circa i propositi di cessioni territoriali all’Ungheria mi riferisco al mio telegramma n. 276 del 6 giugno p.p.1. Ritengo che ciò solleverà non lievi opposizioni e recriminazioni; e suppongo che la cessione sarà, se mai, negoziata con vantaggi d’indole economica.

311 1 Vedi D. 308.

311

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4608. Roma, 27 agosto 1919, ore 12.

Risposta 56421.

Trovo eccellenti tutte tue dichiarazioni. Il Paese è disposto a sacrifizi necessari. Spero Trattato Austria sia definito per riapertura Camera. Tutti qui han compreso che rinvio ha avuto questo scopo.

312 1 Per la risposta vedi D. 315.

312

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4613. Roma, 27 agosto 1919, ore 20,25.

Negli ambienti parlamentari si manifesta senso inquietudine perché dopo oltre due mesi, pace con Austria non è ancora sottoscritta. Amici precedente Ministero traggono occasione per dire che accuse Orlando Sonnino soprattutto da chi dirige ora politica estera erano ingiustificate. Credo che sarà bene tu possa difendere alla riapertura politica estera, e che Trattato sia sottoscritto. Sarà per tutti un senso di sollievo tanto più che si diffonde sempre più opinione che le speranze non giustificano il ritardo. Mi rimetto interamente al tuo giudizio ma ti prego tener conto di questa situazione che ti ho prospettato fedelmente1.

313 1 Vedi D. 286.

313 2 Non pubblicata, ma vedi D. 286, nota 1.

313 3 Non rinvenuto.

313

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. per posta 19756. Roma, 27 agosto 1919.

Risposta al telegramma dell’E.V. n. 028591.

Non è stato ancora risposto alla nota n. 662 della legazione serba2 circa evacuazione truppe serbe da regioni albanesi entro frontiere 1913, e le considerazioni esposte dalla E.V. nel telegramma succitato, unitamente al tenore delle osservazioni fatte dal Comando Supremo e dal Ministero della Guerra alla nota stessa (vedi mio telegramma n. 19588)3, osservazioni che non offrono alcun elemento positivo nuovo in favore della nostra tesi, consigliano ad astenersi, almeno provvisoriamente, da una risposta.

314 1 Il telegramma fu ritrasmesso a Roma al presidente del Consiglio con T. riservato 4636/5703 del 29 agosto. Macchi di Cellere comunicò subito dopo a Tittoni con T. 2730/511, non pubblicato, che gli italiani erano stati invitati dal Comitato Affari Esteri del Senato per la mattina del 5 settembre. Gli jugoslavi sarebbero stati uditi il giorno 4.

314 2 Non pubblicati.

314

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2735/5081. Washington, 27 agosto 1919(perv. ore 15 del 28).

Ho segnalato a Roma coi telegrammi n. 495 e 500 del 22 e del 24 corrente2 deliberazione del Comitato Senato per gli Affari Esteri di udire nei prossimi giorni rappresentanti greci, lituani, ucraini, estoni, irlandesi ed egiziani. Detto Comitato, avendo adesso affrontato fra le altre questioni quella di Fiume, ha deliberato udire anche italiani e jugoslavi. Se questa deliberazione sarà mantenuta verranno invitati a esporre le ragioni italiane quelli fra i nostri connazionali residenti che con pubblicazioni e lettere interessarono già personalmente alla nostra causa opposizione repubblicana, e che fanno capo alle nostre società irredentismo. Ed essi lasciati a se stessi sosterranno certamente nella loro interezza e senza misura di linguaggio i postulati nazionali. Ma se ai fini dei negoziati di Parigi dei quali ignoro il corso potesse sembrare utile a V. E. che venissero insinuate loro alcune direttive o limitazioni potrei farlo presso alcuni di maggiore levatura ottenendo, senza apparire, che essi vengano invitati da Senato a deporre.

315 1 Vedi D. 312.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4624/5684. Parigi, 28 agosto 1919, ore 19,05(perv. ore 22,15).

L’attitudine del Senato americano sempre più ostile al Trattato di pace con la Germania porterà probabilmente un ritardo anche approvazione da parte del Giappone. In questo caso sarebbe il voto del Parlamento italiano che unito a quello dei Parlamenti francese e inglese renderebbero il Trattato definitivo. Parmi difficile che la nostra Camera voglia prestarsi a ciò mentre non sono ancora risolute le questioni che più ci interessano. Ed ove venisse fatta una proposta di breve sospensione o rinvio non vedo come noi potremmo opporcisi ad essa. Pertanto mentre io qui sto facendo il possibile per sollecitare la firma del Trattato con l’Austria; per concludere l’accordo per Eraclea e dar carattere di stabilità, che ci assicuri per l’avvenire, alle concessioni temporanee della Francia per il carbone; di concludere l’accordo con la Francia per l’Abissinia per l’estensione alla Tunisia dell’intesa circa le scuole e gli infortuni del lavoro, al Marocco per una assegnazione all’Italia di una quantità determinata di fosfati tunisini, e per la soluzione delle questioni adriatiche per le quali domani mattina avrà luogo un colloquio tra me, Clemenceau e Balfour, al fine di decidere definitivamente i passi che essi dovrebbero fare presso Wilson, mentre tutto ciò è ancora indeciso, non mi parrebbe prudente cominciare la discussione del Trattato di pace con la Germania. Pertanto, se come io spero, tu sei dello stesso avviso, ti pregherei di non far ancora iscrivere tale discussione all’ordine del giorno della Camera aspettando per farlo che le questioni che ci interessano siano più prossime alla soluzione. Tratterebbesi in ogni caso di un ritardo non superiore a una settimana poiché io conto che per il 10 settembre tutto ciò che ci interessa potrà essere risoluto. Mi pare che ci siano intanto altri argomenti che possono occupare utilmente la Camera durante una settimana. Con ciò rispondo implicitamente a quanto mi comunichi con tuo telegramma n. 4613, di cui ti ringrazio1.

316 1 Vedi D. 315.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale 4630/5690. Parigi, 28 agosto 1919, part. ore 0,40 del 29(perv. ore 8,30).

Faccio seguito al mio telegramma odierno 56841.

Ritardo fissare ordine del giorno Trattato pace con la Germania mi servirebbe per esercitare con garbo e misura una pressione sul Governo francese al quale farei comprendere che noi non siamo in grado di fare discutere dalla Camera il Trattato stesso se non è assicurata la firma del Trattato con l’Austria e la soluzione delle altre questioni che ci interessano.

317 1 Vedi allegato.

317 2 Si tratta della L. 10640, non pubblicata, con la quale si approvavano le considerazioni avanzate da Albricci, auspicando la creazione di una «gendarmeria locale inquadrata con ufficiali del r. esercito» da finanziare con «risorse locali».

317

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato urgente 10640. Roma, 28 agosto 1919.

Ti invio qui unita copia di una lettera inviatami da Albricci a riguardo della nostra occupazione in Albania1 e della mia risposta2.

L’occupazione militare in Albania (70.000 uomini) intralcia gravemente la nostra smobilitazione e rappresenta un onere che le nostre finanze non possono più oltre sopportare. Noi spendiamo per le nostre truppe in Albania quasi quanto spendevamo per l’intero esercito prima della guerra. Occorre dunque ridurre i nostri presidi a poche principali località.

Perché ciò sia possibile è necessario che la Conferenza di Parigi determini finalmente l’assetto e le frontiere della futura Albania: allora solamente saranno eliminate le sterili ragioni di conflitto per le frontiere albanesi che minacciano perpetuamente di determinare gravi incidenti fra le truppe italiane e le truppe serbe e si potrà limitare questa inutile spesa che attualmente pesa sul nostro bilancio.

Allegato

IL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

F. 12780. Roma, 22 agosto 1919.

Come l’E.V. avrà potuto rilevare, gli intendimenti del Governo per una rapida smobilitazione, collegata al sollecito rimpatrio totale o parziale dei vari corpi di spedizione all’estero hanno avuto la più pronta esecuzione che ci era consentito oltreché dalla situazione internazionale e dagli obblighi verso gli alleati, essenzialmente dai mezzi di trasporto marittimi disponibili.

Il rimpatrio del Corpo di spedizione in Macedonia è ultimato; si sta liquidando la base militare italiana di Salonicco e così quella di Francia (Lione); la maggior parte del Corpo di spedizione in Murmania è già sbarcata a Le Havre e sta per rientrare in Italia; un piroscafo sta per giungere a Tien-Tsin, altri due seguiranno, per il totale rimpatrio del Corpo di spedizione nella Siberia Orientale; lo stesso avverrà per il Corpo dalla Palestina. Le notevoli riduzioni già apportate alle truppe d’occupazione della Libia progrediranno ancora in avvenire, d’accordo col Ministero delle Colonie.

Ben poco però si è potuto finora fare per le truppe dislocate in Albania, dove anzi, proprio in questi ultimi giorni, per ripianare almeno in parte le gravi deficienze nella forza prodotte dagli avvenuti congedamenti e in gran parte per la malaria si è dovuto inviare il 6° raggruppamento alpini.

Coll’invio di questa unità particolarmente adatta per il servizio nella zona montana il Ministero ha dato tutto il possibile concorso per soddisfare alle richieste di S.E. il generale Piacentini e del Comando Supremo. In pari tempo ha interessato detto Comando di prendere in attento esame la situazione in Albania perché veda coll’opportuno raggruppamento dei riparti, colla riduzione dei servizi in relazione alla situazione attuale, di curare la distribuzione più efficace della forza attualmente disponibile in Albania, e che è pur sempre notevole, in modo da poterla utilizzare per soddisfare con essa sola alle necessità constatate. Il Comando Supremo però ha già fatto conoscere che date le attuali direttive non sarà possibile ottenere riduzioni di forza. Ma agli effetti della smobilitazione queste provvidenze, anche se largamente ed efficacemente attuate, non potranno avere che effetto transitorio, perché proseguendo nel licenziamento delle classi fino a raggiungere verso la fine di settembre - primi di ottobre quelle che sono ancora soggette ad obblighi di ferma, si avrà ancora una notevole riduzione di forze in Albania.

Ora, se si dovesse mantenere la occupazione militare dell’Albania sulla base della forza che è stata colà mantenuta nei primi tempi successivi all’armistizio e fino a poco tempo fa (all’incirca 70.000 uomini di forza vettovagliata), certamente questa necessità costituirà un notevole ostacolo alle operazioni di licenziamento delle classi, mentre se viene a mancare una vera e propria situazione di guerra, specie ai fini degli interessi italiani, la forza da mantenersi in Albania potrebbe essere considerevolmente ridotta.

Quanto ho finora accennato è in relazione alla smobilitazione e ai vuoti per congedamenti, ma in Albania bisogna tener conto anche dei vuoti considerevoli che si producono per le cattive condizioni sanitarie del luogo (malaria). Tali condizioni sanitarie e la mancanza di locali adatti per l’alloggiamento delle truppe impongono d’altra parte notevoli spese, tanto maggiori quanto maggiore è il contingente di truppe colà dislocate, a tali spese devonsi poi aggiungere tutte quelle relative al mantenimento delle comunicazioni e al trasporto su quelle difficili strade di quanto è necessario per la vita e il benessere delle truppe stesse.

Riassumendo, la quantità di energie (uomini e mezzi) impiegati in Albania, le esigenze di una rapida smobilitazione e la spesa fortissima di cui ora si sente specialmente l’onere, mi inducono a rappresentare all’E.V. la necessità di poter fare definire con la maggiore possibile sollecitudine le condizioni della nostra occupazione militare in Albania, affinché ci possiamo senz’altro indirizzare all’ordine di cose voluto e conseguentemente ridurre man mano la occupazione militare. La quale, se considerata da punto di vista soggettivo della difesa delle nostre coste e di una situazione marittima nel basso Adriatico a noi favorevole, può essere vantaggiosamente limitata ai porti principali e a qualche altro presidio lungo la costa albanese; qualora dovesse altresì tutelare la nostra penetrazione economica, commerciale e politica, potrebbe limitarsi ad alcuni presidi nei centri principali dell’interno e a mantenere la sicurezza dalle più importanti comunicazioni verso la Macedonia e l’Alto Epiro, escludendo insomma il concetto di una difesa militare della regione contro minacce serbe.

Qualora questa eventualità sussistesse, pur lasciando da parte la convenienza per noi di agire militarmente da altre parti e verso altri obbiettivi, data la estensione del fronte da guardare, neppure la forza attuale delle truppe d’Albania (circa 70.000 uomini) sarebbe sufficiente allo scopo.

Infine non appena possibile dovrebbe essere dato impulso alle milizie locali, la cui organizzazione è ancora in sospeso perché non è definito l’ordinamento politico che assumerà la regione; il nostro concorso in tale organizzazione potrebbe opportunamente limitarsi all’inquadramento con elementi italiani (ufficiali e truppa), ai quali dovrebbe corrispondersi uno adeguato trattamento economico a cura di quella amministrazione nazionale.

Sull’importante questione da me esposta rimango in attesa di conoscere il pensiero e le direttive dell’E.V. per uniformare ad esse le ulteriori disposizioni di questo Ministero2.

318

COLLOQUIO TRA IL SOTTOSEGRETARIOAL MINISTERO DELLE COLONIE, THEODOLI,E IL MINISTRO DELLE COLONIE FRANCESE, SIMON

Verbale. Parigi, 28 agosto 1919, ore 11.

Theodoli spiega a Simon le ragioni parlamentari che lo inducono a partire domani per Roma ed esprime perciò il desiderio anche a nome di Tittoni, di far capire a Simon e per lui al suo collega degli Esteri e presidente del Consiglio, la necessità di concretare almeno nelle questioni non territoriali, rimandando, come propose Pichon nella riunione del 25 agosto, l’abbinamento delle questioni territoriali a quelle dell’Asia Minore, finora tenute in sospeso da Wilson.

Simon si esprime in termini molto amichevoli e dice di essere perfettamente d’accordo con i suoi colleghi, e che anche il direttore generale del Ministero degli Esteri sig. De Peretti è molto ben disposto ad una intesa generale con l’Italia.

Theodoli esprime il desiderio che Tittoni sia messo in condizione di fare alla Camera italiana delle dichiarazioni precise che dimostrino chiaramente l’intesa avvenuta fra Francia e Italia sulle questioni coloniali ed aggiunge che non deve essere difficile, date le buone intenzioni dei francesi, di concertare d’accordo fra Tittoni, Pichon e Simon, una o più frasi che rappresentino l’accordo stesso anche sulle questioni territoriali ancora in sospeso.

Simon dichiara che per ciò che riguarda Gadames, Gat e Tummo c’è già il verbale Baccari-Tilho e che non vi è naturalmente nessuna difficoltà per le oasi di Baracat e Feuat, salvo a regolare la questione delle palme di Baracat, che sono, secondo quanto egli afferma, di proprietà collettiva degli abitanti di Gianet. Simon domanda però che l’occupazione di Gat e Gadames da parte nostra avvenga subito, e, su proposta, Theodoli accetta che i rifornimenti e gli scambi avvengano per ora per territorio tunisino.

Fosfati di Tunisia. Questa questione dice Simon è di capitale importanza perl’Italia e tiene a dichiarare che farà di tutto per appoggiarla. Sarà il ministro degli Affari Esteri a trattare la questione, ma, secondo lui, gli italiani debbono avere un trattamento di favore, specialmente date le pretese degli inglesi.

Theodoli dice a Simon che saranno incaricati due tecnici (Nogara e Donegani) di trattare questa questione e conta sul benevolo ed efficace appoggio di Simon.

Abissinia. Simon dice che sia il presidente del Consiglio, sia il ministro degli Esteri sono concordi con lui sulla necessità di trovare una sistemazione pratica dell’accordo a tre del 1906 (mise au point du règlement de l’accord du 1906). Il sistema italiano progettato con le due note del 5 e 25 agosto è pericoloso, perché rischia di aumentare i punti di frizione degli agenti, oltre il pericolo di interventi di altre nazioni, malgrado le buone disposizioni dei Governi interessati. È autorizzato a dichiarare che è indispensabile raggiungere un accordo sia con una formula politica, sia con un compromesso fra i tre gruppi finanziari (uno per ciascuna nazione) destinati ciascuno a mettere in valore la zona sulla quale i tre Governi si saranno intesi. Egli crede che bisogna mettere in presenza i tre uomini che oggi possono rappresentare i tre gruppi finanziari economici industriali della Francia, dell’Inghilterra e dell’Italia.

Per la Francia egli propone il signor Jetten, amministratore delegato del «Chemin de Fer Ethiopien».

Ignorando il Simon la cositituzione dell’«Abissinian Corporation», Theodoli offre di mandargli una di quella che ha.

Data comunicazione a S.E. Tittoni di quanto sopra, questi propone che, onde non eliminare nessun gruppo finanziario o industriale italiano, il presidente del Consiglio preghi il marchese Salvago Raggi di trattare col sig. Jetten, e col rappresentante il gruppo inglese, a nome del costituendo consorzio italiano che deve comprendere tutte le forze del Paese, chiamate ad una impresa così colossale.

319 1 Per la risposta vedi D. 349.

319

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’ALTO COMMISSARIO A COSTANTINOPOLI, MAISSA

T. personale 1230. Parigi, 29 agosto 1919, ore 11.

Prego telegrafarmi se V.E. avrebbe modo sicuro avere rapporti con Mustafà Kemal al quale V.S. potrebbe per ora far soltanto sapere che egli può far personalmente conoscere a V.E. con piena fiducia suoi desiderata ed obiettivi1.

320 1 T. riservato 4603 del 26 agosto, non pubblicato, con il quale Nitti aveva richiesto a Tittoni un parere sulla opportunità di ritirare le truppe italiane dal Montenegro allo scopo di evitare il verificarsi di spiacevoli incidenti.

320

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4637/5705. Parigi, 29 agosto 1919, ore 11,30(perv. ore 14).

Suo telegramma 46031.

In occasione negoziati imminenti circa questione adriatica sarà regolata anche questione Montenegro. Tuttavia di fronte più essenziale questione di diretto interesse italiano esito apparisce piuttosto problematico, anche perché ormai risulta evidente accordo tra Francia e jugoslavi per annessione Montenegro alla Jugoslavia. In questo frattempo non mi sembra opportuno ritirare truppe italiane da Montenegro, in quanto ciò significherebbe nostro disinteressamento con scapito nostra posizione generale di fronte pretese jugoslave. Inoltre non avremmo più alcun modo tutelare forti interessi italiani costituiti in Montenegro. Quanto ai recenti avvenimenti e pericolo di carattere militare, ho indirizzato una nota a Clemenceau quale presidente della Conferenza per fargli presente come continui attacchi contro nostre truppe da jugoslavi rendano situazione intollerabile ed esigano più che mai questione montenegrina venga esaminata e risoluta dalla Conferenza medesima. Ho fatto contemporaneamente telegrafare al generale Piacentini esortandolo a prendere i provvedimenti atti ad evitare che nostri presidi vengano sopraffatti da bande jugoslave con grave discapito nostro prestigio. Successivamente a questi miei passi è giunto da nostro rappresentante a Scutari un telegramma annunziante che situazione in Montenegro tende a migliorare. Ciò sarebbe stato confermato anche da generale francese a Scutari. Comunque fino a quando situazione non sarà completamente chiarita credo necessario che generale Piacentini mantenga provvedimenti da me suggeritigli per fronteggiare eventuali attacchi da parte degli jugoslavi.

321 1 Ed., con varianti, in DBFP, vol. IV, pp. 53 e sgg.

321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4650/5707. Parigi, 29 agosto 1919, ore 20,15(perv. ore 13 del 30).

Testo del telegramma al presidente Wilson1.

1) Ligne du Président Wilson. L’Italie accepte comme frontière est la ligne du Président Wilson. Elle demande seulement qu’au nord d’Albona cette ligne rejoigne la mer au sud de la route Chersano-Fianona, laissant à l’Italie Albona qui est italienne et d’où sont partis de nombreux italiens.

2) Fiume. En ce qui concerne Fiume, deux solutions sont possibile: A) l’État indépendant dans les limites fixées par le président Wilson (sauf la rectification d’Albona), l’île del Cherso faisant partie de l’État indépendant conformement à la ligne du Président Wilson; statut spécial pour la Ville de Fiume, B) La ville même de Fiume donnée en tout proprieté a l’Italie, le district administratif de Susac à la Yougoslavie. Dans cette hypothèse pas d’État indépendant, tout le territoire à l’est de la ligne du Président Wilson et île de Cherso aux yougoslaves. Comme garanties militaires pour l’Italie dans ce cas toute la partie du territoire yougoslave, qui dans l’autre solution aurait constituée l’État indépendant, serait neutralisée; C) dans les deux cas garanties très precises pour les minorités ethniques.

3) Dalmatie. Toute la Dalmatie aux yougoslaves, moins la ville de Zara et l’ île d’Uglian, immédiatement voisin de Zara qui seront placées sous la souveraineté italienne. Les intérêts économiques de l’Italie existant en Dalmatie et les droits des minorités italiennes en Dalmatie seront guaranties.

4) Îles. Les seules îles italiennes seraient par cela Lussin, Lissa, Lagosta et Uglian.

5) Albanie. Mandat à l’Italie avec les frontières de 1913. Pour la frontière albanaise du côté de la Grèce, l’Italie accepte qu’ au lieu de la frontière de 1913 soit adoptée celle proposée par la délégation américaine à la Conférence qui laisse Koritza à l’Albanie et donne Argirokastron à la Grece.

6) Valona. Souveraineté italienne sur la Ville avec l’hinterland strictement néces-saire à sa vie économique et à sa sécureté.

7) Chemin de Fer. Pour le Chemin de Fer d’Assling, l’Italie ne presente plus de demande territoriale. Mais demande seulement des guaranties précises pour l’usage de la ligne. En contre partie aucune cession territoriale ne sera consentie aux yugoslaves dans la Vallée du Drin, mais il y récevront, en ce qui concerne l’usage du Chemin de Fer à costruire, les mêmes garanties qui seraient données à l’Italie pour le Chemin de Fer d’Assling.

8) Neutralisation. La neutralisation générale de toute la côte et les îles depuis la pointe sud de l’Istrie jusqu’ à Cattaro.

322 1 Vedi D. 321.

322 2 Per la risposta vedi D. 328.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4651-4654/5708-5711. Parigi, 29 agosto 1919, ore 20,15(perv. ore 17 del 30).

Stamane ha avuto luogo conferenza tra me Clemenceau, Balfour e Tardieu. Clemenceau ha detto che per definire questione adriatica era necessario che lui e Lloyd George con l’adesione di Polk inviassero un telegramma a Wilson per raccomandargli caldamente una serie di proposte concrete, però questa raccomandazione per avere probabilità di successo dovrà prescindere da quei punti sui quali si sapeva che era irriducibile. Alle proposte concretate da me quando tornai l’ultima volta da Roma, Clemenceau avrebbe dato volentieri sua piena adesione. Però bisognava tener presente che queste erano state portate alla conoscenza di Wilson dalla Delegazione americana, e che Wilson per due volte successive mi aveva mandato a dire che egli non poteva accettarle e si rifiutava persino di discuterle. Quindi Clemenceau ha dato parola a Tardieu perché esponesse un progetto che sostanzialmente fosse quello da me esposto, ma modificato in guisa da renderlo accettabile a Wilson. Dopo che Tardieu ha parlato, Clemenceau ha invitato Balfour ad unirsi a lui per chiedere a Lloyd George di firmare con lui un telegramma a Wilson. Balfour ha pienamente aderito alle idee di Clemenceau; la minuta del telegramma a Wilson la trasmetto a te con telegramma separato n. 57071.

Io ho preso la parola per ottenere che almeno il distretto di Idria e l’isola di Cherso fossero attribuite a noi, invece che allo Stato libero di Fiume, ma Clemenceau e Balfour pur assicurando che per parte loro nulla avrebbero avuto in contrario, hanno tenacemente insistito per non tenerne parola a Wilson, dicendo che per la conoscenza che avevano del carattere di Wilson erano convinti che ciò non avrebbe avuto altro effetto che di disporlo sfavorevolmente, e che il risultato sarebbe stato non già che Wilson avrebbe soltanto respinto questi due punti, perché in tal caso si poteva tentare di farglieli accettare, ma avrebbe, come già aveva fatto due volte, declinato la discussione dell’intero progetto. Da solo io non mi sento di affrontare la responsabilità di accettare, ti prego perciò di dirmi il tuo parere sentendo anche se lo credi necessario, quello del Consiglio dei Ministri. La questione si pone nei seguenti precisi termini: accettare il progetto Clemenceau-Tardieu-Balfour che ha la probabilità ma non la sicurezza di essere accolto da Wilson, ovvero rimandare la soluzione della situazione adriatica, lasciando che gli avvenimenti possano migliorarla o peggiorarla per noi. Vi è chi spera in un possibile miglioramento, ma sarebbe possibile anche un peggioramento ed in ogni caso ne risulterebbe l’impossibilità di trattare le questioni finanziarie ed economiche con l’America. Anche su questo punto è bene chiarire la posizione della questione. L’accordo con Wilson nella questione adriatica ci dà grande probabilità di concludere con America gli accordi finanziari, ma non ce ne dà la certezza. Parmi con ciò averti detto tutto; nel progetto Clemenceau-Tardieu-Balfour si lascerebbe a Wilson la scelta tra due soluzioni della questione di Fiume: o la sovranità italiana sulla sola città di Fiume, dando agli jugoslavi, sebbene neutralizzandola, la zona che nel progetto di Wilson sarebbe assegnata allo Stato libero; o costituzione dello Stato libero compresa la città di Fiume nei termini e modi indicati nel progetto.

Ti prego dirmi se questa alternativa deve essere mantenuta o se preferibile proporre senz’altro a Wilson una delle due indicate soluzioni. A me sembra che se la prima soluzione che darebbe all’Italia la sovranità di Fiume può appagare meglio la sentimentalità del popolo italiano, la seconda dello Stato libero neutralizzato ci garantirebbe meglio dal punto di vista militare poiché mentre coprirebbe da qualunque offesa Pola e Trieste, lascerebbe aperta a noi la via verso Lubiana; infatti nei circoli jugoslavi lo Stato cuscinetto senza futuro plebiscito, il quale plebiscito che io col consenso di Clemenceau e Balfour ho dichiarato mai avrei potuto accettare, è ritenuto una decisione sfavorevolissima per essi. Attendo al più presto una risposta2.

323 1 Vedi DD. 315 e 316.

323

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4643. Roma, 29 agosto 1919, ore 21(perv. ore 16 del 30).

Risposta 5684 e 56901.

Trattato pace con Germania incontra vivace avversione nella Camera e occorrerà tutta energia Governo per farlo approvare. È quindi opportuno anche per tue considerazioni, rinviare discussione alla tua venuta. Credo anche utile che America sappia quanta buona volontà metta Governo italiano per approvare un Trattato che non corrisponde sentimento maggioranza. Farò occupare Camera altri argomenti per una settimana e occorrendo anche più.

324 1 Non rinvenuto.

324 2 Si tratta della nota 662 della legazione serba a Roma del 25 luglio, trasmessa a Sforza lo stesso giorno e ritrasmessa da Manzoni a De Martino a Parigi il 6 agosto con T. posta 18207. Vedi D. 286, nota 1.

324 3 Vedi serie quinta, vol. XI, D. 751.

324 4 Non pubblicato.

324 5 Non pubblicata, ma vedi serie sesta, vol. III, D. 253, in particolare la nota 4.

324 6 Non pubblicata.

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. per corriere 03049. Parigi, 29 agosto 1919.

Mi riferisco al telegramma posta di V.E. n.195881 e allegati relativi evacuazione serbi dall’Albania e nota della legazione serba in Roma2. Condivido le osservazioni fatte dal Ministero della Guerra e dal Comando Supremo alla nota suddetta. Senza essere a conoscenza delle deliberazioni del Consiglio di Versailles in data 7 ottobre 1918 il Governo serbo sa bene che per quanto riguarda la regione di Scutari esso non era autorizzato a tenervi truppe, tanto è vero che queste vennero fatte evacuare per lasciar posto alla guarnigione interalleata. Non sussiste quindi che il fiume Drin sia da ritenere limite estremo al nord della occupazione italiana. A questo proposito si allegano copie dei telegrammi n. 578 e 583 in data 253 e 26 ottobre4 del r. ambasciatore in Parigi dai quali risulta che le sole truppe inglesi francesi e italiane dovevano occupare tale regione a nord del Drin escluso ogni altro esercito.

In secondo luogo la comunicazione fatta dal signor Pichon al r. ambasciatore in Parigi della risposta del voivoda Micič si riferiva alla pratica relativa alle truppe serbe scaglionate lungo il Drin entro frontiera albanese nei territori orientali e non avevano rapporto alcuno con Scutari né se ne faceva menzione come risulta dalla copia qui annessa5. La data di tale comunicazione è del 18 aprile 1919. Per questo punto può valere anche la comunicazione del signor Pasič al Congresso in data 10 aprile la quale si riferiva ai distaccamenti serbi suddetti e non alla regione di Scutari (copia qui annessa)6.

Infine l’accenno fatto a situazione in maggio 1915 non ha alcun rapporto con quella attuale, le operazioni serbe di quel tempo avendo avuto per iscopo di liberare Essad dagli insorti albanesi che lo tenevano chiuso in Durazzo e che potevano costituire molestia per le truppe serbe impegnate a nord contro il nemico.

Quanto sopra converrà portare a conoscenza del Ministero della Guerra e del Comando Supremo perché non sorgano dubbi circa tale questione.

In quanto al corso ulteriore della pratica prego V.E. di volermi tenere informato.

325 1 Il telegramma fu inviato contestualmente anche a Roma, al Gabinetto del ministro, dove pervenne il 30 agosto.

325

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2747/5141. Washington, […] agosto 1919(perv. ore 15 del 29).

Dipartimento di Stato si dimostra pienamente fiducioso che Trattato di pace sarà approvato in definitiva dal Senato con la sola possibile inclusione di qualche clausola interpretativa. Gli emendamenti radicali, che viene proponendo il Comitato per gli Affari Esteri verrebbero tutti respinti dal Senato. Il risultato di una riunione tenutasi ieri sera fra parecchi senatori ed alcuni membri dell’amministrazione ha motivato questa nota ottimista che mi è stata ripetuta stamane da Lansing e da alto funzionario del Dipartimento di Stato. La ratifica del Trattato sarebbe attesa prima di ottobre. Intanto Wilson ha deciso di compiere il già divisato viaggio a sostegno del Trattato, partirà fra una diecina di giorni e toccherà circa 50 centri soffermandosi a parlare nei più importanti. Ho comunicato Roma.

326 1 Il riferimento è ai protocolli del 18-22 agosto 1917, seguiti agli accordi di S. Giovanni di Moriana del 20 aprile dello stesso anno, per i quali vedi serie quinta, vol. VIII, D. 897 e serie sesta, vol. III, D. 528, nota 2.

326 2 Per la risposta di Imperiali vedi D. 336.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI,E A PARIGI, BONIN LONGARE

T. 1236. Parigi, 30 agosto 1919, ore 10.

È stato accennato che in previsione trattative attualmente in corso fra codesto Governo e Governo inglese/francese per regolazione questione Siria si tratterebbe anche questione Palestina. Prego V.E. chiedere quale fondamento abbia tale voce e comunque far conoscere che con richiamo ad art. 3 dell’accordo agosto 19171 noi reclamiamo il diritto di partecipare a qualunque conversazione che possa anche indirettamente aver attinenza con futura sistemazione della Palestina.

Per Londra. Poiché Inghilterra, a differenza della Francia, non riconosce attuale validità accordo 1917 (validità che noi persistiamo a sostenere), V.E. potrà appoggiare suddetta nostra richiesta anche in base ai numerosi e importanti interessi italiani recenti ed antichi già costituiti in Palestina2.

327

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4658/5733. Parigi, 30 agosto 1919, ore 14,10(perv. ore 21).

Stamane Conferenza terminato Trattato Austria. Nella introduzione è stata aggiunta una frase che giustifica la nuova frontiera italiana. Tipografia lavorerà giorno e notte e quindi Trattato potrà essere terminato per martedì e nello stesso giorno potrà essere consegnato alla Delegazione austriaca con termine cinque giorni per dichiarare se intendono firmare. Parto in questo momento per Trouville per vedere Lloyd George.

328 1 Vedi D. 321.

328 2 Vedi D. 322.

328

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4655. Roma, 30 agosto 1919, ore 20(perv. ore 21,45).

A telegramma 57071, 5708 e 57112.

Ho comunicato i tuoi telegrammi al Consiglio Ministri che è riunito mentre ti telegrafo. Noi siamo completamente solidali con te e con la Delegazione e quanto voi farete è pienamente accettato da noi.

Consiglio Ministri e io personalmente riteniamo che ogni ritardo sia a nostro danno e che occorra ormai sistemare al più presto la questione adriatica. Consiglio Ministri lascia a te la scelta della convenienza di proporre a Wilson le due soluzioni o di proporne la sola soluzione dello Stato cuscinetto. Però tutti i colleghi ritengono che la soluzione dello Stato cuscinetto dal punto di vista militare e dal punto di vista dei rapporti politici sia la più conveniente.

Riconfermandoti la nostra più completa fiducia vogliamo ancora una volta dichiararti la nostra più completa solidarietà.

329

IL COMMISSARIO POLITICO A BERLINO, CHIARAMONTE BORDONARO,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

R. 456/320. Berlino, 30 agosto 1919(perv. il 3 settembre).

Ho segnalato a V.E., in precedenti miei rapporti, tutta l’importanza che si annette qui alla questione dell’Alto Adige o Tirolo Meridionale, come dicono i tedeschi. In tutte le conversazioni che ho avuto nei primi tempi del mio soggiorno a Berlino, con personaggi ufficiali e non ufficiali, tutti toccarono quell’argomento, definendolo più o meno come il solo grande ostacolo alla ripresa dei buoni rapporti tra l’Italia e la Germania ed accennando alla speranza di future rinunce e concessioni da parte nostra. L’interesse è così vivo in ogni tedesco che si direbbe che non all’Austria, ma alla Germania stessa abbiamo tolto quella regione.

Per quanto a me direttamente da un pezzo non sia più stato fatto nessun accenno, e per quanto anche la stampa si occupi ora meno di prima della questione, non c’è italiano che arrivi a Berlino a cui i tedeschi con cui si intrattiene non parlino, per prima cosa, della spina del Tirolo meridionale.

Ieri il conte Lerchenfeld, funzionario dell’Auswärtiges Amt che si occupa specialmente delle questioni polacche, in occasione di una visita fatta al generale Bencivenga in relazione agli affari dell’Alta Slesia e delle trattative dirette tra Polonia e Germania, fece cadere, anche lui, il discorso sul Tirolo meridionale e, pur premettendo che parlava per conto proprio e non ufficialmente, gli accennò alla preoccupazione che regna nella opinione pubblica tedesca pel timore che la nostra sovranità possa esplicarsi in modo da soffocare la razza di pura stirpe tedesca che abita quella regione. Gli disse che nulla avrebbe potuto maggiormente offendere il sentimento germanico quanto il sapere snaturalizzato il carattere di due città come Bolzano e Merano, così care al popolo tedesco. Gli chiese se sapesse qualche cosa circa le voci di autonomia e, dichiarando di rendersi conto delle nostre esigenze di carattere strategico, aggiunse testualmente «poco importa se a Bolzano e a Merano ci saranno i vostri carabinieri; quello che importa è che non vada distrutta la traccia della civiltà tedesca».

Il generale Bencivenga gli rispose riaffermando i concetti che avevano guidato l’Italia nel richiedere l’estensione dei suoi confini al Brennero e le ragioni che giustificavano tale richiesta. Gli disse di non saper nulla circa un progetto di autonomia, ma che le tradizioni di liberalità del nostro Paese erano conosciute ed apprezzate fino dagli arabi della Libia e che la preoccupazione da lui espressagli circa la popolazione tedesca del Tirolo meridionale era certamente ingiustificata.

330 1 Vedi D. 319.

330

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,ALL’ALTO COMMISSARIO A COSTANTINOPOLI, MAISSA

T. personale 486. Roma, 31 agosto 1919, ore 18,15.

Per i contatti con Mustafà Kemal di cui al dispaccio del ministro n. 12301 le sarà forse utile riferirsi col Pascià ai miei confidenziali colloqui con lui durante i quali gli assicurai che mai gli interessi italiani sarebbero in contrasto cogli ottomani mentre dal canto suo Mustafà Kemal mi asserì sua simpatia Italia.

331 1 Per la risposta vedi D. 339.

331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale 4671/5755. Parigi, 31 agosto 1919, ore 23(perv. ore 3 del 1° settembre).

La questione tanto dibattuta della Tracia era rimasta sospesa in attesa della risposta di Wilson. Clemenceau e Tardieu che avevano promesso l’intera Tracia alla Grecia e che insieme a Balfour avevano tenacemente sostenuto la loro tesi nelle sedute della Conferenza, erano riusciti a scuotere Polk che personalmente si era dichiarato propenso ad un compromesso e l’aveva raccomandato a Wilson. Anche Venizelos che credeva godere i favori speciali di Wilson si era rivolto a lui con caloroso telegramma. Dopo lunga attesa è arrivata la risposta di Wilson e Polk in via strettamente confidenziale me ne ha comunicato il testo. Gliene sono grato perché nulla meglio e più di questo documento dimostra l’attitudine e la situazione di Wilson nella Conferenza. Wilson non discute ma pontifica, non menziona affatto le opinioni espresse da Clemenceau, Balfour e me, delle quali non si cura; non dà un parere, ma impartisce ordini; il suo telegramma è una sentenza senza appello ed in termini imperativi che non ammettono replica. La Grecia deve avere un piccolo lembo della Tracia occidentale; il resto della Tracia occidentale e tutta la Tracia orientale debbono far parte dello Stato libero di Costantinopoli; Wilson si riserva circa il mandato che in detto Stato dovrà avere una delle grandi potenze ma è evidente che lo agogna. Il favore per la Grecia sparisce di un tratto. Esso altro non era se non un mezzo per far dispetto a Orlando e Sonnino. Orlando e Sonnino se ne sono andati, e Venizelos è con me nei migliori termini. Perciò Wilson che contro il parere di tutti i suoi delegati ed esperti e di Clemenceau e Balfour volle mandare per forza la Grecia a Smirne e tenne in pubblica seduta della Conferenza a dire a Orlando e far registrare nel verbale che non già i greci avevano chiesto di andare a Smirne, ma che a lui era piaciuto mandarveli, Wilson, dico, non si cura più dei greci. Vedremo che cosa farà Clemenceau che si era così apertamente ed acremente compromesso a favore della Grecia. Se cederà vorrà dire che riconosce che Wilson è il padrone al quale non è possibile non obbedire. Noi nel caso speciale non siamo direttamente interessati ed anzi ritenevamo eccessivi gli appetiti della Grecia, però la cosa ci interessa molto come sintomo poiché dimostra che se Wilson nella questione adriatica non vorrà recedere dalle sue decisioni a noi ostili, l’appoggio anche cordialissimo di Clemenceau e di Lloyd George non ci servirà a gran cosa1.

332 1 Vedi D. 232.

332 2 Non pubblicato.

332 3 Non rinvenuto.

332

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4670. Roma, 31 agosto 1919(perv. ore 0,15 del 1° settembre).

Al telegramma 9 agosto1 ho risposto con mio n. 4405, del 12 stesso mese2 annunziando che comm. Salata avrebbe trasmesso direttamente a V.E. promemoria circa ripartizione nazionale popolazione Venezia Giulia e Fiume. Osservavo subito che non esistono elementi numerici documentati a confutazione cifre risultanti da statistiche ufficiali cessato Governo. Poiché memoria spedita da comm. Salata come risulterebbe da telegramma ieri3 non è pervenuta a V.E., comunico che di fronte a statistiche ufficiali austriache le quali ammettono per Istria maggioranza italiani solo per distretti politici Capodistria, Parenzo, Pola, Lussino e Rovigno, devesi per distretto politico di Pisino, secondo cifre ufficiali in maggioranza croato, contrapporre fatto che comuni principali quali Pisino, città Albona e Fianona elessero sempre rappresentanze comunali italiane sebbene diritto elettorale equivalga a suffragio universale. Dicasi altrettanto per comuni a noi contestati nel distretto politico di Volosca quali Moschienizze, Laurana e Veprinaz nonché per tutti indistintamente comuni delle isole di Cherso e Lussino. Questi mi sembrano rilievi principali che possono trarsi nei riguardi territori contestati sul confine orientale Istria che anche volontà popolazioni, sebbene in alcune parti prevalentemente slave di lingua assegna a noi ad Oriente Montemaggiore.

Riguardo a Fiume devesi rilevare che tutte statistiche ufficiali cessato Governo ungherese, dimostrano maggioranza italiana città e distretto, riuscita anche più evidente con notevole diminuzione minoranza slava nel censimento compiuto fine dicembre scorso da Consiglio Nazionale Fiume, sotto controllo Comando interalleato. Per Dalmazia qualora V.E. abbisogni urgenza dati statistici a correzione cifre ufficiali che [sic] è sicuramente posseduto da codesta Sezione Marina Guerra.

333 1 Vedi D. 326, nota 1.

333 2 Vedi D. 321.

333 3 Per la risposta vedi D. 339.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4677-4676/5756-5760. Parigi, 31 agosto 1919, ore 24,part. ore 1 del 1° settembre (perv. ore 5,30).

Torno ora da Trouville. Ho avuto da Lloyd George accoglienze semplici e cordiali e nella conversazione che ha avuto con me egli si è espresso con molta semplice chiarezza. Egli ha fama di impulsivo, non lo era certamente oggi, poiché mi ha parlato sempre con molta calma e ponderazione. Egli innanzitutto ha tenuto ad affermare l’importanza che dà ai rapporti anglo-italiani e si è lamentato acerbamente perché Orlando e Sonnino si sono regolati verso Wilson in tal modo da rendere inutile l’azione che egli ha sempre cercato di spiegare a favore dell’Italia. Per troncare le sue recriminazioni che erano per me imbarazzanti, gli ho detto che era inutile ritornare sul passato e che se io avevo tenuto a vederlo per la mia profonda convinzione di trovare in lui un sincero fautore dei rapporti intimi tra Inghilterra e Italia [sic]. Egli mi ha espresso la sua soddisfazione per questa mia dichiarazione, ha ricordato con compiacenza i rapporti avuti con me, e ha detto che era pronto a discutere subito e con vivo desiderio di secondarmi i problemi che interessano l’Italia. Entrando subito in materia ha cominciato con l’Asia Minore. Io ho svolto la mia tesi dimostrandogli che, quando anche non dovesse esserci data Smirne in amministrazione come prevedevano gli accordi dell’agosto 19171, il minimo che dovrebbe spettarci sarebbe il vilayet di Konia che comprende Adalia, quello di Aidin come piccola parte di quello di Brussa. Lloyd George mi ha risposto l’impossibilità di eseguire alla lettera l’accordo del 1917 è rivelata non soltanto a nostro riguardo, ma anche a quello della Francia, alla quale egli non può consentire quella parte della Siria dove gli arabi sono decisamente ostili alla Francia ed alla quale Wilson non intende affatto dare la Cilicia.

Lloyd George, riferendosi anche a dichiarazioni che fece durante la guerra e delle quali il Governo italiano del tempo come di molte altre cose ebbe il torto di non curare, ha detto che poiché pareva che dovesse prevalere il concetto di mantenere la integrità della parte turca dello Impero ottomano in Asia non era possibile che noi avessimo una vera e propria sovranità in una parte della Tracia. Egli riconosceva giusto che noi avessimo una larga zona di influenza che può essere benissimo quella da me indicata nella quale fossero riservate a noi tutte le concessioni di ferrovie, porti, miniere, derivazioni di acque, terreni da bonificare e coltivare, verso la quale noi potessimo dirigere una parte della nostra emigrazione. Tutto ciò però senza occupare il Paese con truppe poiché ciò ripetendosi, già mi avevano detto gli americani, ed io ti avevo riferito, egli non riteneva possibile senza l’invio di almeno 100 mila uomini affrontando peggio che una vera guerra e cioè una lotta di guerriglie e imboscate che avrebbe durata chi sa quanti anni. Avendo io obiettato non essere possibile che la nostra affermazione in quella regione non rivestiva anche un carattere politico come quella inglese in Mesopotamia o francese in Siria, né che il privilegio economico a noi concesso non fosse assicurato da una garanzia nelle nostre mani, né che gli italiani che noi dovremmo inviare colà per trasformare il Paese fossero sottoposti alle autorità ed alla polizia turca, ha risposto che potevamo aver garanzie speciali, e riferendosi alla menzione che io ne avevo fatto nel corso della mia conversazione, avrebbero potuto essere qualche cosa di simile di quelle che l’Austria e la Russia concordarono già per Macedonia nel patto di Mürzsteg come la designazione di un nostro residente e di un nostro capo della gendarmeria, e che inoltre col tempo, se avessimo saputo cattivarci l’animo di quelle popolazioni con savia amministrazione e con danaro bene speso in guisa da indurle a desiderare il nostro protettorato [sic]. Lloyd George mi ha pregato di studiare in tutti i suoi dettagli un progetto che dia piena soddisfazione agli interessi italiani nella regione da noi desiderata, in guisa poter essere applicata quando la Conferenza decidesse che non deve farsi luogo alla spartizione della Turchia. Quanto alle miniere di Eraclea, Lloyd George si è dichiarato favorevolissimo a qualsiasi combinazione che senza pregiudicare la questione politica e territoriale assicuri all’Italia il settantacinque per cento del carbone di Eraclea al puro prezzo di costo. La menzione di Eraclea ha dato luogo ad una discussione nella questione generale del carbone che egli riconosce essere per l’Italia vitalissima.

Mi ha esposto le difficoltà in cui si trova per gli scioperi da un lato e dall’altro per la diminuzione delle ore di lavoro e della volontà di lavorare dei minatori. Mi ha assicurato che appena la situazione migliorerà non mancherà di interessarsi perché venga aumentato il contingente italiano e mi ha invitato, nel discorso che dovrò fare alla Camera italiana, di rivolgere ai minatori inglesi un appello nell’interesse dei lavoratori e delle industrie italiane affinché aumentino la produzione del carbone per l’Italia. Io veramente non ho grande fiducia in un simile appello ma certamente Lloyd George è miglior giudice di me del suo Paese e perciò ho promesso di contentarlo.

Finalmente il discorso è caduto sulle questioni adriatiche. Lloyd George rimprovera nostro predecessore di non aver capito in tempo che Wilson sarebbe stato arbitro della pace e di essersi rivolto a lui tardi e di non averne saputo evitare incidenti per questione di forma e personalità irritanti. Lloyd George era stato informato già del telegramma di Wilson circa Tracia, ma non ne conosceva testo che gli ho mostrato. Ne ha tratto partito per ripetermi che Wilson continua a fungere da vero arbitro e giudice inappellabile di tutte questioni. Ha detto ridendo che quando Wilson prolungava suo soggiorno Parigi gli è stato diretto dall’America telegramma così concepito: «Affrettatevi tornare, altrimenti correrete rischio trovare che è stata proclamata repubblica». Lloyd George ha concluso che è vano pensare di risolvere la questione adriatica contro il volere di Wilson, ma che egli scriverà molto volentieri insieme Clemenceau il telegramma di calda e premurosa raccomandazione nei termini che Clemenceau stesso gli ha fatto pervenire ieri a mezzo del suo segretario Kerr, che sono quelli che ti ho esposto nel mio telegramma 57072. Lloyd George perché ci sia speranza che Wilson accetti le proposte, proporrebbe due modificazioni e cioè che i poteri che saranno conferiti alla città di Fiume dal suo statuto speciale non debbano estendersi al porto e che per Zara invece che di sovranità si parli di mandato o protettorato italiano. Lloyd George si è accomiatato cordialmente da me ripetendomi che egli dà grande importanza ai rapporti anglo-italiani, che desidera il più possibilmente intimi ed amichevoli3.

334 1 Non è stata rinvenuta la versione inglese presumibilmente inviata a Wilson del testo che qui si pubblica.

334 2 Il telegramma fu in realtà spedito il 2 settembre. Per la datazione vedi D. 360.

334 3 Per la risposta di Wilson vedi D. 360, ove essa è riportata così come trasmessa a Tittoni. Per la versione originale vedi W. Wilson, vol. 62, pp. 60 sgg.

334

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA, WILSON

T. personale1. Roma, 31 agosto 19192.

Posso esprimervi in questo momento la mia opinione personale, la mia intima preoccupazione, le mie speranze. Io mi rivolgo a voi, caro presidente, con sincera fiducia. Voi sapete le mie idee e voi sapete i miei sentimenti verso di voi e verso l’America. Ciò che io faccio non è forse strettamente nelle consuetudini diplomatiche, ma io desidero rivolgermi personalmente a voi con sincerità di sentimento.

Sono profondamente convinto che la vostra più cordiale intenzione non è mai mancata un solo momento verso il popolo italiano. Voi conoscete meglio di ogni altro la grandezza della nostra civiltà passata e futura. Voi siete un uomo troppo giusto per non sentire lo sforzo che l’Italia ha fatto nella guerra. Io vi considero come un amico del nostro popolo e dell’Italia. Credo pure che agenti italiani in alto e in basso possano avere errato e aver dato con certi loro atti l’indizio di una tendenza e di una politica che non sono dell’Italia.

Vi confesso che io stimai sempre pericoloso chiedere larghi territori in Dalmazia perché altri poteva vedere in ciò una nostra pretesa a un’avanzata sull’altra sponda. Ma nel vostro spirito di giustizia dovete pensare che cosa avrebbero fatto altre potenze se avessero avuto come noi tradizioni sacre su una sponda opposta, tradizioni che un popolo giovane e intemperante vuole distruggere. Con la stessa profonda sincerità vi dico però che non è stata fatta giustizia presso di voi, persuadendovi che si doveva spezzare la nostra Istria che già Dante disse tutta italiana. I popoli vivono sopra tutto di sentimento e di tradizione e l’Italia vuole mantenere la sua vecchia grande civiltà che ancora tanta luce deve dare al mondo. Devo anche togliere un dubbio dal vostro animo. Non pochi sono in America che credono in buona fede che l’Italia possa ancora desiderare nuove avventure di guerra. Alcuni organi poco autorevoli della stampa italiana (quale Paese non ha la sua stampa gialla) hanno con il loro linguaggio autorizzato questa assurda concezione. Il prossimo futuro vi mostrerà dove è in Europa una più profonda volontà di progresso di concordia e di pace.

Noi dobbiamo essere una grande democrazia di lavoro e il cammino dell’Italia è sicuro. Io tengo sopra tutto a un’unione sincera con gli Stati Uniti d’America che voi degnamente rappresentate. È anche per questo che vorrei con la vostra iniziativa rendeste giustizia all’Italia e che voi ci deste prova del vostro interessamento. Quando le passioni in parte scusabili di certe minoranze saranno sbollite, tutti saranno lieti di rendere giustizia alla vostra opera come io vi rendo ora. Credetemi, caro presidente, chi vi ha dipinto un’Italia imperiale che vuole opprimere altre genti vi ha mentito. Non è questa l’Italia nobile e democratica che io rappresento in questa ora nel mondo. Ma anche la vera Italia in nome di cui io parlo a voi, come ad amico, sente che vi è un minimo cui ha diritto. Questa Italia serena e operosa, questa Italia di pensatori e di lavoratori voi vedrete fra pochi anni cordiale e amica degli slavi. Ma essa deve sentire che non le si volle far torto. So che Lloyd George e Clemenceau hanno compreso lo spirito di alcune nostre richieste. Ma io ho fiducia che voi sentirete l’appello personale che io vi dirigo. Le moderate richieste del ministro Tittoni voi potete accogliere con tutta serenità. Comunque voi dovete sentire che l’appello personale che io dirigo a voi è inspirato dagli stessi ideali che voi avete e dagli stessi sentimenti che dirigono la vostra condotta. E io spero di non essermi rivolto invano a voi3.

335

IL MINISTRO A BUCAREST, MARTIN FRANKLIN,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2820/109. Bucarest, 31 agosto 1919(perv. ore 11 del 7 settembre).

Bratianu mi ha detto oggi che di fronte al malvolere potenze, pensa se non convenisse Romania ritirare sue truppe da Budapest. Romania attaccata da Ungheria l’aveva battuta rovesciando Governo Bela Kun rendendo così immenso servizio Europa che pur desiderandolo non aveva osato agire contro minaccioso comunismo. Dopo ciò Romania aveva cercato concludere armistizio che impedisse ritorno offensiva magiara e la compensasse immenso danno subito invasione austro-tedesca. Aveva pure cercato fare sorgere Budapest Governo democratico anti-slavo. Le potenze avevano fatto recisa opposizione Romania e Italia stessa non aveva voluto o potuto appoggiare questa politica rumena pur rispondente a interessi italiani. Se rumeni abbandonano Budapest, Europa e specialmente Italia avrebbero subito conseguenze perché a Budapest sarebbe ricominciata comune anarchia o sorto Governo reazionario con tendenza restaurazione Asburgo e intesa con slavi. Risposi a Bratianu che ero convinto che con reciproca buona volontà si potrebbe trovare il modo d’intendersi rinnovando assicurazione favorevole disposizioni italiane e scongiurando qualsiasi decisione avventata che comincia col danneggiare interessi rumeni.

336 1 Vedi D. 326.

336

L’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2777/1225. Londra, 1° settembre 1919, ore 11(perv. ore 9 del 2).

Telegramma di V.E. 12361.

Graham che in assenza di Curzon e Hardinge regge ora Foreign Office, mi ha ripetuto quanto in ogni circostanza mi ha invariabilmente detto, cioè che nelle questioni trattate a Parigi, Foreign Office non interviene e che conviene quindi discorrerne colà. Ha confidenzialmente aggiunto che di quanto si discute e si decide dalla Delegazione, Foreign Office è informato a cose fatte ed in modo sommario. Ciò stante parmi che a raggiungere intento, unico metodo efficace e sbrigativo sia od una parola diretta di V.E. a Balfour, ovvero una comunicazione a Crowe.

337 1 Con T. riservato 4707 del 2 settembre, non pubblicato, Nitti rispose: «È stato oggi stesso qui da Roma disposto il passo presso i cattolici sociali di Vienna».

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservatissimo 4679/5765. Parigi, 1° settembre 1919, ore 11,15(perv. ore 12,50).

Renner ha inviato stamane a Vienna un telegramma per indire la convocazione straordinaria della assemblea particolare pel 5 e quella della assemblea nazionale pel 6 settembre. Ove dette assemblee gli rinnovassero il mandato per la firma del Trattato, Renner sarebbe di ritorno a Saint Germain per la mattina dell’8 settembre e la firma del Trattato potrebbe avere luogo il 10. Renner farà il possibile per ottenere la firma del Trattato di pace ma teme la opposizione dei cristiano-sociali. Una parola del Vaticano che giungesse a Vienna per costoro potrebbe essere molto utile1.

338 1 Nitti rispose con T. 4716 del 3 settembre, non pubblicato, comunicando che Grazioli era giunto a Roma il giorno precedente e non sarebbe ritornato a Fiume.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4680/5769. Parigi, 1° settembre 1919, ore 11,15(perv. ore 13,15).

Clemenceau è l’uomo preso dalla ossessione di Grazioli. Ho ormai visto che egli impressionabile ed impulsivo dà più importanza alle questioni personali che a quelle di principio. Ti prego perciò di farmi sapere al più presto possibile che Grazioli ha lasciato Fiume1.

339 1 Vedi D. 331.

339 2 Vedi D. 333.

339

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4685. Roma, 1° settembre 1919, ore 19(perv. ore 9 del 2).

Risposta 57551 e 57602.

Quanto telegrafi dimostra come tutta nostra politica estera sia stata serie continua errori andando ferire proprio Wilson arbitro assoluto tutte decisioni. Spero potrai riparare in qualche cosa ai danni commessi finora. Quanto ti ha detto Lloyd George parmi risponda perfettamente realtà. Vanno benissimo modificazioni proposte da Lloyd George alle proposte da fare a Wilson per sistemazione adriatica. Nulla cambiano fondamentalmente e noi abbiamo bisogno far presto. Tutti colleghi sono concordi che ritardo è a nostro danno e sono completamente solidali in quanto farai.

340 1 Per la risposta vedi D. 343.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4692/5797. Parigi, 1° settembre 1919, ore 21(perv. ore 23,45).

Stampa francese ha tenuto, circa inchiesta Fiume, contegno riservato e prudente. Stasera Temps lamenta che alcuni giornali italiani invece di imitare la riserva della stampa francese, pubblicano contrariamente al vero che inchiesta è riuscita sfavorevolmente per Francia. Per evitare reazione di questa stampa, riterrei opportuna pubblicazione commento ufficiale che dicesse che conclusioni Commissione, improntate a grande imparzialità, sono state accettate da Governo italiano e francese, che incidente quindi devesi considerare chiuso e deve essere vietata entrambi pubblicazione di notizie inesatte, le quali tenderebbero a turbare i buoni rapporti tra i due Paesi1.

341 1 Per la risposta vedi D. 344.

341

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4693/5800. Parigi, 1° settembre 1919, ore 21(perv. ore 1,30 del 2).

Stamane prima della Conferenza ho veduto Clemenceau il quale ha appreso da me con grande soddisfazione che Lloyd George approvava il progetto di sistemazione adriatica ed era pronto a firmare insieme a lui il telegramma a Wilson. Clemenceau era irritato pel telegramma di Wilson circa la Tracia. Mi ha detto che bisognerà rispondere a Wilson, ma che desiderando egli con Lloyd George portare tutto il peso della pressione che possono esercitare su Wilson a favore della questione adriatica, avrebbero lasciato a Polk il compito di riferire a Wilson le obbiezioni che nella seduta odierna della Conferenza egli si proponeva di fare alla proposta di Wilson per la Tracia. Polk, per portare anche egli il suo concorso presso Wilson nella questione adriatica, ha chiesto tempo fino a domani mattina per terminare lo studio del progetto. Clemenceau quindi prevede che il telegramma a Wilson potrà essere spedito dopodomani. Appena sarà spedito ti preverrò affinché tu possa telegrafare a tua volta. Clemenceau ha così terminato il suo discorso: «io non intendo cedere a Wilson per la Tracia. Se non ci metteremo d’accordo la soluzione sarà rinviata a tempo indeterminato. Così per l’Adriatico, se egli non accettasse il progetto che abbiamo concordato e che rappresenta il massimo delle concessioni che voi potete fare, io consiglierei che dicessimo a Wilson che quello rappresenta il punto di vista anglo-franco-italiano che non può essere modificato. Voi quindi resistereste a Wilson in piena solidarietà colla Francia e coll’Inghilterra e non vi trovereste contro Wilson, la Francia e l’Inghilterra, come per colpire loro si erano posti Orlando e Sonnino». Poiché tu ed i colleghi del Gabinetto convenite meco che la soluzione dello Stato cuscinetto è quella a noi più favorevole, ho definitivamente scartata l’altra, perché la clausola di neutralizzazione di detto Stato e di tutta la costa ed isole fino a Cattaro riesca efficace. Ti pregherei di chiedere a Diaz e Thaon di Revel di formularla in tutti i suoi particolari1.

342 1 T. 2723/1947 del 26 agosto, non pubblicato, con il quale Borghese aveva informato Tittoni di un passo compiuto tramite un suo fiduciario dal conte Bethlen, con il quale si sollecitava un intervento dell’Italia atto ad agevolare trattative ungaro-romene e ad aumentare in questo modo il favore dell’opinione pubblica ungherese verso l’Italia.

342

IL COMMISSARIO POLITICO A VIENNA, BORGHESE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 2787/2014. Vienna, 2 settembre 1919, ore 13,20(perv. ore 19,15 del 3).

Mio telegramma n. 19471.

È venuto ieri fiduciario Bethlen rimasto a Budapest per trattative costituzione Gabinetto, per chiedermi da parte sua di insistere ancora una volta presso V.E. affinché cessino rovinose requisizioni da parte rumeni che oltre irreparabile danno Paese creano rancore profondo nella popolazione e ritardano accordo favorevole. Non appena questo venisse creato, Bethlen sarebbe disposto iniziare trattative con rumeni presentando proposte e contro proposte ungheresi per le quali ritiene potere ottenere consenso unanime nuovo Gabinetto in formazione. Bethlen a questo proposito prega V.E. volere altresì usare sua alta influenza per facilitare trattative non solo da parte Governo rumeno ma anche opinione uomini politici Transilvania. Avendo avuto impressione che Bethlen per queste trattative con Romania considerasse forse come già acquisito il consenso e l’appoggio, di massima almeno, del R. Governo credetti opportuno far notare che alla comunicazione con la quale esponevo base trattative stesse non mi è fino ad ora giunta risposta.

343 1 Tittoni rispose con T. riservato 4717 del 3 settembre, non pubblicato, dichiarandosi concorde con l’avviso espresso da Nitti.

343

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4700. Roma, 2 settembre 1919, ore 14,50.

Notizie pubblicate dai giornali italiani circa inchiesta Fiume, dati nostri ambienti e nostri ordinamenti, salvo qualche rara eccezione, furono sufficientemente misurate. Anche tono errato alcuni giornali non ha avuto seguito ed ora della cosa non si discute quasi più.

Per evitare ripresa polemiche, che con grandi stenti furono contenute, non mi sembrerebbe opportuna pubblicazione comunicato alla quale potrebbe ricorrersi solamente ove se ne manifestasse necessità per nuovi atteggiamenti stampa italiana.

Pregoti farmi conoscere se concordi tale avviso1.

344 1 Vedi D. 341.

344 2 Vedi D. 347.

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4709. Roma, 2 settembre 1919, ore 20,30.

Risposta 58001.

Sarà bene non inasprire ancora Wilson per questione Tracia prima aver sistemato questione adriatica. Diaz e Thaon de Revel sono assenti. Domattina ti telegraferò formula neutralizzazione Stato cuscinetto proposta da Badoglio e ammiraglio Sechi2.

345

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4708. Roma, 2 settembre 1919, ore 20,45.

Oggi arrivato Grazioli domattina conferirà con me.

Stamane tornato Sua Maestà oggi ho conferito lungamente con lui anche di politica estera. Benché soluzione questione adriatica e modesti risultati coloniali non gli diano alcun entusiasmo conviene nella necessità di non tardare oltre definizione pace. Ogni ritardo costituisce oramai maggiore debolezza perché non ottenendo crediti, situazione economica aggrava e diminuisce nostro potere resistenza.

Paese è ormai rassegnato. Domani alla Camera credo seduta tranquilla, Ministero avendo situazione vero monopolio dopo replicati voti fiducia.

Discussione Caporetto si annunzia breve e non troppo aspra. Giolitti non interverrà alle sedute. Orlando interverrà alle discussioni solo se sarà attaccato.

346 1 Con T. 03177 del 5 settembre, non pubblicato, Tittoni rispose dichiarando di approvare le considerazioni esposte da Bonin Longare e facendo altresì presente che si era già intervenuti presso la stampa italiana per indurla ad «un maggiore riserbo sulla questione degli incidenti di Fiume».

346

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 344. Parigi, 2 settembre 1919.

Credo dover segnalare alla speciale attenzione dell’E.V. il comunicato Havas di iersera che smentisce in modo categorico l’informazione pubblicata da alcuni giornali italiani secondo la quale le conchiusioni dell’inchiesta internazionale per gli incidenti di Fiume sarebbero state sfavorevoli alla Francia. La forma e sopratutto il tono del comunicato rivelano chiaramente che esso emana direttamente dal Gabinetto del sig. Clemenceau. Non so quali siano i giornali italiani che hanno pubblicato la notizia così smentita, ma è certo che essi arrischiano di recare grave danno ai nostri interessi, i quali da un lato richiedono che delle conchiusioni dell’inchiesta si parli il meno possibile (cosa alla quale si sono finora prestati interamente i giornali francesi), dall’altro che non si sollevino inutili incidenti con il sig. Clemenceau, la cui impulsività è ben nota. Sarebbe quindi indispensabile richiamare, per quanto è in facoltà del Governo, la nostra stampa a un più prudente riserbo sul delicato argomento1.

347

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4726. Roma, 3 settembre 1919, ore 21,20.

Sottocapi Stato Maggiore Esercito e Marina, generale Badoglio e ammiraglio Mortola, quest’ultimo con pieno accordo ministro Sechi, propongono seguente schema convenzione per neutralizzazione litorale jugoslavo e Stato neutro di Fiume.

1) La costa orientale dell’Adriatico da confine italiano fino alle rade ed ancoraggi il cui insieme è genericamente denominato Bocche di Cattaro, e cioè fino al Capo Zukovak e tutte le isole appartenenti allo Stato jugoslavo ed allo Stato di Fiume, nonché le corrispondenti acque territoriali, sono neutralizzate.

2) Tali acque e i porti della costa e delle isole sono aperti alle navi mercantili di tutte le nazioni, mentre sono interdetti in modo formale ed a perpetuità alle navi da guerra di qualunque bandiera.

3) A meglio garantire gli interessi commerciali e marittimi delle varie nazioni, lo Stato jugoslavo e quello di Fiume acconsentiranno che esse, nei porti del litorale, istituiscano i loro consolati in conformità del diritto internazionale.

4) In conseguenza del principio stabilito dall’art. 1, viene meno la necessità di disporre nella zona neutralizzata di mezzi sia offensivi che difensivi; debbono quindi lo Stato jugoslavo e quello di Fiume impegnarsi: a) distruggere le attuali fortificazioni e non costruirne di nuove; b) non conservare né creare alcun arsenale militare; c) non possedere idrovolanti, torpedini, siluri, reti e materiali per costruzioni e depositi di armi; d) non possedere navi da guerra di qualsiasi tipo.

348 1 Per il seguito della questione vedi D. 354.

348 2 Nitti rispose con T. riservato 4725 del 4 settembre nei seguenti termini: «Son lieto che Polk e Johnson entrino nelle tue direttive. Telegraferò subito a Wilson secondo mi indicherai».

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4732/5832. Parigi, 3 settembre 1919, part. ore 1,30 del 4(perv. ore 7).

Polk aveva chiesto ancora un po’ di tempo per esaminare proposte per l’Adriatico concordate da me con Clemenceau e Lloyd George. Terminato esame mi ha mandato Johnson, che tra tutti gli americani qui presenti ha qualche influenza su Wilson e con Wilson si è dimostrato sempre parziale a favore degli jugoslavi. In una conversazione che è durata un’ora e mezza, Johnson ha fatto su me vive pressioni perché facessi altre concessioni. Gli ho dimostrato con validi argomenti che io ero già andato al di là di quanto si poteva da me ragionevolmente pretendere prima. Johnson finalmente è rimasto persuaso e mi ha dichiarato che la Delegazione americana avrebbe appoggiato le proposte presso Wilson1. Ne ho informato subito Clemenceau e stasera ho veduto Tardieu il quale entro domani redigerà il telegramma per Wilson che con la firma di Clemenceau e Lloyd George potrà partire venerdì mattina. Te lo comunicherò subito affinché tu possa telegrafare a tua volta. Polk mi ha detto che avendo Wilson già iniziato il suo viaggio di propaganda, i telegrammi da Parigi gli giungono ora dopo tre giorni2.

349 1 Vedi D. 319.

349

L’ALTO COMMISSARIO A COSTANTINOPOLI, MAISSA,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 2811/1081. Costantinopoli, 5 settembre 1919, ore 9(perv. ore 12 del 6).

Rispondo al telegramma di V.E. n. 12301.

Ritengo aver trovato modo sicuro per rapporti persona indicata. Gli ho intanto inviato verbalmente ed a titolo personale messaggio suggerito da V.E.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4746/5863. Parigi, 5 settembre 1919, ore 12(perv. ore 18,15).

Mi pare che Giornale Italia seguendo solito sistema cerchi sollevare una agitazione intorno ai risultati della inchiesta di Fiume. Ove ciò fosse, ed ove altri giornali vi si associassero, il miglior modo di troncarla subito sarebbe che tu ti facessi interrogare alla Camera. La risposta è ben facile: se c’è qualcuno che è malcontento perché la occupazione di Fiume non è esclusivamente italiana, non è con il Gabinetto attuale che deve prendersela, ma bensì con il Gabinetto precedente, il quale consentì che Fiume fosse esclusa da linea di armistizio. Inoltre, quando dopo l’armistizio entrarono quasi contemporaneamente in Fiume le truppe italiane, francesi e serbe, fu il precedente Gabinetto che consentì alla decisione presa allora dagli alleati che la occupazione di Fiume dovesse avere carattere interalleato. Quindi il carattere interalleato della occupazione che, benché il comando sia italiano, dà a tutti gli alleati uguali diritti, indipendentemente da numero del loro contingente militare, è un fatto compiuto che noi abbiamo trovato e che non potevamo cambiare. Quanto alla inchiesta dopo i gravi incidenti in seguito dei quali ci furono da parte dei francesi numerosi morti e feriti, il diritto della Francia di chiedere l’inchiesta era evidente, come era evidente dato il carattere dell’occupazione che l’inchiesta dovesse essere circuita [sic] alleati. Quindi noi facemmo benissimo a proporre l’inchiesta senza attendere che fosse domandata e potesse avere l’apparenza di una imposizione da noi subita. Era un dovere internazionale elementare, e la dignità di una grande nazione non consiste come taluni credono nel sottrarsi ai doveri internazionali, ma al contrario nel dimostrarsi ad essi sempre pronti ad adempierli. Basti ricordare all’uopo l’attitudine dell’Inghilterra nel noto incidente di Dogger Bank. Eseguita l’inchiesta, della quale per noi la migliore garanzia d’imparzialità è stata la presenza di un generale che si era grandemente distinto nella nostra guerra, era naturale che noi accettassimo le conclusioni che portano anche la sua firma. Lo stesso ha fatto il Governo francese. L’incidente risoluto così onorevolmente e nelle forme del diritto internazionale non ha in alcuna guisa turbato i rapporti fra i due Paesi che sono veramente intimi e cordiali. Le varie proposte della Commissione hanno carattere provvisorio poiché si riferiscono alla provvisoria occupazione interalleata ed in nessun modo possono influire sulla risoluzione definitiva che è affatto indipendente da essa.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 5865. Parigi, 5 settembre 1919, ore 12,30.

Poiché Giornale d’Italia pubblica risultati incompleti dell’inchiesta di Fiume, che sono riprodotti dall’Agenzia Havas ieri sera, credo che sarebbe bene pubblicare intere conclusioni; infatti Giornale d’Italia, non so se in buona fede o meno, in primo luogo non dice che generale comandante la brigata italiana risiederà a Fiume e continuerà ad avervi il comando delle forze interalleate; secondo, oltre cambiare il personale della base fiumana la Commissione esprime il voto che questa sia soppressa il più presto possibile; terzo, la polizia sarà fatta da agenti americani e inglesi non permanentemente, ma solo provvisoriamente fino a che sarà creata la polizia locale. Formalmente la Commissione termina così le sue conclusioni «nulla deve essere negletto perché il perfetto accordo e il cameratismo che fuori di Fiume è sempre esistito fra l’esercito francese e quello italiano così degni l’uno dell’altro siano ristabiliti per l’interesse comune e per condurre a fine la grande opera della pace».

352

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4739. Roma, 5 settembre 1919, ore 13,10.

Ho veduto iersera Scialoja e ci siamo trovati completamente accordo giudizio situazione. Riparte dopodomani sera, credo che meglio sarà definire presto nostra situazione perché ritardo è dannosissimo. A Fiume vi è molto fermento ma spero contenere movimento senza troppi inconvenienti. Venendo tu domenica 14, martedì 16 si può mettere Trattato con Germania ordine del giorno. Bisogna poi discutere Trattato con Austria e quindi sistemazione adriatica. Faremo in tempo a discuterla? Sarebbe spiacevole rimandare altra legislatura questo pericoloso argomento. Camera attuale approverebbe senza troppe difficoltà sistemazione che riuscirai ottenere, nuova Camera sarà sempre più agitata. È stato spedito telegramma a Wilson?

353 1 T. 4734/5851 del 4 settembre, non pubblicato, con il quale Tittoni riassumeva i temi trattati nella seduta del Consiglio Supremo del 4 settembre e preannunciava il suo arrivo a Roma per il 14 settembre.

353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4740. Roma, 5 settembre 1919, ore 13,20.

Risposta 58511.

Prendo tutte disposizioni per tuo ritorno domenica quattordici.

Potremmo discutere martedì sedici Trattato di pace con Germania e subito dopo quello con Austria. Domani probabilmente comincia discussione inchiesta Caporetto. Farò in guisa che avvenga con tono elevato e patriottico.

354 1 Per la risposta vedi D. 360.

354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4750/5881. Parigi, 5 settembre 1919, ore 19(perv. ore 21,45).

Stamane in riunione privata fra me, Clemenceau, Balfour, Polk, e Tardieu è stato letto il testo del telegramma per Wilson. Balfour e Polk all’ultimo momento volevano qualche modificazione sostanziale. Io mi sono recisamente opposto e Clemenceau mi ha appoggiato con molta energia. Balfour e Polk non hanno insistito. Kerr segretario di Lloyd George parte stasera per portargli il testo del telegramma. Domani mattina telefonerà l’adesione di Lloyd George che ritengo immancabile avendola già data a me preventivamente. Appena giunta l’adesione, partirà il telegramma di Lloyd George e Clemenceau per Wilson e partirà altro simile telegramma di Polk a nome della Delegazione americana. Intanto tu puoi preparare il telegramma per Wilson nel quale non occorrerà che tu ripeta il testo proposto, bastando che al riguardo tu ti riferisca a quanto gli avranno telegrafato Clemenceau e Lloyd George. Appena giunta adesione di Lloyd George telegraferò. Balfour lascerà Parigi lunedì sera, non si sa ancora chi lo sostituirà. Lloyd George venendo qui per la firma del Trattato coll’Austria si tratterrà tre o quattro giorni. Io partirò per Roma appena firmato il Trattato coll’Austria. Se la Conferenza sospenderà i suoi lavori, mi farò sostituire da Scialoja durante la mia assenza1.

355 1 Macchi di Cellere rispose il giorno stesso con T. 523, non pubblicato, riassumendo il tenore degli interventi degli eminenti italiani che erano stati ascoltati dinanzi alla Commissione indicata da Tittoni. Vedi al riguardo il D. 314, ma anche per gli sviluppi della questione i DD. 370 e 373.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 5891. Parigi, 6 settembre 1919, ore 12,45.

Prego V.E. telegrafarmi tutti i particolari dell’audizione degli italiani presso la Commissione del Senato, che dovrebbe avere luogo oggi 6 settembre1.

356 1 Per la risposta vedi D. 357.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4760/5902. Parigi, 6 settembre 1919, ore 17,55(perv. ore 20,40).

Renner ha fatto sapere che partirà da Vienna domenica sera ed arriverà qui martedì. Clemenceau ha proposto che la firma del Trattato abbia luogo mercoledì a Saint Germain colla stessa cerimonia per la firma del Trattato con Germania. Lunedì sarà comunicato alle piccole potenze il Trattato con Bulgaria e martedì sarà presentato alla Delegazione bulgara. Balfour mi ha partecipato che Lloyd George verrà qui per la firma del Trattato e si tratterrà tre o quattro giorni. Avendo io necessità di conferire ancora con lui e avendomene egli stesso manifestato il desiderio quando mi accomiatai da lui a Clairefontaine, mantengo fissa la mia partenza per sabato. Perciò tu puoi fare addirittura iscrivere il Trattato di pace colla Germania all’ordine del giorno della seduta di martedì sedici. Nella stessa seduta potremo presentare alla Camera il Trattato di pace coll’Austria. Puoi quindi intenderti col presidente della Camera per la nomina della Commissione che dovrebbe mettersi al lavoro subito. Se fino da ora vi mettete d’accordo circa il relatore questi potrebbe cominciare subito lo studio del Trattato su una delle copie che io ho mandato al Ministero degli Esteri in guisa da presentare sollecitamente la relazione della quale la Camera potrebbe iniziare la discussione appena finita quella dal Trattato colla Germania1.

357 1 Vedi D. 356.

357 2 T. 5896 del 6 settembre, non pubblicato, con il quale Tittoni comunicava di aver ricevuto notizie positive dalla Delegazione austriaca circa l’accettazione del Trattato di pace.

357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4766. Roma, 6 settembre 1919, ore 22,15.

Risposta 59021 e 58962.

Sono molto contento delle notizie che mi comunichi. Per quanto male composta, credo sia opportuno Commissione Trattato Germania si occupi anche quello con Austria e prendo tutti accordi in tempo. Se si potesse definire anche prima tua venuta questione adriatica, sarebbe vera fortuna. Il Paese ha bisogno di uscire da queste incertezze e abbiamo bisogno di credito e di sicurezza.

358 1 Non rinvenuto.

358

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4768. Roma, 6 settembre 1919, ore 23.

Situazione truppe in Albania.

Richiamo la tua attenzione sul foglio n. 1312 op. del 24 agosto proveniente dal Comando Supremo1. La questione albanese mi preoccupa grandemente: non è possibile perseverare nelle folli spese sin qui sostenute per l’Albania; d’altro lato temo che la speranza di poter ridurre a pochi reggimenti il nostro presidio in Albania, appena ci sia riconosciuto il mandato per quella regione, sia purtroppo illusoria. Chi manterrà l’ordine pubblico in una grande Albania, Paese naturalmente dedito all’anarchia, dove ormai le simpatie per l’Italia sono molto scemate, specialmente se la frontiera serbo-albanese, lasciando malcontenti gli jugoslavi, li spingerà a rifornire le bande armate ed a creare continui incidenti? Io credo pertanto che per attenuare almeno in parte queste preoccupanti eventualità sarà necessario a tempo opportuno mettersi d’accordo col Governo jugoslavo per quanto riguarda le frontiere serbo-albanesi così come hai abilmente fatto con Venizelos per le frontiere greco-albanesi. Rileverai nella lettera di Diaz l’allusione ai lavori pubblici compiuti in Albania per finalità politiche, secondo le direttive del passato Governo. Ora l’indirizzo della nostra azione politica in Albania, se vuole armonizzarsi coll’indirizzo generale della politica dell’attuale Ministero, deve essere profondamente e radicalmente cambiato. Bisogna reagire con particolare energia contro le tendenze di coloro che vorrebbero continuarvi la politica ivi seguita da tanti anni con così largo spreco di mezzi e con tanta scarsezza di risultati. Ti sarò grato se vorrai telegrafarmi il tuo pensiero in proposito.

359

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4769. Roma, 6 settembre 1919, ore 23,35.

Approvo pienamente azione così ferma ed amichevole da te svolta in favore della Romania e spero che nell’avvenire anche i nostri rapporti coll’Ungheria si ristabiliranno felicemente. È però a parere mio necessario che i Governi dei Paesi Balcanici e quelli delle nazioni sorte sulle rovine dell’Impero austro-ungarico intendano sin d’ora che noi non vogliamo seguirli in alcuna politica di intrighi, di rivalità, di perpetui conflitti: soprattutto noi non dobbiamo apparire come gli istigatori e gli ispiratori di una coalizione anti jugoslava e che stenda la sua rete d’influenza dal Mare Nero all’Adriatico. Questa sarebbe una politica di guerra, mentre l’Italia vuole e deve seguire una politica di pace. Affinché questa politica di pace possa svolgersi con fecondi risultati e con piena sincerità noi dobbiamo tener sin d’ora presente la somma opportunità di riavvicinarci, appena superata la dolorosa crisi attuale, alla Jugoslavia: solo una politica per quanto possibile cordiale ed intesa ad intensificare un’attività degli scambi commerciali coi nostri vicini può assicurare all’Italia quella tranquillità che le è indispensabile. Ti sarò grato se vorrai farmi conoscere se non credi opportuno che l’azione del nostro rappresentante a Vienna si esplichi in modo maggiormente conforme a questi concetti.

360 1 Vedi D. 354.

360 2 Vedi D. 334.

360 3 Vedi al riguardo D. 372.

360

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4763. Roma, 6 settembre 1919, ore 24.

Risposta 58811.

Tre giorni or sono pensai che forse era più opportuno io telegrafassi a Wilson2 pregandolo di considerare con criteri amichevoli le nuove proposte che gli sarebbero venute da Parigi3. Lo pregavo di considerare nobiltà aspirazioni italiane e dimenticare ogni spiacevole incidente nel desiderio di unione fra nostre due democrazie. Mi rivolgevo in ultimo ai suoi sentimenti personali a mio riguardo. Ti manderò se credi testo mio lungo telegramma. Ieri mi giunse seguente telegramma data quattro settembre: «Ho ricevuto colla maggior soddisfazione il vostro nobile messaggio e desidero assicurarvi che io pienamente intendo le aspirazioni che guidano il grande popolo italiano. In America non vi può essere altro sentimento verso l’Italia all’infuori di un sentimento di calorosissima amicizia, di calorosissima simpatia per le sue giuste ambizioni, ed il più vivace desiderio di rendergli un servizio d’amico. La linea di condotta scelta dal Governo degli Stati Uniti di fronte ad alcune delle richieste italiane non ha mai avuto per movente alcuna ostilità verso i desideri del popolo italiano e dei suoi rappresentanti, ma solo la convinzione che sarebbe altrettanto dannoso per l’Italia quanto pericoloso per la pace e per la concordia che deve esser base della pace stessa, stabilire nell’Adriatico una situazione che non si armonizzi coi principii altrove applicati nel corso dei complicati accordi risultanti dagli attuali negoziati. Vi prego di accettare l’affermazione della mia personale fiducia e dei miei sentimenti di rispetto ed i miei sinceri ringraziamenti per quanto voi così generosamente mi dite circa le ragioni che hanno guidato gli atti del Governo americano. Wilson». Come vedi tono è estremamente amichevole. Dimmi ora se credi opportuno io telegrafi nuovamente ma forse non occorre più. Da notizie che ricevo opinione Wilson nostro riguardo ha qualche modificazione ma non so con quali conseguenze pratiche.

361

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. Parigi, 7 settembre 1919.

La situation à Fiume reste toujours incertaine et des incidents désagréables continuent à s’y produire en raison de la lenteur mise par le Gouvernement italien à exécuter les décisions de la Commission d’Enquête, qui datent déjà de près d’un mois.

En ce qui concerne la France, j’ai donné tous les ordres voulus pour que le bataillon du 1er colonial français soit relevé en entier, que le personnel de la base française soit changé et même que cette base soit supprimée, ce qui va au delà des décisions prises. C’est un bataillon de l’armée de Hongrie qui remplacera le bataillon colonial: la proximité de Szegedin assure l’exécution tout à fait prochain de tout ce qui me regarde.

Je vous serai donc très obligé de donner les ordres et de provoquer les mesures voulus pour que les engagements de l’Italie soient également remplis intégralement dans le délai le plus court: maintien d’un seul bataillon à Fiume, changement de tout le personnel militaire, suppression du bataillon fiumain, remplacement du Conseil italien de Fiume, installation de la Commission militaire interalliée avec président anglais ou américain chargée de l’administration civile et de la surveillance des élections du nouveau Conseil, etc.

Je n’ai pas besoin de rappeler l’extreme modération témoignée par le Gouverment français depuis les graves incidents de Fiume, malgré le ton de la presse italienne et la lenteur des sanctions reconnues nécessaires.

Tant qu’une solution définitive du problème de Fiume ne sera pas intervenue, des nouvelles difficultés risqueraient de la rendre plus difficile.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4786/5935. Parigi, 7 settembre 1919, ore 20(perv. ore 22,45).

Invece di sabato alle ore 14 ho deciso di partire venerdì sera alle ore 21. Così giungendo Roma domenica mattina avrò agio di conferire teco nel pomeriggio. Principio discussione Trattato Germania può rimanere fissato per martedì 16.

363 1 Vedi D. 361.

363 2 Vedi D. 374.

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4785/5941. Parigi, 7 settembre 1919, ore 20(perv. ore 23,40).

Clemenceau mi ha scritto che la situazione a Fiume rimane sempre incerta per la lentezza del nostro Governo ad eseguire le decisioni della Commissione d’inchiesta prese un mese fa1.

Clemenceau ha dato ordine perché il battaglione francese sia interamente sostituito e che la base navale francese sia soppressa, il che sorpassa le decisioni della Commissione.

Egli insiste perché gli impegni presi dall’Italia siano mantenuti integralmente ed al più presto e cioè: un solo battaglione a Fiume, cambiamento di tutto il personale militare, soppressione del battaglione fiumano, sostituzione del Consiglio nazionale di Fiume con altro regolarmente eletto, insediamento della Commissione militare interalleata con presidente inglese o americano, incaricato dell’amministrazione civile e di sorvegliare le elezioni del nuovo Consiglio ecc. ecc.

Ti sarò grato se mi vorrai porre in grado di rispondere a Clemenceau2.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4795/5945. Parigi, 8 settembre 1919, ore 11,40(perv. ore 18,15).

La lettura dei giornali, le informazioni che ricevo da varie fonti mi dimostrano che la questione di Fiume si va inasprendo e che l’opinione pubblica ingannata crede che colla inchiesta noi abbiamo subìto una prepotenza. Non vi ha dubbio che la questione dell’inchiesta di Fiume e dei suoi risultati formerà oggetto di discorso alla Camera nella discussione del Trattato con la Germania. A noi interessa sommamente che l’opinione pubblica italiana sappia effettivamente come stanno le cose e che avvenga prima della discussione del Trattato con la Germania in modo che, una volta liquidato l’incidente, dell’inchiesta non abbia a parlarsene più. Vedi perciò se è il caso che debba fare tu delle dichiarazioni alla Camera, ciò che parrebbe a me il modo più efficace, ovvero se ti pare che possa bastare fare dire chiaramente dai giornali amici come stanno effettivamente le cose.

365 1 Vedi D. 362.

365

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4791. Roma, 8 settembre 1919, ore 12,15.

Telegramma 59351.

Ho preso subito tutte disposizioni. Luzzatti convoca domani Commissione e mercoledì presenterò relazione. Farò mettere Trattato Germania ordine giorno martedì sedici. Bisogna con ogni sforzo far approvare subito anche Trattato con Austria. Luzzatti dice avere cominciato già studio.

366 1 Con T. riservato 4811 del 9 settembre, non pubblicato, Nitti espresse il proprio compiacimento per l’accordo raggiunto con Lloyd George circa il telegramma da inviare a Wilson e di attenderne copia del testo.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4806/5962. Parigi, 8 settembre 1919, part. ore 0,30 del 9(perv. ore 6).

Non hai più saputo nulla circa il telegramma a Wilson perchè la pazienza che ho dovuto costantemente esercitare da quando sono qui è stata ora messa a ben dura prova. Venerdì mattina il telegramma per Wilson era stato concretato d’accordo tra me, Clemenceau, Balfour e Polk. Il segretario di Lloyd George doveva portarglielo la sera stessa perché vi apponesse la sua firma e sabato mattina doveva essere spedito. Invece né sabato né domenica potei alcuno vedere, tutti erano fuori di Parigi e solo stamane di buon ora Tardieu mi ha portato il telegramma per Wilson modificato da Lloyd George in modo da sorgere assolutamente inaccettabile. Da sommarie indagini fatte subito ho saputo che Balfour, suggestionato probabilmente dagli americani, era andato a Clairefontaine da Lloyd George e gli aveva suggerito quelle modificazioni. Stamane dopo la Conferenza hanno avuto luogo due riunioni tra me, Tardieu, Balfour ed il segretario di Lloyd George. Clemenceau non è intervenuto dichiarando che aveva promesso a me di firmare il telegramma nella sua primitiva forma e che intendeva mantenere a qualunque costo la sua promessa. Balfour pretendeva nientemeno che si proponesse a Wilson di dichiarare Fiume città libera sotto la Lega delle Nazioni, assegnando ai jugoslavi tutto il territorio che Wilson aveva compreso nello Stato libero di Fiume. La ragione addotta da Balfour era che Wilson non avrebbe mai rinunziato al plebiscito e poiché questo sarebbe riuscito favorevole ai jugoslavi gli pareva miglior cosa risolvere addirittura la questione. Balfour ha inoltre parlato della ripugnanza di Lloyd George a proporre a Wilson soluzioni alle quali già si sapeva contrario. Ho risposto che qualunque dovesse essere la decisione di Wilson vi era un grande interesse politico a fare conoscere che la Francia e Inghilterra ci avevano appoggiato. Tardieu si è associato con molta efficacia alle mie considerazioni. In fine si è venuto alla soluzione di tornare alla primitiva forma del telegramma lasciando a Wilson la scelta tra la città di Fiume sotto la sovranità italiana ed il territorio del proposto Stato libero assegnato ai jugoslavi, ovvero Fiume città libera collo stato cuscinetto. Il telegramma si sta ora traducendo in inglese ed appena tradotto partirà colle firme di Clemenceau e di Lloyd George. Tanto Tardieu che Balfour credono che certamente prima del 16 corrente si avrà la risposta di Wilson1.

367 1 Cosa che fu fatta da Martin Franklin. Vedi D. 459.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL MINISTRO A BUCAREST, MARTIN FRANKLIN

T. 1262. Parigi, 8 settembre 1919.

La situazione della R. Delegazione di fronte alla Romania in occasione del passo fatto dalla Conferenza verso di essa con l’invio a Bucarest di sir George Clerk è particolarmente delicata essendo ben noti i miei sentimenti sinceramente romanofili. Io sono tuttavia pronto e continuo a fare quanto mi è possibile per migliorare l’atteggiamento della Conferenza verso la Romania, ma la mia azione sarà tanto più facile se il Governo romeno non si metterà in aperta opposizione con la Conferenza stessa. Sono quindi d’avviso che la Romania nel suo stesso interesse dovrebbe rispondere affermativamente e subito ai quattro punti che la Conferenza le pone e che si riferiscono al ritiro delle sue truppe dall’Ungheria, quando sarà richiesta, alla cessazione della requisizione della proprietà privata ungherese, alla collaborazione con la Commissione delle riparazioni e infine alla collaborazione con le potenze a ristabilire l’ordine in Ungheria.

Prego V.S. di far presente a Bratianu quanto precede esortandolo a prendere in considerazione il mio consiglio ispirato unicamente ai miei sentimenti di grande amicizia pel suo Paese1.

368 1 Per la risposta vedi D. 405.

368

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’ AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE

T. riservato per corriere 1263. Parigi, 8 settembre 1919.

Giornali viennesi, che notoriamente sono sussidiati da quella missione francese, hanno aperta una campagna contro l’Italia. Essi pubblicano notizie assolutamente false, datate da Parigi, circa pretese mie proposte e discorsi da me tenuti alla Conferenza della pace.

Prego V.E. attirare l’attenzione di Pichon in una conversazione amichevole su questa campagna affinché egli avverta Allizè di farla smettere come quella che non può che compromettere i buoni rapporti fra l’Italia e la Francia.

Prego V.E. di dire a Pichon di raccomandare ad Allizè di andare d’accordo col commissario italiano, comunicandogli in pari tempo che l’attuale r. commissario è stato richiamato e sarà sostituito tra pochi giorni dal marchese Della Torretta, ministro plenipotenziario1.

369 1 T. riservato 2825/1247 del 5 settembre, non pubblicato, con il quale Imperiali aveva informato Tittoni della preoccupante situazione in atto in Egitto e di come il riconoscimento italiano del protettorato britannico avrebbe potuto rappresentare un’importante merce di scambio per accelerare la risoluzione delle questioni relative all’Asia Minore che stavano a cuore all’Italia.

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. riservato 1264. Parigi, 8 settembre 1919.

Suo telegramma n. 12471.

Approvo linguaggio tenuto da V.E. circa riconoscimento da parte del Governo italiano del protettorato britannico sull’Egitto.

È mia intenzione regolare contemporaneamente la questione del protettorato con quelle dell’Africa e dell’Asia Minore.

Presentandosene l’occasione V.E. potrà nuovamente esprimersi in questo senso.

370 1 Vedi D. 355 e nota 1.

370 2 Vedi D. 373.

370

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 6648/525. Washington, 9 settembre 1919, ore 10.

Telegramma di V.E. 5891 e seguito mio telegramma 5231.

Alla Commissione del Senato intervennero cittadini italiani ed italo-americani. A richiesta del senatore Lodge furono uditi il senatore statale Cotillo, il professore Oldrini ed il fiumano Papič cui si unirono l’avvocato Schiesari segretario della Federazione irredentista di New York ed il pubblicista De Biasi quale segretario e relatore del Cotillo. A richiesta del senatore Ball intervennero il dottor Vaccaro ed il professore Chiera cui si unì il deputato federale La Guardia che parlando per primo rivendicò in via generale le domande italiane alla Conferenza della pace ed attaccò Wilson. Seguì Oldrini che sostenne diritti italiani su Fiume e Dalmazia e concluse con argomenti storici geografici ed anagrafici presentando analoga memoria scritta. Senatore Cotillo rivendicò Fiume all’Italia per giustizia, e per diritto rilevando posizione assurda assunta da Wilson a Parigi in rappresentanza del popolo degli Stati Uniti dal quale lo Stato libero di Fiume aveva principalmente sperato appoggio per la sua annessione all’Italia. Egli produsse grande impressione anche perché è democratico e creatura dello stesso Wilson. Avendo offerto sottoporre alla Commissione del Senato memorandum scritto, senatori Lodge e Knox lo dispensarono dichiarandogli che la sua esposizione verbale era stata esauriente in favore delle rivendicazioni italiane.

Seguì fiumano Papič che rivendicando carattere italiano Fiume chiese riconoscimento decisioni Consiglio nazionale. Dottor Vaccaro lesse un memoriale preparato dal capitano Sapelli confutando anche con nozioni ferroviarie affermazione che Fiume sia sbocco naturale Jugoslavia. Il risultato di questa audizione è stato eccellente. I senatori Lodge, Knox e Moses dichiararono che l’Italia poteva contare assolutamente sull’appoggio dei membri della Commissione. A questo telegramma ne fa seguito un altro di osservazioni e commenti2.

371

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4810. Roma, 9 settembre 1919, ore 10,50.

Se Trattato con Austria sarà firmato domani è forse opportuno che domani stesso io ne dia annunzio alla Camera. In tal caso ti prego telegrafarmi di urgenza appena avvenuta firma.

372 1 Per la risposta vedi D. 375.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4819/5968. Parigi, 9 settembre 1919, ore 19,30(perv. ore 24).

Avevo ragione di supporre che le modificazioni proposte all’ultima ora al telegramma per Wilson, avevano origine americana. Infatti avendo Polk appreso testo concordato tra me, Tardieu, Balfour e Kerr, ha pregato vivamente di non spedirlo dicendo che vi erano dei punti che il presidente non avrebbe potuto mai accettare; dal modo reciso col quale Polk ha affermato ciò, Tardieu ha dedotto, ed io credo con ragione, che questi giorni Polk ha tenuto informato Wilson delle proposte che si preparavano e quindi intervento di Polk all’ultima ora dopo che da qualche tempo conosceva ed aveva accettato la proposta di telegramma e quindi Polk ha, sotto forma di convinzione sua, espresso la risposta che aveva avuto da Wilson [sic]. Ciò ha reso necessario un nuovo colloquio tra Tardieu, Balfour Kerr e Polk; su preghiera di Polk si è stabilito che egli telegrafasse a Wilson informandolo confidenzialmente del telegramma che Lloyd George e Clemenceau si proponevano inviargli per appoggiare nostro progetto. Dopo trascritto telegramma, Polk vi aggiunse del suo di aver fatto presente le obiezioni rispondenti alle idee di Wilson e chiedendo a questi di telegrafare al più presto suo pensiero. Telegramma è partito in questi termini a firma di Polk. Polk ha dichiarato ritenere che Wilson non modificherà in nulla suo primitivo punto di vista. Punti su cui Polk ha insistito evidentemente per mandato di Wilson sono seguenti: 1) Wilson vuole Fiume città libera sotto la Lega delle Nazioni, ma il territorio designato come Stato libero vuole darlo interamente ai jugoslavi o sottoporlo a plebiscito, ciò che sarebbe lo stesso. 2) non ammette sovranità Italia a Zara ma vuole conservare Zara come capitale della Dalmazia jugoslava concedendo ad essa soltanto una autonomia. 3) non vuole darci isola di Lagosta. Ciò ci creerà una grave situazione della quale io già travedo soluzione necessaria, che però stimo inutile comunicarti per telegrafo. Confermo mio arrivo per domenica alle ore 11 salvo possibili ritardi treno. Potrei venire da te alle tre e, come ritengo che dovremo conferire almeno un’ora e mezzo, potresti stabilire col re che alle cinque andassimo da lui. Potresti convocare Consiglio dei Ministri per la sera alle nove1.

373 1 Vedi D. 370.

373

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 6679/526. Washington, 9 settembre 1919, part. ore 3 del 10.

Come ho segnalato a V.E. nel telegramma 5251 l’audizione dei cittadini americani di origine italiana da parte della Commissione del Senato è stata efficacissima così da confermare oramai interamente che quando la Commissione medesima fosse chiamata a pronunziarsi sul problema adriatico, le ragioni italiane sarebbero sostenute dai membri di parte repubblicana che vi sono in maggioranza. Sarebbe invece imprudente di ripromettersi allo stato delle cose che una deliberazione della Commissione favorevole alla sovranità italiana su Fiume ed ai nostri postulati in Dalmazia otterrebbe dal Senato la maggioranza di voti necessaria alla sua approvazione dacché il blocco democratico vi si opporrebbe.

Con che in ultima analisi assisteremmo più che a un deliberato finale a una manifestazione parziale certamente di grande significato ma pur sempre platonica nei suoi effetti. Il partito repubblicano dal canto suo avrebbe raggiunto ugualmente il suo scopo che è soprattutto di opposizione a Wilson e di accaparramento del voto italiano nelle future elezioni.

Questo stato di cose non potrebbe venire rimediato che dallo spostamento a nostro favore di parecchi voti di democratici. Ne vedo la possibilità a una condizione soltanto, che cioè Wilson il quale giuoca in questo momento la carta suprema, rimanga sconfitto rispetto Trattato di pace colla Germania soffrendo uno scacco morale che inizierebbe anche il disfacimento del suo partito. Senza di ciò stimerei inutili o anche pericolose le pressioni che potrebbero comunque farsi esercitare dagli elettori italiani sui loro attuali rappresentanti politici di parte democratica. Inutile perché vittoria di Wilson risolleverebbe attraverso la sua persona le sorti del partito democratico tanto da svalutare il coefficiente del voto italiano; pericolose perché ogni senatore democratico guadagnato alla nostra causa colla promessa del voto italiana raffredderebbe necessariamente l’appoggio che ci viene dai repubblicani. Conviene a mio avviso procedere qui per ora cautamente in attesa dei prossimi eventi risolutivi interni. Intanto ed ad ogni buon fine si formerà fra i nostri un comitato permanente con probabile residenza a Washington che provvederà intensificare diffusione della nostra causa presso membri del Congresso. Ne assumerà verosimilmente direzione senatore Cotillo. Quanto poi al momento in cui Commissione senatoriale assumerà di pronunziarsi intorno al problema adriatico parrebbe dovere essere in occasione dell’esame del Trattato di pace coll’Austria nel corso del quale gli sarebbe consentito rilevare la lacuna della mancanza assegnazione di territori già parte dell’Impero austro-ungarico e sempre quando naturalmente nessuna separata soluzione del problema avesse già riscosso adesione nostra. Non è da escludere tuttavia che la questione di Fiume assieme ad altre che coinvolgono il principio autodecisione venga menzionata nella relazione che la Commissione Senato sta apprestando sul Trattato di pace colla Germania.

In tale caso un voto rispetto annessione Fiume all’Italia potrebbe essere provocato da qualche senatore nel corso discussione del Trattato stesso, onde provocare una manifestazione del Senato americano a favore delle aspirazioni italiane. Queste considerazioni ho stimato doveroso manifestare ai fini dei negoziati di Parigi e per eventuali istruzioni di V.E.

374 1 Vedi al riguardo D. 376.

374 2 Ciò fu fatto in quella stessa giornata. Vedi al riguardo DD. 386 e 396.

374

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4822. Roma, 10 settembre 1919, ore 10(perv. ore 11).

Ministri Guerra, Marina hanno disposto più assoluta e completa esecuzione degli accordi per Fiume1. Di ciò puoi informare Clemenceau2.

375 1 Vedi D. 372.

375 2 Con T. riservato 4833/5976 di quello stesso giorno, non pubblicato, Tittoni rispose: «Sta bene quanto mi dici. Domenica ti attenderò in mia casa alle ore 14,30».

375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4825. Roma, 10 settembre 1919, ore 10,50.

Risposta 59681.

Non mi dissimulo gravità notizie che mi comunichi in quanto dimostrano che opposizione Wilson rimane ferma nonostante tuoi sforzi. Ma che fare? Tu hai tutto tentato e dopo ultimo tentativo telegramma Polk non vedo altre soluzioni. Potremo vederci domenica alle quattordici e mezzo. Verrei da te e alle diciassette potremo vedere Sua Maestà. Potrei convocare Consiglio Ministri alle diciotto e mezzo. I colleghi sono completamente solidali con quanto farai2.

376

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 4832. Roma, 10 settembre 1919, ore 17(perv. ore 17,50).

Il collega della Guerra comunica quanto appresso: «Nella giornata di oggi avranno completa esecuzione da parte nostra le decisioni della Commissione di inchiesta per i fatti di Fiume e per quanto direttamente ci riguarda, cioè la riduzione e la sostituzione delle forze italiane destinate a rimanere nel Presidio interalleato giacché la sostituzione del Consiglio nazionale di Fiume non può avvenire che sotto il controllo della Commissione militare alleata che ancora non è stata nominata dalla Conferenza per la pace. Il generale Pittaluga attuale comandante del Presidio interalleato dovrà perciò mantenere le attuali sue funzioni fino a quando non potrà trasmetterle alla Commissione predetta e delle quali ritengo opportuno sia destinato a far parte quale commissario italiano, in considerazione della buona prova già da lui data durante la sostituzione del generale Grazioli. Così pure non ritengo conveniente che lo scioglimento del battaglione fiumano emani dalla autorità italiana e che sia preferibile lasciare che esso costituisca uno dei primi provvedimenti della Commissione interalleata. Quanto sopra debbo fare presente perché non sorgano equivoci su presunti ritardi da parte nostra sulla esecuzione delle decisioni che abbiamo anche noi accettate e per le quali il Governo attendeva istruzioni da parte della Conferenza, mentre è indispensabile che la situazione sia al più presto risolta per quanto riguarda le disposizioni della Conferenza e cioè la nomina della Commissione di controllo specie per la opportunità politica di non addossare a noi l’imposizione dei provvedimenti ingrati alla popolazione italiana di Fiume e la responsabilità di una situazione pericolosa che più non ci compete per la quale ci sono stati notevolmente ridotti i mezzi e l’autorità per fronteggiarla».

377 1 Per la risposta vedi D. 384.

377

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4835. Roma, 10 settembre 1919, ore 21,50.

Ti prego di considerare l’opportunità di fare ogni sforzo per chiarire in modo definitivo la situazione dei problemi adriatici durante i pochi giorni che intendi ancora trascorrere a Parigi. Mentre tu sarai assente noi non possiamo sperare in alcun miglioramento della situazione, anzi l’eventualità contraria appare probabile, e d’altra parte bisogna tener presente che, poiché parteciperai alla discussione parlamentare dei Trattati di pace con la Germania e con l’Austria, dovrai necessariamente dare esaurienti spiegazioni sulle trattative in corso o indicando le ragioni che hanno finora impedito l’accordo. Dovremo allora attenderci attacchi contro gli alleati in Parlamento, e una violenta campagna della stampa che irriterà di nuovo i Governi francese ed inglese e sopratutto il presidente Wilson, così sensibile alle critiche dei giornali. Al tuo ritorno a Parigi troverai pertanto una situazione peggiorata per il fatto stesso della tua lontananza e un ambiente più ostile. Intanto la prolungata incertezza è per la nazione ancor più snervante di una dolorosa rinuncia. Me ne rimetto totalmente a te per quanto crederai di decidere, in piena solidarietà con le tue deliberazioni, ma mi è sembrato indispensabile di esporti lealmente queste considerazioni che prospettano i pericoli derivanti dal sospendere le trattative e dal ritardare di nuovo la soluzione del problema adriatico. Posso aggiungere che componenti antico ministero seguono la linea di dire in caso di attacco che essi mai avrebbero fatto rinunzie. Ciò Orlando ha detto oggi in forma riservata al collega Rossi. È veramente pietoso che si osi parlare di rinunzie quando tutto è stato leggermente compromesso1.

378 1 Per la risposta vedi D. 407.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. riservato personale 5986-5988. Parigi, 10 settembre 1919, ore 23,15(perv. il 12).

Notizia personale con preghiera mantenere segreto che Lloyd George e Clemenceau hanno intenzione rivolgersi [sic] a Wilson un telegramma per raccomandargli vivamente accettazione della soluzione conciliativa che io ho proposto per questione adriatica [sic]. Polk, al quale il progetto di telegramma fu comunicato, ha proposto di apportarvi alcune modificazioni le quali alterano radicalmente base della mia proposta conciliativa e che mi porrebbero in una situazione senza uscita di fronte al Parlamento ed al Paese. Polk ha telegrafato a Wilson chiedendo istruzioni. Non è da escludere che le obiezioni di Polk siano state da lui fatte in seguito a comunicazioni telegrafiche con Wilson.

Di tutto quanto precede io la informo allo scopo di metterla meglio in grado di esprimermi il suo parere su quanto appresso. Nella presente grave situazione e data intransigenza della quale, secondo mi risulterebbe, è ancora animato Wilson io ritengo inopportuno e pericoloso che V.E. svolga una qualsiasi azione diretta sia presso Wilson che presso Lansing. Di fatti sarebbe forse irreparabilmente dannoso se uno di loro o entrambi facessero a V.E. una dichiarazione negativa la quale compromettesse quell’azione che utilmente potrebbe esercitare Lloyd George e Clemenceau. Ma d’altra parte resta a sapere se V.E. crede di potere con vantaggio adoperarsi presso persone che abbiano una personale influenza su Wilson e che siano in grado di fare a lui presente tutta la gravità della situazione che risulterebbe da un rifiuto di lui ad accogliere quella proposta che i Governi di Francia e Inghilterra hanno approvato e che forma limite oltre il quale sarebbero vani tutti gli sforzi che ho compiuto superando tante difficoltà allo scopo di avvicinarmi con spirito amichevole alle vedute del presidente Wilson. A tale quesito si attende risposta telegrafica autorizzandola senz’altro ad agire nel senso su espresso qualora ella giudichi poterlo fare senza pericolo e con probabile vantaggio e sempre colla maggiore prudenza e segretezza1.

379 1 Vedi D. 370.

379 2 Vedi D. 355, nota 1.

379 3 Per la risposta vedi D. 406.

379

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. riservato confidenziale 5990. Parigi, 10 settembre 1919, ore 24.

Suo telegramma n. 5251.

Suo telegramma n. 5232 ivi citato non mi è ancora giunto, prego ripeterlo.

Prego V.E. tenermi giornalmente a corrente dei lavori della Commissione del Senato, informandomi quali manifestazioni concrete o deliberazioni del Senato ne possono risultare per quanto riguarda le rivendicazioni italiane. Mi preme di conoscere se a suo avviso tali manifestazioni siano atte ad influire utilmente sull’animo di Wilson oppure se, venendo da avversari politici, esse non potrebbero provocare in lui una reazione in senso intransigente. La situazione che va svolgendosi costà sotto questo aspetto costituisce per me un elemento di grande importanza e per ciò prego V.E. di seguirla colla massima attenzione tenendomi quotidianamente informato e comunicandomi anche le induzioni che ella è in grado di formulare sulla base della sua esperienza di uomini e cose3.

380 1 Non rinvenuto.

380 2 T. posta 1224 del 26 agosto, non pubblicato.

380 3 R. 2527 del 17 agosto, non pubblicato, con il quale Bongiovanni aveva trasmesso le sue osservazioni sulla situazione politica in Anatolia e dato chiarimenti sulla linea da lui seguita nell’affrontare il problema della spartizione delle zone di influenza tra italiani e greci.

380 4 Parola mancante.

380

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA,AL COMANDANTE DEL CORPO DI SPEDIZIONENEL MEDITERRANEO ORIENTALE, ELIA

Disp. 27827/95. Roma, 10 settembre 1919.

Il generale Bongiovanni viene trattenuto in Italia né può prevedersi se e quando farà ritorno a Rodi. Come da comunicazione inviatale da S.E. il ministro della Guerra, l’E.V. assume, fino a diversa decisione del R. Governo, il comando del Corpo di Spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale.

Nell’esercizio di tale comando V.E. vorrà attenersi alle seguenti direttive politiche:

(Pel Dodecaneso): si dovrà con speciale cura evitare dissapori colle autorità ortodosse, tenendo presente che la definitiva sistemazione delle isole, nei riguardi della sovranità, sarà decisa, con ogni verosimiglianza, in un prossimo avvenire.

Pur conservando la massima riservatezza, si dovrà studiare fin d’ora quale forma si potrebbe dare alla partecipazione della popolazione dell’isola di Rodi, sotto l’egida italiana, al governo della cosa pubblica: partecipazione che dovrebbe venir considerata non come una formula definitiva e immediata, ma in stadi successivi e graduali.

Nello stesso ordine di idee e collo stesso prudente riserbo V.E. farà prendere fin d’ora in esame i problemi principali che si presenteranno pel nuovo regime (bilanci, gendarmeria locale, giustizia, soppressione delle Capitolazioni, scuole, ecc.) in modo da aver pronte le soluzioni da proporre al Governo centrale e da attuare localmente. Occorrerà che le riforme mirino anche a ridurre al minimo le spese tutte; e al minimo soprattutto le spese per la forza d’occupazione.

Dirò più oltre a quale nuovo organo tali studi dovranno esser affidati, sotto l’alta direzione di V.E.

(Per l’Anatolia): questo Ministero consente, in massima, nel modo con cui il generale Bongiovanni ha esplicato il suo mandato; ciò valga, salvo casi nuovi e situazioni imprevedibili, ad assicurare alla nostra azione in Anatolia il carattere della continuità. Ma circa le “direttive” da lui emanate col foglio del 16 agosto1 son da tenersi presenti le parziali riserve contenute nel telegramma ministeriale da Parigi del 26 agosto n. 12242.

Gli accordi intervenuti fra il generale Bongiovanni ed il generale Milne (riassunti nella lettera dal primo scritta al secondo l’11 agosto da Costantinopoli e chiariti poi nel rapporto qui diretto il 17 agosto dal generale Bongiovanni)3 potranno dall’E.V. essere mantenuti integralmente fino a quando nuove circostanze consiglino di mutarli.

V.E. dovrà a questo proposito tener soprattutto presente: che il rispetto agli accordi stipulati a Parigi (tanto nei riguardi delle recenti intese fra l’Italia e la Grecia, quanto in quelli della subordinazione delle nostre Forze ad un Comando supremo britannico) deve esser conciliato colle immediate esigenze della nostra politica in Anatolia, fra i quali primissima la necessità di evitare conflitti armati fra le nostre truppe ed i turchi, per cause che non siano evidentemente connesse al mantenimento dell’ordine pubblico nei luoghi di nostra occupazione militare.

A tale scopo ella, ove occorra, potrà addivenire a mutamenti nella dislocazione delle truppe ed anche alla riduzione di forza del battaglione di Conia, previi, ben s’intende, accordi col generale Milne, al quale i movimenti dovranno essere rappresentati come connessi a particolari ragioni militari della regione costiera o meglio del Dodecaneso. Tenga tuttavia l’E.V. ognora presente la convenienza di usare coll’Autorità Suprema britannica, sopra questo delicato argomento, di eventuali conflitti fra le nostre truppe ed i turchi, la maggior sincerità e chiarezza di linguaggio. Il generale Milne, nel suo realistico buon senso, non può pretendere di ottenere da nostre truppe, per quanto sotto i suoi ordini, un’azione che sia contraria ai nostri evidenti interessi politici.

Come già il 26 agosto le è stato telegrafato da Parigi, il R. Governo approva pienamente il progetto di stabilire residenze nell’interno dell’Anatolia e prega V.E. di volerle attuare con la maggior possibile sollecitudine non appena disporrà dell’occorrente personale e mezzi sanitari.

Per integrare tutto questo primo periodo di nostra azione in Asia Minore, periodo che dovrà esser base di ogni nostra futura attività, e dato che io stesso, in Costantinopoli, assicurai sempre i turchi che sapremmo e potremmo esercitare in Anatolia una nostra influenza, a nostro e a loro beneficio, senza l’intervento […]4 forza militare, il Governo del Re ha deciso di creare presso V.E., e sotto l’alta Sua direzione, un Ufficio Politico, di cui sarà a capo il conte Senni, che mostrò già alta capacità e competenza nelle questioni orientali; egli raggiungerà […]4 al più presto. V.E. vorrà fornirgli i mezzi ed il personale necessario ad accreditarlo presso tutte le autorità miliari colle quali, per l’esplicazione del suo mandato, abbia a venire in contatto. Per tutto ciò che concerne relazioni colle Autorità ottomane, condotta verso le popolazioni anatoliche, penetrazione economica, ecc., il conte Senni conosce il pensiero e le intenzioni del Governo del Re.

Oltre l’azione immediata il conte Senni dovrà studiare un programma preciso di azione da svolgersi in Asia Minore e che egli sottoporrà a Roma non appena la nostra posizione sarà completamente definita. A lui V.E. potrà anche affidare gli studi circa il futuro assetto amministrativo di Rodi. In casi eccezionali il conte Senni potrà corrispondere direttamente con Roma, ma mostrando a V.E. quanto intende scrivere.

Per la diretta conoscenza che ho del conte Senni, […]4 non riceve altre istruzioni se non una copia del presente dispaccio, posso aggiungere che V.E. troverà in lui un disciplinato e fedele collaboratore nell’opera delicatissima, e di carattere tutto speciale, che intendiamo svolgere.

381 1 Vedi D. 377.

381 2 Vedi D. 383.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4849/5999. Parigi, 11 settembre 1919, ore 13,35(perv. ore 18,10).

La necessità provvedere a quanto mi chiedi con telegramma n. 48351 e posto il ritardo della venuta di Lloyd George che sarà qui soltanto domani, la richiesta fatta da Clemenceau di un colloquio esauriente con me che non può darmi che sabato, la presenza qui di lord Milner col quale ho cominciato e spererei condurre a termine l’accordo coloniale, mi obbligano a ritardare la mia partenza. Invece di domani sera partirò domenica sera e giungerò Roma martedì mattina. Perciò ti prego far ritardare presentazione relazione Luzzatti e far iscrivere Trattato Germania per giovedì 18. Prego rispondermi subito2.

382 1 Vedi D. 292.

382 2 Vedi D. 359.

382

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4847. Roma, 11 settembre 1919, ore 15,30.

Nel telegramma n. 28261 inviatomi da codesta Delegazione, leggo che Bratianu nella sua prima conversazione col nostro nuovo rappresentante a Bucarest ha apertamente parlato del nostro desiderio di costituire sotto gli auspici dell’Italia una lega antijugoslava fra la Romania, l’Ungheria e la Bulgaria. Mi riferisco a quanto ebbi a dirti nel mio telegramma n. 47692 circa i gravi pericoli e le imprevedibili conseguenze derivanti dal diffondersi di queste voci. Tutti devono sapere che l’Italia, decisa ad una politica di laborioso raccoglimento consiglia alle nazioni amiche di prescegliere identica linea di condotta. Poiché vogliamo nell’avvenire avere per quanto è possibile nuovi rapporti con la Jugoslavia non dobbiamo spingere altri Governi su diversa via: non occorre aggiungere ai difficili contrasti che travaglieranno i rapporti internazionali altre pericolose ragioni di dissidio, sopratutto non bisogna riaccendere le smodate ambizioni dei piccoli Stati suscitando in loro vane speranze fatalmente seguite da amare disillusioni. Temo che i nostri rappresentanti all’estero possano essere indotti a dare ascolto a progetti cui l’Italia intende rimanere totalmente estranea. Ho veduto stamane principe Stirbey e gli ho detto quale vivo interesse noi abbiamo a stabilire accordi leali con la Romania.

383 1 Vedi D. 381.

383

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4853. Roma, 11 settembre 1919, ore 21,35.

Risposta 59991.

Convengo necessità lieve ritardo tuo ritorno e informo Sua Maestà. Relazione Luzzatti già presentata oggi ma discussone si potrà rinviare a giovedì. Prego affrettare invio copie Trattato con Austria necessarie alla Commissione.

384 1 Vedi D. 377.

384 2 Per la risposta vedi D. 393.

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4860/999. Parigi, 11 settembre 1919, ore 23,20(perv. ore 2,30 del 12).

Risposta telegramma n. 48351.

Oramai telegramma Polk è partito da ieri l’altro e non c’è altro che attendere risposta, la quale visto il ritardo di due giorni della mia partenza per Roma è probabile giunga prima Camera dei deputati cominci discussione Trattato pace colla Germania. Però se Polk si fosse associato combinazione accettata da Clemenceau, Lloyd George vi sarebbe stata una probabilità di risposta favorevole da parte di Wilson. Invece avendola Polk inviata suggerendo per cortigianeria verso Wilson modificazioni che possono renderla più gradita a lui e più ostica a noi, mi pare certo che Wilson risponderà accettando suggerimento Polk. Tale sarà risposta Wilson, non ci sarebbero che due risoluzioni per noi, o lasciarla cadere o attendere. Ciò politicamente ora sarebbe possibile perché mentre Orlando Sonnino avrebbero atteso avendo contro America, Francia, Inghilterra, noi ora incoraggeremmo colla simpatia francese ed inglese. Invece ciò è assolutamente impossibile per ragioni economiche. Si tratta per noi vero e proprio caso forza maggiore, per cui dobbiamo risolvere questione qualunque costo. Però un uomo politico può firmare un accordo il più conciliante possibile, e non può firmare una sottomissione come quella che esige Wilson. Dovendo farla, bisogna ricorrere a quella forma di protesta dignitosa e seria alla quale ha già in simile circostanza ricorso altro Stato, e cioè nominare ministro Esteri capo della Delegazione un funzionario e far firmare. Di fronte Parlamento, naturalmente Gabinetto assumerebbe responsabilità, ma potrebbe più facilmente affrontarla salvando la forma. Naturalmente questa responsabilità io intenderei dividere fino all’ultimo con te e colleghi e quindi perché non sembrasse distacco, accetterei volentieri nomina a ministro senza portafoglio vice presidente Consiglio. Ciò mi darebbe modo sostenere con te discussione Camera dei deputati contro gli oppositori mal fidi dei quali so troppe cose che potrebbero metterli seriamente imbarazzo. Ministro Esteri potrebbe essere nominato Sforza od altro funzionario che verrebbe a Parigi condurre termine accordi adriatici. Questa situazione ministeriale dovrebbe durare fino ad elezioni. Dopo le elezioni potremmo considerare come conviene fare. Intanto in qualsiasi modo giovedì inaugurerei discussione Camera Trattato di Versailles con discorso nel quale esporrei tutta la nostra situazione internazionale e poi rimarrei tuo fianco durante tutta la discussione. Ho meditato a lungo prima di telegrafare e mi sono in certo modo persuaso che proposta è sola possibile. Io responsabile come membro tuo Gabinetto, non curo popolarità, sono pronto a sostenere qualsiasi discussione Camera e non ho paura di nessuno. Ma una cosa che non potrei fare mai sarebbe di firmare soluzione suggerita da Polk a Wilson e partecipare seduta Conferenza nella quale sarà sanzionata e dare a tale sanzione mio voto. Ripeto Sforza od altro funzionario potrà firmare soluzione nella Conferenza. Io resto volentieri Gabinetto per dividere responsabilità parlamentare di tale soluzione ed affrontare alla Camera gli oppositori. Fare di più non mi è assolutamente possibile2.

385 1 Vedi D. 382.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4861/5978. Parigi, 11 settembre 1919, ore 24(perv. ore 11,45 del 12).

Rispondo al n. 48471.

Non devi lasciarti impressionare da linguaggio di Bratianu, egli è di natura esuberante e dà alla nostra amicizia per il suo Paese un carattere che essa non ha.

Io credo che noi ci dobbiamo servire della nostra influenza sulla Romania per darle dei consigli di moderazione ed è lecito pensare che essi siano ascoltati, perché la Romania si è accorta che la nostra amicizia è la sola sulla quale essa possa contare. Ieri ho avuto una lunga conversazione con Mishu e gli ho raccomandato di suggerire suo Governo di desistere dalla politica di ribellione alla Conferenza e di rispondere favorevolmente alle domande che a nome della Conferenza il ministro inglese Clerk è stato incaricato di sottoporre al Governo di Bucarest.

Gli ho pure raccomandato di firmare il Trattato di pace con l’Austria. Mishu è rimasto molto impressionato di quanto gli ho detto e mi disse che della conversazione avuta con me ne avrebbe informato il suo Governo non solo, ma che ne avrebbe anche mandato un fedele resoconto al Re per mezzo di un corriere speciale.

386 1 Vedi D. 374, nota 2.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU

L. Parigi, 11 settembre 1919.

Faisant suite à ma lettre de hier1, je m’empresse de Vous transmettre ci-après les renseignements que Monsieur Nitti vient de me télégraphier au sujet de Fiume.

Dans la journée de hier (le 10) les décisions de la Commission d’Enquête ont été executées complétement de la part des Autorités italiennes, savoir la diminution et la substitution des forces militaires italiennes destinées à faire part de la garnison interalliée.

La substitution du Conseil Nationale de Fiume ne peut avoir lieu que sous le contrôle de la Commission Militaire Alliée qui n’a pas encore été nommée par la Conférence de la Paix.

C’est pourquoi le Général Pittaluga Commandant de la garnison intéralliée, devra être maintenu dans ses foncions jusqu’à ce qu’il puisse les transmettre à la Commission en question. Le Ministre de la Guerre juge opportun que cet officier général soit appelé à faire part de la dite Commission en qualité de Commissaire Italien en raison des services rendus par lui pendant la substitution du Général Grazioli.

Le ministre de la Guerre ne juge pas opportun que la dissolution du bataillon de Fiume soit prononcée par l’autorité italienne: il pense que cette misure pourrait être une des premières adoptées par la Commission Interalliée.

Le Ministre a voulu préciser ce qui précède afin d’écarter toute équivoque sur des prétendus retards dans l’execution des décisions de la Commission d’enquête, qui ont été acceptées par le Gouvernement italien lequel attend les instructions de la Conférence à ce sujet.

Il est partant indispensable que la situation soit résolue quant aux dispositions de la Conférence et que la Commission de Contrôle soit nommée, car il ne serait pas opportun au point de vue politique, d’imposer aux autorités royales l’adoption des mesures désagréables à la population italienne de Fiume ainsi que la responsabilité d’une situation dangereuse au moment où elles n’ont plus les moyens d’y faire face.

387 1 Il riferimento è al D. 384.

387

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato confidenziale 4867/1110. Parigi, 12 settembre 1919, ore 10,25(perv. ore 15).

Ti telegrafo a maggior chiarimento del mio telegramma di questa notte1. La mia permanenza Conferenza della pace è impossibile per tre ragioni: «stanchezza fisica al punto che può compromettere la mia salute, ripugnanza morale invincibile, impossibilità sottoscrivere ai patti che imporrà Wilson. Presi impegno con il Parlamento di risolvere questione in un mese, ne sono passati tre ed il mio insuccesso per Adriatico è completo. Simili casi un sacrificio personale calma sempre opinione pubblica che con mio ritiro ottiene una soddisfazione. Quanto a ciò che dovrò fare dopo lasciato Ministero dagli Affari Esteri e Conferenza, tu devi decidere da un solo punto di vista cioè di ciò che può convenire per la solidità tuo Ministero non solo nel Parlamento, ma anche nel Paese, poiché sopratutto deve essere assicurata tua permanenza potere, che è necessaria all’Italia. Io sto bene ugualmente dentro o fuori Gabinetto e in qualsiasi modo ed in qualunque luogo tu puoi fare assegnamento sempre su mio appoggio incondizionato e collaborazione affettuosa.

388 1 Vedi al riguardo i DD. 370 e 373.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4873/5990. Parigi, 12 settembre 1919, ore 11,45(perv. ore 16,45).

Sulla situazione interna italiana può produrre molto effetto quanto avverrà al Senato americano. L’audizione da parte della Commissione dei cittadini americani di origine italiana ha prodotto molto effetto perché essi hanno sostenuto con grande efficacia la nostra tesi1. Non è quindi impossibile che la maggioranza repubblicana della Commissione del Senato emetta un voto a favore delle rivendicazioni italiane. Ove ciò avvenisse renderebbe più difficile al Governo italiano di capitolare con Wilson per quanto non sembra possibile che un eventuale voto della Commissione a favore sia poi ratificato dall’intero Senato. Ad ogni modo è difficilissimo prevedere quello che accadrà in America dove la situazione cambia da un giorno all’altro. È certo che Wilson resisterà fino all’ultimo, ma non è escluso che il Partito democratico, se lo crede utile ai suoi fini elettorali, possa accedere ad una parte del programma repubblicano circa politica internazionale.

389

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL COMANDANTE DEL CORPO INTERALLEATO D’OCCUPAZIONEA FIUME, PITTALUGA

T. riservato 25375. Roma, 12 settembre 1919, ore 18,40.

Giunge notizia che Gabriele D’Annunzio è partito da Ronchi a capo di mille granatieri. Ella sa quale è il suo preciso dovere in questa ora.

390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL COMANDANTE DELL’OTTAVA ARMATA A FIUME, DI ROBILANT

T. riservato 25376. Roma, 12 settembre 1919, ore 18,55.

Giunge notizia che Gabriele D’Annunzio è partito da Ronchi a capo di mille granatieri e di volontari fiumani. Ella sa quale è il nostro preciso dovere in questa ora. Ma io non so persuadermi come il gravissimo fatto sia potuto avvenire. Le raccomando di provvedere con il più estremo vigore. L’Italia non deve essere tradita da chi ha il dovere di difenderla.

391

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4875. Roma, 12 settembre 1919, ore 21,30(perv. ore 22).

Ho ricevuto dal generale Pittaluga seguenti telegrammi:

Primo: Oggi città ore 10 per manifestare lutto partenza soldati italiani e regie navi proclamata serrata. Intanto si è propalato che granatieri sarebbero in marcia per ritornare Fiume e circa 150 giovani del battaglione fiumano sono partiti per incontrarli. Mi giungerebbe notizia che un battaglione granatieri siasi mosso da Monfalcone e con camions si diriga qui. Vado loro incontro per fermarli. Nessun atto è stato compiuto contro alleati; ho emanato bando per proibire manifestazione, riunione qualsiasi genere ed agirò energicamente anche contro battaglione fiumano.

Secondo: Ore dodici, granatieri, arditi con mitragliatrici, autoblindate guidate da D’Annunzio alle ore 11 e 3/4 riusciva [sic] travolgere ogni resistenza, giungeva [sic] Fiume. L’ordine si va ristabilendo ed io continuo tenere Comando.

Appena informato, ho preso tutte le disposizioni per evitare che doloroso incidente abbia conseguenze gravi. Appena sarà possibile si procederà all’accertamento delle responsabilità. Data questa grave complicazione, anche trattative adriatiche subiscono contraccolpo penoso. Puoi assicurare gli alleati che il Governo italiano procederà con ogni energia.

392

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservatissimo 4878. Roma, 12 settembre 1919, ore 23,20.

Governo ha adottato tutte le misure perché il doloroso fatto di Fiume non abbia conseguenze gravi. Ogni rimostranza degli alleati è giusta e però ti prego dar loro ogni affidamento del nostro buon volere.

393 1 Vedi D. 384.

393

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4863. Roma, 12 settembre 1919.

Risposta 9991.

Il tuo telegramma mi ha vivamente addolorato. Non occorre aumentare le difficoltà, né anticipare gli avvenimenti. Certo la situazione nostra non è facile e noi ci troviamo in un momento doloroso e grave. Ma la peggiore soluzione sarebbe accettare il male protestando con acrimonia e mettere con aspra discussione alla Camera e con la forma di sottoscrizione del Trattato da te proposta un insanabile odio fra noi e Governo degli Stati Uniti. La nostra situazione economica è di estrema gravità. Mettendo insieme tutte le risorse delle banche si può resistere qualche mese al più. E dopo? Non vorrei che a una fiacca protesta ora seguisse una grande umiliazione a breve scadenza insieme a rivolte di fame forse non riparabili e non vincibili. Ieri S. M. ricevette incaricato affari Stati Uniti America, Jay, e gli manifestò il turbamento che nel popolo italiano portano alcuni fatti e la convenienza da parte del presidente Wilson di non ostacolare troppo direttamente nostre aspirazioni. Attendiamo ora la risposta di Wilson al telegramma di Lloyd George e Clemenceau, ma non compromettere alcuna soluzione. Quando verrai qui esamineremo con tutta pacatezza ciò che dovremo fare. Ma una sola cosa non dovremo fare ed è mantenere l’Italia in apparente stato di guerra e in conflitto con gli Stati Uniti. Lo sfacelo interno seguirebbe a questa situazione che per difficoltà alimentari ed economiche diventerebbe in breve tempo bolscevica. Tutti sono oramai sotto il controllo Stati Uniti. La stessa Romania dichiara per mezzo di Bratianu all’ammiraglio Grassi che per dare petrolio all’Italia deve avere consenso Stati Uniti aggiungendo che quando tutti sono così obbedienti alla dittatura economica ed alimentare degli Stati Uniti è assurdo chiedere alla Romania altro contegno. Non vi sono che due vie se la risposta di Wilson ci sarà avversa. La prima è non accettare accordo e portare il Paese alla fame ed alla rovina interna con tutte le prevedibili conseguenze bolsceviche. Non so in tali condizioni quale Governo possa tener più ordine pubblico. La seconda è sottoscrivere senza protesta. La protesta deve essere in noi e nel nostro sacrificio. Se per ciò fare, vuoi sentire i principali uomini politici, io sono a tua disposizione. Ma non volendo produrre rovine bisogna evitare il conflitto si produca in forma non riparabile con mezze misure destinate ad irritare ed offendere. Di tutto parleremo martedì alla tua venuta.

394

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4880. Roma, 12 settembre 1919, part. ore 0,20 del 13.

Poiché è di somma importanza rimanere in questi giorni in stretto e leale contatto cogli alleati onde evitare nei riguardi di Fiume deplorevoli malintesi e deliberazioni improvvise, ti lascio considerare se non sia forse opportuno che tu prolunghi di due o tre giorni il tuo soggiorno a Parigi. Me ne rimetto del resto a te per la decisione che crederai prendere a questo riguardo: trovandoti sul posto puoi meglio di ogni altro deliberare in proposito con completa conoscenza di causa.

395

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL COMANDANTE DELL’OTTAVA ARMATA A FIUME, DI ROBILANT

T. riservato 4881. Roma, 12 settembre 1919, part. ore 1,55 del 13.

Il delittuoso movimento che tende a sovvertire ogni nostra opera deve essere immediatamente represso. Secondo notizie qui giunte interi reparti truppe avrebbero defezionato passando tra rivoltosi che marciavano per Fiume. Sono preoccupanti le notizie della brigata Sesia. Governo ha provveduto invio carabinieri prima e ottava armata. Voglia a ogni costo arrestare il delittuoso movimento. La dignità e la salvezza d’Italia esigono ogni energia.

396 1 Vedi D. 374, nota 2.

396

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, CLEMENCEAU,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. Parigi, 12 settembre 1919.

J’ai l’honneur de vous accuser réception de votre lettre du 10 Septembre1 au sujet de l’exécution des engagements pris en ce qui concerne Fiume.

Il n’est pas à ma connaissance, ni que la suppression immédiate du bataillon de volontaires fiumains, reconnu comme une des causes principales du désordre, ait été réalisée ni que les enquêtes judiciaires prévues aient abouti ou même aient été ouvertes, ni enfin que les troupes Italiennes cantonnées dans la ville de Fiume Susak aient été réduites au même effectif que le contingent fixé pour les autres puissances (c’est à dire un bataillon).

De mon côté, j’ai cependant donné des ordres pour le remplacement immédiat du bataillon d’infanterie coloniale français par un autre bataillon de l’armée d’Orient. De plus et bien que les conclusions de la Commission d’enquête aient été simplement exposés à ce sujet, sous la forme d’une suggestion, j’ai décidé la suppression de la base française de Fiume, come corollaire de la dissolution de l’armée française de Hongrie.

Ces mesures sont en ce moment en cours d’exécution.

En ce qui concerne le général Savy qui commandait les forces françaises deFiume et la ligne de communication de l’armée de Hongrie, la commission n’a nullement proposé son remplacement, tandis qu’elle a formellement indiqué celui du Commandement Italien.

Toutefois, le Commandement du Général Savy n’ayant plus de raison d’être, j’ai décidé que le commandement du contingent français à Fiume serait exercé par un co-lonel et j’ai prescrit le rappel du Général Savy.

Le Gouvernement français a toujours traité dans le plus strict esprit de justice les trop nombreuses difficultés auxquelles a donné lieu la question de Fiume. Il se plaît à croire que le Gouvernement italien ne négligera rien pour hâter l’exécution intégrale des mesures décidées pour éviter le retour de tout nouvel incident.

397

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4883. Roma, 13 settembre 1919, ore 10(perv. ore 12).

Le notizie indirette ora giunte rilevano tutta la gravità degli avvenimenti di Fiume. Trattasi di vasto movimento cui avrebbero partecipato alcuni reparti del nostro esercito. Il Governo è deciso a dominare la situazione a qualunque costo con ferrea volontà. Confido che portandoti garante della nostra lealtà e della nostra energia tu saprai ottenere dagli alleati che nessun atto poco amichevole verso 1’Italia sia avventatamente deliberato e farai intendere loro che mentre il Governo sa di essere appoggiato dall’enorme maggioranza degli italiani ed è sicuro di dominare totalmente la situazione, qualsiasi apparenza d’intervento straniero può rendere la nostra opera più delicata e difficile. Oggi farò esplicite dichiarazioni alla Camera.

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4889/6018. Parigi, 13 settembre 1919, ore 17(perv. ore 20,40).

Lloyd George prenderà parte ad una seduta della Conferenza senza segretari, che avrà luogo lunedì mattina. In essa si propone di fare delle proposte circa i futuri lavori della Conferenza. Mi ha pregato perciò di rimanere affinché le deliberazioni che si prenderanno abbiano il mio diretto consenso. Io ho aderito; perció invece di domani sera partirò lunedì sera e sarò a Roma mercoledì mattina alle 11. Camera invece di giovedì potrebbe cominciare sabato, essendo necessario che a Roma io abbia tutto il tempo per conferire con te colla dovuta calma. Lloyd George partirà per Londra martedi mattina.

399

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4888/6020. Parigi, 13 settembre 1919, ore 17(perv. ore 20,20).

Lloyd George mi ha mostrato l’accordo provvisorio che ha proposto a Clemenceau per la Siria. Gli inglesi si ritirerebbero nella loro zona dell’accordo del 1916 Pismossul. La Siria sarebbe occupata dai francesi e parte dagli arabi. Specialmente gli arabi occuperebbero Aleppo, Damasco e Homs. I francesi manderebbero truppe in Cilicia ed Armenia per impedire massacri di cristiani. Clemenceau ha accolto la proposta con diffidenza e si è ricusato di esaminarla.

Lloyd George mi ha detto che notizie ricevute dall’America gli fanno ritenere che Wilson voglia proporre il mantenimento dell’integrità dell’impero ottomano colla residenza a Costantinopoli del Sultano, presso il quale dovrebbe rimanere un residente francese. Lloyd George ha dichiarato che egli mai potrebbe accettare una proposta simile. È sua opinione che la questione della Turchia debba essere esaminata insieme nella Conferenza, che nessuna potenza debba avere presso Sultano posizione privilegio, che un controllo deve esservi nel sultanato, questo debba essere esercitato collettivamente dalle grandi potenze. Solo potrà farsi una divisione di zone di influenza commerciale e industriale. Al riguardo Lloyd George mi ha detto di fargli tenere a mezzo di Imperiali il nostro progetto per l’Asia Minore appena lo avremo studiato e redatto. Lloyd George nella sua conversazione alla quale ha assistito anche Bonar Law, si è mostrato desideroso di procedere d’accordo coll’Italia. È da notare la prima volta che l’Inghilterra prima del fatto compiuto ci mette a parte delle sue trattative colla Francia circa questione della Turchia d’Asia.

400 1 Vedi DD. 391 e 392.

400 2 Per la risposta vedi D. 414.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 4091/6021. Parigi, 13 settembre 1919, ore 17,30(perv. ore 21,40).

Tuoi telegrammi n. 4875 e 48781.

Clemenceau e Lloyd George mi hanno detto che avevano piena fiducia nelle misure che il Governo prenderà per reprimere l’incidente di Fiume, tanto più che la questione ha soprattutto importanza come questione interna italiana, visto che se si lasciasse impunito il precedente di un pronunciamento militare, ciò potrebbe avere nell’avvenire conseguenze funeste nel Paese.

Clemenceau e Lloyd George capiscono benissimo che qualunque pressione dall’estero non farebbe altro che rendere più difficile il compito del Governo italiano e quindi volendo facilitare tale compito si sarebbero astenuti da qualunque osservazione e rimostranza. Essi temono però che la notizia dell’incidente abbia ad irritare molto Wilson2.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4890/6023. Parigi, 13 settembre 1919, ore 17,40(perv. ore 21).

Lloyd George mi ha espresso suo dispiacere per assenza Wilson. Se fosse stato qui egli avrebbe potuto, discutendo con lui, esercitare qualche influenza. Da lontano non può far nulla. Lloyd George deplora che Polk abbia proposto modifiche alla combinazione alla quale egli e Clemenceau diedero la loro firma. Lloyd George dice che tutto l’effetto buono del loro intervento sarà distrutto dalle riserve di Polk. Egli non crede alla condiscendenza di Wilson e prevede risposta poco favorevole per noi.

402 1 Il telegramma fu inviato anche alle ambasciate a Berna, Bruxelles e Madrid e alle legazioni a L’Aja, Atene, Copenaghen, Cristiania e Stoccolma.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON,E AI COMMISSARIATI POLITICIA BERLINO E VIENNA

T. 60291. Parigi, 13 settembre 1919, ore 18.

Ieri fu proclamata a Fiume serrata per manifestazione lutto partenza soldati italiani. Intanto reparti di granatieri e arditi con mitragliatrici guidati da D’Annunzio provenienti da Monfalcone riuscirono a travolgere ogni resistenza delle autorità militari e giunsero a Fiume. L’ordine a Fiume è assicurato e il Governo ha adottato le più severe misure per questo grave atto di insubordinazione. Si stanno accertando le responsabilità. Oggi presidente del Consiglio ha fatto alla Camera recise dichiarazioni di disapprovazione e di solidarietà cogli alleati. Annunziate energiche misure repressione movimento in base Codice penale militare. Fatto appello serietà grande maggioranza popolo per aiutare Governo nel difficile momento e per sostenerlo di fronte agli alleati. Nitti ha stigmatizzato quelli che spingono il Paese in avventure mentre il Paese ha bisogno di pace. Grande maggioranza Camera compresi socialisti ufficiali applaudito calorosamente. Quanto sopra le comunico per metterla in grado di smentire eventuali notizie false o tendenziose.

403 1 Con T. Gab. 283/199 del 12 settembre.

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 6031. Parigi, 13 settembre 1919, ore 20.

Sforza telegrafa quanto segue1:«Credo opportuno comunicarle che Orlando conversando ieri alla Camera con Luzzatti e con me circa le presunte intenzioni di Wilson mostrava stupirsi che questi non si sentisse legato per lo meno dalle profferte che nei primi di giugno avevagli fatto pervenire e che in fatto di confine istriano e di numero di isole parevano molto migliori per noi di quello che oggi si teme. Orlando aggiungeva che quello gli parve allora un minimo inaccettabile ma che doveva supporre che a tale minimo Wilson poteva sempre essere richiamato. Mi parrebbe opportuno ricevere da lei una norma di linguaggio in proposito».

Fatte ricerche nell’archivio è stata trovata una proposta consegnata a Orlando, secondo quanto egli disse al gen. Cavallero nel consegnargliela, da House, e secondo quanto risulta da un telegramma diretto a S.M. il Re dallo stesso Wilson.

Questa proposta dà Albona all’Italia, e Cherso allo Stato libero di Fiume. Per le isole vi è riferimento ad una carta nella quale sarebbero segnate in rosso le isole che dovevano essere assegnate all’Italia. Questa carta non è stata trovata e si suppone che sia presso Orlando. Occorre quindi chiamare Orlando e chiedergli che dica nominativamente quali erano le isole assegnate all’Italia in quel progetto.

Avverto che documenti esistenti presso questa Delegazione circa precedenti negoziati della questione adriatica sono incompleti. Anche incartamenti lasciati da com. Battioni sono incompleti specie in ordine negoziati mese di giugno.

404 1 Non rinvenuto.

404 2 Lo si veda in Atti parlamentari, Camera dei Deputati, legislatura XXIV, I sessione, Discussioni, tornata del 13 settembre 1919, pp. 21089 sgg.

404 3 Ivi, pp. 21115 sgg.

404

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4894. Roma, 13 settembre 1919.

Ti invio con altro telegramma1 il riassunto del mio discorso2 nonostante l’estrema delicatezza dell’argomento le mie energiche parole hanno dominato la Camera che ha inteso la gravità e la follia dell’impresa di D’Annunzio. Il successo ottenuto si è rinnovato durante il mio secondo discorso3 che ha chiuso la discussione su Caporetto. Ho l’assoluta certezza che non solo il Parlamento ma anche tutta la nazione sarà solidale col Governo. Le notizie del pomeriggio accertano che il generale Pittalunga ha dovuto ritirarsi fuori città. Fortunatamente non vi sono stati conflitti coi reparti alleati. Ho inviato Badoglio sul posto ed ho preso tutte le misure necessarie. Sono deciso ad agire senza avventata violenza ma con ferrea fermezza. L’Italia deve risolvere da sé la dolorosa situazione nel più breve tempo possibile. Sono sicuro che farai ogni sforzo per far trionfare questo punto di vista. Se gli alleati si asterranno da deliberazioni umilianti e poco amichevoli per noi, tutto il Paese sarà loro grato e ciò renderà meno difficile la soluzione dei nostri problemi. L’avvenire dei rapporti fra il popolo italiano e i popoli alleati dipende in gran parte dalla condotta dei Governi alleati: essi devono aver fiducia nel Governo italiano e non ferire l’amor proprio nazionale.

405 1 Vedi D. 368.

405

L’AMBASCIATORE A PARIGI, BONIN LONGARE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. Gab. 354. Parigi, 13 settembre 1919.

Telegramma di V.E. 12631.

Ho approfittato di una conversazione che ho avuto stamani con Pichon per accennargli la campagna dei giornali viennesi e, segnalandogli che essa vien fatta principalmente per mezzo di telegrammi dettati apparentemente da Parigi, gli ho rappresentato l’opportunità che quella Delegazione di Francia si adoperasse anch’essa a farla cessare. Ho aggiunto che il marchese della Torretta era stato inviato a Vienna a sostituire il precedente commissario e che sarebbe ottima cosa se al signor Allizé venisse di qui raccomandato di andare d’accordo con il nostro nuovo rappresentante.

Il signor Pichon che fece in questa occasione un vivo elogio del marchese della Torretta mi assicurò che avrebbe fatto quanto gli avevo domandato.

406 1 Vedi D. 379.

406 2 Vedi D. 373.

406

L’AMBSCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. confidenziale 539-540. Washington, 13 settembre 1919.

In risposta al telegramma di V.E. n. 59901 mi giova riferirmi anzitutto al contenuto del mio telegramma n. 526 in data del 9 corrente2 nel quale mi adoperai appunto prospettare portata e limite della azione di questo Senato rispetto alla questione adriatica. V.E. ne ha dedotto che mentre possiamo contare ormai ciecamente sull’appoggio morale della maggioranza della Commissione dagli Affari Esteri, sarebbe illusorio ripromettersi allo stato delle cose un voto del Senato che consacrasse riconoscimento delle nostre rivendicazioni, sia perché al Senato manca presentemente occasione di pronunciarsi su questo tema, sia perché comunque il blocco democratico attenderebbe alla maggioranza di un voto che suonasse ingiuria a Wilson. Il fatto che la relazione di Lodge sul Trattato colla Germania ha omesso qualsiasi accenno a problemi non direttamente connessi col Trattato stesso sembra annullare pure la possibilità accennata in coda al menzionato mio telegramma di una manifestazione da parte del Senato in favore dell’annessione di Fiume all’Italia in occasione della discussione imminente del Trattato. Terreno propizio e leale per sottoporre fondamentalmente al Senato le rivendicazioni italiane potrebbe essere offerto alla Commissione degli Affari Esteri soltanto quando abbia a decidere sul Trattato coll’Austria rilevandone la lacuna relativa a territori già facenti parte dell’Impero austro-ungarico e che fossero ancora in contestazione. Ma anche allora qualunque manifestazione in favore delle rivendicazioni italiane rimarrebbe vana agli effetti di una sanzione pratica, ammenoché il Senato dietro proposta della Commissione rifiutasse ratificare il Trattato senza speciali emendamenti fra i quali trovassero posto le rivendicazioni italiane. Ciò che a mio avviso sarebbe per lo meno imprudente di scontare quando anche oggi il proposto emendamento di Shantung malgrado il generale consenso che per ovvie ragioni politiche riscuote nel pubblico non sarà verosimilmente approvato e lascerà traccia di sé, come di una semplice manifestazione del sentimento prevalente in Paese.

Da quanto precede risulta che la Commissione del Senato dopo aver preso in serena considerazione i giorni scorsi i nostri postulati, tacerà per ora in attesa del momento opportuno. Cade con ciò la preoccupazione che ulteriori e più vivaci manifestazioni odierne in seno della Commissione stessa possano inasprire l’animo di Wilson, la cui resistenza del resto deriva oggi a mio avviso specialmente dalla sconsigliata posizione aperta da lui assunta in materia. Conviene rammentare d’altra parte che se nelle sue deliberazioni Wilson ha mostrato sempre il più assoluto disprezzo per la voce del Senato, questo ultimo lo ripaga colla più accanita lotta in ogni campo. Non può stupire dunque a Wilson che anche la questione italiana sia presa a motivo di opposizione mentre il silenzio del Senato su questo speciale argomento potrebbe essere da lui prodotto come consenso al suo punto di vista.

Questa la situazione odierna la quale, mentre esclude a mio avviso l’opportunità di tentare in questo momento di forzare la mano al Senato mediante agitazioni clamorose, non esclude però, e magari consiglia, in vista di possibilità diverse che scaturissero dalle vicende del Trattato con la Germania e dalle conseguenti commozioni nella politica interna degli Stati Uniti, la continuazione da parte dei nostri di una prudente e dignitosa opera di convincimento sui membri del Senato.

V.E. può contare sulla mia maggiore attenzione e sulle mie costanti informazioni.

407 1 Vedi D. 378.

407 2 Vedi D. 321.

407 3 Ed in Miller, p. 403.

407 4 Vedi D. 372.

407

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. segreto 541-542-543. Washington, 13 settembre 1919(perv. ore 10,10 del 16).

Il telegramma di V.E. cui mi riferisco è pervenuto in due parti sotto i numeri 5986 e 58881 lasciandomi dubitare che esso non sia completo. Vi rispondo comunque subito data la gravità dell’argomento. Premetto alcune notizie di fatto venute testé a mia conoscenza segretamente e che possono chiarire alcuni fra i dubbi manifestatimi da V.E. Pervenne in agosto a Wilson un telegramma di Polk2 contenente sotto forma di memorandum una proposta d’assieme italiana divisa in otto capi che toccavano per quanto mi consta la rinuncia al triangolo di Assling tranne la ferrovia, una duplice soluzione per Fiume (Stato cuscinetto compresavi l’isola di Cherso, ovvero separazione della città da Sussak), la rinuncia alla Dalmania tranne Zara, le isole da concedersi all’Italia, la naturalizzazione dell’hinterland dalmata, la sovranità italiana su Valona, il mandato all’Italia sull’Albania. In altro telegramma Polk informava tra le altre cose Wilson che quel memorandum non era stato ancora approvato da Balfour. A fine di agosto fu comunicata a Polk la risposta di Wilson3 che assieme a talune approvazioni escludeva (a seconda sempre di quanto mi consta) la seconda soluzione di Fiume, che negava Zara all’Italia facendone una città libera, che limitava il numero e le isole all’Italia, che manifestava riserve sulla opportunità del mandato in Albania. So pure che avantieri è stato trasmesso a Wilson un nuovo telegramma di Polk contenente quella che presumo sia la proposta definitiva italiana4. So che in questo telegramma Polk mette nella più simpatica luce lo sforzo continuato di V.E. per dirimere con spirito di conciliazione le più gravi difficoltà. Non ho potuto carpire di più.

Ciò premesso e dacché V.E. fa assegnamento sull’azione di Lloyd George e Clemenceau convengo pienamente sul pericolo che potrebbe derivare da una negativa opposta da Wilson ad una azione diretta dall’ambasciatore. Soggiungo che mi sarebbe stato possibile e facile far valere con presumibile vantaggio presso Wilson per interposta persona i gravi argomenti segnalatimi da V.E., se disgraziatamente assenza Wilson che rimonta a 10 giorni e che coprirà il mese, e la natura stessa del suo viaggio lontano che ne assorbe incessantemente attività e la mente non escludessero ormai assicurazione possibilità di contatto imminente con lui. In queste condizioni mi sono avvicinato a Phillips che in assenza di Lansing regge attualmente il Dipartimento di Stato e al quale mi legano rapporti intimità e fiducia amichevoli. Mostrandomi completamente ignaro di quanto ho confidato più sopra a V.E., e avendogli chiesto se e quali notizie vi fossero da Parigi, egli mi ha confermato in un colloquio strettamente privato e confidenziale recente arrivo e trasmissione a Wilson telegramma di Polk colla proposta italiana avvalorata dal consenso francese ed inglese.

Non si è creduto autorizzato rivelarmene contenuto trattandosi comunicazione personale al presidente, ma mi ha detto questa comunicazione racchiude qualcosa di più di una trasmissione pura e semplice e si è compiaciuto nel manifestarmi che esso ribadisce eccellenti rapporti fra V.E. e Polk.

Sempre in via privata e confidenziale, ho colto l’occasione manifestare a Phillips vivissima speranza nella piena adesione di Wilson, non tacendo quale grave situazione creerebbe nelle attuali condizioni un ampolloso deprecato rifiuto. E poiché Phillips deplorava con me lontananza presidente, né poteva dire se sua risposta sarebbe imminente o tardiva, mi sono spinto a insinuargli opportunità che a prevenire sciagura di ogni decisione dissenziente di Wilson, egli dirigesse al presidente in nome proprio quella qualsiasi comunicazione che gli avesse dettato il suo convincimento personale. Tuttociò, ripeto, in via strettamente privata e confidenziale. Pienamente consapevole della suprema importanza di questo momento assicuro V.E. del mio massimo impegno e della mia maggiore prudenza.

408 1 Per la risposta vedi D. 443.

408

IL SEGRETARIO PER LE COLONIE BRITANNICO, MILNER,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

L. Parigi, 13 settembre 1919.

Having gone carefully into the matter, I am afraid it will not be possible for me to have ready before your departure from Paris the draft of a convention embodying the concession which Great Britain is prepared to make in execution of Article 13 of the Treaty of London of April 26th 1915.

I was not aware, when I came to Paris this week, that the immediate conclusion of such a Convention was in contemplation, hence I have neither the Staff, nor the materials at hand, which would enable me to deal with the matter in a satisfactory way.

Moreover I have not yet received the draft Convention between Italy and France, to which you referred in our conversation yesterday, and which might have been of some guidance to me in drawing up a similar agreement between Italy and England.

I am, however, most anxious to facilitate your task in putting the results of the Anglo-Italian negotiation before your Parliament. I therefore enclose un informal statement showing in general terms the boundaries of the territory we are prepared to cede to Italy.

Annex A on the side of Tripoli.

Annex B on the side of Somaliland.

These boundaries will, of course, have in either case to more particularly defined by Boundary Commissions.

I have only to add, that I have taken note of the desire you expressed, that the boundaries of the territory, we are prepared to cede on the side of Somaliland should be somewhat extended in a northern direction, between the line to which we have actually agreed and the Abyssinian frontier. These regions are very little known to either of us. You were unable to give any precise definition of the extension you desire, and it is quite impossible for me, until I have time to consult the authorities in East Africa, to know whether any extention at all is practicable without injury to British interests or the disturbance of our relations with the local tribes. Under these circumstances all I can say is, that I am prepared to make further inquiry into the matter in a friendly spirit, on the understanding that, if after such inquiry the British Government does not see its way to offer any further concession in this quarter, the Italian Government will have no cause for complant, but will be content to regard the cession of the territories described in the Annexes to this letter as satisfying the claims of Italy under Article 13 of the Treaty of London, as far as Great Britain is concerned1.

Annesso A

Proposed frontier between Egypt and Tripoli.

From a point on the coast about ten miles North of Sollum in a southwesterly direction to Sidi Omar: thence south immediately west of the caravan route (Messrab) to Bir Seferzin, BirShegga, Palm Tree; thence south west along and immediately west of the Msarab el Akhwan to its junction with the Masrab al Quarn; thence south-east to the edge of the Melfa Oasis; thence along the western edge of the Oasis, thence south west until the line strikes 24° 30’ degrees of longitude; thence it shall follow 24° 30’due south until the French sphere is reached.

Annesso B

Proposed frontier between British Africa and Italian Somaliland (from North to South):

From the confluence of the Rivers Cabale and Daua the frontier shall follow the course of the Daua up stream to the souther point of the small southerly band of the river Daua in the vicinity of Malka Re.

Thence it shall run in a south-south-westerly direction in a straight line to the centre of the pool of Dumasa.

Thence in a south-westerly direction in a straight line towards Eilla Kalla to such meridian E of Greenwich as shall leave in Italian territory the most easterly well in the El Wak area.

Thence it shall follow this meridian southwards to its junction with the course of the Lak Dera.

Thence in shall run in a straight line to the Bidahu-Hamu Swamp, and shall follow the eastern boundary of that swamp from north to south.

From the south eastern end this swamp it shall run in a straight line to meet the Lak Curanluga north of Chimbarre.

Thence the general direction of the boundary shall be a line from this point to a point on the coast whence the boaring of the northern point of the Island of Kwayama (which remains British) shall be south-east.

The course of the Lak Curanluga is believed to follow this general direction and if, and so long as, it does so, it shall be taken to be the boundary.

The boundary above described is shown in red on the attached 1/1/000/000 map (Geographical Section General Staff, n. 2465 sheet North A 37 and part of A 38 and South A 37) and all references in the above description of the boundary are to this map.

The country under consideration has not however been surveyed and the map cannot be relied upon as accurate.

In the event of its being found impossible to identify the places named on the map, the position as shown on the map shall be adopted.

409 1 Vedi D. 396.

409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 6040. Parigi, 14 settembre 1919, ore 11,30.

Clemenceau mi scrive di avere richiamato da Fiume il generale Savy e di avere affidato il comando del contigente francese ad un colonnello1.

Inoltre egli ha deciso la soppressione della base navale francese a Fiume. Egli spera che nei provvedimenti che noi adotteremo in seguito all’incidente D’Annunzio, noi troveremo modo di provvedere alla soppressione del battaglione fiumano, domandato dalla Commissione d’inchiesta.

410 1 Vedi D. 419.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4903. Roma, 14 settembre 1919, ore 14,45.

Badoglio ha assunto comando truppe che circondano Fiume.

Non si sono verificate altre defezioni. La città è stata sgombrata dalla nostra brigata di fanteria, ma i reparti francesi ed inglesi sono rimasti nei loro alloggiamenti. Poiché vogliamo impedire per terra e per mare l’ingresso in Fiume di qualsiasi rifornimento, sarebbe necessario che le truppe alleate uscissero dalla città mentre le navi alleate concorreranno al blocco. Se con me concordi ti prego di proporlo a Clemenceau ed a Lloyd George facendo loro intendere che nostro solo movente è di usare alle truppe anglo-francesi uno speciale riguardo assumendo su di noi tutte le responsabilità nell’intento di compiere con le nostre truppe tutte le dolorose misure che la situazione potrà imporre.

Attendo d’urgenza una tua risposta1.

411 1 Si tratta in realtà del T. 6020 del 13 settembre, per il quale vedi D. 399.

411 2 Vedi D. 401.

411

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4904. Roma, 14 settembre 1919, ore 15.

Tuoi telegrammi n. 66201 e n. 60232.

Dichiarazioni di Lloyd George non mi sembrano convincenti. Se egli avesse sinceramente desiderato di apporre la sua firma al telegramma approvato da Clemenceau lo avrebbe fatto senza domandare il parere di Polk. Egli potrebbe però se volesse riparare a ciò con una sua azione personale presso Wilson. Sono invece soddisfatto per quanto ti ha detto circa l’Asia minore. Su tale argomento occorre assolutamente promuovere una leale intesa fra l’Italia, Francia e Inghilterra.

412

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO MILITAREPER LA VENEZIA GIULIA, BADOGLIO,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI, E AL COMANDO SUPREMO

T. riservatissimo personale 7003/105 f. Trieste, 14 settembre 1919, ore 15(perv. ore 19).

Truppe in Fiume risultano essere: un battaglione granatieri circa trecento uomini; due battaglioni brigata Sesia circa seicento uomini; un battaglione arditi seicento o settecento uomini; circa quattrocento marinai; sbandati di molti corpi e molti ufficiali colà convenuti; centoventi bersaglieri ciclisti; alcuni uomini artiglieria con quattro pezzi da montagna e due pesanti campali. Un battaglione brigata Calabria portatosi Fiume ieri è rientrato nella notte nelle linee d’armistizio. I tre battaglioni brigata Regina alla mano [sic] loro capi sgombreranno Fiume in giornata. S.E. Di Robilant ha disposto perfettamente secondo vedute Governo nel senso di isolare centro di Fiume con un cordone di truppe che impedisca ogni contatto esterno. Movimenti per stabilire cordone sono in corso e saranno ultimati tra questa notte e domani mattina. Sono preparate interruzioni stradali per impedire afflusso in Fiume di altri autocarri. Previ accordi con Comando delle navi e delle Forze alleate, si è venuto nella deliberazione di riunire le Forze alleate in prossimità delle banchine a protezione dei loro magazzini pronti a imbarco. È indispensabile togliere il rifornimento di viveri alla città. Perciò generale Robilant disporrà per il fermo alle ferrovie e prego V.E. dare disposizioni in tale senso al ministro dei trasporti. Per impedire il rifornimento per via di mare, ordinerò a ammiraglio Cusani di stabilire il blocco marittimo di Fiume. Sarebbe però necessario che questo blocco fosse notificato ufficialmente per via diplomatica. Nella notte sarà buttato manifesto con bando che saranno dichiarati disertori coloro che non si presentano prima delle 24 di martedì. Truppe in Istria tengono ottimo contegno sinora. Spero che provvedimenti presi e in corso di attuazione unitamente a propaganda che tenterò di fare in Fiume possano portare ad una soluzione senza spargimento di sangue.

413 1 Vedi D. 403.

413 2 Vedi serie sesta, vol. III, D. 737.

413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4909/6045. Parigi, 14 settembre 1919, ore 15,30(perv. ore 18,40).

Faccio seguito al mio telegramma 6031 di ieri1.

Ho fatto osservare a Polk che nel telegramma di Lloyd George e Clemenceau per quel che riguarda la nostra frontiera, la frase: «linea del Presidente Wilson» deve intendersi nel senso della linea proposta da Wilson ad Orlando il 7 giugno2. Polk ha consentito ed ha telegrafato a Wilson in questo senso. Così non ha più ragione di essere il timore espresso da Orlando a Sforza. Però occorre chiedere ad Orlando i due documenti che qui mancano, e cioè: «l’originale in inglese recante linea dettagliata di Wilson annessa al memorandum e di cui abbiamo qui solo una traduzione italiana; la carta di Wilson con l’indicazione delle isole da assegnare all’Italia».

414 1 Vedi D. 400.

414

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4906. Roma, 14 settembre 1919, ore 16.

Tuo telegramma n. 60211.

Sono molto lieto che Clemenceau e Lloyd George ti abbiano dichiarato la loro intenzione di non intervenire negli avvenimenti di Fiume. Occorrerebbe che anche Wilson si mostrasse animato dagli stessi sentimenti. Una tua azione personale in tal senso presso delegazione americana e specialmente presso White potrebbe forse essere utile.

Certo l’amichevole condotta degli alleati in questa circostanza sarà profondamente sentita in Italia e ciò faciliterà molte cose.

La loro attitudine sarebbe stata certo diversa alcuni mesi or sono quando i nostri rapporti colla Francia e coll’Inghilterra erano così profondamente alterati: ciò si deve alla tua opera piena di abnegazione e di chiaroveggenza.

415

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO MILITAREPER LA VENEZIA GIULIA, BADOGLIO,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI, E AL COMANDO SUPREMO

T. riservatissimo personale 7000/ 107 f. 3. Trieste, 14 settembre 1919, ore 16,20(perv. ore 18,10).

Ho conferito con generale Gandolfo insistendo sollecita attuazione misure già ordinate da generale Di Robilant e disponendo per interrompere ogni comunicazione telegrafica e telefonica con Fiume. Ordinata energica azione propaganda tra nostre truppe per impedire defezioni. Lascio a V.E. di considerare se non sia opportuno un proclama all’esercito. Ho conferito anche con commissario civile Fiume affinché svolga alacre opera tra autorità di Fiume per dimostrare che così operando causano rovina nostra e loro. Conferirò oggi con S.E. Ciuffelli per disciplinare movimenti vari. Se nulla avviene di grave, domani mattina percorrerò con generale Gandolfo linea armistizio per arringare truppe.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4910/6047. Parigi, 14 settembre 1919, ore 16,50(perv. ore 19).

Il proposito di Lloyd George era di chiudere addirittura la Conferenza salvo il riunirsi per i Trattati che ancora rimangono da fare, cioè Adriatico, Bulgaria, Ungheria e Turchia. Questa soluzione non sarebbe stata conforme ai nostri interessi fino a che le nostre questioni non sono risolute; a noi conviene poter trattare qui insieme coi delegati della Conferenza invece che separatamente con i vari Gabinetti. Ho parlato perciò a Lloyd George in questo senso. Lo stesso ha fatto Polk e pare che egli si sia persuaso.

417 1 Vedi D. 402.

417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,ALL’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 6048. Parigi, 14 settembre 1919, ore 17.

Ho comunicato a Polk contenuto del mio telegramma in chiaro n. 60291 e l’ho informato che Clemenceau e Lloyd George mi hanno assicurato di avere piena fiducia nelle misure che il Governo prenderà per reprimere l’incidente di Fiume tanto più che la questione ha soprattutto importanza come questione interna italiana di fronte alla necessità di non lasciare impunito il precedente di un pronunciamento militare.

Clemenceau e Lloyd George capirono benissimo che qualunque pressione dall’estero non farebbe altro che rendere più difficile il compito del Governo italiano e quindi volendo facilitare tale compito si sarebbero astenuti da qualunque osservazione o rimostranza. Polk mi ha detto che condivideva completamente il pensiero di Clemenceau e di Lloyd George ed anche egli aveva piena fiducia nel Governo italiano.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 6054. Parigi, 14 settembre 1919, ore 17.

Polk associandosi completamente alle dichiarazioni di Clemenceau e Lloyd George mi ha ripetuto che gli alleati devono avere la massima fiducia nel Governo italiano e astenersi da qualunque parola od altro che possa turbare la sua azione.

Polk mi ha comunicato un telegramma ricevuto stamane alle 10 dal comandante delle forze americane a Fiume il quale dice di aver ricevuto una lettera del generale italiano che lo informa che dinanzi a forze superiori è stato obbligato ad abbandonare il comando delle truppe interalleate. Il telegramma aggiunge che l’equipaggio della regia nave «Dante Alighieri» e quella di un cacciatorpediniere si sono ammutinati. Una parte degli equipaggi ha abbandonato le dette navi. Delle granate a mano sarebbero state lanciate da alcune marinai italiani contro la nave da guerra inglese «Ceres».

419 1 Vedi D. 410.

419 2 Vedi D. 404.

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4915/6060. Parigi, 14 settembre 1919, ore 20,30(perv. ore 22,40).

Tuo telegramma 49031.

Clemenceau si è in massima dimostrato favorevole alla tua idea. Ha chiesto però di pensarci un poco ed ha promesso di dare una risposta domani mattina prima della Conferenza. È stato impossibile trovare Polk e Lloyd George che erano andati in campagna. Li vedrò domani mattina di buon’ora. Mi felicito teco per le tue dichiarazioni e per l’accoglienza che hanno ricevuto dalla Camera2. Ne fanno cenno i giornali di oggi e già mi è stato riferito che hanno prodotto ottima impressione.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4916/6062. Parigi, 14 settembre 1919, ore 21,10(perv. ore 8 del 15).

Ho visto Polk appena tornato dalla campagna. Egli mi ha mostrato telegramma dell’ammiraglio americano a Fiume il quale gli dice che comandante inglese e francese in seguito ad abboccamento avuto con generale Robilant, hanno deciso ritirare loro truppe da Fiume. Ritiro doveva aver luogo stasera o domani mattina al più tardi. Polk ha ripetuto dichiarazione di fiducia nel Governo italiano ed assicurazione circa sue cordiali disposizioni a facilitare il difficile e delicato compito. Kerr, segretario di Lloyd George, verrà da me questa sera tardi.

421

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4920/6063. Parigi, 14 settembre 1919, ore 24(perv. ore 4 del 15).

Mi ha lasciato adesso sir Philip Kerr. Egli approva pienamente tuoi propositi circa Fiume ed è certo che Lloyd George darà ad essi la sua piena adesione e le conseguenti istruzioni alle forze terrestri e navali inglesi che sono colà. Kerr quanto al blocco dalla parte di mare, mi ha chiesto se si poteva contare sulle navi italiane e se era vero che gli equipaggi delle stesse si erano ammutinati. Gli ho risposto che non avevo altre notizie oltre quelle giunte a Polk. Lloyd George a cagione di un guasto d’automobile ha telegrafato da Compiègne che giungerà qui tardissimo.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4919/6064. Parigi, 14 settembre 1919, ore 24(perv. ore 2,30 del 15).

Date disposizioni eccellenti che qui lascio presso nostri alleati circa Fiume, credo poter partire domani sera, e quindi sarò a Roma mercoledì mattina. Però credo preferibile fissare definitivamente a sabato anziché a giovedì discussione Trattato Germania e perché incidente Fiume sarà certamente stralciato e perché così relazione Austria sarà quasi pronta. Bisognerebbe che discussione sul Trattato Austria seguisse immediatamente quella del Trattato Germania perché, esaurendo quest’ultima politica estera generale, la prima sarà certamente più breve.

423

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4924. Roma, 15 settembre 1919, ore 10,10.

Le notizie dall’interno sono comunque buone e spero che continuando ad agire con fermezza e con decisione supereremo anche questo grave momento. Credo utile cominciare giovedì discussione Trattato di pace con Germania, subito dopo discuteremo quello con Austria. Un ulteriore rinvio mi parrebbe pericoloso. Appena arriverai prenderemo tutti accordi.

424 1 Per la risposta vedi D. 432.

424

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato personale 4923. Roma, 15 settembre 1919 ore 10,15(perv. ore 12).

Richiamo la tua attenzione sul fatto che fra le possibili conseguenze della violenta impresa di D’Annunzio vi è quella di un’azione jugoslava intesa ad impadronirsi della città.

Desidero conoscere il tuo pensiero sulla nostra condotta in tale eventualità. Vorrei sapere se credi opportuno di parlarne sin d’ora cogli alleati1.

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 6074. Parigi, 15 settembre 1919, ore 13,30(perv. ore 17,50).

La presenza di Lloyd George alla seduta della Conferenza di stamane ha dato luogo ad una discussione su tutte le grandi questioni europee che proseguita nel pomeriggio [sic]. Dovendo Lloyd George partire per Londra domani mattina, si prevede che la seduta finirà ad ora tardissima. Quindi non mi è possibile partire stasera. Giungendo Roma giovedì mattina poco prima della seduta della Camera sarò troppo stanco per parlare appena sceso dal treno. Ti prego quindi fissare per venerdì discussione Trattato Germania. Nel caso ti sembrasse assolutamente indispensabile far cominciare discussione giovedì, io parlerei ugualmente nella seduta di venerdì, essendo materialmente impossibile farlo prima.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato 4930/6079. Parigi, 15 settembre 1919, ore 16,35(perv. ore 20,30).

Mentre mi riservo telegrafare più tardi circa le importanti questioni che sono state discusse oggi alla Conferenza, mi affretto ad informarti subito di ciò che si è detto circa l’Adriatico.

Clemenceau, Lloyd George e Polk hanno ripetuto che dal punto di vista internazionale non davano alcuna importanza all’incidente di D’Annunzio, che erano lieti delle tue dichiarazioni e dell’accoglienza che avevano avuto dalla Camera; erano sicuri che mediante la tua energia, tutto sarebbe stato presto regolato. Io ho preso occasione per fare rilevare come la questione di Fiume sia ormai divenuta pel popolo italiano una questione sentimentale della quale gli alleati dovrebbero tener conto se desiderano che nel popolo italiano non rimanga un fermento di malcontento per le loro decisioni. Clemenceau mi ha vivamente appoggiato ed ha detto che non vede perché questo legittimo desiderio del popolo italiano di avere una città italiana non debba essere appagato.

Egli quindi ha rinnovato la proposta che già fece tempo fa nella riunione privata dei Quattro, cioè la città di Fiume sovranità italiana, il porto e la ferrovia alla Lega delle Nazioni, il territorio che avrebbe dovuto costituire lo Stato libero agli jugoslavi.

Lloyd George ha dichiarato che in passato non aveva potuto appoggiare la sovranità italiana su Fiume perché i delegati italiani pretendevano che fosse estesa al porto e alla ferrovia, ma che nei termini delle proposte Clemenceau era anche egli lieto di appoggiare, poiché comprendeva che in nessun modo conveniva agli alleati che il popolo italiano conservasse risentimento verso di loro.

Polk ha fatto riserve circa la adesione di Wilson ad una simile proposta. Io gli ho fatto osservare che non era niente migliore, ma era compresa nelle alternative del telegramma Lloyd George Clemenceau. La sola differenza era questa: che mentre nel telegramma Clemenceau Lloyd George si limitavano a raccomandare la proposta Wilson, oggi ne riconoscevano la assoluta necessità. Stante l’ora tarda il seguito della discussione alle ore 16 del pomeriggio.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4936/6085. Parigi, 15 settembre 1919, ore 19,35(perv. ore 1,45 del 16).

Oggi alle 4 si é ripresa discussione questioni adriatiche. Polk ha fatto considerare che avendo già inviato a Wilson un telegramma col quale lo ha informato che Clemenceau e Lloyd George gli raccomandavano caldamente per Fiume due soluzioni a sua scelta, non conveniva telegrafargli fino a che non fosse pervenuta sua risposta. Allora soltanto potrebbero utilmente Clemenceau e Lloyd George telegrafare di nuovo a Wilson caldeggiando la sovranità italiana su Fiume che del resto è già compresa in una delle proposte che gli sono state presentate. In seguito alle vive insistenze di Polk il quale ha detto ripetutamente che se non si fossero seguiti i suoi suggerimenti si sarebbe fatto più male che bene, si è deciso di attendere la risposta di Wilson. Clemenceau però ha ripetuto esser suo fermo convincimento che giovasse agli alleati di dare questa soddisfazione al popolo italiano. Lloyd George nel prendere commiato da me mi ha pregato di salutarti in modo speciale.

428

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. riservato 4931. Roma, 15 settembre 1919, ore 21,40.

Discussione Trattato può cominciare giovedì. Vuol dire che tu faresti dichiarazioni Governo venerdì. In ogni modo discussione durerà parecchi giorni.

429

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. personale 4932. Roma, 15 settembre 1919, ore 22,30.

Nessun nuovo incidente a Fiume dove regna tuttora grande esaltazione. In Istria ed in Dalmazia l’ordine pubblico non è stato sin qui turbato. Badoglio con calma ed energia sta prendendo tutte le misure necessarie per dominare la situazione e per impedire i rifornimenti di Fiume. Egli ha ricevuto a Volosca il deputato di Fiume Ossoinach e gli ha detto di rientrare a Fiume e di interporre l’opera sua onde evitare qualsiasi atto ostile verso gli alleati e specialmente verso le truppe francesi che non sono ancora imbarcate. Da più precisi accertamenti risulterebbe che i soldati affluiti in Fiume da diversi reparti sono circa 1900. Ad essi si sono uniti 300 marinai. Purtroppo non si può fare assegnamento neanche sui marinai delle tre navi ancorate in porto: sembra anzi che una di queste abbia innalzato la bandiera di Fiume.

430 1 Vedi D. 407.

430 2 Per la risposta di Tittoni vedi D. 456.

430

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. confidenziale 407/549. Washington, 15 settembre 1919(perv. ore 14 del 16).

Mio telegramma n. 5411.

Phillips mi ha confidato testé di avere trasmesso iersera a Parigi la risposta di Wilson che è favorevole alla soluzione conciliativa proposta da V.E. per la questione adriatica. Phillips senza entrare in troppi dettagli mi assicurava compiacendosene che la risposta di Wilson è improntata alla maggiore simpatia per l’Italia. Alla mia domanda se essa copriva tutti i punti in discussione ha replicato che gli sembrava rammentare soltanto una qualche piccola differenza nel novero delle isole ed ha accentuato che la risposta contiene l’adesione al mandato dell’Italia sull’Albania.

Un altro funzionario del Dipartimento di Stato mi ha confermato la confidenza. E poiché, allo scopo di una più esauriente indagine, gli osservavo che sarebbe stato di suprema importanza in questo momento che il R. Governo potesse annunciare al Paese che la questione è soddisfacentemente definita, egli mi ha risposto che tale infatti può considerarsi in seguito alla accettazione di Wilson.

Sarei lieto se fosse toccato a me di anticipare a V.E. questa notizia2.

431 1 Vedi Atti parlamentari, Camera dei Deputati, legislatura XXIV, I sessione, Discussioni, tornata del 13 settembre 1919, pp. 21089 sgg.

431 2 Vedi D. 404.

431 3 Vedi D. 430.

431

L’AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, A PARIGI

T. 550. Washington, 15 settembre 1919(perv. il 16).

Data l’impressione suscitata in queste sfere dall’incidente militare di Fiume e data la probabilità di notizie allarmanti da Fiume a questo Governo ho stimato avvicinarmi a Phillips onde porre in rilievo importanza delle dichiarazioni del presidente del Consiglio alla Camera1 ed informarlo del contenuto del telegramma di V.E n. 60482. Phillips, che appena vistomi lamentava tanto più l’incidente in quanto temeva che esso potesse sconvolgere l’accordo faticosamente raggiunto (mio telegramma n. 5493) ha preso atto con vero compiacimento delle mie comunicazioni e dei miei commenti promettendomi a mia richiesta che li avrebbe portati a conoscenza di Wilson. Ho inteso con ciò prevenire qualche impulsiva istruzione di quest’ultimo avendo accertato che finché io parlavo nessun telegramma al riguardo era ancora pervenuto qui da Polk.

432 1 Vedi D. 424.

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4937/6089. Parigi, 15 settembre 1919, part. ore 1,45 del 16(perv. ore 4,30).

Tuo telegramma 4923.1

Qui non si crede alla possibilità di un colpo di mano serbo su Fiume. Ciò posto, non mi parrebbe il caso di insistere al riguardo. Se però avvenisse, credo che noi dovremmo respingerli con la forza. La Conferenza non decise come debba essere composta la guarnigione di Fiume e non vi ha compreso i serbi: quindi qualunque atto violento dei serbi sarebbe ostile alla Conferenza e noi lo respingeremmo come mandatari della Conferenza stessa e per farne rispettare le decisioni.

433 1 Per la risposta di Nitti vedi D. 444.

433

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO MILITAREPER LA VENEZIA GIULIA, BADOGLIO,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI.E AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, DIAZ

T. riservatissimo 142 f. Trieste, 15 settembre 1919.

Con telegrammi spediti ieri ed oggi ho informato V. E. delle principali novità e dei provvedimenti presi.

Riassumo brevemente la situazione.

Sono in Fiume al comando di D’Annunzio 2 battaglioni della brigata Sesia, 1 battaglione granatieri, 2 battaglioni arditi, 1 di ciclisti, alcuni artiglieri con 6 pezzi e più soldati alla spicciolata, e molti ufficiali in gran parte in congedo, che erano affluiti in città in attesa dell’arrivo di D’Annunzio. Vi sono inoltre circa 400 marinai. Non ve ne sono di più perché D’Annunzio non li ha voluti. Ha rimandato indietro un battaglione del 73° fanteria di cui gli ufficiali più indiziati furono per ora mandati in fortezza a Verona.

L’ordine in città è perfetto ed il contegno dei militari irreprensibile.

Ieri la brigata Regina che è sulla linea di armistizio in contatto coi jugoslavi ha acclamato D’Annunzio: un suo battaglione che era in città si rifiutò di andare alla linea d’armistizio volendo restare in Fiume, ed obbedì solo dietro l’intervento di D’Annunzio.

I provvedimenti presi dal lato di terra per isolare Fiume furono: in primo tempo l’organizzazione di posti di sbarramento con carabinieri sulle principali comunicazioni; in secondo tempo saranno disposte tre brigate in 1ª linea (Bologna - Firenze - Lombardia) ed una in 2ª linea (5° bersaglieri), in modo da costituire un vero cordone. Sul tratto est, cioè verso i jugoslavi, rimarrà per ora la Regina.

I movimenti di queste truppe saranno completati il 18, e ciò coinciderà con lo spirare del termine concesso per la presentazione dei ribelli alla nostra linea d’armistizio. Si sono inoltre fermati i treni a Mattuglie e sottoposti a rigorosa visita.

Per mare ho ordinato il blocco; non so però ancora quanto sinora è stato fatto per le difficoltà delle comunicazioni.

Ciò posto reputo mio stretto dovere rappresentare a V. E. il vero stato delle cose, senza alcun sottinteso, poiché è necessario che a V.E. giunga esatta e precisa l’espressione di quanto io ho sentito, visto e dedotto.

Come è valutato l’atto di D’Annunzio nella popolazione triestina fiumana?

Sia a Trieste sia a Fiume l’atto di D’Annunzio viene giudicato come l’unica soluzione che a noi rimanesse per non essere soffocati dagli alleati.

È opinione generale che nessun alleato, e tanto meno l’Italia vorrà portare le cose agli estremi spargendo sangue. Sono convinti che dato che l’occupazione attuale garantisce l’ordine ed il rispetto assoluto verso gli alleati, nessuno si deciderà ad intervenire.

D’Annunzio è per tutti l’idolo, il nuovo Garibaldi.

Trieste è ancor oggi tutta imbandierata come ai giorni della sua liberazione.

Come è valutato l’atto nell’Esercito?

In modo non molto dissimile da quanto lo valuta la popolazione.

I soldati ed i giovani ufficiali erano abituati a considerare D’Annunzio come l’araldo dell’Italia. Non se ne era forse servito in tal senso il Governo, dal discorso allo scoglio di Quarto in poi? La funzione fatta a Fiume è giudicata la continuazione di quella fatta, consenziente il Governo, a Roma all’altare della Patria.

L’ascendente suo è tale che basta una sua parola per decidere una situazione. Prova il fatto della brigata Regina, ottima brigata nuova all’ambiente, e che dopo poche oscillazioni si dichiarò per lui, prova il fatto il battaglione del 73°, anch’esso nuovo della zona.

E da voci raccolte da fiduciari mi risulta che altre brigate, pure ottime, quale la Casale, la Catanzaro non sono dissimili per sentimenti dalla Regina.

Mi è giocoforza dire che le parole pronunciate da V.E. alla Camera nel senso di classificare follia o sport l’atto di D’Annunzio, non hanno trovato consenzienti i soldati e gli ufficiali che sono invece ancora infatuati delle molteplici e solenni dichiarazioni fatte dall’on. Orlando «che Fiume è Italianissima» che «l’Italia conosce la fame, non il disonore», e che perciò stimano l’atto come una naturale conseguenza di quelle dichiarazioni.

Riassumendo quindi situazione sia per quanto riguarda la popolazione sia per quanto riguarda l’Esercito, quanto mai delicata.

Un atto impulsivo, lo spargimento di sangue porterebbe indubbiamente alla sommossa in Trieste.

Che questo fatto si avveri altresì in molti centri in Paese, io non posso essere giudice. V.E. meglio di me potrà valutarlo.

Ma il fatto più grave è che io non posso per ora garantire che le truppe marcino contro i loro compagni e facciano uso delle armi.

Ho già parlato con molti comandanti: parlerò con tutti. Ho ordinato un’attiva propaganda fra le brigate in arrivo: io stesso la farò.

Ma queste magnifiche truppe che muoverebbero al primo cenno contro jugoslavi o contro gli alleati, muoveranno esse contro Fiume? Ripeto ne dubito e mi riservo di informare V.E. non appena avrò ultimato il mio giro fra di esse.

Per ora quindi io mi sono limitato a due cose: isolare la città e fare indirettamente giungere a Fiume consigli di moderazione e di rispetto assoluto ai contingenti alleati. Se non succedono disordini, noi potremo sempre di più procrastinare la risoluzione con evidente vantaggio, non foss’altro per una maggior calma negli animi.

Ho fatto preparare e fra questa sera e domattina lanceremo il bando che dà 5 giorni di tempo per non essere dichiarati disertori.

Ma devo francamente dire che non ho molta fiducia negli effetti di esso: troppo recente è l’amnistia fatta per i disertori in faccia al nemico perché il soldato non deduca che sarà poi anch’esso amnistiato.

Questa è la situazione, Eccellenza, senza alcun velo.

Quali sono i precisi intendimenti del Governo? Agire con molto tatto, non portare la cosa agli estremi, cercare di ritardare la risoluzione? Oppure azione decisa, con tutte le gravissime conseguenze che essa può portare sia in Paese, sia più specialmente qui? Perché qui vi è un fermento tale, di cui forse non si ha esatta valutazione a Roma; vi è una esaltazione tale, dalla quale ogni eccesso può scaturire.

Mi riservo, come ho detto, di informare V.E. sullo spirito delle truppe.

Intanto pregherei V.E. di volermi dire quali siano gli intendimenti del Governo, perché qualunque mia mossa qui può avere ripercussioni tali che non è nella mia facoltà e mia coscienza di provocarle, senza che sia perfettamente nelle vedute dell’E.V.

Se V.E. lo ritiene necessario, potrei venire a Roma per meglio chiarire, se occorre, il mio pensiero1.

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4945/6094. Parigi, 16 settembre 1919, ore 11(perv. ore 15,45).

Se Trattato Germania non desse luogo a discussione di tutta la politica estera, potrebbe certamente aver luogo indipendentemente dall’incidente di Fiume. Ma poiché invece sarà l’occasione per l’esame di tutta la politica estera, questa, senza dubbio sarebbe turbata da complicazioni dell’incidente. Mentre si discute perciò, se non è possibile soluzione rapida dell’incidente di Fiume, capisco che non c’è da fare altro che cominciare discussione Trattato. Invece se hai fiducia di regolare prestissimo incidente di Fiume sarebbe meglio attendere che questo fosse eliminato.

435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. personale 4943/6096. Parigi, 16 settembre 1919, ore 11(perv. ore 16).

Qui la parola d’ordine obbedita in tutti gli ambienti è la più grande discrezione circa l’incidente di Fiume per non urtare la suscettibilità del popolo italiano e per non rendere più difficile il compito tuo che tutti desiderano sinceramente di agevolare. Però si comincia a manifestare una certa preoccupazione nel caso D’Annunzio e le sue truppe rimanessero sorde ai consigli ed alle esortazioni. Si teme che in tal caso la posizione del Governo italiano potrebbe diventare difficile trovandosi di fronte al dilemma: o inazione che protraendo troppo lo esautorerebbe, o uso della forza che se trovasse resistenza potrebbe creare una grave agitazione nel Paese con conseguenze imprevedibili. Tale è il pensiero di questo ambiente governativo parlamentare e giornalistico che ho raccolto da fonti diverse e sicure.

436

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO MILITAREPER LA VENEZIA GIULIA, BADOGLIO,AL COMANDANTE DELL’OTTAVA ARMATA, DI ROBILANT,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI,E AL MINISTRO DELLA GUERRA, ALBRICCI

T. 7110 /158 f. Trieste, 16 settembre 1919, ore 12,20(perv. ore 15,30).

Sino a nuovo ordine direttive circa nostra azione verso Fiume sono le seguenti, già date a voce:

1) stabilire cordone tutto attorno città, in modo impedire che entrino in città elementi che possano unirsi ai ribelli;

2) non permettere ingresso in città di vettovaglie e di qualsiasi altro materiale;

3) avviare ufficiali e soldati ora in Fiume che si presentino nostra linea a campi concentramento che verranno designati da comando 8ª armata;

4) evitare qualsiasi azione contro ribelli in Fiume che possa portare a spargimento di sangue, a meno che ribelli non attacchino nostre truppe, nel qual caso occorre reagire con massima energia. Svolgere attiva e efficace propaganda tra nostri ufficiali e truppe per richiamarli al sentimento della disciplina e della obbedienza. Servirà come traccia mio ordine del giorno che diramerò e che verrà esteso sino a comando plotone.

437 1 Vedi D. 430.

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4950/6107. Parigi, 16 settembre 1919, ore 18,30(perv. ore 22).

Mi viene ora comunicato da Roma telegramma del r. ambasciatore Washington1 il quale annunzia risposta favorevole di Wilson alla proposta conciliativa di Clemenceau e Lloyd George. Occorre però attendere testo preciso della risposta di Wilson per sapere circa Fiume quale delle due soluzioni proposte preferisce: se accettazione è integrale, ovvero colle modificazioni inopportune suggerite da Polk. Ad ogni modo occorre esaminare bene tutto ciò e procedere senza fretta né avventatezza e questo mi parrebbe un’altra buona ragione per rinviare a domenica o lunedì la discussione del Trattato pace colla Germania.

438

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. riservato personale 4951/6109. Parigi, 16 settembre 1919, ore 19(perv. ore 23).

Da lontano mi è impossibile avere idea esatta dello stato della opinione pubblica italiana in seguito all’incidente di Fiume ed alle sue possibili complicazioni. Certo è che le mie dichiarazioni di politica estera, nelle quali Fiume è una piccola parte, e che saranno dirette a richiamare Camera e Paese al senso della realtà, non potranno ottenere tale effetto né essere comprese ed approvate se non in un ambiente di tranquillità e di calma. Ora da quel che rilevo dai giornali italiani qui giunti e dalle notizie pervenute al Governo ed ai giornali francesi parrebbe che l’opinione pubblica italiana fosse in uno stato di nervosità che qualunque ulteriore complicazione dell’incidente di Fiume potrebbe aggravare. Se veramente fosse così e se tu non credessi che il Governo dovesse esplicitamente prendere l’iniziativa del rinvio della discussione del Trattato con la Germania, potresti sempre al momento dell’inizio della discussione far chiedere il rinvio da un gruppo di deputati amici ed accettarlo.

439 1 Non rinvenuto, ma vedi D. 430.

439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SFORZA

T. 457 bis/6113. Parigi, 16 settembre 1919, ore 19,40(perv. ore 23,40).

È necessario mantenere il più assoluto segreto circa la risposta di Wilson di cui all’odierno telegramma 32741 perché ci sono dettagli che devono essere chiariti e dei quali prima di partire ho discusso con Polk che telegraferà a Wilson questa sera. Polk conta avere risposta definitiva entro quattro o cinque giorni al massimo, perciò bisogna trovar modo che io possa ritardare le mie dichiarazioni fino a che perverrà detta risposta. Prego recarsi da Nitti e comunicargli quanto sopra. Parto per Roma alle 20.

440 1 Parola mancante.

440

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO MILITAREPER LA VENEZIA GIULIA, BADOGLIO,AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, NITTI

T. 7129/189. Trieste, 16 settembre 1919, ore 21(perv. ore 6 del 17).

Questa mattina, mio capo di Stato Maggiore colonnello Siciliani si è recato in Fiume e ha preso contatto con D’Annunzio e con Grossič. Riferisco quanto egli oggi mi ha comunicato: «D’Annunzio è convinto che suo gesto risolverà tranquillamente col tempo la questione di Fiume. Prepara proclama per i popoli dell’Intesa ed ha ricevuto numerose felicitazioni e adesioni dai Paesi alleati, America compresa. Egli è sicuro che nessun incidente turberà la tranquillità e l’ordine di Fiume. Alleati hanno lasciato città, anche francesi si sono ritirati a sud Rea, lasciando magazzini-base sotto scorta serba, ma avvertendo che a qualsiasi manomissione avrebbero risposto sparando da navi su città. Consiglio Nazionale ha ceduto pieni poteri a D’Annunzio. In Fiume scarseggia denaro. Ha fatto impressione che alla Camera sia mancata affermazione nazionalisti e meraviglia non siano state aperte sottoscrizioni pro Fiume. Bandi comminanti diserzione, per quanto subito raccolti e distrutti da cittadini, hanno prodotto meraviglia, mentre spiegabile con generale esaltazione, ma soldati sono restati molto impressionati. Però non è ancora lecito fare previsioni su […]1, né su effetto successiva propaganda. Si farebbe tra soldati strada idea tornare, ma D’Annunzio vigila e con la sua parola [sic], e popolazione si rovescia per le strade, disposta a qualsiasi eccesso per impedire la partenza. D’Annunzio non ha voluto aderire proposta lasciare almeno rientrare subito reparti, trattenendo solo volontari, perché dice sono la sua forza e poi convinzione sua e suo Stato Maggiore e cittadinanza che soltanto esistenza reparti italiani in città trattiene alleati da considerare Fiume come città ribelle e bombardarla. Forze a disposizione D’Annunzio circa milleduecento fanteria e duecento granatieri, settecento arditi, due compagnie Genio e seicento marinai e cento artiglieri e centoquaranta carabinieri e uno squadrone mitraglieri e uno a cavallo e sette auto-blindati e sette cannoni e tre aeroplani e molte mitragliatrici e circa millecinquecento volontari Fiume armati e mille non armati, ma le armi esistono. Uomini isolati circa seicento ogni arma e corpo compreso parecchi superio