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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, XI della II Serie dei Documenti Diplomatici Italiani, comprende la documentazione relativa al periodo che va dal 17 ottobre 1878 al 13 luglio 1879, cioè dalla presentazione delle dimissioni dal primo Gabinetto Cairoli dei ministri Corti, Bruzzo e Di Bracchetti alla costituzione del secondo Gabinetto Cairoli.

Principale argomento del volume è la politica italiana nelle questioni che si riferiscono all'esecuzione del trattato di Berlino quali la rettifica delle frontiere dell'Impero ottomano con la Grecia e il Montenegro; il riconoscimento dell'indipendenza della Romania e della Serbia, la costituzione del principato autonomo di Bulgaria e l'ordinamento della Rumelia orientale.

Di particolare interesse sono anche gli infruttuosi tentativi di inserire un rappresentante italiano nell'esecutivo egiziano e di partecipare al controllo sulle finanze ottomane.

2. I documenti pubblicati sono tratti principalmente dall'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, dalle serie seguenti:

I. Gabinetto e Segretariato Generale:

a) corrispondenza telegrafica; b) carteggio confidenziale e riservato.

II. Divisione Politica: a) registri copialettere in partenza; b) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

III. Archivi delle Ambasciate a Berlino, Londra e Vienna.

IV. Carte Robilant.

Una parte della documentazione è tratta anche da Archivi privati, quali le Carte Corti, messe gentilmente a disposizione dal conte Franco Arese e le Carte Cairoli conservate presso l'Archivio Storico Civico di Pavia.

3. -Alcuni dei documenti pubblicati erano già editi, integralmente o in parte, nel Libro Verde 26, Documenti Diplomatici concernenti gli affari d'Egitto <Depretis) del 2 luglio 1879 (LV 26) e nel Libro Verde 27 Documenti relativi agli affari d'Oriente (Cairoli) del 5 giugno 1880 (LV 27). 4. -Le ricerche sono state effettuate dalla dott. Emma Ghisalberti alla quale si deve anche la preparazione dei documenti per la stampa e la redazione dell'indice sommario e della tavola metodica. La signora Fiorella Giordano e le dott. Anna Sforza e Carla Moscati Luciano hanno corretto le bozze e compilato l'indice dei nomi. A tutte un sincero e vivo ringraziamento.

FRANCO VALSECCHI

IX


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

R. CONFIDENZIALE S.N. Parigi, 17 ottobre 1878 (per. il 21).

Il Generale Cialdini deve avere telegrafato a V. E. (l) la conversazione sulle cose d'Egitto che, assieme, ebblmo jeri col Signor Waddington.

Trovai quel Ministro assai più arrendevole. almeno nella forma, di quanto me lo aspettassi dopoché egli, da principio, si era mostrato cosi avverso all'ammissione di un Italiano nel Ministero Egiziano.

Pare che le buone disposizioni a nostro riguardo mostrate da Lord Salisbury abbiano influito sopra di lui. Dopoché ebbimo esposto al Signor Waddington le considerazioni stesse in nostro favore, che io avevo svolte al Marchese di Salisbury egli si dichiarò disposto a secondare il desiderio dell'Italia di essere rappresentata nel Ministero Egiziano. Disse però che sarebbe impossibile di affidarle il portafoglio della Giustizia, imperocché vi erano delle difficoltà e che il Marchese di Salisbury stesso non lo credeva opportuno.

Non mancai di manifestare le mie meraviglie per questa repentina opposizione del Marchese di Salisbury il quale si era anzi mostrato con me propenso ad una tale combinazione, senza avermi dato però, in proposito, alcun affidamento che io d'altronde non gli avl.'vo chiesto. Si suppone che Nubar Pascià voglia ritenere per sé il portafoglio della Giustizia dietro i suggerimenti della Francia, oppure che non si vorrebbe offuscare l'Austria coll'affidare ad un italiano un tale incarico.

Comunque sia, non potendo avere il portafoglio della Giustizia, dovremmo cercare un'altra combinazione provocando, come lo dirà il Generale Cialdini alla E. V., la creazione di un Ministero del Commercio ed Agricoltura al quale si affiderebbe il servizio delle Poste, quello de' Telegrafi, la Marina Mercantile, ed, all'uopo, l'istruzione tecnica. Un tal Ministero così costituito potrebbe acquistare una grande influenza presso le popolazioni tanto indigena che cosmopolita delle quali egli sarebbe il protettore naturale.

Un tal dicastero dovrebbe essere affidato ad una persona di carattere elevato, all'infuori delle brighe politiche, conciliante ed alquanto tecnico. Di tali persone ne abbiamo parecchie in Italia, mi basti citare, fra altri, il Commendatore Giordano ed il Commendatore Axerio ambedue ispettori delle Miniere. Vi sarebbe anche l'Ingegnere Comm. Gioja che ha diretto i lavori di un ramo del Canale di Suez. Ma bisognerebbe sapere quali [par. ill.] egli abbia lasciato in Egitto, se egli sarebbe accetto a Nubar Pacha.

Ma per condurre questo negoziato a buon termine, non bisogna perdere tempo, e conviene mandare, senza indugio, al Cairo un uomo autorevole per trattare la questione con Nubar Pacha. Si potrebbe destinare ad una tale mis

sione la persona stessa che si vorrebbe prescelta per il portafoglio anzidetto e la quale, perciò dovrebbe rendersi accetta a Nubar Pacha. Mi limito a porgere questi suggerimenti.

(l) Cfr. Serie II, vol. X, n. 589.

2

IL CONSOLE A FIUME, REVEST, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

R. 93. Fiume, 17 ottobre 1878 (per. il 19).

L'indirizzo recentemente votato dalla Dieta di Zagabria ha aggiunto esca al fuoco dell'attuale crisi, ed ha dato ragione alle previsioni dei Magiari nel non volere l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, nella quale vedevano una lontana minaccia di preponderanza Slava. In quell'indirizzo si accenna chiaramente ai due fatti che più preoccupano gli animi in Ungheria, cioè ad una modificazione della costituzione dell'Impero, ed all'annessione di Fiume al Trino Regno Slavone-Croato-Dalmata.

Com'era naturale a prevedersi quel fatto ha commosso questa cittadinanza,

o per meglio dire il partito Ungherese di questa città, il quale non ha lasciato passare la cosa, rispondendo acremente a quell'indirizzo per mezzo del giornale locale La Blancia di cui le ne acchiudo due brani (1).

A propugnare le aspirazioni del partito croato di questa Città, si è recentemente fondato un Giornale che si pubblica nel vicino villaggio croato di Jussak nel doppio idioma Slavo ed Italiano. Entrambi quei Giornali fanno appello ai diritti storici dell'Ungheria e della Croazia sulla Città e territorio di Fiume, e citano a vicenda le prammatiche sanzioni degl'Imperatori e Re per avvalorare ciascuno la propria tesi. Se non che mentre da un lato si desidera la conservazione dell'attuale ordinamento politico per bramosia di libertà e di indipendenza, si dimostra dall'altro lato la decadenza economica di Fiume, ed il vantaggio che ne verrebbe dalla sua unione al Regno Trino, in cui è e sarebbe geograficamente compreso. La quale ultima opinione essendo la vera, e parlando più forte alle masse, perché sostenuta dall'interesse materiale, mi par che prevalga nel cuore dei Fiumani, alienandoli dall'Ungheria. Gli animi intanto sono agitati, ed è probabile che all'indirizzo della Dieta di Zagabria, ne risponda un'altro della Rappresentanza neo-eletta di Fiume.

La demobilizzazione dell'Esercito ha confortato molte famiglie, ridonando loro la speranza di rivedere i propri coagiunti, non senza un segreto presentimento di vederseli di bel nuovo richiamati per altri inevitabili bisogni dell'Impero; essendo opinione generale che la demobilitazione è una misura provvisoria, tendente a soddisfare momentaneamente il malcontento dell'Ungheria, salvo ad avvisare in seguito più maturi propositi.

(l) Non si pubbllcano.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 695. Roma, 18 ottobre 1878, ore 11.

Je prie V. E. de faire connaitre au général Menabrea le télégramme suivant que je viens de recevoir de notre agent au Caire:

« Les agents anglais et français ne sont plus d'opposition à l'entrée d'un italien dans le Ministère egyptien, mais ils disent maintenant que le Gouvernement egyptien est libre dans le choix de ses ministres. Nubar s'appuye sur cette opinion pour se dire indépendant, d'autant plus qu'il prétend pour arrangement avec la France avoir conservé liberté d'action administrative, avec simple contròle de la part de la France et de l'Angleterre. Il se réserve pourtant de donner réponse dans quelques jours. Vice Roi vient de me dire en ce moment dans le secret le plus absolu que Rivers Wilson a télégraphié hier soir à Nubar de rejeter notre demande et n'avoir rien à craindre; et que Nubar a demandé si c'est son opinion personnelle. On attend cette réponse. Vice Roi m'a conseillé de ne pas brusquer aujourd'hui les choses et d'attendre quelques jours persistant pourtant à tenir langage énergique :» (1).

Je serais aussi très reconnaissant si V. E. voulait me mander quel est l'avis du Gouvernement français sur la question de remettre dès à présent dans les mains de la Turquie l'administration civile de la Roumélie orientale (2).

4

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

T. 1494. Parigi, 18 ottobre 1878, ore 13,30 (per. ore 14,20).

Malgré revirement de Waddington et ses dernières déclarations je dois vous mettre en garde sur ses véritables intentions de nous exclure autant que possible de toute partictpation aux affaires égyptiennes. Il faut du reste que

V. E. sache bien que tout le monde ici trouve inadmissible notre prétention. L'opinion publique française ne reconnait à l'Italie aucun droit de se mettre en tiers dans le Ministère egyptien avec la France et l'Angleterre. Gambetta meme s'est montré très froid à cet égard. Par conséquent il est à supposer que Waddington tout en ayant changé de langage, continuera à combattre nos aspirations à Londres et au Caire d'une manière cachée et confidentielle. Quelques journaux anglais, le Times surtout, désapprouvent hautement que le Gouvernement paraisse associer la France aux affaires financières et administratives de l'Egypte.

(l) -T. 1490 del 17 ottobre, ore 13,45 per. ore 14. (2) -Cialdini rispose con t. 1505 del 22 ottobre che il Governo francese riteneva che l'interpretazione da dare alla clausola del trattato di Berlino riguardante l'amministrazione civile della Rumelia orientale dovesse essere determinata dalle Potenze che l'avevano preparata, cioè da Inghilterra, Austria, Russia ed Italia.
5

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

R. CONFIDENZIALE S.N. Parigi, 18 ottobre 1878 (per. il 22).

A compimento del mio rapporto in data d'ieri (1), relativo alla conversazione che il Generale Cialdini ed io ebbimo col Signor Waddington, io debbo aggiungere alcune informazioni desunte dalle parole stesse di quel Ministro e da altre sorgenti molto attendibili.

La creazione di un Ministero Egiziano del quale debbono fare parte due membri, l'uno Inglese e l'altro Francese è tutta opera de' Signori Joubert e Goschen a benefizio de' portatori di titoli Egiziani che trovansi principalmente in mani di alcuni Banchieri della City e di qualche stabilimento di Credito Parigino. Siccome si trattò di pagare la prossima ventura scadenza e che i fondi mancano, si dovette ricorrere al Barone Rothschild per un imprestito; ma questi non acconsenti ad accordarlo che a condizione della nomina de' due Ministri anzidetti con previo accordo de' due Governi Francese ed Inglese.

Colla nuova amministrazione così costituita si spera di garantire l'avvenire de' titoli Egiziani, almeno per qualche tempo.

Questo è il fin mot dell'affare; la politica vi entra senza dubbio anche per qualche cosa, ma il movente principale delle determinazioni prese è una quistione bancaria speciale alla Francia ed all'Inghilterra; per cui non è da stupire se gli interessati e particolarmente i Francesi, avversano l'intromissione di un altro elemento Europeo nella nuova amministrazione Egiziana.

Questa sera io parto per Chambéry dove mi fermerò per alcuni giorni probabilmente e dove prego la E. V. di mandare gli ordini che avesse a darmi.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (2)

D. 253. Roma, 22 ottobre 1878.

Tra i rapporti della S. V., quello in data del 9 ottobre (3) ha specialmente richiamato la mia attenzione.

Non è dubbio che, tra le condizioni in cui trovansi i nostri connazionali detentori dei titoli di debito fluttuante, e la compartecipazione di un nostro funzionario alla pubblica amministrazione in Egitto, esiste tale connessione, per cui, nella ipotesi di un favorevole accoglimento della nostra domanda per siffatta compartecipazione, il R. Governo potrebbe, verso se stesso e verso gli interessati, assai più facilmente giustificare la propria arrendevolezza. Cosi appunto si spiega, come la Francia e l'Inghilterra, le quali già in precedenza avevano, benché in altra forma, una diretta intromissione nella gestione finanziaria del vicereame, non siansi associate, nello scorso aprile, alle riserve collet

tive delle altre potenze, le quali protestavano che non si avesse a fare differenza di trattamento tra le varie categorie di creditori.

Ciò essendo, non sarebbe bensì il caso di subordinare puramente e semplicemente alla ammissione di un funzionario italiano nel Ministero egiziano la nostra astensione dalle riserve che dovremmo enunciare qualora, secondo il disegno del signor Rivers Wilson, i due milioni di sterline, che soli speransi ottenibili in mutuo, fossero esclusivamente assegnati al pagamento del semestre d'interessi del consolidato. Però la S. V. potrebbe lasciar comprendere a Nubar pascià che a noi non sfugge l'intima correlazione tra l'una e l'altra materia, e che la nostra accondiscendenza sarebbe naturalmente agevolata se il Governo vicereale facesse all'Italia una giusta parte nell'opera riformatrice a cui si è accinto.

Intorno a quest'ultimo punto Le confermo le istruzioni impartitele col telegramma del 17 di questo mese (1). Dal momento che l'Inghilterra non ha mai fatto obbiezioni alla nomina di un ministro italiano, e la Francia recede dalle sue, purché al ministro italiano sia attribuito il portafoglio del commercio, dipende oramai dal solo Governo vicereale che sia soddisfacentemente composta una controversia alla quale, con ragione, si attribuisce, in Italia, una speciale importanza.

(l) -Cfr. n. 3. (2) -Ed. In L V 26, pp. 374-375. (3) -Cfr. Serie II, vol. X, n. 575.
7

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

R. 910/147. Londra, 22 ottobre 1878 (per. il 26).

Ho l'onore di fermare l'attenzione dell'E. V. sopra talune informazioni, rispetto alla politica del Gabinetto Inglese sugli affari di Turchia, che mi sono state comunicate da persona autorevole.

Siccome parecchie delle cose ch'io riferisco concordano colle dichiarazioni del Cancelliere dello Scacchiere, nei suoi discorsi pronunziati a Birmingham e a Wolverhampton il 19 ed il 21 di questo mese, ho ragione di credere che siano degne di fede.

Il principio fondamentale della politica del Gabinetto Inglese è di conseguire il ristauramento dell'Impero Ottomano. Due condizioni sono ritenute indispensabili per ottenere un tal fine:

l) La rigorosa esecuzione del Trattato di Berlino, il quale provvede là maniera onde la Sublime Porta, dopo aver adempito gli obblighi ad essa imposti, abbia libero giuoco e sia affrancata dalla preponderanza della Russia.

2) La rigorosa esecuzione della Convenzione Anglo-Turca, la quale provvede al miglioramento amministrativo delle provincie Asiatiche dell'Impero Turco.

Il Governo Britannico si è dunque accinto ad una doppia impresa. La prima è d'invigilare che le disposizioni del Trattato di Berlino siano messe prontamente in attuazione, e producano risultati utili, soddisfacenti e

di lunga durata. Ma, però, bisogna notare che, su questo capo, il Governo della Regina desidera tener conto eziandio delle dure vicende alle quali fu sottoposto di recente l'Impero Ottomano, in Europa ed in Asia; degli inveterati rancori fra le varie razze delle quasi barbare popolazioni di quelle contrade; e dei massacri commessi, con pari ferocia, or dai Turchi or dai Cristiani.

Il Gabinetto di Londra crede che l'ordine e la tranquillità non potranno essere ristabiliti di leggieri nelle provincie Ottomane che hanno maggiormente sofferto; concede, quindi, alla Porta talune dilazioni nell'esecuzione del Trattato di Berlino, e, facendo considerazione della brevità del tempo trascorso, sostiene che la Sublime Porta non è andata a rilento nell'adempiere gli obblighi imposti da quel solenne contratto.

Mi basti citare, a conferma di quanto ho asserito, le parole che Sir Stafford Northcote pronunziava su tale argomento:

«Coll'eccezione di taluni punti controversi rispetto ai nuovi confini del Montenegro, che non sono stati ancor definiti, non deve reputarsi che i provvedimenti del Trattato di Berlino non siano stati eseguiti dalla Turchia».

Il Governo Inglese non tralascia, cionondimeno, di esprimere il desiderio che i Governi di tutte le Potenze soscrittrici del Trattato di Berlino si adoperino a conseguire la pronta esecuzione di quell'accordo ma, oramai, non tanto dalla Sublime Porta quanto dal Gabinetto Imperiale di Pietroburgo.

È fuor di dubbio che la comunicazione fatta dall'Incaricato di Affari di Russia a Lord Salisbury, della quale ebbi l'onore d'informare l'E. V., col Rapporto del 17 di questo mese, n. 145 (l), cagionò una profonda impressione sul Gabinetto Britannico.

Non mi è riuscito finora di scoprire il tenore della risposta data da Lord Salisbury al Governo Russo, stante l'assenza da Londra dei principali membri del Corpo diplomatico, bensì spero, fra poco d'essere in grado di partecipare all'E. V. qualche informaz:one a tale proposito.

Intanto, si crede che l'Inghilterra abbia fatto pratiche presso il Governo Austriaco e presso il Governo Francese (principalmente presso quest'ultimo), per indurli a far rimostranze al Governo di Pietroburgo affinché, malgrado le determinazioni manifestate, muti proponimento e ritiri le sue truppe dalle vicinanze di Costantinopoli (cioè dalle posizioni di Midia-Visa, Lule-Burgas, Tchiflikkoi e dai pressi di Keshan). E ciò tanto più, ch'egli sembra, che il Principe Lobanoff abbia rinnovato al Gran Vizir le dichiarazioni precedenti, cioè: l) che la truppe Russe non sgombereranno le ·posizioni che occupano al presente, vicino alla capitale della Turchia, se non dopo che provvedimenti saranno stati presi dalla Sublime Porta rispetto i rifugiati Cristiani che tengono dietro all'esercito Russo per trovare salvezza. 2) che le truppe Russe non sgombereranno, in seguito, Adrianopoli e Kirkkilissa, per recarsi nella Rumelia Orientale, se non dopo che sarà stato firmato il Trattato definitivo contenente quegli articoli del Trattato di S. Stefano che non sono stati modificati dal Trattato di Berlino. I due punti essenziali di questo nuovo accordo saranno appunto la determinazione delle epoche e dei modi dell'evacuazione Russa e del pagamento per parte della Turchia delle indennità di guerra.

In seguito all'arrivo a Londra di queste notizie, sono corse le voci di una minaccia fatta da Lord Salisbury a Pietroburgo di far ritornare la Flotta Britannica all'antico ancoraggio nel Bosforo; e di un'alleanza proposta dall'Inghilterra al Governo Francese per un'azione comune nelle cose d'Oriente, a danno della preponderanza Russa.

Checché sia di ciò (ed i più non prestano credito a tali rumori), è certo che l'Incaricato d'Affari di Russia partì improvvisamente per Parigi per conferire coll'Ambasciatore dello Czar in quella capitale, e si attribuisce importanza a questo viaggio, imperocché si crede che Lord Lyons abbia intavolato non si sa ancora quali negoziati col Governo della Repubblica.

L'attenzione della diplomazia è dunque rivolta (a torto o a ragione), in questo momento a Parigi.

La seconda impresa alla quale s'è accinto il Gabinetto di S. Giacomo, rispetto agli affari di Turchia, è di esercitare a Costantinopoli tutta la preponderanza che possiede in virtù della Convenz'one stipulata col Governo Ottomano, per ottenere un miglioramento efficace nelle condizioni politico-amministrative nelle provincie della Turchia Asiatica.

«L'impresa è incerta e difficile», disse il Cancelliere dello Scacchiere a Birmingham, «ma il Governo della Regina è risoluto di menarla a buon fine».

Cionondimeno, è qui ben noto che la Sublime Porta, quantunque abbia assentite, in teoria, alle proposte fatte dall'Inghilterra, si mostra finora incerta e titubante a metterle in pratica.

Il Governo Turco sa meglio dell'Inghilterra gli ostacoli che bisogna sormontare per l'applicazione delle designate riforme nelle sue provincie, e ne ha indicato i principali a Sir Henry Layard.

Il programma inglese per le riforme nella Turchia d'Asia consterebbe dei quattro capitoli seguenti:

1°. Dovrà essere istituito nelle provincie dell'Impero Ottomano in Asia un Corpo di gendarmeria composto di militi Cristiani e Musulmani e comandato da ufficiali inglesi.

2°. Un assessore inglese dovrà essere aggiunto ad ogni Corte d'Appello stabilita nelle città principali.

3°. I Governatori di ciascuna provinca dovranno essere nomnati per cinque anni, e coll'approvazione dell'Inghilterra. Il Gabinetto Inglese sarà consultato nel caso che la Porta credesse necessario di privare uno di quei Governatori del suo ufficio.

4°. Un ricevitore generale, nominato colla sanzione dell'Inghilterra sarà nominato in ogni vilayet per accudire alla riscossione delle imposte.

Finalmente, aggiungerò prima di conchiudere, che a seconda dei disegni di Lord Beaconsfield, l'Inghilterra pone ogni studio ad applicare sollecitamente le riforme necessarie nell'isola di Cipro.

L'isola di Cipro si considera come un campo di esperimento per le istituzioni stesse che l'Inghilterra si propone di estendere alle provincie della Turchia Asiatica.

In Cipro l'Inghilterra si trova già di fronte alle difficoltà amministrative che hanno profonda radice in tutto l'Impero Ottomano, deve correggere gli stessi abusi che le faranno inciampo sopra altro territorio, e modificare le stesse abitudini che lascia, dovunque, dietro di sé il mal governo.

Nel sistema dei balzelli <e mi basti accennare le decime imposte agli agricoltori), nell'ordinamento degli impiegati, nell'amministrazione della giustizia, la Gran Bretagna tenta di introdurre in Cipro quei miglioramenti, vantaggiosi alla popolazione ed al pubblico erarlo, che spera di essere in grado di poter ben tosto applicare sopra un campo molto più esteso.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

8

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

T. 1507. Cairo, 24 ottobre 1878, ore 17,05 (per. ore 19,30).

Vice Roi m'a dit confidentiellement Wilson répondu à Nubar pacha étre opinion refuser admettre italien dans le Ministère egyptien. Nubar fort de cette opinion et appui vient de me dire que Ministère étant complet il ne peut adhérer notre demande. Au contraire gérant français a changé langage. Il nous est favorable, quoiqu'assure n'avoir pas instruction pour pouvoir donner conseil Nubar. Je pense commencer faire sentir Nubar effet de son refus, prenant réserve par une note officielle au payement coupon, mais je serai seui. Ainsi veuillez ordonner si je dois le fai re (l). Vice Roi conseille attendre arrivée agent diplomatique français.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (2)

L. P. Roma, 24 ottobre 1878.

Il nuovo Ministero è dunque quasi fatto, con Cairoli agli Esteri ed il Generale Bonelli alla Guerra.

Questi fu comandato pel bene del Re e della patria e si é sobbarcato. Tanto meglio. Per me sono contentissimo che Cairoli abbi riuscito nel rimpasto, poiché per tal modo le cose avranno più campo a maturare per quei destini che dobbiamo aspirare. La vita del nuovo Ministero non potrà essere che di qualche settimana. Del resto non vi spaventate in alcun modo del nome di Cairoli. Povero Cairoli! È veramente il miglior ragazzo del mondo. Figurati che jeri mi domandava se credevo che la sua nomina farebbe cattivo effetto all'estero, per esempio in Austria. Gli consigliai di fare subito una circolare per dichiarare che la politica estera non sarà mutata (3). E credo sarà veramente così. Anche questi Signori non vogliono che la pace con tutti e soprattutto coll'Austria. Tutt'assieme dunque le cose andarono benissimo. La nostra uscita fu assai

commentata da tutti i buoni, e veramente non potevamo scegliere una migliore occasione. Ed io me ne vado colla coscienza d'aver fatto il mio dovere, e d'essere uscito discretamente da una terribile lotta, nella quale sono deciso di persistere fuori dal Ministero ancor più che dentro, e siccome tutta la parte sana del paese è con me finiremo per far tacere i pochi energumeni, fra i quali il più pericoloso è il Tornielli. Cairoli m'offrì di rimandarmi subito a Costantinopoli, ma un po' per delicatezza, ed un po' per trovarmi al Senato quando si discuterà la politica estera, declinai per ora, e mi son fatto mettere a disposizione. Domani o posdomani partirò per Parigi e fors'anca per Londra, spinto dalla forza centrifuga che capisci. Addio, caro amico, tu sei quello che ha meco cooperato con più amore e zelo, ed io te ne ringrazio con tutto l'animo. Rammentami alla Signora Contessa, a rivederci in novembre (all'albergo Costanzi).

(l) -Per la risposta cfr. n. 11. (2) -Da Carte Robilant. (3) -Cfr. n. 17.
10

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI (l)

R. 1297. Terapia, 24 ottobre 1878 (per. il 31).

Durante un colloquio che l'ambasciatore di Russia ebbe giorni sono col Gran Vizir intorno al progetto di trattato di pace definitivo presentato tempo fa al Governo Ottomano, Sua Altezza, seguendo il suggerimento datogli dal Signor Layard, avea fatto osservare al Principe Lobanow che la stipulazione di tale trattato non gli sembrava necessaria dal momento che esisteva il Trattato di Berlino.

L'Ambasciatore rispose che se la Sublime Porta preferiva di non conchiudere un atto di pace definitivo, il suo Governo vi rinuncierebbe di buon grado; ma in tal caso rimarrebbe convenuto c.he tutte le stipulazioni dei Preliminari di Santo Stefano che non erano state o annullate o modificate dal Trattato di Berlino, resterebbero in pieno vigore ed obbligatorie per le due Parti. Il Gran Vizir riconoscendo che con una simile clausola le condizioni per la Turchia sarebbero ancora più onerose che se venisse accettato il progetto di trattato Russo, lasciò cadere l'idea che egli aveva insinuata, e si riservò di occ.uparsi nuovamente della questione.

11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 702. Roma, 25 ottobre 1878, ore 14.

La réponse de Nubar pacha (2) nous étonne. Du moment que la France et l'Angleterre se sont désistées de toute opposition, nous ne pouvions plus douter

que le Gouvernement égyptien confirmerait l'offre qu'il nous avait en quelque sorte déjà faite . Le Vice Roi et son premier ministre ne comprennent pas leurs véritables intéréts. La présence dans le Cabinet d'un ministre italien serait un gage de conciliation et de succès tandis que notre exclusion nous oblige, en dehors de toute question de susceptibilité et par la force méme des choses, à prendre envers l'Egypte une attitude qui ne peut pas étre favorable à ses intéréts.

Veuillez vous expliquer nettement en ce sens, soit avec Nubar, soit avec le Vice Roi, qui ne saurait évidemment rejeter sur son premier ministre toute la responsabilité de ce qui se passe en ce moment. Quant à la ,réserve en faveur des porteurs des titres de la dette flottante, veuillez vous abstenir de la formuler jusqu'à nouvelles instructions. Mais en attendant vous pouvez, à titre d'opinion personnelle, régler votre langage à ce sujet sur mon télégramme précédent.

(l) Ed. in L V 27, pp. 31-32.

(2) Cfr. n. 8.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 703. Roma, 25 ottobre 1878, ore 14,30.

Il parait qu'à l'écheance prochaine le Gouvernement égyptien, ne pouvant faire face à tous les payements se bornera à payer le coupon du consolidé. Je vous prie de vous informer et de télégraphier le plus tòt possible (l) si le Gouvernement auprès duquel vous étes accrédité pense, le cas échéant, renouveler ses réserves de l'avril dernier contre toute différence de traitement entre les diverses catégories de créanciers.

13

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI

T. 1509. Vienna, 25 ottobre 1878, ore 14,50 (per. ore 15,40).

Fava m'a répeté ce que V. E. ainsi que le président du Conseil et Sa Majesté lui ont dit par rapport à la reconnaissance otlìcielle de la Roumanie. J'ai cru comprendre par là que le Gouvernement du Roi entend établir bientòt rélation régulière entre Ies deux pays, mais il me semble qu'il serait indispensable que Fava en arrivant à Bukarest fut autorisé otlìciellement à déclarer au Gouvernement roumain qu'aussitòt qu'il aura nommé son ministre à Rome mesure correspondante sera prise de notre part. Un plus long retard à effectuer mesure va au détriment de notre influence en Roumanie, et y avantage considérablement celle des autrichiens, chose qui ne peut que nous étre fort défavorable dans l'ultérieur développement de la question d'Orient. C'est à ce point de vue que je

lO

me permets d'intervenir dans cette affaire. La cause que le Gouvernement du Roi soutient sera d'autant mieux appuyée si nous ne blessons pas les justes susceptibilités de ce peuple dont nous avons tout intérét de resserrer les liens avec notre race. Je prie V. E. de donner une prompte réponse (1). Fava l'attendra ici jusqu'à dimanche.

(l) Per le risposte cfr. nn. 16 e 21.

14

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, CAIROLI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CORTI, AL CONSOLE GENERALE A CHAMBÉRY, BASSO

T. 704. Roma, 25 ottobre 1878, ore 16,35.

Veuillez remetter à S. E. le général Menabrea qui doit arriver aujourd'hui méme ou demain à Chambéry la dépéche suivante le priant de me faire parvenir prompte réponse:

« L'affaire égyptienne qui, gràce à l'action personnelle de V. E., paraissait assurée risque aujourd'hui d'échouer, M. Rivers-Wilson ayant télégraphié à Nubar de refuser admission d'un ministre italien. V. E. seule, rappelant à Salisbrury ses déclarations explicites et usant de sa haute infiuence peut obtenir que le consul anglais reçoive instructions formelles, détruisant le fàcheux effet de l'étrange démarche de M. Wilson. Je fais donc appel au patriotisme de V. E., et à son dévouement pour le service, la priant de vouloir bien retourner immédiatement à Londres d'où elle pourra repartir en congé aussitòt qu'on aura réglé cette affaire ayant acquis désormais un caractère d'importance exceptionnelle ».

15

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 705. Roma, 26 ottobre 1878, ore 16.

Les lettres royales accréditant M. Fava en qualité d'envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire prés le prince de Roumanie sont portées aujourd'hui meme par le président du conseil à la signature du Roi. Veuillez dire au baron Fava qu'il peut aller les attendre à Bukarest où elles arriveront trés prochainement.

16

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINIS'I'RO DEGLI ESTERI, CORTI

T. 1511. Vienna, 26 ottobre 1878, ore 18,50 (per. ore 20,20).

Voici la réponse de Schwegel faite verbalement à ma demande par rapport au télégramme de V. E. d'hier (2). Consul général d'Autriche s'embarque aujor

d'hui à Trieste pour Alexandrie et a ordre d'agir dans la question, dont dans télégramme de V. E. d'accord avec son collègue d'Italie dès qu'il sera invité par lui et de répéter les réserves déjà faites, les instructions données en avril dernier étant maintenues.

(l) -Cfr. n. 15. (2) -Cfr. n. 8.
17

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A LONDRA, CATALANI, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO

T. 710. Roma, 27 ottobre 1878, ore 14,45.

La crise partielle qui vient de se produire à l'occasion d'une divergence de vues concernant exclusivement la politique intérieure du pays, n'a point d'intluence sur notre politique extérieure. Ainsi que j'ai tenu à le déclarer dans mon discours de Pavie, heureux d'étre avec toutes les Puissances dans les termes d'une amitié cordiale, dont nous sentons tout le prix, nous continuerons de vouer, camme par le passé, tous nos eft'orts à raft'ermir et à resserrer de plus en plus nos bons rapports actuels, par une politique concliatrice et soucieuse de conserver à l'Europe l es bienfaits de la p a ix (l).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

'r. 711. Roma, 27 ottobre 1878, ore 15,20.

S. M. le Roi ayant daigné me conf1er le portefeuille des aft'aires étrangères, je prends aujourd'hui méme la direction du Département comptant sur la coopération efficace des agents diplomatiques et consulaires de Sa Majesté.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 958. Vienna, 28 ottobre 1878 (per. il 1° novembre).

Segno ricevuta all'E. V. dei due telegrammi circolari in data di ieri (2) che m'annunciano l'uno essersi Sua Maestà degnata affidarle il portafoglio degli Affari Esteri, e che svolgeva il secondo i principi a cui sarebbe per informarsi

verso l'Estero la di Lei azione politlca. In assenza del Conte Andrassy, che travasi tuttora nelle sue terre in Ungheria, mi recai oggi dal Barone Orczy per comunicargli lo scioglimento avvenuto della breve crisi Ministeriale testé veriftcatasi. Al tempo stesso non mancai di svolgergli approssimativamente le idee contenute nel secondo dei precitati telegrammi, insistendo sul buon volere, per me non dubbio, che il R. Governo nutre di veder conservate ed anzi rafforzate le buone relazioni esistenti fra i due Stati.

S. E. ringraziavami della mia comunicazione, e dissemi corrispondere essa a quanto il giorno prima il Barone di Haymerle già aveva riferito telegraficamente al Conte Andrassy.

(l) -Per le !mpress!onl suscitate dalle dichlarazlonl di Cairoli cfr. nn. 19, 20, 25 e 34. (2) -Cfr. nn. 17 e 18.
20

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1517. Parigi, 29 ottobre 1878, ore 14 (per. ore 15,35).

Hier au soir seulement j'ai pu voir Waddington à qu ije me suis fait devoir de répéter déclarations de V. E. contenues dans votre télégramme d'avant hier (l). Waddington m'a chargé d'en remercier V. E. et de lui e n témoigner sa satisfaction. Il a meme ajouté d'avoir lu votre discours à Pavie et d'en etre fort content pour tout ce qui se rapporte à la politique extérieure.

21

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1518. Berlino, 29 ottobre 1878, ore 15,55 (per. ore 18).

Secrétaire d'Etat ayant été souffrant je n'ai pu l'entretenir qu'aujourd'hui du contenu de votre télégramme du 25 courant (2). Btilow m'a dit que tenant compte des circonstances exceptionnelles que l'Egypte traverse actuellement, le Cabinet prussien croyait plus opportun de s'abstenir pour le moment de toute démarche omcielle. Il voulait ménager bonnes intentions et bon vouloir du Gouvernement égyptien. Il lui avait cependant déjà laissé entendre conftdentiellement qu'il entendait maintenir ses demandes.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 712. Roma, 29 ottobre 1878, ore 18,15.

Le marquis de Noailles m'a communiqué une dépéche de son Gouvernement contenant l'historique de la négociation rélative à la formation du nouveau

Cabinet egyptien. Cette pièce, où il n'y a point mention de notre demande, est cependant conçue de façon à laisser comprendre que celle-ci n'est pas constdérée par la France camme pouvant etre admise. Nous ne saurions assez regretter de voir le Cabinet français persister à ne pas tenir compte des considérations qui devraient, dans son propre intérèt, lui suggérer d'appuyer nos aspirations légitimes. Ce n'est pas exact de dire que la présence exclusive d'un ministre français et d'un anglais dans le Cabinet égyptien n'est, au fond, que la continuation du statu qua. Tout le monde sait que les deux contròleurs, le français et l'anglais, n'ont exercé dans le régime actuel qu'une autorité nominale et que la garantie vraie des créanciers du Vice Roi consistait dans la Caisse de la dette publique. Cette institution, la seule où l'élément italien est représenté par un fonctionnaire distingué, M. Baravelli, disparaitrait de fait, sinon de droit, dans le nouveau régime. L'opinion publique et Italie verrait, dane, avec raison, dans un insuccès de nos démarches, une modification, à notre désavantage, des conditions respectives d'inftuence en Egypte. Nous nous trouverions forcés, bien malgré nous et en dehors de tout esprit de susceptibilité, à régler notre politique, dans les questions méditérranéennes, d'après des intérèts et des vues qui pourraient ne plus se trouver entièrement identiques à ceux de la France. Je prie V. E. d'attirer sur ces considérations toute l'attention de

M. Waddington.

(l) -Cfr. n. 17. (2) -Cfr. n. 12.
23

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 713. Roma, 29 ottobre 1878, ore 22,30.

Le président du conseil me charge de remercier vivement, en son nom,

V. E. d'avoir bien voulu rentrer à Londres où sa présence seule peut encore nous épargner, dans la question égyptienne un échec dont les conséquences seraient des plus fiì.cheuses. Le chargé d'affaires britannique m'a fait connaitre le contenu d'une dépèche qui lui est arnvée par la poste de hier, et résumant l'historique de la création d'un nouveau Cabinet égiptien. Cette pièce, dans laquelle il n'est point fait mention de notre demande, est cependant conçue de façon à laisser comprendre que pour l'Angleterre la question du nouveau Cabinet égyptien est désormais épuisée. La constitution du Cabinet égyptien est annoncée camme un fait accompli et Salisbury tient à ce qu'on sache bien que le Cabinet britannique n'a pas pris une part directe dans la négociation. Nour comprenons bien, cela étant, toute la difficulté d'obtenir que Salisbury consente à sortir de la réserve qu'il déclare avoir voulu observer jusqu'ici. Mais la question a pris chez nous des proportions telles que nous devons prier V. E. de vouloir bien user de toute son inftuence aftn que lord Salisbury se décide au moins à réitérer, auprès de Nubar, la déclarat.ion qu'il avait faite spontanément à V. E., c'est à dire qu'il verrait avec plaisir la présence, dans le Cabinet égyptien, d'un fonctionnaire italien. On dit que la combinaison projétée par M. Rivers-Wilson d'accord avec Nubar n'est que la continuation du statu quo. Ceci n'est pas exact. Une fois le nouveau Cabinet institué la Caisse de 1a dette pubblique, le seule grande institution dans laquelle l'élément italien est représenté en Egypte, disparaitrait de fait sinon de droit. L'opinion publique en Italie verrait, donc, avec raison, dans l'insuccès de nos démarches. une modiflcation à notre désavantage, des conditions d'influence respective en Egypte, ce qui nous forcerait, bien malgré nous, et en dehors de tout esprit de susceptibilité de xégler notre politique, dans les questions méditerra· néennes, d'apxès des vues et des intérets qui pourraient ne plus corncidex avec ceux de l'Angletene. Je prie V. E. d'attirer l'attention de lord Salisbury sur ces considérations dont la valeur au point de vue des intérets britanniques eux-memes, ne saurait lui échapper.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A PIETROBURGO, COLLOBIANO, AD ATENE, PANSA, E A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA (l)

T. 715. Roma, 29 ottobre 1878, ore 23,55.

Le Cabinet français considérant que le moment est venu pour l'Europe d'exercer sa médiation, d'après le traité de Berlin, entre la Turquie ed la Grèce propose aux grandes Puissances d'adresser à la Porte une communication identique e·t simultanée exprimant le désir qu'elle veuille bien adhérer en principe à une rectifl.cation des frontières et nommer des commissaires pour l'étude du tracé. Le marquis de Noailles avait instruction de faire appel tout spécial à l'Italie, celle-ci ayant pris avec la France l'.initiative de la combinaolson concernant la rectiftcation de la frontière hellénique qui a été adoptée par le congrès. J'ai répondu que le Gouvernement du Roi n'hésitait pas à accepter cette proposition, et que nous attendrions, quant à la forme de la démarche, les communications ultérieures du Gouvernement français.

(Solo alle 4 ambasciate): Je vous prie de me dire quel accueil a été fait à la proposition française par le Cabinet auprès duquel vous etes accrédité (2).

(Solo alle 2 legazioni): Ceci est pour votre information personnelle.

6 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

(l) -Analogo telegramma venne spedito in pari data a Parigi, col. n. 714. (2) -Per le risposte cfr. nn. 36, 38, 45 e 52.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2181. Berlino, 29 ottobre 1878 (per. il 1° novembre).

Stante l'assenza di S. E. il Signor Conte de Launay, mi spetta l'onore di ringraziare l'E. V. dei due telegrammi (l) coi quali si compiacque, il 27 corrente, di annunziare che il Re nostro Augusto Sovrano si era degnato di affidarLe il portafoglio degli Affari Esteri.

Questo Segretario di Stato, indisposto da parecchi giorni, consentì a ricevermi stamane in casa sua perché potessi comunicargli il contenuto dei detti telegrammi.

Il Signor di Biilow ne ascoltò la lettura con molta attenzione, e non nascose la soddisfazione che ne provava. Il Gabinetto di Berlino, disse egli, era stato in grado per atti precedenti di apprezzare la politica cui si ispirava V. E. e ne aveva attinto un sentimento di vera fiducia. Il telegramma del quale io aveva dato ora lettura, confermava pienamente un simile sentimento. Il Signor di Biilow desiderava che io ne facessi pervenire a V. E. l'assicurazione, insieme ai suoi ringraziamenti per la cortese comunicazione. Egli aggiungeva che qui si era sempre pienamente apprezzata la saviezza politica del Governo del Re Umberto, e la parte avuta da esso nel Congresso di Berlino.

S. E. il Conte de Launay deve giungere quanto prima e mi farò un premuroso dovere di rimettergli i due telegrammi di V. E.

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TRIESTE, MAGLIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. S. N. Trieste, 29 ottobre 1878 (per il 1° novembre).

Nel pomeriggio di Domenica 27 corrente in Dolina, villaggio distante pochi chilometri da Trieste ebbe luogo un meeting (Tabor) promosso dall'Associazione slovena « Edinost ».

A quell'adunanza composta per la maggior parte di Contadini del territorio di Trieste, intervennero in discreto numero degli Sloveni del Goriziano e di varie parti dell'Istria.

Informazioni, che ritengo esatte, fanno ascendere il numero degli intervenuti a tre o quattro mila. Siccome l'E. V. potrà scorgere dalle differenti relazioni pubblicate dai Giornali Adria, Il Cittadino e l'Indipendente che qui compiego, nelle sfere Governative vuolsi esagerare l'importanza di questa dimostrazione anti italiana, mentre dal partito dell'opposizione pretendesi invece di ridurla, oltre al vero, a proporzioni insignificanti, negandone ogni valore.

Il tenore delle risoluzioni discusse od adottate e sopratutto il votato indirizzo all'Imperatore senza bisogno di commenti, rivelano, come e da chi, per quali cause e circostanze, e con quali intendimenti sia stata provocata, favorita e magnificata sif'fatta dimostrazione.

Dopo annunziato il Tabor già da parecchi giorni prima che avesse avuto luogo, si era sparsa la voce, che gli intervenuti a quella riunione ritornando alle loro case sarebbero passati per Trieste per fare anche in città delle dimostrazioni nello stesso senso.

Ciò però non si verificò, in dipendenza forse delle misure preventive prese dalle Autorità locali, le quali dovevano temere non senza fondamento la possibilità di sanguinosi conflitti.

Effettivamente non si ebbero a lamentare gravi disordini. Solo alcuni gruppi isolati di contadini avvinazzati tanto domenica quanto ieri, percorsero la città sino a notte avanzata gridando <<Viva l'Austria>> <<Viva Radescki » <<Viva l'Imperatore>>.

S'intese anche qualche grido di m...a agli italiani. Qualcheduno dei più ostinati fra quei perturbatori della quiete notturna venne arrestato.

Mentre scrivo, alcuni RR. sudditi venditori ambulanti di frutta sono venuti a narrarmi in via di lagnanza, che nelle sere di domenica e di lunedì sarebbero stati malmenati ed ingiuriati da una piccola turba di contadini slavi in apparente stato di ubbriachezza. Io li ho consigliati a presentare i loro reclami alla I. R. Direzione di Polizia.

(l) Cfr. nn. 17 e 18.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, A BELGIRATE (l)

T. 17. Roma, 30 ottobre 1878, ore 11.

Farini telegrafa quanto segue:

«Secondo la mia previsione Gambetta veduto or ora, premesso aver egli ricevuto la prova non essere esatte le cose riferiteci da Londra, ha soggiunto: "noi nella quistione egiziana non abbiamo presa iniziativa, né vogliamo prenderne. Abbiamo aspettato che altri venisse a noi. E così ora non ci opponiamo che altri entri. Se il Governo egiziano ci domanderà la nostra opinione sull'ammissione dell'Italia, noi non solleveremo obbiezioni, ma non intendiamo prendere iniziativa di tale dichiarazione al Cairo. Voi pertanto dovete agire altrove. Però ha soggiunto come amichevole consiglio personale ritenere egli essere troppo tardi ogni nostra insistenza: meglio pertanto desistere dalla domanda di un Ministero e con nostro maggiore utile pratico chiedere piuttosto che alcuni nostri funzionari sian chiamati a far parte della nuova organizzazione. Ha detto non aver egli nessuna fiducia nella riuscita della combinazione anglo-francese, e ancora per questo doversi la Francia tenere nel massimo riserbo per non impegnarsi al di là dello scopo preciso prefissosi -quello cioè

della tutela d'interessi privati. Parto stasera. Telegrafami giovedì prossimo Torino Albergo Europa, come potrò vederti. Firmato Octavi ».

Dopo questo telegramma di Farini a me sembra che dobbiamo aspettare risultato ultimo tentativo di Menabrea, non che risposta definitiva del Cairo, e intanto studiare fin d'ora il da farsi nel caso pur troppo probabile di insuccesso. Forse il consiglio di Gambetta è buono nel senso che, senza domanda da parte nostra, si potrebbe far venire adroitement dall'Egitto stesso l'offerta spontanea di una posizione, che appaghi l'amor proprio nazionale ed appaia come guarentigia sufficiente dei nostri interessi. Questo è naturalmente partito estremo. Però se V. E. consente in tale concetto, si potrebbe sentire fin d'ora l'opinione di De Martino sulle combinazioni possibili in quest'ordine di idee.

(l) Da Carte Cairoli.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 716. Roma, 30 ottobre 1878, ore 17,35.

Dans une conversation que le général Menabrea a eue avec Salisbury (l) celui-ci a dit qu'il avait vu M. Wilson avant son départ pour l'Egypte, et lui avait exprimé son désir de voir l'Italie satisfaite dans la nouvelle combinaison ministérielle. M. Wilson, de son còté, bien loin de s'y montrer contraire, s'était exprimé en termes bienveillants pour l'Italie, sans pourtant promettre son concours. Salisbury, tout en déclarant de ne pas pouvoir se départir de la règle que le Cabinet anglais s'était imposée de laisser liberté entière au Gouvernement du Vice Roi, a cependant ajouté qu'il ne manquerait pas de manifester, dans les limites du possible, sa sympathie pour notre juste démarche. En présence de ces déclarations de lord Salisbury il est évident que c'est exclusivement sur le Gouvernement du Vice Roi que retomberait responsabilité d'un refus dont nous ne saurions nous mèmes prévoir toutes les conséquences. Veuillez renouveler auprès du Vice Roi et de Nubar vos démarches tenant un langage ferme et leur faisant comprendre que notre attitude future vis-à-vis de l'Egypte va forcément dépendre de la décision qui sera fa1te au Caire. J'attends réponse (2) avec grande impatience.

29

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 657. Roma, 30 ottobre 1878.

L'Ambasciatore d'Austria è venuto a più riprese, in questi ultimi giorni a intrattenermi del progetto che secondo notizie pervenute a Vienna sarebbesi

concepito a Belgrado, di seguire cioè l'esempio della Rumenia, ove il Principe regnante ha assunto per sè, consenzienti oramai, per quanto consta, le varie Potenze, il titolo di Altezza Reale. Il Gabinetto Austro-Ungarico opina che il Principe Milano non appartenendo ad alcuna casa sovrana di Europa, la divisata innovazione potrebbe suscitare spiacevoli questioni di etichetta e provocare incidenti che giova, possibilmente, d'evitare.

Nel suo ultimo colloquio poi, il Barone Haymerle affermando che tutti i Gabinetti sono concordi nel pensiero manifestato a questo riguardo dal Gabinetto di Vienna, ha insistito perché anche il Governo del Re faccia conoscere a Belgrado, in quel modo che gli paja più opportuno, come sia desiderabile che si rinunci a tradurre in atto H supposto disegno.

L'eventualità additataci dal Gabinetto di Vienna ci veniva pure riferita, nei recenti rapporti suoi, dal R. Agente e Console Generale in Belgrado. Ond'è che, qualora sia certa, secondoché sostiene H Barone d'Haymerle, la opposi7tone delle altre Grandi Potenze e non dell'Austria sola sarebbe senza dubbio rendere amichevole servizio alla Serbia ponendola in avvertenza della ripulsa cui probabilmente si esporrebbe. D'altra parte però premendomi che a benevolo consiglio non si abbia ad attribuire diverso carattere, mi parve preferibile di rivolgermi, per questo oggetto, anziché al Conte Joannini, alla E. V. Apparirebbe così in forma non dubbia che non trattasi già, per quanto ci concerne, di vera e propria opposizione, sibbene di convincimento che la Serbia male provvederebbe ai suoi interessi persistendo in un progetto che a Vienna e altrove solleverebbe viva ripugnanza. Secondo il nostro pensiero, dovrebbe l'E. V., avendone il modo, accertarsi anzitutto, presso i colleghi suoi, della esattezza di ciò che costì si asserisce circa le disposizioni dei varii Gabinetti nella presente questione; dQpo di che V. E. potrebbe procurarsi la occasione propizia per rivolgere verbalmente all'Agente di Serbia in codesta capitale un consiglio dettato manifestamente dalla sincera simpatia che noi professiamo per il Principato.

Mi sarà grato di ricevere a suo tempo dalla E. V. notizia di ciò che Ella sarà per fare in conformità di questo mio dispaccio (1).

(l) -Cfr. n. 30 il cui contenuto era stato riassunto nel t. 1521/162 del 29 ottobre, non pubbl!cato. (2) -Cfr. n. 31.
30

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 926/150. Londra, 30 ottobre 1878 (per. il 3 novembre).

A confe.rma del mio telegramma n. 162, in data di jeri (2), ho l'onore di ragguagliare succintamente l'E. V. della conversazione che io ebbi nel medesimo giorno col Marchese di Salisbury intorno alla ammissione di un membro Italiano nella composizione del nuovo Ministero Egiziano.

Io riandai anzitutto col Nobile Lord sui precedenti colloqui che io aveva avuto con lui in proposito, ed in seguito ai quali egli, dopo di aver dichiarato che non aveva mai fatto opposizione alcuna a che un Italiano fosse chiamato a far parte di quel Ministero, dava all'Agente Britannico in Egitto l'ordine di astenersi dal contrastare in nessun modo una simile scelta, ed esternava il proprio desiderio che fosse soddisfatta la legittima aspirazione dell'Italia.

Dopo di avere ricordato questi fatti, partecipai al Marchese di Salisbury la notizia ripetutami da cotesto Ministero col suo telegramma del 25 corrente (l) che cioè il Signor Rivers Wilson, Ministro designato delle Finanze in Egitto, avesse telegrafato a Nubar Pacha ed al Khedive, pregandoli di assolutamente opporsi a che un Italiano facesse parte del Gabinetto.

Il Nobile Lord si mostrò meravigliato di una tale notizia, che credeva del tutto insussistente; anzi egli mi disse che avendo avuto un colloquio col Signor Wilson prima che questo partisse per l'Egitto, ed avendogli parlato della opportunità di affidare uno dei portafogli ad un Italiano, il Signor Wilson si mostrava propenso, anziché contrario, ad un tale divisamento, e disse che vi avrebbe riflettuto, ma che però non poteva dare alcuna assicurazione in proposito. Il Marchese di Salisbury dividendo il parere già da me manifestato a cotesto Ministero circa la pretesa opposizione del Signor Wilson, inclinava a credere che questa fosse una astuzia Egiziana inventata per sottrarsi ai nostri reclami.

Io credei opportuno di accennare al Marchese di Salisbury la conversazione che ebbi a Parigi col Signor Waddington, e della quale io resi conto a cotesto Ministero col mio rapporto dei 17 ottobre, spedito da Parigi (2). e gli dissi come il Signor Waddington lo ritenesse contrario a che il portafoglio della giustizia in Egitto fosse affidato ad un Italiano; ma il nobile Lord si mostrò sorpreso di questa asserzione del Signor Waddington, e mi asseverò che egli non mai a v eva espresso opinione consimile.

Partecipai ugualmente al Marchese di Salisbury le informazioni che io aveva raccolte nella conversazione del Signor Waddington, e da altra fonte, le quali furono poscia confermate da alcuni periodici, circa l'intromissione dei Signori Goschen e Joubert da una parte, e del Barone Rotschild dall'altra, nella costituzione del nuovo Ministero Egiziano, della quale circostanza ragguagliai cotesto Ministero col mio secondo rapporto spedito da Parigi in data del 18 corrente (3). Notai come da questi fatti risultasse che il Signor Rotschild, avendo messo la condizione della nomina dei due Ministri, l'uno Inglese e l'altro Francese nel nuovo Gabinet';o Egizio, prima di somministrare a quel Governo i fondi occorrenti pel pagamento dei cuponi scadenti del debito Egizio, quei due Ministri avessero in conseguenza per principale ufficio quello di assicurare il pagamento della rendita, e perciò di tutelare gli interessi dei latori dei titoli del debito Egizio.

Ciò essendo, io feci osservare al Nobile Lord come mi risultasse che oltre questa classe di creditori, ve ne fosse un'altra, egualmente degna di riguardo.

che verrebbe probabilmente sagrificata alle esigenze dei primi, ed era quella dei creditori ordinarii del Khedive, in massima parte Italiani, i quali benché avessero in loro favore delle sentenze di tribunali, non erano pagati perché le sentenze non erano eseguite. Per cui giustizia voleva che i diritti di questi creditori fossero messi in salvo mediante la presenza nel Ministero di un altro membro Europeo che li tutelasse.

Ho attinto queste ultime informazioni da una corrispondenza di Alessandria d'Egitto, testé pubblicata in un giornale italiano, ordinariamente bene informato.

Il Marchese di Salisbury mi rispose che gran parte di queste circostanze e specialmente quella relativa all'intervento del Signor Rotschild nella costituzione del Ministero del Khedive gli erano affatto nuove, che la qualità anzi accennata dei creditori Italiani dava un nuovo aspetto alla nostra questione, e che si scorgeva come l'Italia nel chiedere di essere rappresentata nel Ministero non fosse semplicemente spinta da un sentimento di amor proprio, ma bensì inoltre dal legittimo desiderio di tutelare interessi e diritti positivi dei suoi nazionali.

Egli riconosceva in conseguenza la legittimità delle nostre pretese. Colsi questa opportunità per fare nuovamente appello alla benevolenza di Lord Salisbury perché non solo non osteggiasse, ma che anzi appoggiasse in Egitto i nostri reclami. Non tralasciai neppure eU fargli osservare che l'Inghilterra aveva tutto interesse a che avessimo soddisfa;;ione i:n questa contingenza, imperocché i nostri principi economici e politici non essendo dissimili dai suoi, essa troverebbe nell'elemento Italiano che s'introducesse nel Ministero Egizio un moderatore, naturalmente più propenso verso di lei che in un altro senso, mentre l'Italia saprebbe mostrare di essere grata dell'appoggio avuto in questa circostanza dal Governo Britannico.

Egli mi rispose che non poteva dipartirsi dalla linea di condotta prefissa dal Gabinetto Britannico nella questione Egizia, da quella cioè di lasciare a quel Governo una intiera libertà nell'ordinamento della sua amministrazione, e di non immischiarsi in alcun modo. per cui, nella stessa maniera che non aveva propugnato la nomina del Signor Wilson non poteva suggerire la nomina di un altro Ministro Europeo; ma che, ciò nonostante, la causa dell'Italia aveva tutte le sue simpatie, e che non avrebbe tralasciato di prestarvi all'occorrenza il suo concorso, però nei limiti di azione che gli erano imposti.

Io credo che con questa ultima conversazione sia esaurita la difesa del nostro reclamo presso il Gabinetto Inglese, e che l'insistere per ora ulteriormente presso di esso non varrebbe a migliorare la nostra situazione.

Dopo questo colloquio e gli altri che io ebbi col Marchese di Salisbury e col Signor Waddington svaniscono molti errori propalati con arte intorno alle intenzioni di quei Ministri, e specialmente su quelle di Lord Salisbury, le quali furono ognora benevole a nostro riguardo.

Si scorge che l'attuale ordinamento Ministeriale Egiziano è il frutto di una combinazione bancaria di speculatori aventi per principale scopo, mediante una migliore amministrazione Finanziaria, quello di mettere in salvo i loro fondi ed i titoli del debito Egiziano, poco curandosi degli interessi degli altri. Gli artefici di questa combinazione sono gli stessi uomini che determinarono la caduta dello Scialoja, di rimpianta memoria, ai quali si è ora aggiunto Nubar Pacha, il quale sembra fare con essi causa comune, gli inganni coi quali si è tentato di paralizzare l'azione dell'Italia furono fomentati principalmente in Egitto. Ora che la verità si è fatta palese, giacché le asserzioni di un uomo come Lord Salisbury non possono essere messe in dubbio, è in Egitto, lo ripeto, che bisogna agire, come lo accennai più volte nei miei precedenti rapporti; è là che bisogna far sentire che ove non si desse ascolto ai legittimi reclami dell'Italia, essa unitamente alle altre nazioni che si trovano in condizioni analoghe rispetto al Governo Egiziano, possono creare delle difficoltà tali da rendere molto aspro il compito del Ministero creato per il maggior benefizio della ditta Goschen, Joubert e c.

(l) -Copia di questo dispaccio venne inviata In pari data a Joanninl con d. 140. Per le risposte cfr. nn. 46 e 72. (2) -Non pubblicato. (l) -Cfr. n. 14. (2) -Cfr. n. l. (3) -Cfr. n. 5.
31

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1526. Cairo, 31 ottobre 1878, ore 12,10 (per. ore 13,20).

Avec votre télégramme de hier (l) j'ai obtenu résultat assez important.

Nubar prie V. E. de ne pas retenir comme définitive sa réponse et de lui permettre d'attendre au moins l'arrivée de son collègue de Blignières, parti hier de Paris, pour répondre sur question si importante, et ne pas prendre lui seui responsabilité. Il n'a pu cacher son étonnement du langage de Salisbury et de Wilson. Il m'a donné preuve opposition venait de ce dernier. Nous ne pouvons pas douter, je crois, intention du Gouvernement français et de Rivers-Wilson, ainsi que V. E. juge si je dois accepter prière de Nubar pacha (2).

32

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 719. Roma, 31 ottobre 1878, ore 15.

Merci de votre télégramme (3). J'apprécie ,résultat 01btenu. Je télégraphie immédiatement à Paris et à Londres (4) afin ques les agents français et anglais, M. de Blignières surtout, tlennent un langage favorable à notre demande. Veuillez travailler vous méme en ce sens. En attendant dites à Nubar que nous attendrons avec confiance sa réponse définitive.

(l) -Cfr. n. 28. (2) -Per la risposta cfr. n. 32. (3) -Cfr. n. 31. (4) -Cfr. t. 718 e t. 720, pari data non pubblicati.
33

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1528. Parigi, 31 ottobre 1878, ore 15,25 (per. ore 17,05).

Waddington m'a dit, relativement à question de Grèce, que la réponse de l'Angleterre n'est pas encore connue, mais il espère qu'elle sera favorable. Bismarck s'est chargé de tacher d'obtenir l'adhésion de la Russie et de l' Autriche, Waddington me tiendra au courant.

34

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 933. Londra, 31 ottobre 1878 (per. il 4 novembre).

Ho l'onore d'accusare ricevuta all'E. V. del suo Dispaccio, in data del 27 corrente, Seria Politica s.n. (1), col .quale Ella mi ha partecipato che S. M. il Re s'è compiaciuto di affidarle, in questo stesso giorno, il Portafoglio degli Affari Esteri.

Essendomi recato a premura di comunicare verbalmente tale informMione al Marchese di Salisbury (oltre alla partecipazione per iscritto che ho indirizzato al Foreign Office), e di fargli noto, nello stesso tempo che la crisi parziale che ha avuto luogo in Italia, non alterava la politica estera del Gabinetto presieduto dall'E. V., il nobile Lord, che apprezza altamente il nobile carattere e la lealtà di V. E., accolse col massimo favore questa mia comunicazione ed espresse i migliori sentimenti in riguardo all'E. V.

In quanto a me, Ella può fare assegnamento sul mio più attivo e sincero concorso, i:ntieramente dedito al bene del servizio del Re e dell'Italia.

35

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1531. Bucarest, 1° novembre 1878, ore 16 (per. ore 16,55).

En me communiquant que le Gouvernement roumain désir·e nommer M. Rosetti envoyé etc. etc. de Roumanie à Rome, ministre des affaìres étrangères prie V. E. de vouloir bìen me télégraphier si le Gouvernement du Roi adhère à cette nomination (2).

M. -Rosetti était derniérement président de la Chambre des députés et remplit maintenant les fonctions de ministre de l'Intérieur. Il se rendrait à Rome dans 8 jours.
(1) -Non pubbl1cato ma cfr. n. 18. (2) -Per la risposta cfr. n. 44.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2183. Berlino, 1° novembre 1878 (per. il 4).

Il telegramma relativo alla media:3ione in prò della Grecia (l) mi pervenne ieri l'altro. Siccome però S. E. il Signor di Btilow é tuttora indisposto e non si reca al Ministero, egli non potè ricevermi che ieri sul tardi. Mi affrettai a telegrafare il risultato del nostro colloquio (2).

Stando all'esperienza fatta dacché la circolare tedesca del 2 settembre ultimo ebbe quel risultato negativo che è noto a V. E., bisognava aspettarsi che il Gabinetto di Berlino, senza declinare l'attuale proposta della Francia, avrebbe risposto che, qualora tutte le altre Potenze firmatarie del trattato di Berlino si fossero messe d'accordo per aderirvi, esso vi si sarebbe ugualmente da parte sua associato. Potei però convincermi tosto che in questa circostanza la condotta del Governo tedesco era improntata di un carattere ben diverso.

Il Segretario di Stato, al quale esposi gl'intendimenti del R. Governo, incominciò dal pregarmi di ringraziare V. E. della fiducia dimostratagli mediante tale comunicazione. L'Ambasciatore di Francia, Conte di St. Vallier, gli avea già fatta, diss'egli, la proposta riferita nel telegramma pervenutomi. Il Signor di Btilow gli avea risposto che prenderebbe tosto in proposito gli ordini del Principe Imperiale. Egli però conosceva abbastanza le disposizioni del suo Governo per poter assicurare sin d'ora il Signor di St. Vallier che il Gabinetto di Berlino avrebbe aderito molto volentieri alla proposta in discorso, sperandone un buon risultato.

E passando a discorrere con me confidenzialmente dell'argomento, il Signor di Btilow aggiungeva che il Governo tedesco, dopo di avere invitato esso stesso le altre Potenze ad esigere che la Porta adempisse i suoi obblighi, non poteva mostrarsi indifferente alla esecuzione di una clausola del Trattato di Berlino. Pur augurando alla Porta di trarsi col minor danno possibile dalla difficilissima sua posizione, era vivo nel Gabinetto di Berlino il desiderio di vedere esauditi i voti della Grecia che il Congresso aveva approvati. Si nutrivano qui sincere simpatie per la Grecia.

Rispondendo poi a qualche timore da me espresso, il Segretario di Stato manifestava qualche fiducia che la mediazione suggerita dalla Francia non sarebbe per incontrare serie obiezioni dalla parte di altre Potenze. Era questo pertanto un suo modo di vedere personale, fondato sulla accortezza e sulla moderazione di cui faceva prova il Signor Waddington nel suo modo di agire in questa circostanza.

(!) Cfr. n. 24.

Il giorno stesso il Signor di Billow ebbe più tardi un altro colloquio col Conte di St. Vallier, e, a seconda di quanto mi venne riferito, gli promise che il Governo tedesco avrebbe anche appoggiata la proposta francese presso altre Potenze.

Questo affare della mediazione mi sembrerebbe quindi incamminato in modo soddisfacente per il R. Governo, che insieme alla Francia si fece nel seno del Congresso propugnatore degli interessi della Grecia. Rimane a veder se tutte le altre Potenze si dimostreranno ugualmente favorevoli. Il Segretario di Stato tedesco accennò a tal dubbio con l'Ambasciatore di Francia, il quale stima che si eviterà probabilmente ogni opposizione, dell'Inghilterra specialmente, tenendosi sulle prime a termini generali, senza esigere a priori che tale o tal altro territorio debba essere compreso nel nuovo confine del Regno Ellenico. E se per tal modo si riesce ad un accomodamento, sarà difficile alla Porta il persistere nel rifiutare assolutamente ogni transazione.

(2) Cfr. t. 1529 del 31 ottobre, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2184. Berlino, 1° novembre 1878 (per. il 4).

Da qualche tempo vanno aumentando le voci di probabili conflitti in Oriente, e la pubblica opinione, vedendo in grande parte non eseguito il trattato di Berlino, propende a temere vicino lo scoppio di nuova guerra. Siffatti timori sono giornalmente avvalorati dalle notizie di movimenti di truppe e di flotte, d'insurrezioni e di ripetuti massacri.

La stampa tedesca se ne preoccupa essa pure. Però fu osservato qui il giudizio svolto di recente da fogli autorevoli sullo stato attuale delle cose. Esso consiste nel dimostrare che, la non esecuzione del trattato e l'urto di tante aspirazioni forniscono bensì le apparenze di facili conflitti, ma che questi non potranno verificarsi per le difficoltà con le quali ognuna delle Potenze si trova per conto proprio alle prese, difficoltà le quali sono tali da paralizzarle per lungo tempo.

Nella conversazione di ieri, stimai opportuno di discorrerne con il Segretario di Stato Tedesco, nell'intento di conoscere quale era in proposito il suo modo di vedere.

Il Signor di Biilow confessò che in Oriente i guai erano molti e serii. In varie provincie sarà molto difficile di ristabilire il buon ordine; in talune non vi si riuscirà forse mai. Vi sono delle popolazioni che hanno sentito l'odore del sangue e che non si possono più tenere in freno. Però, soggiungeva egli, il campo di battaglia fra le Potenze era stato debitamente chiuso mediante il trattato di Berlino. A Suo parere, non vi era per ora assolutamente da temere nuove guerre.

Mi parve utile di accennare a siffatta opinione nel telegramma che ebbi ieri l'onore di spedire a V. E. (l).

(l) Cfr. n. 36, nota 2.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 257. Pietroburgo, 1° novembre 1878 (per. il 7).

Il 29 ottobre ultimo l'Incaricato d'Affari di Francia comunicava al Ministero Imperiale degli Affari Esteri la circolare del Governo Francese relativa alla proposta della meddazione Europea per ottenere dalla Porta l'esecuzione del voto emesso dal Congresso di Berlino circa alla rettificazione delle frontiere della Grecia.

Il sunto di detto documento venne trasmesso per telegrafo a S. E. il Signor de Giers a Livadia, il quale fece rispondere al Conte Vielcastel che il Governo Russo, conscio della necessità di indurre la Porta ad eseguire quanto si era convenuto a Berlino circa alla rettificazione della frontiera greca, aderiva con premura alla proposta del Governo Francese.

Il Signor Giers si riservava, però, di esprimere sua opinione, relativamente al modo di procedere, quando gli sarebbe pervenuto il testo della Circolare Francese.

Ebbi contezza della risposta del Signor Giers dal Barone Osten Sacken e ne informai l'E. V. col mio telegramma di ieri (1). Non mancherò di tenere esattamente informata V. E. di quanto concerne questa questione.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1539. Parigi, 2 novembre 1878, ore 17,15 (per. ore 18,40).

Waddington se retranche dans ses dernières déclarations, et ne fait pas d'objection si Nubar pacha accepte un italien dans son Ministère, mais il ne fera aucune démarche en faveur d'un candidat italien.

Les instructions qu'il a donné à l'agent français au Caire sont dans ce sens. Il a promis de les répéter également a M. Blignières qui quittera Paris le 6 du mois courant.

Voilà ce que Waddington dit officiellement. Il est à craindre qu'il fera secrètement de san mieux pour que Nubar refuse un italien.

(l) T. 1530 del l'' novembre, ore 0,05, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1540/165. Londra, 2 novembre 1878, ore 19,41 (per. ore 23,45).

Salisbury à qui j'avais écrit paur avair un dacument me répand qu'il est indispasé à la campagne et que certainement il ne sera pas à Landres avant maroi prachain. En attendant il m'engage à vair lard Tenterden qui étant au caurant de tautes les affaires pouvait me donner les ext>licatians QUe je demandais. Afin de ne pas retarder la nauvelle démarche que V. E. vaulait que je fisse au sujet des affaires de l'Egypte (l), et camme il me semble camprendre par la lettre du nable lord qu'il ne désire pas pour le mament revenir avec mai sur cette questian, je me suis rendu aujaurd'hui chez lord Tenterden à qui j'ai répété les cansidératians que j'avais déjà expasées à Salisbury et dont j'ai rendu campte au Ministère par mes précédents rapparts et télégrammes. J'ai de plus ajauté que, camme une agitatian existe parmi les sujets italiens qui ant des intérèts en Egypte, et qui vayent avec anXJiété que ces mèmes intérèts ne sont pas représentés dans la nauvelle administratian, cette canditian de chases peut danner l'ieu entre l'Italie et le Gauvernement égyptien à des camplicatians qui risqueront meme d'entraver les arrangements qui ant déterminé la farmatian de la nauvelle administratian, et cantrarier saus ce rappart, et bien malgré naus, les vues de l' Angleterre.

Par canséquent, à natre avis, la meilleure manière d'éviter ces difficultés serait d'·intraduire dans le Ministère égyptien un membre 'italien qui, par sa présence meme, épargnerait à natre Gauvernement de devair se meler directement des affaires de ses natianaux qui auraient dans le ministre italien un défenseur de leurs draits légitimes. Il serait en autre une garantie cantre les camplicatians qui autrement paurraient nuire aux intérets anglais et français qu'an aura1i't intéret à sauvegarder. Par suite de ces cansidératians je priais lard Tenterden de s'interpaser auprès de lard Salisbury afin que, sans prétendre qu'il sorte de la ligne de réserve qu'il s'est impasée, il veuille faire sentir à M. Wilson et à Nubar qu'il est de l'intéret de tout le mande que l'Italie sait représentée dans le Ministère. Lard Tenterden était effectivement au caurant de taute cette affa1re. Il a été aujaurd'hui avec mai plus expansif que de cautume. II a dit recannaitre taute la justesse et l'appartunité de mes observatians. Il m'a pramis de les rapparter à Salisbury à qui j'ai prié de les recammander de nauveau. II m'a dit que les anglais en Egypte avaient aussi des intérets analagues aux natres. Lard Tenterden m'ayant parlé des partefeuilles dispanibles en Egypte, je lui ai dit que celui de la Justice était le mieux indiqué paur un membre italien, qu'en taut cas il y ava<it aussi celui du Cammerce et de la Navigatian, y campris les Pastes, qui paurrait lui etre canfié. M. Wilsan qui était parti paur Paris pour se rendre in Egypte a du revenir paur l'emprunt Rotschild auquel concaurt la maisan de Landres, camme il résulte des deux lettres afficielles

publiées par le Times d'aujourd'hui (page 9) et que je signale à l'attention de

V. E. Je ne pense pas devoir me rendre chez M. Wllson, mais j'ai prié lord Tenterden de ne pas perdre cette occasion de lui parler de nos affaires (l). Je considère toujours camme nécessaire l'envoi en Egypte d'un personnage important qui puisse exercer une action morale auprès des ministres anglais et français, aussi bien qu'auprès de Nubar. Si V. E. n'a pas d'autres ordres à me donner je fais compte de repartir mardi prochain pour Chambéry d'où je pense ensuite -de me rendre à Rome pour avoir l'honneur de conférer avec V. E.

(l) Cfr. n. 32, nota 4.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 943/151. Londra, 2 novembre 1878 (per. il 5).

Il Foreign Office viene di pubblicare la corrispondenza relativa ai procedimenti della Commissione internazionale mandata al distretto del Monte Rodope.

I Russi che trovansi a Londra sono irritatissimi per questa pubblicazione. che tacciano di essere insidiosa, in quanto che il rapporto della commissione non essendo stato firmato dal rappresentante della Russia, i fatti che vi si riferiscono non possono essere accettati come veri. Ciò non è che un indizio del sentimento di ostilità che tuttora esiste fra le due nazioni, sentimento che sembra essersi reso più intenso dopo l'oltraggiante rifiuto dell'Emiro di Kabul di ricevere la missione Inglese.

La quistione dell'Afghanistan è in questo momento l'oggetto della massima preoccupazione del Gabinetto Inglese il quale nell'ultJ:ma riunione del Consiglio diede al Vice Re delle Indie i pieni poteri per agire secondo che lo richiede l'onore della Gran Brettagna e la sicurezza dell'Impero Indiano. invitandolo però a fare un ultimo tentatlivo verso l'Emiro, affinché questo dia le dovute soddisfazioni e porga garanzie per l'avvenire. Per dare un'idea dell'importanza che qui si attribuisce a questa questione, basta dire che esiste una sola edizione della carta dell'Afghanistan, tirata in Inghilterra a pochissimi esemplari; il Governo Inglese ha comprati non solo tutti gli esemplari di quella carta ma anche i rami ed i documenti che hanno servito alla di lei compilazione, affinché non potessero cadere in mani straniere. Intanto gli armamenti militari continuano colla più grande attività nelle Indie, e l'opinione pubblica in Inghilterra spinge il Ministero ad agire colla massima energia, lieta però se si potrà evitare la guerra in quella regione lontana d'Oriente, per potere riportare tutta l'attenzione del Governo sulle cose di Bulgaria, che sembrano complicarsi anziché appianarsi, dopo il Congresso di Berlino.

In questo frattempo si scorge che l'Inghilterra tenta di crearsi, se non delle alleanze, il che forse sarebbe difficile, ma delle relazioni amichevoli colle prin

cipali potenze Europee, affinché, ove dovesse entrare in conflitto colla Russia, questa si trovasse sola di fronte alle forze Britanniche.

Ciò spiega la premura che ebbe il Gabinetto inglese, di lasciare che l'Austria s'impossessi della Bosnia e dell'Erzegovina e la sua arrendevolezza verso la Francia nella questione d'Egitto, ed in quelle altre che riguardano il Mediterraneo, purché però i proprii interessi Inglesi rimangano illesi. Ciò spiega ancora lo spirito di conciliazione che essa mostra colla Porta rispetto all'ordinamento della Turchia Asiatica, la quale però nel concetto degli Inglesi deve essere un nuovo campo di espansione per questa razza prolifica, forte, ricca ed intraprendente, mentre che vi si aprirà, mediante un sistema di ferrovie, una nuova linea di comunicazione rapida colle Indie.

Un'altra idea fa già capolino nelle menti Inglesi, ed è che convenga evitare la guerra colla Russia, la quale sembra poco curarsi del trattato di Berlino, e tenta di sostituirvi quello di S. Stefano: le si darebbe campo libero in Rumelia, !asciandola dibattersi coll'Austria, ma in compenso l'Inghilterra sotto pretesto di difendere la cap•itale Turca, prenderebbe possesso di Gallipoli e di Costantinopoli, le di cui fortificazioni si spingono con molta attività, sotto la vigilanza di Baker Pacha, il noto colonnello Inglese. In tal modo con Gallipoli e CostantinopoH nelle sue mani, da una parte, e colla protezione della Turchia Asiatica dall'altra, la Gran Brettagna rimarrebbe padrona della Navigazione del Mar Nero e del Commercio dell'Asia Minore.

Durante i pochi giorni, dacché sono ritornato in Londra ho sentito ragionare nel senso anzidetto alcune persone serie ed alto locate, molto a giorno dei pensieri che si maturano nelle regioni governative.

Si aspetta qualche rivelazione dal discorso che Lord Beaconsfield dovrebbe pronunziare nel banchetto del Lord Mayor, che avrà luogo il 9 corrente; ma resta ancora dubbio se egH potrà intervenirvi, imperocché lo si dice assai male in salute e ciò desta qualche apprensione nel partito di cui egli è capo, ed è senza dubbio il personaggio il più autorevole, quantunque gli si rimproveri di avere troppo presto proclamato il trionfo della sua politica, al ritorno da Berlino.

Ma comunque avvenga, il sistema non cambierà probabilmente.

Intanto, quantunque l'inglese non sia un popolo dottrinario, cioè che agisca dietro principii assoluti prestabiliti, ma attinga anzi le sue ispirazioni dalle circostanze e dal sentimento dei proprii interessi, puttostoché dalla Teoria, tuttavia si può scorgere molta connessità nella sua politica Estera, ed i fatti che sembrano meno importanti si riferiscono ad un sistema direttivo che li domina. Un tale concetto, applicato alla politica attuale, dà la ragione di parecchi incidenti e fra gli altri della formazione di un Ministero Egiziano, nel quale l'Inghilterra lasciò che entrasse un membro Francese con larghe attribuzioni, senza che si stimasse d'introdurvi anche un italiano, abbenché sappia che nella Francia essa ha una rivale che le contrasta il predominio in Egitto, mentre nel

l'Italia, per cui dichiara ognora le sue simpatie, trova una potenza avente con essa conformità di principii politici ed economici che non le è rivale, ma che le può essere una utile amica.

(l) Con t. 740 del 9 novembre. ore 17,50 Malfel comunicò a Menabrea: « Je ne vols pas d'inconvénient à ce que V. E. cherche à se procurer l'occasion d'un entretlen avec M. Wllson sur J'alfaire égyptienne ».

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TRIESTE, MAGLIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. S.N. Trieste, 2 novembre 1878 (per. il 6).

In aggiunta alla comunicazione, che formò l'oggetto del mio rispettoso rapporto del 29 ottobre ora scorso (l), ho l'onore di trasmettere all'E. V. l'unito numero del giornale Il Cittadino, il quale contiene sul Tabor di Dolina un articolo che mi sembra degno di nota.

Anche in Trieste, come già erasi ottenuto in Gor:.Zia ed in diversi paesi dell'Istria, si voleva provocare qualche solenne protesta contro le manifestazioni del partito italiano.

Da questa Dieta Provinciale, in occasione dell'ultima sessione recentemente chiusa, pretendevas:i un voto in tal senso. Ma non vi si trovò un terreno propizio; allorché il Dr. Wittmann un deputato della piccola frazione, cui si riduce il partito governativo, si accinse a parlare contro le accennate manifestazioni rilevando l'attaccamento di Trieste al nesso della Monarchia Austro-Ungarica le sue parole non trovarono una eco in mezzo a .quell'assemblea, mentre invece colse plauso il deputato Dr. Consolo, che, non senza dar prova di coraggio, ricordò «i conculcati diritti storici di questo paese derivanti dall'atto di dedizione con cui Trieste, comune italiano, si era spontaneamente unita all'Austria per assicurare le proprie libertà».

Col Tabor di Dolina si ottenne dagli slavi della campagna ciò che non si poté avere dagli italiani della città. Nell'indirizzo votato in Dolina si dice: « ... Mentre noi ci rallegriamo per l'acquisto di due bei paesi (Bosnia ed Erzegovina) un piccolo e mal suggerito partito di altra nazionalità s'argomenta di amareggiare questa nostra gioia compiendo fatti, che devono provocare la indignazione d'ogni cittadino leale ed onorato. Siccome i nostri cuori restano chiusi a tutte .queste seduzioni e rispettive tendenze finali, ecc. ecc.».

E la relazione pubblicata dal locale giornale ufficiale conchiude. «Fu per tal modo comprovato una volta di più come in questa provincia domini il sentimento di avita fedeltà al Monarca e di sincero attaccamento alla Monarchia e quale arduo compito si assumerebbe chi, basandosi a dati fallaci, volesse accingersi a dimostrare il contrario». Per combattere e soffocare l'elemento italiano si accarezza e gli si eccita contro l'elemento slavo.

Ciò ha provocato un certo fermento fra questa popolazione, e vi ha chi teme la possibilità di gravi collisioni.

Io però ritengo per fermo, che i consigli di moderazione e di prudenza prevarranno; e che ad ogni modo la vigile autorità impedirà l'avverarsi di eccessi e serii disordini.

Quei R. sudditi, che essendo stati malmenati da alcune brigate di contadini slavi che nelle trascorse sere percorsero schiamazzando le vie della città, avevano cercato la protezione del Consolato, siccome già ebbi a riferire all'E. v. vennero da me consigliati di rivolgere le loro lagnanze alla Polizia locale. Na

turalmente il Consolato non avrebbe potuto altrimenti proteggerli che appoggiando i loro reclami presso le I.R. Autorità con raccomandazioni verbali e puramente ufficiose. Ma vo' lieto d'aver constatato che le prefate autorità, accogliendo i fattili reclami, furono sollecite di adottare gli opportuni provvedimenti all'oggetto di reprimere e prevenire i lamentati disordini.

(l) Cfr. n. 26.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

D. 188. Milano, 3 novembre 1878.

Volendo porgere alla Rumania un pegno dell'amicizia sincera che noi professiamo pel Principato e del compiacimento che noi proviamo nel vederlo assunto alla dignità di Stato sovrano indipendente, il Governo del Re ha deliberato di procedere Hn d'ora ad atto formale di riconoscimento mediante le qui acchiuse lettere reali colle quali la S. V. Illustrissima è accreditata presso S. A. Reale il Principe di Romania, in qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà.

L'articolo 43 del Trattato di Berlino subordinava il riconoscimento, da parte delle Potenze, della indipendenza della Rumania a due condizioni, chiaramente specificate nei successivi articoli 44 e 45 del Trattato stesso. Avrebbe quindi potuto dubitarsi se un atto di riconoscimento potesse essere già opportuno ora, mentre manca ancora, nel fatto, la piena esecuzione delle due condizioni deliberate dal Congresso. Però il Governo del Re non ha creduto che dovesse essere sufficiente ragione di indugio da parte sua l'obbligo, in cui la Rumania ha creduto di trovarsi, di conciliare la sottomissione sua ai patti di Berlino con la osservanza delle forme sancite dalla sua costituzione. Né d'altra parte, noi potremmo indurci, sopratutto dopo le dichiarazioni fatteci pervenire per mezzo del Reggente l'Agenzia Rumena in Roma, a dubitare della piena e schietta lealtà di propositi con la quale la Rumania saprà conformare gli atti suoi alla volontà solennemente manifestata dal consesso europeo.

Come, però, il metodo che la Rumania ha prescelto per tradurre in atto, in quanto la concernono, le stipulazioni di Berlino, potrebbe suscitare tra noi il desiderio di alcuna spiegazione che valga ad escludere ogni dubbiezza intorno al puntuale conseguimento dello scopo altamente civile che le Potenze si sono prefisse, proclamando anche per la Rumania il principio dell'assoluta eguaglianza delle varie credenze religiose, così debbo pregarla, Signor Barone, di far precedere alla presentazione delle credenziali, la enunciazione di pochi quesiti ai quali il Governo Principesco saprà dare indubbiamente immediata e soddisfacente risposta.

Ci gioverebbe in primo luogo di sapere quale sia, a termini della costituzione rumena e delle deliberazioni già adottate da codeste Camere, il termine estremo e perentorio entro il quale la Costituente avrà esaurito il mandato che le si vuole affidare.

7 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

In secondo luogo ci gioverebbe conoscere in qual modo la eliminazione dalla costituzione attuale della prescrizione per cui è inibito ai non cristiani di acquistare la cittadinanza rumena, possa condurre effettivamente allo scopo cui miravano le Potenze, quello cioè di far si che cessino d'essere considerati di pien diritto come stranieri gli ebrei ancorché di famiglia già da lunghissimo tempo stabilita nel Principato. Secondo le spiegazioni officiosamente fornite dal Signor Obedenare, l'intento sarebbe raggiunto mediante la opzione che, a term_ni delle leggi rumene, dai figli di straniero da 10 anni domiciliato nel principato nel momento della loro nascita, può farsi all'età di 21 anni; la quale facoltà si lascierebbe esercitare anche dagli israeliti maggiorenni nati di padre domiciliato nel Principato da oltre 20 anni, considerandosi che, per essi, il diritto di opzione già virtualmente esistesse e solo ne fosse stato impedito all'età di 21 anni, l'effettivo eserc:zio dall'ost:lcolo nascente dalla presente Costituzione Rumena. Gioverebbe quindi avere certezza rispetto i punti seguenti: che, eliminato l'attuale impedimento costituzionale, non possa opporsi altro impedimento d'ordine amministrativo agli israeliti che, al toccare la maggiore età, vogliano fare atto di opzione per la nazionalità rumena; che la stessa facoltà si lasci esercitare agli israeliti già maggiorenni; che la opzione abbia piena efficacia, così pei diritti civili come pei diritti politici, in guisa che possano divenire senz'altro cittadini rumeni gli israeliti che attualmente sono considerati stranieri, e debbono rimanere tali quantunque nati di padre da oltre 10 anni dimorante nel Principato.

Le considerazioni qui svolte e i quesiti che ne emergono dovranno dalla

S. V. Illustrissima essere presentati al Governo Principesco in guisa da provocarne dichiarazioni esplicite ed ufficiali; ricevute le quali, la S. V. Illustrissima potrà senz'altro procedere alle pratiche d'uso per la rimessione, nella forma che è costì consueta, delle qui acchiuse lettere credenziali.

44

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

T. 727. Roma, 5 novembre 1878, ore 15,15.

Le choix de M. Rosetti, un des personnages les plus marquants de la Roumanie, ne peut que rencontrer, en Italie, la faveur générale. Le président du conseil actuellement absent de Rome, croit cependant de devoir différer de demander pour M. Rosetti l'agrément de Sa Majesté jusqu'à ce que vous ayez pu donner suite aux instructions qui viennent de vous etre données par la depeche meme accompagnant vos lettres de créance. Cette dépéche vous a été expédiée directement de Milan per le president du conseil le 3 de ce mais (l).

(1) Cfr. n. 43.

45

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 964. Vienna, 5 novembre 1878 (per. il 9).

Non ho mancato di assumere informazioni sull'accoglienza fatta dal Gabinetto di Vienna alla proposta di mediazione fra la Turchia e la Grecia, onde addivenire all'eseguimento della rettifica di frontiere contemplata dall'art. 24 del Trattato di Berlino, di cui il Gabinetto di Versailles prese l'iniziativa col suo dispaccio circolare del 21 scorso mese, comunicatomi dall'E. V. con dispaccio del 30 stesso n. 658 (l) della presente serie. Alle mie ripetute domande mi si rispose costantemente che il Conte Andrassy, che travasi attualmente a Pest, non aveva ancora fatto conoscere le sue determinazioni. Ieri finalmente il Barone Orczy, che nuovamente interpellavo su quell'argomento, dicevami non essersi ancora presa decisione al riguardo, visto che non si conosceva ancora quali fossero su quella questione gli intendimenti del Gabinetto di Londra. Tosto dopo soggiungevami avere ufficialmente saputo che la Germania si era pienamente associata al modo di vedere del signor di Waddington ed avevalo anzi esplicitamente dichiarato, dicendo non essere ammissibile che le potenze firmatarie del Trattato lasciassero stabilire una distinzione fra le une e le altre disposizioni in esso contenute, permettendo che alcune di esse restassero lettera morta. La Russia pure risulta, sebbene indirettamente, dicevami ancora Egli, abbia espresso lo stesso parere e del pari è nota l'accoglienza fatta dal Governo Italiano a quella proposta: ma se l'Inghilterra non rifiutandosi di aderirvi dichiarasse, come in altri casi analoghi, di farlo soltanto in tesi generale, ciò infirmerebbe grandemente la portata della misura proposta dalla Francia. Anche questa volta credetti dover fare rilevare che, a mio avviso, sarebbe assai spiacevole e non scevro da conseguenze, dacché la Francia aveva fatto un passo così conforme allo spirito ed alla lettera del Trattato di Berlino non darle per parte di tutte le potenze concorde appoggio. Ma il Barone Orczy non aveva evidentemente istruz~one d'addentrarsi maggiormente nell'argomento e quindi non credette procedere meco ad un'ulteriore discussione e così finì la conversazione.

Nel ciò partecipare all'E. V. credo doverle aggiungere che mi sarà probabilmente assai difficile procurarmi ulteriori informazioni su questa questione, giacché il Barone Orczy ed il Barone Calice partono ambedue per Pest e quindi non resta più qui persona autorizzata da cui possa procurarmele.

46

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 732. Belgrado, 5 novembre 1878 (per. il 10).

Il rappresentante austro-ungarico jer l'altro conferì col ministro degli esteri e signitl.cogli la ripugnanza che avrebbe il suo governo a riconoscere il titolo

di «Altezza Reale>> ove venisse assunto od attribuito al Principe Milano. Addusse le medes!me ragioni che trovo indicate nel dispaccio che V. E. scrisse il 30 ottobre all'ambasciatore del Re a Vienna (l) e del quale Ella degnassi mandarmi una copia. Rispose il Signor Ristic che del colloquio farebbe relazione al Principe.

L'opposizione austro-ungarica offende al vivo: perseverasi ad argomentare che riconobbesi al Principe Carlo un titolo conferitogli dal suo popolo ed al quale non avrebbe aspirato come membro della famiglia degli Hohenzollern. Dicesi che se la famiglia Obrenovic non fu finora sovrana, lo divenne: e che convenienze di prestigio all'interno consigliarono il mantenere la dignità del Principato.

Con tutto ciò le risoluzioni sono smosse e l'affare è sospeso.

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 24.

47

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1546. Cairo, 6 novembre 1878, ore 12,30 (per. ore 13,55).

Vice Roi secrètement m'a prévenu nouvelle grave complication qu'agent autrich:en a dit à Nubar confidentiellement que si italien est admis dans le Ministère égyptien Gouvernement autrichien demandera autant, et que Nubar part pour Alexandrie à la rencontre des ministres anglais de la Guerre et de la Marine venant de Chypre pour parler de notre demande et nous les rendre opposants. Il faut s'assurer si les intentions de Vienne sont telles (2) et faire maintenir bonnes dispositions de lord Salisbury. Il serait utile de faire sentir au Gouvernement français le danger de ralentir attitude ferme contre les arrière-pensées des anglais et de Nubar pacha.

48

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 729. Roma, 6 novembre 1878, ore 15,45.

Le président du Conseil et le ministre des Finances sont impatients de connaitre les dispositions du Gouvernement austro-hongrois au sujet de la repr:se de la négociation commerciale. Nos délégués, qui sont depuis quelques jours préts à partir, pourraient, si cela est nécessaire, se rendre à Budapest, où, d'après votre rapport du 31 octobre (3) M. de Schwegel est retenu. La négociation est urgente car c'est bien difficile qu'on puisse encore accorder une nouvelle prorogation de l'ancien traité ( 4).

(l) -Cfr. n. 29. (2) -MaJfel richiese Informazioni In proposito a Vienna con t. 730, pari data, ore 22.05, non pubblicato. (3) -Non pubblicato. (3) -Per la risposta cfr. n. 49.
49

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1548. Vienna, 6 novembre 1878, ore 17 (per. ore 24).

Gouvernement autrichien a terminé ses instructions pour délégué négociation traité de commerce, mais Hongrie ne l'a pas encore fait. Ministre des Affaires Etrangères ne manque pas de presser la chose. Quant à ce que nos délégués se rendent à Pest ce serait inutile ca,r Schwegel n'aurait pas les temps d'intervenir aux réunions. Il viendra pour la séance finale à Vienne où les conférences devront se tenir. Vous pouvez compter qu'on est aussi pressé que chez nous, car ministre de Commerce me déclarait encore aujourd'hui impossibilité pour eux nouvelle prorogation de l'ancien traité.

50

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 731. Roma, 6 novembre 1878, ore 22,05.

Je tàcherai de connaìtre les vraies dispositions du Cabinet de Vienne (1). Mais, quant aux anglais qu'on persiste, au Caire, à déclarer hostiles à nos vues, vous pouvez dire que, hier encore, Salisbury, dans une conversation avec le général Menabrea, n'hésitait pas à admettre la valeur de nos considérations et promettait d'employer dans les limites qu'il s'était tracé, toute son influence, pour que l'Italie soit satisfaite.

51

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 661. Roma, 6 novembre 1878.

In una conversazione ch'io ebbi coll'Ambasciatore d'Austria-Ungheria, questi ha portato il discorso sopra la proposta sorta in seno alla Commissione per la riorganizzazione della Rumelia Orientale, di affidar cioè senz'altro, alle autorità ottomane l'amministrazione civile di quella provincia, benché tuttora occupata dalle truppe russe.

II Gabinetto austro-ungarico opinerebbe che il Trattato di Berlino, contemplando esclusivamente l'amministrazione finanziaria della Rumelia, la quale

è attribuita alla stessa Commissione internazionale incaricata della riorganizzazione non conferisce a chicchessia un controllo qualsiasi sulla amministrazione civile propriamente detta, la quale è esercitata dalle autorità russe. Non si disconoscono gli inconvenienti che dalla continuazione della Amministrazione russa possono derivare, ma se ne inferisce solo questa essere una ragione di più perché le Potenze si mettano d'accordo e si affretti una soluzione che sia la più conforme alla lettera del Trattato di Berlino. Ogni tendenza che si volesse far prevalere, ad ampliare od a restringere il significato dei patti di Berlino, avrebbe per necessaria conseguenza di suscitare nuovi screzii tra le Potenze.

Stimo utile di pigliare nota in questo mio dispaccio, destinato ad informazione della E. V., di ciò che, intorno a questo delicato argomento, mi fu detto dal Barone d'Haymerle.

(l) Cfr. n. 47, nota 2.

52

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 957/157. Londra, 6 novembre 1878 (per. il 9).

In conformità del dispaccio di V. E. del 30 ottobre p.p. n. 488 (l) politica, col quale Ella mi trasmetteva la Circolare del Signor Waddington relativa alla nuova delimitazione delle frontiere tra la Grecia e la Turchia consigliata dal Trattato di Berlino, ieri, come ebbi già l'onore di telegrafarlo a V. E. (Telegramma n. 167) (2) mi recai da Lord Salisbury per sapere quale risposta il Gabinetto Inglese avrebbe fatto a quella circolare.

Il Nobile Lord mi disse che si riservava ancora di portare la questione in Consiglio dei Ministri, prima di rispondere a quella Circolare; che intanto egli credeva il momento poco propizio per la regolarizzazione delle frontiere anzidette, attesa la viva irritazione esistente fra le popolazioni Mussulmane, che mette la Sublime Porta stessa nell'imbarazzo, e presenterebbe dei pericoli ove si volesse effettuare tale rettificazione.

Se però il Signor Waddington insiste nuovamente sulla sua proposta, il Nobile Lord disse che non avrebbe difficoltà di associarsi ad una mediazione collettiva delle potenze fra la Turchia e la Grecia, a condizione però che tale mediazione non conducesse ad una azione coattiva delle medesime.

Colsi questa occasione per chiedere al Marchese di Salisbury cosa vi fosse di vero nelle voci ripetutamente diffuse, quantunque anche smentite, di un accordo proposto dall'Inghilterra all'Austria ed alla Francia per assicurare la esatta esecuzione del trattato di Berlino: Egli mi rispose che simili voci erano del tutto infondate e non conformi alle intenzioni del Gabinetto Britann~co.

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 24. (2) -Non pubblicato.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 319. Bucarest, 6 novembre 1878 (per. il 13).

Al mio ritorno in questa Capitale non potettl non essere colpito dalle preoccupazioni qui destate dal contegno bellicoso che dopo i patti di Berl:no la Russia ha adottato tanto nella penisola Balcanica come nelle Provincie Bessarabe da Kischineff al Pruth.

I concetti qui predominanti su tal proposito sono che desiderosa di far rivivere il trattato di Santo Stefano per quanto concerne la costituzione di una Bulgaria una ed indivtsibile, la Russia siasi già creata nelle regioni dei Balcani una situazione militare atta a facilitarle l'intento. Essa avrebbe sparso fra la Bulgaria e la Rumelia Orientale i seguenti Corpi d'Armata:

In Bulgaria il 13mo di cui una buona parte è già in movimento da Varna per Aidos, e tre divisioni di riserva, delle quali una parte è pure in movimento verso la Rumelia Orientale.

In Rumelia il 4to 5to 9no 12mo e 14mo uno di questi però non è al completo una divisione essendo rimpatriata.

Il valore numerico che si dà ad un corpo d'armata in questo momento varia fra i 22 ed 'i 25 mila uomini. Vi sarebbero dunque in tutto fra le due Provincie da 154 a 175 mila uomini. La voce pubblica fa però salire questa cifra fin oltre i 200 mila, tenendo conto dei 50 battaglioni bulgari, mille uomini ciascuno, sufficientemente addestrati, comandati da ufficiali e sotto ufficiali russi, e che nelle esercitazioni militari spiegano, al dire del Principe Dondoukoff l'istessa attitudine dei soldati delle altre nazioni.

Da Kischineff al Pruth sarebbero poi scaglionati altri quattro Corpi d'armata.

L'esperienza dell'ultima guerra, nella quale la Russia riesci a stento nei primordi a mettere in linea 150 mila uomini, farebbe dubitare dell'esatezza assoluta delle cifre di sopra menzionate. Pur tuttavia non solo codeste cifre mi sono designate da sorgenti serie, ma in generale mi si aggiunge che, agguerrite dalle recenti campagne, le truppe russe avessero fatto progressi militari rilevanti.

Ha poi molto significato la circostanza che invece di smantellare la fortezza di Widdino, la Russia la rafforzerebbe di nuove batterie e costruzioni militari come del resto praticherebbe anche a Kustendgé malgrado la decretata cessione della Dobrugia atla Rumania. Codeste sono almeno le notizie pervenute a questo Governo, ed esse mi vennero confermate da altre vie.

Il concentramento di considerevoli forze presso Adrianopoli non è qui intanto spiegato come apparecchio di nuova guerra che la Russia avesse in an'mo di muovere alla Turchia; ma sì come un semplice avvertimento al Sultano di non avere a conchiudere eventuali alleanze sia con l'Inghilterra sia con l'Austria. La Russia vorrebbe far comprendere a Stamboul che in caso opposto bandirebbe gli scrupoli e le sarebbe facile di tentare con oste poderosa un colpo di mano sopra Costantinopoli, barricando al tempo stesso l'entrata del Bosforo. La flotta inglese è lontana.

Di alleanze in via di esecuzione non v'ha però alcun sentore a Bucarest. Un concerto Anglo-Austriaco con o senza la Turchia pare qui malagevole ad attuarsi pel solo motivo tutto congetturale che la Germania sembra essere tacitamente complice del contegno che all'ora presente assume la Russia. Si prevede bensì lo scoppio più o meno prossimo di una seconda guerra vuoi fra la Russia e l'Inghilterra, vuoi fra la Russia e l'Austria. Si presume anzi che l'occupazione di Novi Bazar per parte degli Austriaci sarebbe il pretesto della lotta fra i due Imperi confinanti. Le quattro divisioni scaglionate da Kischineff al Pruth sarebbero appunto in vedetta di una tale eventualità.

Attiva e molteplice sarebbe inoltre l'azione che a torto od a ragione qui si attribuisce alla Russia per raggiungere i suoi disegni. Le si imputa di aver sollevata la Macedonia per mezzo del Clero; di aver fomentato con l'oro lo spirito unitario dei Bulgari dei due versanti dei Balcani; di tener desto l'odio dello straniero, massime fra le popolazioni musulmane, in Bosnia ed in Erzegovina, come lo instilla in Albania e nella stessa Bulgaria; di combattere le perplessità e le inquietudini dei Serbi; di aizzare il Divano contro la Grecia purché questa si agiti non importa come pel momento; e di riservarsi infine per l'ultima ora, ma si asterrebbe presentemente dall'aprirne bocca a Bucarest, di lanciare con promesse questa volta solenni la Rumania nelle avventure della Dacia irredenta.

Malgrado gli ampi mezzi d'informazione che possiede il Governo del Re per essere messo al fatto della situazione delle cose in Bulgaria, ho creduto prezzo dell'opera di esporre all'E. V. i presenti timori e previsioni dei Rumeni quali questi uomini politici di ogni colore sono venuti in questi giorni a ragionarmene. Aggiungerò confidenzialmente che fra i miei Colleghi, l'Agente inglese è stato quello il cui linguaggio si è più avvicinato alla sostanza del presente rapporto.

Fino a qual punto la Rumania si terrà o pur no nel tratto successivo al di fuori di una seconda guerra eventuale, ciò formerà l'oggetto delle ulteriori mie investigazioni che a suo tempo avrò l'onore di partecipare all'E. V.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1555. Vienna, 7 novembre 1878, ore 15,30 (per. ore 18,40).

J'ai prre par télégraphe le baron Schwegel d'avertir S. E. le baron Haymerle par télégramme aussitòt que le Gouvernement hongrois aura approuvé instructions à ses délégués aux négociations du traité de commerce afin qu'il en prévienne immédiatement V. E. et MM. Ellena e Axerio puissent ainsi partir pour Vienne sans perte de temps.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. RR.S.N. Londra, 7 novembre 1878 (per. il 10).

Mi pervenne ieri la cortese lettera di V. E., colla quale Ella esprime il desiderio che io rimanga tuttora in Londra, finché sia composta la controversia relativa alla formazione del Ministero Egizhvno, dopo di che io potrei ripigliare il mio interrotto congedo. Un tale desiderio di V. E. è per me un ordine; in conseguenza io resto volentieri in Londra, qualunque sia il disturbo che ne possa risultare per alcuni affari che mi premeva di assestare.

Tuttavia l'E. V. permetterà di giustificare le mie insistenze perché non possano per avventura considerarsi come dettate più da considerazioni personali, che non dall'interesse del servizio.

Prima di tutto parlo della proposta ripetutamente da me fatta, di affidare durante la mia assenza la reggenza di questa R. Ambasciata al Cav. Catalani, che da quasi un anno compie le funzioni di Capo della Cancelleria. Nessuno meglio di me può apprezzare quell'egregio funzionario, il quale durante i trenta mesi che sta sotto i miei ordini ha dato tali prove d'}ntelligente e prudente attività, che io lo ritengo capace, al pari di tanti altri, di essere incaricato d'affari ad interim. Quando il Cav. De Martino lasciò questa R. Ambasciata, io chiedeva al Conte Corti che ove il De Martino dovesse essere rimpiazzato, lo fosse da un distinto funzionario diplomatico, che io sapeva laborioso e versato nella pratica della lingua Inglese, condiz:one da me considerata come indispensabile per un Capo di Cancelleria in questo paese. Il Conte Corti non credette di dovere ottemperare a questo mio desiderio, e dopo qualche tempo destinava presso questa Ambasciata il Comm. Ressmann, che è mio amico da molti anni, e di cui apprezzo altamente le distinte qualità.

Una tale scelta mi era certamente gradita, tanto più che il Conte Corti mi assicurava che il Comm. Ressmann conosceva perfettamente la lingua Inglese. Ma interpellato da me in proposito, il Comm. Ressmann mi rispose con molta franchezza, che non aveva pratica di quella lingua, benché l'avesse studiata, e che non potrebbe per ora parlare con facilità, e meno ancora intenderla quando si parla.

Ciò essendo, io gli consigliava, prima di venire ad occupare il nuovo suo posto, d'impratichirsi alquanto nella conversazione Inglese, il che se non è difficile non è però l'affare di un giorno. Io riteneva inoltre non essere conveniente che senza avere acquistato quella pratica venisse in Londra come incaricato ad interim, imperocché egli, cui incomberebbe di dirigere, dovrebbe anzi ricevere le principali direzioni da un suo inferiore, il Cav. Catalani, il quale trovandosi da più di dieci anni in Londra è a giorno di tutti gli affari, ha relazioni estese coi personaggi più influenti, ed ha conoscenza perfetta della lingua Inglese, che lo renderebbe intermediario obbligato per il maggior numero delle questioni da trattare. Io spero che la causa della mia obiezione alla immediata venuta del Comm. Ressmann sia ora sparita.

Passo alla seconda mia insistenza, ed è che essendosi superate le dilncoltà che sembravano provenire dai Gabinetti Inglese e Francese alla scelta di un Italiano per far parte del Ministero Egiziano, io credeva che la soluzione di questa questione si trovasse oramai in Egitto, e dipendesse specialmente da Nubar Pacha.

La stessa opinione mi accennava ancora ultimamente Lord Salisbury, ed ieri ne ebbi la conferma in mio colloquio con uno dei principali negoziatori dello imprestito Egiziano, col quale ho buone relazioni, e che conosce perfettamente l'Egitto, dove ha dimorato più anni. Egli mi diceva che essendo state tolte le opposizioni dei due Governi anzidetti, la scelta di un Italiano dipendeva oramai intieramente da Nubar Pacha. Siccome da molti anni ho rapporti amichevoli con quel Ministro, che, quando io era Presidente del Consiglio, fu da me emcacemente ajutato per la riforma giudiziaria che introdusse in Egitto, ho pregato il Conte Maffei di telegrafare all'E. V. che se Ella lo stimasse opportuno, potrei scrivere a Nubar Pacha per la nostra questione, e lo farei molto volentieri (1).

La terza mia insistenza porta sulla convenienza di delegare al Cairo per trattare questa questione un personaggio che possa esercitare un'influenza morale su Nubar Pacha, e su quelle altre persone che contribuirono alla costituzione della nuova amministrazione.

Non è che non riconosca tutti i meriti del Comm. De Martino, ed io non vorrei pregiudicare in nessun modo la di lui posizione. Ma quando si vuol negoziare un affare, bisogna destinare a trattarlo una persona adatta e gradita; ora mi risulta che il Comm. De Martino è tutt'altro che gradito al Signor Joubert, che ha molta influenza in questa faccenda; il Generale Cialdini potrà dirne qualche cosa all'E. V. Il mio interlocutore di ieri mi diceva pure, spontaneamente, che il De Martino non aveva sufficiente autorità per trattare quell'affare.

Dopo questi cenni, io spero che l'E. V. vorrà riconoscere che le mie insistenze sono giustificate, e non hanno altro scopo che il bene del servizio.

Debbo ora portare l'attenzione di V. E. sulle dilncoltà che ha testè incontrato l'Italia nella questione d'Egitto. Queste difficoltà hanno una origine lontana e si riferiscono al tempo in cui venne affidato al Comm. Scialoja l'ordinamento della amministrazione finanziaria di quel paese. A quell'epoca pare che il nostro Ministero paventasse molto l'influenza inglese in Egitto, e che si fosse proposto di combatterla colla vana speranza di poterla paralizzare avvicinandosi più intimamente alla Francia. Infatti quando si venne ad un primo accomodamento per le Finanze Egiziane l'Italia si mise dalla parte della Francia anziché da quella dell'Inghilterra. Ma questo accomodamento non faceva il conto di una certa classe di detentori Francesi di titoli Egiziani, i quali detentori avevano anzi interesse a ravvicinarsi agli inglesi, ed erano in ciò sostenuti in Francia da alcuni membri influenti del Governo. Per cui, tosto dopo questo fatto, mentre lo Scialoja lavorava con tutta la buona fede a riordinare le Finanze del Khédive, i Francesi, lasciando in secco gli Italiani, si voltarono

verso gli Inglesi e comparve sull'orizzonte la combinazione Goschen Joubert, che anche adesso è il movente della composizione del ministero Egiziano che si sta effettuando.

Intanto l'Inghilterra che trovavasi tuttora irritata perché manebat alta mente repositum judicium del tribunale arbitrale di Ginevra, presieduto dal Conte Sclopis, un Italiano dal quale essa era stata condannata al pagamento di una somma ragguardevole per l'affare dell'Alabama, si sentiva di nuovo ferita dalla opposizione che aveva da nostra parte incontrato in Egitto.

Per cui non avendo noi appoggio nell'Inghilterra, e quello della Francia essendoci mancato, veniva meno ogni tentativo da nostra parte per contrastare la influenza dell'associazione Goschen Joubert che si considerava come lesiva ai nostri interessi. Lo Scialoja dovette ritirarsi dal posto che occupava nel Governo del Khédive, e quella contrarietà fu forse la causa determinante della di lui morte.

Mentre succedevano questi fatti sorgeva più minacciosa la questione di Oriente, della quale è inutile che io rammenti le diverse fasi. Intanto la diffidenza dell'Inghilterra contro di noi cresceva per effetto dell'opinione generalmente diffusa, che l'Italia parteggiasse colla Russia, che era diventata per la gran maggioranza degli Inglesi oggetto di odio profondo, sentimento di diffidenza al quale sembra che anche cedesse il Ministero che ha per capo Lord Beaconsfield.

Il viaggio a Pietroburgo del nostro Re attuale, allora Principe di Piemonte, le molteplici corrispondenze provenienti da Costantinopoli, specialmente dal rappresentante del Times le ripetute asserzioni della stampa Viennese, contribuirono a mantenere una tale opinione, della quale più volte mi tenne parola il Cont di Derby e che mi pose per qualche tempo in una posizione delicata assai; malgrado le proteste contrarie a tali voci che, dietro ordine del Ministero più di una volta io feci al principale Segretario di Stato per gli Affari Esteri. Queste diffidezze verso di noi sembravano da qualche tempo dileguate, quando un recente fatto vanne a risvegliarle, però con assai minore intensità, ed è quello dell'ordine dato al Commissario Italiano, Cav. Graziani di ritirare la propria firma dal rapporto della Commissione pei fatti del Monte Rodope.

Un importante personaggio Russo in Londra dice apertamente che quello ordine fu spedito dal nostro Incaricato d'Affari a Costantinopoli, Signor Cavalier Galvagna, e lascia intendere che l'Ambasciata Russa presso la Sublime Porta non fu estranea a quella determinazione. Dopo questa esposizione l'E. V. capirà che l'Inghilterra, in seguito a questa incertezza circa i nostri sentimenti al di lei riguardo, non abbia grande premura pei nostri interessi particolari.

E nella questione del Ministero Egiziano io considero come un gran successo quello di avere ottenuto dal Marchese di Salisbury non solo che non fosse contrario al nostro desiderio di essere rappresentati nel Ministero Egiziano, ma che anche vi si mostrasse propenso e che si fosse facilmente persuaso della convenienza di darci soddisfazione su questo punto.

In quanto al Governo Francese il Signor Waddington ha tolto il veto che sembrava opporre alla nostra giusta pretesa; mi sembra difficile cosa l'ottenere di più da lui, imperocché io dubito assai che la Francia veda di buon occhio aumentare la nostra influenza in Egitto, ed in generale sulle coste del Mediterraneo, mentre un sentimento contrario dovrebbe prevalere presso l'Inghilterra, che non può vedere in noi, almeno per lungo tempo, una potenza rivale.

Il trattato di Berlino che doveva porre remora al conflitto d'Oriente sembra soverchiato, e la lotta secolare per l'Impero di Costantinopoli volge ora precipitosamente ad una soluzione. In questo momento in cui i più gravi avvenimenti si preparano, mi pareva opportuno di attingere personalmente alla sorgente le nozioni necessarie sull'indirizzo preciso che s'intendeva dare in tali frangenti alla nostra politica estera, ed è perciò che io esprimeva il desiderio di potermi recare in Roma per avere l'onore di conferire direttamente in proposito colla E. V.

La guerra minacciata dagli Inglesi contro l'Emiro di Kabul non è che una avvisaglia di vasti progetti che si dicono da lungo tempo maturati dall'attuale primo Ministro Britannico Lord Beaconsfield, di cui egli avrebbe affidata a Lord Lytton l'esecuzione della parte che riflette le Indie, non senza opposizione da parecchi membri del Gabinetto. In un precedente mio rapporto in data del 2 corrente n. 151 di questa serie (1), io accennava ad una voce sparsa, dietro la quale l'Inghilterra, una volta terminata la questione coll'Afghanistan, lascierebbe campo libero alla Russia in tutta la Bulgaria e si riserverebbe soltanto la occupazione delle opere fortificatorie di Costantinopoli e di Gallipoli in Turchia d'Europa, mentre dessa si stabilirebbe solidamente in Asia Minore. Ho sentito persino parlare da persona mia intima, che ha relazioni cogli uomini meglio informati, di un'altra idea assai più ampia, che avrebbe per oggetto un accordo tra l'Inghilterra, la Germania e la Francia per la retrocessione a quest'ultima della Lorena mediante compensazione alla Germania, mentre l'Inghilterra si dividerebbe amichevolmente colla Russia il vasto campo dell'Asia. Questi progetti non sono forse per ora che semplici creazioni della fantasia; ma è certo che qualche cosa si sta combinando, e Lord Beaconsfield non sembra voler terminare la sua carriera, senza coronarla con qualche atto portentoso (éclatant).

Intanto non si sente parlare che l'Italia debba partecipare a questi probabili mutamenti, e, lo dico con dolore, mi pare di scorgere che la nostra influenza sia alquanto scemata. Questa osservazione fece già oggetto di un mio rapporto al Ministero in data del 25 settembre scorso, n. 132 di questa Serie (2).

Si deve forse attribuire questa situazione nostra a che siamo ancora considerati come una nazione debole, e la di cui unità non ha spinto radici abbastanza profonde, o perché si sospetta che non si possa fare assegnamento sulla nostra politica, che si è sinora mantenuta nelle regioni della neutralità.

Ma gli altri Governi lavorano a stabilire delle intelligenze che possono condurre ad alleanze, per essere pronti nelle probabili prossime contingenze. Epperciò io credo che sia d'uopo anche per noi di definire la via positiva che dovremo seguire per non essere sorpresi e rimanere isolati al momento della contesa.

A me non spetta la scelta, ma mi permetto soltanto di sottoporre a V. E. alcune osservazioni in proposito.

Volgendo il pensiero all'Inghilterra ho sempre presente alla mente le parole dette dal Signor Thiers poco tempo prima della sua morte, ad uno dei nostri illustri Italiani, allorché si era sparsa in Europa la not:zia erronea della nostra alleanza colla Russia:

«Badi l'Italia a quello che fa, disse egli, parteggiando colla Russia, essa si rende l'Inghilterra nemica acerrima, nemica che non perdona, e che può recare colla sua formidabile potenza marittima danni irreparabili alle sue più fiorenti città litoranee. Se al contrario l'Italia stringerà amicizia coll'Inghilterra, questa le gioverà se il suo interesse lo comporta, ma, ad ogni modo, si asterrà almeno dal nuocerle ».

Queste parole del grande statista vogliono essere meditate. Sarebbe una illusione il volere, per parte nostra, contrastare per lungo tempo ancora, la preponderanza dell'Inghilterra nel Mediterraneo e specialmente in Egitto. Ciò è per essa una questione di vita e di morte, che la spingerà a supremi sforzi per mantenerla ove fosse oppugnata. Per contro l'Inghilterra ha interesse a tenerci amici sia perché abbiamo un esercito che dessa non ha in eguale proporzione, sia perché abbiamo una forza marittima che non le può fare ombra, mentre può servire di contrappeso a quella della Francia, che sarà sempre la rivale dell'Inghilterra nel Mediterraneo.

In quanto alla Francia questa è una potenza a noi vicina che bisogna tenerci amica; ma in quanto ai suoi sentimenti a nostro riguardo, non posso trattenermi dal ricordare che essendo io nel 1848 segretario Generale (allora primo ufficiale) del Ministero degli Affari Esteri in Torino, io ebbi coll'incaricato d'Affari del Generale Cavaignac, allora Presidente della effimera Repubblica Francese, una assai viva discussione sull'avvenire dell'Italia. Egli mi diceva: persuadetevi che mai la Francia, qualunque sia la sua forma di Governo, permetterà che l'Italia si costituisca in Nazione indipendente; la nostra politica è di tenerla divisa perché non ci diventi rivale.

A quell'epoca, è vero, Napoleone III non reggeva ancora la Francia. Ma egli non è più, e temo sempre che un'ombra di rincrescimento rimanga tuttora nel cuore dei Francesi per l'aiuto che ci prestarono nel 1859. Mi ricordo che uno dei primi atti del Generale Cavaignac fu di espellere tutti gli Italiani dalla Francia: però egli rappresentava l'elemento democratico della Repubblica di quel tempo. Quali siano i sentimenti del partito estremo opposto si sa da tutti: basta dire che mi furono ripetute dalla persona stessa a cui pochi mesi sono vennero dette, le parole del Marchese Charette, ex Colonnello dei Zuavi Pontifieli, che discorrendo dell'Italia, dichiarava che i quadri del suo reggimento erano al completo, e che non si aspettava che il ritorno del suo partito al potere per ristabilire l'antico ordine di cose in Italia, lasciando tutto al più al Re di Piemonte (secondo l'espressione di quella gente) la Lombardia ed il Veneto. Senza dubbio queste sono esagerazioni di persone esaltate, che col tempo finiranno per dileguarsi; ma sono indizii che non bisogna trascurare.

Intanto è certo che la Francia vede con estrema gelosia l'aumento della nostra marina mercantile, mentre la sua va ogni giorno scemando, come si può scorgere dai più recenti rapporti pubblicati in proposito.

Della benevolenza della Francia abbiamo avuto una prova col rigetto che fu testé fatto da quella Camera dei Deputati del Trattato dii Commercio coll'Italia.

Io spero che certamente la Francia finirà per prendere il suo partito, come lo fece il Signor Thiers, sulla costituzione dell'Italia una e libera; ma in quel frattempo io temerei assai per l'Italia se abbandonata sola a se stessa si trovasse di fronte alla Francia, sia questa retta da una Repubblica democratica,

o da una Monarchia Ultramontana. Tuttavia io ritengo che sia per noi necessario di averla per amica, ma non a detrimento di altre amicizie che importa a noi di mantenere e di stringere.

Della Gi!rmania e dell'Austria non parlerò; dirò solamente che per la nostra sicurezza è forse meglio che l'Austria occupi ancora i due versanti, l'uno Italiano e l'altro Tedesco del Tirolo, anziché avere in nostro possesso il Tirolo Italiano e vedere l'aquila Germanica allargare le ali sulle vette del Brennero.

Io do termine a queste considerazioni, sottoponendole al nobile superstite di quella famiglia illustre che porge all'ammirazione delle generazioni presenti e future l'esempio dei sagrifizii che può inspirare il santo amore della patria.

(l) Cfr. t. 1551 dell'8 novembre, non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 41. (2) -Cfr. Serle II, vol. X, n. 530.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. S.N. Parigi, 7 novembre 1878 (per. il 10).

Ebbi jer sera un colloquio col Signor Waddington che, per la sua importanza, mi affretto ripetere all'E. V.

Parlando della nuova recrudescenza che presenta la quistione d'Oriente il Signor Waddington si disse persuaso che « après tout et malgré tout on finirait par s'arranger » e che .n Trattato di Berlino avrebbe tosto o tardi pratica applicazione. Il Principe di Bismarck non è uomo da tollerare che il Trattato di Berlino, opera sua in massima parte, cada in dispregio e rimanga come lettera morta. D'altra parte è ormai palese che una nuova guerra esporrebbe l'Europa ad una conflagrazione generale, che, per diverse e graviss!i.me considerazioni, non può convenire oggi giorno alla Germania. Ed in quest'ordine d'idee, proseguiva il Signor Waddington, il Gran Cancelliere sarà confortato dal voto e dall'opera di tutti gii Stati, e sono molti, che desiderano ed abbisognano di mantenere la pace.

Facendogli osservare che l'Inghilterra si era spinta innanzi ed in modo da non poter ormai retrocedere, pur conoscendo l'immensa gravità della politica adottata e dell'impresa a cui si accinge, aggiunsi che vedeva avvicinarsi il giorno in cui l'Inghilterra richiederebbe la Francia di cooperazione e d'aiuto.

«Può darsi, rispose il Signor Waddington che succeda quanto prevedete. Ma vi posso assicurare fin d'ora che la Francia ne se laissera pas entrainer pour rien au monde ». La guerra non è nel temperamento della presente situazione repubblicana ed io, per mio conto, lascierei piuttosto il portafogli, anziché impegnare il mio paese in una guerra che non fosse imposta da imprescindibile necessità di difesa. La Repubblica ha serii doveri di coscienza da compiere. Dopo avere acerbamente, inesorabilmente condannata la politica dell'Impero che trasse la Francia a rovina, la Repubblica assunse il compito di cicatrizzare le piaghe della patria, di accrescerne per ogni mezzo la potenza industriale ed economica, il benessere pubblico e privato. A ciò si può riuscire volendo fermamente ed unicamente la pace e seguendo una politica ferma bensì, ma senza jattanza, né provocazione». Ciò mi disse il Signor Waddington e le sue idee si accordano a meraviglia coll'idee che il Signor Gambetta mi ha manifestate in parecchie circostanze. La sola differen21a, che noto tra il dire dell'uno e dell'altro, si è che il Signor Waddington nel rifuggire dalla guerra sembra porre in pratica un programma di filosofia politica, sembra obbedire ad una convinzione profonda e compiere un santo dovere; il Signor Gambetta a tutte queste considerazioni ne aggiunge un'altra più grave ed imperiosa agli occhi suoi, il timore, cioè, che la guerra possa ricondurre la Francia nelle mani d'un generale fortunato.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 734. Roma, 8 novembre 1878, ore 12,45.

Je remercie V. E. de ses télégrammes concernant le traité de commerce (l). Camme il ne peut s'agir, au fond, que d'une différence de quelques jours, et que nous avons à coeur d'hàter, autant qu'il dépend de nous la reprise de la négociation, il a été décidé que nos délégués se trouveraient à Vienne le 15 de ce mois.

Annonçant leur arrivée au baron de Schwegel V. E. lui fournit probablement le moyen d'obtenir une plus prompte décision de la part du Ministère hongrois.

58

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 736. Roma, 8 novembre 1878, ore 14,30.

Le président du conseil remercie V. E. et accepte avec empressement son offre (2) d'écrire directement une lettre officieuse à Nubar. Celui.-ci devrait bien comprendre que l'avenir des rapports entre l'Italie et l'Egypte dépend de la solution de l'affaire actuelle. Ainsi s'exprime textuellement M. Cairoli.

(l) -Cfr. nn. 49 e 54. (2) -Cfr. n. 55 e nota l allo stesso.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 738. Roma, 8 novembre 1878, ore 23,55.

Le ministre de Turquie est venu me communiquer à titre strictement confidentiel une circulaire de la Sublime Porte. La Russie insiste vivement pour la conclusion d'un traité spécial ayant pour but d'attribuer un caractère définitif aux stipulations de Santo Stefano qui n'ont pas été confirmées ni abrogées par le traité de Berlin, sans quoi les troupes russes ne seraient pas rétirées. La Sublime Porte hésite et demande conseil aux Puissances. J'ai pour ma part pris du temps devant soumettre la question au président du conseil actuellement absent de Rome. Je vous saurais gré de tout renseignement que vous pourriez me procurer au sujet de l'accueil que la communication ottomane va rencontrer auprès du Gouvernement auprès du quel vous étes accrédité (1).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 2188. Berlino, 8 novembre 1878 (per. il 14).

Le Prince de Bismarck, venu ici pour les noces de sa fille, va repartir pour ses terres du Lauenburg. Il n'a reçu aucun diplomate; ce n'est donc que par ricochet que j'apprends quelque chose. Voici quelques détails que je tiens de bonne source.

Lors méme que la situation générale soit hérissée de difficultés en suite des tiraillements occasionnés par la non exécution du traité de Berlin, ou plutòt par son exécution trop tardive, ces tiraillements, ces lenteurs étaient à prévoir. Il n'y a donc pas lieu d'en éprouver de la surprise. Le Chancelier compte sur l'action du temps pour concilier les vues divergentes. Mais il ne se dissimule pas que les embarras ne feront que s'accroìtre si la Turquie ne se met pas en mesure d'ici au prlntemps de remplir les cond1tions qui faciliteraient aux Russes d'évacuer dans le terme voulu les provinces occupées. Il existe aussi un danger résultant de la composition des agents russes placés dans la Bulgarie et la Roumélie orientale, agents qui, en grande partie, sont les créatures du Général Ignatiew, et qui accordent ouvertement leur préférence au traité de San Stefano, auquel ils cherchent à redonner vie. Ce ne sera que peu à peu qu'ils se persuaderont de la nécessité de ne pas compromettre par des excès de zèle l'oeuvre du Congrès. Leurs écarts tiennent aussi en partie à ce qu'il y a une lacune dans la direction des affaires à St. Pétersbourg. Le Prince Gorchakow se trom·e encore à Baden-Baden. L'Empereur Alexandre,

à Livadia, ne s'occupe que des questions qui ne peuvent souffrir de retard. Dans ce nombre on devrait certainement comprendre tout ce qui se rattache à l'Orient. Mais il est paralysé par les courants contraires représentés par le Chancelier de l'Empire et par le Comte Schouwaloff. Tant que l'un ou l'autre de ces hommes d'Etat ne l'emportera pas dans le Conseil de la Couronne (on forme ici des voeux pour le dernier) bien des choses resteront en suspens.

Quoi qu'il en soit, le Prince de Bismarck ne croit pas que la guerre puisse sortir de cet état de choses, pas meme pour l'Afghanistan. Il se préoccupe sans doute de certaines velléités d'amener un groupement d'alliances qui contrarierait la politique allemande. Mals jusqu'ici ce ne sont là que des velléités. Il y a quinze jours, la France semblait se rapprocher davantage de l'Angleterre. Il se manifeste aujourd'hui un certain mouvement de recul. Quant à l'Autriche-Hongrie, tant que le Comte Andràssy est au pouvoir, et il y restera, vu qu'on chercherait vainement qui pourrait le remplacer, les relations avec l'Allemagne sont à l'abri de toute atteinte. La nomination à Paris du Comte Beust n'a pas meme ébranlé cette confiance. V. E. saura sans doute que le Cabinet de Versailles avait d'abord décliné ce choix. Il n'a été accepté que lorsqu'on a su à Paris qu'aucune opposition ne serait faite d'ici. Le Comte Andràssy avait écrit, en voie particulière, au Prince de Bismarck pour dégager toute responsabilité dans une pareille nomination, due exclusivement à l'initiative de l'Empereur François-Joseph, qui ne voulant pas mettre à la retraite un homme d'Etat, dont il avait reçu d'éminents services, l'avait transféré de Londres à Paris. Le Ministère Anglais avait désiré, lui-meme, l'éloignement de ce diplomate. Le Comte Andràssy ajoutait que sur ce nouveau terrain d'action, pas plus que dans sa dernière résidence, le Comte Beust ne parviendrait, le voulut-il, à modifier en rien les sentiments d'amitié de l'Autriche-Hongrie pour l'Allemagne. Le procédé de l'Empereur François-Joseph n'aura pas moins, j'en suis sur, froissé le Prince de Bismarck; car son adversaire politique et personnel est appelé maintenant à exercer son activité dans un pays où, quoi qu'on en dise, il existe toujours une forte haine contre le Cabinet de Berlin.

Le mot d'ordre ic'i est de se tenir dans la réserve, et d'attendre le cours des événements. On se sent de taille à parer aux éventualités. C'est peut-etre pour cette raison surtout qu'on se montre plutòt optimiste sur les conditions générales de l'Europe. En réalité elles ne sont guères rassurantes pour le maintien de la paix ou tout au moins il se prépare des vicissitudes politiques qui conduiront à un nouveau remaniement territorial en Turquie. Autant que faire se pourra, l'Italie doit se tenir prete à toutes les éventualités. Point de témérités, mais point de défaillances. Il faut, sans tarder, nous mettre en état, sous le rapport des mesures financières et des précautions militaires, de ne pas etre pris au dépourvu, si la marche des événements venait à mettre en jeu nos intérets et nos destinées. Rappelons-nous surtout que la fortune ne sourH qu'aux forts et aux résolus, qui sont toujours recherchés dans les combinaisons d'alliances. Et surtout ne négligeons rien pour fortifier la Monarchie, qui est à l'intérieur et à l'étranger l'affirmation de l'Unité Italienne.

Je ne puis que me référer au dernier entretien que j'ai eu l'honneur d'avoir avec V. E. dans la visite qu'Elle a bien voulu me faire à Milan.

8 -Documenti cliplomatici -Serle II -Vol. XI

(l) Per le risposte cfr. nn. 63, 66 e 76.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 968. Vienna, 8 novembre 1878 (per. l'11).

Corre qui insistente la voce, si stia trattando a Costantinopoli fra la Porta e il Conte Zichy, la conclusione della convenzione che non si poté stipulare in Vienna con Karatheodory Pacha. Dicesi anzi che una favorevole soluzione dei negoziati sia imminente ed alcuni giornali accennano perfino alla possibilità che la Turchia rinunci a favore dell'Austria-Ungheria alla sua sovranità sulla parte Nord della Bosnia, mediante retrocessione di quella Sud. In verità si capisce come tornerebbe di grande vantaggio al Conte Andrassy il poter produrre il colpo di scena di annunciare alle Delegazioni la conclusione di una convenzione colla Turchia, che constatasse il pieno assenso di questa all'effettuata occupazione; ciò farebbe indubbiamente cadere di mano le armi ad una notevole parte dell'opposizione. In quanto però a stipulare accordi che escono dalla cerchia di quelli presi colle potenze nel Trattato di Berlino, ci credo poco, poiché ciò farebbe mancare l'unica base su cui riposa l'occupazione. L'E. V. avrà probabilmente notizie più precise su tutto ciò dalla R. Legazione in Costantinopoli: qui difficilissimo è il procurarsene, e si capisce anche, poiché se veramente si negozia, mancherebbe il desiderato effetto del colpo di scena, ove qualche cosa di preciso traspirasse nel pubblico in antecedenza. Ne tenni parola col mio collega di Turchia, ma Essad Pacha rispose a me come avevalo fatto con altri, non avere conoscenza di sorta di ciò che potrebbe manlpolarsi a Costantinopoli fra la Porta ed il Conte Zichy. Egli limitassi così a declinare la sua partecipazione a negoziati, senza però entrare in questione sulla possibilità

o meno di questi. Intanto l'Austria procede al rimpatriamento dei prigionieri Turchi, senza che come si volle credere e fu ripetuto da alcuni giornali, siasi stipulata in proposito una speciale convenzione: anzi Essad Pacha lamentavasi meco assai vivamente del modo poco ordinato e non molto umanitario col quale dall'Austria-Ungheria erasi proceduto in tutta questa faccenda dei prigionieri Turchi, fra i quali trovansi anche molti funzionari civili.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1557. Vienna, 9 novembre 1878, ore 15 (per. ore 16,05).

Ambassadeur de France m'a gracieusement communtqué qu'Andrassy lui a fait télégraphiquement savoir qu'il s'associe entièrement à la démarche française par rapport à la Grèce.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1558. Parigi, 9 novembre 1878, ore 15,35 (per. ore 16,45).

Ambassadeur turc a donné communication hier au soir à Waddington de la circulaire confidentielle dont me parle V. E. (1). Waddington prendra son temps pour répondre, et trouve fort délicat le conseil demandé par la Porte et qu'elle pourrait bien faire valoir à l'occasion. Il en parlera en conseil des ministres pour décider s'il convient de donner le conseil que l'on demande, et, en cas affirmatif, quel serait ce conseil. Il croit convenable que les Puissances neutres procèdent d'accord et il promet me tenir au courant de ce que le conseil des ministres décidera à cet égard.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1559. Parigi, 9 novembre 1878, ore 15,35 (per. ore 16,45).

Gambetta a eu un entretien avec Crispi, et l'ayant blamé à cause de son opposition à V. E. Grispi lui aurait répondu qu'il allait rentrer bientòt à Rome disposé à se rallier au Ministère Cairoli.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1561. Bucarest, 9 novembre 1878, ore 23 (per. ore 23,50).

La Russie à fait des ouvertures réitérées an Gouvernement roumain pour s'assurer, pour un temps détérminé, le passage de ses troupes à travers la Roumanie. Il y a meme lieu de croire que la Russie ne cédera pas la Dobrutschka à la Roumanie sans s'etre préalablement assuré ce passage par une convention dont la conclusion est faiblement repoussée par le Cabinet de Bukarest. Mon collègue d'Angleterre prétend que Salisbury serait sur le point de provoquer une démarche des Puissances signataires du traité de Berlin tendant à faire

inviter la Russie à évaquer la Dobrutschka à peine la comm1ss10n européenne, instituée pour la délimitation de la Bulgarie, aura fixé le tracé de la frontière à l'est de Silistrie en ligne directe jusqu·au port de Mangalia.

(l) Cfr. n. 59.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1563. Berlino, 10 novembre 1878, ore 18,45 (per. ore 20,20).

La circulaire de la Porte (l) a été communiquée hier. Biilow a pris la chose ad referendum en se réservant aussi de pressentir les autres Puissances. Mais d'après son opinion, ainsi qu'il le disait à l'ambassadeur ottoman et à moi aujourd'hui, le Cabinet allemand s'abstiendrait de donner des conseils dans une question qui ne regardait que la Turquie et la Russie. L'Allemagne camme les autres Puissances signataires du traité de Berlin, admettant sa pleine et entière exécution, mais quant aux stipulations de Santo Stefano, c'est affaire entre les deux Etats contractants, pour ce qui n'a pas été changé ou substitué lors du congrès. Le secrétaire d'Etat m'a beaucoup recommandé que nous fassions bon accueil à sa démarche pour obtenir prolongation du traité de commerce, et il m'a manifesté quelque regret que nous eussions déjà nommé un ministre à Bukarest. L'Allemagne ne consentira pas à accepter un envoyé roumain et à user de réciprocité que lorsque celle-ci aura rempli conditions aux quelles le traité de Berlin subordonne la reconnaissance de son indépendance, nommement pour ce qui regarde les israélites. Il faut tout au moins que la Principauté offre de sérieuses garanties. J'ai répondu qu'il ne me résultait que la création du baron Fava au grade de ministre, mais nullement qu'il ait déjà présenté ses nouvelles le t tres de créance (2).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1564/171. Londra, 10 novembre 1878, ore ... (per. ore 20,25).

Hier a eu lieu selon l'usage traditionnel le diner du lord maire. Le discours le plus important a été celui de lord Beaconsfield accueilli, camme de coutume avec de grands applaudissements. Le noble lord a parlé d'abord de l'Afgha

nistan et de la nécessité de compléter de ce còté la frontière de l'Empire de l'Inde qui n'étant pas, dit il, définie scientifiquement, donne lieu à des inquiétudes et exige pour la garde des dépenses considérables, quoique les probabilités d'un conflit sur cette frontière soient bien éloignées.

Venant à la convention anglo-turque il la considère camme propre à développer la prospérité des provinces asiatiques de la Turquie, mais surtout camme indispensable pour garanUr l'Empire des Indes, car, dit il, la vallée de l'Euphrate entre les mains d'une Puissance ou trop faible ou trop forte, serait un danger pour nous. n énumère ensuite les avantages de la possession de l'ile de Chypre. Le point principal de son discours est le traité de Berlin qu'il défend contre l'opinion de ceux qui pensent que ce traité s'écroule de toute part. Il assure de nouveau que lui et le marquis de Salisbury ont réellement rapporté de Berlin la paix avec honneur. Grace à ce traité, dit il, Constantinople est entourée de défenses insurmontables. Le Sultan acquiert un excellent port dans la Mer Noire, maintient la possession des détroits, et obtient pour les riches provinces européennes qui lui restent encore une frontière qui a de la valeur. Le traité de Berlin, dit il, doit étre exécuté dans son esprit et à la lettre. Il a confiance dans ses concitoyens pour étre sur qu'ils employeront toute leur énergie et toutes leurs ressources pour qu'il soit maintenu. Et si quelqu'un cherche à se dégager de ses engagements ce n'est certes pas le Gouvernement de la Reine qui retirera sa signature. Il tourne en rLdicule les inventeurs de nouvelle politique. Il confute ensuite l'opinion de ceux qui croyent à la décadence de l'Angleterre et qu'elle s'achemine à avoir la fin de Génes, de Venise et de la Hollande.

Le marquis de Salisbury dans son discours qui a été fort court, ne s'est pas occupé de politique, il s'est borné à quelques mots adressés au dernier lord maire et à lady maire.

(l) -Cfr. n. 59. (2) -Cfr. su questo argomento il r. 2190, pari data, di Launay, non pubblicato.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 744. Roma, 11 novembre 1878, ore 11,45.

Je remercie V. E. de son télégramme (1). L'absence simultanée du président du conseil et du ministre des finances ne m'a pas permis de donner à Keudell une réponse immédiate au sujet de la prorogation du traité; mais je viens en ce moment de recevoir instructions de répondre a!Iìrmativement. Quant à la Roumanie, nous avons expédié, il est vrai, au baron Fava ses nouvelles lettres de créance, mais il doit, avant de les remettre, demander et obtenir explications officielles et satisfaisantes sur la question juive. Je vous envoye par la poste copie de la dépéche (2) contenant ces instructions.

(l) -Cfr. n. 66. (2) -Cfr. n. 43.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1566. Vienna, 11 novembre 1878, ore 14,50 (per. ore 16,10).

Le Gouvernement impérial et royal m'annonce qu'il est prét à reprendre négoc:ation pour le traité de commerce. Nos commissaires peuvent partir immédiatement pour Vienne où !es conférences auront lieu. Ils iront plus tard pour un pour ou deux à Pest pour séance à laquelle la présence du baron Schwegel est nécessaire. Je pr:e V. E. de faire préparer pleins pouvoirs pour moi, ainsi que pour le commandeur Ellena, quoique ce ne soit pas encore décidé qui signera le traité. Je renseignerai du reste V. E. sur ce sujet sous peu.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1572/173. Londra, 12 novembre 1878, ore 20,10 (per. ore 20,50).

J'ai vu ce matin M. Wilson qui part pour le Caire dans deux ou trois jours. C'est un homme très affable, d'apparence conciliante. Je lui ai exposé les raisons connues qui justifient notre insistance à ce que l'Italie soit représentée dans le Ministère égyptien. Il m'a répondu que ce M'nistère ne devait pas avoir de caractère politique quant à l'extérieur, et moins encore un caractère internatiana!. Il craignait que la présence d'un troisième ministre européen ne lui donne ce dernier caractère. Que du reste, s'il avait à choisir un collègue, il prendrait un italien de préférence. Il me fit beaucoup d'éloges de ce que les italiens ont fait en Egypte et surtout de Scialoja. Il reconnait que l'Italie a plus que toute autre nation des intéréts particuliers en Egypte. En substance M Wilson, sans vouloir appuyer la nomination d'un m'nistre italien, ne semblerait pas contraire à ce qu'il soit choisi librement par Nubar, mais en dehors de toute pression gouvernative de notre part. J'ai vu ensuite le marquis de Salisbury qui s'est plaint à moi de ce que, d'après ce qu'on lui réfère, notre agent consulaire au Caire aurait employé des menaces. «Si cela est réellement, dit il, nous nous opposerions à cette manière comme nous nous opposerions à la nomination d'un ministre choisi sous la pression du Gouvernement d'Italie. La chose est d'fférente si le choix de Nubar est libre ». Lorsque je lui ai expliqué de nouveau que c'était précisément pour éviter l'intervention future du Gouvernement d'Italie que nous désirerions avoir un de nos nationaux dans le Ministère, il a admis cette raison comme assez péremptoire et il m'a dit espérer que vue de cette manière la chose pourrait s'arranger «mais surtout pas de menaces ». Salisbury m'a dit ensuite que l'Autriche-Hongrie prétend elle aussi avoir un représentant dans le Ministère égypten, et que M. de Beust, qui attendait son tour d'audience, venait probablement pour lui en faire la demande. La maison Rothschild qui a beaucoup d'infiuence dans cette affaire nous est très opposée à cause de la convention relative aux chemins de fer de la haute Italie dont elle se plaint amèrement camme ayant été presque un acte de prépotence de notre part. Je vois plus que jamais que cette question doit se traiter définitivement au Caire.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA (l)

D. 738. Roma, 12 novembre 1878.

Mi è riuscito interessante ciò che la S. V. mi ha riferito, con rapporto del 31 ottobre scorso n. 1303 (2), intorno ai provvedimenti che la Sublime Porta sta prendendo per ricondurre l'ordine nelle sue finanze. Una Commissione nella quale abbiano posto esperti finanzieri è senza dubbio atta ad indicare i modi più opportuni per raggiungere l'intento. Non posso, però, tacere che, a mio avviso, poiché la Sublime Porta si è messa per questa via, mostrando così di apprezzare il suggerimento che le veniva dato dai plenipotenziari convenuti a Berlino osa seduta), sarebbe stato miglior partito, per essa, l'adottare pienamente la raccomandazione unanimemente deliberata dal congresso. *La S. V. Illustrissima ricorda che la deliberazione è così concepita *: «Les Puissances représentées au Congrès sont d'avis de recommander à la Sublime Porte l'institution à Constantinople d'une Commission financière, composée d'hommes spéciaux, nommés par les Gouvernements respectifs et qui serait chargée d'examiner les réclamations des porteurs de titres de la dette ottomane et de proposer les moyens les plus efficaces pour leur donner la satisfaction compatible avec la situation financière de la Sublime Porte».

Non è certamente animo nostro di muovere, in proposito, osservazione alcuna. Però non Le mancherà probabilmente la opportunità di rammentare, discorrendo di queste materie coi ministri del Sultano, quale sarebbe, secondo l'opinione manifestatasi nel Congresso di Berlino, il miglior modo di procedere in cosa che tocca gli interessi dei sudditi delle varie grandi Potenze.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 971. Vienna, 12 novembre 1878 (per. il 15).

Mi trovo oggi in grado di porgere alla E. V. il riscontro chiestomi col Suo ossequiato dispaccio del 30 scorso mese n. 657 (3), relativo alla vertenza a cui

dà luogo il progetto ventilato a Belgrado di fare assumere al Principe Regnante !l titolo di Altezza Reale. Anzi tutto, a seconda del suggerimento datomi dall'E. V., ho scandagliato presso ai miei colleghi delle Grandi Potenze gli intendimenti al riguardo dei loro Governi, ed ho così potuto persuadermi che la Germania, l'Inghilterra, la Russia e la Francia senza annettere per conto loro speciale importanza alla cosa, pure, per riguardo all'insistente desiderio espresso in proposito dal Gabinetto di Vienna, consentirono a far intendere a Belgrado la convenienza di rinunciare ad un progetto, la di cui attuazione avrebbe potuto incontrare insormontabili difficoltà. Ciò stante essendomisi presentata senza ricercarla l'occasione di vedere l'Agente serbo signor Zukitch, nel corso della conversazione feci cadere il discorso sul titolo assunto dal suo Principe, e gli domandai se in quei circoli politici in cui era sorta l'idea di fargli conferire dal Parlamento il titolo di Altezza Reale, vi si era, dopo più matura riflessione, rinunciato. Il Signor Zukitch risposemi in verità alquanto evasivamente sul fondo della questione, non senza celarmi però le esplicite dichiarazioni fatte in proposito del Conte Andràssy al Signor Ristich a Vienna e l'appoggio che queste avevano incontrato presso la maggior parte degli altri Gabinetti. Io presi da ciò occasione per manifestare dapprima il mio personale parere sulla convenienza per la Serbia di non far cosa sgradita al vicino Impero col quale essa ha tanti interessi comuni da regolare ed al tempo stesso di non creare imbarazzi alle altre Potenze. Gli feci presente quanto sia opportuno per uno Stato nello stadio di formazione di acquistarsi le simpatie delle altre potenze, e ciò doversi tanto più ricercare allorché non si tratta di sacrificare sostanziali interessi, ma solo di non dare soverchio peso a questioni puramente formali. Insensibilmente seguitando a ragionare su ciò io gli dissi che sapeva tale mio modo di vedere essere diviso dal mio Governo e lì colsi l'occasione per porre in sodo che non dub'tavo il modo di vedere dell'Italia su quella questione non potrebbe a meno di essere apprezzato a Belgrado, siccome altamente leale e simpatico ed ispirato del vivo interesse che da noi si professa per i popoli sorti a libertà ed indipendenza, in base al principio di nazionalità. Ritornando poi a parlare come per mio personale impulso, suggerii al Signor Zukitch di cogliere l'occasione ch'egli precisamente travasi a Vienna, dove quella questione ha suscitato maggiore anzi assoluta opposizione, per scriverne ancora al suo Governo consigliandolo, se per caso accarezzasse tuttavia simili progetti, a non darvi seguito. Farmi che il mio interlocutore afferrasse la portata di questo suggerimento e quindi non credetti dovere insistere maggiormente.

Spero di avere in tal maniera dato eseguimento alle istruzioni impartitemi dall'E. V. Nel ciò fare mi studiai in verità di togliere al benevolo consiglio che il R. Governo intendeva dare per mio mezzo, qualsiasi carattere capace di renderlo meno accetto: e ciò feci tanto più che a me pare, l'Italia sia indubbiamente l'ultima potenza che avrebbe diritto e ragione di opporsi acché il Pr ncipe di Serbia assuma un titolo corrispondente al rango che compete fra gli Stati d'Europa a quello ch'Egli regge. A questo riguardo anzi, avendo dovuto tener parola di questa questione e potendosi quindi verificare il caso che mi se ne riparli sarebbe conveniente ch'io fossi a perfetta conoscenza dell'etichetta adottata dal R. Governo a proposito dei titoli dei Principi. A precisare la questione premerebbemi di sapere se il Gabinetto di Roma ammette che il titolo tedesco di Hoheit, riconosciuto al Principe Milano, corrisponde a quello di Altezza semplicemente, mentre che il titolo di Durchlant, conferito al Principe ereditario sarebbe pareggiato da quello di Altezza Serenissima. Tale traduzione in Italiano e Francese dei due titoli preindicati, si è quella riconosciuta esatta dei Gabinetti di Vienna e Berlino, nonché dalle altre Corti Germaniche. In altri termini bramerei conoscere quale dei due titoli Altezza ed Altezza Serenissima sia da noi riconosciuto come più elevato. Parmi importante questa questione sia precisata, poiché dell'incertezza che tuttora regna al riguardo, sembrommi capire la Serbia voglia trarre eventualmente partito per insistere sul conferimento del titolo di Altezza Reale.

Nel chiudere il presente Rapporto trovo anche opportuno informare l'E. V. che, mentre il Governo Imperiale ha nominato un Rappresentante diplomatico a Belgrado col titolo di Ministro residente, a quanto mi risulta positivamente ha poi aderito acché il rappresentante serbo a Vienna, abbia la qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

(l) -Ed., ad eccezione del brano !ra asterischi, !n L V 27, p. 88, con firma di Cairoli. (2) -Cfr. L V 27, pp. 87-88. (3) -Cfr. n. 29.
73

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI (l)

R. 1313. Costantinopoli, 12 novembre 1878 (per. il 19).

Col telegramma del 9 corrente (2) l'E. V. compiacevasi informarmi d'una comunicazione fattale in via strettamente confidenziale da codesto Ministro di Turchia. La Russia insiste vivamente per la conclusione d'un trattato speciale avente per iscopo di attribuire un carattere definitivo alle stipulazioni di Santo Stefano che non sono state confermate né abrogate dal trattato di Berlino; senza di che le truppe russe non si ritireranno. La Sublime Porta esita e chiede consiglio alle Potenze.

Durante la conferenza ch'ebbi ieri col Gran Vizir, Sua Altezza portò il discorso sul trattato definitivo proposto dal Gabinetto di Pietroburgo, e dopo avermi detto che delle esigenze della Russia egli aveva fatto argomento di ufficii confidenziali al Governo del Re, mi chiese se fossi stato da V. E. incaricato di fargli una qualche comunicazione in proposito. Usai, nel rispondere, della massima riserva, !imitandomi a dire che io non era munito al riguardo di alcuna istruzione; che ritenevo, del resto, l'E. V. tuttora assente da Roma, ciò che doveva necessariamente cagionare un ritardo nell'invio della risposta di

V. E. Savfet Pacha non mi nascose quanto egli fosse impaziente di conoscere l'opinione del Governo del Re sulla situazione creata dalla nuova esigenza della Russia, e mi manifestò la speranza che l'E. V. quantunque lungi dalla Capitale, sarà stata tosto informata della comunicazione e della preghiera che Turkhan Bey era stato incaricato di farle.

(l) Ed. in L V 27, p. 35.

(2) Non pubblicato ma cfr. n. 59.

74

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1573. Vienna, 13 novembre 1878, ore 10,30 (per. ore 12,25).

L'ambassadeur de Russie venu chez moi aujourd'hui s'est exprimé plusieurs fois de suite au sujet des communications que le comte Schuwalow est chargé de faire à Budapest, dans les termes suivants « elles sont éminemment paciftques et se résument dans l'exécution du traité de Berlin ftdèle et omnilatérale >>. On m'assure que l'Allemagne travaille activement à l'approchement de l'Autriche Hongrie à la Russie pour raffermir l'alliance des trois empereurs en vue de la réunion d'une conférence qui parait étre sur le tapis.

75

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO, E AD ATENE, PANSA

T. 790. Roma, 13 novembre 1878, ore 12.

Le chargé d'affaires du Roi à Constantinople a appris conftdentiellement qu'un conseil des ministres, sur les instances, parait-il, de l'ambassadeur d'Angleterre, a décidé de s'entendre directement avec la Grèce pour la rectiftcation des frontières, et d'envoyer, à cet effet, des délégués à Athènes. Le Sultan hésite mais on s'efforce d'obtenir son approbation (1).

76

L'AMBASCIATORE A WNDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1574/174. Londra, 13 novembre 1878, ore 15,52 (per. ore 18,25).

En conformité du télégramme de V. E. du 8 courant (2) j'ai parlé hier au marquis de Salisbury de la circulaire par laquelle la Sublime Porte faisait connaitre l'insistance de la Russie pour conclure avec elle un nouveau traité qui sanctionne les stipulations du traité de Santo Stefano non modiftées par celui de Berlin.

Le noble lord m'a répondu que: l) le traité de Paris continuait à étre en vigueur dans toutes ses parties qui n'avaient pas été modifiées par celui de Berlin et que aucune stipulation particulière entre la Russie et la Turquie ne pouvait y porter atteinte;

2) le traité de Santo Stefano n'était qu'un traité préliminaire, le vrai traité entre la Russie et la Turquie est celui de Berlin qui, par le fait mème, efface le précédent;

3) par conséquent les prétentions de la Russie à exiger un autre traité spécial correspondant à celui de Santo Stefano étaient sans fondement en droi t.

(l) -Queste notizie erano state comunicate da Galvagna con t. 1571 del 12 novembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 59.
77

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 751. Roma, 13 novembre 1878, ore 17,40.

Je remercie V. E. de son intéressant télégramme n. 173 (1). Le langage qu'elle a tenu soit à M. Wilson, soit à lord Salsbury, répond entièrement à la réalité de la situation. Nous n'avons point fait de menaces en Egypte. Mais

M. De Martino a dù faire connaitre loyalement à Nubar pacha les conséquences qui découleraient, bien malgré nous, d'un refus. Lord Salisbury a vu combien ses sentiments à notre égard ont été dénaturés au Caire. Il ne devrait accepter que sous bénéfice d'inventaire les plaintes qui paraissent avoir été portées contre nous auprès de lui. Nous comptons, d'ailleurs, beaucoup sur l'efficacité de la lettre que V. E. a écrit à Nubar pacha.

78

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 753. Roma, 13 novembre 1878, ore 23,50.

Je dois vous prévenir confidentiellement que votre langage ayant été dénoncé à Londres comme impérieux et menaçant, lord Salisbury a télégraphié à son consul au Caire que si, d'un còté, il verrait avec plaisir nos voeux Iibrement satisfaits par Nubar, il ne pouvait pas, d'autre part, admettre les menaces de l'Italie. J'ai fourni toute explication nécessaire à lord Salisbury. Il est utile cependant, pour empècher que le consul anglais ne prenne une attitude qui nuirait inévitablement au succès de nos démarches, que vous cherchiez à faire bien comprendre à votre collègue, que nous n'avons jamais fait de menaces quel

conques, mais que nous nous sommes bornés à attirer loyalement l'attention du Gouvernement du Vice Roi sur les conséquences qui découleraient, bien malgré nous et par la force méme des choses, de notre exclusion du Cabinet égyptien (1).

(l) Cfr. n. 70.

79

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 755. Roma, 13 novembre 1878, ore 23,50.

L'ambassadeur d'Angleterre sort de chez moi. Il est venu me tenir, au nom de lord Salisbury, Iangage identique à celui que Sa Seigneurie vous a tenu dans votre conversation d'hier. Je n'ai fait que répéter ce que V. E. avait dit hier à lord Salisbury, et ce que j'avais resumé à mon tour dans le premier télégramme d'aujourd'hui (2). Mais ce qu'il y a de plus grave. c'est que, d'après la communication que sir Augustus Paget m'a faite, il résultait que lord Salisbury a fait part, soit au Cabinet français, soit à l'agent britannique en Egypte, de ses déclarations, à savoir qu'il ne pouvait pas admettre les menaces italiennes, et que si, d'un còté, il verrait avec plaisir nos voeux librement satisfaits par Nubar, il s'opposerait, au contraire à une pression de notre part, d'autant plus que, celle ci étant probablement suivie d'une pression analogue de la part de l'Autriche-Hongrie, on finirait pour attribuer au Cabinet égyptien un caractère international, ce qui serait absurde, d'après sa propre expression. Avant de faire à Paris, et surtout au Caire, une démarche qui, nous ne le craignons que trop, va bien diminuer nos chances de succès, Salisbury aurait du, ce nous semble, épuiser d'abord l'explication dont il a pris hier l'initiative avec V. E. Ne pourrait-il maintenant atténuer l'effet de cette démarche par une rectification de ses premières impressions? V. E. peut. mieux que moi, juger ce qu'il y a à faire dans ce sens.

80

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1578. Parigi, 14 novembre 1878, ore 14,20 (per. ore 20).

Je ferai de mon mieux pour exécuter les ordres que V. E. me donne par son télégramme de cette nuit (3); mais j'avoue qu'il sera bien difficile de persuader Waddington que notre consul n'a pas fait de menaces au Caire. J'en ai fait moi aussi à Waddington méme. Le moment d'ailleurs n'est guère favorable. J'ai appris hier soir que votre empressement à reconnaitre l'indépendance

O) Per la risposta di De Martino cfr. n. 81.

de la Roumanie a pu froisser Waddington qui aurait désiré procéder d'accord à ce sujet. Il y a en outre une autre cause qui a mis de mauvaise humeur Waddington et dont je vous parle par lettre. Veuillez dane me tenir compte des difficultés de la position qui m'est faite par tout cela. Veuillez ne pas oublier en mème temps que Waddington n'a jamais témoigné sa bienveillance pour nous dans la question égyptienne, et qu'il s'est engagé seulement à garder une neutralité absolue.

(2) -Cfr. n. 77. (3) -T. 754 del 13 novembre, ore 23,50, non pubblicato.
81

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1580. Cairo, 14 novembre 1878, ore 23 (per. ore 3 del 15).

Par mes rapports V. E. sera convaincue combien est fausse la dénonciation faite à Londres que j'ai tenu langage impérieux et menaçant. Je me suis toujours borné à faire entendre loyalement à Nubar pacha les conséquences d'un refus qui nous forcerait, malgré nous, à modifier attitude bienveillante envers l'Egypte. Reconnaissant nécessité dispositions favorables du Gouvernement anglais, avec la mème loyauté j'a.i cru à propos d'informer collègue anglais de toutes mes conversations avec Nubar. Cet incident est une intrigue de Nubar et je crains que collègue anglais informe son Gouvernement de la manière que Nubar suggère.

82

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 246. Atene, 14 novembre 1878 (per. il 19).

La notizia contenuta nel telegramma che V. E. si compiacque indirizzarmi, in data di ,ieri (l), relativamente al progetto concepito a Costantinopoli di un'intesa diretta col Governo Ellenico sulla questione dei confini, mi è stata, oggi, confermata da questo Ministro degli Affari Esteri. Il Signor Delyanni mi accennò, infatti, aver ricevuto dal Signor Conduriotis, due giorni or sono, informazioni identiche a quelle a Lei trasmesse dalla R. Legazione in Costantinopoli. Si tratterebbe di un'idea propugnata specialmente dal Signor Layard, il quale avrebbe rappresentato alla Sublime Porta la opportunità di un'dniziativa, il cui effetto sarebbe, frattanto, di tenere indietro il passo collettivo che, sulla proposta della Francia, sta per essere fatto dalle potenze, in favore della Grecia. Anche il Signor Delyanni, però, ha notizia che veruna risoluzione definitiva è stata, finora, abbracciata dal Governo Imperiale.

(l) Cfr. n. 75.

83

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 759. Roma, 15 novembre 1878, ore 12,15.

Ce n'est pas exact que nous ayons déjà reconnu l'indépendance de la Roumanie (1). Nous avons expédié, il est vrai, au baron Fava ses lettres de créance, mais celui-ci a l'ordre de ne les présenter qu'après avoir obtenu du Gouvernement princier déclarations explicites et o!Iìcielles à l'égard de l'exécution fidèle et complète du traité de Berlin. La dépéche contenant ces instructions (2) figure parmi les documents diplomatiques que le courrier vient d'apporter à V. E. Vous pouvez, si vous le croyez à propos, en donner communication à M. Waddington avec lequel nous ne demandons pas mieux que de nous entendre aussi sur cette question. Je dois ajouter que la déC'ision d'envoyer des lettres de créance au baron Fava a été prise surtout en vue de l'a!Iìrmation réitérée de l'agent roumain à Rome que la France avait déjà fixé le choix de son ministre pour Bukarest.

84

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1588. Costantinopoli, 16 novembre 1878, ore 15,47 (per. ore 18,15).

Nouveau conseil des ministres a confirmé vote déjà émis au sujet d'un arrangement direct pour la Gréce. Cette décision a été soumise à Sa Majesté qui, selon toute probabilité, l'approuvera. Grand Vizir avait proposé à l'ambassadeur de Russie de remplacer traité de paix définitif par un échange de notes. Ambassadeur de Russie a refusé.

85

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

T. 763. Roma, 16 novembre 1878, ore 23,15.

Votre silence me fait croire que le Gouvernement princier n'a pas encore répondu aux interrogations que vous avez été chargé de lui poser au sujet de la question juive (2). En attendant j'apprends de plusieurs còtés que l'affaire de la reconnaissance de la Roumanie par les différents Gouvernements est loin encore d'etre aussi avancée que nous le faisaient supposer les informations

fournies par le Cabinet de Bukarest, soit par votre entremise, soit par celle de M. Obedenare. A Londres la question n'a pas encore été soumise au conseil des ministres. A Berlin on est fermement décdé à ne rien faire jusqu'à ce que le traité de Berlin n'alt reçu à Bukarest fidèle et entière exécution. A Paris

M. Waddington parait s'etre préoccupé du faux bruit d'après lequel nous aurions déjà procédé à la reconnaissance ofllcielle de la Principauté. Tout ceci doit nous faire redoubler de prudence. Je vous prie, donc, de vous abstenir de toute démarche en vue de la présentation des lettres de créance, jusqu'à ce qu'ayant sous les yeux les explications ofllcielles et écrites du Gouvernement princier, le président du conseil puisse prendre à cet égard, en pleine connaissance de cause, une décision définitive (l).

(l) -C!r. n. 80. (2) -C!r. n. 43.
86

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2192. Berlino, 16 novembre 1878 (per. il 20).

J'ai l'honneur de remercier V. E. de Sa dépeche N. 746 du 11 courant (2). J'ai cru devoir donner lecture de son annexe au Secrétaire d'Etat.

Il a nouvellement exprimé combien le Gouvernement Impérial regretterait si l'Italie ne marchait pas entièrement d'accord avec l'Allemagne dans la question de la reconnaissance de l'indépendance de la Roumanie, indépendance que le Traité de Berlin a subordonnée à certaines conditions.

Le Cabinet de Bukarest n'hésitera pas à donner les meilleures assurances à cet égard; mais il ne dépendra pas de lui de les tenir, puisqu'il réserve à une Constituante le soin de prendre une décision. Or une majorité dans le sein de cette Assemblée se prononcerait-elle en un sens favorable aux stipulations du Congrès de Berlin pour ce qui a trait aux Israélites? Il y a lieu d'en douter, surtout lorsqu' après avoir reconnu le nouvel Etat Souverain, on se sera en quelque sorte désarmé pour exercer sur lui une pression salutaire.

Quoiqu'il en soit, la question n'est pas sans importance, et il serait à désirer que le Baron Fava ne remit pas ses lettres de créance avant d'avoir communiqué au Gouvernement du Roi la réponse qu'il recevra du Gouvernement princier sur les différents points qu'il reste à éclaircir. V. E. aviserait alors s'il serait le cas, ou non, de passer outre.

Ayant été interpellé à Milan sur la convenance d'élever au rang d'Envoyé Extraordinaire et Plénipotentiaire notre représentant à Bukarest, je n'avais pas hésité à me prononcer affirmativement. Mais il allait de soi que nous ne devions pas perdre de vue les articles 43, 44 et 45 du Traité de Berlin. Pour aller de

l'avant, nous n'avions pas les memes intérets ou prétextes que l'Autriche et la Russie, qui ont invoqué des nécessités tenant à leur position d'Etats limitrophes.

En vous accusant réception des dépeches N. 744 et 745 (1) ...

(l) -Per la risposta di Fava cfr. n. 89. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 68.
87

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 973. Vienna, 16 novembre 1878 (per. il 20).

Un Telegramma molto esteso del « Correspondenz-Bureau » riassume un lungo e abilissimo discorso tenuto ieri nella Camera dei Deputati ungherese dal signor di Tisza in difesa della politica del Conte Andrassy. Il Presidente del Consiglio, nel passare in rivista l'atteggiamento delle grandi Potenze nelle ultime fasi della questione orientale, fece cenno dell'Italia, senza nominarla, nel modo seguente, che traduco letteralmente:

«C'erano forse eziandio Potenze, per le quali non sarebbe stato d'uopo di grandi sforzi, in questo stato di cose, se la Monarchia austro-ungarica si fosse trovata isolata e in opposizione cogli avvenimenti, di servirsi di ciò per porre in atto contro la Monarchia i loro intendimenti antichi, più o meno noti».

Sono parole di colore oscuro, ho però creduto conveniente ripeterle perché è chiaro l'intendimento di dire cosa non favorevole all'Italia.

88

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DELLE FINANZE, SEISMIT DODA

T. 1592. Vienna, 17 novembre 1878, ore 18 (per. ore 19).

On a déjà tenu trois conférences et nous avons passé en revue encore une fois les deux tarifs et les autres dispositions du traité. Les choses marchent un peu lentement car les commissaires austro-hongrois n'ont pas instructions aussi larges que les nòtres, et tous les ministres, sauf celui du commerce arrivé hier, étant à Pest il leur est très-difficile d'en avoir des nouvelles. Toutefois l'accord s'est établi sur quelques points, qui étaient en suspens lors de la négociation préliminaire. Les difficultés les plus considérables regardent le vin et les tissus de soie. Pour le vin les commissaires austro-hongrois n'ont pas voulu dire leur dernier mot. Pour les tissus de soie ils ont énoncé le chiffre de 6,25 qui est tout à fait inacceptable. Nous avons déclaré fermement que le Gouvernement italien ne pourrait pas admettre l'augmentation du tarif actuel qui est de 4 francs.

(l) Non pubblicati.

89

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1595. Bucarest, 17 novembre 1878, ore 18,50 (per. ore 3,20 del 18).

La plus strlcte prudence a été apportée par moi dans l'exécution des instructions contenues dans la dépèche ministérielle du 3 novembre de Milan (1). Au reçu de cette dépèche j'ai d'abord taché de falre comprendre au Prince et à ses principaux ministres la nécessité de nous donner des déclarations explicites et immédiates. J'ai ensuite adressé le 13 courant une lettre au ministre des affaires étrangères par la quelle je lui ai demandé une réponse officielle et catégorique aux questions que nous lui avons posées au sujet de la question juive. Les graves difficultés d'ordre intérieur contre lesquelles doit lutter le Cabinet roumain pour résoudre cette question conformément au traité de Berlin, et les autres difficultés qui lui sont créées par la Russie qui demande à conclure une convention pour le passage de ses troupes à travers la Roumanie n'ont pas encore permis au ministre des affaires étrangères de me donner cette réponse, mais il y a lieu à prévoir que nous ne recevrons que des déclarations générales dans le sens de l'abolition complète par la Constituante de l'article 7 de la Constitution actuelle. Pour ce qui a trait à mes lettres de créance le comte Maffei avait déjà mis M. Obedenare en position d'informer le Gouvernement roumain que ces lettres ava,ient été signées par le Roi et expédiées à Bukaérest. En présence de ce fait et sachant d'ailleurs la manière de voir des différents Gouvernements au sujet de la question juive, j'ai eu soin de déclarer au Prince et à ses ministres, dès la réception de la dépèche de Milan, que les lettres de créance étaient, il est vrai, en ma possession, mais que leur présentation était essentiellement subordonnée à la nature des réponses que le Gouvernement roumain nous aurait fait parvenir. J'ai en outre ajouté que j'aurai en tout cas laissé seulement à V. E. d'apprécier ces réponses, et que je ne procéderai jamais à leur remise sans en recevoir l'autorisation formelle du Gouvernement du Roi. Le faux bruit dont parle le télégramme ministériel d'hier (2) n'a pu donc Hre amené par ma conduite, qui a été au contraire et continue à Hre, V. E. doit en avoir l'entière conviction, des plus prudentes. De ce qui précède je me réservais d'informer V. E. à peine aurai-je reçu les réponses que j'ai provoquées du Governement roumain.

90

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1594. Bucarest, 17 novembre 1878, ore 21,30 (per. ore 9,30 del18).

Mon collègue d'Angleterre m'informe que chargé formellement par son Gouvernement il vlent d'engager le Cabinet de Bukarest à repousser catégorique

9 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

ment la conclusion avec la Russie de tonte convention au sujet du passage des troupes russes par la Roumanie qui ne serait pas strictement conforme aux stipulations de l'art. 22 du traité de Berlin. D'une telle convention éventuelle il est question dans mon rapport n. 320 (l).

(l) -Cfr. n. 43. (2) -Cfr. n. 85.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTH.O DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2194. Berlino, 18 novembre 1878 (per. il 23).

En suite de l'avis reçu de Naples et de Rome sur l'odieux et crimine! attentat commis sur la personne du Roi, je me suis empressé de télégraphier à Sa Majesté et à V. E., et de communiquer au Secrétaire d'Etat les détails parvenus à cette Ambassade.

Dès ce matin M. de Billow me disait au nom du Prince Impérial les sentlments de très douloureuse et pénible impression de Son Altesse Impériale et Royale et ses félicitations !es plus cordiales que les jours si précieux du Roi aient été préservés. Plus tard un aide-de-camp du Prince était chargé de me répéter ces sentiments, ainsi que ceux de la Princesse Impériale. Les visites ont afflué chacun voulant témoigner de la part qu'il prenait à nos justes émotlons. Les principaux organes de la presse s'y associent entièrement. Il est vrai que nulle part mieux qu'ici on était à mème de se rendre compte de notre indlcible tristesse sur cette sinistre tentative et de notre immense satisfaction que la vie du Roi fut sauvée. De tout còté s'accentue une mème pensée de réprobation. Le crime est déjà frappè d'un premier verdict de l'opinion publique. Le reste est du domaine de la justice qui saura faire son devoir.

Ce sont surtout les hommes portant une àme digne de la liberté qui ressentent la plus vive, la plus profonde répulsion. Ils savent en effet que de tels attentats n'ont jamais servi la cause des véritables intérèts des peuples. Ils n'ignorent pas que cet esprit de meurtre et de violence qui se réveille depuis quelques mois en Europe est le pire ennemi de tout progrès sensé et régulier.

Cet acte de bandit ne peut que laisser une longue et profonde impression, tant par son caractère que par les conséquences graves et générales qui auraient pu en sortir.

J'ai déjà manifesté au Roi tout ce que j'éprouvais en cette circonstance et combien son attitude avait été digne des descendants de la noble et brave Maison de Savoie.

J'ai aussi félicité V. E. de sa courageuse et heureuse intervention, pour préserver les jours de notre bien aimé Souverain. Permettez-moi d'ajouter que j'envìe la blessure que vous avez remportée une fois de plus pour la cause de l'Italie, dont le Hoi est le digne chef. La Royauté est pour l'Italie la plus

importante et la plus nécessaire de nos institut!ons, car elle est la source première de riotre unité natlonale, de notre puissance et de notre liberté. · En restituant ci-joint à V. E. le reçu signé par moi, des documents diplomatiques qui m'ont été expédiés le 14 novembre...

92.

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1598/180. Londra, 19 novembre 1878, ore 16,20 (per. ore 18,40).

Hier ayant été chez le marquis de Salisbury pour lui présenter M. Ressman le noble lord m'a dit que sir Augustus Paget et l'agent anglais au Caire lui avaient télégraphié pour rectifier le sens des paroles adressées par le commandeur De Martino à Nubar. Salisbury semble maintenant bien persuadé qu'il n'y a pas eu de menaces, et que telle n'a jamais été l'intention du Gouvernement du Roi. Il me revient que Salisbury a donné au comte de Beust, qui demandait également que l'Autriche-Hongrie fut représentée dans le Cabinet égyptien, réponse semblable à celle que j'avais déjà reçue de lui.

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 65.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1599. Parigi, 19 novembre 1878, ore 17,40 (per. ore 18,40).

J'a pu persuader M. Waddington que V. E. avait envoyé lettres de créance à notre agent à Bukarest avec instructions de les présenter alors seulement qu'il en recevrait ordre forme!. J'ai ajouté que vous ne demandez pas mieux que de marcher d'accord avec la France à cet égard. Aussi M. Waddington a paru agréer cette déclaration et a dit qu'avant de reconnaìtre l'indépendance roumaine il lui paraissait nécessaire d'obtenir l'exécution de certaines conditions du traité de Berlin, notamment celle qui regarde les juifs à laquelle il tient beaucoup. Je pense donc que, pour éviter des froissements, on pourrait retarder la présentation des lettres de créance et attendre avoir obtenu auparavant la reconnaissance des droits civils de la population juive.

94

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1600. Costantinopoli, 20 novembre 1878, ore 10,20 (per. ore 14,40).

A la proposition de l'Autriche de conclure convention pour l'occupation de Novi Bazar la Sublime Porte avait répondu qu'elle y consentait à condìtion de régler en méme temps question de la Bosnie et de l'Herzégovine sur la base des droits du Sultan et de la provisoireté de l'occupation. Zichy avait pris cette contre-proposition ad referendum. Il a reçu hier l'ordre de la repousser. On croit que ces pourparlers sont définitivement rompus.

95

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 995/161. Londra, 21 novembre 1878 (per. il 25).

Il Vice Re delle Indie aveva fissato al giorno d'ieri il termine del tempo nel quale l'Emir di Cabul doveva spedirgli una risposta di riparazione soddisfacente per il suo rifiuto di ricevere l'Ambasciata Inglese che gli era stata mandata. Ma la risposta non è giunta e si considera la guerra dell'Inghilterra contro l'Emir come dichiarata, imperocché Lord Lytton ha oramai ogni autorizzazione di agire, tanto più che il fatto era preveduto e le misure prese in conseguenza. Si suppone che il Primo Ministro non sia dispiacente della rilutanza dell'Emir che porge al Governo Inglese una opportunità giustificata di conseguenza. Si suppone che il Primo Ministro non sia dispiacente della riluttanti, già designate, e che costituiranno per l'Impero delle Indie una frontiera insuperabile da quel lato.

Nel mentre giunge la grave notizia della non risposta dell'Emir, si pubblica su tutti i giornali di Londra una lettera del Ministro delle Indie a Lord Lytton, in data del 18 corrente, nella quale sono esposti la storia delle relazioni dell'Inghilterra coll'Afghanistan ed i fatti che diedero luogo alla contesa attuale. Attesa l'importanza di quel documento, lo mando qui unito all'E. V. (1).

Siccome la questione dell'Afghanistan si collega coi rapporti fra l'Inghilterra e la Russia, colgo questa opportunità per confermare il mio telegramma d'ieri n. 181 (l) col quale io informava l'E. V. che il Gabinetto inglese si era commosso della pressione fatta dalla Russia sulla Rumania per ottenere una strada militare permanente attraverso il territorio di quel Principato e per poter fortificare le bocche del Danubio. Lord Salisbury avrebbe dichiarato che l'Inghilterra si sarebbe opposta con tutte le sue forze a queste pretese della Russia e più specialmente a quella di erigere fortificazioni alle bocche del Danubio.

Alcuni telegrammi pubblicati dai giornali di questa mattina riproducono la prima parte di queste notizie. Intanto l'Inghilterra temendo che la Rumenia diventi per il fatto vassalla della Russia, sembra non più esitare a riconoscere l'indipendenza di quel Principato, ma vorrebbe che questa fosse riconosciuta simultaneamente dalle altre Potenze, per meglio fare ostacolo alle viste della Russia, colla condizione però che la Rumenia si conformi integralmente alle condizioni del trattato di Berlino. Lord Salisbury non intendeva mandare a Bukarest che un semplice Ministro residente; ma egli, da quanto mi si assicura,

sarà costretto, contrariamente al suo volere, di accreditarvi un Ministro Plenipotenziario per conformarsi a quanto faranno le altre Potenze. Le notizie precedenti relative alla Rumenia mi furono date da persona autorevole e bene informata.

P. S. -Al momento in cui io chiudo questo rapporto alcuni giornali della sera annunziano che gli Inglesi hanno varcato il conf,ine dell'Afghanistan ed occupato un piccolo forte.

(l) Non pubblicato.

96

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO, E A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

T. 774. Roma, 22 novembre 1878, ore 17.

Turkhan bey étant venu chercher une réponse au sujet du conseil que la Porte demande aux Puissances en vue du traité séparé de paix que la Russie voudrait conclure avec la Turquie, je lui ai répondu que l'Italie, camme les autres Puissances signataires du traité de Berlin, admettait la pleine et entière exécution de ce traité, mais que, quant aux stipulations de Santo Stefano, c'est affaire entre les deux Etats contractants pour tout ce qui n'a pas été changé ou supprimé lors du congrès. Je vous communique le sens de ma réponse pour votre information personnelle.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 775. Roma, 22 novembre 1878, ore 23.

V. E. a vu le télégramme (l) que le mlnlstre des flnances vient d'expéd~er à nos délégués pour le traité. Une décision ne sera prise qu'après réception du tableau demandé aux délégués par M. Seismit Doda. Je crois, en attendant, que

V. E. pourrait utilement appeler l'attention des délégués mémes sur les considérations qui, en dehors du terrain technique et financier sur lequel la présente négociation se déroule, paraitraient pouvoir nous porter à faire preuve de condescendance, si celle-ci est indispensable, pour arriver à la conclusion du traité. Nos rapports avec l'Autriche-Hongrie sont assez difficiles, déjà, au point de vue politique, pour qu'il nous convienne de les aigrir encore par une guerre dt tarifs. Mais tout ·en restant dans la sphère des intéréts purement économiques, deux falts me semblent incontestables. Je ne crois pas, d'abord, que nous puissons faire, à armes égales, cette guerre de tarifs, dont je vous parlais tout à l'heure, et qui serait la conséquence inévitable et prévue d'une rupture. Le

Gouvernement austro-hongrois est peu sensible aux attaques de ses parlements; il ne l'est point du tout aux clameurs de l'opinion publique. Ce n'est guère probable qu'il aille s'émouvoir des souffrances de ses exportations, s'il ne lui convient pas de reprendre la négociation. En second lieu je ne dois pas vous cacher que nous sommes en présence d'une demande française pour modus vivendi sur le traitement de la nation la plus favorisée. Cette combinaison, qui aurait pour nous des avantages politiques et méme, camme arrangement temporaire, des avantages économiques, manquerait de base le jour où la négociation avec l'Autriche aboutirait à un insuccès. Enfin nous avons besoin d'un traité quelconque, soit pour ne pas sacrifier à tout jamais les intéréts de nos exportations dont les souffrances ne seraient guère composées par Ics bénéfices du trésor, soit pour ne pas tomber, vis-à-vis de toutes les Puissances, sous le régime du tarif général. Ce n'est certes pas mon intention de peser sur les convict:ons de nos délégués, mais je pense que ceux-ci pourront puiser dans les idées, que je viens d'exprimer à V. E., des éléments utiles pour mieux éclairer leur propre jugement.

(l) T. 772, non pubblicato.

98

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1612. Vienna, 23 novembre 1878, ore 15,30 (per. ore 20,50).

Ce n'est point en sacrifiant à l'Autriche de ces intéréts économiques et financiers que nous améliorerons nos rélations politiques avec cette Puissance.

V. E. sait aussi bien que moi ce qu'il faudrait faire pour arriver à ce résultat. J'ai du reste souvent répété que toutes les concessions que nous pourrions faire sur les questions du tarif douanier ne changeront absolument rien à notre situation politique vis-à-vis de l'Autriche. C'est donc uniquement nos intéréts matériels qui devront nous guider pour accepter ou refuser les exigences très onéreuses pour nous de l'Autriche. L'Allemagnc désire grandement le maintien de l'alliance autrichienne. mais cela ne l'empèche pas de veiller avant tout à ses intérèts matériels, et par conséquent de repousser en ce moment tout traité de commerce avec l'Autriche. Les considérations indiquées dans la deuxième partie du télégramme de V. E. (l) doivent certainement étre prises en considération, mais c'est uniquement au Gouvernement du Roi décider si elles devront nous contraindre à nous soumettre aux prétentions de l'Autriche. Dans le cas présent du reste le Cabinet autrichien recherche absolument appui de ses parlements qui lui est assuré, s'il maintient ses exigences à notre égard et plus encore si l'on arrive à l'application envers nous du tarif général. Nos délégués enverront demain tableau demandé par poste, et attendront décision définitive du Gouvernement du Roi qu'il serait nécessaire faire parvenir au plus tòt vu qu'en l'état de choses actuel toute négociation est nécessairement interrompue.

(l) Cfr. n. 97.

99

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

T. 777. Roma, 25 novembre 1878, ore 16,45.

L'ambassadeur de Russie m'a fait une commun~cation confirmant les renseignements contenus dans votre télégramme d'avant hier (1). Ayant appris que l'on impute à la Russie d'insister sur le maintien d'une route militaire permanente et définitive à travers la Dobrutscha, le Gabinet de Pétersbourg déclare que cette version est complètement fausse. L'arrangement proposé par la Russie est textuellement conçu dans les termes suivants:

«Le Gouvernement impérial comprend que la convention du 4-16 avril 1877, pour le transit des troupes russes à travers la Roumanie, sera appliquée à la Dobrutscha dans les dispositions qui la concernent pour la communication des troupes russes conformément aux stipulations du traité de Berlin ».

D'après cette communication de l'ambassadeur de Russie, il paraitrait, donc, que l'arrangement proposé pour la Dobrutscha ne doit avoir d'application qu'autant que doit durer, en vertu du traité de Berlin l'occupation russe au delà de la Dobrutscha elle-méme.

100

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI (2)

R. 1326. Costantinopoli, 25 novembre 1878 (per. il 3 dicembre).

Porgo a V. E. i miei ringraziamenti per le preziose informazioni trasmessemi col riverito suo dispaccio n. 737 del 9 corrente (3) intorno alla comunicazione confidenziale che Le era stata fatta da codesto Inviato Ottomano relativamente al trattato di pace definitivo eh~ la Russia intende stipulare con la Turchia; nonché pel telegramma del 22 (4) col quale l'E. V. compiacevasi di farmi noto il senso della risposta ch'Ella aveva data a Turkhan Bey.

Tutti i Gabinetti ai quali la Sublime Porta s'era rivolta per consiglio han già manifestato il loro avviso su questo delicato argomento. La Germania, come ebbi a dirlo nel rapporto n. 1316 del 14 corrente (5), evitò di pronunciarsi dichiarando che la questione non la riguardava. L'Inghilterra emise l'opinione che il Trattato di Berlino doveva considerarsi come un atto di pace definitivo. Ignoro i termini precisi nei quali son concepite la risposta della

Francia e quella dell'Austria-Ungheria; mi risulta però che sì l'una che l'altra suonano identiche nel fondo a quella data dal Governo del Re.

Se si eccettua dunque l'Inghilterra, la quale si espresse chiaramente contro la necessità di un Trattato separato di pace tra la Russia e la Turchia, tutte le Potenze s'accordarono nel dare alla Sublime Porta una risposta evasiva quale di chi intende disinteressarsi nella questione. Ciò non entrava certamente nei calcoli del Governo Ottomano, e l'impressione prodotta dall'insieme delle risposte avute fu tutt'altro che soddisfacente. Non parmi però che siffatta impressione abbia sin qui avuto per effetto di condurre verso idee più concilianti i Ministri del Sultano. Essi persistono a non volere ammettere che le stipulazioni di Santo Stefano, che non furono abrogate o modificate dal Trattato di Berlino, richiedono la conclusione di un atto di pace definitivo; e ritengono che risponderebbe sufficientemente allo scopo uno scambio di note, o tutt'al più una semplice convenzione.

È in tal senso appunto che si sarebbe giorni sono espresso il Gran Vizir con l'Ambasciatore di Russia; ma a questa proposta il Principe Lobanow avrebbe fatto sfavorevole accoglienza.

A giudicare dalle esitazioni della Sublime Porta e dai ripieghi a cui essa ricorre si sarebbe indotti a credere che i Ministri Ottomani si facciano tuttora delle illusioni sulle intenzioni della Russia, quasi che questa avesse a mostrarsi col tempo meno assoluta nelle sue pretese. Se ciò fosse, parmi che gli uomini di Stato della Turchia ricadrebbero in quello stesso errore che fu già in un recente passato così fatale all'Impero. La circolare del Governo Ottomano afferma che da due mesi quest'Ambasciatore di Russia insiste presso la Sublime Porta per la stipulazione d'un trattato separato di pace. L'asserzione è esatta in quanto che il Gabinetto di Pietroburgo sta fermo nell'idea di conchiudere un simile trattato; ma non sarebbe egualmente esatta se se ne inferisse che il Princ.ipe Lobanow vada esercitando una azione qualunque per indurre un momento prima il Governo Ottomano a consentire alla stipulazione di esso. Informazioni degnissime di fede mi autorizzano a dire che, dopo la presentazione del progetto di trattato di pace, l'Ambasciatore di Russia non ha che rare volte, e quasi puramente pro torma, intrattenuto il Gran Vizir sulla questione di quel trattato. Egli ha dichiarato in modo esplicito alla Sublime Porta che il ritiro del)e truppe russe era subordinato alla conchiusione della pace definitiva; e tanto basta. Sta ora al Governo Ottomano di pesare tutte le conseguenze di un ritardo o di un rifiuto alla stipulazione di quell'Atto. Quest'attitudine, dirò così, paziente dell'Ambasciatore di Russia mi sembra degna d'essere segnalata a V. E. "'potendosene arguire che il Gabinetto di Pietroburgo, malgrado le sue recenti assicurazioni per la stretta esecuzione del trattato di Berlino, non vede di mal occhio continuare questo stato precario di cose che gli serve di pretesto ad una prolungata occupazione del territorio Ottomano *.

Il Gabinetto di Pietroburgo dichiara alla Porta che fino a tanto che la pace tra la Turchia e la Russia non sia stata sancita mediante la conclusione di un apposito trattato, S. M. lo Czar non sarà in grado di annunciare ai suoi popoli che siffatta pace è definitivamente stabilita, né, per la stessa ragione, di ritirare le sue truppe dalle località occupate in Europa oltre i limiti della Bulgaria e della Rumelia Orientale. Conseguenza logica di questa dichiarazione sarebbe che lo Czar darà alle sue truppe l'ordine di ritirarsi, se la Turchia consente a stipulare la pace.* Ora, tutto quanto si svolge in questo campo politico, lungi dal condurre ad una simile conclusione, induce a credere che l'evacuazione del territorio Ottomano dall'esercito Russo non sarebbe punto affrettata dalla stipulazione del trattato definitivo.

Ebbi già in un precedente rapporto occasione di accennare sommariamente alle disposizioni militari che va prendendo il Comando in capo dell'Esercito Russo nelle provincie balcaniche. Spero di essere fra giorni in grado d'inviare a V. E. una dettagliata relazione sull'importanza e sulla distribuzione delle forze che attualmente occupano quel tratto di territorio che si stende al sud della Rumelia Orientale. Posso intanto confermare all'E. V. che tra le varie misure prese dal Quartiere Generale non ve n'ha alcuna che si adatti ad una prossima partenza dell'esercito russo.

Ancorché dunque la Porta annuisse alla conclusione del trattato, il Gabinetto di Pietroburgo, se (come sembra evidente) non vuole ritirare per ora le sue truppe dalla Turchia d'Europa, saprebbe sempre trovare ragioni per non poterlo fare. Queste ragioni gli sarebbero fornite o dai disordini che si produrrebbero nelle località evacuate dalle truppe russe, o dai moti insurrezionali che si propagherebbero 1n Macedonia, o dall'opposizione delle popolazioni della Rumelia Orientale a subire la forma di governo per esse decretata dal Congresso,

o da inesecuzione per parte della Porta di qualche clausola del Trattato di Berlino, ovvero ancora da qualche atto imprudente del Governo Ottomano stesso.

In un rapporto che diressi un mese fa a V. E. ebbi cura di ragguagliarla sulle intenzioni che qui si attribuivano al Gabinetto di Pietroburgo. Devo ora aggiungere che 'la piega presa nel frattempo dagli avvenimenti non solo non ha infirmato il giudizio di allora sulla politica avvenire della Russia, ma ha infuso altresì la convinzione che quel Governo stia maturando progetti ancor più vasti di quelli che il Trattato di Santo Stefano avea sancito.

Mi permetto a tal proposito di rammentare a V. E. che verso la metà dello scorso ottobre io Le avevo telegrafato (l) essermi stata data la notizia di segrete trattative che correvano fra Pietroburgo e Vienna in vista di concertare un piano di condotta nella questione Orientale. Questa notizia che in allora mi limitai a trasmettere a V. E. a titolo di semplice informazione (mancandomi i mezzi di paterne accertare il fondamento) ha di poi acquistato un certo credito in queste sfere politiche, talmente che qui molti ritengono come cosa certa, non so se per proprio convincimento o per informazioni avute, che tra l'Austria-Ungheria e la Russia, consenziente la Germania, sieno state gettate le basi di un accordo per regolare in modo definitivo le sorti della Turchia d'Europa. La recente missione del Conte Schouvalow a Pest ed a Vienna avrebbe appunto avuto per iscopo di chiarire certe questioni che ancora si opponevano ad una completa intesa. Lontano come io sono dal centro di questi pretesi negoziati, non posso che riferire la cosa all'E. V. la quale avrà certamente il mezzo di appurare quanto siavi di fondato in siffatta notizia*.

(l) -T. 1614, non pubblicato. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 27, pp. 39-40. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 59. (4) -Cfr. n. 96. (5) -Non pubblicato.

(l) Con t. 1492 del 17 ottobre, non pubblicato.

101

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1621. Bucarest, 26 novembre 1878.. ore 11,15 (per. ore 14,41).

Je reçois en ce moment le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser hier (1). Bien que la Russie les ait fait démentir à Rome à Vienne et ailleurs les ouvertures vagues qu'elle avait réitérativement entamées en vue de conclure un arrangement spécial pour ses communications militaires à travers la Dobrutscha laisseraient craindre avec quelque fondement que le Cabinet russe désirait s'assurer pour un temps indéterminé le passage de ses troupes en Bulgarie. Ce n'est qu'à la suite de l'attitude ferme du Gouvernement austro-hongrois et anglais que le Cabinet russe s'est décidé à proposer arrangement dont l'ambassadeur russe a entretenu V. E. Mais ainsi que je l'ai mandé hier au soir (2) cet arrangement a été modifié à la demande du Gouvernement roumain. Au lieu de mentionner la convention du 4-16 avril on a adopté le texte que j'ai transmis hier et je répète: «Les stipulations qui règlent aujourd'hui le passage de l'armée russe à travers la Roumanie peuvent ètre aussi appliquées à la Dobrutscha dans celles de leurs dispositions qui ont trait aux communications des troupes impériales conformément à l'article 22 du traité de Berlin ». Je regrette que les nombreuses démonstrations qu'on me fait pour l'attentat du Roi, les démarches que je ne cesse de faire pour la question juive et la présence ici de quelques officiers de notre armée m'ayent empéché d'adresser d'autres rapports écrits à ce sujet à V. E.

102

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 118. Trieste, 26 novembre 1878 (per. il 29).

Mi è stato in questo momento riferito che un telegramma giunto or ora da Vienna a questa I.R. Luogotenenza annunzia che è stato ordinato lo scioglimento del Consiglio Comunale di Trieste.

Questo grave provvedimento è stato motivato dal fatto seguente: nella seduta del Consiglio Comunale che ebbe luogo la sera del 22 corrente il consigliere Burgstaller propose che fosse messo a disposizione del Podestà un importo di fiorini 500 per fare una festevole accoglienza al 4° Battaglione del Reggimento Weber, composto per la massima parte di Triestini, del quale si attendeva il ritorno dalla Bosnia. Questo ritorno dovendo aver luogo fra pochi giorni

il Podestà, nella sua qualità di Presidente, pose ai voti l'urgenza della proposta Burgstaller, ma la maggioranza del Consiglio non l'ammise.

Si fece in città grande strepito da parte del partito avverso al presente Municipio per questo rifiuto del Consiglio Comunale, rifiuto che venne qualificato come un atto di opposizione politica al Governo Imperiale, e la Luogotenenza si valse di questo argomento per domandare come domandò ed ottenne il suo scioglimento. Questo del resto già si presentiva da parecchi mesi visti i continui dissensi che esistevano fra il Consiglio Comunale e questa Superiore Autorità Politica.

(l) Cfr. n. ~~.

(2) Con t. 1617, nun pulJb!icato.

103

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1625. Parigi, 27 novembre 1878, ore 19 (per. ore 20).

Waddington m'a dit que Safvet pacha vient d'annoncer officiellement à l'ambassadeur de France à Constantinople que la Sublime Porte était prete à nommer immédiatement ses commisaires pour la délimitation de la frontière grecque. Waddington a reçu de Londres une dépeche lui assurant !es bonnes dispositions de l' Angleterre. Cependant il ne croit pas que ce t te Puissance soutienne la Grèce dans son désir d'obtenir Janina en Epire. Waddington se plait à constater que !es choses en Oricnt vont mieux et sait d'une manière presque positive que !es roumains sont entrés aujourd'hui dans la Dobrutscha.

104

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1629. Bucarest, 28 novembre 1878, ore 23,23 (per. ore 3,15 del 29).

Tous les efforts que j'ai fait auprès du Prince Charles et de son Gouvernement pour obtenir des dèclarations dans le sens de la dépeche ministérielle du 3 novembre Cl) ont abouti à faire introduire dans le discours de l'ouverture des Chambres qui vient d'avoir lieu aujourd'hui ce qui suit. Après avoir constaté que le deux Etats limitrophes et la Sublime Porte ont réglé quest'an de la représentation diplomatique avec la Roumanie, « j'ai la conviction que d'autres Puissances suivront bientòt cet exemple, le Prince Charles a dit aux Chambres, cette éventualité dépend en partie de vous qui avez accepté le traité de Berlin dans toutes ses dispositions concernant la Roumanie. Vous mettrez donc bientòt par !es voies consttutionnelles ce pays en mesure de répondre à l'attente

de l'Europe et de satisfaire l'intérét moral, que les roumains eux-mèmes ont à effacer de leur constitution un principe qui n'est plus d'accord avec les lumières du siècles, le prncipe d'inégalité politique par cause de religion :.>. Depuis son avènement au trone c'est la première fois que le Prince Charles indique au Parlement la nécessité de régler la question juive. A ma sortie de la Chambre le ministre des affaires étrangères m'a dit qu'il m'enverrait demain une note se référant à la déclaration solcnnelle de Son Altesse Royale disant que la dignité du Prince de son Gouvernement et du Parlement ne permettait pas de donner une réponse plus catégorique aux questions détaillées posées dans la dépèche de M. Cairoli, et que les Puissances occidentales n'ont pas le droit de douter de la bonne foi d'un pays; elles devraient au contraire se montrer satis.faites d'une déclaration émanant de la bouche mème du Prince dans une occasion aussi solennelle. Différemment, a-t-il ajouté, nous nous résignerons au mauvais vouloir des Puissances occidentales tout en laissant aux Chambres de révision de modifier notre Constitution pour la mettre en harmonie avec les dispositions du traité de Berlin. Je transmettrai résumé télégraphique de la note roumaine dès que je la recevrai (l) mais j'ai la conviction qu'elle ne pourra contenir de nouvelles assurances autres que celles faites par le Prince à la nation. Je dois en attendant laisser à V. E. le soin d'apprécier le préjudice irréparable que notre attitude précédemment amicale et maintenant hostile cause à notre position à Bukarest, l'exclusif avantage de l'Autriche qui gagne chaque jour en Roumanie cette infiuence que dans un intérèt éventuel nous aurions pu nous ménager.

(l) Cfr. n. 43.

105

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 544. Cairo, 28 novembre 1878 (per. il 5 dicembre).

Una grave malattia mi ha impedito di vedere il Signor de Blignières prima di avant'jeri, e con telegramma del giorno stesso, 26 (2), potetti con brevi parole riassumere chiaramente all'E. V. la conv.ersazi'One che ebbimo.

Il Signor De Blignières mi parlò con la massima franchezza, e non esitò a dirmi che né a Parigi né a Londra si vorrebbe che un'individualità italiana fosse ammessa nel Gabinetto Egiziano: -che l'Inghilterra fin da principio si sarebbe apertamente opposta se non fosse stata trattenuta dalle dichiarazioni ripetutamente fatte di non volersi immischiare nell'Amministrazione Egiziana, e di voler lasciare assoluta ll!bertà d'azione al Khedive, e che dovendo tenersi ormai in questa linea di condotta, si è servita e si servirà di altri mezzi per combattere la nostra dimanda: -che a Parigi, benché si riconosca il vantaggio dei reciproci interessi con noi, potendo l'Italia prender parte nella nuova Amministrazione di questo paese, non si può prendere nessuna iniziativa isolata,

essendo legati dagli accordi presi con l'Inghilterra di procedere unitamente in tutte le cose egiziane: -che il Wilson sa quello che fa, mettendosi a capo dell'opposizione; e che Nubar sa perfettamente da dove emanano le opinioni che il Wilson esprime: -che Egli personalmente è in tutto favorevole alla nostra dimanda, ma che se a Parigi non gli è stato detto di far opposizione, non gli è stato neppur detta una sola parola per autorizzarlo a difendere la nostra causa.

Sorpreso di questo linguaggio, e volendo metterlo al corrente della vera posizione delle cose, almeno per la parte nostra, non ho creduto celargli e le dichiarazioni del Signor Waddington, e particolarmente quelle di Lord Salisbury agli Ambasciatori di Sua Maestà, ed Egli sorridendo mi disse «vous avez tort de prendre ces déclarations comme de la bonne monnaie ».

Questa conversazione è stata del resto di un carattere del tutto amichevole, ed il Signor de Blignières mi assicurò che con Nubar e con Wilson non farebbe così facilmente sacrificio delle sue opinioni benché personali. Egli si disse lieto se si potesse attendere l'arrivo del nuovo Agente francese, il quale potrebbe forse giungere con delle istruzioni da permettergli di spiegare un'attitudine, anche otnciosa, che potrebbe influire sulla risposta definitiva che attendiamo da Nubar.

Il Signor Wilson è atteso dimani, prima di dare un passo decisivo, potrò spero, informare l'E. V. della corrente d'idee che predomineranno.

Pervenutomi il dispaccio di V. E. del 16 corrente n. 256 confidenziale (1), mi son premurato di far pervenire a Nubar la lettera a lui diretta, come giuntami da Londra direttamente in via del tutto privata, senza dargli il menomo sospetto che io potessi saperne e il contenuto e lo scopo.

(l) -Cfr. n. 108. (2) -Non pubblicato.
106

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1630. Parigi, 29 novembre 1878, ore 14,25 (per. ore 15,05).

Le préfet de police me communique des renseignements provenant de Suisse au sujet de menées révolutionnaires socialistes en Italie et il constate qu'elles sont alarmantes. A La Chaux de Fonds des membres de deux sections italiennes de plusieurs villes et de Neuchatel ont eu des lettres reçues de Bologne, Florence, Naples et autres villes où sont organisés des comités socialistes. Toutes ces correspondances ont trait à arrestations ordonnées par le Gouvernement italien. Un nommé Rosti a écrit de Florence une lettre dont j'envoye un extrait par poste à V. E. Il parait que les révolutionnaires de Bologne dépourvus d'argent ont écrit à leurs amis de Suisse pour demander secours pécuniaire. Le préfet de police aujoute que dernièrement divers comités italiens sous prétexte de

délibérer sur le Trentin auraient acheté des armes dans un but socialiste. Ces faits se seraient passés à Milan et à Venise à la fm du mais. Dans cette dernière ville la société des bateliers serait chargée de garder les armes et munitions.

(l) Non pubblicato: trasmissione di una lettera di Menabrea a Nubar.

107

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2202. Berlino, 30 novembre 1878 (per. il 3 dicembre).

J'ai appris hier par le Secrétaire d'Etat que le 25 ou le 26 courant, une dépèche a été adressée à l'Ambassade Impériale à Rome, pour lui exprimer combien avait été profonde l'impression causée ici par l'attentat du 17 novembre. Il était en effet dirigé contre un Souverain aimé aussi en Allemagne. Cette abominable tentative succédant à d'autres crimes de la méme nature, comme presque coup sur coup, prouvait une fois de plus que les auteurs ou les instigateurs visaient directement le principe Monarchique, car ils se rendent parfaitement compte que ce principe est la meilleure garantie d'ordre et sage liberté pour le présent et pour l'avenir de l'Europe.

M. de Biilow me disait à ce sujet que s'il n'y avait pas de preuves matérielles d'un complot, c'était parce que les principaux moteurs étaient trop rusés pour laisser des traces écrites ou autres d'un mandat régicide. Mais d'aprés un ensemble d'indications, on avait tout au moins la conviction morale de l'existence de trames des mieux ourdies pour détruire les bases essentielles de la Société et édifier sur ses ruines le temple de toutes les mauvaises passions. On sait que les internationalistes ont fraternisé dans leur dernière réunion à Gand. Il est à présumer que le Comité se trouve à Londres sous la direction du socialiste Marx. Il ne préchera pas directement l'assassinat, mais ses doctrines sont des plus dangereuses, et bien faites pour produire de fanatiques. Il appartient sans doute à la catégorie de ceux désignés parmi les francmaçons camme étant au jait des choses qui se préparent et s'accomplissent. Des sous-comités siègent ailleurs, probablement à Genève, etc. La police française exerce une grande surveillance, moins dans l'intérét général que pour la propre sécurité de la France. Elle ne saurait se faire aucune illusion sur les tendances et les projets des communistes échappés aux fusillades et à la déportation et réfugiés en grande partie à Londres. Quoi qu'il en soit, le Cabinet de Berlin, pour son compte, a l'oeil très ouvert sur des menées si dangereuses, et il remplit un devoir des plus impérieux en cherchant à se préserver des attentats d'individus qui se mettent eux-mèmes hors la loi.

J'ai exprimé le désir que, par l'entremise de M. de Keudell, le Gouvernement Impérial voulut bien dans un intérèt commun nous communiquer tous les détails qui parviendraient à sa connaissance sur les agissements de l'internationale et d es socialistes (l).

(l) Annotazione a margine: «·All'Interno' tconftdenzla!inl'nte) 7/'12/78 »:

108

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1641. Bucarest, 1° dicembre 1378, ore 0,20 (per. ore 2,15).

Volcl le texte de la réponse que le ministre des afl"aires étrangéres vient de m'adresser au sujet de la question juive:

« J'ai dù ctilTérer ma reponse pour l'aut.oris('r d'un aete ollìeiel. Cct acte s'est produit à l'ouverture de la Chambre. Le discours que Son Altesse Royale a prononcé confirme avec la plus haute solemnité !es assurances du Gouvernement roumain contenues dans ma dépéche du 4 et 16 Octobre dernier présentée à votre Cabinet par M. Obedenare. Invitant d'une manière pressante les Chambres à mettre par les voies constitutionnelles le pays en mesure de répondre à l'attente de l'Europe et de satisfaire à l'intérét mora! que les roumains euxmemes ont à effacer de la Constitut:on un principe qui n'est plus en accord avec les lumières du siècle, le principe de l'inégalité politique pour cause de religion, Son Altesse Royale et son Cabinet sont restés fidèles à leur déclaration antérieure sur la loyauté qui sera apportée à conformer, dans les délais les plus rapides et dans les formes légales, la législation intérieure du pays aux stipulations de l'art. 44 du traité de Berlin. Si, malgré les différents actes accomplis en ce sens, des doutes avaient pu subsister, le discours du thròne est de nature à les dissiper complètement. Désormais il appartient aux Chambres de révision de formuler les modalités selon lesquelles s'effectueront les changements en question. C'est au mais de mars prochain que !es délais constitutionnels à courir seront échus, et c'est alors, selon toutes les probabilités, que les Chambres de révision auront à se réunir. Le Gouvernement roumain est convaincu qu'il a rempli l'extrème mesure de ses obligations, et a épuisé sa compétence; il n'a pas qualité pour répondre point par point au programme dressé dans la dépéche du ministre d es affaires etrangères d'Italie (l), car il ne saurait ìég.itimement préjuger la le'ttre expresse, selon laquelle seront adoptées et formulées les dispositions à délibérer et à fixer par les Chambres de révision. L'indépendance du pouvoir législatif veut étre strictement réservée et respectée. Stipuler a priori texte précis et détaillé de décision législative ce serait, de la part du pouvolr exécutif, méconnaitre le principe fondamenta! de la distinction des pouvoirs et dépasser arbitrairement les limites des attributions constitutionnelles où il doit se renfermer. Je ne doute pas que le Cabinet du Roi, qui invoque nécessité où il est de compter avec les exigences dn Parlement Italien, ne reconnaisse que le Cabinet de Son Altesse Royale a le devoir égal et parallèle de ne pas résoudre les plus graves questions intérieures en dehors du Parlement roumain ».

Le ministre des affaires étrangères termine sa lettre en m'exprimant gratitude de son Gouvernement pour les assurances de sympathie contenues dans la dépéche de V. E. du 3 novembre.

(l) Cfr. n. 43.

109

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 793. Roma, 1° dicembre 1878, ore 22,50.

Le chargé d'affaires de Grèce nous demande d'intervenir auprès de la Sublime Porte pour que celle-ci abandonne projet de transférer aux environs de Prevesa 500 familles d'émigrés bulgares. Cette affaire se rattachant à la rectification de la frontière hellénique pour la quelle la France a dernièrement pris l'initiative, il nous serait utile de connaitre l'accueil que Waddington doit avoir fait à la mème demande, si celle-ci, camme il est probable, lui a été présentée 0).

110

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 980. Vienna, 2 dicembre 1878 (per. il 5).

Nella seduta della Commissione del Budget della Delegazione austriaca, che ebbe luogo il 30 scorso Novembre, S. E. il Conte Andràssy pronunciò un lungo ed importante discorso di cui il testo fu già trasmesso all'E. V. dal R. Console Generale a Pest e che d'altronde m'immagino i giornali italiani avranno riprodotto nelle sue parti essenziali almeno. Sostanzialmente il Ministro Imperiale degli Affari Esteri studiassi di dimostrare coll'appoggio dei fatti, che l'occupazione della Bosnia non fu mai scopo della politica del Gabinetto di Vienna: secondariamente che date le circostanze prodottesi dallo svolgersi degli avvenimenti, l'occupazione diventò un'ineluttabile necessità a tutela degli interessi della monarchia. Il periodo del discorso che forse impressionò maggiormente, non solo gli uditori ma l'opinione pubblica in Austria, si è quello in cui il Ministro accentuò che: «senza l'occupazione della Bosnia il possesso stesso della Dalmazia sarebbe stato compromesso»: e tosto dopo saggi ungeva: «Or bene io ho come principio il convincimento che la Monarchia Austro-Ungarica non deve più perdere neppure un miglio quadrato del suo territorio, se non vuoi porre in questione la fede nella sua esistenza»!

A varie interpellanze ancora fattegli in fin di seduta, il Conte Andràssy dichiarò che avrebbe risposto nella seduta dell'indomani. Ciò egli fece ieri. Tosto dopo la commissione cominciò la discussione del bilancio del Ministero degli Affari Esteri, che fu per intiero approvato quale era stato presentato dal Governo, compreso il fondo a disposizione (fondi segreti), ascendente alla somma di 440.000 fiorini. Non v'ha dubbio che questo risultato constata un effettivo

successo del Conte Andràssy: fin d'ora parmi quindi si possa dire, aver Egli vinto la sua causa dinnanzi alla delegazione Austriaca, cosa del resto di cui non ho mai dubitato seriamente, come emerge dai miei precedenti rapporti. Con tutto ciò evidentemente non sono appianate tutte le difficoltà parlamentari create dall'occupazione al Governo Imperiale. La maggioranza ostile al Conte Andràssy nella camera dei Deputati dell'Austria, che si trovò essere minoranza nella Delegazione, cercherà di prendere la sua rivincita nel Reichsrath, ma difficilmente potrà raggiungere il risultato ch'essa si proponeva di abbattere cioè il Ministro degli Affari Esteri, sostenuto dalla fiducia del Sovrano e che d'altra parte ha r.iacquistato alquanto il terreno perduto nell'opinione pubblica, poco favorevole in generale alle manovre parlamentari della natura di quella posta in scena con correttezza di forma bensì, ma con poca sostanza in fondo dall'abile deputato Dottor Herbst.

All'ordine del giorno d'oggi della Commissione del Budget travasi la d:scussione del credito per l'operazione richiesto pel 1879.

(l) Per la risposta cfr. n. 114.

111

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI (l)

R. 1332. Costantinopoli, 2 dicembre 1878 (per. il 10).

In seguito ai recenti ufficii dell'Ambasciatore di Russia per la conclusione d'un trattato di pace definitivo, ed alle assicurazioni da lui date che la stipulazione di quel trattato avrebbe per conseguenza immediata il ritiro delle truppe Russe oltre i confini della Rumelia Orientale, la Sublime Porta ha acconsentito ad entrare in negoziati col Gabinetto di Pietroburgo. La notizia mi fu data oggi dal Gran Vizir, ed io mi affrettai di trasmetterla per telegrafo a V. E. (2). Non mancai di felicitare Sua Altezza per s:ffatta decisione che toglierà, dissi, una grave causa di attrito tra la Turchia e la Russia, e darà aggiunsi, al Governo Ottomano la certezza di vedere in breve evacuato il suo territorio dall'esercito Russo. A quest'ultima mia frase, Safvet Pacha sorr:se, ed aggiunse: «Così ci dicono i Russi». Come l'E. V. vede le recenti assicurazioni date dal Principe Lobanow non hanno valso a dissipare l'incredulità che regna alla Sublime Porta sul pross:mo ritiro delle truppe Russe; *e devo dire che questo sentimento d'incredulità vive puranco nelle sfere diplomatiche •. matiche *.

I negoziati cominceranno prossimamente sulla base del progetto Russo, avendo il Governo Ottomano smesso l'idea di presentare un controprogetto.

IO -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in L V 27, p. 40. (2) -Con t. 1644, non pubblicato.
112

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 364. Roma, 4 dicembre 1878.

Ringrazio V. E. delle comunicazioni favoritemi con telegramma del 27 scorso, e successivo rapporto n. 448 (1), circa i maneggi che starebbe facendo a Ginevra il noto Benedetto Malon, per provvedere di armi gli internazionalisti italiani. Il ministro dell'Interno, da me immediatamente informato, ha dato le occorrenti disposizioni per impedire che vengano introdotte quelle armi nel Regno e perché siano rigorosamente sorvegliati i socialisti italiani e specialmente quelli della federazione dell'Alta Italia, allo scopo di conoscerne e sventare gli eventuali criminosi progetti.

113

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 801. Roma, 5 dicembre 1878, ore 23,50.

Le moment nous parait venu d'arriver à une conclusion quelconque pour l'affaire égyptienne. Si vous croyez qu'il y a encore quelque démarche ou quelque tentative à faire. je vous prie de me le dire immédiatement. Autrement je me réserve de vous donner instructions afin que vous puissiez demander à Nubar pacha une réponse définitive officielle et de nature à nous mettre en mesure de prendre, de notre còté, une décision au sujet de notre attitude ultérieure. L'essentiel, pour nous, est, désormais, d'avoir une situation bien nette (2).

114

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1655. Parigi, 6 dicembre 1878, ore 17,40 (per. ore 19).

Waddington conseille à la Porte de suspendre envoi de 500 familles bulgares à Prevesa jusqu'à ce que question de la délimitation de la nouvelle frontière grecque soit vidée. Waddington tant qu'il sera ministre des affaires étrangères laissera Noailles à Rome. Waddington proposera demain matin au conseil des ministres de donner à V. E. grand cordon de la légion d'honneur. Voici le résultat de mon entrevue.

(l) -Non pubblicati. (2) -Per la risposta di De Martino cfr. n. 122.
115

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1658. Cairo, 6 dicembre 1878, ore 20,55 (per. ore 24).

Aux deux contròleurs français et anglais on veut substituer un seui contròleur élu par la «Cassa del debito pubblico» parml ses membres avec pleins pouvolrs, lndépendant du Gouvernement dans l'exerclce de ses fonctions et pour nomination de ses employés. Il aura surveillance illimitée sur l'administration entière tenant le Ministère en respect. On fait condition de cette instltution l'acceptation de M. Baravelli. Celui-ci n'accepterait pas s'il devait contrarier les vues du Gouvernement de Sa Majesté, et, acceptant, il n'entendrait pas préjuger la question pendante, mais si nous ne pouvons obtenir admission d'un italien dans le Cabinet nous aurions, d'autre part, une position de la plus haute importance. Je prie V. E. de me répondre par télégraphe (1).

116

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 268. Pietroburgo, 6 dicembre 1878 (per. il 13).

Con telegramma del 29 Novembre scorso e col successivo dispaccio del giorno dopo, n. 298 serie Politica (2), l'E. V. mi partecipava che l'Ambasciatore di Russia presso la R. Corte le aveva comunicato il seguente telegramma pervenutogli dal suo Governo:

«Il delegato russo presso la Commissione di delimitazione per la Bulgaria non avendo potuto mettersi d'accordo coi suoi Colleghi circa il punto di partenza della frontiera all'est di Silistria, la Russia ha dovuto sottoporre questa questione alla decisione della conferenza degli ambasciatori residenti in Costantinopoli. Secondo il telegramma del Principe Lobanow, i Rappresentanti delle Potenze non si credono, a quanto pare, autorizzati ad esprimere il loro parere circa questo argomento. Non potendo tale questione rimaner sospesa, di fronte specialmente all'occupazione della Dobruscia da parte della Rumania, il Governo Imperiale si rivolge ora alle Potenze per ottenere che i Rappresentanti rispettivi in Costantinopoli siano muniti d'istruzioni precise per procedere di comune accordo all'esame di essa ».

L'E. V. m'incaricava, in risposta a questa comunicazione dell'Ambasciatore di Russia, di recare a notizia del Governo Imperiale che, per parte sua, il Governo del Re non aveva difficoltà di autorizzare il R. Incaricato d'Affari a Costantinopoli di occuparsi, qualora i suoi colleghi fossero del medesimo parere, della questione concernente il punto di partenza della f·rontiera ad

oriente di Silistria, e che l'Incaricato d'Affari predetto aveva perciò ricevuto le debite istruzioni concepite in tal senso. Queste istruzioni poi, in quanto al merito della questione, prescrivevano al R. Incaricato d'Affari di regolarsi a seconda dell'opinione della maggioranza dei suoi colleghi e nell'intento di agevolare, per quanto sarà poss:bile, l'accordo fra le parti più direttamente interessate.

Ho avuto cura di recare oggi verbalmente queste cose a notizia di S. E. il Signor de Giers testé giunto a Pietroburgo dalla Crimea, ove egli avea accompagnato S. M. l'Imperatore.

Il Signor de Giers mi ringraziò di questa comunicaz:one e m'informò a sua volta che Le risposte degli altri Gabinetti interessati erano pure favorevoli alla domanda fatta dalla Russia. Egli osservò però incidentalmente, quanto al merito della questione, ch'egli avrebbe preferito che le istruzioni impartite al

R. Incaricato d'Affari a Costantinopoli gli avessero dato facoltà di pronunziarsi secondo la propria convinzione, anziché a seconda dell'avviso della maggioranza.

Riferisco all'E. V. quest'osservazione, alla quale Ella giudicherà se occorra dl rispondere. Incaricato d'una comunicazione pura e semplice, io m'astenni dal rilevare l'osservazione predetta, affine di non attenuare né aggravare il carattere della comunicazione stessa.

(l) -Per la risposta cfr. n. 118. (2) -Non pubbl!cat!.
117

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

T. 805. Roma, 7 dicembre 1878, ore 15,55.

Le chargé d'affaires de Grèce nous ayant demandé d'intervenir auprès de la Porte pour que celle-ci abandonne le projet de transférer aux environs de Prevesa 500 familles d'émigrés bulgares, je n'ai pas de difficulté à vous autoriser à donner, bien entendu, à titre officieux et am:cal, le conseil de suspendre l'exécution de ce projet, jusqu'à ce que la question rélative à la frontière turco-hellénique reçoive une solution. La connexité entre les deux questions est évidente. L'ambassadeur de France doit avoir reçu instructions analogues. Vous pourriez vous concerter préalablement avec lui sur la démarche à faire auprès de la Sublime Porte.

118

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 808. Roma, 7 dicembre 1878, ore 22,35.

Veuillez dire à M. Baravelli que nous verrions avec plaisir sa nomination au poste important qu'on se propose de lui confier (l). Il est bien entendu, cependant, que son acceptation ne do:t point préjuger notre situation ni nous

empecher de formuler nos réserves, dans les cas où celle-ci nous paraitraient opportunes en présence d'un refus offic:el opposé à la demande que nous avons présenté pour la participation d'un fonctionnaire italien au nouveau Cabinet égyptien.

(l) Cfr. n. 115.

119

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 366. Roma, 7 dicembre 1878.

L'Incaricato d'Affari di Grecia è venuto a darmi comunicazione d'un di

spaccio del Signor Delyanni, contenente il testo d'un recente rapporto che il

Ministro di Grecia a Costantinopoli ha spedito al suo Governo circa le tratta

tive per la rettificazione dei confini turco-ellenici.

Quel rapporto può riassumersi nel modo seguente: Safvet pascià ha detto

confidenz'almente all'Ambasciatore di Francia che spera poter presto comu

nicargli la decisione della Porta di intendersi direttamente con la Grecia ri

spetto alla nuova delimitazione, sulla base d'un nuovo piano che differisce in

parte da quello indicato dal Congresso di Berlino. Secondo private informazioni

che il Signor Condouriotis crede esatte, Safvet Pascià, premurato dall'Amba

sciatore suddetto, avrebbe pregato il Sultano d'approvare l'opinione emessa su

tale questione dal Consiglio dei Ministri; ma il Sultano avrebbe risposto che

non potrebbe sanziona:rla, se prima il Consiglio non si fosse pronunziato sulla

portata delle decisioni.

Per conseguenza il Consiglio s'occuperà di preparare e rassegnare al Sultano una Carta della nuova delimitazione. Questo lavoro il cui risultato non potrebbe soddisfare la Grecia, così conchiude il Signor Condouriotis, non è ancora cominciato e non è a sperarsi che finisca tanto presto.

Identiche informazioni si sono ricevute dal R. Incaricato d'Affari in Costantinopoli, laonde parrebbe al Governo del Re giunto il momento di sollecitare la Porta a prendere una decisione definitiva. Spettando per altro alla Francia l'iniziativa della mediaz:one, prego V. E. di voler manifestare questa nostra idea al Governo della Repubblica, per sapere se e come esso intenderebbe darvi seguito (l).

120

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2205. Berlino, 8 dicembre 1878 (per. il 13).

En suite du désir exprimé par le corps diplomatique, l'Empereur a daigné nous recevoir aujourd'hui. En s'adressant à tous, il nous a dit que, gràce à

la protection divine, Il avait pu reprendre Ies renes du Gouvernement, et qu'Il était très sensible à notre démarche de Le saluer dès son arrivée dans la Capitale. Sa voix trahissait une émotion bien naturelle après tant d'épreuves. Sa Majesté Iaissait entendre que ses soufirances physiques avaient été légères à còté des soufirances morales causées par Ies attentats dont Sa Personne avait été I'objet à deux reprises dans le courant de cette année.

Sauf le bras droit qu'Il portait en écharpe, et une cicatrice sur la partie supérieure de la tete, on ne voyait plus de traces des blessures.

L'Empereur a ensuite parlé à chaque Chef de Mission. Il m'a exprimé combien Il avait été touché de l'intéret témoigné à cette occasion par la Cour d'Italie. Le Roi et la Reine Lui avaient aussi, dans Ies termes Ies plus gracieux, télégraphié dès le jour de Son retour à Berlin, et Il Leur en était on ne peut plus reconnaissant. Il formait à son tour le meilleurs voeux pour Leurs Majestés.

L'Empereur ajoutait combien avait été grande son émotion en apprenant la criminelle tentative contre la vie de notre Auguste Souverain; Sa Majesté Impériale avait admiré, sans toutefois nullement s'en étonner de Leur part, l'attitude calme et à la fois résolue du Roi au moment du péril, ainsi que la conduite si digne de la Reine Iorsque ses afiections Ies plus chères se trouvaient si cruellement menacées.

L'Impératrice m'a tenu un Iangage analogue, en s'enformant Elle aussi de la blessure si enviable de V. E.

Je suis désolé que le télégramme que j'avai:s expédié au Roi dans la soirée du 17, ne soit point parvenu à sa haute destination. Je vous suis donc très obligé, M. le Ministre, d'en avoir soumis à Sa Majesté le texte que j'avais eu soin de transcrire dans une de mes dèpeches. Du reste, mon attachement à la Maison de Savoie est connu, et je savais d'avance, que Sa Majesté y avait compté avant d'en avoir une nouvelle preuve.

En accusant réception des dépeches politiques sans numéro en date du 26 et 30 Novembre dernier et du 4 et 5 de ce mois (1) et en transmettant cijoint un pli qui m'à été recommandé pour le Ministre de la Guerre, par M. le Colone! Rossi, ... (2).

(l) Con t. 1663 del 12 dicembre Cialdini rispose che Waddlngton non Intendeva compiere per il momento alcun passo a causa del cambiamento di Governo avvenuto a Costantioopol.

121

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 981. Vienna, 8 dicembre 1878 (per. il 12).

La Delegazione austriaca nel suo plenum approvò all'unanimità il 6 corrente il bilancio del Ministero affari esteri, quale era stato presentato dal Governo. La votazione ebbe luogo al seguito di due sedute tenutesi nello stesso giorno. Alle importantissime discussioni che precedettero quel voto, presero

parte pro e contro il Governo molti Delegati. Parlarono pure il Ministro delle Finanze e quello della Guerra, ma, come di ragione, il discorso pronunciato dal Conte Andrassy fu quello che maggiormente attrasse l'attenzione generale. Il Ministro Imperiale degH Affari Esteri difese strenuamente la politica da esso seguita dal principio della crisi Orientale, e sebbene non sia riuscito a persuadere i suoi personali avversarli, sta però di fatto che, malgrado Egli non abbia detto cose nuove, l'opinione pubblica ne fu favorevolmente impressionata. Troppo lungo ed inutile sarebbe il dar qui anche solo un riassunto di quel brioso discorso, che d'altronde i giornali Italiani riprodurranno nelle sue parti essenziali almeno: credo però non dovere omettere che due volte in esso il Ministro Imperiale ebbe a far menzione dell'Italia.

Non v'ha dubbio, e nessuno meglio di me potè accorgersene, che, dacché scoppiò la crisi orientale ripetutamente, sebbene con diversi scopi, la Germania, l'Inghilterra ed anche la Russia ebbero a servirsi dell'Italia come mezzo d'influire sulla politica del Gabinetto di Vienna. A sua volta del pari il Conte Andrassy metteva opportunamente avanti il nome dell'Italia in seno alle Delegazioni dell'anno scorso ed ottenevane il desiderato effetto. Questa volta anche il Ministro Imperiale ebbe occasione di parlare di noi in seno alla Delegazione austriaca, e non dubito che ciò abbia avuto parte notevole nel successo del suo discorso.

Rispondendo al Deputato Kuranda, che aveva accennato alle aspirazioni a compensi territoriali originati dall'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, il Conte Andrassy rispose press'a poco nei seguenti termini:

(Resoconto telegrafico del Fremden Blatt)

«Il signor Kuranda ha accennato all'Italia che penserebbe ad annessioni a danno delle nostre frontiere. Il Governo di quel Paese è completamente lontano da simili idee, anche se vi ha un partito che ci pensi. Ma se pure quella idea si fosse fatta strada, essa ha contro di sé l'opinione pubblica di tutta l'Europa. Ma volendo anche ammettere che l'Italia pensi ad un'annessione, il signor Kuranda deve ammettere che anzi tutto l'Italia penserebbe alla Dalmazia. Migliore argomento di questo in favore dell'occupazione non si sarebbe potuto pormi in mano ».

(È da osservarsi che questo periodo del discorso che ho sottolineato venne omesso nel resoconto datone dalla Wiener Zeitung).

«Ricorderò ancora che il Ministro Presidente ed il Ministro degli Affari Esteri, difendendosi dell'appunto loro fatto di non aver chiesto al Congresso un compenso pel Mandato affidato all'Austria, hanno chiarito che se il Ministro degli Affari Esteri si astenne da ciò fare al Congresso, fu unicamente per non rimanere isolati nel Congresso, locché lo avrebbe costretto ad abbandonarlo. Da quanto ho detto si vede quanto sia necessario stare attenti nel fare simili comunicazioni. Il Congresso di Berlino dà a nessuno diritti a compensi ed è assai imprudente ed anche ridicolo che simile idea, che da nessuno venne avanzata, sia stata posta innanzi in questa sala».

Più tardi il Conte Andrassy prendendo a partito il Delegato Damel che aveva detto, nessuno in Europa essere rimasto soddisfatto del Trattato di Berlino accennando dopo le altre Potenze all'Italia, cosi si espresse: «Se vi ha in

Italia chi non è soddisfatto si è forse perché ha in quel Trattato constatato un rafforzamento della nostra potenza».

Evidentemente queste mie citazioni non possono avere altro scopo se non di semptce informazione per norma del R. Governo, giacché non esistendovi un resoconto stenografico di pubblica ragione delle sedute delle Delegazioni, ciò che ne vien riferito dai giornali anche ufficiali non ha se non un valore molto relativo.

Non saprei poi chiudere questo rapporto senza fare osservare: che per quanto si rifer:sce alle aspirazioni dell'Italia anzitutto dirette verso la Dalmazia, non mi risulta che i nostri più appassionati irredentisti abbiano fatto cenno di quella terra nelle loro manifestazioni, in quanto poi ha tratto all'aumento di potenza per l'Austria che gli Italiani ravviserebbero nell'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, tengo a constatare, che se una tale idea ebbe ed ha corso in Italia, in verità non senza apparenza di ragione, essa non fu mai da me completamente divisa e non parmi, fino ad ora che i fatti vogliano darmi torto.

(l) -Non pubblicati. (2) -Annotazione a margine: «Al Conte Visone confidenzialmente 17/12/78 ».
122

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 545. Cairo, 8 dicembre 1878 (per. il 15).

Pervenutomi il telegramma di V. E. del 5 corrente (l), col quale mi partecipa la sua opinione di sembrargli giunto il momento di pervenire ad una conclusione definitiva qualsiasi, mi premurai con telegramma del 6 (2) informarla delle tendenze che possiamo avere favorevoli o contrarie, esigendo ·in questo momento una risposta alla nostra dimanda.

Il Wilson senza alcun dubbio contrario, dandosi sempre a travedere come l'interprete delle intenzioni del suo Governo; e per conseguenza non sl può neppur dubitare sul voto di Nubar. Il de Blignières, più che mai convinto quanto sarebbe per lui utile e necessario l'elemento italiano nel Gabinetto, per resistere alla preponderanza invasiva inglese, non può dare alla sua parola l'autorità dell'appogg:o del suo Governo, il quale ha ordinato a questi suo·i Agenti dover esclusivamente preoccuparsi a non turbare il buon accordo esistente col Governo inglese.

Dal collega dei Paesi Bassi, che è in intime relazioni con quelli di Austria e Germania, mi è stato secretamente confidato che il primo persiste a chiedere che un austriaco sia chiamato ad esser un alto funzionario nella nuova amministrazione se un italiano fosse chiamato nel Ministero e che il collega di Germania, vedendo la debole resistenza che la Francia oppone alle vedute dell'Ingh"lterra di una esclusiva preponderanza in Egitto, non sarebbe alieno di cooperare alla riescita delle dimande dell'Italia e dell'Austria.

Stando così le cose, e riconoscendo più che giusta la risoluzione dell'E. V. di venirne ad una conclusione qualsiasi, ho creduto però farle rimarcare se non sarebbe conveniente di attendere gli Agenti titolari di Francia ed Inghilterra, che giungono 1'11 corrente, i quali certamente non si terranno sul terreno di incertezza e dubbi come questi due agenti, ed accentueranno e attitudine e linguaggio in modo da poterei assicurare sulle vere intenzioni di quei due Governi, dalle quali dipenderà la risposta che avremo da Nubar.

Poche ore dopo di aver spedito questo primo telegramma all'E. V. venne da me il Signor Baravelli ad informarmi della soluzione che si pensava dare alla questione della soppressione del controllo, che mi sono premurato info,rmarne V. E. con un secondo telegramma di quella istessa data (1).

Col precedente rapporto del 2 corrente di N. 544 (2) ho riferito all'E. V. i primordi del conflitto che minacciava insorgere tra i Signori Wilson e Blignères in questa importante quistione.

Risultando dane informazioni del Signor Baravelli che si è convenuta una proposta accettata da tutte le parti interessate, mi permetta l'E. V. ripeterne ancora l'origine.

I Governi di Francia e d'Inghilterra, messisi di accordo, hanno accettato la soppressione dei due Controllori, istituiti dai Signori Goeschen e Joubert per limitare l'autorità del Ministro delle Finanze. Però è convenuto che i due controllori sarebbero riammessi nel caso che uno dei due Ministri, francese o inglese, dovesse uscire dal Gabinetto.

La soppressione dei due controllori è stata ammessa ritenendosi che i due Ministri Europei fossero una garanzia maggiore pei creditori; ma il Gove,rno di Francia non ha considerato che l'autorità dei soppressi controllori non verrebbe ripartita tra i due Ministri, e che rimarrebbe tutta in mano del solo Ministro delle Finanze inglese.

Soltanto giunto in Cairo il Wilson, si convinse che non era possibile sopprimere il controllo senza il consenso dei Commissari della Cassa del debito pubblico, i quali possono aver ricorso anche ai tribunali contro qualunque modificazione del decreto del 18 novembre 1876. Dovette quindi ,ricorrere a loro; ma questi si rifiutarono di rinunziare ad una garanzia importantissima in favore dei creditori, quando una garanzia eguale non fosse loro concessa in cambio.

Allora il de Blignières, che in massima era d'accordo coi Commissari della Cassa, proponeva di affidare a questi un controllo delle spese fatte, ossia l'esame del consuntivo, formando una specie di Corte dei Conti come è in Francia. Il Wilson si rifiutava categoricamente ad una simile combinazione non volendo in nessun modo dipendere dai Commissari della Cassa. Il de Blignières dichiarò recisamente che se non veniva ammesso il principio del controllo indipendente esercitato dai Commissari della Cassa, ne faceva una questione di Gabinetto.

A conciliare un conflitto così minaccioso, e transigendo e da una parte e dall'altra, si è convenuto di stabilire un controllo indipendente che evitasse la

forma francese, e conservasse la forma inglese. Alla forma francese il Wilson si opponeva per l'inconveniente di non poter dare il rendiconto di un anno che molto tempo dopo trascorso l'esercizio.

La forma redatta dal Wilson fu discussa in una conferenza, alla quale oltre di Nubar, de Blignières e Wilson, presero parte i Commissari della Cassa Signori Baravelli Kremer e Baring, ed è la seguente:

«Il y aura au Ministère des Finances un Controleur général de la Comptabilité.

En meme temps, et dans le but de donner toute sécurité à tous les intéressés, la Commission de la Dette délèguera un des ses Membres qui remplira les fonctions d'Auditeur Général (così si chiama in Inghilterra). Ce haut fonctionnaire aura son bureau au Mlnistère des Finances, et suivra pas à pas les opérations faites par le Controleur Général. Il aura à veiller à ce que les recettes soient conformes aux lois établies, ainsi que toutes les dépenses conformes au Budget. Il nommera lui meme les employés de son bureau, qui dépendront exclusivement de lui.

La décharge définitive sera donnée collectivement par l'Auditeur Général et le Controleur Général >>.

Nella prima conferenza il progetto del controllo sotto questa forma fu accettato da tutti. Soltanto Nubar, per difendere sempre l'autonomia egiziana contro il carattere di una Amministrazione internazionale, propose, e sostenne con molto calore, l'emendamento che fosse il Governo che scegliesse tra i Commissari della Gassa l'Auditore Generale. I suoi colleghi ed i Commissari si opposero da principio; ma in una seconda conferenza tenuta questa mattina il Primo Ministro è riescito a far accettare la sua controproposta. Perciò il secondo paragrafo del progetto Wilson è stato modificato come segue .

.. «En meme temps, et dans le but de donner toute sécurité a tous les intéressés, le Gouvernement Egyptien prendra parmi les membres de la Commission de la Dette publique un des Commissaires qui remplira les fonctions d'Auditeur Général, qui conservera toutefois ses fonctions de Commissaire directeur de la Caisse >> ...

Però e il Wilson per accettare l'emendamento Nubar, e questi e Blignières, ed i Commissari Kremer e Baring per accettare il progetto Wilson, hanno stabilito per condizione sine qua non che le funzioni di auditore generale sieno affidate al Signor Baravelli, e da questi accettate.

Nubar e Wilson hanno posto di certo questa condizione, perché non vorrebbero che una posizione cosi importante potesse esser data ad un francese. E forse anche entrambi possono aver il pensiero di dare in questo modo una soddisfazione alla nostra dimanda di prender parte nella nuova amministrazione.

Il de Blignières, ed i Signori Kremer e Baring, perché dalla parte che il Baravelli ha presa e nella Commissione superiore d'inchiesta, e nella direzione della Cassa del debito pubblico, ha dato non dubbie pruove d'essere il solo che possa seriamente ed efficacemente sorvegliare il servizio finanziario e amministrativo.

Ora non rimane a quanto pare che il consenso del Khedive, e la-firma del decreto; del quale ha molta premura il Wilson, che non può esser libero padrone

del suo Ministero finché esistono i due Controllori, ed è costretto a lasciar firmare i mandati di spesa a Riaz Pascià, ministro dell'Interno, incaricato di quello delle Finanze, per non sottoporsi al visto del Controllore francese il Signor de Malaret.

Il Baravelli nel darmi tutte queste informazioni mi ha sollecitato d'informarne l'E. V., perché Egli, per quanto la sua dignità personale potesse esserne soddisfatta, non avrebbe mai accettata l'importante posizione che gli è proposta, quando avesse potuto menomamente contrariare le viste del R. Governo, o pregiudicare la questione della nostra dimanda che un italiano sia ammesso nel nuovo Gabinetto.

Il telegramma dell'E. V. di jeri (l) pone la questione nei termini quale io la riteneva.

Se il Khedive sanziona il progetto di cui sopra, il Baravelli occuperà una posizione di grandissima importanza, e trapelata nel pubblico l'evenienza possibile di questa combinazione, mi si riferisce che sia stata accolta con soddisfazione dalla Colonia. Ma questo fatto non potrebbe pregiudicare l'altra quistione, non avendovi io presa nessuna parte né diretta, né indiretta, né essendomene stato tenuto neppure parola alla quale non avrei certamente risposto.

Nubar Pascià, ammalato, il quale crede che la lettera scrittagli da S. E. il Generale Menabrea mi sia giunta direttamente da Londra, e che non ne conosco il contenuto, mi ha pregato questa mattina di scusarlo presso il Generale se non gli risponde con questo corriere, e per causa di malattia, e perché non vorrebbe farlo senza potergli annunciare qualche cosa che potesse riescirgli gradevole.

(l) -Cfr. n. 113. (2) -T. 1656, non pubblicato. (1) -Cfr. n. 115. (2) -Non pubblicato.
123

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 1338. Costantinopoli, 9 dicembre 1878 (per. il 17).

Oggi è venuto a vedermi il Ministro di Rumania; e quantunque egli abbia voluto dare alla sua visita un carattere di pura cortesia, il tema da lui dato alla nostra conversazione mi fa credere che egli abbia agito dietro speciale istruzione del suo Governo.

Il Signor Bratiano mi disse essere cosa assai rincrescevole che il Gabinetto di Roma, il quale aveva così generosamente sostenuto al Congresso gli interessi della Rumania, indugiasse tanto a riconoscere formalmente l'indipendenza del Principato, ed a stabilirvi una rappresentanza diplomatica; e ciò mentre altri Governi, che non avevano certamente manifestato alla Rumania eguali sentimenti di benevolenza e d'amicizia, hanno già elevato le loro Agenzie al rango di Legazioni. <(Il Governo Italiano (cont:nuava il Signor Bratiano) intende per parte sua subordinare quest'atto alla condizione imposta dall'Europa alla Rumania riguardo all'eguaglianza tra le credenze religiose. Noi abbiamo formai

mente dichiarato che la situazione degli Israeliti in Rumania sarebbe regolata in conformità della volontà manifestata dalle Potenze; e lo sarà. Ma né il Governo né il Parlamento hanno autorità a deliberare in modo definitivo sulla questione, e sarà d'uopo sottometterla alla decisione d'una Costituente. Ora perché la Costituente s:a convocata non ci vorranno meno di due mesi; e se il Governo Italiano ritardasse sino a quell'epoca il formale riconoscimento della nostra indipendenza, esso renderebbe ancor più difficile la dura situazione fatta al Governo Principesco ».

Dichiarai al Signor Bratiano che io non ero sufficientemente edotto della questione per potere esprimere le idee del R. Governo; ma che, dal momento che il Trattato di Berlino ha esplicitamente subordinato il riconoscimento della indipendenza della Rumania alla condizione dell'eguaglianza tra le credenze religiose, sembravami naturale che le Potenze volessero essere certe della piena esecuzione di siffatta condizione.

Il Governo Rumeno ha bensì date le più grandi assicurazioni di volersi attenere a quanto fu dal Congresso stabilito in favore degli Israeliti; ma può esso estendere queste assicurazioni anche al voto della Costituente?

Il Signor Bratiano mi rispose che potevasi essere certi del voto favorevole della Costituente; e che il Governo del Re renderebbe un segnalato servigio alla Rumania qualora autorizzasse fino d'adesso il Barone Fava a presentare le sue credenziali di M'nistro. Ed in questo senso egli mi pregò di scrivere a V. E.

(l) Cfr. n. 118.

124

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

D. 196. Roma, 10 dicembre 1878.

La Nota che cadesto Signor Ministro degli Affari Esteri Le ha diretto il 18/30 Novembre, e che la S. V. Illustrissima mi trasmetteva con rapporto del 1° dicembre, n. 924, (1), ha lasciato in me la impressione che non siano stati rettamente intesi presso il Governo principesco il carattere e lo scopo delle domande enunciate nel mio dispaccio del 3 Novembre (2).

Veggo infatti, in quel documento, che il Signor Kogalnicheano (questi reggeva ancora il dicastero delle relazioni esteriori) si è sforzato di dimostrare che la questione alla quale si riferisce l'Articolo 44 del Trattato di Berlino appartiene oramai tutta intera alla competenza delle Camere di revisione, e che il Governo di Sua AltezZia Reale avendo esaur:to la competenza sua propria, non

è in grado di fornirci quelle spiegazioni che a noi erano sembrate indispen· sabili perché la S. V. Illustrissima avesse facoltà di procedere, mediante la presentazione delle lettere credenziali, al formale riconoscimento della indipendenza rumena.

Certo non era, e non è proposito nos~ro di voler provocare dal Gabinetto di Bukarest dichiarazione alcuna la quale possa pregiudicare deliberazioni parlamentari o il voto della futura costituente. Nostro intendimento si fu di ottenere chiariti questi due punti: se, cioè, fosse esclusa la eventualità di una indefinita dilazione della revisione costituzionale, e se, deliberata questa, fosse assicurato il pieno soddisfacimento dell'unanime voto delle Potenze convocate, le quali vollero sostanzialmente, che in Rumania, come in ogni altra regione soggetta in addietro al dominio ottomano, debba considerarsi come cittadino del paese, salvo suo opposto volere, che vi sia nato di famiglia già ivi stabilita. Intorno al primo punto contiene adeguata risposta la Nota del Signor Kogalnicheano, la quale porge affidamento che le Camere di revisione, tranne il caso di voto contrario delle Camere ordinarie, potranno essere riunite nel prossimo Marzo. Circa il secondo punto il Signor Kogalnicheano afferma di non potersi pronunciare; mentre, invece, a noi era sembrano che non fosse all'infuori della competenza sua di far conoscere quali saranno per essere gli intendimenti del Governo Principesco quando, eliminato il presente impedimento costituzionale, e finito così il compito delle Camere di revisione, al Governo stesso spetterà di provvedere alla condizione giuridica delle molte migliaia di Israeliti residenti nel Principato, che, per una anomalia singolarissima, non sono cittadini rumeni, senza essere neppure sudditi di altra Potenza. Nel dispaccio del 3 Novembre additai, beninteso in forma ipotetica (in relazione cioè con la ipotesi di un voto delle Camere di revisione favorevole alla soppressione dell'Articolo VII della Costituzione), uno dei modi che più naturalmente soccorrevano al pens:ero. Al che mi indussi, dopo aver tratto dalle discussioni parlamentari, che ebbero luogo nello scorso Ottobre nelle due Camere di Bukarest, la convinzione che, né il Governo, né il Parlamento, vorranno dichiarare di pien diritto cittadini rumeni, salvo beninteso contraria volontà dell'interessato, gli israeliti che nel Principato hanno residenza da oltre una generazione. E tanto più la spiegaz:one mi sembrò opportuna dopoché lo stesso Ministro Kogalnicheano, nella tornata del 10 Ottobre, fece allusione alla possibilità di distinzione tra le varie categorie di Israeliti, nell'applicare a questi il beneficio della divisata soppressione dell'Articolo VII della Costituzione.

Ad ogni modo, non ci faremo oramai ad insistere, dopo la affermazione contenuta nella Nota del Signor Kogalnicheano, che, cioè, nulla gli rimane ad aggiungere dopoché la volontà del Gabinetto Pricipesco ebbe solenne sanz-ioni nel messaggio col quale S.A.R. il Principe Carlo inaugurava testé la sessione ordinaria delle Camere Rumene. Questo documento, nel quale assieme col senso del più elevato patriott'smo, domina il fermo proposito di savio e liberale governo, avrà, giova sperarlo, efficacia decisiva sulle deliberazioni di codesto Parlamento e delle Camere di rev:sione. E ne trarrà, in pari tempo, argomento di legittima fiducia la opinione pubblica in quei paesi dove, nella presente questione, gli animi sono combattuti tra le simpatie per la giovane nazione e il rispetto di un santo e civile principio. Duole però al Governo del Re che la impossibilità, in cui codesto Gabinetto dichiara di trovarsi, di somministrarci più categoriche spegiazioni, gli tolga di fare atto di speciale benevolenza verso la Rumania, pigliando la iniziativa del riconoscimento, prima ancora che i patti del trattato di Berlino, che la concernano, abbiano avuto effettiva esecuzione. L'esempio

nostro avrebbe probabilmente troncato le esitazioni di altre Potenze. Invece anche l'Italia dovrà, con suo rammarico, serbarsi nell'atteggiamento stesso in cui sono la Francia, la Germania e la Gran Bretagna, le quali non hanno stimato finora che sia venuto il momento di procedere all'atto di riconoscimento. Con queste Potenze ci terremo, però, diligentemente in comunicazione, lieti se l'indugio potrà essere cosi breve, come è nostro vivissimo desiderio.

La prego, Signor Barone, di voler comunicare il contenuto del presente dispaccio a S.E. il Signor Campineanu, rinnovandogli le dichiarazioni di schietta benevolenza che già, col dispaccio del 3 Novembre, Le veniva commesso di porgere al suo precedessore. Soprattutto mi sta a cuore che costì sia ben chiaro il pensiero nostro; il quale nella presente congiuntura, non muove da diffidenza o da tepida amicizia, sibbene dal sentimento della responsabilità in cui saremmo per incorrere se, per opera nostra, venisse meno la efficacia di quel nesso che assieme congiunge i patti sanciti con gli articoli 42, 43 e 44 del Trattato di Berlino.

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 108. (2) -Cfr. n. 43.
125

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

D. CONFIDENZIALE 197. Roma, 10 dicembre 1878.

L'altro mio dispaccio in data d'oggi (l) Le addita il linguaggio da tenersi presso il Governo Principesco. Qui aggiungerò, in forma confidenziale, alcuna considerazione che valga a far meglio manifesto il nostro pensiero.

Assai ci duole che costì si voglia ravvisare, in ciò che ora accade, un mutamento di indirizzo politico, da parte nostra, verso la Rumania. Noi siamo sempre fermi negli stessi propositi e negli stessi sentimenti di cordiale amicizia. Se il Governo Principesco ne avesse il minimo dubbio, potrebbe convincersene esaminando i processi verbali della Commissione internazionale di delimitazione della Bulgaria, in seno alla quale gli interessi della Rumania, per quel che riflette la frontiera della Dobrutcha, furono validamente sostenuti (essendo del resto, conformi con lo spirito del Trattato di Berlino) dal nostro delegato, il Colonnello Orero. Però noi non potevamo neppure non tener conto alcuno delle manifestazioni varie che, rispetto alla questione ebrea, si venivano appalesando mentre per lo appunto stavasi deliberando l'invio delle nuove credenziali di Lei. Il linguaggio dei più autorevoli giornaìi, anche di parte ministeriale, i discorsi di influenti deputati e senatori e degli stessi ministri, in occasione delle discussioni parlamentari che costì ebbero luogo in principio di Ottobre, i termini stessi delle mozioni votate nella Camera e nel Senato, tutto lasciava essenzialmente intravedere una sola preoccupazione: applicare, rispetto agli Israeliti, i patti di Berlino in quella più stretta misura che fosse possibile, senza mettere in forse il riconoscimento delle Potenze. Qual meraviglia se, di fronte a simili sentenze i varii Gabinetti stimarono insufficienti le promesse e ritennero indispensabile la guarentigia sicura di un fatto compiuto?

Il Gabinetto Germanico si espresse, a questo riguardo, in termini affatto recisi e perentorii, facendoci, in certo modo rimprovero della iniziativa che avevamo presa; il Gabinetto di Londra ci veniva ripetendo non avere ancora creduto di deliberare; e il Gab:netto di Versailles notava, con rincrescimento, che l'Italia si fosse fatta innanzi senza aver prima scambiato le sue idee con la Francia. Le quali avvertenze tornavano tanto più significanti, in quanto che (ciò sia detto a titolo strettamente confidenzlale) il Signor Obedenare non si stancava, in quei giorni, di dichiarare imminente il riconoscimento di altre Potenze, oltre la Russia e l'Austria Ungheria, mostrandosi dolente che l'Italia dovesse giungere l'ultima.

In tale stato di cose il dlspaccio del 3 Novembre (l) ci apparve .espediente atto a conciliare le opposte esigenze. L'Italia avrebbe aperto la via, poiché noi non tacemmo che le lettere credenziali già Le erano state spedite. Chiaro appariva il nostro buon volere, e, d'altra parte, si offr:va al Governo principesco il modo di dissipare ogni legittima dubbiezza mediante dichiarazioni che non ci sembravano eccedere i limiti della sua competenza.

Certo non ispetta a noi di porgere consigli ad altro Governo. Però gli amici sinceri della Rumania non possono non deplorare le titubanze che costì persistono circa la presente questione. L'accettazione schietta e animosa dei patti di Berlino avrebbe, a nostro avviso, grandemente contribuito a tener vive le simpatie dell'Europa per il Principato; nel mentre che un risoluto atteggiamento avrebbe troncato la velleità di reazione contro un principio altamente civile, che pajono ripullulare, in codesto paese, di fronte all'incerto procedere del Governo principesco. Si objetta, è vero, da codesto Ministero che qui si tratta di questione costituzionale, la quale appartiene alla competenza della Camera di revisione. Ciò è infatti se si assume come base la opinione fattasi prevalere dal 1858 in poi, che cioè gli Israeliti, in Rumania, non possono mal considerarsi come rumeni, malgrado la immemoriale dimora. Ma ogni difficoltà sarebbe venuta meno se il Governo Principesco, collocandosi da un punto di vista più conforme allo spirito delle deliberazioni di Berlino, avesse francamente ammesso e dichiarato l'obbligo suo di considerare (ben:nteso, salvo contraria dichiarazione dell'interessato) siccome Rumeni tutti coloro che, senza distinzione di razza e religione, sono nati nel Principato da padre già anch'esso nato nel Principato stesso. Sembrò nei primi giorni (così mi riferiva il Signor Pirrone) che questa massima si volesse adottare rispetto ai diritti civili, e in tal caso non avremmo potuto scorgere perché non la si dovesse applicare anche per i diritti politici. È certo che, entrato in questo terreno, il Governo Principesco avrebbe sciolto da sé la parte sostanziale, la parte veramente importante <iel grave problema. Considerate oramai come rumene, secondoché realmente sono in forza dei principi del diritto naturale, le famiglie israelite da lungo tempo residenti nel Principato, la revisione della Costituzione sarebbe stata esclusivamente destinata a rimuovere l'impedimento di naturalizzazione per l'avvenire, e ad eliminare dalla legislazione rumena una restrizione che troppo contraddice alle ragioni della civiltà moderna.

Intanto allo stato attuale delle cose, non riesciva, per noi, possibile altro contegno all'infuori di quello che è accennato nel mio primo dispaccio d'oggi. Né si potrebbe da codesto Governo muovere ragionevole lamento, se ci vediamo costretti ad attenerci al metodo stesso che altre Potenze sembrano voler praticare, e che il discorso principesco, in certo qual modo, dichiarava corollario naturale della situazione. Altre Potenze potranno forse cattivarsi, con le studiate blandizie, il momentaneo favore del Principato. Ma la Rumania ben sa che non potrà mai trovare altrove quella imparzialità, quel disinteresse, quella viva simpatia, che sono le note caratteristiche della nostra politica verso codesta giovane nazione.

(l) Cfr. n. 124.

(l) Cfr. n. 43.

126

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 270. Pietroburgo, 10 dicembre 1878 (per. il 17).

Ho voluto approfittare delle prime conversazioni che ebbi con S. E. il Signor de Giers per parlargli del conflitto testé scoppiato in Asia fra l'Inghilterra e l'Afganistan, e cagionato in parte dall'invio fatto dal Generale Kaufmann d'una missione russa, avente a capo il Generale Stoletow, presso l'Emiro di Caboul.

La recente pubblicazione dei documenti diplomatici inglesi sull'Asia centrale sparge luce sufficiente sulle origini del conflitto. Quando nella scorsa primavera il Governo Russo credette un istante alla pross:ma probabilità di una rottura coll'Inghilterra, tre colonne russe ebbero dal Generale Kauffmann, Governatore Generale del Turkestan, l'ordine di avanzarsi verso le frontiere dell'Afganistan. Successivamente una missione di ufficiali russi capitanata dal Generale Stolehow partiva alla volta di Caboul, e giungeva presso l'Emiro nella prima metà dello scorso Agosto. Lo scopo ev:dente di queste misure si era di suscitare, in caso di rottura fra la Russia e l'Inghilterra, serii imbarazzi al Governo Inglese nell'Asia centrale, e di costringerlo a distrarre una parte delle sue forze in Europa per impiegarle sulle frontiere dell'India Asiatica, ed in ogni caso di paralizzare le forze 'inglesi nel maggiore dei suoi dominii.

Il Gabinetto di Londra informato, con qualche inesattezza nei particolari. del movimento delle colonne del Generale Kaufmann e dell'invio della missione russa a Caboul, fece domandare ripetutamente al Gabinetto di Pietroburgo spiegazioni su questi due fatti, e dopo averli constatati, fece presentare reclami dell'Ambasciata Britannica a Pietroburgo (dispaccio di Lord Loftus al Signor de Giers 21/9 Giugno, del Marchese di Salisbury a Lord Loftus del 26 Giugno, e di Lord Loftus al Marchese di Salisbury 3 Luglio 1878). Rispetto alla missione russa presso l'Emiro di Caboul, il Marchese di Salisbury, con dispaccio del 19 Agosto scorso, incaricava l'Ambasc:ata Inglese a Pietroburgo di esprimere al Gabinetto Russo la speranza che essa fosse richiamata, non potendos>i questa missione conciliare colle ripetute assicurazioni anteriormente date dal Principe Gortchakow. Il Signor Plunkett, Incaricato d'Affari di S. M. Britannica a Pietroburgo eseguiva queste istruzioni, dirigendo apposita nota al Signor de Giers, in data del 26 Agosto.

n Signor de Giers, che in sulle prime sembrò ignorare che una missione russa fosse stata spedita o dovesse spedirsi all'Emiro di Caboul, (dispaccio di Lord Loftus al Marchese di Salisbury del 3 Luglio), fini con convenire del fatto, e rispose all'Ambasciata Inglese in Pietroburgo, col dispaccio datato da Livadia dell'B Settembre (27 Agosto), che per la sua importanza merita di essere qui riferito per sommi capi. Il Signor de Giers riconosce, nel dispaccio predetto, l'esattezza delle citazioni contenute nella nota del Signor Plunkett del 26 Agosto, e constata che le disposizioni del Governo Russo nella questione dell'Asia centrale hanno dovuto di necessità subire il contraccolpo delle condizioni politiche in cui l'Inghilterra collocò la Russia durante l'ultima crisi in Oriente. Ma nelle circostanze presenti, (dopo la firma del trattato di Berlino), queste disposizioni, secondo il Signor de Giers, sono tornate come erano prima della crisi, e non devono più inspirare alcuna diffidenza al Governo Britannico. Il Signor de Giers aggiunge che la missione, attribuita erroneamente al Generale Abramow, (confidata invece al Generale Stoletow) ha un carattere provvisorio e di pura cortesia, e che perciò non può diminuire in nulla il valore delle assicurazioni del Principe Gortchakow mentovate nella nota inglese. Quest'ultima frase è rilevata in un dispaccio Cdi Sir I. Pauncefote a Sir L. Mallet) del 20 Settembre nel quale è detto che Lord Salisbury deduce dalla nota precedente del Signor de Giers, che S. E. riconosce come tutte le antiche assicurazioni del Governo Russo rispetto all'Afganistan abbiano ora ricuperato il loro valore.

Il Marchese di Salisbury rispose più specialmente alla Nota del Signor de Giers con un dispaccio al Signor Plunkett del 30 Settembre. Con questo dispaccio, col quale si chiude la raccolta dei documenti diplomatici pubblicati dal Foreign Office, il principale Segretario di Stato della Regina constata che le comunicazioni fattegli dall'Incaricato d'Affari di Russia, Signor Bartholomei, confermano generalmente quanto disse il Signor de Giers, affermando cioè che le misure politiche e militari adottate dalla Russia nel Turkestan erano state consigliate dalle necessità della situazione cagionate dallo stato degli affari rispetto alla Turchia, e che erano state provocate specialmente dal contegno della Gran Bretagna verso la Russia, la condotta del Generale Kaufmann doveva quindi, a detta del Signor Bartholomei, essere considerata come il risultamento di una direzione impostagli dalla forza delle circostanze. Il Signor Bartholomei smentiva poi l'esistenza di una lettera dello Czar all'Emiro di Caboul, alla quale Lord Salisbury aveva fatto allusione.

Da questo scambio di note risulterebbe per conseguenza, in primo luogo che le misure prese dalla Russia nell'Asia centrale in vista delle crisi d'Oriente e dell'attitudine dell'Inghilterra devono cessare colla cessazione delle cagioni che le provocarono, e che specialmente la missione russa lascierà Caboul; in secondo luogo, che le assicurazioni date a parecchie riprese dal Principe Gortchakow sull'esclusione dell'Afganistan dalla sfera dell'azione della Russia hanno ripigliato tutto intero il loro valore.

Nelle conversazioni che ebbe con me, il Signor de Giers non disdisse queste deduzioni. S. E. spera che l'Inghilterra nella condotta e nei risultati della guerra da essa intrapresa contro l'Emiro di Caboul eviterà tutto ciò che potrebbe mettere la Russia nella non desiderata necessità d'interferire.

11 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

Il tenore moderato del discorso d'apertura del Parlamento della Regina conferma il Ministro Russo nelle sue previsioni rassicuranti e pacifiche. Questo modo di vedere è d'altra parte giustificato dall'jntenzione altamente manifestata a Londra, non meno che a Pietroburgo, di curare l'eseguimento fedele del trattato di Berlino.

Lord Loftus, col quale ebbi pure l'occasione di intrattenermi su questo argomento, consente nelle medesime pacifiche previsioni.

P. S. Ragguagli testé qui pervenuti recano che l'Inviato russo presso l'Emiro di Caboul ha lasciato l'Afganistan ed è di ritorno nei possessi russi (1).

127

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, NOAILLES

PROMEMORIA. Roma, 11 dicembre 1878.

Le Gouvernement du Roi n'avait pas connaissance de la formation à Londres d'une société de la mort, ayant pour but, d'après l'obligeante communication de l'Ambassade de France (2), d'attenter à la vie de tous les souverains. On fait de soigneuses recherches pour savoir s'il existe en Italie des affiliés à cette associat:on. En attendant le Gouvernement italien accepte avec empressement d'échanger avec le Gouvernement français les renseignements qu'on pourra recueillir a ce sujet.

128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 2210. Berlino, 11 dicembre 1878 (per. il 15).

Dans mon rapport d'hier N. 2208 (2), j'ai eu l'honneur de communiquer à

V. E. les impressions et les désirs du Prince Gortchakow relativement à une prompte exécution du Traité de Berlin et des clauses non abrogées ou révisées

«La notizia data al Parlamento inglese da Lord Sal!sbury Sull"effettuato ritorno della missione Russa da Caboul deve intendersi nel senso che il solo Generale Stoletow, capo della missione stessa, rientrò difatti nei possessi Russi; ma il resto della missione rimase finora a Caboul.

Tuttavia è certo oramai che la missione intiera è, o sarà tra breve richiamata. Questa determinazione fu presa recentemente dallo Czar nelle condizioni seguenti. Alle istanze del Governo Britannico perché fosse posto fine alla missione russa nell'Afganistan, lo Czar fece rispondere dal Conte Schouvalow che la missione sarebbe richiamata, ma che Sua Maestà Imperiale contava ricevere l'assicurazione che l'Inghilterra, nei risultati della guerra da essa intrapresa contro l'Emiro d! Caboul, rispetterebbe l'indipendenza dell'Afganistan.

Dopo qualche esitazione, ed in seguito a deliberazione presa in Consiglio, il Gabinetto di Londra fece rispondere, per organo del Marchese di Sal!sbury, che salvo una necessaria rettitlcazione di frontiera, l'indipendenza dell'Afganistan sarebbe stata mantenuta. In seguito a questa assicurazione, l'Imperatore Alessandro fece spedire, o farà spedire prossimamente l'ordine del richiamo immediato di quella parte del personale della missione russa che era rimasta a Caboul ».

des préliminaires de S. Stefano. Mais il plaçait bien au dessus de ces préoccupations la nécessité que tous les Etats s'entendent « complètement et meme bruyamment » pour parer aux dangers qui menacent l'ordre social. Les démogogues socialistes n'ont fait qu'un « plongeon » quand ils ont vu la conscience publique se révolter contre des doctrines dont le triomphe amènerait un cataclysme générale, et que des mesures sévères avaient été déjà prises, nommément en Allemagne, pour fermer autant que possible les issues à un mal gagnant déjà de proche en proche. Ce parti fait le mort aujourd'hui, ne renonce à aucun de ses projets, et guette le moment favorable pour revenir à la surface. Le devoir le plus impérieux est de faire sentir à ces hommes dont la perversité égale l'audace, qu'ils trouveraient des Gouvernements sur le qui vive et combien l'heure serait mal venue pour recommencer des expériences. Il faut que le bruit du tocsin arrive à leurs oreilles.

Le Chancelier russe établissait une certaine analogie entre les discours récents du Czar à Moscou, et de l'Empereur d'Allemagne au Conseil Municipal de Berlin. L'Empereur Guillaume à été plus explicite. En parlant des associations aux ramifications étendues dont Il a indiqué le but, il a rappelé les modiftcations récentes dans la législation de l'Empire. Ce Souverain ajoutait que tout le monde comprenait sans doute aujourd'hui combien l'Allemagne avait besoin de ces changements, et que son initiative donnerait l'impulsion aux autres Etats.

Le Chancelier russe m'a parlé dans ce sens, de mème qu'à mes Collègues d'Angleterre, d'Autriche-Hongrie et de France.

J'ai répondu en termes généraux que nous nous appliquions de la manière la plus sérieuse à garantir à la fois les intérets de l'ordre et ceux de la liberté. Je citais le langage de V. E. et de son honorable collègue le Ministre de l'Intérieur. Il en résulte que nous proclamons le principe qu'il faut pourvoir avec la plus grande énergie a prèvenir et à réprimer les crimes, qu'ils partent ou non d'individus qui cherchent un point d'appui dans la révolution cosmopolite. Nous appliquons vigoureusement les lois en v,iguer. Si ces lois étaient reconnues insufftsantes, le Gouvernement de Roi et les Chambres seraient seuls compétents pour les modifter d'un commun accord. Quant aux démocrates socialistes c'est en Italie un mal d'importation étrangère, sur lequel nous sommes très vigilants. Sans en méconnaìtre le péril, nous devons cependant constater qu'il est moindre dans notre pays où il n'existe pas de grandes agglomérations industrielles. Au reste l'observateur impartial, qui veut se rendre compte dans quelles dispositions se trouve chez nous l'opinion publique, n'a qu'à se rappeler le cri d'horreur et de stupéfaction qui a retenti dans toute la Péninsule à la nouvelle de l'attentat commis contre son digne Souverain.

Il ne m'appartenait pas, sans instructions, de discuter meme académiquement l'idée d'une entente entre les divers Gouvernements. Mais il ne faut pas se dissimuler que, de plusieurs còtés en Europe, le vent souffle, je ne dirai pas à la réaction, mais à ce qu'une campagne vigoureuse soit concertée contre les perturbateurs de l'ordre social, qui ne reculent devant aucun moyen pour réaliser leurs projets criminels. Ils mettent la Société hors la loi. Il s'agit d'un cas de légitime défense et de leur appliquer la peine du talion en les poursuivant sans merci jusqu'au fond de leurs tanières.

Dans mon rapport N. 2209 (l), j'ai mentionné une attaque de M. Virchow contre le Prince de Bismarck. Ce député ne faisait que répéter une odieuse calomnie que le Chancelier de l'Empire, lors des débats de la loi contre les socialistes, avait déjà repoussée avec indignation.

(l) Il 13 dicembre Nigra comunicò:

(2) Non pubblicato.

129

I DELEGATI PER LE TRATTATIVE COMMERCIALI CON L'AUSTRIA-UNGHERIA, AXERIO ED ELLENA, AL MINISTRO DELLE FINANZE, SEISMIT DODA

T. 1667. Vienna, 13 dicembre 1878, ore 15 (per. ore 16).

Schwegel rentrera à Vienne dimanche. L'arrangement entre l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne a été signé hier à Berlin. Dans la séance d'aujourd'hui nous avons communiqué les résolutions du Gouvernement italien. On s'est reservé de nous donner une réponse dans deux ou trois jours.

130

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA (2)

D. 749. Roma, 13 dicembre 1878.

Approvo che la S. V. Illustrissima in conformità del mio dispaccio del 12 novembre, n. 738 (3) siasi procacciata la opportunità di richiamare l'attenzione del gran vizlr sopra il fatto che a comporre la Commissione incaricata di riordinare le finanze turche erano stati chiamati un funzionario inglese e un funzionario francese, senza che analoga richiesta di designazione sia stata rivolta ad altra grande Potenza. Ed approvo del pari che V. S. siasi trattenuta dallo insistere, dopoché il gran viz:r le ebbe detto trattarsi di Commissione puramente interna, incaricata solo di studiare per conto del Governo del Sultano, le economie da introdursi nei vari rami di pubblico servizio.

Di questa dichiarazione ci giova pigliare atto. Imperocché essa implica che, qualora la Sublime Porta intendesse di attuare, in tutta la sua integrità, il concetto che fu espresso dai plenipotenziari delle Potenze nella 18a seduta del Congresso, essa non mancherebbe di chiamare anche un funzionario des:gnato dal Governo italiano a far parte della Commissione internazionale che in tale ipotesi dovrebbe essere istituita.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed. in L V 27, pp. 89-90, con la firma di Cairoli. (3) -Cfr. n. 71.
131

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1672. Bucarest, 14 dicembre 1878, ore 16,10 (per. ore 17,15).

En vue de résoudre un moment plus tòt la question juive le Ministère roumain discute en ce moment une proposition tendant à faire hater par le Parlement la convocation de la Constituante. Dans leur adresse au Prince le Sénat et la Chambre des députés préparent un passage confirmant le paragraphe du discours du thròne relatif aux juifs. Suleiman bey présentera demain ses lettres de créance qui l'accréditent en qualité d'envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire du Sultan auprès du Prince Charles.

132

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2213. Berlino, 15 dicembre 1878 (per. il 19).

Par mon rapport N. 2210 du 11 de ce mois (l), j'ai exposé quel a vai t été le langage du Prince Gortchakow à plusieurs représentants diplomatiques, sur la nécessité d'une entente entre tous les Etats pour parer aux dangers qui menacent l'ordre social. Il me tardait de savoir si un semblable langage avait été aussi tenu au Cabinet de Berlin.

J'ai appris par le Secrétaire d'Etat que, vis-à-vis de lui également, le Chancelier russe s'était exprimé dans un sens analogue. Le Cabinet de Berlin, il allait sans dire, reconnaissait lui aussi, combien il était urgent et d'un intérèt général de se prémunir contre la démagogie socialiste. Ses doctrines jettent le trouble partout et ses actes causent une horreur universelle. C'est une question à étudier si ces doctrines peuvent ètre atteintes plus efficacement par une entente internationale toujours difficile à établir e n ces matières; mais ce qu'il y a de sur c"est que personne n'a intérèt à les laisser se développer et à leur accorder ni impunité, ni complaisance. S'il se produisait des propositions sérieuses, le Cabinet de Berlin les examinerait au point de vue pratique avec toute l'attention qu'elles méritent. Pour le moment il se tient sur la réserve, en s'abstenant à cet égard de prendre une initiative. Mais il a la satisfaction de constater de ditiérents còtés, nommément en Italie, en Russie, en Angleterre et en France, qu'à défaut de stipulations formelles, l'accord existe implicitement de surveiller chacun chez soi les agìssements des partis subversifs de la pire espèce, et de s'entreaider autant que faire se pourra. Ainsi que le disait le Prince de Bismarck, il en est du socialisme démagogique, comme de l'épizootie quand elle prend le caractère contagieux. Elle ne peut ètre combattue que par des mesures promptes

et énergiques qu'on ne doit pas hésiter à prendre pour en arreter la marche et l'envahissement.

Il résulte donc du langage de M. de Btilow que s'il y a eu un échange d'idées entre la Russie et l'Allemagne, il n'a pas abouti à un accord revétant un caractère international, chacun, pour ce qui le concerne, appliquera sévèrement les lois de son proprie pays, et dans les limites compatibles avec la législation on se prétera un appui mutuel.

(l) Cfr. n. 128.

133

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 2214. Berlino, 15 dicembre 1878 (per. il 19).

Le Secrétaire d'Etat que je n'ai pu voir plus t6t, car il sort de maladie, vient de me confirmer le fait que j'ai signalé dans mon rapport N. 2207 du 10 de ce mois (1).

Sous une forme amicale et dépourvue de tout caractère offi.ciel, le Représentant de l'Allemagne à Berne avait en effet reçu l'instruction, remplie par lui consciencieusement, d'appeler l'attention du Président de la Confédération Suisse sur les da.ngers que la propagande socialiste fait courir aux différents Etats, qu'ils soient constituées en Monarchie ou en République. Les individus de ce parti ourdissent des trames qui mettent en péril la sécurité intérieure du pays dont ils sont les ressortissants, ou dont il reçoivent I'hospitalité.

Le Cabinet de Berlin était d'autant plus autorisé à présenter ces observations, qu'il sait que quatre ou cinq des coryphées de ces ennemis de la société résident en Suisse et abusent du droit d'asile.

M. de Btilow ne m'a pas dit quelle avait été la réponse du Président de la Confédération. Mais depuis lors on a reçu la nouvelle que des mesures avaient été prises contre un journal (L'Avant-garde), qui, prechait ouvertement l'assassinat.

On peut donc admettre que le Conseil fédéral Suisse veillera à l'exécution de ses devoirs internationaux, sans attendre d'autres avertissements.

134

IL SENATORE CORTI ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (2)

L.P. Roma, 15 dicembre 1878.

Ti voglio dare qualche notizia di questa cns1. La proposta che Sua Maestà fece al Cairoli di rifare il Gabinetto fu piuttosto un complimento che altro.

Messo da bando il scioglimento della Camera che il Re ebbe la saggia energia di rifiutare ·fin dal primo momento, il Cairoli non poteva ricomporre il Gabinetto di elementi presi nella minoranza, né poteva fare il lVLnistero con quelli che gli avevano votato contro. Sta di fatto che Sella, Minghetti e Lanza consigliarono al Re d'affidare il mandato a.l Depretis il quale l'aspettava con grande desiderio. Egli si mise dunque all'impresa, e jersera correvano diverse voci sui possibili candidati, fra le quali quella che Depretis prenderebbe l'Interno, e darebbe gli Esteri al Tornielli. Io credo piuttosto che il Depretis finirà per prendere gli Esteri, per vari motivi, il palazzo, l'indennità, il desiderio della Signora, ecc. In questo caso però è quasi certo che il Tornielli sarà Segretavio Generale, e condurrà quindi egli la politica este'ra, con pochissimo gaudio di questi Ambasciatori, all'eccezione d'un solo, e credo anche con poca soddisfazione dei rispettivi Governi. E vedremo che ne uscirà. Fu spesso pronunziato il tuo nome in questi giorni sia come candidato pel Ministero degli Esteri nella nuova combinazione, sia anche come capo della nuova amministrazione se avesse dovuto essere extraparlamentare. Naturalmente non mi venne mai in capo che accetteresti il portafoglio dall'on. Depretis in un Ministero di Sinistra, e le cose non sono tali da suggerire un Ministero extra Parlamentare. Ma sta di fatto che trattandosi di trovare un candidato serio pel Ministero degli Esteri non fu pronunziato altro nome che il tuo, e quando sarà il caso di formare un Ministero serio (il presente non può essere che di transizione) il quale avrà ad essere presieduto dal SeHa, io spero che l'aspirazione generale sarà per realizzarsi. Ed ora ti dirò quali siano le mie intenzioni. Tu sai che io rifiutai la gentile offerta del Cairoli di tornar subito a Costantl.nopoli, poiché mi parve conveniente di presentacrmi al Senato pel caso si volesse fare delle interpellanze, e se non altro per essere presente alla discussione del bilancio degli Esteri. Di interpellanza non si parlò, ed a quest'ora non vi sarà che il tempo di votare l'esercizio provvisorio. Non vi potranno dunque esser discussioni nel Senato per parecchie settimane. D'altra parte il Cairoli, con quella perfetta onestà che lo caratterizza, insistette per far firmare il decreto che mi ristabiliva a Costantinopoli prima di lasciare la Consulta. Capirai di leggieri come, innanzi alle mutate circostanze politiche, ed innanzi alla probabilità della venuta di certi elementi alla Consulta, sarebbe stato follia da parte mia di respingere questa offerta. Mi sarei per tal modo messo nell'alternativa

o di chiudere la mia carriera, o di dovere una grazia a chi non vorrei per nulla al mondo. Però il decreto rimarrà alla Consulta, ed i successori saranno perfettamente liberi di darvi corso senza che io debba loro la menoma riconoscenza, o di non darvi corso ed io ne sarò ugualmente soddisfatto, poiché in questo caso non avrò il rrimorso di dover alla mia volontà l'interruzione della carriera. Ed aspetto lo scioglimento della quistione colla più perfetta indifferenza ché il soggiorno di Roma è di gran lunga più piacevole di quello di Costantinopoli. Io vado a questa, avrò a partire presto, in Gennajo per esempio,

e prenderò per Nizza dove vidi gli Ignatiew, poco soddisfatti della posizione e del clima. Ora intendo che entrambi ebbero indi le febbri. Furono meco gentilissimi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Da Carte Rob!lant.
135

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 817. Roma, 16 dicembre 1878, ore 16,45.

Les journaux annoncent la nomintaion de M. Baravelli au poste d'auditeur général. Si la nouvelle est oflìcielle et déftnitive, et si les agents français et anglais sont déjà arrivés, ne croiriez vous pas le moment venu de demander à Nubar une réponse catégorique? (l)

136

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1681. Cairo, 17 dicembre 1878, ore 11,35.

Gazette oflìcielle publie hier au soir décret nomination de Baravelli au poste d'auditeur général. Aussitòt sondé les intentions des agents anglais et français, il faudra demander réponse catégorique. Agent français n'a pas encore présenté ses lettres de créance.

137

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MAFFEI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 819. Roma, 17 dicembre 1878, ore 18,15.

Je reçois de Bukarest un télégramme portant que l'agent de Roumanie à Paris aurait reçu de M. Waddington l'assurance que la nomination de

M. Ducros au poste d'envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire de France auprès du Prince Charles paraitrait aussitòt au Journal otticiel si les adresses des deux Chambres roumaines contenaient, à l'égard de la question

juive, déclarations analogues à celles contenues dans le discours du Prince. Nous attacherions beaucoup de prix à connaitre si cette version est exacte (1). Je transmets aujourd'hui par poste à V.E. documents expliquant notre ligne de conduite dans cette question.

(l) Per la risposta cfr. n. 136.

138

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. CONFIDENZIALE 1345. Costantinopoli, 17 dicembre 1878 (per. il 24).

Il Ministro di Rumania è partito la scorsa settimana alla volta di Bucarest in virtù d'un congedo ottenuto dal suo Governo, ed è voce ch'egli non debba più fare ritorno alla sua residenza.

Da persona assai autorevole mi fu confidato che durante il suo breve soggiorno a Costantinopoli il Signor Bratiano s'adoperò con tutta segretezza presso la Sublime Porta onde indurla ad appoggiare la candidatura di S.A.R. il Principe Carlo, qual Principe di Bulgaria. Egli avrebbe fatto valere il doppio vantaggio che la Turchia ritrarrebbe da una simile combinazione, di togliere cioè la Bulgaria all'influenza panslavista e di creare sulle rive del Danubio uno Stato abbastanza forte per opporre resistenza alla Russia. Qualo·ra il Governo Ottomano entrasse in quest'ordine d'idee, e l'elezione del Principe Carlo avesse a riuscire la Rumania sarebbe dispostissima a stipulare con la Turchia un trattato d'alleanza. Mi si assicura che tale progetto abbia incontrato favore in queste sfere ufficiali, e che sia stato promesso al Signor Bratiano che la candidatura di S.A.R. il Principe di Rumania a Principe di Bulgaria, non sarà combattuta dalle Suplime Porta (2).

139

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI, IL MINISTRO DELLE FINANZE, SEISMIT DODA, E IL MINISTRO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, PESSINA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 825. Roma, 18 dicembre 1878, ore 17.

Notre opinion serait favorable à la combinaison que V.E. nous suggère dans le télégramme d'hier soir (3) de proposer à l'Autriche Hongrie pour le traité. Mais Sa Majesté ayant accepté la démission du Cabinet, nous ne croyons pas pouvoir engager le Gouvernement par une autorisation déflnitive de signer le traité. Aussitòt constitué le nouveau Cabinet, ce qui va étre bientòt, vous en recevrez !es instructions.

(l) -Per la risposta cfr. n. 140. (2) -Del contenuto di questo rapporto venne data comunicazione a Fava con d. 198 del 5 gennaio 1879. (3) -T. 1685, non pubblicato: assimilazione del ferro all'acciaio, riduzione dei diritti sul vetro e rifiuto di ogni ulteriore riduzione sulla carta.
140

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1688. Parigi, 18 dicembre 1878, ore 18,10 (per. ore 19,20).

Waddington n'a pris ni engagement ni détermination touchant l'envoi du ministre à Bukarest. M. Ducros est désigné et le décret de sa nomination sera signé très prochainement, mais Waddington se méfie et M. Ducros jouissant de san traitement sera retenu à Paris par ordre. Waddington est d'avis qu'après le vote en troisième lecture an pourra peut-ètre passer outre et envoyer les ministres sans attendre la sanction de la Constituante car alors la garantie sera, selon lui, suffisante, mais à Berlin an se montre très disposé à prolonger les exigences. Waddington semble compter sur le concours de l'Italie et considère que c'est une question sur laquelle une entente collective des Puissances est désirable.

141

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1689. Vienna, 18 dicembre 1878, ore ... (per. ore 20,30).

Ministère des affaires étrangères m'informe qu'Andrassy se rend dans ses terres et ne pourra signer traité de commerce. En conséquence Schwegel recevra lui les pleins pouvoirs. Ceci étant il ne convient pas que je signe mai. Je prie V.E. de m'expédier immédiatement les pleins pouvoirs pour Ellena vu qu'Axerio désire partir Ies débats étant épuisés sauf sur les points signalés dans mon télégramme d'hier (1). Si puis V. E. préférait en l'état de choses que traité se signe à Rome, je prie de m'envoyer instructions et j'en ferai proposition.

142

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SENATORE CORTI (2)

L.P. Vienna, 18 dicembre 1878.

Non saprei proprio abbastanza ringraziarti per la tua lettera del 15 (3) pervenutami stamane, mercé la quale ebbi qualche notizia un po' precisa sull'andamento della crisi, che però sembra voglia tirar alquanto in 'lungo poiché fino a quest'ora il telegrafo continua ad essere muto sul conto di un nuovo

Ministero. Non mi dubitavo affatto si fosse parlato di me in questi giorni a Roma, ma proprio dovevano essere parole gettate al vento. In quanto ad entrare in un Ministero di sinistra suppongo si sarebbero anche astenuti dal farmene la proposta prevedendo la mia risposta che vedo con piacere non far dubbio per te. A riguardo poi di una formazione extra parlamentare anzitutto non ne vedrei la necessità né l'opportunità, ma anche ammessa questa e quella non sarebbe un buon consiglio a dare alla Corona il dirgli di rivolgersi a me. Dietro di me non vi ha nessuno, e quasi non c'è più persona che mi conosca in Italia, mentre che per assumersi con successo un incarico di quel genere conviene avere un nome ed una situazione personale politica che imponga al Paese fiducia e rispetto. Del resto né coi Destri, né coi Sinistri non mi sento vocazione alcuna di fare il Ministro, e quindi se invitato rifiuterei sempre salvocché la situazione nostra interna fosse tale ch'io dovessi anzitutto ricordarmi di essere Soldato. Speriamo non si presenti il giorno in cui il Re e la Patria abbiano bisogno del mio petto per far loro scudo, e che quindi mi si lasci tranquillo.

Trovo correttissima ,la condotta nell'affare della Legazione di Costantinopoli, meglio non avresti potuto procedere. Se la mia approvazione può esserti gradita, l'hai piena ed intiera. Mi rallegro già un mondo di vederti a Vienna nel venturo Gennaio. So che tu pure rimpiangesti grandemente la morte di quell'ottimo povero Balbi, che disgrazia!

Andrassy è uscito vittorioso dalla lotta in seno alle Delegazioni !asciandovi però qualche penna delle ali, intanto mi si dice ch'egli è molto stanco ed anche sofferente. Egli andrà a riposarsi per un po' di tempo nelle sue terre.

Ancora un mi rallegro dì cuore per non esserti trovato tu pure al banco degli accusati in quella Seduta in cui si discussero la politica dei discorsi di Pavia e Lago d'Iseo (l) che ci condussero dove siamo giunti. Non potevi cavartela più a proposito.

Arrivederci presto ...

(l) -Cfr. n. 139, nota 3. (2) -Da Carte Corti. (3) -Cfr. n. 134.
143

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

T. 1693. Vienna, 19 dicembre 1878, ore 18,07 (per. ore 18,50).

Il Governo imperiale e reale presentò oggi al Reichsrath il progetto di legge seguente riguardante i rapporti commerciali fra l'Italia e l'Austria.

Paragrafo I -È data facoltà al Governo di prendere i provvedimenti opportuni in via d'ordinanza per regolare le relazioni reciproche di commercio e di navigazione per il termine del 1° gennaio 1879 sino alla ratifica del nuovo trattato, e ciò nel caso in cui un nuovo trattato doganale di commercio e di navigazione sia conchiuso prima della fine dell'anno 1878.

Paragrafo II -Questa legge entra in vigore dal giorno della sua pubblicazione. Nella relazione accompagnatoria è dichiarato che non si crede necessario né opportuno un termine maggiore di quello proposto fino al 31 gennaio.

(l) Annotazione a margine. «Depretis e Zanardelli >>.

144

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 451. Parigi, 19 dicembre 1878 (per. il 22).

II Conte di Montigny, nella sua qualità di Vice-Presidente del Comitato Anglo-Francese dei detentori di rendita turca (10 Piace Vendòme), è venuto all'Ambasciata di Sua Maestà ed ha formulato la seguente testuale domanda, che cioè «il R. Rappresentante d'Italia a Costantinopoli sostenesse mercè la sua influenza il Conte di Tocqueville, delegato del Comitato Anglo-francese e, a quanto sembra utficialmente raccomandato ai Signori Fournier, Layard, e perfino al Signor Lobanoff. Egli ha l'incarico di salvaguardare gli ~nteressi dei detentori francesi-inglesi di va:lori ottomani (6% e 5 %) e di patrocinare presso la Commissione preparatoria un progetto che offra ad essi un onorevole e regolare assetto. Il Ministro delle Finanze di Turchia ha di già comunicato col Signor di TocqueviiJle (Hotel Royal -Pera), ed è già stata rimessa a Safvet Pacha, colla data del 24 Novembre, una protesta contro il progetto di un nuovo imprestito, che fu pubblicata in Francia ed Inghilterra».

Il Conte di Montigny mi consegnò una copia della suddetta protesta insieme ad un promemoria concernente il debito turco, e ad ogni buon fine ho l'onore di qui uniti trasmettere questi due documenti all'E.V. (1).

145

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, CAIROLI

R. 1347. Costantinopoli, 19 dicembre 1878 (per. il 27).

Ad onta della smentita data recentemente da Sir Stafford Northcote alla Camera dei Lord circa la voce corsa di trattative pendenti tra l'Inghilterra e la Turchia per nuove cessioni territoriali, qui si persiste generalmente a credere che le continue interviste dell'Ambasciatore Britannico coi Ministri Ottomani abbiano per iscopo la preparazione di qualche importante accordo. V'ha persino chi pretende già sapere che si tratti di una convenzione militare in virtù della quale l'Inghilterra sarebbe in data eventualità autorizzata tra le altre cose ad occupare militarmente qualche punto del litorale asiatico dell'Impero ed a farne deposito di truppe e di approvvigionamenti.

Fra questi Rappresentanti Esteri quelli che sembrano attribuire la maggiore importanza ai maneggi del Signor Layard ed adombrarsene sono l'Ambasciatore di Russia e quello di Francia; il primo perché è naturalmente portato a vedere in ogni atto dell'Ambasciatore Inglese a Costantinopoli uno scopo più

o meno direttamente ostile alla Russia; il secondo perché teme che un nuovo accordo tra la Turchia e l'Inghilterra possa dare a quest'ultima tali vantaggi nell'Arcipelago da compromettere l'equilibr:o delle Potenze nel Mediterraneo. Non parmi quindi inverosimile la notizia testè datami che il Signor Fournier vada segretamente influenzando i Ministri del Sultano in un senso contrar:o ai progetti attribuiti all'Inghilterra.

Qualunque cosa sia di questi progetti, credo di potere con sicurezza dichiarare a V.E. come ebbi già a dirlo nel rapporto N. 1340 dell'li corrente (1), che per il momento le pratiche dell'Ambasciatore Britannico sono rivolte ad ottenere la pronta applicazione delle riforme in Asia, ed a regolare la questione delle proprietà demaniali nell'isola di Cipro.

(l) Non si pubblicano.

146

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA

T. 830. Roma, 20 dicembre 1878, ore 13.

Le Mlnistère vient d'etre constitué sous ma présidence. J'assume l'interim des affaires étrangères.

147

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 831. Roma, 20 dicembre 1878, ore 14,30.

Une communication faite hier au soir par Haymerle ne me laissait pas de doute que la prorogation de l'ancien traité ne sera accordée par l'Autriche qu'à la condition que la prorogation de l'ancien traité ait lieu avant la fin de l'année. Nous nous empressons, mes collègues et moi d'examiner l'état de la négociation et j'espère pouvoir vous donner après demain au plus tard des instructions définitives. Il faudrait cependant faire savoir immédiatement au Gouvernement austro-hongrois que la prorogation d'un seui mais ne nous sutnrait pas car les vacances de notre Parlement se prolongeant jusqu'après le moitié de janvier il ne nous serait pas possible d'obtenir avant le 31 de ce mais l'approbation de la Chambre pour procéder à l'échange des ratifications. Le Gouvernement désirerait beaucoup que le nouveau traité fùt signé par V.E. Si

le comte Andrassy n'était pas de retour à Vienne avant la fin de l'année ne pourrait-on pas se borner à parapher les articles du traité et à signer un protocole provisoire constatant l'accord en réservant la signature des instruments jusqu'au moment où le ministre des affaires étrangères sera de retour à Vienne?

(l) Non pubblicato.

148

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 549. Cairo, 20 dicembre 1878 (per. il 28).

In continuazione al mio rapporto del 13 corrente N. 546 (l) ho l'onore informarla che jeri soltanto ho potuto avere una conversazione col Signor Vivian, Agente inglese, per accertarmi delle istruzioni che ha avute da Lord Salisbury riguardo l'ammissione di un italiano nel Ministero Egizio. Questo Collega mi ha confermato tutte le simpatie, tutte le buone disposizioni che il nobile Lord ripetutamente ha manifestate a S.E. il Generale Menabrea di veder soddisfatte le aspirazioni dell'Italia; ma che aveva precise istruzioni di non fare la menoma pressione su questo Governo in nostro favore, e di !asciarlo pienamente libero nella determinazione che intenderebbe prendere, dalla quale potrebbero dipendere delle esigenze di altre Potenze: che sarebbe assai deplorevole che l'Italia rifiutasse in avvenire il suo appoggio all'Amministrazione attuale, che sarebbe illusione volerla credere costituita, e che certamente rovinerebbe se non sostenuta da tutte le Potenze: che l'importante posizione data al Signor Baravelli offre all'Italia vasto campo di esercitare un'influenza altrettanto potente quanto quella di ogni altra Potenza, e che il suo Governo certamente sarà lietissimo della parte data all'Italia nella organizzazione nuova dell'Egitto.

Ho risposto al Signor Vivian che il nuovo Governo Egizio essendosi formato a Londra e Parigi, la simpatia colla quale i due Governi d'Inghilterra e di Francia hanno accolto la nostra dimanda, fondata su ragioni d'interessi indiscutibili, erano state per noi una assicurazione che Nubar Pascià non potrebbe mai risponderei con un rifiuto quando, *se non imposta neppure come altre esigenze lo furono,* fosse esplicitamente consigliato, nel suo proprio interesse, di dare una giusta soddisfazione all'Italia; ma dopo di essersi combinata la nuova amministrazione * tra Lord Salisbury ed il Signor Waddington,* senza neppure consultare questo primo Ministro, il dirgli adesso che è libero nella propria azione, val lo stesso che consigliarlo a non mutar nulla a ciò che è stato fatto; che la situazione stessa, circondata da tante difficoltà, dovrebbe consigliare il nuovo Governo a rinforzarsi con elementi che potrebbero potentemente secondario a sorpassarle, quando fossero chiamati a sostenerlo per garantire i propri interessi, ma che esclusi, per la forza stessa delle cose, e malgrado loro, sarebbero forzati a preoccuparsi dei loro interessi esclusiva

mente; che la situazione nessuno forse la vede più chiaramente di me, vecch:o abitante dell'Egitto, quanto sia difficile e vacillante, quanto il concorso di tutte le Potenze, e dell'Italia particolarmente, può contribuire a salvarla, e quanto la riserva di una sola Potenza, e dell'Italia particolarmente, di preoccuparsi dei soli suoi propri interessi potrebbe aggravarla; che il R. G1lverno potrà riconoscere J'importanza della carica affidata al Signor Baravelli, potrà esser lieto che sia stata affidata ad un italiano, ma giudice egli solo e del nostro diritto, e di ciò che possa esser di nostra convenienza, ad esso solo spetta prendere quella determinazione che crederà, e darmi istruzioni in proposito.

Ho creduto per il momento lasciar ancor in dubbio come l'E.V. vorrà considerare la nomina del Signor Bavarelli ad Uditore Generale. Questa nomina, che ho annunziata per telegramma (1), è stata preceduta dal Decreto di soppressione dei due Controllori, alla quale non hanno fatto opposizione i Commissari della Cassa del debito pubblico, considerando il nuovo controllo come garanzia sufficiente pei creditori.* Unisco i documenti stampati concernenti questi fatti.

Il nuovo Agente Francese il Signor Godeaux non ha presentato ancora le sue credenziali al Khed1ve, per esser questi indisposto, e perciò non l'ho ancora veduto. Vi è però a ritenere ch'egli mi terrà lo stesso linguaggio del Signor Vivian, di che ne informerò l'E.V. per telegrafo onde possa prendere una decisione sul da farsi.

Mi giova informare l'E.V. di alcuni dettagli sulla situazione delle cose, alcuni dei quali ho saputo dal Signor Vivian. *

Un disaccordo tra Nubar ed il Signor Wilson incomincia a prendere allarmanti proporzioni. I pr~mi gevmi si sono veduti nella questione del Controllo. Ora si è spiegata una lotta per la Commissione superiore d'inchiesta. Nubar vuole sopprimerla od esserne il Presidente. Wilson vuoi conservarla quale è sotto la sua Presidenza, stante l'assenza del Signor De Lesseps, conservando il de Blignières e Riaz P ascia, membri della Commissione, ma ora Ministri; i Commissari della Cassa la vogliono, ma indipendente, e perciò esclusi tutti i Ministri.

*Nubar credeva trovare un facile istrumento nel Wilson, il quale ora chiaramente e con atti e con parole dà ad intendere esser il padrone della situazione. Nubar ne è irritatissimo, e se ne è lamentato con molti, ed aggrava la posizione facendo troppo chiaramente vedere che tende ora ad allearsi con l'elemento francese. Il Signor Vivian mi diceva « Si Nubar fait manquer la réussite de la nouvelle administration, il se perdra pour ne se reveler jamais ». Ed è a mia certa conoscenza che i Signori Vivian e Wilson hanno segretamente fatto delle aperture a Scerif Pascià se accetterebbe il Ministero degli Affari Esteri, lo che Scerif ha rifiutato sotto la presidenza di Nubar.*

Ma la più grave complicazione minacciante è la questione dell'ipoteca sulle proprietà cedute dal Khedive, e che si è convenuto dare in garanzia del nuovo imprestito emesso dai Signori Rothschild in nome del Governo Egiziano. Non so come questi Signori abbino potuto anticipare la somma di L t. l.700.000 prima di aver legalmente questa ipoteca, né come abbino potuto determinare sul

contratto firmato col Wilson, le condizioni essenziali di un atto d'ipoteca. Ne è avvenuto che alcuni creditori del debito fluttuante, compresi alcuni portatori di sentenze, vedendo distratta la prima rata dell'imprestito a pagare altri debiti, hanno chiesto e sequestro ed ipoteca su i beni ceduti dal Khedive. Si crede che i tribunali non potranno negarlo, stante che nessuna ipoteca è stata finora ammessa ed inscritta sia a favore di Rothschild, sia d'altri, e succedendo ciò, è da prevedersi che non facili complicazioni sorgeranno tra Rothschild ed il Governo Egiziano.

*Quanta sia l'incertezza dell'avvenire, quanto il timore del pubblico lo vediamo dal ribasso su i fondi Egiziani.*

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 26, pp. 391-393. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 136.

149

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1701. Vienna, 21 dicembre 1878, ore 19,28 (per. ore 20,50).

J'ai communiqué ce matin au Gouvernement austro-hongrois tout le contenu du télégramme de V.E. par rapport au traité de commerce (l). La première réponse a été qu'il faudrait au moins trois jours pour avoir réponse, mais qu'il n'y a aucune probabilité qu'a Vienne et à Pest on consente à prolonger au delà d'un mo:s, le projet de loi à cet effet étant déjà présenté et ayant rencontré assez vive opposition. Quant à la question de la signature on interpellera le comte Andrassy qui sera dans ses terres jusque vers la moitié de janvier, mais je ne crois pas que la solution proposée sera acceptée. M. Ellena prie de faire Ravoir au ministre des finances qu'on nous demande de faire la déclr.ration accordée à Rome dans la séance du 15 janvier 1876, concernant le payement des droit de douane en or. Je n'ai pas besoin de répéter la nécessité de l'urgence déune décision définitive par rapport aux négociations.

150

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 833. Roma, 21 dicembre 1878, ore 22.

Ayant examiné avec mes collègues des Finances et de l'Agriculture et Commcrce, la proposition que V.E. suggérait par son télégramme du 17 de ce mois (2), de présenter à l'Autrice Hongrie pour arriver à la conclusion du traité, je m'empresse de vous annoncer que nous partageons entièrement votre manière de voir et que nous autorisons nos délégués à présenter aux délégués austro-hongrois la proposition ci-dessous, à savoir assimilation de l'acier au fer réduction à 7 francs du droit sur le verre et refus de toute

réduction ultérieure pour le papier. Nos délégués devraient, en outre, chercher, si possible à recouvrer pleine liberté pour Ies instruments de musique, et ceci soit en considération des engagements pris à cet égard envers nos Chambres, soit en vue de notre négociation ultérieure avec la France.

(l) -Cfr. n. 147. (2) -Cfr. n. 139, nota 3.
151

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1702. Vienna, 21 dicembre 1878, ore 23 (per. ore 23,50).

Ministre du commerce sort de chez moi venant de la chambre des députés où prolongation du traité de commerce avec l'Italie aux conditions connues vient d'etere votée. Il m'a déclaré n'avoir pas pu obtenir prolongation au délà d'un mois. Il m'a cependant dit que c'est sa conviction personnelle que si nouveau traité pour fin janvier est parfait, qu'il n'y manque plus que ratifications, la Chambre ne refusera pas une nouvelle prolongation de 15 jours.

152

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2216. Berlino, 21 dicembre 1878 (per. il 26).

J'ai reçu hier le télégramme (l) annonçant l'issue de la crise ministérielle et la constitution d'un Cabinet présidé par V. E. qui assume l'interim des Affaires Etrangères.

Le Secrétaire d'Etat en avait eu aussi l'avis par l'entremise de l'Ambassadeur d'Allemagne.

M. de BiUow m'a témoigné de la satisfaction du retour au pouvoir de V. E., dont il connaissait la longue expé>rience des affaires, et les bonnes dispositions prouvées en maintes circonstances, de conserver les meilleurs rapports entre les deux Etats. Le Cabinet de Berlin attache également le plus grand prix à entretenir avec nous ces relations d'amitié et de confiance, qui ne peuvent que servir nos intéréts mutuels et évidents.

Le Secrétaire d'Etat avait aussi appris avec satisfaction, par M. de Keudell, le choix de M. le Comte Tornielli pour les fonctions de Secrétaire Général, ce diplomate étant réputé à juste titre, comme très versé dans les traditions de la politique internationale.

Tout en regrettant la retraite de S. E. M. Cairoli dont je n'ai eu personnellement qu'à me louer, entre autres lorsqu'il a bien voulu entendre mon avis

12 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

sur le jugement à exprimer dans son discours de Pavie au sujet de notre attitude au Congrès de Berlin, qu'il me soit permis de me féliciter d'entrer nouvellement en rapports avec V. E. Sa bienveillance, je dirai plus, sa confiance, ne m'ont jamais fait défaut dans sa précédente administration. Je ne saurais l'oublier, et c'est pour moi un motif de plus de redoubler de zèle en me conformant aux instructions qu'Il Vous plaira de me transmettre pour le plus grand bien de la Couronne et du Pays.

Je forme en mème temps tous les voeux pour que le Ministère qui vient d'ètre formé ait des chances sérieuses de durée, car les crises trop fréquentes que nous traversons nuisent au jugement qu'on porte sur nous à l'étranger. Certains partis ne sont que trop enclins, au profit de leur cause, à conclure que l'instabilité des hommes au Gouvernement, est un indice précurseur de l'instabilité de l'édifice royal, national et constitutionnel qui nous abrite, et dont ces partis veulent l'écroulement.

(l) Cfr_ n. 146.

153

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1703. Vienna, 22 dicembre 1878, ore 14,40 (per. ore 15,45).

Camme il est de toute nécéssité que traité soit signé avant fin année et que nous sommes déjà au 22 il serait indispensable que l'an fùt autorisé à parapher traité si délégués autrichiens tombent d'accord avec les nòtres sur base télégramme hier au soir de V. E. (1). Je prie V. E. de répondre encore aujourd'hui (2).

Axerio qui est d'accord en tout avec Ellena me prie d'informer V. E. qu'il est parti ce matin pour Milan, où raisons de famille l'appelaient d'urgence.

154

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 834. Roma, 22 dicembre 1878, ore 22,15.

Je remercie V. E. de ses télégrammes d'hier soir et ce matin (3), et je l'autorise soit à résoudre Elle mème les questions qui resteraient encore à régler soit à procéder à la signature des déclarations pour prorogation ancien traité et pour payement en or des droits de douane à l'Autriche, notre vif désir étant que moyennant accord définitif nous soyons au plus tòt assurés de la conclusion du nouveau traité qui doit former la base de nos rapports commerciaux avec tous les autres pays et mème avec la France.

Je fais préparer et j'expédierai sans retard pleins pouvoirs séparés pour

V. E. et pour M. Ellena. Nous attachons cependant le plus grand prix à ce que traité porte signatures de V. E. et du comte Andrassy. J'oserais meme vous prier de vous rendre à Budapest, si cela pouvait faciliter les choses. Je suis si convaincu de l'impression facheuse qui se produirait ici si traité ne portait point signature de V. E. que je me permettrais au besoin de la prier de vouloir bien signer lors meme que M. Schwegel devrait représenter seul l'Autriche.

(l) -Cfr. n. 150. (2) -Per la risposta cfr. n. 154. (3) -Cfr. nn. 149, 151 e 153.
155

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1704. Vienna, 23 dicembre 1878, ore 14,30 (per. ore 15,45).

Je remercie V. E. de la haute preuve de confiance qu'elle a voulu me donner par son télégramme d'hier (1). Je pense que dans la joumée dernières questions tarif seront résolues. Quant à la signature du traité, je viens de faire proposition de signer Andrassy-Schwegel pour l'Autriche, Ellena et moi pour l'Italie. Ceci permettrait aux deux seconds plénipotentiaires de signer d'abord, et leurs pleins pouvoirs étant séparés le traité serait ainsi signé de fait à la date voulue. Il y aurait... (2) d'envoyer signer le traité à Pest, mais au fond de l'Hongrie loin de tout chemin de fer. Le traité porterait ainsi 4 signatures. On vient de télégraphier ma proposition à Andrassy. J'aurai, je pense, réponse demain. Du reste le désir de V. E. est un ordre pour moi si meme Schwegel devait signer seul pour l'Autriche. En attendant, pour etre pret à toute éventualité je prie V. E. d'expédier ce soir meme les pleins pouvoirs séparés pour Ellena et pour moi.

156

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1705. Vienna, 23 dicembre 1878, ore 18,20 (per. ore 19).

Accord étant établi entièrement sur base du télégramme de V. E. (3) sauf pour instruments de musique pour les quels on n'a pas voulu nous faire de nouvelles concessions, j'espère que le traité pourra étre signé vendredi. Dans le meme jour on signerait une déclaration sur les bases suivantes:

Prorogation du traité de 1867 jusqu'au 1er février 1879. Le tarif italien français de 1863 à l'entrée en Italie ne serait plus obligatoire sauf pour le lin, chauvre, bois. L'Autriche, de son còté, aurait faculté de remplacer tarif du traité de 1867 par les droits du nouveau traité que nous allons conclure. Pour elle aussi les tarifs avec la France et de la Zollverein tomberaient.

On nous demande encore de mainteniT en vigueur les conventions sur les chemins de fer annexées au traité de 1867 jusqu'à ce que la convention nouvelle soit stipulée. Je prie V. E. d'approuver modus vivendi proposé et de presser envoi des pleins pouvoirs. La clause concernant les chemins de fer mise camme conditio sine qua non au dernier moment m'impressionne fort désagréablement toutefois je suis d'avis de passer outre au point où nous en sommes et d'accepter (l) .

(l) Cfr. n. 154.

(2) Gruppi !ndec!fratl.

(3) Cfr. n. 150.

157

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1349. Costantinopoli, 23 dicembre 1878 (per. il 31).

Facendo seguito al mio rapporto n. 1346 del 18 corrente (2) ho l'onore d'informare V. E. che sabato scorso, 21, il Sultano ha con suo Iradè Imperiale autorizzato i negoziati per regolare l'occupazione del Sangiaccato di Novi-Bazar dalle truppe Austriache, e che oggi, secondo quanto era stato convenuto, il Gran Vizir fece all'Ambasciatore d'Austria-Ungheria la dichiarazione verbale che la Sublime Porta era pronta a riprendere le trattative per la definizione di quella questione, e desiderosa di vederle condotte a buon fine. Sua Altezza aggiunse che il Governo del Sultano annetteva una grande importanza al mantenimento dei rapporti di amicizia col Gabinetto di Vienna e che gli stava sommamente a cuore di vederli consolidati.

Il Conte Zichy, nel riferirmi quanto precede, mi si mostrò assai soddisfatto di questa dichiarazione che, mi disse egli, risponde interamente a quanto era dal Governo Austro-Ungarico richiesto.

In quanto poi alla ripresa dei negoziati nulla fu ancora, e nulla sarà probabilmente per ora deciso. Quel che attualmente premeva al Conte Andrassy era di avere la dichiarazione della Sublime Porta per valersene dinnanzi alle Camere. E siccome la stagione invernale non consentirebbe un'immediata operazione militare nel Sangiaccato di Novi Bazar, il Gabinetto di Vienna non vede l'urgenza di vincolare sin da questo momento la sua libertà d'azione con una convenzione che non potrebbe ad ogni modo avere effetto che fra tre o quattro mesi.

158

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1350. Costantinopoli, 23 dicembre 1878 (per. il 31).

Confermo il telegramma che ebbi poco fa l'onore di spedire a V. E. (2).

Il Ministro degli Affari Esteri, presso il quale mi recai stamane, mi annunziò che la Sublime Porta aveva aderito al voto espresso dalle Potenze al Congresso di Berlino relativamente ad una rettificazione del confine turco-elleno, e che aveva già nominato i proprii Commissarii incaricati di procedere coi Commissarii del Governo Ellenico ai lavori di delimitazione. La commissione Ottoroana è composta del Muchir Achmed Mouktar Pacha, di Vahan Effendi, e di Abeddin Bey. Alessandro Pacha Caratheodory mi soggiungeva nutrire fiducia che la Grecia terrebbe conto dei sentimenti di conciliazione di cui dà prova la Sublime Porta, e non si mostrerebbe troppo esigente nella rettificazione del confine; doversi considerare che la Grecia non è stata in guerra con la Turchia, e che quanto ad essa verrà dato sarà puro guadagno. Il Governo del Sultano col cedere al des~derio dell'Europa ha voluto togliere qualunque causa di dissidio fra la Grecia e la Turchia, ma non vorrebbe che questa condiscendenza da parte sua aprisse l'adito a nuove future complicazioni. Esso quindi nel tracciare la linea del nuovo confine tra i due Stati farà volentieri il sacrificio di qualche lembo di territorio purché la frontiera sia tale sotto il punto di vista strategico ed amministrativo da non offrire col tempo pretesti a recriminazioni od a nuove pretese. La Sublime Porta mette però a tutto ciò una condizione, ed è che, qualora avessero in avvenire a sorgere nuove divergenze fra la Turchia e la Grecia, le Potenze Europee lascerebbero che le questioni siano trattate e definite direttamente ed esclusivamente tra i due Governi.

(l) -Per la risposta cfr. n. 160. (2) -Non pubblicato.
159

IL CONSOLE A RUSTCHUK, DE GUBERNATIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1710. Rustschuk, 24 dicembre 1878, ore 13 (per. ore 16,35).

Un parti considérable de bulgares s'agite en ce moment ici et ailleurs pour l'élection du Prince et propose candidat Ignatiew malgré opposition apparente des russes. Cette agitation est le produit naturel des aspirations locales que le traité de Santo Stefano encourage. L'assemblée sera définitivement ouverte le 18 janvier à Tirnovo.

160

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 835. Roma, 24 dicembre 1878, ore 18,10.

C'est avec la plus vive satisfaction que je vous félicite du résultat obtenu (1). Les pleins pouvoirs pour V. E. et pour M. Ellena sont partis hier au soir.

Quant à la déclaration portant l'application d'un régime transitoire pour le mois de janvier prochain, je regrette de ne pouvoir pas l'accorder dans la partie qui concerne les modifications du tarif de 1867 jusqu'ici en vigueur. Vous savez que nous pouvons proroger le traité de 1867 tant que ce traité est encore en vigueur sans demander l'autorisation du Parlement pour la simple prorogation. Mais s'il s'agit de modifier le régime en vigueur, ne fU.t-ce que sur quelques points, il nous faut une loi du Parlement que nous ne pourrions à notre grand regret faire approuver en temps utile car les Chambres ne se réuniront que le 14 janvier. Vous devez donc prier le Gouvernement impérial de vouloir bien se contenter de la prorogation pure et simple du traité de 1867 pour la durée d'un mois. De mon coté je me flatte de l'espoir d'obtenir l'approbation du nouveau traité dans le courant de janvier. Pour les conventions des chemins de fer annexées au traité de 1867 je n'ai pas de difficulté à ce que vous signiez une déclaration portant qu'elles restent provisoirement en vigueur. Pour éviter, cependant qu'on nous reproche à la Chambre, surtout en ce qui concerne la question des gares internationales, d'avoir expressément confirmé les accords de 1867, je prie V. E. de vouloir bien faire accepter la formule suivante qui paraitrait ne pas devoir soulever de difficultés:

«Au moment de signer le traité de commerce et de navigation en date de ce jour, les soussignés ayant reconnu que la convention et règles douaniéres pour le service des chemins de fer, bien que signées sous la méme date que le traité de commerce et de navigation du 23 avril 1867, ont cependant le caractère d'arrangements distincts et séparés, déclarent d'après les instructions de leurs Gouvernements, que les susdites conventions et règles douanières restent provisoirement en vigueur, jusqu'à ce qu'on ait épuisé entre les deux Gouvernements la négociation spéciale, actuellement en cours pour la conclusion de nouveaux accords sur ces mémes matières ».

Je dois encore prier V. E., à l'égard des chemins de fer de vouloir bien me dire si on a définitivement rayé du texte du nouveau traité, ainsi que j'ai lieu de le supposer, les articles XXIII et XXIV de l'ancien traité (1). Mon collègue des travaux pubtcs tient beaucoup à cette suppression toute la question concernant les chemins de fer devant, d'ailleurs, étre réservée à la négoclation spéciale.

(l) Cfr. n. 156.

161

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1712 Vienna, 24 dicembre 1878, ore 23 (per. ore 23,40).

Cabinet impérial ayant accepté ma proposition, le traité de commerce sera signé par moi et par Ellena pour l'Italie et par Andrassy et Schwegel pour l'Autriche-Hongrie.

(l) Per la risposta cfr. n. 162.

162

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1715. Vienna, 25 dicembre 1878, ore 15,25 (per. ore 17,40).

J'ai fait au Gouvernement austro-hongrois la communication contenue dans le télégramme de V. E. d'hier soir (l). La féte de noél et l'absence du ministre du commerce retarderont la réponse, mais des entretiens que je viens d'avoir à ce sujet au ministère des affaires étrangères me persuadent qu'on n'obtiendra pas la prorogation pure et simple de l'ancien traité. Les déclarations faites aux autres Puissances et les engagements pris envers les Chambres créent ici un obstacle insurmontable. Nécessairement donc il faudra en venir à l'application du tarif général. On peut pourtant espérer que la péche et le cabotage seront tacitement tolerés pour un mois. La déclaration pour les chemins de fer formulée par V. E. ne semble pas rencontrer obstacle insurmontable. J'ai du reste déclaré que c'était à prendre ou à laisser. N'ayant pas le temps de me procurer nouvelles instructions quant à la suppression des articles 23 et 24 du traité du commerce, je dois déclarer que nous n'avons pas pu la maintenir. J'étais autorisé par instructions données aux délégués à décider moi sur ce sujet et n'ayant pas vu inconvénient j'ai accepté le maintien de ces articles. En l'état de choses je croirais dangereux insister là dessus, et aussi inconvenable. Ainsi si je ne reçois ordre contraire avant signature du traité qui aura probablement lieu vendredi, je ne ferai plus d'observation là dessus.

163

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMANN.

T. 839. Roma, 25 dicembre 1878, ore 23,10.

Veuillez m'informer si le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité accepte le choix de Rustem pacha comme .gouvemeur de la Roumélie orientale.

La Porte nous demande à ce sujet notre agrément et nous désirerlons concerter notre réponse avec les autres Pu:ssances. Quant à nous nous n'aurions aucune objection à faire à ce choix (l).

(l) Cfr. n. 160.

164

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI DEPRETIS

R. 265. Atene, 25 dicembre 1878 (per. il 31).

Ho l'onore di confermarle il telegramma che ho spedito quest'oggi all'E. V. (2), per informarla della comunicazione testé fatta, in nome della Sublime Porta, al Governo Ellenico, in ordine alla vertenza della rettificazione dei confini fra i due paesi. L'Incaricato d'Affari Ottomano ha notificato stamani al Signor Delyanni avere il suo Governo nominato una commissione di tre membri, incaricata di trattare, coi delegati ellenici, della nuova delimitazione di frontiera fra la Turchia e la Grecia, secondo che fu preveduto dal Congresso di Berlino; codesta notificazione doveva riguardarsi come una risposta alla nota diretta, su quell'argomento, dal Gabinetto di Atene alla Sublime Porta, in data del 5 luglio u.s. I Commissari ottomani sono Mouktar Pascià, presidente, Vahan Effendi e Abedine Bey. Al primo di essi sarà riservato di far conoscere al Governo Ellenico la città del territorio ottomano ove, più convenientemente, potrà riunirsi la Commissione.

Questa comunicazione era attesa da vari giorni ad Atene, ove già per altra via era giunta la notizia delle disposizioni della Sublime Porta, in seguito alla recente mutazione di Ministero avvenuta a Costantinopoli. So, infatti che fino dalla scorsa settimana erasi qui costituita, per iniziativa del Ministro della Guerra, una commiss·one presieduta dal Colonnello Sapuntzakis, coll'incarico di incominciare qualche studio preparatorio, al punto di vista topografico, sulla questione dei confini. Fino a questo momento, però, non sono ancora designati i delegati definitivi da mandarsi incontro a Mouktar Pascià, e solo domani verrà sottoposta a Sua Maestà la scelta fra i vari candidati che si indicano per tale missione.

È superfluo il dire che la decisione ora presa dalla Porta è stata accolta in Atene colla più viva soddisfazione. Il Signor Delyanni non si dissimula che la riunione della commissione turco-ellenica è ancora ben lungi dall'implicare una pronta soluzione della vertenza che tanto interessa la Grecia, e della quale sono troppo evidenti le molteplici difficoltà. Egli si lusinga, però, che, non venendo meno alla causa ellenica l'appoggio benevolo delle Potenze, queste troveranno modo d'interporsi, per far accettare alla Porta un equo temperamento, qualora i negoziati diretti che stanno per iniziarsi, andassero, come si teme, a urtare contro ostacoli troppo gravi.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 166, 167, 168, 171 e 172. (2) -Non pubblicato.
165

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 836. Roma, 26 dicembre 1878, ore 14,10.

Je regrette bien vivement les difficultés qui paraissent s'opposer, à Vienne, à la prorogation pure et simple du traité pour un mois (1). L'application, mème à titre provisoire, d'un régime différent de celui de 1867 est, pour nous, constitutionnellement impossible du moment que nous ne sommes pas en mesure de provoquer là-dessus un vote des Chambres. Le Gouvernement austro-hongrois ayant, au contraire obtenu de ses Chambres la faculté d'aviser à la situation par voie d'ordonnances, pourrait, ce nous semble, user de cette faculté pour consentir à la prorogation. La vive satisfaction que nous éprouvons en voyant, grace à la conclusion du nouveau traité, les rapports entre les deux pays prendre un aspect de plus en plus intime et conforme à leurs intérets, nous engage également à espérer de l'aplanissement de cette dernière difficulté relative au régime transitoire. Nous croyons qu'il faut éviter à tout prix, à cause de l'impression que cela produirait en Italie aussi bien qu'en Autriche, l'application, meme pendant un mois seulement, du tarif général. Dans le cas où le Cabinet autrichien ne voudrait pas céder sur ce point, nous devrions de notre còté, en présence d'un obstacle constitutionnel nous résigner pour un mois à rester sans traité, nous accepterions avec plaisir et avec promesse de réciprocité les adoucissements administratifs concernant la péche et le cabotage.

Quant aux articles XXIII et XXIV V.E. peut passer outre sans insister davantage pour la suppression.

166

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1718. Parigi, 26 dicembre 1878, ore 14,20 (per. ore 16,05).

On a répondu au ministère des affaires étrangères que le choix de Rustem pacha camme gouverneur de la Roumélie orientale, est très bien accueilli ici. Son caractère européeen et son attitude dans une question religieuse récente le rendent fort sympathique à Paris.

168

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1720. Berlino, 26 dicembre 1878, ore 17,24 (per. ore 18,30).

Avant de se prononcer relativement au choix de Rustem pacha le Cabinet prussien attend de connaitre ce qu'en pensent les Puissances plus directement intéressées. C'est dans ce sens me dit BUlow qu'il a été répondu provisoirement à l'ambassadeur ottoman.

168.

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1721. Vienna, 26 dicembre 1878, ore 18,10 (per. ore 20,40).

Choix de Rusten pacha a été communiqué par l'ambassadeur de Turquie au baron Calice qui en a aussitòt informé Andrassy par télégraphe. Jusqu'ici on n'a pas de réponse de ce dernier Cl).

(l) Cfr. n. 162.

169

ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

1'. 1726. Vienna, 27 dicembre 1878, ore 18 (per. ore 19,50).

Le traité de commerce vient d'étre signé. Les ratifications en doivent etre échangées à Rome avant le ter février. Le nouveau traité entrera en vigueur en date de l'échange des ratlfications.

La question du régime provisoire pour le mois de janvier n'a pas marché jusqu'ici. Je retiens ici commandeur Ellena jusqu'à solution de cette dernière question.

J'envoie demain traité par Camporeale ici de passage pour Rome.

170

IL MINISTERO DELL'INTERNO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

N. R. 8012. Roma, 27 dicembre 1878 (per. il 28).

Nel giorno 22 corrente ebbe luogo a Venezia la commemorazione dei martiri di Belfiore. Essendo venuto a notizia di questo Ministero che a quella commemorazione doveva intervenire, con la propria bandiera, anche la Società delle Alpi Giulie, di recente costituitasi a Venezia fra gli emigrati delle provincie italiane tuttora irredente, furono impartite le necessarie istruzioni al Prefetto perché consigliasse quella associazione a non intervenire e perché ad ogni modo impedisse la comparsa di una bandiera che avrebbe potuto turbare gli ottimi rapporti fra i Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria.

Malgrado gli offici del Prefetto e le promesse della Società predetta, allorché si spiegarono le bandiere delle molte associazioni concorse alla festa commemo

rativa, si scorse dall'autorità di pubb~lca sicurezza che una di quelle portava le fascie abbrunate con la iscrizione «Trieste e !stria». Immediatamente un funzionario di sicurezza pubblica invitò il portatore della bandiera a consegnargliela; ciò che fu fatto senza opposizione, e la festa fu continuata e compiuta senza inconvenienti.

Credo opportuno rendere di quanto sopra informata l'E. V. per intelligenza.

(l) Con t. 15 del 5 gennaio Robilant comunicò che il Governo austriaco aveva comunicato alla Turchia di non avere obiezioni alla nomina di Rustem pascià.

171

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 277. Pietroburgo, 27 dicembre 1878 (per. il 2 gennaio 1879).

Mi recai jeri da S. E. il Signor de Giers per domandargli quali fossero le intenzioni del Governo Imperiale Russo intorno alla nomina eventuale di Rustem Pascià come governatore della Rumelia Orientale. Il Signor de Giers osservò anzi tutto, che, secondo l'Art. 17° del trattato di Berlino, tale nomina richiede il consenso di tutte le Potenze contraenti. Quindi mi disse che prima di fissare una scelta qualsiasi a questo riguardo, era indispensabile che fosse dato eseguimento all'Art. 18° del trattato predetto, secondo il quale devono essere determinati i poteri e le attribuzioni del Governatore. Risulta perciò dalle parole del Signor Giers che il Governo Russo non ammette ufficialmente, per parte sua, la discussione sulla nomina del futuro Governatore della Rumelia Orientale fino a che non saranno stati determinati i poteri e le attribuzioni che dovranno competergli. Ciò non di meno il Signor de Giers entrò meco in qualche considerazione intorno alla persona di Rustem Pascià; e mi disse che durante la sua missione a Pietroburgo, Rustem Pascià s'era fatto apprezzare e ben vedere sia dal Governo Imperiale sia dalla Società russa, ma che di poi s'era mostrato non troppo fortunato amministratore al Libano, ove in varie circostanze il suo modo di governare aveva destato nelle popolazioni cristiane malcontenti e proteste. Osservò poi incidentalmente che sarebbe molto a desiderarsi che il nuovo Governatore appartenesse possibilmente alla religione ortodossa alla quale appartiene la maggioranza della popolazione della Rumella Orientale.

In quest'occasione il Signor de Giers espresse il suo timore che alla partenza delle truppe russe da quelle regioni, l'agitazione, i torbidi e gli atti di violenza fra cristiani e turchi abbiano a riprodursi. Interrogato da me se la questione d'un'occupazione mista fosse stata messa innanzi in questi ultimi giorni, il Signor de Giers mi disse che nessuna entratura era stata fatta al riguardo al Governo Russo da altre Potenze, o ad altre Potenze dal Governo Russo. L'opinione di S. E. è che una proposizione di simil fatta sarebbe di una attuazione impossibile e quindi in nessuna guisa accettabile. S. E. propenderebbe piuttosto ad un'occupazione temporaria di truppe appartenenti ad uno Stato neutro, come la Svizzera, per esempio od il Belgio. Ma espresse questa opinione, come affatto a lui personale, e senza insisterei altramente.

172

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMANN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1729/196. Londra, 28 dicembre 1878, ore 21,52 (per. ore 23,55).

Lord TenteTden m'annonce à l'instant qu'une réponse fa'l'melle vient d'etre donnée au Gouvernement turc par l'entremise de cette ambassade ottomane pour accuser réception de sa communication touchant choix de Rustem pacha camme gouverneur général de la Roumélie orientale et pour l'informer que le Gouvernement britannique consent avec plaisir à cette nomination. Menabrea est arTivé ce soir.

173

L'ONOREVOLE MUSSI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

L. P. Rovato, 28 dicembre 1878.

Ciò che io prevedevo da Tunisi si va pur troppo man mano verificando. S'Ella ha la cortesia di farsi consegnare il mio rapporto confidenziale, senza numero, del 22 agosto (l), potrà convincersi ch'io fin d'allora avea visto qual' era la esatta situazione e dato il grido d'allarme.

Dei terreni Sancy e delle pretese francesi de' quali ora parla il telegrafo lo scrissi in più d'un rapportD: ed è questione gravissima. La Francia ha ad occidente della Reggenza tutta la sua ferrovia, ed attorno ad essa e terre ed industrie. Se ora giunge ad occupare anche questa pretesa proprietà Sancy che è di circa 6.000 etta1i, proprio alle porte di Tunisi, fertile quant'altre mai, l'unica

o quasi irrigabile, vicina alla ferrovia -se ciò fa, e se, com'io pure previdi, si inizia ad Oriente della Reggenza, con un pretesto o con un altro, a titolo di scienza o di sperimento, la impresa dei Chotts -la Tunisia è per noi perduta ed irremissibilmente.

Già, appena dopo la mia partenza da Tunisi, la Francia che a parole nega ogni voglia di annessione o di protettorato, ha rialzate le sue prepotenze, ed ha imposto a suo modo la soluzione dell'Auvergne che, me presente, non aveva neppure osato d'intavolare, come non osava allora insistere per l'affare dei Chotts e dei terreni Sancy.

Convien quind'opporsi subito a questa continua ed oramai decisiva inv::tsione amministrativa: e le ragioni o i titoli non mancano.

Del resto io parlo per amor di patria, non per altro. Mandi l'E. V. a Tunisi, e subito, un Agente politico a tener testa e far atto di vigilanza, perocché i Consoli e la Direzione Generale dei Consolati, usi a più ristrette vedute, non intendono tali cose, e non le ponna né prevedere né affrontare.

Io ho fatto con ciò il mio dovere: lo compirò, quando occorra, chiedendo alla Camera quali furono i provvedimenti del Governo. Ma io sono sicuro ch'Ella, la quale vide prima l'urgenza d'una politica seria ed attiva nella Tunisia, saprà a tempo e vedere e riparare.

(l) Cfr. serie II, vol. X, n. 457.

174

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 842. Roma, 30 dicembre 1878, ore 18,50.

Haymerle nous propose camme régime transitoire pour le mais de janvier, de maintenir le statu quo pour les importations austro-hongroises en Italie et d'appliquer immédiatement, pour les importations italiennes en Autriche-Hongrie, le tarif annexé au traité du 27 de ce mais. J'ai prié Haymerle d'attendre ma réponse jusqu'à ce soir, ayant voulu me réserver d'examiner encore, de concert avec mes collègues cette grave question. En attendant pour gagner du temps, et pour le cas où nous nous décidions à accepter la proposition austrohongroise, je m'empresse de vous transmettre la formule qui nous paraitrait offrir le moins de prise à une critique fondée sur la lettre de notre constitution. Elle ne devrait, d'ailleurs, pas soulever d'objection de la part de la Chancellerie viennoise, car elle coi:ncide au fond avec la proposition du baron de Haymerle. Voici cette formule:

«En vue d'aviser à la situation des rapports commerciaux et maritimes entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie pour la période qui devra s'écouler entre l'échéance du traité du 23 avril 1867 et l'échange des ratifications du nouveau traité signé à Vienne le 27 de ce mais les soussignés, à ce dument autorisés, sont convenus de ce qui suit: «Le traité de commerce et de navigation conclu entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie le 23 avril 1867 reste provisoirement en vigueur jusqu'à l'échange des ratifications du traité signé à Vienne le 27 de ce mais, et au plus tard jusqu'au 31 janvier 1879, avec la réserve, cependant que l'Italie consent, de san còté, à ce que l'Autriche-Hongrie applique aux importations italiennes le tarif B annexé au traité du 27 décembre 1878, en lieu et place soit du tarif B annexé au traité du 23 avril 1867, soit des tarifs conventionnels austro-allemands, et austro-français, visés par l'art. 8 de ce meme traité ».

Il est b1en entendu que V. E. ne devra présenter, en ce sens, une proposition quelconque au Cabinet austro-hongrois qu'après avoir reçu les instructions définitives que je me propose de lui expédier plus tard dans la soirée (1). Nous sommes, d'ailleurs, indifférents à ce que l'accord soit constaté au moyen d'un échange de notes ou bien au moyen d'une déclaration.

(l) Cfr. n. 176.

175

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1735. Vienna, 30 dicembre 1878, ore 19 (per. ore 20,30).

J'ai lieu de croire qu'ambassadeur d'Autriche a été chargé d'expliquer à

V. E. raisons qui empèchent Cabinet impérial proroger pour un mois traité existant. Du reste M. Ellena qui arrivera demain matin, les dira lui. Du reste je viens d'apprendre de source certaine que dès qu'on a eu connaissance à Berlin présentation loi autorisant Gouvernement impérial à établir régime provisoire avec nous l'ambassadeur d'Allemagne a été ici chargé de faire catégoriquement sentir que prolongation mème provisoire traité avec nous serait contraire aux arrangements formels pris avec Berlin. Ceci est dane raison principale refus Autriche. Je prie V. E. de m'informer du résultat démarche faite à Rome par ambassadeur impérial.

176

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 843. Roma, 30 dicembre 1878, ore 24.

Faisant suite à mon télégramme d'aujourd'hui (l), j'autorise V. E. à signer une déclaration ou bien à échanger des notes d'après la formule que je vous ai transmise. Les dispositions nécessaires devant ètre encore prises dans la journée de demain, je vous prie de m'expédier un télégramme d'urgence aussitòt que l'entente se sera définitivement établie pour l'arrangement trans[toire (2).

Il est bien entendu que vous étes autorisé à accepter les légères modifications de rédaction que le Cabinet impérial pourrait désirer introduire dans la formule que je vous ai transmise.

177

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 1737. Vienna, 31 dicembre 1878, ore 15 (per. ore ...).

En conséquence des instructions de V. E. je viens de signer la déclaration suivante: Déclaration

En vue d'aviser au réglements des rapports commerciaux et maritimes entre l'Italie et l'Autriche Hongrie pour la période qui devra s'écouler entre

l'échéance du traité du 23 avril 1867 et l'échange des ratifications du nouveau traité signé a Vienne le 27 décembre courant, les soussignés, à ce dùment autorisés sont convenus de ce qui suit:

Le traité de commerce et de navigation conclu entre l'Italie et l'Autriche Hongrie le 23 avril 1867 reste provisoirement en vigueur jusqu'à l'échange des ratifications du traité s:gné à Vienne le 27 de ce mois à savoir jusqu'au 31 janvier 1879; avec la réserve cependant que l'Italie consent, de son còté, à ce que l'Autriche Hongrie applique immédiatement aux importations italiennes le tarif annexé au traité du 27 courant, en lieu et piace soit du tarif de 1867, soit des tarifs conventionnels austro allemand et austro fmnçais visés par l'art. 8 de ce meme traité.

En foi de quoi les soussignés ont signé la présente déclaration et y ont apposé le sceau de leurs armes.

Fait en double expédition le 31 Décembre 1878.

signé Robilant Pour le Ministre des Affaires Etrangères

signé Schwegel

Cette déclaration sera publiée demain dans la Wiener Zeitung (l).

(l) -Cfr. n. 174. (2) -Cfr. n. 177.
178

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 850. Roma, 31 dicembre 1878, ore 23,55.

Je remercie V. E. de ses télégrammes d'aujourd'hui (2). Le texte de la déclaration que vous avez signé coincide entièrement, sauf ,quelques changements insignifiants, avec celui que je vous avais transmis hier (3). Je m'empresse donc d'exprimer à V. E. toute ma satisfaction pour le résultat obtenu. Une notification a pu encore etre insérée, au sujet de la prorogation, dans la Gazette otficielle d'aujourd'hui.

179

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. R. 753. Roma, 31 dicembre 1878.

Son ben grato a V. E. delle notizie fornite col rapporto n. 2213 del 15 di

questo mese (4}, circa uno scambio di idee intervenuto fra i Gabinetti di Pie

troburgo e di Berlino in vista dei pericoli che minacciano l'ordine sociale.

Amo constatare che il programma formulato su tale argomento dall'ammi

nistrazione che ho l'onore di presiedere corrisponde pienamente ai concetti

( 4) Cfr. n. 132.

espressi a v. E. dal Signor di B1llow. Come dichiarai alla Camera dei Deputati nella tornata del giorno 20, sarà cura principalissima dell'attuale amministrazione di mantenere l'ordine pubblico, applicando le leggi vigenti.

Una vigile applicazione delle leggi interne degli Stati europei ed un mutuo scambio di utili informazioni, bastano per ora, a mio credere, senza che sia necessario stipulare formali accordi internazionali. a porre un argine ai pericoli della propaganda anarchica.

(l) -Con t. 1738, pari data, ore 18 Robilant comunicò di aver dovuto ricostruire il testo della dichiarazione prescrittagli poiché Il t. 842 (cfr. n. 174) gli era giunto pieno di errori di cifra. (2) -Cfr. n. 177 e nota l allo stesso. (3) -Cfr. n. 174.
180

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA

D. 169. Roma, 31 dicembre 1878.

L'incaricato d'affari di Grecia è venuto a darmi lettura di tre dispacci del suo Governo. Essi riguardano: 1° l'emozione prodotta in Candia dal richiamo di Caratheodory Pascià, in opposizione al regolamento organico che fissava la durata delle funzioni di quel Governatore a 5 anni; 2° i maneggi delle autorità ottomane per ottenere che le popolazioni comprese nella zona da cedersi alla Grecia sottoscrivano una dichiarazione di non volere essere cedute; 3° la colonizzazione che la Turchia mira a fare in certe località vicine a Salonicco di popolazioni bulgare che nel dispaccio della Cancelleria ellenica si denunziano come rapaci e perturbatrici dell'ordine pubblico.

Ho risposto che sul primo dispaccio non mi pareva esservi luogo a discussione e che quindi riteneva come semplice schiarimento le notizie in esso contenute. Del secondo e del terzo dispaccio ho preso nota, ringraziando della comunicazione.

Ho stimato utile parteciparle quanto precede, per sua informazione.

181

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 752. Roma, 31 dicembre 1878.

Mi pregio di trasmettere alla S. V. Illustrissima copia d'un rapporto della

R. Ambasciata a Parigi (l) al quale sono unite copie di un promemoria sulla situazione che viene fatta dal Governo turco ai detentori di rendita di esso Stato e d'una protesta presentata a Costantinopoli dal relativo Comitato AngloFrancese.

Il Vice Presidente dello stesso Comitato ha domandato al R. Governo di assicurare l'appoggio di cotesta R. legazione al suo delegato nell'anzidetta città

affine di salvaguardare i diritti dei creditori europei innanzi alla Commissione

finanziaria ultimamente colà riunita.

Io non ho difficoltà di autorizzare la S. V. Illustrissima ad intendersi cogli

Ambasciatori di Francia e d'Inghilterra per l'appoggio da darsi al rappresen

tante del Comitato dei detentori.

Ella vorrà però avvertire che questo appoggio non deve contenere una ade· sione implicita a transazioni onerose pei creditori del Governo turco, giacché per acconsentire a siffatte transazioni, come per respingerle il R. Governo non ebbe mandato dai numerosi creditori italiani della Turchia.

Mi occorre da ultimo dirle che il R. Governo trattandosi di affare che

riguarda numerosi italiani per una considerevole somma impegnata nel debito

turco, ha interesse di essere tenuto al corrente di tutto ciò che si riferisce a

queste pratiche iniziate a Costantinopoli.

(l) Cfr. n, 144.

182

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1085/178. Londra, 31 dicembre 1878 (per. il 3 gennaio 1879).

Ho l'onore di rassegnare a V. E. una copia qui unita della lettera ch'io ricevo da S. E. Nubar Pascià in risposta a quella che dietro autorizzazione di codesto Ministero io gli aveva indirizzata in data dell'H Novembre p.p. e della quale io diedi comunicazione al predecessore di V. E. col mio rapporto dello stesso giorno (politico n. 968) (1).

L'E. V. scorgerà dalla lettera di Nubar Pascià che la mia insistenza non fu forse inutile per fare concedere all'Italia qualche soddisfazione nell'ordinamento della nuova amministrazione Egiziana e che Nubar Pascià sembra aver fatto quanto era possibile, viste le circostanze dalle quali egli era vincolato.

ALLEGATO

NUBAR PASCIA A MENABREA

L. P. CONFIDENZIALE. Le Caire, 12 décembre 1878.

M. de Martino, sur ma prière, doit avoir fait connaitre à V. E. la cause du retard que je mets à répondre à votre lettre si bienveillante. Je ne pouvais pas, en effet, répondre d'une manière banale à l'appel si chaleureux que V. E. a fait à mes sentiments de reconnaissance envers le Gouvernement du Roi et surtout envers votre personne, vous, qui m'avez soutenu et encouragé dans des temps où certainement il fallait un eertain courage pour me défendre et me soutenir.

La question d'adjoindre au Cabinet actuel un membre pris en Italie a, dès le principe, été une cause de trouble pour mon esprit.

L'arrangement qui est intervenu pour la nouvelle organisation a eu pur but de remplacer deux contròleurs par deux ministres. Je prie v. E. de remarquer que ces deux personnes n'étaient de simples contròleurs, mais exerçaient un véritable pouvoir admi

13 -Documer1tt diplomatici -Serie II -Vol. XI

nisiratif en déhors du Ministre. Le changement intervenu a amélioré, au point de vue de notre administration, une situaiion déjà acquise par la France et l'Angleterre. Dans ces conditions, l'adjonction d'un membre italien eut été une innovation dont mes collègues et le pays auraient pu et devaient me demander la raison. Je connaissais d'avance les difficultés que j'aurais eu à rencontrer. D'un autre còté, il ne pouvait entrer ni dans mon esprit, ni dans l'esprit de personne, que dans l'intérèt de l'Egypte je puisse laisser une grande Puissance mécontente et en dehors.

J'ai cru donc, Excellence, faire mon devoir envers le pays, envers mes collègues, et envers le Gouvemement du Roi en réservant dans mon esprit une position indépendante et élevée dans notre administration à un de vos compatriotes. C'est ce qui en effet va avoir lieu. M. Baravelli, notre Commissaire à la Caisse de la Dette publique, va o::cuper ce poste indépendant. Sous le titre de Contròleur ou d'auditeur général

M. Baravelli deviendra le véritable régulateur de toute notre administration, à commencer par le Ministère lui-mème.

Je suis persuadé que le Gouvernement du Roi sera satisfait de cette combinaison qui, si je ne me trompe, donne à M. Baravelli une position analogue à celle que M. Scialoja a occupée chez nous.

J'espère que V. E. verra aussi dans la nomination de M. Baravelli l'expression de mes sentiments personnels envers V. E. et qu'Elle voudra bien soutenir et encourager l'Egypte dans la difficile situation où elle se trouve, de mème qu'elle m'a soutenu et encouragé jadis.

(l) Non pubblicato.

183

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1359. Costantinopoli, 31 dicembre 1878 (per. il 7 gennaio 1879).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che il Sultano ha autorizzato con Iradè Imperiale i negoziati per la conclusione di un trattato definitivo di pace tra la Turchia e la Russia. Sono nominati Plenipotenz·arii Ottomani Alessandro Pacha Caratheodory, Ministro degli Affari Esteri, ed Alì Pacha Presidente del Consiglio di Stato. I negoziati cominceranno domani alla Sublime Porta, e si crede generalmente che non dureranno a lungo, essendo voce che sui punti principali del trattato siasi già proceduto ad un soddisfacente scambio d'idee nelle conferenze preliminari tra l'Ambasciatore di Russia ed il Ministro Ottomano degli Affari Esteri.

Nel segnare a V. E. ricevuta dei r:veriti dispacci n. 749, 750 e 751 in data

13, 17 e 19 dicembre (l) ...

184

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (2)

L.P. Roma, 4 gennaio 1879.

Non Le sarà forse discaro che, approfittando del corriere, io le parli un poco in confidenza della posizione politica del Governo e dei rapporti nostri attuali con l'Austria.

Dell'una cosa e dell'altra è impossibile parlare senza toccare delle persone, epperciò questa mia lettera ha un carattere d'intimità che non ammette terzi nella nostra confidenza.

Checché se ne voglia dire e {ar credere, fino dal settembre dell'anno passato il movimento accelerato che avrebbe in breve ora condotto il nostro paese alla repubblica, era stato avvertito dai più sinceri amici dell'istituzione monarchica. Bisognava fermarsi e fermarsi presto sotto pena di andar ruzzolando sino in fondo all'abisso.

Non era questione di fare il processo delle intenzioni di alcuno dei nostri uomini politici. Con le migliori intenzioni del mondo si conducono i paesi a sicura rovina se delle necessj_tà di governo non si ha un'idea chiara e sopratutto se, coll'illusione di conciliare cose fra di loro inconciliabili, si arriva poco a poco a creare nelle masse una perniciosa confusione d'idee che toglie alle medesime ogni fermezza nell'attaccamento alle istituzioni costituzionali del paese. L'attentato esecrando di Napoli, provvidenzialmente fallito, venne a fermarci sopra la pericolosa china. Nel primo momento dell'emozione la gran massa degli Italiani sentì la necessità di fare una sosta in una corsa piena di pericoli che si faceva ad occhi bendati.

Le discussioni della Camera in novembre si sarebbero chiuse in favore degli uomini che stavano al Governo, che il paese non avrebbe più capito nulla e lo scetticismo delle masse rispetto alle istituz.oni ne sarebbe stata la fatale ed inevitabile conseguenza.

Sarebbe stato certamente desiderabile che la personalità di Cairoli, distaccandosi da coloro che nel paese erano indicati come compagni compromettenti, avesse tolto a costoro la forza che traggono dalla popolarità di cui gode l'antico presidente del Consiglio. Ma vi era pericolo in mora. Prescindendo da ogni altra considerazione, bisognava ad ogni costo impedire che il sentimento del paese fuorviasse, che nell'opinione pubbllca penetrasse la convinzione che le cose erano già arrivate a quel punto dove l'esistenza della monarchia diventa una semplice questione di tolleranza.

Tutto ciò che fu fatto prima e dopo l'attentato per distaccare Cairoli dalla frazione repubblicana della sinistra, sarebbe troppo lungo narrare. Basta dire che fu tutta opera vana.

A questo punto che cosa si doveva fare? Molti vagheggiavano l'idea della formazione di un nuovo partito. L'antica sinistra monarchica, insieme alla nuova destra (gruppo Sella) avrebbero certamente riscosso l'applauso quasi universale se muovendosi insieme si fossero riunite in un solo partito. Ne sarebbe sorto un governo forte che avrebbe potuto contare forse qualche anno di vita. Ma dopo?

I ministeri parlamentari hanno sempre questo dopo.

Il giuoco delle istituzioni non può compiersi regolarmente se il potere non può passare ad altre mani. E nel caso nostro sarebbe appunto ciò che avrebbe dovuto accadere se tutte le frazioni sinceramente monarchiche si fossero riunite in un solo partito, perché a formare l'opposizione si sarebbero trovati soli i repubblicani più o meno mascherati.

Il passo al quale Depretis e Sella erano spinti, era dunque della più alta gravità per le conseguenze future. Avrebbe rimediato bene al presente ma comprometteva l'avvenire.

Depretis preferì tentare un'opera di transizione. Opera eminentemente patriottica e di profonda devozione al Re ed alle istituzioni. Egli non si è fatto e non si fa alcuna illusione sulla immensa difficoltà dell'impresa. Ma il tentativo di raccogliere intorno a sé una frazione del partito di sinistra sana dalla lebbra repubblicana ha due scopi: il primo di togliere al governo che succedeva a quello di Cairoli-Zanardelli qualunque carattere di reazione e preparare così il ritorno della destra senza scosse per la monarchia; il secondo di mantenere vivo nel parlamento il partito di sinistra monarchico destinato a rappresentare, quando la destra fosse al potere, l'opposizione di Sua Maestà ed a tenere lontano dal Governo l'elemento repubblicano. Queste cose si capiscono poco in paese. Non è dunque da meravigliarsi che ancora meno si siano comprese all'estero.

Però ciò che tutti sentono diggià. è una maggiore sicurezza. Si può notare quello che in francese si dice apaisement des esprits. Malgrado gli attacchi di ogni genere che sono rivolti alla nuova amministrazione, è un fatto, e tutti lo sentono, che le autorità hanno ripreso coraggio e lena per opporsi alle mene dei farabutti. Sotto questo aspetto qualche risultato è stato ottenuto.

Non è a dirsi con ciò che la posizione parlamentare sia lungamente tenibile. E l'autorità del governo ne scapita. Qualche miglioramento pare però potersi notare anche a questo riguardo.

Tale essendo la posizione vera del governo, Ella può comprendere quanto riesca dispiacevole il vedere l'attuale Gabinetto fatto punto di mira di una sistematica ostilità per parte di alcuni governi esteri. Ciò non può derivare che da inesatto concetto di ciò che la nostra presente amministrazione realmente rappresenta.

A capo di questa sorda ostilità sta qui l'Ambasciata d'Austria. Questa imbevuta di tutte le fiabe che la perversità di un nostro diplomatico ha qui e altrove propagato sul conto delle Amministrazioni passate, nell'unico scopo di fare a se medesimo una posizione che con mezzi onesti non avrebbe potuto ottenere, dimostra anche troppo palesemente il suo mal animo per il ritorno alla Consulta degli attuali amministratori.

Ella mi dirà perché un governo permette che si possa, falsando i fatti, inventando ogni specie di cose, creare un'atmosfera nella quale il credito del paese viene sacrificato ad interessi di posizione personale?

Non domandiamoci il perché di molte cose in Italia. Quando ci troviamo in presenza di certe turpitudini, stringiamo le fila degli onesti e cerchiamo di riparare ai danni.

Ella comprende, caro Generale, che se la mia persona fosse di ostacolo per il bene del Re e del paese, mi sacrificherei per il primo. Ma il cedere dinnanzi alla malevolenza che non rifugge dalle calunnie, sarebbe atto per se medesimo nocivo a quel credito in cui mi pare necessario cercare di tenere il paese. Se i maneggi di un diplomatico estero dovessero avere gain de cause in quistioni di formazione di ministeri, preferirei che l'Italia non fosse stata fatta. L'ignominia nostra sarebbe minore. Pare a me invece che quando un diplomatico non so se troppo credulo o compiacente verso un ministero, si trova d'essersi messo in una posizione dispiacevole verso il ministero che vien dopo, la buona politica insegnerebbe la necessità di una traslocazione. La posizione in cui noi ci troviamo all'interno ci vieta ogni iniziativa a questo riguardo; ma se la posizione nostra avesse a modificarsi in meglio, forse ritornerei sopra ·questo argomento. Oggi lo tocco perché a Lei serva di spiegazione di non poche cose, per esempio del risveglio di quella fabbrica privilegiata di canards tendenziosi che contro l'Italia si tiene sempre pronta nelle officine del presse bureau di Vienna e di altre simili seccature.

Per intanto, caro Conte. non posso che fare un appello ben caloroso alla sua buona amicizia per avere da Lei ogni miglior aiuto nell'opera ingrata che ho intrapreso unicamente per un alto sentimento del dovere.

(l) -È edito solo il d. 749 al n. 130. (2) -Da Carte Robilant.
185

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AF'FARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

T.13. Roma, 5 gennaio 1879, ore 23,55.

Le Gouvernement italien n'a aucune objection à faire au choix de Rustem pacha camme gouverneur général de la Roumélie orientale. Quant à l'agrément formel je suppose qu'il aura lieu soit par protocole soit par tout autre acte diplomatique ainsi qu'il a toujours été fait pour la nomination des gouverneurs généraux du Liban. Nous désirons que pareil acte soit fait à l'unanimité par toutes les Puissances signataires du traité de Berlin. Vous ètes donc autorisé a vous associer aux représentants des autres Puissances pour prendre part aux formalités qui devront s'accomplir. Si l'unanimité n'existe pas vous me demanderez des instructions par télégramme.

186

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D.754. Roma, 5 gennaio 1879.

Sono grato all'E.V. delle notizie fornitemi col rapporto del 22 dicembre scorso, n. 2217 (l) circa la questione relativa al riconoscimento dell'indipendenza rumena.

Quasi simultaneamente un rapporto del R. Ambasciatore a Pietroburgo mi annunciava che, con la ammissione del Principe Ghika in qualità di Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario di Romania la Russia ha oramai regolato col Principato i suoi rapporti diplomatici officiali.

Gioverebbe ora sapere se le risoluzioni parlamentari prese da ultimo a Bukarest per la convocazione delle Camere di revisione non possano sembrare un pegno della seria volontà della Rumania di soddisfare alla condizione impostale dal congresso di Berlino.

Nello stato attuale di cose è degno di nota il fatto che gli Stati limitrofi della Rumania, ossia quegli stessi Stati che hanno nel Principato numerosi sudditi di religione ebra'ca, sono quelli che hanno creduto di potere stabilire regolari rapporti diplomatici; mentre quelli che tuttora se ne astengono, sono gli Stati che certamente non hanno meno degli altri interesse a difendere un gran principio liberale ed umanitario, ma praticamente non hanno occasione di applicarlo in Rumania, non avendovi da tutelare israeliti della propria nazionalità.

(l) Non pubblicato.

187

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R.2219. Berlino, 5 gennaio 1879 (per. l'8).

Le Comte de St. Vallier vient de faire une course à Friedrichsruhe dans le Lauenburg. Les commentaires vont leur train. Le bruit s'était répandu d'une mésintelligence entre lui et le Chancelier de l'Empire. Cette visite écartera cette rumeur. D'après une autre version, l'Ambassadeur, devant partir la semaine prochaine pour un congé d'une quinzaine de jours, aurait voulu fournir directement au Prince de Bismarck les déclarations les plus rassurantes sur le résultat prévu des élections sénatoriales, qui auront lieu demain en France, et en apporter le satisfecit à Paris. Il les aurait représentées comme le triomphe du parti républicain, modéré à l'intérieur et pacifique à l'étranger. A ce compte on serait bien près de canoniser M. Gambetta, le Chef du Gouvernement occulte. Dans ce cas, on pourrait présumer quelles seraient les impressions du Prince de Bismarck. Il ne saurait voir d'un mauvais oeil se développer une situation présageant de graves embarras à un parti qui, se croyant maitre du terrain, ne tardera pas à se fractionner, à s'affaiblir lui-mème, et à paralyser le pouvoir centrai. Dans ces conditions, il ne trouvera pas d'allié, sur le concours duquel il puisse compter en cas de guerre avec l'Allemagne.

D'un autre còté, tel ou tel autre journal de ce pays ne ménage pas, à l'occasion, de dures vérités au voisin de l'Orient. Ainsi, récemment la Gazete N.ationale de Berlin démentait avec vivacité les tendances pretées par M. Gambetta et son parti à l'Allemagne; tendances, d'après lesquelles cette dernière serait disposée à rétrocéder au parti républicain, par les voies pacifiques et diplomatiques, et à prix d'argent, l'Alsace et la Lorraine. Ce journal insistait sur la nécessité de couper court, dès aujourd'hui, à des illusions de cette nature, ainsi qu'au danger qui résulterait de leur propagation. dans l'avenir. Une désillusion trop tardive présenterait un grand péril pour les désillusionnés, comme pour les désillusionneurs.

Mais pour les questions qui ne touchent pas directement l'Allemagne, on désire ici et l'on espère sincèrement que les deux nations limitrophes marchent dans une entente amicale. Tel a été le cas durant le Congrès de Berlin. Tel est le cas aujourd'hui, à propos du conftit qui s'est élevé dernièrement entre le Gouvernement Tunisien et le représentant de la France auprès du Bey. Le fait est que M. de Btilow m'a dit aujourd'hui, que dans ce démelé, sur lequel j'avais amené la conversation, le Gouvernement Impérial se plaçait du còté de la France. N'ayant aucune instruction. je me suis borné à répondre que je ne pouvais me prononcer sur le fond de la question. Je voulais espérer que la demande de réparation serait tenue dans de justes limites, et ne toucherait en rien le status-quo dans la Méd~terranée. Le Cabinet de Berlin n'ignorait pas quelle était notre manière d'envisager les choses à cet égard.

Il se pourrait que le Comte de St. Valìier dans san entretien avec le Prince de Bismarck, eùt parlé de cet incident, pour s'assurer le concours ou tout au moins l'entière neutralité de l'Allemagne dans le cas où le conflit prendrait de plus grandes propotions.

A plus d'une repr'se, j'ai été dans le cas d'appeler la sérieuse attention du Gouvernement sur nos relations avec Tunis. Depuis lors, le Gouvernement Français a cherché à endormir notre vigilance, en faisant les déclarations les plus explicites sur sa ferme volonté de ne rien entreprendre sans s'étre mis d'accord avec nous. M. Waddington sera parfaitement de bonne fai; mais il est lié par les traditions de la politique de son pays, et poussé par M. Gambetta qui croit le moment venu pour la France de chercher à regagner position, à relever san prestige militaire.

188

L'AGENI'E E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENI'E DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 550. Cairo, 5 gennaio 1879 (per. il 17).

Con telegramma del 30 dello scorso mese, ''' ed in continuazione al mio precedente rapporto di N. 549,* (2) mi san premurato di communicare all'E.V. che l'Agente francese non potrebbe favorevolmente influire sul Governo Egiziano, riguardo l'ammissione di un italiano nel nuovo ministero poiché le sue istruzioni gli prescrivono di non separarsi dal suo collega inglese. I Gab:netti di St. James e di Parigi persistono a voler far credere (3) che il Governo Egiziano ha avuta, e deve avere libertà d'azione nella scelta dei ministri Esteri che crede utile chiamare a dirigere la nuova amministrazione.

* Nubar Pascià non può nascondere l'ingiustizia di tale asserzione, che documenti uffìclali pubblicati da quelli stessi Governi possono tutt'almeno metterla in dubbio, ed ora maggiormente che è rotta la lega, ch'egli credeva indissolubile, col Signor Wilson, e non è più sicuro dell'appoggio del Governo Inglese, che se non apparentemente, pure ha avuta la massima direzione nelle cose Egiziane.

Egli ora commette altro grave errore. Apertamente si è gettato dalla parte francese, e si agita per riaccendere la gelosia ed il disaccordo (antico sistema egiziano), tra le due influenze rivali.* (l) A giudicare dall'andamento dei negoziati anglo-francesi per introdurre un nuovo sistema di amministrazione. non si può presumere che la Francia romperà gli accordi presi per sostenere Nubar, e lo sacrificherà alla *irritazione inglese già ben pronunciata per questo suo cambiamento di bandiera.* (2) La resistenza del Signor de Blignierès alle tendenze inglesi * di usurpare ogni autorità,* io la credo piuttosto personale, poiché il nuovo Agente francese, Signor Godeaux si tiene in disparte, in attitudine interamente passiva.

Tra il Signor Wilson ed il Signor de Blignières si sono manifestati già vivissimi disaccordi, e principalmente per le questioni de'l controllo, e della Commissione superiore d'inchiesta.

Per il controllo di Wilson ha ceduto "sulla quistione di principio,'' ma è stato irremovibile sulla forma. Ed io credo che abbia ceduto, imponendo la condizione sine qua non della nomina del Signor Baravelli ad Uditore Generale, '' per seguire il consiglio di Lord Salisbury di trovare un mezzo di contentare l'Italia.*

Per la Commissione sup~riore d'inchiesta dopo lunga lotta si è deciso in principio di mantenerla, ma si è ancora lontani d'esser di accordo sulla forma.

La quistione sulla quale le dissidenze potranno prendere un carattere assai più vivo e deciso, è quella sull'interesse del debito consolidato, fissato dalla Convenzione Goeschen-Joubert. L'Inghilterra è decisa che si debba diminuirlo fin da questo momento, e la Francia è di opinione assolutamente contraria, tanto che la Commissione d'inchiesta non abbia constatato se l'Egitto possa

o non possa sopportare gl'impegni presi con quella convenzione.

Questa lotta nel seno del Ministero, il non aver il nuovo Governo dato ancora un passo nella riforma e amministrativa e finanziaria, hanno creato la più grande sfiducia e nel paese e nelle Colonie. Fu già grave errore quello di Nubar di togliere ogni autorità e prestigio al Khedive, e di allontanare con disprezzo l'elemento turco. In un paese musulmano, *nato e* governato da un Governo dispotico, che si appoggiava a quella aristocrazia da lui creata, non è possibile introdurre un sistema tutto nuovo, distruggendo quegli idoli che la popolazione ha o adorati o temuti. Bisognava modificare il sistema, imbrigliare il potere dispotico ed arbitrario, ma governare col Khedive e con l'elemento turco. Messi in disparte, *e con disprezzo,* non lottano perché non ne hanno né il coraggio, né la forza, ma con un'indifferenza passiva fanno, anche senza volerlo, un'opposizione d'inerzia, che nel mio debole modo di vedere, è quella che maggiormente paralizza l'azione del nuovo Governo.

*Da ciò il nuovo Ministero è isolato, e Nubar è assai minacciato di trovarsi senza quell'appoggio che costituiva la di lui forza. Il Signor Vivian, Agente Inglese, ora vede gU errori commessi. Me ne ha tenuto d:scorso assai francamente. Ed irritato contro Nubar per la discordia

che si adopera far nascere tra il Wilson ed il De Blignières, mi ha perfino chiesto se io non credessi che le cose andrebbero meglio con Sceriff invece di Nubar.

Gli risposi, che malgrado le nostre intime relazioni, non potevo permetterml di esprimere un'opinione, non potendo avere che quella dell'E.V. allorché potrebbe manifestarla secondo come sarà definitivamente risolta la questione se un italiano sarà o no chiamato a far parte del nuovo Ministero.

Che Nubar cerchi degli appoggi, lo veggo anche dalla sua attitudine verso di me. Naturalmente l'indecisione tuttora della questione che ci riguarda, ci imponeva ad entrambi una gran riserva e da una parte e dall'altra. Ai primi sintomi di un disaccordo col Wilson, egli si è ravvicinato, e non può celare la sua impazienza di sapere se l'ItaUa si terrà per soddisfatta con la nomina del Baravelli, ch'Egli dice tutt'opera sua. Ho evitato, e marcatamente, qualsiasi spiegazione a questo riguardo; e mi sono limitato a rammentargli la predizione, fattagli fin da principio, delle sorti che gli toccherebbero trovandosi isolato tra due elementi che, messi di fronte sullo stesso terreno. non potrebbero mai andar d'accordo.*

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 26, pp. 393-394. (2) -Non pubblicati. (3) -In L V 26 <<nel dichiarare ». (l) -In L V 26, invece del brano fra asterischi: << Nubar pascià contesta l'esattezza di tale asserzione. Documenti ufficiali, pubblicati da quelli stessi Governi, bastano, per lo meno, a metterla in dubbio. Gravi errori si vanno commettendo>>. (2) -In L V 26, invece delle parole fra asterischi: <<influenza del gabinetto britannico ».
189

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 1367. Costantinopoli, 6 gennaio 1879 (per. il 14).

I negoziati per la conclusione di un trattato definitivo di pace tra la Russia e la Turchia procedono in modo assai soddisfacente. Il Ministro degli Affari Esteri, col quale ebbi oggi :l'onore di conversare, si lodava meco molto delle disposizioni concilianti dell'Ambasciatore di Russia, e mi manifestava la speranza che si giungerebbe ben presto ad una completa intesa.

Il progetto di trattato presentato dal Gabinetto di Pietroburgo ha già subito nel corso di queste trattative delle modificazioni importanti. Così fu eliminata quella parte dell'art. 2 con la quale il Governo di Russia e quello della Sublime Porta s'impegnavano a considerare il trattato di Berlino come reciprocamente obbligatorio tra essi. Fu pure soppresso il paragrafo C dell'art. 4 relativo alla somma di 500.000 franchi che la Sublime Porta doveva impiegare al ristabilimento della navigabilità del canale di Sulina. In quanto ai 300 milioni di rubli che la Russia esige dalla Turchia come indennità di guerra (Art. 4 § A), la Porta ha già ottenuto un sensibile vantaggio coll'essere quella somma valutata in carta anziché in metalliche. Resta però ancora a stabilire il modo del pagamento e le garanzie da darsi.

Il § f dell'Art. 4 che riguarda l'evacuazione dal territorio Ottomano dell'esercito russo fu tolto dal corpo del Trattato; e si convenne che tale questione sarà regolata per semplice scambio di note.

Queste sono le modificazioni che, da quanto ho potuto sapere da persona autorevole, furono sinora introdotte di comune consenso nel progetto russo.

(l) Ed. in r. v 27, p. 43.

190

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D.756. Roma, 7 gennaio 1879.

L'Incaricato d'affari di Grecia è venuto a darmi lettura dl un telegramma col quale il Gabinetto d'Atene lo invitava a informare H Governo del Re che sebbene a Costantinopoli si pers:sta a negare l'esistenza di un progetto di colonizzazione bulgara nei dintorni di Prevesa, un tal progetto esiste. Il Governatore di Prevesa infatti, secondo le informazioni raccolte dal Governo ellenico, ha riunita un'apposita commiss:one la quale avrebbe designato le terre demaniali da poter colonizzarsi ed avrebbe stabilito che la colonizzazione potrà comprendere 200 famiglie. La Grecia spera che l'Italia farà dei passi a Costantinopoli per impedire che questo avvenga mentre sono pendenti le questioni relative alla frontiera.

Ho risposto al Signor Papparigopoulo che il R. Governo chiamerà di nuovo l'attenzione di codesta R. Legazione sopra questo affare; ciò che faccio col presente dispaccio.

191

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T.30. Tunisi, 8 gennaio 1879, ore 8,22 (per. ore 23,30).

Consul français présente aujourd'hui ultimatum Bey relativement affaire Sancy. Il demande excuses ministre, enquéte sur réclamation Sancy et réserve désigner employés responsables de l'incident actuel. Si réponse satisfaisante n'est pas donnée en 48 heures. commi rompra relations et Gouvernement français adoptera moyens pression plus effìcaces. Bey avait télégraphié Waddington offrant envoyer Paris ionctionnaire pour donner des explications. Il est disposé accorder enquéte, mais refuse faire faire excuses et destituer employés exécuteurs ses ordres. Si Gouvernement français admet recevoir envoyé tunisien cet expédient pourrait amener entente sans provoquer compllcations ultérieures.

192

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO'

T.21. Roma, 9 gennaio 1879, ore 13,30.

Les résolutions du Bey (l) en présence des demandes de la France sont des plus graves. Si Son Altesse persiste dans sa résolution, maintenant que

le Cabinet de Paris a formulé les points de .satisfaction qu'il demande, les complications les plus sérieuses sont à craindre. Nous avons, nous-mèmes, en 1871, pour une affaire offrant quelque analog:e avec l'incident Sancy du rompre nos rélations avec Tunis. Nous n'avons pas trouvé alors suffisant l'envoi du général Hussein porteur d'explications à l''lorence, et nous avons refusé de l'entendre avant que le Bey n'eiìt accepté la demande de satisfaction que sa conduite nous avait forcés de formuler. Nous ne saurions donc interposer nos bons offices auprés du Gouvernement français pour aplanissement de difficultés avant que celui-ci n'ait obtenu la réparation à laquelle il croit avoir droit. Veuillez voir votre collègue d'Angleterre, et tàchez de vous mettre d'accord avec lui pour exercer, auprès du Gouvernement tunisien, une action conciliatrice tendant à écarter des complications dont les conséquences pourraient etre des plus graves. Tenez moi promptement au courant des phases ultérieures de cette affaire et de l'attitude de votre collègue anglais.

(l) Cfr. n. 191.

193

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T.38. Parigi, 9 gennaio 1879, ore 13,30 (per. ore 22,10).

Conftit franco-tunisien parait fini Bey ayant accepté conditions ultimatum français. La presse, notamment la presse républicaine, a été unanime à soutenir que la France devait avoir, méme par ·les armes, s'H le fallait, pleine et entière satisfaction du Bey de Tunis, mais sans aucune idée de conquète, ni d'occupation militaire prolongée. Votre télégramme (l) est arrivé trop tard ce soir, mais j'enverrai demain le duplicata du rapport que V.E. désire.

194

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T.22. Roma, 9 gennaio 1879, ore 14,05.

J'ai reçu votre rapport du 5 janvier (2). L'attitude de l'Allemagne dans le différend entre la France et Tunis peut avoir de conséquences fort graves. La raideut dont fait preuve le Cabinet de Paris vis-à-vis du Bey à propos d'une affaire contentieuse, ne nous Iaisse pas sans crainte pour les résolutions qui pourraient étre la conséquence d'une attitude peu réftéchie de la part du

Bey. Celui-ci est en présence depuis hier d'un ultimatum qui sera suivi, après 48 heures, de rupture de relations et de pression coercitive. Il y eut un temps où l'Allemagne n'aurait pas vu avec indifférence surgir une affaire tunisienne dont la France aurait pu tirer parti pour rehausser son prestige, et renforcer sa position, déjà si grande, dans la Méditerranée. V.E. connait toutes les suggestions qui nous ont été faites dans le temps de Berlin pour que le Gouvernement du Roi prit, dans les affaires tunisiennes, une attitude plus décidée, en opposition aux visées attribuées à la I<'rance. Nous ne pouvons pas rappeler tout ceci en ce moment au Cabinet de Berlin, mais nous comptons sur votre tact et votre prudence pour amener, en cas de complications graves, le Gouvernement impérial à prendre en considération les conséquences funestes que pourrait avoir pour nous un changement d'attitude de sa part dans une question dans Jaquelle nous avions été habitués, jusqu'ici, à compter sur l'uniformité de nos intérèts avec ceux de l'Allemagne. Notre agent à Tunis a reçu des instructions (l) pour agir dans le sens de la conciliation.

(l) -Non pubblicato: richiesta di un duplicato del r. confidenziale 436 del 19 agosto 1878 su Tunisi (cfr. serie II, vol. X. n. 445). (2) -Cfr. n. 187.
195

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T.23. Roma, 9 gennaio 1879, ore 15,20.

Le consul général du Roi à Tunis mande (2) qu'hier l'agent français devait présenter un ultimatum au Bey. La France demande excuses et enquète sur la réclamation Sancy et elle se réserve de désigner les employés responsables de l'incident actuel. Si la réponse satisfaisante n'est pas donnée dans les 48 heures, l'agent français rompra les rélations, et le Gouvernement de la République adoptera des moyens de pression plus etllcaces. Le Bey avait télégraphié, avant l'ultimatum à Paris offrant l'envoi d'un fonctionnaire pour donner des explications. Il est disposé à accéder à la demande d'une enquète, mais il refuse de faire des excuses et de destituer les employés exécuteurs de ses ordres.

La situation est fort grave. Nous venons de donner à notre agent à Tunis, les instructions les plus formelles d'agir dans le sens de la conciliation (1), mais d'autre part, il nous répugne de croire que la France veuille prendre prétexte d'une affaire contentiense pour pousser Ies choses à bout. Nous avons eu en 1871 avec le Gouvernement tunisien une affaire offrant beaucoup d'analogie avec celle de M. de Sancy. Une propriété italienne a été alors envahie par les agents du Bey. Les Gouvernements anglais et français sont intervenus pour nous recommander la modération. Nous nous croyons autorisés, aujourd'hui à en agir de mème avec le Cabinet de Paris, tout en nous abstenant, pour

le moment, d'invoquer à l'appui de nos recommandations les déclarations qui ont été faites à V.E. et dont elle a rendu compte au Gouvernement de Sa Majesté le 19 aoùt dernier (1).

(l) Cfr. n. 191. 1~1 Cfr. n. 192.

196

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T.25. Roma, 9 gennaio 1879, ore 16,30.

Le consul général du Roi à Tunis mande (2) qu'hier l'agent français devait présenter un ultimatum au Bey. La France demande excuses et enquete sur réclamation Sancy et elle se réserve de désigner les employés responsables de l'incident actuel. Si la réponse satisfaisante n'est pas donnée dans les 48 heures, l'agent français rompra les rélations, et le Gouvernement de la République adoptera les moyens de pression les plus efficaces. Le Bey avait télégraphié, avant l'ultimatum, à Paris offrant l'envoi d'un fonctionnaire pour donner les explications. Il est disposé à accéder à la demande d'une enquete, mais il refuse de faire faire des excuses et de destituer les employés exécuteurs de ses ordres.

La situation est fort grave. Nous venons de donner à notre agent à Tunis des instruction (3) pour qu'il agisse de concert avec son collègue d'Angleterre dans le sens de la conciliation.

Lorsqu'en 1871 nous avons eu avec Tunis une affaire qui offrait beaucoup d'analogie avec l'affaire Sancy, les Gouvernements anglais et français sont intervenus pour nous recommander la modération dans l'emploi des moyens de pression auxquels l'attitude du Bey paraissait nous forcer à recourir. Nous espérons que le Cabinet de Londres en agira de meme aujourd'hui avec la France, et que son action conciliatrice rencontrera auprès du Cabinet de Paris le meme accueil favorable que nous avons fait en 1871 aux recommandations de la France et de la Grande Bretagne. Il nous répugne de croire que dans l'affaire Sancy il n'y ait qu'un prétexte pour pousser les choses à bout avec la régence de Tunis. Nous nous refusons à supposer qu'une entente existe entre Londres et Paris pour laisser à la France toute liberté d'action vis-à-vis du Bey. V.E. connait la haute valeur qu'en Italie on attache à tout ce qui concerne la conservation du statu-quo dans la régence de Tunis. Je fais appel à tout son concours prudent et éclairé pour amener le Gouvernement anglais à unir son action à la nòtre dans le but d'éviter des complications plus sérieuses. Elle salt le bon effet que produirait en Italie tout ce qui serait de nature à démontrer notre accord avec l'Angleterre, dans les questions qui touchent aux intéréts communs dans la Méditerranée. Veuillez me faire connaitre le plut tòt possible les démarches que vous aurez faites et le résultat qu'elles auront obtenu (4).

(-2) Cfr n. 191.
(l) -Cfr. serie II. vol. X, n. 445. (3) -Cfr. n. 192. (4) -Per la risposta cfr. n. 200.
197

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA (l)

D. 757. Roma, 9 gennaio 1879.

Ebbi dal ministro di Turchia una comunicazione così concepita: «La Sublime Porta ha ricevuto avviso che il Montenegro, ritenendo spirato il termine entro il quale dovevano essergli cedute Sputz e Podgoritza, ha deciso di procedere, con la forza, alla occupazione di quelle due località. La Sublime Porta ignora di qual termine il Montenegro intenda parlare, nessuna promessa essendo stata mai fatta l'esecuzione della quale potesse pretendersi a giorno fisso; bensì il Governo ottomano ha destinato Kiamil pascià come commissario imperiale per appianare le difficoltà inerenti alla cessione territoriale da farsi al Montenegro. Intanto le intenzioni annunciate dal Governo principesco sono tali da poter suscitare nuove complicazioni, per rimuovere le quali la Sublime Porta fa assegnamento sopra il concorso e l'opera conciliatrice delle potenze».

Ho dovuto rispondere a Turkhan bey che il R. agente accreditato presso il principe dì Montenegro è assente dal suo posto. Il cavaliere Durando travasi in congedo a Torino. Ci sarà quindi molto malagevole di fare presso S.A. uffici corrispondenti all'urgenza del caso. La Sublime Porta può tuttavia essere convinta che non tralasceremo di spiegare, con quei migliori mezzi che abbiamo, un'azione paclficatrice e conciliativa. Non potremmo però non insistere presso la Turchia stessa affinché l'invio del commissario imperiale, di cui da più giorni è annunciata la nomina, sia seguito da una pronta e completa esecuzione delle clausole del trattato di Berlino, relative all'ampliamento del territorio del principato di Montenegro.

Turkhan bey, col quale così mi espressi, mi porgeva assicurazione di tutto l'impegno in cui è la Sublime Porta per giungere, il più presto possibile, alla completa esecuzione dì quel trattato.

Stimai utile di farle conoscere, per sua informazione, la conversazione avuta, a questo proposito, con l'inviato del Sultano.

198

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA (2)

D. 758. Roma, 9 gennaio 1879.

Per mezzo del suo ministro in Roma, la Sublime Porta ha creduto di doverci fare osservare, in base all'articolo XVIII del trattato di Berlino, che

la Commissione europea, incaricata di elaborare il regolamento organico della Rumelia orientale, avrebbe dovuto compiere il suo lavoro nel termine di tre mesi dalla sua costituzione. Questo termine è già spirato e il lavoro della Commissione è ben !ungi dall'essere esaurito. La Sublime Porta propone quindi che si proroghi il mandato della Commissione stessa per altri tre mesi. La proroga sarebbe da farsi, o per protocollo, o per iscambio di note, o mediante altro patto diplomatico.

Ho risposto a Turkhan bey che noi non avremmo, da parte nostra, dilficoltà alcuna ad accogliere la proposta della Turchia. Però, in cosa che richiede un concerto preventivo con le altre potenze, la nostra adesione doveva naturalmente essere subordinata alla condizione che l'accordo si stabilirebbe fra tutti i gabinetti, tanto circa la proroga del mandato, quanto circa la durata della proroga stessa. Questa riserva ci era anche suggerita dalla notizia pervenutaci che alcuni Governi si lagnarono della lentezza eccessiva dei lavori della Commissione, alla quale si fa rimprovero di essersi lasciata trascinare ad occuparsi di cose estranee al suo compito, impigliandosi, per queste, in non lievi dilficoltà e dissidi. Noi non siamo in grado di giudicare quanto vi abbia precisamente di fondato in simili doglianze; però per il fatto stesso che queste sono state mosse, noi dovevamo tenerci in un certo riserbo in fino a che la Sublime Porta non ci abbia fornito informazioni sull'accoglienza che la sua proposta sarà per trovare presso gli altri gabinetti.

Ho voluto pigliar nota, nel presente dispaccio, del colloquio avuto con Turkhan bey...

(l) -Ed. !n L V 27, pp. 41-42, con la firma d! Depretls. (2) -Ed. in L V 27, p. 203, con la firma di Depret!s.
199

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 985. Vienna, 9 gennaio 1879 (per. il 12).

Ieri sera ebbe luogo il primo Gran Ballo di Corte che come d'abitudine aveva termine alla mezza notte. Al circolo del corpo diplomatico precedente l'apertura del ballo, S.M. l'Imperatore degnavasi intrattenersi meco colla consueta Sua affabilità, e facendomi cenno dell'esecrando attentato dello scorso Novembre, dicevami esserne stato vivamente commosso, esprimendo al tempo stesso i sentimenti di simpatia da Lui provati in quell'occasione per le Loro Maestà: con qualche parola poi notava con accento di soddisfazione la forte scossa che il grave misfatto aveva prodotto sull'opinione pubblica in Italia, dando luogo a così spiccate manifestazioni di attaccamento alla Dinastia e di devozione al principio Monarchico. Sua Maestà esprimevami poscia il suo compiacimento per l'avvenuta conclusione del Trattato di Commercio, dicendomi sperarne favorevoli conseguenze per gli interessi dei Commercianti e degl'Industriali.

A queste parole io credetti dover rispondere che il felice risultato di quei negoziati era stato accolto con molto gradimento dall'opinione pubblica in Italia, per quanto almeno fin d'ora si poteva giudicare, ritenendosi da noi la reciproca soddisfazione degl'interessi economici e commerciali dei due Paesi, siccome importantissimo fattore di quelle strette cordiali relazioni d'amicizia che è vivo desiderio tanto del R. Governo che degli Italiani tutti di veder mantenute coll'Impero Austro-Ungarico nel comune interesse dei due Stati.

Sua Maestà l'Imperatore degnavasi poi anche rivolgere cortesemente la parola al Consigliere Marchese Curtopassi, mostrandogli compiacersi del suo ritorno a Vienna dopo il Congresso.

In complesso il breve colloquio d1 cui Sua Maestà volle onorarmi e che mi studiai di riferire qui all'E.V. colla maggiore precisione, non presentò nessun carattere speciale differente dai consimili degl'anni precedenti, salvo forse un certo marcato intendimento per parte dell'Imperatore di non entrare in maniera alcuna nel campo politico.

S.E. il Conte Andràssy di ritorno ieri mattina dall'Ungheria faceva alla sera la sua ricomparsa dopo molti mesi nel circolo diplomatico. Egli fu meco largo di cordiali dimostrazioni di soddisfazione di rivedermi: parlammo assieme sulle generali dell'andamento delle discussioni avvenute nelle delegazioni a Pest, senza che l'occasione si presentasse di far cenno qualsiasi di speciali questioni politiche d'attualità.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T.44/199. Londra, 10 gennaio 1879, ore 15,46 (per. ore 20).

La nuit dernière j'ai reçu télégramme de V.E. d'hier relatif aux affaires de Tunis (1). En ce moment V. E. doit avoir reçu, de son còté, mon rapport du 7 courant (2), dans lequel je réfère ma dernière conversation avec Salisbury au sujet de Tunis. Le dénouement de cette affaire sera également connu de

V.E. car le Times de ce matin annonce que le Bey a accédé à toutes les exigences de la France. Cela étant je prie V.E. de me faire connaitre si Elle désire que je fasse d'ultérieures démarches à ce sujet. En attendant je me permets de faire remarquer qu'évidemment il entre maintenant dans les vues de l'Angleterre de se montrer très complaisante envers la France qu'elle ne veut pas paraitre contrarier pour Tunis. Comme l'Angleterre est un pays très positif et qui a pour principe «à donner donner », si l'on veut obtenir quelque concession d'elle, il faut lui en faire. Il faudrait donc savoir si le Gouvernement italien est disposé à seconder la politique du Gouvernement anglais dans la Méditerranée et à le lui déclarer. Ce serait la manière la plus sflre d'obtenir son concours car autrement l'expérience à sutnsamment prouvé qu'il ne se contente pas de vagues assurances (3).

(l) -Cfr. n. 196. (2) -Non pubblicato. (3) -Per la risposta cfr. n. 205.
201

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 453. Parigi, 10 gennaio 1879 (per. il 13).

Ho l'onore di rimettere all'E. V. il duplicato del mio rapporto N. 436 del 19 Agosto ultimo (l) da Lei richiesto col telegramma di jersera (2).

S'io avessi a dettare oggi stesso un rapporto intorno alle nascoste intenzioni del Governo Francese e del partito repubblicano rispetto a Tunisi, ridirei, senza dubbio, le stesse cose. Il conflltto avvenuto in questi giorni colla Reggenza di Tunisi conferma difatti i criterii a cui s'informava il mio rapporto del 19 agosto scorso.

La Francia si è creduta doppiamente offesa dalla condotta violenta del Bey, o de' suoi dipendenti nella persona del Console Generale Francese e negli interessi del suddito suo, Conte di Sancy. Volle far prova, a buon mercato, del ripristinato prestigio ed esagerò la pressione esercitata sul Bey sino all'estremo limite dell'intimidazione e della minaccia, ben persuasa che il Bey avrebbe ceduto.

Tutti però si mostrano oggi ben lieti che l'incidente sia finito coll'accettazione pura e semplice da parte del Bey dell'ultimatum francese e per tal modo sia scomparsa la necessità di fare appello alle armi.

Se il Bey non avesse ceduto, la Francia avrebbe mandata una forte squadra a minacciare la Goletta, ma senza alcuna idea di conquista, né di occupazione militare. E quando osservo la generale soddisfazione per il risultato ottenuto pur evitando l'invio della squadra, comprendo quanto questa estrema misura dispiacesse e sembrasse arrischiata a molti.

Il partito repubblicano è giunto ad ottenere una ragguardevole maggioranza in Senato. Era questa la sua seconda tappa. Ora gli resta ad impadronirsi del seggio Presidenziale della RepubbLca per essere e per riconoscersi veramente signore della situazione. In allora soltanto il gran partito repubblicano padrone davvero della Francia, paleserà le intenzioni arcane ed il carattere della sua politica estera. Ma sino a che la grossa quistione della Presidenza non sia scwlta, sino a che la forma repubblicana non sia ulll.cialmente dichiarata e riconosciuta come stabile e definitiva in Francia, la politica di questo Governo continuerà a mostrarsi guardinga, riservata ed avversa a qualsiasi avventura di qualche importanza. Ne' miei precedenti rapporti mi studiai di indicare all'E.V. le ragioni diverse ed intime della politica di quasi completa astensione seguita ed imposta al Governo dal partito repubblicano.

Stimo inutile di ripetere oggi quanto dissi qualche mese addietro e solo voglio aggiungere alle cose già dette un'osservazione che ho dovuto fare in questi ultimi tempi. Eccola, beninteso, in modo affatto confidenziale.

14 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

Il Signor Waddington, malgrado 1:1 sua apparente fierezza ed indipendenza di carattere. non fa nulla, non osa prendere risoluzione alcuna e fosse pure di non grande r~lievo, senza essersi assicurata anticipatamente l'approvazione del Signor Gambetta.

(l) -Cfr. Serie II, vol. X, n. 445. (2) -Non pubblicato.
202

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R.287. Pietroburgo, 10 gennaio 1879 (per. il 16).

Ringrazio l'E.V. del telegramma del 6 corrente (l) col quale Ella m'informò che il Governo di Sua Maestà non aveva per parte sua obbiezioni contro la scelta di Rustem Pascià come futuro Governatore della Rumelia Orientale. Ho dato di ciò verbale notizia a S.E. il Signor de Giers ed ho soggiunto, conformemente al telegramma predetto di V.E., come fosse desiderio del R. Governo che in questa, come in tutte le altre questioni relative all'eseguimento del trattato di Berlino, vi potesse essere l'unanimità delle Potenze contraenti, nello scopo di dare la maggiore autorità possibile alle risoluzioni prese. Il Signor de Giers mi ha ripetuto in questa circostanza che la Russia non poteva pronunziarsi intorno alla scelta di un Governatore della Rumelia Orientale, prima che le attribuzioni ed i poteri di questo Governatore fossero stati definiti dalla Commissione in conformità all'Art. 18 del trattato di Berlino. S.E. aggiunse poi che l'amministrazione di quella provincia non avrebbe potuto essere affidata dalle Autorità Russe al nuovo Governatore, se prima non fosse stata compiuta l'opera d'organizzazione di quella provincia per parte della Commissione a ciò istituita. e non fosse intervenuta la conferma di quell'organizzazione per parte della Sublime Porta mediante apposito firmano.

Il Signor de Giers m'informò che il Governo Ottomano aveva chiesto che la Commissione potesse continuare in funzione ancora per tre mesi, affine di terminare l'opera sua. Il Governo Russo aveva risposto, per parte sua, a questa domanda in senso affermativo.

203

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T.27. Roma, 11 gennaio 1879, ore 10,30.

L'ambassadeur de Russie m'a fait une communication dont il ressort que le Cabinet de Pétersbourg n'accepte pas la délimitation faite autour de Sili

strie et demande que la comm1sswn internationale examine de nouveau cette quest:on. La commission s'étant ajournée au 15 avril le commissaire italien est rentré en Italie. Dites-moi ce qu'en pense le Gouvernement auprès du quel vous etes accrédité (l).

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 185.

204

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T.28. Roma, 11 gennaio 1879, ore 13,15.

C'est avec la plus vive satisfaction que nous avons appris l'aplanissement du différend franco-tun:sien (2). Nous espérons, après l'issue pacifique de cette affaire que le Cabinet de Paris demeurera fidèle à la politique qui lui a dicté les déclarations que V. E. a transmises au Ministère le 19 aou dernier (3). De notre còté, nous apprécions à une trop haute valeur la politique à laquelle ces déclarations servent de base pour vouloir nous en écarter d'aucune façon. V. E. peut saisir la première occasion pour tenir à M. Waddington un langage conforme à cette pensée du Gouvernement de Sa Majesté.

205

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 29. Roma, 11 gennaio 1879, ore 13,15.

Du moment que l'incident franco-tunisien semble aplani, je suis d'avis qu'une démarche de notre part auprès du Cabinet anglais manquerait d'opportunité.

Quant à ce que V. E. me télégraphie au sujet d'engagements qu'il nous faudrait prendre vis-à-vis de l'Angleterre (4), je pense qu'à Londres on doit savoir tout le prix que nous attachons à marcher d'accord avec l'Angleterre dans les questions de la Méditerranée, mais, en meme temps, on doit comprendre que nous ne saurions prendre l'initiative, car c'est dans le statu qua des questions de la Méditerranée que nous n'avons jamais cessé de voir la meilleure garantie des intérets communs de l'Italie et de l'Angleterre. Ceci ne parait pas exclure la possibilité et meme l'utllité d'un échange de vues intime et amicai entre Rome et Londres toutes les fois que les événements pourraient porter atteinte à des intérets qui nous sont chers.

(-4) Cfr. n. 200.
(l) -Per le risposte cfr. nn. 214, 215, 224. (2) -Cfr. n. 193. (3) -Cfr. serle Il, vol. X, n. 445.
206

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 51. Bucarest, 11 gennaio 1879, ore 19 (per. ore 19,45).

Il est possible que Bratiano ait voulu amener Sublime Porte à appuyer candidature du prince Charles comme prince de Bulgarie (1), mais tout me porte à croire que Bratiano aurait fait ces ouvertures de sa propre initiative. Gouvernement roumain aurait peut-étre posé candidature du prince Charles s'il avait pu avoir certitude que ce choix serait appuyé par les Puissances occidentales. Sans un tel appui il n'aurait pu neutraliser influence hostile de la Russie.

207

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 761. Roma, 11 gennaio 1879.

Mi sono regolarmente pervenuti il telegramma del 23 p.p. (2) ed il pregiato rapporto d'istessa data n. 1350 di questa serie (3), con i quali V. S. Illustrissima mi comunica la nomina di Mouktar Pascià, Vahan Effendi ed Abedine Bey a componenti della Commissione turco-ellenica chiamata a trattare la nuova delimitazione della frontiera fra i due paesi. Ringrazio V. S. per questa interessante notizia, che mi venne pure confermata dal R. Incaricato d'Affari 1n Atene (4), e per avermi riferito la conversazione a Lei avuta in proposito con Caratheodori-Pascià,

Il Governo del Re ha sentito con vera soddisfazione la nomina dei Commissarii ottomani, scorgendo in tale iniziativa della Sublime Porta una prova de.! sentimenti di deferenza che essa ha per i consigli dell'Europa. Voglio sperare che, uno spirito di conciliazione animando i delegati e trovando riscontro nelle deliberazioni dei due Governi, possano i lavori della Commissione procedere con alacrità e reciproco soddisfacimento, assicurando la pronta esecuzione degli accordi presi a Berlino senza che sl debba ricorrere alla mediazione delle Potenze prevista dall'Art. XXVI del Trattato del 13 Luglio 1878. Nel consolidamento delle relazioni pacifiche ed amichevoli fra la Turchia ed il Regno Ellenico sta uno degli elementi non ultimi per il ristabilimento della tranquillità in Oriente, e constato con piacere che i Ministri del Sultano prendendo l'iniziativa della nomina dei Commissarii ed accennando di volere seriamente sciogliere la questione dei confini con la Grecia, dividono questo nostro modo di vedere (5).

(-4) Cfr. n. 164.
(l) -Cfr. n. 138, nota 2. (2) -Non pubbUcato. (3) -Cfr. n. 158. (5) -Analogo dispaccio venne inviato in pari data ad Atene col n. 172.
208

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2226. Berlino, 11 gennaio 1879 (per. il 17).

Le télégramme de V. E. du 9 courant (l) m'est parvenu dans la soirée, à une heure où l'on trouve porte close au Département Impérial des Affaires Etrangères. Le lendemain matin, l'Agence télégraphique Wolff portait l'avis official que le Bey de Tunis s'étant déclaré prét à donner satisfaction, l'éventualité d'un conflit était écartée.

J'aurait pu, dès lors, me dispenser de me prévaloir, dans un entretien avec le Secrétaire d'Etat, des considérations si justes énoncées dans le télégramme précité. Toutefois il m'a paru qu'il ne serait pas hors de propos d'en toucher un mot, ne serait ce que comme précaution pour l'avenir. Je n'en ai parlé au reste qu'incidemment, et comme de moi-méme, en rappelant avec une certaine incrédulité ironique l'assertion d'un journal de Paris, à savoir que les intentions du Prince de Bismarck étaient de ne contrarier en quoi que ce soit la France à Tunis et d'y encourager au contraire toutes les tentatives de cette Puissance.

En effet M. de Biilow contredisait ces assertions. Les instructions générales du Consul Impérial dans la Régence, lui prescrivent de se tenir sur la réserve. Mais dans la circonstance dont il s'agit, le Bey avait procédé d'une manière si peu réfléchie, et après examen de la cause en litige les droits du Bey étant très contestables, l'Agent consulaire avait été autorisé à se placer du còté de la France dans ce cas particulier. Ainsi, ayant été sollicité par un des Ministres du Bardo de s'associer à l'expédition au détriment de

M. de Sancy, M. Tulin s'y est nettement refusé. Au reste pour ce qui concerne l'ensemble des conditions présentes et futures de la Tunisie, l'Allemagne était entièrement désintéressée. Ce sont des affaires qui regardent les Puissances de la Méditerranée; or cette mer est assez grande pour que chacune d'elles trouve à y classer ses intéréts et ses influences sans recourir à des moyens violents.

J'ai fait appel à la mémoire de mon interlocuteur pour lui rappeler qu'il fut un temps, où cette indifférence ne semblait pas de bon aloi à Berlin. Je me rendais parfaitement compte que l'Allemagne ne se préoccupat point au meme degré de la Méditerranée que de la Baltique et de la Mer du Nord, lors méme que toutes les Mers communiquent entre elles. Mais en y regardant de plus près, il est évident que le Cabinet de Berlin pour des éventualités qu'il ne faudrait pas perdre de vue, a pourtant quelques intéréts à sauvegarder aussi dans les eaux du Midi. Il ne saurait lui conV'enir ni que la France aille à la chasse de prétextes pour rehausser son prestige, ni qu'elle fasse des conquetes morales ou matérielles dans ces régions maritimes, conquétes qui exposeraient à de graves dangers nos Iongues lignes de còtes sur la Méditerranée, et paralyseraient beaucoup notre action dans le cas d'une guerre,

où les conditions d'exlstence de l'Allemagne et de l'Italie seraient en jeu, et où elles devraient mutuellement se preter main forte. Je me souvenais que, dans plus d'une occasion, il m'avait été dit que, le cas échéant, nous ne rencontrerions pas, dans la direction de Tunis, Tripoli et l'Albanie, l'Allemagne sur notre route. Le mot n'aurait plus la meme signification s'il était également adressé à la France. Mais nous ne visons à aucune extension de territoire dans ces parages et entre autre, quant à Tunis nous ne voulons que le maintien du status quo. L'attitude, je n'avais pas besoin de l'affirmer, du Gouvernement du Roi avait été des plus correctes lors de l'incident qui s'est passé dans cette ville. Les instructions transmises à notre Agent lui prescrivaient d'agir dans le sens de la conciliation.

Le Secrétaire d'Etat m'a remercié d'avoir appelé son attention sur des observations qui se rattachent aux intérets réciproques des deux Pays. Je voudrais qu'elles produisissent leur effet s'il surgissait quelque nouveau danger de conflit analogue.

(l) Cfr. n. 194.

209

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 12 gennaio 1879.

Mi pregio di qui acchiuderle copia di un rapporto {l) nel quale il R. Delegato presso la Commissione europea della Rumelia orientale ha riferito la mozione presentata dal Delegato britannico, relativamente al miglior modo di provvedere al mantenimento dell'ordine, al momento del ritiro delle truppe russe.

Il nostro modo di vedere rispetto a tale questione sarebbe che alla Commissione della Rumelia Orientale manchi la competenza necessaria per risolverla. Si tratterebbe infatti di aggiungere al Trattato di Berlino una disposizione che esso non contiene per un caso nel medesimo non contemplato. Nondimeno per ora mi limito a lasciare alla prudenza di lei la cura di procurarsi, come meglio crederà, quelle notizie che a noi sono indispensabili circa la impressione che la mozione del Commissario inglese ha prodotto presso codesto Governo, e al valore che alla medesima convenga attribuire (2).

210

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA (3)

D. 305. Roma, 12 gennaio 1879.

L'ambasciatore di Russia mi ha comunicato un telegramma, col quale il suo Governo lo informa non avere esso abbiezione alcuna, qualora anche

(-2) Per le risposte cfr. nn. 224, 235, 236.

le altre Potenze vi aderiscano. alla pro:;JOsta della Sublime Porta di prolungare di tre mesi i poteri della Commissione europea per la Rumelia orientale; ciò però alla condizione che l'amministrazione russa rimanga insediata in fino a che non sia promulgato il nuovo statuto della provincia. L'ambasciatore di Russia desiderava di conoscere quale fosse l'opinione del Governo italiano circa questo affare.

Non ebbi difficoltà di far conoscere al barone d'Uxkull il nostro pensiero.

La Turchia aveva rivolto anche a noi la proposta di prolungare il mandato della Commissione creata per effetto dell'articolo XVIII del trattato di Berlino. Fu replicato alla Sublime Porta (l) che, dal canto nostro, non avevamo obbiezioni da muovere; ma che ci riservavamo di esaminare le obbiezioni che altri Governi avessero per avventura da fare.

La stessa risposta io doveva dare alla comunicazione della Russia, soprattutto a causa della seconda parte della medesima; imperocché sebbene la continuazione del Governo provvisorio attuale poteva sembrare conseguenza logica del non essere ancora elaborata e promulgata la nuova costituzione della Rumella, tuttavia io non avrei potuto per ora prevedere le riserve e obbiezioni che la dichiarazione russa avrebbe potuto sollevare per parte di altri gabinetti, ed il Governo italiano non intendeva dipartirsi, in questo caso, dalla sua norma di condotta che consiste, per simili materie, nel non pronunciarsi definitivamente prima di conoscere l'opinione di tutti i gabinetti.

(l) -Non pubblicato. (3) -Ed. in L V 27, p. 204, con la firma. di Depretis.
211

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 2227. Berlino, 12 gennaio 1879 (per. il 16).

En me référant à mont rapport n. 2219 du 15 Janvier (2), je suis à méme de communiquer, sans en garantir la version, les détails donnés par le Comte de St. Vallier sur sa course récente à Friedrichsruhe.

C'est le Chancelier lui-méme qui avait provoqué cette visite, dans le but de couper court à certaines suppositions sur une mésintelligence avec l'Ambassadeur. Voici les impressions qu'il a recueillies de ses entretiens avec Son Altesse. Ils ont porté essentiellement sur le Traité de Berlin, l'application de la loi contre les socialistes, les réformes économiques, et l'incident, aujourd'hui écarté, de Tunis.

Le Prince de Bismarck s'est montré résolument optimiste pour l'oeuvre du Congrès. Lors méme que l'exécution de ses décisions présente des obstacles, on parviendra à les surmonter. Le Cabinet de Berlin, pour ce qui le concerne, voue et vouera tous ses soins, emploiera toute son influence à ce

que les clauses du Traité soient fidèlement observées. Au reste, il se fait partout un travall d'entente, d'apaisement et de rapprochement qui est du meilleur augure pour l'avenir.

Il importe de maintenir le grand bienfait de la paix en Europe, pour oue chaque Puissance, délivrée de la préoccupation d'une nouvelle guerre, puisse s'appliquer entièrement à résoudre chez elle telle ou telle autre question d'ordre intérieur.

Dans ce nombre, il faut piacer en première ligne le danger des menées socialistes. L'Allemagne avait déjà adopté des mesures aussi rigoureuses que nécessaires: dissolutlon des sociétés ouvrières, suppression des journaux, revues, ouvrages prechant des doctrines pernicieuse, expulsion des chef agitateurs. Non seulement le résultat a été satisfaisant, mais il a dépassé l'attente du Gouvernement. La maille est rompue dans le réseau qui couvrait l'Allemagne. Le Prince espérait que partout en Europe on saurait réagir au meme degré contre ce péril social. Mais il était tout-à-fait inexact que le Cabinet Impérial eut proposé aux Gouvernemens étrangers un accord pour régler la conduite commune, à suivre vis-à-vis d'une secte qui menace la sécurité des divers Etats. Il s'était borné à leur signaler que sur ce terrain chacun avait de fait une part de solidarité à ne pas laisser se propager des idées aussi subversives, et à ce qu'elles ne trouvent ni impunité ni complaisance. Il y a loin de là, à provoquer une entente internationale toujours difficile et délicate à établir en ces matières. Au reste, le Prince de Bismarck se plaisait à reconnaitre que de tous còtés, et mème en Angleterre pour autant que le lui permettait sa législation, il rencontrait les meilleures dispositions à opposer, chacun chez soi, une digue au mal.

Son attention se portait aussi au plus haut degré sur la révision du tarif douanier, qui fait partie de la réforme financière. Cet intéret, consistant à diminuer la charge des impots directs en augmentant les revenus de l'Empire par les contributions indirectes, prime toute autre considération. Il y aura donc lieu non seulement d'élever certains droits; mais d'imposer tous les articles importés, à l'exception des matières premières que l'Allemagne ne produit pas, ou ne produit qu'en quantité insuffisante, ou en qualité inférieure, et dont son industrie ne peut se passer. Il vise à l'adoption d'un système douanier qui, en se tenant dans les limites tracées par les exigences fiscales, assure sur le marché intérieur la préférence à la production indigène sur les produits étrangers. Il ne s'agit pas de droits prohibitifs, mais de drolts modérément protecteurs en faveur de certaines industries. Il se proposait, entre autres, d'augmenter les droits d'importation sur les céréales, sur les vins et sur les fers. Il se réservait de conclure des Traités de commerce; mais pour que les négociations puissent heureusement aboutir, il fallait d'abord établir un tarif autonome favorisant autant que possible la production indigène contre la concurrence de l'étranger.

Enfin le dernier incident de Tunis a formé aussi un des objets de la conversation entre le Chancelier et le Comte de St. Vallier. Mais l'Ambassadeur s'est montré très-laconique sur ce sujet vis-à-vis de la personne à qui il a fait ses confidences. Soit dit entre parenthèse, il ne m'a rien raconté à ce sujet. Toujours d'après la version de ce diplomate, que je ne saurais

trop comment controler, le Prince de Bismarck se serait borné, en termes généraux à souhaiter à la France que cet incident fllt vidé à sa satisfaction. En Vous accusant réception de la dépeche n. 755, du 6 Janvier (1) ...

(l) -Cfr. n. 198. (2) -Cfr. n. 187.
212

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 25/185. Londra, 12 gennaio 1879 (per. il 16).

Poiché l'incidente Franco-Tunisino si sciolse conformemente a quanto richiedeva il Governo Francese, più non occorre, come me lo prescrive V. E. col suo telegramma di ieri (2), di fare uffici di sorta al riguardo presso il Marchese di Salisbury, il che d'altronde sarebbe oramai inopportuno.

I giornali inglesi si sono alquanto occupati di quell'incidente ed alcuni di essi credono scorgere in esso un risultato d'affarismo che potrebbe recare, in alcune regioni parigine, conseguenze importanti, però estranee a noi.

Ligio al principio enunziato da V. E. nel suo telegramma anzidetto, cioè che lo statu quo delle questioni riguardanti il Mediterarneo sia la migliore garanzia per gl'interessi comuni all'Italia ed all'Inghilterra, io vi ho sempre conformato il mio linguagg~o nelle numerose conversazioni che, fino dal principio della mia missione, io ebbi coi capi del Foreign Office.

Ma pur bisogna dirlo, i fatti sembrano dimostrare che le diverse potenze e l'Inghilterra fra le altre, non la pensano in egual modo e che tutte cercano, anzi chi più chi meno, di modificare a proprio vantaggio l'ordine delle cose che a noi converrebbe di mantenere: Ed in vero, se poniamo mente al risultato del congresso di Berlino, indetto con tanta solennità per ristabilire la pace ed evitare lo smembramento dell'Impero Ottomano, vediamo, dopoché la Russia ha ottenuto concessioni, frutto delle sue vittorie, dopoché il Montenegro ha guadagnato un porto, una estensione di territorio, e che fino la Grecia avrà la sua frontiera rettificata a detrimento della Turchia, vediamo, dico, l'Austria farsi l'annessione, che col tempo sarà definitiva, della Bosnia e dell'Erzegovina, provincie alle quali, due anni sono, si paventava di concedere una qualsiasi autonomia, vediamo inoltre l'Inghilterra a titolo di protettorato, pr,endere possesso dell'Isola di Cipro con ferma intenzione di tenerla per sé. Tali conquiste non soddisferanno ancora queste due potenze e non sarà da stupire se un bel giorno, inaspettatamente l'Inghilterra si farà cedere qualche porto importante nell'Asia Minore. Si sa che, d'altra parte, l'Austria aspira a Salonicco che diverrebbe in di lei mani per il commercio d'Oriente il gran porto d'approdo d'onde una ferrovia, relativamente breve, raggiungerebbe la valle del Danubio, sviando così una parte di quel commercio dall'Italia la cui attività tendeva a rinascere dopo l'apertura del canale di Suez.

Intanto l'Inghilterra e la Francia, con un accordo forse effimero, si sono aggiudicato il governo dell'Egitto colla quasi esclusione dell'Italia, ma la prima di queste potenze, cioè l'Inghilterra, cerca a liberarsi della seconda col farle patti larghi riguardo alla Tunisia per avere essa stessa le mani più libere in Egitto e nell'Asia Minore. La Germania per altra parte non fa mostra di opporsi a che la Francia accresca colla Tunisia il suo dominio dell'Algeria imperocché vi trova un modo di attutire il risentimento di questa per la perdita dell'Alsazia e della Lorena, perché vi scorge un sentimento di debolezza anziché di forza per la sua temuta rivale, ed in fine forse perché sa che da ciò il nostro malumore sarebbe eccitato, per cui una alleanza nostra colla Francia, in certe eventualità, diverrebbe più difficile. In somma quel statu quo che è giustamente tanto desiderato nel Mediterraneo e che fa la base della nostra politica, è dovunque scalzato e crolla da ogni parte.

Aspetteremo noi che gli altri si siano diviso le spoglie senza avere tentato di provvedere ai nostri interessi? Da noi soli non possiamo che ben poco, ma uniti con altri, la nostra azione può essere potente e preponderante. Ed è perciò che, al cospetto della evoluzione che si va compiendo nel sistema politico del Mediterraneo, è naturale che uno si domandi se, anziché rimanere isolati spettatori di tali mutamenti ed essere quindi ridotti a tardive e forse vane proteste, non sarebbe per avve~1~<.:ra meglio per noi di provocare una intelligenza colla potenza che, come lo accenna la E. V. col precitato telegramma, ha interessi più analoghi ai nostri. cioè coll'Inghilterra, affine di esercitare di comune accordo una azione efficace in tutte le questioni che riguardano 11 Mediterraneo.

Queste sono le considerazioni che mi avevano indotto a portare l'attenzione di V. E. sopra questo argomento sul quale però non insisto altrimenti, bastando di averlo accennato.

(1) -Cfr. n. 205. (2) -Non pubblicato.
213

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 986. Vienna, 14 gennaio 1879 (per. il 17).

Il giornale ufficiale croato Narodne Novine pubblica, nella forma di una corrispondenza dalla Bosnia, Io statuto organico per la Bosnia e la Erzegovina. Questo documento merita, per la sua rilevanza, un attento esame e credo utile riassumerne le disposizioni principali.

Il pensiero dominante nello statuto è, a mio avviso, di costituire delle due provincie occupate una specie di «paese dell'Impero» a simiglianza dell'Alsazia e Lorena nell'Impero Germanico, con un organamento in cui, almeno per il momento, l'elemento militare sia prevalente.

Un capo del Paese (Landeschef) sarà preposto a tutti i rami dell'Amministrazione civile delle due Provincie, dipenderà dal Ministero comune, al di cui Presidente, il Ministro per gli Affari Esteri, egli dovrà dirigere i suoi rapporti. Per ora il capo dell'Ammin'strazione civile sarà nel tempo stesso comandante delle truppe di occupazione e, come di ragione, non dipenderà che nella sua prima qualità dal Ministero comune. In Vienna risiederà provvisoriamente una commissione consultiva per tutte le faccende più rilevanti concernenti le due provincie, costituita da un rappresentante per cadauno dei tre Ministeri comuni e da un delegato per cadauno dei due Presidenti del Cons:glio: il rappresentante del Ministero per gli Affari Esteri avrà la presidenza nella Commissione. La nomina dei membri deve essere approvata da Sua Maestà: essa porta il titolo « Commission fuer die Angelegenheiten Bosniens und der Herzegovina >>. La Commissione sarà un'emanazione diretta del Ministero comune con prevalenza del Ministero per gli Affari Esteri.

Lo Statuto accorda al Capo del paese un'autorità quasi assoluta in tutte le amministraz:oni e sottoposta solamente al sindacato del Ministero comune; eziandio relativamente alle faccende concernenti le relazioni delle due provincie coi paesi limitrofi, ad eccezione del territorio austro-ungarico, la sua azione sarà diretta da istruzioni date dal Ministero per gli Affari Esteri.

Lo statuto fa bensì cenno di commissioni di uomini di fiducia nella Bosnia e nella Erzegovina, ma soggiunge ch'esse saranno installate dal Capo del Paese, conformemente alle istruzioni che gli saranno date: di leggeri s'intende come queste commissioni non potranno esercitare alcun efficace sindacato.

Il Governo del paese (Landesregierung) sarà costituito da tre sezioni: l'una per l'amministrazione interna, l'altra per la giustizia e la terza per le finanze, tutte sottoposte al Capo del paese, il quale dovrà avere segnatamente cura della sicurezza pubblica e della polizia e fare le sue proposte relativamente al particolari dell'organamento interno. A questo riguardo è interessante sotto molti aspetti la massima inculcata che la Bosnia e l'Erzegovina sopportino colle proprie rendite le spese dell'amministrazione e delle necessarie investiture: si aggiunge che l'apparato amministrativo debba essere costituito in modo da rimborsare poco a poco i crediti della Monarchia austro-ungarica e segnatamente le spese per l'occupazione per il mantenimento ed il rimpatrio del fuggiaschi. Il Ministero comune riserva poi alla sua competenza il regolamento delle relazioni fra i proprietari del suolo ed i fittajuoli e le faccende concernenti i beni ecclesiastici dei conventi e delle Moschee (Vakuf).

Le autorità e gli uffici ora esistenti nella Bosnia e nell'Erzegovina sono pel momento mantenuti: ma si dà al Capo del Paese il diritto di portarvi tutti i mutamenti ch'egli credesse opportuni, dandone avviso al Ministero comune. Per intanto (come annuncia l'ufficiale Bosnische Correspondenz) i comandanti militari saranno capi delle autorità circolari (Kreisbehoerden) e sino a che non saranno installati impiegati I. R., anche capi delle autorità distrettuali: i Kaimakan ed i Mudir dovranno ad essi obbedienza.

Il documento non stabilisce termini per nulla ed in niun punto; ma come emerge dalla sua lettura, esso contiene disposizioni il di cui eseguimento esige lungo lasso di tempo; l'amministrazione austro-ungarica assume tutte le aziende, prevede ogni particolare e penetra in ogni poro del paese. L'impressione totale prodotta dall'esame del documento si è che l'Austria-Ungheria si accinge a prendere stabile stanza in quelle Provincie e non crede quasi necessario di nascondere questo intendimento. È una specie di dittatura stabilita senza

il concorso dei Parlamenti. Il fatto inoltre che le due Provincie sono date per ora in balia assoluta all'Autorità militare ed al Ministero per gli Affari Esteri, il di cui intervento è richiesto per ogni particolare, dà un motivo di più a supporre che coll'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, nel loro stato attuale, non siano spente tutte le aspirazioni dell'Austria, ma voglia porre quelle due Provincie in un assetto da permetterle di spiegare le ali per volo più lontano, e più arduo.

214

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 65. Parigi, 16 gennaio 1879, ore 14,30 (per. ore 16,30).

Waddington reconnait que la Russie a quelques raisons de se plaindre de la délimitation de la frontière autour de la Silistri:e (l) car d'un còté et]]e ne passerait qu'à 800 mètres de la piace. On explique ce rapprochement par la nécessité d'aboutir à un endroit convenable pour l'établissement de ponts, mais la Russie prétend qu'il y aurait deux autres emplacements convenables à la distance de quelques kilomètres. Or Waddington a chargé ambassadeur à Constantinople d'étudier la question et dès qu'on l'aura résolue en principe, on procédera à une nouvelle déllmitation, sì !es Puissances tombent d'accord. En attendant !es commissaires français restent à Constantinople.

215

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 64. Vienna, 16 gennaio 1879, ore 14,35 (per. ore 16,10).

Relativement à la question de la Silistrie (l) Orczy m'a dit qu'Andrassy n'a pas encore fait de réponse au Cabinet de Pétersbourg, mais qu'il a laissé entendre à l'ambassadeur de Russie qu'il ne saurait que répondre, vu que si la commission internationale était appelée à étudier de nouveau la question de délimitation elle ne pourrait que confirmer sa première décision, que tous les commissaires étant rentrés dans leurs pays respectifs, il serait impossible réunir de nouveau maintenant la commission. Orczy m'a encore ajouté que losqu'il avait été proposé de déférer la décision à la conférence des ambassadeurs à Constantinople Zichy avait reçu instructions de maintenir le point de vue du commissaire austro-hongrois.

(l) Cfr. n. 203.

216

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 66. Parigi, 16 gennaio 1879, ore 15,30 (per. ore 17,15).

La situation a tout à coup changé de physionomie et pourrait bien dévenir gràve. Après le succès obtenu par les républicains dans la réelection des sénateurs sortants on avait lieu de s'attendre à un apaisement complet, et à espérer un usage modéré de la victoire. M. Gambetta était dans les meilleures intentions et se flattait d'obtenir la république de ses rèves dans la quelle, au milieu de l'ordre et de la paix il y laissait piace pour toutes les opinions, pour tous les partis. Mais Gambetta risque à cette heure-ci d'ètre débordé et dépassé. Les députés et les nouveaux sénateurs républicains arrivent de leurs clochers avec des dispositions inquiétantes. On demande une épuration sévère du personnel des différents services de l'Etat, on demande l'ostracisme de tout ce qui n'est pas républicain dans les préfectures, dans la magistrature et dans l'armée. C'est la terrible loi des suspects que l'an voudrait resusciter. Le Ministère ne saurait se prèter à toutes ces fantaisies. Il exposera aujourd'hui son programme et la limite extrème de ses reformes, et provoquera là dessus un débat qui commencera probablement lundi prochain. S'il est battu il donnera sa démission et dès lors la position du maréchal est difficile et critique, ne sachant trop à qui s'adresser et de qui se fier. Il faut espérer que la sagesse et la modération auront raison en dernier lieu des idées trop exagérées et dissolvantes. Le revirement de la politique du prince de Bismarck pourrait d'ailleurs donner à refléchir et jetter de l'eau sur le feu.

217

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 74. Vienna, 17 gennaio 1879, ore 15,20 (per. ore 17,20).

Hier soir la commission commerciale du Reichsrath a discuté le traité de commerce avec l'Italie. L'opposition faite surtout au commencement de la discussion était si menaçante à faire craindre que le traité ne fut accepté. Notamment diminution tarifs tissus de soie de 300 à 200 florins donna lieu à des attaques très vives. Cependant dans la plupart des discours perçait une répugnance à rejeter le traité tout entier. Le ministre Chlumecky sut tirer parti de cette situation. Il fit mention des articles de l'industrie autrichienne camme bière, papier, verre, fer qui seraient fortement endommagés par le tarif autonome italien. Il accentua d'ailleurs de ne se laisser pas fourvoyer par aucune considération politique d'accepter le traité ou de le rejeter uniquement pour son mérite intrinsèque. Oe matin Chlumeky m'écrit une lettre dans laquelle il a fait mention des graves difficultés qui se sont précédemment présentées dans la discussion et exprime l'espoir dc les avoir vaincues. En effet le député qui avait déclaré inacceptable la rédaction du tarif sur soie a retiré sa proposition à la suite de la déclaration du ministre. Le rapporteur M. Tauschen de Trieste est favorable au traité.

218

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 72. Parigi, 17 gennaio 1879, ore 17,20 (per. ore 19,30).

Je viens d'apprendre d'une façon indubitable que hier le prince de Hohenlohe a déclaré à Waddington que si le Gouvernement français accorde l'amnistie aux déportés socialistes et internat:onalistes il sortirait par là de la question intérieure et entrerait dans la question européenne et que dès lors le prince de Bismarck viserait aux mesures qui lui paraitraient convenables.

219

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2229. Berlino, 17 gennaio 1879 (per. il 28).

Les négociations poursuivies depuis quelques mois entre Berlin et le Vatican n'ont pas fait de progrès très sensibles si l'on en juge d'après différents indices.

La lettre du Pape à l'Archevèque de Cologne en date du 24 Décembre dernier, prouve que le St. Père persiste dans ses efforts pour établir un modus vivendi; mais elle laisse percer un certain sentiment de désappointement et presque de découragement.

L'Encyclique du 28 Décembre, tout en s'adressant au Monde Catholique, visait surtout ce Pays, où l'on est le plus préoccupé des menaces du Socialisme. En suggérant les voies et les moyens pour en combattre la doctrine, en offrant son aide pour extirper cette piante funeste, le Pape allait au devant des voeux de l'Empereur, dont l'esprit a conservé une trace profonde des récents attentats. C'était la meilleure corde à faire vibrer pour l'induire à mettre un terme au Kulturkampf. Aussi l'Encyclique a-t-elle produit à la Cour comme dans les régions officielles une impression favorable. On se plait à reconnaitre que les Hgnes générales des documents précités s'éloignent de plus en plus des habitudes de Pie IX. Autant le Prédécesseur de Léon XIII déployait d'énergie, de violence de langage pour se jeter en travers du courant européen, autant son successeur fait preuve de retenue et recherche toutes les occasions d'entrer en rapports avec les Gouvernements. Mais le but n'est pas encore atteint.

J'ai pu m'en assurer dans une visite que j'ai faite avant-hier au Secrétaire d'Etat.

Je me bornais à demander s'il était exact, selon le récit de quelques journaux, que le Gouvernement Impérial eut exprimé au St. Siège des félicitations au sujet de l'Encyclique. M. de BUlow le niait. Et à ce propos, il ajoutait de son propre mouvement, que sans doute les lettres Pontificales n'avaient point envénimé la situation en ce qui concerne les pour-parlers sur un modus vivendi. Ges documents témoignanient des mailleures intentions -a'J reste réciproques -d'en venir à un accord, mais dans le fond il n'y avait pas à signaler jusqu'ici des concessions réelles. Or la paix entre l'Etat et l'Eglise n'est possible qu'en la plaçant et en la cherchant sur le terrain des faits, et en abandonnant le non possumus au domaine idéal.

En attendant, on pourrait faire observer que le cho:x de Monseigneur Melchers Archeveque de Cologne pour faire parvenir les vues du Vatican aux autres Membres de l'Episcopat d'Allemagne, n'était pas des plus corrects. G'était reconnaitre à ce prélat une autorité et des fonctions qu'il a perdues aux yeux du Gouvernement Impérial. En effet Monseigneur Melchers est au nombre des Eveques qui ont été dépossédés par arret de Tribuna!. Quoi qu'il en soit, la fraction catholique du centre persiste dans son attitude d'opposition systématique, ce qui n'est certainement pas un moyen propre à faciliter une entente entre le pouvoir civil et le pouvoir ecclésiastique.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 454. Parigi, 17 gennaio 1879 (per. il 20).

Non ho mancato di esprimere al Signor Waddington la molta soddisfa2lione di V.E. per la soluzione ch'ebbe l'incidente di Tunisi. Mi parve opportuno di aggiungere che il Governo del Re vivea persuaso non essere state scosse, né mutate le intenzioni della Francia riguardo a Tunisi da codesto ultimo inaspettato incidente e che S.E. il Signor Waddington manteneva ancor oggi le dichiarazioni a me fatte nell'Agosto scorso.

Il Signor Waddington rispose subito, senza esitanza e guardandomi in viso (come suol fare quando non è imbarazzato, né costretto a mentire) «State pur certi che non pensiamo, né penseremo all'occupazione ed al possesso di Tunisi, com'ebbi a dichiararvi tempo fà, a patto però che voi ne farete altrettanto: non potendo nascondervi che se l'Italia cercasse d'impadronirsi della Reggenza di Tunisi, senza previo accordo, la Francia sarebbe inevitabilmente strascinata a prevenirvi e ad impedirlo. Convinto che al pari di noi Voi desiderate lo statu quo perché non procurereste allora che i Vostri Agenti a Tunisi fossero meno militanti e provocanti? Il contegno del Signor Mussi, qualora Ei fosse r:masto a posto, ci esponeva a qualche guaio. Ed il Signor Macciò sbarcando 40 o 50 uomini e per di più sbarcando, clandestinamente, di notte, 40 o 50 fucili per improvvisare una Guardia d'Onore a maggior decoro della sua solenne entrata a Tunisi è riuscito ad esautorarsi sotto il peso del ridicolo,

sollevando però fondati sospetti e gravi apprensioni sull'indole sua e sulla di lui futura condotta».

Volle il caso che poco dopo aver parlato col Signor Waddington capitasse da me il Conte Sancy, l'eroe del recente caso di Tunisi e che perciò, trovandosi da parecchi giorni in continui rapporti col Ministero degli Esteri, può sapere cosa vi si pensa e cosa vi si dica. Riconoscente a molti favori ch'Egli ricorda aver ricevuto da Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele e da me stesso, quando ero Luogotenente del Re a Napoli, il Conte Sancy si mostra affezionatissimo agli Italiani e sembra parlar meco a cuor aperto.

Ignorando ciò che il Signor Waddington mi aveva detto mi ripetè più diffusamente e con abbondanza di dettagli quasi le stesse cose udite dal labbro del Ministro degli Esteri, insistendo anch'Egli che la Francia, lungi dall'idea d'impadronirsi di Tunisi sarebbe lieta di poter onorevolmente sbarazzarsi dell'Alger:a. Egli pure accennò alla grandissima convenienza di evitare sul terreno di Tunisi attriti che feriscono l'amor proprio Nazionale dell'uno o dell'altro paese. Si lodò dei nostri Consoli passati; disse non aver conosciuto il Mussi; deplorò l'entrata troppo orientale del Macciò, dichiarandolo sin d'ora per uomo senza prestigio e senza autorità possibile.

Non dispiaccia all'E.V. che io Le abbia riferito la conversazione affatto privata ch'ebbi col Conte Sancy. Ho creduto che in questo momento passagg:ero ed eccezionale avesse qualche valore e venisse in una certa misura ad avvalorare le dichiarazioni del Ministro.

La parte più importante di questi colloqui, le assicurazioni cioè nuovamente ricevute che la Francia (qualora non vi fosse provocata), non pensa né penserà, almeno per molto tempo, ad impadronirsi di Tunisi, tali assicurazioni, dico, trovano una conferma, una garanzia più di ogni altra rassicurante e valida nella manifesta:?Jione generale, spontanea ed indipendente dell'opinione pubblica, la quale per mezzo dei Giornali d'ogni partito e d'ogni colore si mostrò nettamente avversa non solo alla conquista, ma persino alla semplice occupazione di Tunisi.

Il Signor Waddington può cadere un giorno o l'altro; ma con lui non cadranno le dichiarazioni a me fatte in Agosto scorso le quali esprimono il pensiero, non di un uomo solo, ma della gran maggioranza del paese e senza dubbio poi il pensiero del partito che ora governa la Francia.

Se una restaurazione monarchica avesse luogo allora forse, ma allora soltanto, le ottenute dichiarazioni perderebbero ogni importanza ed ogni valore.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 40. Roma, 18 gennaio 1879, ore 14,05.

Je remerci:e V.E. de son télégramme au sujet du traité de commerce (1). Dans notre Chambre les choses paraissent marcher bien et rapidement. La commis

sion a approuvé le traité et chargé le rapporteur M. Luzzatti de prendre connaissance des quelques déclarations que les intéressés ont formulées. Un membre seul de la commission M. Lualdi est contraire au traité. Le rapport de

M. Luzzatti sera très probablement présentè dimanche ou lundi.

(l) Cfr. n. 217.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 507. Roma, 18 gennaio 1879.

Nella conversazione che V.E. ebbe con Lord Salisbury e alla quale si riferisce il rapporto del 7 Gennajo, N. 181 (l), fu toccato anche l'argomento dei recenti casi di Tunisi.

Veramente non ci riesce facile di conciliare la contraddizione che, almeno in apparenza, si appalesa tra le dichiarazioni del Ministro britannico. Non si comprende infatti come mai si possa conciliare la posizione neutrale che il Gabinetto inglese dichiara di voler assumere (neutralà.tà sembra, qui, voler dire astensione) con la dichiarazione che l'occupazione di Biserta, per parte della Francia, sarebbe una minaccia per quell'interesse principalissimo che è, per il Governo britannico, la sicurezza delle sue comunicazioni con l'Asia Minore e con le Indie.

La contraddizione che si manifesta, a questo r~guardo, nei concetti espressi da Lord Salisbury, giustificherebbe appunto le apprensioni che si fondano sulla previsione di un accordo anglo-francese, nel quale per l'occupazione francese in Tunisia sarebbe concordato un largo compenso per l'Inghilterra, in guisa che inalterata resti per questa, la sua posizione preponderante nel Mediterraneo. È superfluo dire quanto queste previsioni debbono impensierire l'Italia. È mestieri quindi, senza suscitare diffidenze o il sospetto che da noi si voglia fare una politica inquieta, la quale riuscirebbe a scopi opposti a quelli che si vogliono ottenere, cercare un avvicinamento con l'Inghilterra per tutto ciò che si riferisce all'interesse comune che noi abbiamo con la medesima nelle questioni del Mediterraneo. Noi non abbiamo proposizioni da fare all'Inghilterra. Questa non ne aspetta certamente da noi. Ma questo non esclude la possibilità e fors'anche l'utilità di uno scambio frequente ed intimo di idee, al quale dal canto nostro, annetteremmo la massima importanza.

Più che tutto, poi, non dobbiamo perdere di vista che la politica che ha potuto conchiudere il trattato di cessione di Cipro all'insaputa della maggioranza delle Grandi Potenze, richiede la massima vigilanza, se non si vuol correre il pericolo di nuove sorprese, le quali, quando non includessero altro danno,

15 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

avrebbero quello di vivamente commuovere l'opinione pubblica e di inasprire le relazioni dando loro un carattere di diffidenza che bisogna assolutamente evitare.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 79. Parigi, 19 gennaio 1879, ore 13,45 (per. ore 14,55).

Grand diner hier au soir aux Affaires Etrangères donné au corps diplomatique. Les nouvelles étaient meilleures. On parlait de la possibllité qu'il y aurait encore d'éviter la crise moyennant des concessions réciproques entre la Chambre et le Ministère. Demain peut-etre ou après demain nous saurons à quoi nous en tenir. On fait valoir beaucoup les conditions de l'Europe, le courant réactionnaire qui l'entraine en ce moment à precher la prudence et la modération. Si l'on arrive à un accord retenez pour sùr qu'il aura été dicté par des considérations de politique extérieure et surtout par égard à l'Allemagne. Le comte de Saint Vallier me disait I'autre soir que si l'on fait des sottises il renonce à son ambassade à Berlin.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 41/186. Londra, 19 gennaio 1879 (per. il 23).

Mi pervennero regolarmente i due dispacci della Serie Politica, n. 502 (l) e 503 (2), in data delli 11 e 12 corrente che l'E.V. mi fece l'onore d'indirizzarmi. Col primo Ella comunicavami le istruzioni impartite dal Gabinetto Russo a.. Principe Lobanow relativamente alle difficoltà nate m seno della Commissione di delimitazione della frontiera bulgara intorno a Silistria ed espresse il desiderio d'essere informata dell'opinione del Governo Britannico a tale proposito.

Col secondo V.E. mi chiese notizie dell'impressione che sul Governo della Regina avesse prodotto la mozione del Delegato britannico presso la Commissione europea della Rumelia orientale circa n modo di provvedere al mantenimento dell'ordine in quelle contrade al momento del ritiro delle truppe russe.

Intrattenni jeri il Marchese di Salisbury di tali argomenti in una conversazione ch'ebbi con S.E. al Foreign Ofllce. Il Nobile Lord mi disse ch'egli con

siderava la ditficoltà sollevata dai Russi relativamente alla delimitazione dei confini presso a Silistr:a come una quistione d'un ordine essenzialmente militare la quale doveva essere r,isolta dagli uomini tecnici competenti. Lord Salisbury pensa che non si potrebbe trasformare Silistria in una fortezza senza violare il trattato di Berlino che sopprime le piazze forti della Bulgaria. Ma d'altra parte egli è di parere che i Rumeni abbiano diritto a che il ponte ch'ess,i devono stabilire sul Danubio presso Silistria sia protetto sutficientemente per assicurare le comunicazioni colla Dobrudja. In sostanza è poi evidente che il Nobile Lord propende più dal lato dei Rumeni che da quello dei Russi.

È cosa di fatto che nel t~more di vedere scoppiare nuove S·edizioni nella Rumelia orientale allorquando i Russi abbandoneranno il paese, il Delegato della Gran Bretagna, Signor Drummond Wolfi, enunciò l'idea di farla occupare temporaneamente da un corpo d'armata misto franco-austriaco, attesoché l'entrata di truppe turche potrebbe suscitare disordini e provocare quindi repressioni sanguinose. Lord Salisbury mi disse però che tale progetto non è altro che un semplice suggerimento personale ideato dal Signor Drummond Wolff sul quale il Governo Britannico non si pronunciò ancora.

Il Marchese di Salisbury spera tuttora che una simile occupazione mlsta non sarà necessaria, principalmente se sarà nominato a Governatore Generale di quella provincia un uomo adatto alle circostanze. L'Inghilterra approva la scelta di Rustem Pascià per tale carica: non v'è che la Russia la quale vi si opponga. Ma Lord Salisbury crede che se l'Italia insistesse presso il Governo russo per ottenere anche il suo assenso alla nomina di Rustem Pascià, essa forse riuscirebbe a vinceme la resistenza. In ogni caso H Gabinetto britannico si opporrà con tutte le sue forze a che la Russia prolunghi la sua occupazione della Rumelia orientale oltre il termine stabilito dal trattato di Berlino. E se vi fosse inevitabile necessità di venime ad una occupazione mista, Lord Salisbury crede che l'Italia dovrebbe essere chiamata a concorrervi.

Io non omisi di fare osservare a S.E. che se l'Austria dovesse occupare ancora Salonicco, essa con ciò avrebbe in retaggio l'impero d'una parte del commercio d'Oriente e che d'altro lato pure non potrebbesi non tenere conto d'una Potenza come l'Italia che pel numero de' suoi marinaj tiene forse il primo rango nel Mediterraneo. E aggiunsi ch'era manifesto interesse dell'Inghilterra di non lasciar sagriflcare gl'interessi dell'Italia a quelli d'altre Potenze, le aspirazioni del nostro paese avendo per solo scopo la maggiore possibile libertà del commercio.

La conversazione essendosi poscia portata sopra altri argomenti, Lord Salisbury mi disse ch'egli non aveva ancora ricevuta alcuna notizia costatante la firma del trattato Russo-Turco. L'Inghilterra propugna gl'interessi dei creditori Britannici minacciati dal nuovo Trattato: ma il Gabinetto inglese non spera di poter ottenere per essi molte guarentigie.

Anche dell'incidente di Tunisi, ora terminato, corse parola col nobile Lord. Egli non disconviene che la Francia aspira all'occupazione di quella Reggenza e riconosce che per l'Italia l'acquisto di Tripoli sarebbe un magro compenso. È d'altronde suo parere che per l'Italia come per l'Inghilterra il meglio sia il mantenimento dello statu quo in quelle Reggenze.

(l) -Non pubblicato. ma cfr. n. 203. (2) -Cfr. n. 209 che fu inviato a Londra col numero di protocollo particolare 503.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 988. Vienna, 19 gennaio 1879 (per. il 28).

Non sarà certamente sfuggito all'attenzione dell'E.V. che da qualche tempo a questa parte i giornali austriaci hanno ricominciato a discutere la questione della necessità per la Monarchia, dacché si addivenne all'occupazione o meglio alla conquista della Bosnia e deH'Erzegovina, di non arrestarsi a mezza strada, ma bensì di spingere le annessioni fino a Salonicco. Circostanza notevole da osservarsi si è che attualmente quell'idea è anche caldeggiata, sebbene non ancora apertamente, dal così detto << partito costituzionale >> che ebbe a fare sì accanita opposizione al Conte Andràssy in seno alle Delegazioni. Che il Governo accarezzi quel progetto non è certamente cosa nuova, ma ciò che prima d'ora non si era prodotto si è: che tutte le persone più specialmente ligie al Governo, o meglio ancora al Sovrano, propugnano oggi caldamente ed apertamente la necessità di estendere fino all'Egeo i confini della Monarchia.

Non è scopo del presente mio rapporto il porre in sodo se un tale ardito passo sia o meno conveniente per l'Austria-Ungheria; a mio avviso, nelle condizioni generali d'Europa ed in quelle speciali di quest'Impero, una simile politica dovrà condurre questo Stato ad una completa trasformazione che, se potrà essere di vantaggio per la dinastia, sarà però la fine di quell'antica Austria, la di cui conservazione sarebbe di tanto vantaggio per l'Europa. Considerando quindi anche soltanto la cosa da questo punto di vista, l'Italia avrebbe ben fondata ragione di preoccuparsene, senza però naturalmente essere per questo solo autorizzata a far sentire la sua voce. Ma la questione ha ancora altri lati che parmi non si abbiano a perdere di vista. Anzi tutto il danno effettivo che soffrirebbe l'Italia, se così gran parte della costa Adriatica, nonché di quella dell'Egeo venissero a passare dal dominio Turco in altre mani, non può essere da noi tenuto in non cale. Oltre a ciò non conviene dissimularsi che ove un tal fatto venisse a compiersi col nostro, almeno apparente, tacito consenso, l'impressione che ciò produrrebbe sull'opinione pubblica in Italia sarebbe vivissima, e potrebbe anche essere cagione di gravissime conseguenze.

Non è certo mio intendimento il suggerire si abbia a fare fin d'ora passi presso il Gabinetto di Vienna, onde invitarlo a chiarire i suoi intendimenti: tali nostre entrature non troverebbero quella accoglienza che potressimo desiderare, e quindi è evidente che meglio vale astenersene. Del pari non consiglierei mai di rivolgerei in proposito ad altri Gabinetti, onde averne informazioni e all'uopo appoggio: l'esperienza ci ha già dimostrato quali siano le conseguenze di un tal sistema, quindi non può convenirci di ritentarlo. Ciò stante, mentre una somma riserva ci è imposta dalle circostanze, dovremo, parmi, tanto più vigilare onde non essere sorpresi da un qualche fatto compiuto e tenerci pronti, se il momento opportuno si presentasse, a far sentire la nostra voce in modo conciliante ed amichevole, si, ma non disgiunto da fermezza, astenendoci però anche allora in modo assoluto dall'accennare ad eventuali rivendicazioni o compensi a nostro favore, arma questa che troppo facilmente ci si rivolgerebbe contro.

Per conto mio intanto, mentre nessun personaggio ufficiale ebbe mai fino ad ora a tenermi parola intorno a tale eventualità, mi sono astenuto dal fare qualsiasi interrogazione al riguardo, evitando anche di lasciar cadere la conversazione su quell'argomento.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 45. Roma, 20 gennaio 1879, ore 13.

Je prie V.E. de me télégraphier d'urgence et si c'est possible dans la journée méme, aprés avoir pr·s renseignements nécessaires, si les dispositions des parlements autrichien et hongrois sont bien surement favorables à l'approbation du traité de commerce, et s'il convient que le parlement italien hàte ou bien qu'il retarde sa propre discussi o n (l).

227

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 92. Vienna, 20 gennaio 1879, ore 21,30.

Le ministre du commerce m'annonce à l'instant que la commission de la Chambre des députés à l'unanimité moins une voix a approuvé ce soir le traité de commerce, ce qui rend hors de doute l'approbation de la Chambre.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 48. Roma, 21 gennaio 1879, ore 13,20.

Veuillez m'informer du jour de la présentation aux Chambres françaises de notre dernière convention commerC'iale et de la date probable de la discussion et de l'approbation de cette convention. Il est très urgent que le Gouvernement français fasse approuver cet accord, car ici on voudrait attendre le résultat de la discussion en France. Ceci est dit pour que V.E. comprenne toute l'importance que nous attachons à ce que le Gouvernement français et son Parlement montrent de l'empressement à se mettre en mesure d'appliquer la nouvelle convention (2).

(l) -Per la risposta cfr. n. 227. (2) -Per la risposta cfr. n. 229.
229

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 96. Parigi, 21 gennaio 1879, ore 15,30 (per. ore 17,15).

Waddington a déposé hier à la Chambre des députés le projet de convention commerciale entre la France et l'Italie. Avant hier soir j'ai eu un long entretien avec M. Léon Say. Il est heureux de l'arrangement combiné dont le ministre du commerce m'avait parlé la veille avec la plus grande satisfaction. Maintenant que le Ministère est assuré je pense que la discussion aura lieu bientòt. J'irai à la recherche d'informations, et demain ou après demain je saurai en dire davantage à V.E.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 992. Vienna, 21 gennaio 1879 (per. il 28).

Ebbi ieri sera occasione di conversare per qualche tempo col Conte Andrassy ad una piccola serata in casa sua. Il discorso cadde come era naturale sulle questioni attualmente pendenti, intorno all'eseguimento del Trattato di Berlino. S.E. nell'esprimersi sul conto del Gabinetto di Pietroburgo il faceva con tuono assai concitato, lamentando l'assoluta mancanza di direzione che, a suo dire, si osserva nell'azione del Governo Russo, il Principe Gortchakofi non essendo p'ù, com'Egli esprimevasi, Cancelliere se non di nome e non essendovi chi abbia in mano le redini della politica: da che ne consegue che i singoli Ambasciatori all'Estero i Generali ed altri alti funzionarii in Oriente seguono quell'indirizzo che credono migliore o che meglio loro talenta. Avendogli io chiesto se ritenevasi sicuro che la separazione della Bulgaria dalla Rumelia Orientale quale fu stabilita dal Congresso di Berlino si manterrebbe Egli mi rispose non credere alla loro riunione immediata, essere però d'avviso, che l'Inghilterra aveva pregiudicato la questione al Congresso di Berlino, pretendendo assolutamente che i Ballmni segnassero il limite del nuovo Principato, mentre sta di fatto che distretti intieramente Bulgari senza soluzione di continuità dallo Stato Bulgaro, esistono al sud di quella catena di montagne. Del resto dicevami l'essenziale essere che i Russi se ne vadano al termine prefisso, poiché se partono come si spera. non ritorneranno facilmente. EgH soggiungeva che probabilmente si verificherebbero disordini e conflitti anche fra le varie razze nei paesi evacuati dalle truppe russe, ma che in fin dei conti ciò non sarebbe niente di nuovo, simili cose essendo abituali in quelle Provincie: che però non bisognava neppure immaginarsi nascessero guai troppo grossi, giacché in fin dei conti i Bulgari non sono affatto una razza guerriera e quindi, sparita la mano che li fa muovere, si terrebbero tranquilli, ed in appoggio al suo asserto citava l'insurrezione nella Macedonia quasi cessata per incanto, tosto che i Russi avevano desistito dall'eccitarla.

Dal complesso del linguaggio del Conte Andrassy potei fo:rmarmi il criterio ch'Egli anzi tutto desidera l'allontanamento dei Russi dalla penisola dei Balkani, qualunque cosa abbia a nascere colà dopo. Forse Egli è essenzialmente spinto a ciò desiderare nella persuasione che ave dopo l'allontanamento dei Russi si svolgessero fatti tali da far notevolmente progredire lo sfacelo dell'Impero Ottomano, all'Austria-Ungheria sola spetterebbe senza contrasto, probabilmente da parte dell'Inghilterra e della Germania, la missione di spegnere l'incendio e portare la civilizzazione in quei Paesi, piantandovi ·la sua bandiera su quei punti ch'Essa ravviserebbe più convenienti di occupare prima per annettersi dopo. Mi sono però anche formato l'impressione ch'egli non ha piena persuasione che effettivamente la desiderata ritirata dei Russi abbia ad effettuarsi cosi semplicemente all'epoca stabilita a Berlino.

La nostra conversazione si mantenne del resto sempre, si può dire, entro termini generali, poiché malgrado io non abb:a mancato di porgergli occasione di entrare in maggiori particolari, egli evitò sempre di ciò fare, astenendosi anche dal fare accenno a desiderio di pormi in grado di esprimermi intorno al modo di vedere del Governo Italiano in si gravi questioni, locché sarebbe stato tanto più naturale che era questa la prima volta che Egli aveva occasione d'intrattenersi meco dopo il Congresso di Berlino. A fronte però di una riserva troppo marcata, perché fosse ammessibile mi sfuggisse, non ho creduto dover cercare di forzare una situazione che allo stato delle cose megUo vale lasciare la cura al tempo ed allo svolgersi degli avvenimenti di semplificare.

231

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 104. Vienna, 22 gennaio 1879, ore 15,30 (per. ore 16).

Chambre des députés Autriche vient d'approuver à l'instant traité de commerce avec l'Italie à l'unanlmlté moins 5 vo:x.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. u. R. 109. Berlino, 22 gennaio 1879, ore 20,45 (per. ore 1,25 del 23).

B1Uow me communique camme venant de la part d'agents dignes de foi le promemoria suivant:

«Selon !es communications reçues ici des individus qui ont dit se nommer Angelo Carpi de Bologne, maitre de musique et Henri Lorada de Barcelone, commis voyageur en vins, sont partis le 11 de ce mais de Genève pour Turin où i:ls se sont joint à un allemand, saxon parait-H, venant de Marseme et nommé Wolf ou Wolfer. Ces deux premiers arrivés de Londres où ils avaient vécu pendant un an et demi, et où ils avaient été en rapport avec les éléments révolutionnaires de l'Internationale. Ils paraissent surtout d'avoir connu de près le général Wobelewski. D'après ce qu'ils ont dit il existe le projet de délivrer Passanante corrompant gardiens ou bien, au dernier moment, dans le cas où il serait condamné à mort et conduit au supplice, au moyen d'une émeute que l'on organiserait à l'effet de l'arracher per la force aux mains de son escorte. En outre, pour le cas où la sentence de mort prononcée contre Passanante serait confirmée, on prémédite un nouvel attentat conte le Roi d'Italie. Ces trois individus précités attendaient, à ce qu'il parait des autres complices qui ne sont pas arrivés, et ils se sont rendus le 14 de ce mois par chemin de fer de Genève à Turin. De là ils voulaient aller par Florence à Rome. Leur signalement est le suivant: Carpi est àgé de 30 ans tout au plus, il a les cheveux roux, il porte seulement la moustache, il est très maigre et semble maladif et chétif. Il porte un pantalon gris et un habit et un gilet bleu foncé, un surtout d'été clair et des lunettes. Lorada est un homme de 35 à 40 ans, d'une taille moyenne et son teint est très foncé; il a des cheveux foncés très épais, la barbe noire et de belles dents. II est habillé très décemment et il porte un habillement brun foncé d'une étoffe égale, un surtout d'hiver pareil de coupe anglaise sans taille et très long.

Wolf ou Wolfer a l'air d'un homme de lettres. Il est grand et maigre, il a les cheveux bruns et la barbe en plein; il porte un pince-nez bleu, il semble loucher et parle avec un fort accent étranger. Ces individus emportaient avec eux très peu de bagage. Carpi un sac à main et un révolver avec un étui noir dans sa poche. Lorada un petit coffre à main et une couverture noire de voyage. Tous les deux avaient sur eux de l'argent en quantité suffisante.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 379. Roma, 22 gennaio 1879.

Sono grato assai alla E. V. dei particolari che mi ha fornito intorno alle cose di Tunisi, con rapporto del 10 di questo mese, n. 453 (1).

A mia volta, stimo utile di qui acchiuderle copia di un Rapporto del R. Agente e Console Generale (2), nel quale l'incidente Sancy è minutamente e chiaramente esposto.

Dal racconto dei fatti e più ancora dalla lettura dell'atto di concessione che è annesso al rapporto del Cav. Macciò, emergerebbe questa conclusione che, cioè, non si comprende veramente di quali offese la Francia avesse a chiedere ed imporre una solenne riparazione. Ora che l'incidente è chiuso con sod

disfazione della Francia, sarebbe forse il caso di indagare se, mentre-il Governo francese è tuttora restio ad intraprendere imprese all'estero, non si pronunzi invece nei suoi Agenti in Tunisi una tendenza in opposto senso, la quale potrebbe, creando situazioni delicatissime, costringere ad un momento dato il Governo della Repubblica ad adottare una linea di condotta dalla quale finora si è dimostrato alieno. Noi teniamo in gran pregio le dichiarazioni fatte dal Signor Waddington e consegnate nel rapporto di V. E. in data del 19 agosto 1878 (l); ma non possiamo nasconderei che le medesime, ben lungi dal respingere l'ipotesi di misure che potrebbero avere per obiettivo il territorio e le acque tunisine, contemplano questa eventua~ità come quella che, presentandosi, dovrebbe dar luogo a previo accordo con l'Italia.

In questo stato di cose, la questione può dirsi aperta ed essa merita, come tale, tutta la nostra vigilanza, poiché quando una questione è aperta, il più impensato incidente può precipitarne la f!isoluzione, anche contrariamente alla stessa volontà dei Governi.

(l) -Cfr. n. 201. (2) -Non pubblicato.
234

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2232. Berlino, 22 gennaio 1879 (per. il 28).

Le Cabinet de Berlin suit d'un oeil très vigilant l'évolution intérieure qui s'opère en France. Ainsi que me le disait M. de BiUow, le résultat des élections sénatoriales était presque trop beau, pour qu'il ne se mélàt pas quelque préoccupation à la satisfaction de l'échec infligé aux coteries réactionnaires et cléricales dont les agissements constituaient un danger pour la paix générale. Ces éléments sont pour le moment paralysés; mais d'un autre còté, il manquera un contrepoids nécessaire dans le développement des institutions. Les républicains se croyant parvenus au couronnement de leur oeuvre, suivront-ils la Ugne de modération et de prudence que les esprits sages s'appliquent à faire prévaloir? Sur ce point, il est permis d'exprimer des doutes quand on voit déjà le Ministère glisser sur la pente des concessions aux radicaux dont

M. Gambetta lui-mème ne réussit pas toujours à contenir les impatiences. Le jour où il serait complètement débordé, les intransigeants, pour me servir d'un mot bien connu, « travailleraient pour l'exportation » et chercheraient à provoquer, par la propagande, des agitations périlleuses ou imprudentes chez leurs voisins.

Est-ce à cet ordre d'idées que se référait l'observation ci-dessus mentionnée de M. de Biilow sur un résultat qu'il qualifiait de trop beau? Je le suppose, quoiqu'il n'ait pas précisé davantage sa pensée. Le fait est qu'au point de vuè monarchique, il ne saurait agréer au Cabinet Impérial de voir se consoli

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der à ses portes une forme de Gouvernement qui a le don de rasciner l'imagination des peuples parfois aveugles sur leurs propres intérets. L'attraction est plus forte encore, quand cette république se trouve dans des conditions de richesse et de prospérité supérieures à celles des voisins. On n'envisage que le fait sans se rendre compte des immenses ressources de la France, qui se manifestaient peut-ètre à un degré plus élevé sous les règnes de Louis-Philippe et de Napoléon III.

Si le Prince de Bismarck a des préférences pour le maintlen de semblables instltutions au delà du Rhin, il en voit certes les inconvénients, mais entre deux maux il se tient au moindre. Or les rancunes françaises se feraient jour bien plus tòt avec une restauration des Bourbons, des Orléans ou des Bonapartes, que sous une république de sa nature moins agressive, et dans laquelle les partis se font mutuellement échec.

Le Chancelier toutefois ne s'endort nullement dans une douce quiétude. Je sais de bonne source que pour aiguillonner le zèle des Conseillers fédéraux chargés de préparer les réformes économiques, il insiste surtout sur la nécessité d'un accroissement de revenus, afin que le trésor soit en état de faire face à toutes les éventualités qui peuvent se produire du còté de la France.

Dans ces conjonctures, je me suis demandé, comme V. E., à propos des affaires de Tunis, quel intéret pouvalt avoir l'Allemagne à se montrer si sévère vis-à-vis du Bey et si complaisante pour la partie adverse. Ne serait-ce point parce qu'ici, à tort ou à raison, on a le sentiment que nous professons pour la France républicaine au moins autant de sympathie que pour la France Impériale? Dans ce cas, il convenait peut-etre au Prince de Bismarck, sous le semblant d'une condescendence envers le Cabinet de Versailles, de créer entre celui-cl et Rome une de ces questions qui, en nous touchant au vif, établirait une barrière contre le courant de cette sympathie.

C'est là une simple supposltion qui a cependant quelque apparence de vérité. Dans tous !es cas, il répugne à mon sentiment royaliste d'admettre que ce soit avec raison qu'on nous attribue un penchant pour la république en France, car nous n'avons aucun intérèt à voir cette piante étendre son ombre malsaine vers nos frontières. Je dirai plus, tout bon patriote, mème aux opinlons !es plus avancées, à moins de se méprendre du tout au tout sur !es con.ditions de l'Italie, doit avoir la convictlon que la république serait le tombeau de notre unité et de notre liberté.

Quoi qu'il en soit des arrière pensées du Prince de Bismarck, il est certain que, sous !es dehors des meilleurs rapports avec le Cabinet de Versailles, il reste ici un profond sentiment de défiance. Les faveurs du Chancelier sont réservées à l'Autriche, non point par mauvais vouloir contre nous, mais parce que cette Puissance, de mème que la Russie, est un atout important dans son jeu. Il les contrebalance l'une par l'autre. et leur donne le sentiment que du còté où il jettera son épée, là sera la victoire.

En attendant, comme je l'ai mandé à V. E., il se montre rigoureusement opttmiste pour l'exécution du traité de Berlin, et. dans Ies difficultés qui surgissent, Son Altésse manoeuvre avec habilité pour n'exciter, autant que faire se peut, de mécontentement ni à Vienne ni à Pétersbourg.

(l) Cfr. Serie II, vol. X, n. 445.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 299. Pietroburgo, 23 gennaio 1879 (per. il 30).

L'E. V. con dispacc:o del 12 corrente n. 306 di questa Serie (1), si compiacque di mandarmi copia di un rapporto del R. delegato presso la Commissione Europea della Rumelia Orientale, nel quale è riferita la mozione presentata dal Delegato Britannico sul modo di provvedere al mantenimento dell'ordine in quella provincia al momento del ritiro delle truppe russe. Nel farmi questa comunicazione l'E. V. m'incaricò di procurarle le occorrenti notizie circa l'impressione che la mozione predetta ha prodotto presso il Governo Imperiale di Russia.

Avendo avuto l'occasione di intrattenermi ieri col Signor de Giers, gli parlai di questa mozione del delegato inglese a Filippopoli, e non ebbi difficoltà a conoscere l'impressione di S. E. intorno a quest'argomento. L'Aggiunto al Ministro Imperiale degli Affari Esteri è anzi tutto d'avviso che la Commissione Europea per la Rumelia Orientale non ha la necessaria competenza per risolvere questa grave questione. Quanto poi al merito della questione stessa, il Signor de Giers si mostra recisamente contrario al progetto d'un'occupazione mista. Secondo il dire di S. E. parecchie Potenze, e segnatamente la Turchia, vi sarebbero egualmente opposte. In ogni caso, se contro tutte le previsioni una tale misura fosse decretata dalle Potenze, la Russia non tollererebbe mai d'essere esclusa dall'occupazione. Del resto il Signor de Giers mi disse che finora nessuna entratura fu fatta da qualsiasi Potenza presso il Governo Imperiale di Russia relativamente ad un tale progetto d'occupazione mista. Nel pensiero del Signor de Giers, finché le truppe Russe saranno nella Rumelia Orientale, esse avranno cura di assicurarvi il mantenimento dell'ordine; quando poi queste si ritireranno, le milizie nazionali della Rumelia si troveranno organizzate e pronte a mantenere l'ordine interno. Che se poi, malgrado l'istituzione e la presenza di queste milizie, l'ordine fosse turbato, o minacciato, sarà allora opportuno che si avvisi a provvedere.

Quantunque queste opinioni siena state enunciate dal Signor de Giers come sue personali, non dubito che esse siena l'espressione del modo di vedere della Cancelleria Imperiale, intorno alla presente questione.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 993. Vienna, 23 gennaio 1879 (per. il 28).

Ho ricevuto il dispaccio dell'E. V. del 12 corrente n. 672 (2), relativo alla iniziativa presa dal Delegato Britannico alla Commissione Europea della Rumelia

Orientale intorno al miglior modo di provvedere al mantenimento dell'ordine al momento del ritiro delle truppe russe. Prima ancora però di ricevere quel dispaccio, avendo trovato nei giornali un indiretto cenno in proposito ne feci menzione al Barone Orczy, chiedendogli ciò che vi fosse di vero in quelle notizie. A tale mia domanda S. E. risposemi, ignorare dove i giornali avessero raccolto quelle informazioni, giacché a lui non constava esistesse documento ufficiale qualsiasi che trattasse di quella questione. In verità quella risposta non mi appagò granché, ma tanto perché mancavo per parte mia di notizie più precise, come anche in vista del carattere assai delicato dell'argomento, m'astenni dall'insistere.

Pervenutomi poi il precitato dispaccio dell'E. V., mentre credetti tanto più dovermi astenere dal tenere parola coi personaggi autorizzati del Ministero degli Affari Esteri di si importante questione, non mancai indirettamente di scandagliare con prudenza se essa avesse dato luogo a scambio di vedute fra alcuni Gabinetti con quello di Vienna ed in caso affermativo con quale esito. Il risultato di tali mie indagini fu il seguente.

L'Ambasciatore d'Inghilterra avrebbe infatti tenuto parola al Conte Andrassy, or sarà circa un mese, dell'invito diretto da Sir Henry Drummond Woìf ai suoi colleghi di cui fa menzione il Signor Vernoni. nel suo rapporto del 22 scorso dicembre (1), dandogli però essenzialmente il carattere di un'iniziativa personale del Delegato Britannico. Tale entratura sarebbe stata, a quanto mi si assicura, accolta assai freddamente dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri e la cosa non avrebbe più avuto seguito. Non è da dirsi con ciò che al Gabinetto di Vienna non garberebbe surrogare, col concorso anche dei Francesi, i Russi, allorché si ritireranno dalla Penisola Orientale, ma pel momento non sarebbegli stato possibile prendere impegni al riguardo, l'opinione pubblica nei circoli parlamentari, sì in Austria che in Ungheria, essendosi troppo accentuata a volere per ora limitata l'occupazione alla Bosnia ed all'Erzegovina. Ciò stante, a quanto mi si assicurò, il Delegato Austriaco alla Commissione avrebbe avuto l'ordine di esprimersi presso a poco nello stesso senso indicatomi dall'E. V. siccome apprezzamento al riguardo del R. Governo. Da quanto ebbe a dirmi il mio collega di Germania, il Gabinetto di Berlino avrebbe dal canto suo invitato il suo rappresentante alla commissione di astenersi dall'entrare in discussione su questioni che oltrepassano il suo mandato. Duolmi di non essere in grado di porgere per ora più precise informazioni all'E. V. sopra sì importante argomento, ma non dubito ch'Ella dividerà meco l'apprezzamento che in questioni di simile natura ogni maggior riserva mi è imposta, onde non suscitare qui nuove diffidenze a nostro riguardo, mentre dobbiamo purtroppo constatare ch'esse vi nascono e si sviluppano realmente con soverchia facilità anche quando ogni pretesto vi fa difetto.

(l) -Cfr. n. 209 inviato a Pietroburgo col numero di protocollo 306. (2) -Cfr. n. 209, inviato a Vienna con numero d! protocollo 672.

(l) Non pubblicato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 54. Roma, 25 gennaio 1879, ore 23,05.

M. Rosetti est annoncé pour demain ou après demain à Rome. Veuillez m'informer le plus tòt possible du résultat de la mission qu'il a rempli à Paris (Londres) afin que je sache me régler dans les entretiens qu'H aura avec moi (1).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 122. Parigi, 26 gennaio 1879, ore 11,20 (per. ore 18,55).

J'ai écrit le 23 courant un rapport (2) au sujet des démarches [faites] auprès du Gouvernement français par Rosetti et Bratiano. Ils demandaient la reconnaissance de l'indépendance roumaine et l'envoi d'un ministre de France. Waddington se refuse à accorder quoi que ce soit tant que la Roumanie ne remplira engagement pris à Berlin et [n'aura] pris mesures légi:slatives définitives en faveur des juifs. Waddington désire que nous marchions d'accord avec lui.

239

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 57. Roma, 27 gennaio 1879, ore 12,15.

La Chambre des députés a approuvé aujourd'hui à l'hunanimité moins dix voix le traité de commerce avec rAutriche-Hongrie. Le Sénat a immédiatement été saisi du projet de loi relatif à ce traité et a flxé le jour d'après demain mardi pour la discussion publique.

240

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 126. Vienna, 27 gennaio 1879, ore 15 (per. ore 16).

Traité de commerce est approuvé par les deux Parlements autrichien en hongrois et va étre ratifié par Sa Majesté.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 238 e 256. (2) -Non pubblicato.
241

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 128. Pera, 27 gennaio 1879, ore 21,35 (per. ore 22).

La commission greco-turque a tenu sa première réunion aujourd'hui à Prevesa. Il parait probable que Costant pacha remplacera Abedin dans cette commission. On espére que cette semaine on pourra terminer les négociations pour le traité turco-russe. Les négociations austro-turques n'ont fait aucun progrès jusqu'ici.

242

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2236. Berlino, 28 gennaio 1879 (per. il 2 febbraio).

Le Secrétaire d'Etat ne connaissait pas encore le compte rendu officiel du discours prononcé par V. E. au Sénat en réponse aux interpellations sur notre politique étrangère. Toutefois les télégrammes et les extraits des journaux démontraient assez quelle avait été la justesse et la dignité de votre langage parfaitement approprié à la situation. La déclaration, entre autres, que le Gouvernement du Roi persiste à vouloir l'application loyale de toutes les clauses du Traité de Berlin, a produit le meilleur effet, non pas que l'on doutàt le moins du monde de notre concours, mais tout ce qui tend à affirmer la ferme volonté des Puissances de veiller à l'accomplissement des articles de ce Traité, est une garantie de plus pour le maintien de la paix.

Telles sont les impressions que j'ai recuillies dans mon dernier entretien avec

S. E. M. de Biilow. Au reste, l'attention du Cab'inet Impérial est presque entifrement absorbée par une autre grande question, celle des réformes économique,'l. Elles soulèvent déjà bien des oppositions dans la presse et dans les meetings. Mais le Prince de Bismarck n'est pas homme à renoncer à une entreprise dès lel> premières difficultés qu'elle rencontre. J'ai méme lieu de croire qui'l n'hésiterait pas à recourir à de nouvelles élections s'il trouvait des obstacles insurmontables dans le Parlement Allemand convoqué pour le 12 Février. Le Reichstag aura aussi à se prononcer sur un projet de loi relatif à une action pénale contre ses propres membres. On a prétendu il est vrai que le Chancelier ne tenait pas outre mesure à ce que le projet fftt adopté ou non. En le soumettant à l'examen du Conseil fédéral, il n'avait eu en vue qu'une sorte d'acquit de conscience, sans faire pourtant du rejet éventuel une question de Cabinet. J'ignore si cette suppositlon a quelque fondement. Ce qui semble plus vraisemblable, c'est que Son Altesse n'insiste pas sur l'adoption intégrale du texte primitif, ou qu'il s'attende à ce que quelques députés prennent eux mémes l'initiative de proposer quelques dispositions à l'effet de renforcer les pouvoirs du Président contre les excès de langage à la tribune.

243

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 138. Parigi, 29 gennaio 1879, ore 13,30 (per. ore 15,10).

Une grave nouvelle circulait hier. Les journaux la confirment ainsi que l'entourage du maréchal. Il se refuse de signer la révocation relative aux commandements militaires, révocation proposée par le ministre conformément aux exigences de la Chambre. Inutile insister sur la gravité de la situation pouvant amener la démission du maréchal ou du Ministère.

244

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 59. Roma, 29 gennaio 1879, ore 13,45.

Le Sénat ayant approuvé hier à l'unanimité moins 4 voix le traité de commerce avec l'Autriche-Hongrie, nous sommes en mesure de procéder à l'échange des ratifications aussitòt que les austro-hongroises dont V. E. m'annonçait hier l'envoi seront arrivées. Le courrier Signoroni est arrivé hi~r matin avec les paquets que V. E. lui a confié.

245

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

T. 60. Roma, 29 gennaio 1879, ore 14,10.

Nous avons signé hier convention provisoire stipulant purement et simplement entre l'Italie et la Suisse pour 1879 traitement de la nation la plus favorisée. J'ai expédié, hier soir encore à V. E. sous pii recommandé la ratiflcation l'échange devant etre opérée a Berne. V. E. doit cependant bien attendu attendre avis télégraphique que je me reserve de lui transmettre aussitòt que la convention sera approuvée par les deux Chambres. Comme il est hautemant désirable que la convention entre en vigueur le 1° février, l'échange des ratifications devrait se faire le 31 janvier. Pour gagner du temps M. Pioda a télégraphié hier soir à Berne le texte intégral de la convention pour la préparation immédiatt> de la ratification fédérale.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 140. Parigi, 29 gennaio 1879, ore 17 (per. ore 18,35).

Je vous ai télégraphié ce matin (l) quoique doutant la reprise des communications télégraphiques. La situation est grave. Gomme je vous ai dit !es maréchal parait irrévocablement décidé a ne pas signer, s'il n'y a pas aujourd'hui un arrangement amiable. Le Ministère sera forcé d'en appeler demain à la Chambre; de là à la démission du maréchal il n'y a qu'un pas. On désigne déjà comme son successeur M. Grévy, actuellement président de la Chambre. Je ne pourrai vous donner autre nouvelle que demain matin de bonne heure attendu que je ne pourrai en avoir que cette nuit (2). Waddington a fait dire au corps diplomatique qu'il ne recevrait pas aujourd'hui.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 145/210. Londra, 29 gennaio 1879, ore 19,45 (per. ore 23).

Dans un entretien que j'ai eu avec Salisbury la conversation s'est portée sur l'occupation de la Roumélie orientale par les troupes .russes. Salisbury m'a dit que l'Angleterre insiste pour que la Turquie se hàte d'organiser des corps de troupes bien disciplinées et sures destinées à remplacer !es russes qui pour aucun motif ne doivent prolonger leur séjour au délà du terme fixé par le traité. On espère ainsi reprimer les insurrections que l'on tacherait de susciter pour justifier les appréhensions que l'on cherche maintenant d'entretenir. Rustem pacha n'est pas encore accepté par la Russie qui sans le refuser absolument se borne à témoigner qu'il n'est pas de son gré.

J'ai vu aujourd'hui Musurus pacha qui arrive de Constantinople où il semble avoir rapporté de tristes impressions sur la situation du pays et sur l'avenir reservé à l'Empire ottoman.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 144. Londra, 29 gennaio 1879, ore 20,10 (per. ore 22,35).

Au Foreign Office on parait assez inquiet de la tournure que prennent les choses en France. Il me rev:ent que le chef de la police française qui surveille

ici les communards a dit que ceux-ci ont fait parvenir à Gambetta des menaces de mort dans le cas où il n'accomplirait pas le programme radical. Il semblerait donc que c'est sous l'influence de ces menaces que Gambetta a de nouveau déclaré la guerre à la politique modérée du Ministère. S'il l'emporte on retient comme certain que le maréchal se retire.

(l) -Cfr. n. 243. (2) -Cfr. n. 2.'>0.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1378. Costantinopoli, 29 gennaio 1879 (per. il 4 febbraio).

Ieri ebbi l'onore di trasf.erirmi a Yeldiz Kiosque affine di presentare i miei omaggi alla Maestà del Sultano nell'occasione del mio ritorno a questa residenza. Sua Maestà mi domandò innanzi tutto particolareggiate notizie di S. M. il Re nostro e S. M. la Regina, e volle le raccontassi in dettaglio il nefasto avvenimento di Napoli. Essa mi domandava indi se le Loro Maestà ne avevano sentito alcun effetto, cui replicava avere le Loro Maestà sempre conservata una perfetta presenza di spirito, né altro effetto esserne derivato che uno scoppio di universale entusiasmo per la Loro salvezza dall'uno all'altro estremo d'Italia. Sua Maestà degnavasi poscia domandarmi quale fosse a mio avviso la presente situazione d'Europa in ordine alla questione d'Oriente. Risposi tutte le grandi Potenze essere ora intente a cooperare alla pronta esecuzione del Trattato di Berlino, da cui dipendeva soprattutto il mantenimento della pace d'Europa; per quanto riguardava l'Italia aggiunsi il R. Governo desiderare d'adoperarsi in conformità a quel trattato alla consolidazione ed alla prosperità dell'Impero Ottomano. E Sua Maestà si mostrava assai lieta d'intendere l'espressione di questi sentimenti. Nell accomiatarsi Sua Maestà m'incaricava di fare conoscere a S.M. il Re la soddisfazione aveva provata nel ricevere le buone notizie delle Loro Maestà, e di assicurarLa che Essa non cessava di far voti per la felicità di Quelle. Del quale in<'arico io diedi senza indugio contezza telegrafica all'E. V. (1).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 147. Parigi, 30 gennaio 1879, ore 10 (per. ore 11,30).

Voici nouvelles exactes de la situation. Le maréchal n'a pas encore donné ses démissions. Il dira son dernier mot aujourd'hui au conseil des ministres qu'il a convoqué pour une heure après midi à Versailles. S'il signe les décrets

16 -Docume11tì cliplumaticì -Serie li -Vol. XI

d'épuration dans l'armée tout serait fini par là du moins pour le moment. S'il ma:.ntient son refus le Ministère rendra compte à la Chambre et au Sénat de ce qui se passe.

Cela provoquerait sans doute un vote d'approbation au Ministère et de blàme au maréchal que se verrait ainsi forcé de donner sa démission. Alors les deux Chambres se réuniraient pour former le Congrès que d'après constitution de l'Etat, a la faculté d'accepter la démission du président de la République et de nommer son successeur. Il y a un grand courant en faveur de M. Grévy, mais M. Gambetta et son groupe semblent préférer M. Dufaure. On assure que le maréchal est tout à fait dans l'impuissance de faire un coup d'état si par hasard il en avait la pensée. Ce soir on saura peut-étre à quoi s'en tenir.

(l) Non pubblicato.

251

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 61. Roma, 30 gennaio 1879, ore 16,30.

Je viens d'échanger avec le baron Haymerle ratiftcations du traité de commerce et de la convention pour les epizooties. La loi mettant à exécution le traité aura la date de demain et sera publiée demain dans la Gazette ojjicielle. Elle entrera donc en vigueur la 1er février.

252

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 149. Parigi, 30 gennaio 1879, ore 16,45 (per. ore 19).

Le maréchal a donné ses démissions. Le Congrès doit se réunir aujourd'hui méme à 5 heures pour nommer son successeur (1).

253

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

T. 64. Roma, 30 gennaio 1879, ore 23,45.

La convention provisoire avec la Suisse ayant étè approuvee aujourd'hui par la Chambre et par le Sénat V. E. peut procéder à l'èchange des ratiftcations.

Veuillez me donner avis télégraphique urgent aussttOt que cet échange aura été opéré, la publication de la loi devant se faire dans le numéro de demain de la Gazette ojjicielle (l).

(l) Con t. 151, pari data, ore 21,05 Cialdini comunicò che Orévy era stato eletto presidente della Repubblica.

254

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI (2)

D. 380. Roma, 30 gennaio 1879.

In una recente conversazione, l'ambasciatore di Francia mi ha comunicato, intorno alle cose della Rumelia orientale, indicazioni conformi a quelle che già V. E. mi aveva somministrato.

La Francia si rende perfettamente conto della quistione di forma che noi mettemmo innanzi per l'adesione alla scelta del governatore generale della Rumelia (3). Nondimeno, appunto perché trattasi di questione di semplice forma, non farà, in materia così importante, difficoltà dal canto suo. Il dispaccio che il marchese di Noailles aveva ricevuto discorreva poi della proroga dei poteri della Commissione europea e sembrava già alludere al caso che una nuova proroga possa essere proposta. Conchiudevasi il dispaccio stesso con dimostrazioni di compiacimento per la disposizione esistente, così in Italia come in Francia, a procedere di accordo in tutte le questioni che possono presentarsi.

Ho ringraziato il marchese di Noailles di questa sua dichiarazione, la quale corrisponde perfettamente ai nostri sentimenti e ai comuni interessi.

Per quanto concerne, però, la Commissione europea della Rumelia orientale, noi ci lusinghiamo che, non solo non sarà più per presentarsi la contingenza di nuove proroghe, ma i lavori saranno per essere compiuti assai prima che spiri il nuovo termine testè concordato. A così sperare ci muove anche la considerazione che la coincidenza della data della evacuazione del territorio con quella della promulgazione del regolamento organico verrebbe ad accrescere le difficoltà, varie e non lievi, che la condizione attuale della Rumelia lascia già pur troppo prevedere. Il delegato italiano presso la Commissione ha ricevuto del resto istruzioni per affrettare i lavori ed eliminare tutto ciò che al mandato della medesima non sembra appartenere.

255

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 381. Roma, 30 gennaio 1879.

Da un rapporto della R. Ambasciata a Londra vengo a conoscere che continuano le trattative tra la Gran Brettagna e la Turchia per un prestito che

sarebbe guarentito dalla prima delle dette Potenze contro la cessione di un porto del littorale asiatico ottomano e probabilmente di Alessandretta.

Nel chiamare l'attenzione dell'E. V. sul detto argomento, La prego a volere indirettamente tenersi informata del pensiero di codesto Governo sulle riferite trattative, e ciò tanto più che la politica che suggerì la r:serva colla quale la Francia ha accettato l'anno scorso il Congresso di Berlino, ci fa credere che il Gabinetto francese non possa rimanere indifferente o estraneo a combinazioni di questa natura.

(l) -Con t. 156 del 31 gennaio Melegari annunciò di aver proceduto allo scambio delle ratifiche. (2) -Ed. in L V 27. p. 209. (3) -Cfr. n. 185.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 63/188. Londra, 30 gennaio 1879 (per. il 2 febbraio).

Facendo seguito ai miei telegrammi de' 27 e 29 corrente (l), ho l'onore di riferire all'E. V. la conversazione che jeri io ebbi col Marchese di Salisbury intorno alla completa emancipazione degl'israeliti in Rumania, giusta l'art. 44 del Trattato di Berlino, argomento questo che formava oggetto del telegramma di

V. E. in data del 25 gennajo corrente (2).

Il nobile Lord mi disse che finora il Gabinetto Inglese non aveva preso ancora veruna determinazione in proposito. Egli riconosceva che la quistione non era tanto semplice quanto dapprima si credeva, imperocché vi sono due ben distinte categorie d'Israeliti residenti in Rumania: gli uni che vi sono nati e le di cui famiglie sono da lungo tempo stabilite in quel paese. Per questi che in gran parte sono d'origine mer:dionale ed il di cui numero non eccede poche migliaia, non vi potrebb'essere difficoltà alcuna alla loro completa emancipazione ed in conseguenza alla loro assimilazione ai cittadini di religione greca ortodossa. Non così sarebbe per l'altra categoria d'Israeliti, che comprende più centinaia di mille individui, provenienti dalle provincie austriache e russe, e che ad un'epoca relativamente recente fecero una vera invasione in Rumania. Essendo questi tuttora sotto la protezione rispettivamente della Russia e dell'Austria ed essendo rimasti finora quasi estranei agli interessi del paese, mentre esercitano delle industrie minute che destano i lamenti delle popolazioni, si teme che la loro immediata e repentina ammissione a godere di tutti i diritti civili e politici possa essere cagione di qualche seria perturbazione. Epperciò si vorrebbe, sempre mantenendo il principio stabilito dal Trattato di Berlino, procedere lentamente e successivamente alla assimilazione degl'Israeliti della seconda anzidetta categoria agli altri cittadini. Ma, mi disse Lord Salisbury, mentre tale sarebbe la di lui opinione personale, egli non vorrebbe però scostarsi in ciò dalle altre Potenze, e specialmente dalla Germania e dalla Francia. Come lo accennai nel mio telegramma N. 208, la Germania sembrerebbe risposta ad una simile transazione, mentre da quanto

mi disse un personaggio autorevole, la Francia insisterebbe tuttora sull'intiera applicazione dell'art. 44 del Trattato di Berlino. Non bisogna dissimularsi che potenti influenze agiscono anche rin quel senso presso il Gabinetto Britannico.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 237.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 997. Vienna, 30 gennaio 1879 (per. il 4 febbraio).

Essendo stato ieri invitato al solito pranzo annuale a Corte ebbi l'onore di conversare alcuni minuti con Sua Maestà.

L'Imperatore mostravasi meco compiaciutiss:mo del felice risultato dei negoziati pel Trattato di Commercio però come già l'altra volta in cui me ne aveva tenuta parola (1), senza menomamente connettere la cosa a considerazioni d'ordine poìitico; locché quindi credetti io pure dovermi astenere dal fare questa volta.

Sua Maestà accennando poscia alla crisi presidenziale che sembra imminente in Francia lodava il Maresciallo Mac Mahon della resistenza che mostra voler opporre acchè si tocchi all'esercito, e nel ciò dire faceva menz:one con lode dell'esercito italiano sempre rimasto estraneo alle lotte dei partiti politici; cosa che naturalmente mi compiacevo constatare anch'io.

L'Imperatore passava poscia a parlare dell'Oriente mostrandosi meco assai preoccupato del lento procedere dell'esecuzione del Trattato di Berlino e delle conseguenze che potrebbero risultarne; e con tuono concitato dicevami: la cosa più grave essere che tanto a Costantinopoli quanto a Pietroburgo fa ognora più difetto un preciso concetto intorno alla situazione, ed essenzialmente quella direzione unica e forte indispensabile a far procedere l'azione di tutte le Autorità dipendenti ad un solo ed unico ben definito scopo. Ciò mancando, soggiungeva tosto, alludendo specialmente alla Russia, le Autorità militari ed i Governatori Generali in Turchia, agiscono ognuno a seconda degli speciali loro criteri, tengono discorsi che eccitano le popolazioni e malgrado siano poscia quasi sempre sconfessati dal loro Governo, siccome non vengono poseia né richiamati né neppur severamente redarguiti, preparano così una situazione piena di pericoli per un prossimo avvenire.

Come l'E. V. vede questo discorso è in piena armonia con quello tenutomi dal Conte Andrassy sullo stesso argomento pochi giorni fa, e che già ebbi l'onore di riferirle.

A me non pare sia senza speciale intenzione che un simile linguaggio mi è ripetutamente tenuto. Anzi ci vedo l'intendimento ben marcato di porre in sodo verso di noi il vivo desiderio che qui si avrebbe di vedere eseguito integralmente il Trattato di Berlino, e quindi di non poter mai essere accagionati

di aver promosso o soltanto chiuso gli occhi a quelle alterazioni che gli eventi gli faranno subire, e di cui l'Austria-Ungheria coglierà l'occasione per raggiungere i suoi fini, presentando all'Europa la sua ulteriore azione oltre i limiti tracciatigli dal Trattato, siccome una necessità impostagli dalla tutela dei suoi interessi lesi dalle violazioni al patto accettato da tutte le Potenze, a cui la Russia e la Turchia sarebbero trascese.

Reputo inutile il far presente all'E. V. quanto importi che essenzialmente di questi miei apprezzamenti venga fatto un uso riservatissimo affinché non abbia in maniera alcuna a pervenirne conoscenza a questo Gabinetto.

(l) Cfr. n. 199.

258

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 154. Parigi, 31 gennaio 1879, ore 15,40 (per. ore 21,40).

Le maréchal a quitté hier la présidence de la République avec dignité je dirai mème avec grandeur antique. La majorité désire garder le Ministére. On fait des démarches auprès de M. Dufaure dans le but de l'amener à conserver la présidence du conseil. Il se dit fatigué et parle de se retirer complètement de la polit'que. On espère qu'il acceptera de rester au moins provisoirement. En cas contraire alors on le prierait de se laisser nommer président du Sénat. Gambetta sera fait président de la Chambre probablement dans la séance d'ajourd'hui. La plus grande tranquillité règne à Paris. Hier soir la bourse a salué l'événement par une hausse de 55 centimes. Je crois qu'il faudra m'envoyer nouvelles lettres de créance.

259

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 153. Costantinopoli, 31 gennaio 1879, ore 16,40 (per. ore 17,45).

Le comte de Tocquev:lle dont il est question dans la dépeche de V. E. du 31 décembre (l) vient de tomber d'accord avec la Porte pour convention au nom des porteurs français et anglais dont il avait reçu mandat forme!. Les conditions sont: conversion du capitai nominai à la valeur de l'émission avec intérèt du 2% sur valeur nominale primitive et une avance immédiate à la Porte de 200 millions. L'administration des douanes et d'autres impòts serait placée dans les mains d'une commission composée de 2 français de 2 anglais et de 2 tures. Cette negociation qui dure depuis 3 mois a été menée avec le plus grand secret;

elle a été appuyée en dernier lieu par l'ambassadeur de France, mais n'est pas vue de très bon oeil par l'ambassade d'Angleterre. Aussitòt que j'ai eu connaissance de ses condìitions j'ai fait auprès du ministre des affaires étrangères, de l'ambassade de France et du comte de Tocqueville les plus vives protestations contre l'exclusion de l'élément italien de la commission. Comte de Tocqueville a fait en dernier lieu avec l'approbation de l'ambassadeur de France des démarches auprès de la Porte pour faire introduire une modification dans ce sens, mais celle-ci se refuse en alléguant que cela aggraverait l'état de tutelle européenne qu'on semble lui imposer. Comte de Tocqueville est parti avant hier pour Paris, je crois pour trouver les capitalistes pour l'avance. Nul doute que l'arrangement en lui meme, s'il s'effectue, serait très avantageux pour Ies porteurs de fonds tures.

(l) Cfr. n. 181.

260

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 65. Roma, 31 gennaio 1879, ore 17,15.

La commission de la Chambre chargée d'examiner l'accord commerciai provisoire avec la France l'a approuvé à l'unanimité sur le rapport favorable de M. Luzzatti. Il est bon que V.E. sache que la commission a décidé d'attendre, avant de porter la convention devant la Chambre, l'approbat:on de la Chambre française. Cette décision de la commission est cependant tenue secrète. Je prie V.E. de vouloir bien me télégraphier les intentions de la comm'ssion française à savoir si elle entend demander immédiatement l'approbation de l'Assemblée de Versailles (1).

261

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 66. Roma, 31 gennaio 1879, ore 24.

M. de Noailles m'ayant communiqué en forme particulière le télégramme lui annonçant l'élection de M. Grévy, je pense qu'il conviendrait que nous répondions à cette communication par des félicitations au nouveau président de la République. V.E. est bon juge en cette matière. Je m'en remets conséquemment à elle quant à la forme qu'il convient mieux d'adopter pour présenter ces félicitations en égard aussi à ce que ses collègues des grandes Puissances recevront instruction de faire (2).

(l) -Cialdini rispose con t. 160 del 1° febbraio che la convenzione commerciale sarebbe stata discussa dalla Camera francese il giovedì o il venerdì seguenti. (2) -Per la risposta cfr. n. 263.
262

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D.261. Roma, 31 gennaio 1879.

Sono grato assai alla S.V. Illustrissima dei particolari fornitimi col rapporto confidenziale del 5 di questo mese n. 550 Serie Politica (2). La situazione che si viene ora svolgendo, avrebbe potuto essere preveduta tanto dai Governi che favorirono l'ultima combinazione ministeriale, quanto dal Governo egiziano stesso il quale avrebbe dovuto adoperarsi efficacemente per evitarla. I vantaggi risultanti dall'azione a tre, che era stata per parecchi anni esercitata dalla Francia, Gran Bretagna e Italia, sono stati perduti in conseguenza di una politica che non sembra aver tenuto conto anticipato dell'inevitabile contrasto di due influenze rivali. Noi non dobbiamo aggiungere esca al fuoco, ed accrescere difficoltà le quali potrebbero, in ultimo, risolversi con pregiudizio grave di uno stato politico di cose che non abbiamo certamente interesse di vedere alterato ancor più profondamente. Però anche dalle ultime discussioni parlamentari nostre troppo chiaramente si è fatto palese il vero sentimento pubblico, in Italia, riguardo alla parte che questa dovrebbe avere in tutto ciò che concerne l'Egitto, perché da noi si possa seguire con occhio dndifferente lo sviluppo della situazione.

Forse sarebbe ancora tempo di scongiurarne i pericoli, se il Khedive ed i suoi ministri sapessero e volessero applicarv'i i necessari rimedi. Dal canto loro, il Viceré ed i suoi consiglieri non debbono certamente aver trascurato di portare la loro attenzione sopra le manifestazioni del sentimento pubblico ital>"ano, le quali trovarono non dubbia espressione in recenti discussioni parlamentari. Noi vorremmo che il Governo egiziano fosse condotto da se medesimo a comprendere di quale appoggio gli era sempre stata l'azione simultanea dei tre elementi nella quale l'Italia aveva potuto sovente, con la sua azione conciliatrice, temperare gli inconveni.enti di cui ora sembra si faccia la esperienza.

La S V. Illustrissima, alla quale confermo in proposito le precedenti istruzioni, non deve intanto lasciar credere che la nomina del Signor Baravelli abbia definito una quest·one che anzitutto dovrebbe importare all'Egitto stesso di risolvere in un modo per noi completamente soddisfacente.

263

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 158. Parigi, 1° febbraio 1879, ore 14,30 (per. ore 15,50).

Mes collègues des grandes Puissances pensent que nous devons nous abstenir de toute visite de toute félicitation méme en forme officieuse tant que

l'élection de M. Grévy ne nous sera pas annoncée ofiiciellement. Hier nous avons été tous individuellement rendre visite au maréchal. Demain ou après demain nous irons en faire autant auprès de Madame la maréchale. J'ai vu Waddington hier au soir. Tout espoir de retenir M. Dufaure à la présidence du Conseil ne parait pas perdu. La décision définitive ne sera pas connue avant lundi ou mardi. En attendant le Parlement s'est ajourné à jeudi 6. Toutes les affaires restent àinsi suspendues. Waddington est d'avis qu'il n'y a pas besoin de renouveler nos lettres de créance, mais ce n'est pas bien sur.

(l) -Ed., con alcune varianti, in L V 26 pp. 395-396. (2) -Cfr. n. 188.
264

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 67. Roma, 1° febbraio 1879, ore 22,45.

Non seulement j'approuve que vous ayez vivement protesté contre l'excluslon de l'élément italien de la commission dont il est question dans la combinaison financière de M. de Tocqueville (1), mais je vous autorise à insister de la manière la plus formelle pour qu'aucun arrangement ne se fasse pour la dette turque sans la participation que notre initiative à Berlin devrait nous assurer dans la recherche des moyens pratiques et équitables de sauvegarder les lntérèts consdcdérables des italiens créanciers de la Turquie.

Vous ne devez pas cacher aux ministres ottomans la surprise que nous cause la conduite de la Porte qui nous semble en contradiction ouverte aux déclarations qui ont été faites le 2 décembre dernier par S.A. Ie Grand Vizir. Il parait maintenant évident que la commission interieure qui avalt donné motif à nos observations s'est substìtuée à la convention internationale qui aurait du ètre instituée aux termes de la déclaration insérée dans ,le protocole 18 du congrès de Berlin. Le travail de cette commission doit avoir préparé l'arrangement conclu avec les mandataires des porteurs français et anglais de la dette turque. Nous ne saurions donc nous contenter du résultat d'une négociation à laqueHe nous n'avons pas pris part et qui s'est passée complètement en dehors de toute représentation des créanciers italiens de la Turquie. Si dans la combinaison Tocqueville la présence de 2 délégues italiens dans la commission administrative ne vient pas offrir aux intérèts que nous représentons une garantie égale à celle qui est déjà accordée aux créanciers anglais et français, nous devrons demander sans retard que la commission lnternationale dont le congrès a accepté l'institutJion soit immédiatement réunie pour examiner la situation et 'les projets d'arrangement qui deviendraient autrement à nos yeux tout à fait arbitraires.

(l) Cfr. n. 259.

265

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA

D. 174. Roma, 1° febbraio 1879.

L'Incaricato d'Affari di Grecia mi ha letto, jeri, due lunghi telegrammi entrambd. del Ministro Ellenico degli Affari Esteri, l'uno diretto a lui stesso, e l'altro al Ministro del Re Giorgio in Costantinopoli. L'uno e l'altro concernono le difficoltà che ebbero a superarsi per riunire la Commissione di delimitazione, e soprattutto lo impedimento, fatto ai Commissarii ellenici, di entrare con bastimenti da guerra della loro bandiera nel Golfo di Arta.

Prob~bilmente le notizie comunicatemi dal Signor Pappar,igopoulo risalgono a parecchi giorni add!ietro. Fino dal giorno 25 ci si annunziava da Costantinopoli che in quel giorno aveva dovuto tenersi una prima adunanza della Commissione. Da altra parte erano pervenute al R. Governo informazioni atte a spiegare le esitazioni delle autorità turche, le quali sono. o sembrano almeno essere dominate dalle popolazioni musulmane albanesi, avverse alle annessioni. Il Signor Papparigopoulo, col quale feci cenno di quanto precede, nega l'esattezza di queste ultime informazioni. A suo dire la Porta non si comporterebbe in questo affare con molta sincerità, imperocché gU stessi musulmani dell'Epiro aspirano ad unirsi alla Grecia. Senza contrastare le asserzioni del Signor Papparigopoulo, e fondandomi anche sopra mera supposizione, feci semplicemente osservare quanto sarebbe grave, per le sue conseguenze, un movimento insurrezionale musulmano e quanto tutte le potenze sieno interessate a procedere con quella ponderazione e con quei temperamenti che sembrino atti ad eliminare un simile pericolo.

266

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 95. Roma, 1° febbraio 1879.

Le esprimo i miei ringraziamenti per le informazioni da lei fornitemi col suo rapporto politico n. 308 confidenziale (l), relativo alle intenzioni della Spagna verso il Marocco.

La S.V. Illustrissima mi ha riferito a questo proposito che nell'animo del Ministro Spagnuolo, Don Manuel Silvela, sembrava esser nata la tema che la Francia nutrisse disegni d'ingrandimento a scapito del Marocco. Interesserebbe ora sapere quali motivi si possono avere per sospettare che la Francia abbia in mira d'impossessarsi di quel Regno.

Nel l"lingraziarla anticipatamente di quanto Ella sarà in grado di parteciparmi in proposito... (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Per la risposta cfr. n. 313.
267

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 162. Parigi, 2 febbraio 1879, ore 12 (per. ore 14,30).

Je viens de recevoir notification officielle de l'élection Grévy. Dans sa lettre Waddington me dit que le 31 dernier le marquis de Noailles a reçu ordre annoncer au Gouvernement de Sa Majesté élection président de la république.

Waddington se dit chargé par le chef de l'Etat d'exprimer au Gouvernement du Roi son intention de maintenir avec les Puissances étrangères les bons rapports qui permettent dès à présent de contribuer à affermir la paix générale. Par conséquent j'irai tout à l'heure présenter mes félicitations au président conformément à votre télégramme du 31 dernier (1). Dois-je me borner à simple accusée de réception ou bien V.E. a-t-elle quelque pensée speciale à exprimer en cette circonstance? (2)

268

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 166. Parigi, 2 febbraio 1879, ore 18,05 (per. ore 23,05).

Je viens de présenter félicitations du Gouvernement italien au nouveau président de la République. S.E. les a agréées beaucoup et m'a chargé de remercier V.E. et de lui assurer son espoir et son désir de continuer les bons rapports existant entre les deux Etats. M. Dufaure parait décidé à ne pas retirer ses démissions. On fera ce soir dernier effort auprès de lui.

269

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 70. Roma, 2 febbraio 1879, ore 22.

L'agent roumain m'annonce que la Russie a sommé les troupes roumaines qui occupent la zone contestée autour de Silistrie d'évacuer ce territoire. Le Cabinet de Bukarest se montre très ému de cet incident et demande d'inter

venir en sa faveur. VeuiHez m'informer des dispositions du Cabinet auprès du quel vous etes accrédité afin que nous puissions faire de notre còté quelques démarches dans le sens d'écarter le danger de toute complication (1).

(l) -Cfr. n. 261. (2) -Con t. 71 dello stesso 2 febbraio, ore 23,15 Depretis rispose che riteneva opportuno accennare al desiderio dell'Italia di rendere sempre più stretti i legami d'amicizia con la Francia. Tale telegramma giunse però in ritardo perché l'incontro Cialdini-Grévy aveva avuto luogo nel pomeriggio (cfr. n. 268).
270

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 384. Roma, 2 febbraio 1879.

Ho letto con molto interesse le cose che V.E. mi ha esposte col rapporto del 17 gennaio scorso, n. 454 (2), dopo una conversa~lone avuto coì Ministro francese degli affari esteri oirca i recenti casi di Tunisi.

Delle dichiarazioni del Signor Waddington tanto più dobbiamo compiacerci in quanto che le disposizioni del Governo francese trovano equivalente riscontro da parte nostra. Le istruzioni impartite ai nostri agenti nella Tunisia non sono certamente tali da creare sospetti in chicchessia. Ma la stessa esagerazione con cui sono giudicati dal Governo francese incidenti affatto secondari e pressoché insignificanti, doveva essere una ragione di inquietudine per noi. Imperocché siffatta esagerazione di giudizi rivelava qualche cosa di anormale nel modo con cui si ravvisava in Francia ciò che si riferisce ai nostri rapporti con la Tunisia.

Noi vorremmo, dal canto nostro poter chiudere interamente l'anima a qualunque dubbio circa gli intendimenti della Francia, ma ciò ci riuscirebbe difficile mentre, siccome ci viene riferito da Madrid, anche dalla parte della Spagna si nutrono apprensioni che non sappiamo quanto siano fondate, per supposti progetti della Francia contro il Marocco. Se fosse vero che in relazione con l'affare Sancy l'agente francese ha chiesto delle guarentigie per l'avvenire, si potrebbe dubitare che in questa domanda si nascondano progetti che non si saprebbero guarì conciliare con le assolute dichiarazioni per noi così preziose del Gabinetto di Parigi. Non sarà quindi fuori di proposito tener d'occhio ciò che avviene a Tunisi, e sopratutto ci gioverà di tenerci in continuo contatto con il Governo Francese per tutto ciò che si riferisce a questa questione per noi importantissima.

271

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 171/213. Londra, 3 febbraio 1879, ore 20,10 (per. ore 23,25).

Lord Salisbury m'a dit aujourd'hui n'avoir encore reçu aucun avis oftìciel de l'intimation qui forme l'objet du télégramme de V. E. d'hier (3) et faite

par les russes aux troupes roumaines d'abandonner les environs de Silistrie. L'ambassadeur d'Angleterre à Paris l'avait informé de quelque incident analogue, mais rien n'est venu jusqu'à présent le confirmer. Schouvalow lui-meme sembre l'ignorer. En l'état des choses, Salisbury exprime opinion à lui personnelle que les roumains sont dans leur dro:t, en maintenant l'occupation du territoire susdit, mais il se réserve de prendre une résolution à cet égard dès que le fait lui sera connu d'une manière plus certaine. Dans quelques jours je le verrai pour connaitre ses déterminations.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 271. 272, 274 e 285. (2) -Cfr. n. 220. (3) -Cfr. n. 269.
272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 172. Berlino, 3 febbraio 1879, ore 23,06 (per. ore 23,35).

Agent roumain a parlé avec Btilow dans le sens de faire prévaloir la ligne votée par la commission de délimitation. Bi.ilow m'a dit que j'ètait le premier à lui donner une semblable nouvelle et qu'il ne pouvait se prononcer d'une manière catégorique. Il ajoutait cependant que, en prévision des di!Ilcultés que la question de la frontière pouvait soulever l'ambassadeur de Prusse à Constantinople avait été instruit de s'employer éventuellement dans un sens de conciliation. Il semblait à Bi.ilow que le mieux semit d'écrire à Corti de se mettre en rapport à cet effet avec ses collègues et notamment avec l'ambassadeur de Prusse. Bi.ilow m'a dit aussi que sur le désir du Gouvernement français on n'est abstenu de part et d'autre de renouveler les lettres de créance. Au reste ici les impressions sur le changement présidentiel sont asses conformes à celles que j'ai signalé lors des élections sénatoriales du 5 janvier.

273

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2238. Berlino, 3 febbraio 1879 (per. il 7).

En suite d'une atteinte de dyphterites, dont il vient heureusement de se remettre, mais qui condamnait le Chevalier Tosi à la réclusion et à l'isolement, ainsi que son Chef ou plutòt san ami, lequel ne voulait pas cesser de le visiter, je suis resté forcément en quarantaine. Ce n'est qu'aujourd'hui que j'ai pu revoir le Secrétaire d'Etat.

Il me tardait de connaitre ses impressions sur le changement présidentiel opéré en France.

Le Maréchal Mac-Mahon, disait-il, est sorti avec les honneurs de la guerre d'une forteresse qu'il ne pouvait plus défendre. D'un autre còté, la transmission des pouvoirs s'est faite régulièrement et sans commotion. Le successeur passe pour un homme d'Etat sage et modéré. Le Ministère actuel, lors meme qu'il serait partiellement rémanié, conservera la meme couleur politique. M. Waddington s'est empressé de notifl.er par écrit au Prince Hohenlohe l'élection de M. Grévy, en donnant l'assurance de la continuation des meilleurs sentiments de paix et d'amitié envers l'Allemagne. En meme temps le Cabinet de Versailles exprimait le désir que l'an s'abstint de part et d'autre de munir de nouvelles lettres de créance les Ambassadeurs respectifs à Paris et à Berlin. Le Gouvernement Impérial du moment où la République était définitivement installée en France, et qu'il n'avait eu qu'à se louer du Ministère n'hésita pas à condescendre à ce désir.

M. de Biilow ajoutait que l'événernent du 30 janvier avait ses avantages et ses inconvénients. Les adversaires de l'Allemagne et de l'Italie se trouvaient plus que jamais relégués à l'arrière-plan. Les influences ultramontaines perdaient beaucoup de terrain. Les chances du maintien de la pa.ix semblent plutòt assurées par le rafl'ermissement de la République, car pour celle-ci une politique d'aventures belliqueuses serait un suicide. Ce que S.E. n'a pas dit, mais ce qui était certainement dans sa pensée, c'est que la République ne trouvera pas d'allié chez les Monarques. C'est là au fond le secret des préférences du Prince de Bismarck pour cette forme de Gouvernement chez ses voisins.

Parmi les inconvénients, mon interlocuteur citait, entre autres, le retour des Calédoniens tous, plus ou moins, communistes et socialistes de la pire espèce. Ils rentrent parés de l'auréole du martyr politique, et la police aura une rude tache à remplir, pour exercer une surveillance rigoureuse sur des élements aussi dangereux. De plus, le centre de gravité a décidément tourné vers la gauche, sans qu'il trouve un contrepoids ni dans le Sénat, ni dans la Chambre des députés. M. Gambetta s'il n'a pas encore un role éminent sur la scène, se tient aux aguets dans les coulisses. Il faudra au parti vainqueur beaucoup de modération et de tact. Or, les enseignements de l'histoire ne prouvent nullement que ces qualités soient dominantes outre Rhin. Quelle sera au reste la manière de voir de l'armée que certaines gens voudmient introduire dans le domaine de la controverse des partis? En outre M. de Btilow ne niait pas que la république en France, soit qu'elle se développe régulièrement, soit qu'elle se livre à des excès, est un voisinage au moins des plus incommodes, au point de vue Monarchique. Aussi, ne saurait-on trop se prémunir contre ses agissements.

Telles sont les idées échangées dans cet entretien avec M. de Billow. Je dis éehangées, car une partie de ces idées ont été émises par moi, et ayant été trouvées justes par lui, je juge inutile, pour la clarté du récit, de les reproduire sous forme de dialogue.

Les déclarations d'amitié que nous recevons en ce moment de Paris, ne sauraient etre acceptées que sous bénéfice d'inventaire. Tout peut paraitre couleur rose aujourd'hui. Il y aurait néanmoins une imprudence extrème à se rassurer pour l'avenir, parce que tout se passe bien actuellement. Le libéralisme parvenu en France à une prépondérance illimitée, glissera sur la pente du radicalisme, et cherchera des partisans à l'étranger. La propagande qui s'infiltre déjà sans bruit, relèvera la tete pour peu qu'elle rencontre un terrain favorable. Si optimiste que l'on soit, il est impossible de ne pas volr dans la situation intérieure de la France le germe de nouvelles complications intérieures. Elles ne s'arreteront pas aux frontières, si celles-ci ne sont pas soigneusement gardées par un Gouvernement et un peuple comme le notre dévoués à la Dynastie. Chacun sait s'ailleurs, que sans elle notre liberté et notre nationalité feraient naufrage.

Je sais que l'Empereur est très préoccupé des événements de France. Il s'ouvre devant ce Pays une nouvelle ère d'incertitude, car on ne salt pas encore où le mouvement s'arrétera.

274

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 174. Parigi, 4 febbraio 1879, ore 14,05 (per. ore 16,10).

J'ai reçu votre télégramme du 2 février concernant Silistrie (l) et la dépeche politique rélative à Alexandrette (2). Très occupe par la formation du nouveau Cabinet Waddington n'a pu me répondre que vaguement au sujet de Silistrie et me prie de lui adresser une note verbale à ce sujet. Quant à l'affaire d'Alexandrette elle l'a beaucoup surpris, il n'en savait encore absolument rien et il ne s'est pas prononcé. Je lui en reparlerai.

275

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2239. Berlino, 4 febbraio 1879 (per. il 7).

Dans le courant da ma mission à Berlin, j'ai du souvent signaler au Gouvernement du Roi les bruits, qui se reproduisaient de temps en temps, de complications nouvelles se rattachant à l'exécution de l'article V du Traité de Prague. Il serait superfiu de les mentionner ici de nouveau. Il suffise de rappeler que le Cabinet de BerHn, pour l'exécution de l'article en question, ne s'est jamais considéré comme lié directement qu'avec l'autre Partie contractante de Prague, à savoir avec le Cabinet de Vienne, et que, dans le courant des négociations si souvent reprises et si souvent interrompues entre Berlin et Copenhague, on a constamment déclaré ici que l'accord aurait toujours échoué à cause de prétentions exagérées de la part du Gouvernement Danois.

La presse olllcleuse de Vienne et de Berlin annonce maintenant que, sur l'initiative du Cabinet de Berlin, des pourparlers auraient eu lieu entre ce dernier et le Cabinet de Vienne, au sujet de l'article V du Traité de Prague: que ces pourparlers auraient abouti à une entente: et qu'un traité aurait

mème été déjà signé, en vertu duquel l'Empereur d'Autriche-Hongrie renoncerait définitivement à faire valoir la clause du susdit article relative à la rétrocession, basée sur le résultat éventuel d'un plébiscite, d'une partie du Schleswig Septentrional au Roi de Danemark.

J'ignore si ces nouvelles sont entièrement exactes, et j'ai pensé qu'il valait mieux, pour ma part, n'en rien dire au Secrétaire d'Etat, pour ne pas avoir mème l'apparence de vouloir m'immiscer dans une question dont le Cabinet de Berlin s'est toujours montré jaloux envers les autres Puissances. La man:ière dont en parlent cependant les feuilles les plus autorisées de Vienne et de Berlin, font croire à la vérité de ce qu'elles affirment.

Au surplus, deux genres de considérations diverses peuvent avoir exercé quelque infiuence sur les Gouvernements d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie pour les induire à conclure l'accord en question, qui éliminerarit déftnitivement entre eux tout malentendu au sujet de l'article V du Traité de Prague. Le Cabinet de Vienne devait saisir avec empressement l'occasion de témoigner à l'Allemagne sa reconnaissance pour l'appui que cette dernière lui a accordé si ostensiblement dans le Congrès de Berlin: et l'article V du Traité de Prague, qui ne touche en rien ses propres intéréts, a dù lui paraitre une excellente occasion de ce genre. Quant au Gouvernement Allemand, en dehors de toute autre considération, il aura été bien aise de prouver au Cabinet de Copenhague, qu'il n'avait pas été insensible aux témoignages de sympathie, aux distinctions honorifiques, dont le parti guelphe a été l'objet en Danemark lors du mariage récent du Due de Cumberland.

(l) -Cfr. n. 269. (2) -Cfr. n. 255.
276

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R.283. Atene, 4 febbraio 1879 (per. 1'11).

Le corrispondenze che dall'Epiro si ricevono in Atene, parlano sempre con molta insistenza, dei maneggi cui ricorrerebbero le autorità ottomane, per promuovere fra gli albanesi un'agitazione --che qui si pretende fittizia contro la temuta annessione di quella provincia al Regno Ellenico, e per preparare gli elementi di una resistenza locale, in previsione di un simile evento. Si dice che in Prevesa sono riuniti 4 mila uomini di truppa e che se ne attendono altri due mila, con armi e munizioni; e, secondo il malevolo commento di un giornale ateniese, «pare che quei soldati siena già pronti a disertare nelle fila dei futuri rivoluzionari albanesi là convenuti in gran numero».

Contro codesti procedimenti, protestano con persistente vivacità, in ispecie gli epiroti qua residenti, i quali non tralasciano, col mezzo della stampa e delle riunioni, di far valere i titoli del proprio paese ad essere politicamente congiunto alla madre patria.

Una commissione di questi epiroti, spedì, da ultimo, un telegramma al Signor Gambetta. per congratularsi della sua nomina a Presidente della Camera francese, e raccomandargli la causa dell'Epiro. Giunse una risposta sottoscritta dal Signor Béchard, la quale diceva: «Gambetta me charge de vous dire, en réponse à v otre dépeche, merci et confiance »; ed è inutile aggiungere quale argomento se ne tragga per bene sperare dell'appoggio della Francia.

Egli è, infatti, verso Parigi, soprattutto, che in questo momento sono rivolti gli sguardi dei patrioti greci; e lo ha pure dimostrato la vivissima ansietà colla quale si è qui seguito, quasi che si trattasse di cosa propria, il mutamento dianzi avvenuto nel Governo della Repubblica. Non tanto si temeva un voluto abbandono del patrocinio fin qui esercitato in favore della Grecia, quanto il verificarsi di alcun interno sconvolgimento, che avesse per effetto di distrarre il Governo e l'opinione pubblica francese dalle questioni di politica estera, cui si connette la causa dell'ellenismo. Un altro ed evidente indizio di codesta disposizione degli an~mi, si trae da una visita di cui S.M. il Re Giorgio volle, negli scorsi giorni, onorare il Ministro di Francia Signor Tissot. Sebbene di quest'atto sia stata, per avventura, alquanto esagerata l'importanza dai giornali di Atene, non è men vero che Sua Maestà degnò, con peculiare cortesia, recarsi personalmente dal Signor Tissot, cui espresse la sua alta soddisfazione per la parte da lui presa nello assicurare alla Grecia la benevolenza e l'efficace appoggio del proprio Governo.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 1383. Costantinopoli, 4 febbraio 1879 (per. l'11).

Li due del presente veniva a mie mani il telegramma che l'E.V. mi faceva l'onore di rivolgermi la sera innanzi (2) per ordinarmi insistessi nel modo più formale affine nulla fosse regolarmente stabilito riguardo al debito turco senza la partecipazione dell'Italia; facessi intendere alla Sublime Porta come la presente condotta non corrispondesse alle dichiarazioni già fatte al Barone Galvagna dal Gran Vizir; essere evidente che la Commiss:one interna doveva avere preparato l'accordo intervenuto col mandatario dei portatori Francesi ed Inglesi; non potrebbe l'Italia acconciarsi ad un risultato che sarebbe stato stabilito all'infuori di ogni rappresentanza dei portatori Italiani; se l'introduzione dei due delegati Italiani nella Commissione mista non era ammessa il Reale Governo domanderebbe la riunione immediata della Commissione internazionale di cui tratta il 18° Protocollo del Congresso di Berlino.

Risposi immediatamente alla E.V. (3) agirei senza indugio nel senso di quelle istruzioni e frattanto credevo mio dovere di sottoporre alla sua saggia considerazione i fatti seguenti: la Commissione interna non aveva presa parte alcuna alle trattative seguite fra la Sublime Porta ed il Signor Conte di Toc

17 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

queville, la missione di cui quella era incar:cata essendo unicamente di esaminare la situazione finanziaria in base ai passati esercizi e di proporre quei rimedii che le sembrerebbero p:ù efficaci affine di migliorare lo stato finanziario dell'Impero; i negoziati in discorso essere stati condotti esclusivamente fra il Conte di Tocqueville nella sua qualità di rappresentante legale dei portatori Francesi ed Inglesi e la Sublime Porta. Le due parti aveano anzi tenuto un profondo segreto riguardo ad essi, imperocché, trovandosi presenti altri elementi i quali stavano facendo analoghe proposte al Governo Ottomano ed avevano quindi ogni interesse a far mancare quelle del Signor di Tocqueville, premeva a questi che nulla trapelasse dei suoi progressi. Non era che verso il termine di questi negoziati che l'Ambasciatore di Francia li avea appoggiati. Quello della Gran Brettagna non ne aveva avuto conoscenza che quando le trattative erano presso che terminate. Dei benefizii che dovevano derivare dall'operazione profitterebbero naturalmente i detentori Italiani nella stessa proporzione che quelli degli altri paesi. Il Governo Ottomano infatti non intendeva trattare con questo o quel gruppo, ma aveva per iscopo di fare una operazione che includesse tutti i creditori dell'Impero. Tutti questi creditori riceverebbero, oltre un titolo corrispondente al prezzo d'emissione, e che viene calcolato in media al 45 %, l'interesse del 2,30 sul capitale nominale primitivi. I portatori Italiani non aveano preso parte ai rispettivi negoziati perché non possedevano una regolare organizzazione, né avevano affidato ad alcun mandatario l'incarico di rappresentare i loro ·interessi. Né m'è d'uopo rammentare a questo riguardo le ·Istruzioni che l'E.V. impartiva alla R. Legazione pel suo riverito dispaccio delli 31 dicembre ultimo (1). I capitalisti Itahani non prenderebbero probabilmente alcuna parte all'avanzo di 200.000.000 che i negoziatori assumevano l'impegno di fornire al Governo Ottomano. Il che era a considerarsi, imperocché questi nuovi crediti, avendo il diritto di priorità per l'interesse del 6 % e 2 % d'ammortizzazione, i rispettivi Rappresentanti avrebbero un titolo maggiore al controllo delle rendite che erano specialmente consacrate a questo servizio. Che se i creditori Italiani fossero invece disposti a concorrere a questo nuovo imprestito ne accrescerebbe naturalmente d'altrettanto il diritto di controllo. Il risultato dei negoziati essere tuttavia assai incerto, le notizie che s'avevano da Parigi e da Londra portando che non sarà facile trovare i capitalisti che avrebbero a fornire l'avanzo predetto. E mi viene ora r~ferito che una parte dei detentori Inglesi ha anzi già formulato una regolare protesta contro il piano del Signor di Tocqueville, e varie delle principali case di Parigi e di Londra si dichiarano fortemente avverse ad esso.

Le quali cose io credeva mio dovere di telegrafare immediatamente all'E.V. affine di porre in maggior luce la verità dei fatti.

L'indomani (lunedì) mi trasferiva alla Sublime Porta allo scopo d'intrattenere il Gran Vizir della questione in conformità agli ordini impartitimi dall'E.V. Io esponeva dunque a Sua Altezza la sorpresa che il R. Governo avea

provato nell'intendere come la Sublime Porta si mostrasse disposta ad adottare un progetto che trovavasi in parte in contraddizione colle ragioni che venivano

dai gravi interessi Italiani impegnati nei fondi della Turchia, colle precedenti dichiarazioni del Gran Vizir, coi riguardi dovuti alla Potenza che nel Congresso di Berlino assumeva l'iniziativa delle misure a prendersi per la protezione dei creditori dell'Impero. Rispondeva Sua Altezza la Sublime Porta non avere mai trattato con alcun Governo estero, né con alcun Rappresentante di essi in ordine all'operazione in discorso; avere essa trattato col rappresentante *o col sedicente rappresentante* dei detentori dei titoli dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità di questi; la Sublime Porta non conoscere dove quei titoli si trovavano, ma intendere l'operazione avesse ad includerli tutti, di modo che se risultasse di poi che il S1gnor di Tocqueville non rappresentava tutti i creditori e non fosse quindi in grado di conchiudere a nome di essi, il Governo Ottomano non acconsentirebbe alla stipulazione del contratto. Il rappresentante dei detentori dei titoli avere richiesto delle speciaN garanzie, cui la Sublime Porta non poteva a meno di aderire. Questa aveva anzi, già fin da prima che Sua Altezza assumesse le redini dello Stato domandato ai Governi di Francia e d'Inghilterra, di fornire due specialisti per ciascuno, ai quali il Governo Ottomano intendeva allìdare l'incarico di riformare l'amministrazione delle Dogane. Essa erasi diretta alla Francia ed all'Inghilterra per tale scopo perché fu d'avviso che in quei paesi troverebbersi le migliori specialità in ordine alla materia. Questi specialisti avrebbero ad esercitare un controllo speciale sull'amministrazione in discorso se i negoziati Tocqueville approdassero, ma essi sarebbero funzionar,li Ottomani, nominati e stipendiati dalla Maestà del Sultano ed avrebbero ad agire in conformità delle leggi Turche. La garam'.ia speciale consisterebbe ,in ciò che mentre s'accusano i funzionarli Ottomani di corruttele, queUi che verrebbero dall'estero sarebbero riputati onesti, né il loro carattere sarebbe mutato dal divenire essi funzionari della Porta. Il Governo Ottomano era completamente privo di mezzi per provvedere alle necessità dello Stato, e doveva quindi trattare con quelli che venivano ad offrirgli questi mezzi. Ripeteva indi Sua Altezza la Sublime Porta non avea trattato con alcun Governo, ma direttamente coi suoi creditori; l'Ambasciatore di Francia aveva bensì, quando se ne presentò l'occasione, dette alcune parole in appoggio delle proposte del Signor de Tocqueville. Ma quello dell'Inghilterra gli aveva invece fatto intendere che il Signor de Tocqueville non rappresentava i detentori Inglesi, né aveva alcun diritto di parlare a loro nome, cui Sua Altezza aveva risposto facendo dichiarazioni analoghe a quelle che mi avea testè formulate.

Soggiunsi pregava Sua Altezza di considerare che di fatto i creditori Italiani erano i più numerosi ed importanti dopo quelli di Francia e d'Inghilterra, il R. Governo aveva il diritto ed il dovere di proteggerli, la Sublime Porta dovrebbe eziandio addimostrare spec,iali riguardi alla Potenza che forse più di tutte le altre le aveva fornite prove della sua amicizia sincera e disinteressata. potrebbero per avventura presentarsi fra breve altre occasioni nelle quaU il Governo del Re avesse a spiegare le sue disposizioni nell'interesse del man

ten'mento e della consolidazione dell'Impero. Ed aggiunsi tutte le altre considerazioni che mi parvero opportune.

Sua Altezza stette un momento sopra pensiero e poi replicava nei seguenti termini: «Il miglior suggerimento che io posso darvi è quello di consigliare ai vostri detentori di mettersi d'accordo affine d'intendersi coi rappresentanti dei detentori Francesi ed Inglesi sulle garanzie ad attenersi, e quando il rappresentante di questi interessi riuniti venisse a reclamare delle ulteriori garanzie oltre le g:à concesse allo scopo di effettivamente conchiudere l'affare, la Sublime Porta prenderebbe in considerazione le analoghe domande».

Presi atto di siffatta dichiarazione, e venni a rendere conto per telegrafo all'E. V. del colloquio avuto col Gran Vizir (1).

E così stanno le cose. L'Ambasdatore di Franc,ia si ritiene sicuro del risultato. Quello d'Inghilterra dice non fare alcuna opposizione al progetto Tocqueville, ma non crede che sarà per riuscire, *né mi sembra desiderarlo*. Io sono veramente perplesso nelle mie aspirazioni imperocché se dall'un canto non v'ha dubbio che alcune delle condizioni non ponno a meno di riescire dispiacenti all'Italia, dall'altro sta di fatto che la riescita del progetto sarebbe di grandissimo vantaggio pei detentori Italiani. Le condizioni economiche dell'Impero infatti sono tali che resta ben poca speranza ai creditori di ricuperare anche una parte dei rispettivi fondi. Ora, se il progetto in discorso fosse per approdare, essi riceverebbero non solo un titolo d'un valore assai superiore al presente, ma eziandio un interesse che corrisponderebbe quasi alla metà degli interessi convenuti pei primitivi contratti. Ed il Signor di Tocqueville mi assicurava che nel suo piano erano pure compresi i buoni del tesoro, di cui come l'E. V. conosce, v'è grande copia in Italia. In tali circostanze converrebbe al R. Governo d'osteggiare un progetto dal quale verrebbe tanto sollievo ai nostri detentori? L'E.V. sarà meglio di me in grado di giudicare del miglior modo di proteggere questi interessi.

Senonché il risultato dei negoziati in discorso versa tuttavia in grande incertezza. Oltre all'opposizione da parte di alcuni gruppi Inglesi, e di varie case bancarie di Parigi e di Londra, della quale feci menzione p:ù sopra, esistono pure in queste alte sfere degli elementi i quali elevano gravi obbiezioni contro l'ammissione d'un controllo estero sull'amministrazione finanz.iaria dell'Impero. L'ottenimento di questa garanz;ia fu la principale difficoltà che il Signor di Tocqueville ebbe ad incontrare nel corso dei suoi negoziati. Ed anche in questo momento quegli elementi stanno facendo strenui sforzi affine di far cadere l'affare allegando il danno di stabilire si pericoloso precedente, e lo stato di penuria in cui rimarrebbe l'erario quando gli venisse tolta la risorsa più proficua e sicura che gli rimane. Né più favorevole al progetto Tocqueville è la banca Imperiale Ottomana, i cui interessi sarebbero grandemente lesi dai privilegii concessi alla nuova associazione. Non è quindi certo che queste influenze riunite non riescano ancora ad ottenere il sopravvento nei Consigli della Corona con gravissimo pregiudiz:o dei creditori dell'Impero. Il che si vedrà appresso.

(l) -Ed., ad eccezione delle parole fra asterischi, in L V 27, pp. 93-96. (2) -Cfr. n. 264. (3) -Con t. 164 del 2 febbraio, non pubbllcato.

(l) Cfr. n. 181.

(l) Cfr. t. 169 del 3 febbraio, non pubblicato.

278

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1385. Costantinopoli, 4 febbraio 1879 (per. l'11).

Il Cavalier Vernoni mi fece tenere una confidenziale diretta alla E.V. sotto la data delli 31 gennaio N. 52 (l) che ho l'onore di trasmetterLe in un coll'odierno corriere. Ed il contenuto di essa mi parve abbastanza ;importante per darne alla E.V. un riassunto telegrafico, il che feci in data del 3 del presente (l).

La confidenziale in discorso tratta delle questioni che si presentano nel considerare le gravi difficoltà che si avranno ad incontrare nella transiz:one dal presente stato della Rumelia Orientale a quello che sarebbe prescritto come ordine definitivo di essa dal Trattato di Berlino. Si afferma infatti che, sia per corso naturale delle cose, sia che lo spir,:to pubblico sia stato in parte preparato, quegli abitanti non panno farsi all'idea di essere rimessi sotto la dominazione anche mitigata della Sublime Porta e si opporrebbero anche colla forza a chi volesse ristabilirla. Ora è egli probabile che la Russia per esempio sarebbe per assistere impassibile agli eccidi che ne seguirebbero? Gli abitanti Cristiani della Bulgaria non vogliono la presenza delle truppe Turche neppure alle frontiere, rifuggono da un Governatore Ottomano a qualunque religione appartenga, domandano che gli uffiziali delle milizie siano Europei. Queste questioni formano da qualche tempo il soggetto di gravi discussioni fra questi Rappresentanti delle grandi Potenze, ma non si tratta naturalmente che dl conversazioni accademiche, imperocché i difficili problemi che esse implicano non panno essere sciolti che dai rispettivi Gabinetti. Dall'una parte stanno le difficoltà d'imporre alle popolazioni una dominazione ad esse odiosa, e che probabilmente non si potrebbe applicare che colla forza. Dall'altra sta il Trattato di Berlino. L'E.V. si rammenta che nella pr,:ma seduta del Congresso il Principe di Bismark dichia:rava metterebbe primariamente all'ordine del giorno la questione della Bulgaria essendo essa la più importante e dava per ragione che se non si riusciva a stabilire un accordo sopra di essa vano sarebbe di procedere. L'accordo si stabiliva ed è quello che risulta da'l Trattato e dai relativi protocolli. Come si fa ora a portare una sì grave mutazione a quelle stipulazioni? I più sono infatti d'avviso che se la Rumelia è lasciata in balia di se stessa dopo l'evacuazione dei Russi, essa si unirebbe alla Bulgaria, e verrebbe cosi radicalmente modificata quella transazione che avea formato la base dell'accordo. Si è invero parlato di una occupaz:one mista, il quale progetto era adottato in massima dai Governi della Gran Bretagna e d'AustriaUngheria e poscia lasciato cadere, a quanto pare, in seguito alla strenua opposizione della Francia. Ed ora s'intende piuttosto far menzione di provvedere al mantenimento dell'ordine durante la transizione di cui si tratta per mezzo d'un contingente che sarebbe fornito da una Potenza di second'ordine come

per esempio dal Belgio. In ogni caso sono questi problemi che secondo ogni probabilità avranno a presentarsi in un avvenire assai prossimo e sui quali ho quindi creduto mio debito di chiamare la speciale attenzione dell'E.V.

(l) Non pubblicato.

279

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 512. Roma, 5 febbraio 1879.

Approvo interamente il linguaggio che, com'è riferito nel rapporto del 19 gennajo scorso, N. 186 (1), l'E.V. ha tenuto al conte di Salisbury, rispetto alle cose della Rumelia.

Qualora altra volta Le accadesse di discorrere col nobile lord del progetto di occupazione mista in quelle provincie, la E.V. sarà interprete fedele del nostro pensiero mantenendosi in molto riserbo, segnatamente circa il progetto di associare l'Italia in una intervenzione militare. Per il momento a noi sembra che tutta l'attività dei governi solleciti di prevenire il pericolo di prossime complicazioni, dovrebbe convergere nello ingiungere aHa Commissione Europea il pronto compimento dei suoi lavori e nel conseguire che dalla Sublime Porta siano presi tutti i provvedimenti necessarii per l'applicazione del regime autonomo alla Rumelia, possa compiersi nelle desiderabili condizioni di sincerità. Se si dovesse uscire dalle previsioni del Trattato di Berlino, noi crediamo che le Potenze dovrebbero essere chiamate a deliberare, ed in tal caso noi terremmo in gran pregio di avere potuto preliminarmente scambiare le nostre idee con il Gabinetto britannico, persuasi che i nostri interessi non possono essere diversi dai suoi, in questa questione.

280

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS. ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 513. Roma, 5 febbraio 1879.

Veggo che nella conversazione a cui si riferisce il rapporto di V.E. in data 19 gennajo n. 186 (1), il discorso si è anche portato sulle cose di Tunisi.

Dovrebbe oramai apparire ben chiaro che, quando l'Italia patrocina il principio della conservazione dello statu quo come quello che risponde meglio a quel rispetto degli interessi di tutti che noi vorremmo fosse guida costante dei Gabinetti, essa non ha in vista altre combinazioni o ambizione di compensi. Questi non possono formare il soggetto di esame salvo che da noi si volesse fare una politica congetturale che sarebbe interamente contraria alle

nostre abitudini come alle nostre intenzioni. In questo senso potrà sempre l'E.V. esprimersi con Lord Salisbury, se questi ritornasse sullo stesso soggetto: insistendo però sul desiderio che ha il Governo Italiano di intendersi con l'Inglese per assicurare lo statu quo dai due Governi riconosciuto come quello che meglio risponde ai loro interessi. Noi confidiamo, del resto, che il Gabinetto inglese vorrà tenersi con noi In uno scambio amichevole di idee, a questo riguardo, ogni volta che le circostanze ne indicassero l'opportunità.

(l) Cfr. n. 224.

281

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2240. Berlino, 5 febbraio 1879 (per. l'8).

Le journal officiel de l'Empire Allemand a publié hier au soir le texte du traité au sujet duquel j'ai eu l'honneur de vous adresser hier mon rapport politique N. 2239 (l). Je m'empresse d'en trasmettre ci joint le texte à V.E.

Le journal officiel n'indique pas à quelle époque l'échange des ratlfications de ce traité a été opéré. Cet échange doit étre récent et il aura été suivi immédiatement de la publication de l'acte méme. Quoi qu'il en soit, la date du traité, signé à Vienne ,le 11 octobre 1878, exclut la dernière considération de mon rapport d'hier, se référant au mariage du Due de Cumberland. Les journaux d'ici ne manquent cependant pas de relever l'à-propos de l'accord conclu avec l'Autriche-Hongrie en présence des sympathies que le Danemarck vient de témoigner aux ennemis de l'Empire d'Allemagne.

Ce qui me parait important de signaler aujourd'huy à V.E., c'est le caractère que le journal officiel allemand a soin d'attribuer au tratté signé à Vienne le 11 octobre 1878. Il est dit en effet au quatrième alinéa de l'acte ci-joint: << enfin S.M. l'Empereur d'Autriche et Roi de Hongrie, voulant donner une preuve de son désir de resserrer encore davantage les liens d'amitié existant entre les deux Puissances; etc.».

C'est là un point de vue que depuis longtemps on s'applique ici à bien mettre en évidence: l'intérét et le désir de l'Allemagne et de l'Autriche-Hongrie de resserrer entre elles les liens d'une amitié, qui équivant peut-étre à une alliance.

282

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R.998. Vienna, 5 febbraio 1879 (per l'8).

S.E. il Conte Andràssy in una conversazione che ebbe meco ieri sera in casa mia dopo un pranzo che io dava in suo onore, dissemi aver letto con

molta soddisfazione i discorsi pronunciati dall'E.V. in Senato pochi giorni or sono. Egli lodava altamente le vedute e gli intendimenti che in ordine alla politica estera l'E.V. aveva esplicato in quella circostanza, e coglieva anche quell'occasione per manifestarmi quanto gli riuscisse gradita l'attitudine amichevole per l'Austria Ungheria, di cui il Gabinetto presieduto da V.E. ha già dato ripetute prove. Egli soggiungevami, aver già incaricato il Barone Haymerle di rendersi interprete di tali suoi sentimenti presso l'E.V. Io non mancava di rispondere, riuscirmi gratissimo ciò ch'Egli dicevami, ed essere inoltre lieto di poterlo assicurare che la politica estera, con tanta precisione accentuata nei discorsi a cui Egli accennava ed a cui tutti gli atti del Gabinetto servono, si può dire, di g:ornaliera conferma, non è che la precisa espressione degl'intendimenti di S.M. l'Augusto Nostro Sovrano e pienamente corrisponde ai desideri del Parlamento nonché a quelli della grande maggioranza degli Italiani.

(l) Cfr. n. 275.

283

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 184. Parigi, 7 febbraio 1879, ore 11,20 (per. ore 13,10).

La Chambre des députes a adopté hier sans ct:scussion convention provisoire commerciale italo-française en meme temps que convention commerciale entre France Autriche (1).

284

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 188. Pietroburgo, 7 febbraio 1879, ore 16,40 (per. ore 18,40).

Autorisation de signer traité de paix a été envoyée à l'ambassadeur de Russie à Constantinople et on s'attendait hier à recevoir bientòt nouvelle de la signature du traité. Dans un Conseil auquel ont pris part les grands ducs et les ministres ont été arretées mesures d'évacuation immédiate du territoire turc aussitòt le traité signé.

Conflit éclaté entre les Cabinets de Pétersbourg et de Bukarest: Gouvernement roumain ayant fait occuper militairement la ligne à l'est de Silistrie selon le tracé de délimitation arreté par la majorité de la commission mais contesté par la Russie, et notamment le fort Arab Tabia, prince Gortschakow a adressé en date du 3 courant une note comminatoire au ministre de Roumanie par laquelle on invite la Roumanie à évacuer sans retard ligne occupation mili

taire et on lui propose d'occuper provisoirement une ligne partant du Danube en face de Piquet de Dervent à travers des villages de Galitz, Gulitza et Esenkoi, en laissant le long de cette ligne deux kilomèthes inoccupés. Hier au soir au bal Empereur a dit à ministre de Roumanie qu'il regrettait d'avoir été dans la nécessité de lui faire adresser ce t te note; qu'il a vai t donné ordre de faire occuper Silistrie par ses troupes.

(l) Con t. 254 del 15 febbraio Cialdini informò che la convenzione era stata approvata all'unanimità dal Senato francese il giorno precedente.

285

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 192. Vienna, 8 febbraio 1879, ore 14,06 (per. ore 15,50).

Il me résulte ne source indirecte mais sùre qu'Andrassy a fait à ministre roumain à Vienne par rapport à l'occupation frontière env,iron Silistrie réponse conforme au langage qu'il m'a tenu à ce sujet et que j'ai rapporté sous la date du 5 février n. 999 (1). Cabinet impérial entendant donner par là simplement un appui mora! à la Roumanie ne fera point réponse officielle ni d'autres communication du méme genre. Ceci explique le langage absolument négat:f à ce sujet que le baron Orczy tient avec mai camme avec tous mes collègues. V. E. saura, je pense, que Cabinet de Berlin prend en cette circonstance attitude différente donnant complètement tort aus roumains.

286

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 78. Roma, 8 febbraio 1879, ore 15,30.

Le délégué anglais à la commission de la Roumélie orientale a signalé à san Gouvernement les entraves que les russes, dit-il, mettent au progrès des travaux de la commission de façon que ceux-ci ne pourront pas étre terminés pour le mais de mai. Ce délégué propose conséquemment à san Gouvernement de l'autoriser à s'abstenir de prendre part aux travaux et d'aviser à ce qu'il y a à faire.

Nous avons renouvelé encore récemment les instructions les plus pressantes au délégué italien afin qu'il s'emploie à accélérer les travaux dont il s'agit. Il est de l'intérét commun de toutes les Puissances que le règlement organique soit complètement élaboré le plus tòt possible. Persuadés d'avance que cette opinion ne peut qu'étre partagée entièrement par le Cabinet de Londres nous espérons qu'il voudra bien prendre en considération combien la suspension des travaux en l'absence de san délégué serait regrettable.

(l) Non pubblicato.

287

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 79. Roma, 8 febbraio 1879, ore 17.

Le délégué anglais ... (vedi telegramma precedente n. 78 (l) sino alle parole: élaboré le plus tòt possible).

Aussi espérons nous voir notre opinion sur ce point partagée entièrement par le Cabinet de Pétersbourg car toute suspension des travaux serait très regrettable.

Quant à l'affaire de Silistrie nous avons bon espoir dans l'esprit de modération du Gouvernement impérial. Il voudra certainement se rendre compte que si la zòne à l'est de cette ville doit ètre occupée par quelqu'un elle ne pourrait l'ètre que par ceux là aux quels la grande majorité de la commission de délimitation a assigné ce territoire. Nous ne pouvons à ce sujet qu'exprimer le désir et l'espoir qu'un arrangement mème à titre provisoire vienne faire cesser le plus promptement possible la tension que cet incident a créé dans les rapports de la Russie avec la Roumanie.

288

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 196. Parigi, 8 febbraio 1879, ore 18,52 (per. ore 19,40).

M. Grévy vient de recevoir le corps diplomatique à l'Elysée et dans un bref discours a rémercié les Puissances étrangères de l'accueil que son élection avait rencontré auprès d'elles. Il a donné assurances pacifiques.

289

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. 97/179. Londra, 8 febbraio 1879 (per. il 10).

A quest'ora sarà già pervenuta a Roma la notizia telegrafica della nomina di Lord Dufferin ad Ambasciatore d'Inghilterra a P.letroburgo, in surrogazione di Lord Loftus, destinato a Governatore Generale della Nuova Galles del Sud.

Una tale scelta, in tempi ordinarj, non avrebbe destato particolare attenzione, imperocché, quantunque Lord Dufferin, al pari di Lord Odo Russell, Ambasciatore a Berlino, appartenga al partito Whig, cioè a quello opposto al Ministero attuale, siccome in questo paese, come in alcuni altri, il retto indirizzo della politica estera domina lo spirito di parte, la nuova destinazione di Lord Dufferin non sarebbe che una giusta ricompensa de' servizii da lui resi in

questi ultimi anni come Governatore generale del Canada, carica nella quale egli dimostrò una abilità ed un tatto eccezionali. Ma la di lui destinazione a Pletroburgo è qui considerata dagli uomini politici come un indizio di un mutamento nell'attitudine dell'Inghilterra verso la Russia e vi si scorge un desiderio di venire ad una intelligenza sulle gravi questioni che finora tennero divise queste due grandi Potenze. Il temperamento alquanto ruvido di Lord Loftus non era atto per compiere un tale ravvicinamento, mentre il carattere più pieghevole ed i modi ameni di Lord Dufferin sono proprj a far sparire le asperità che finora circondavano le relazioni dell'Inghilterra colla Russia.

Se queste previsioni si avverano, come è probabile, vedremo compiersi U fatto che, alcuni mesi sono, già io annunziava a codesto Ministero, cioè che la Russia e l'Inghilterra, avendo ciascuna almeno in parte acquistato quell'aumento di territorio ed influenza ch'era nei rispettivi desiderij, verranno ad accordi per usufruire pacatamente l'impero, se non diretto, almeno indiretto dell'Asia (non parlo della Cina), e ciò sarà tanto più facile che l'Inghilterra dopo i suoi successi nell'Afganistan, nulla ha più da temere da quella parte per il suo dominio delle Indie.

Si parla anche di altri mutamenti nella diplomazia inglese; fra altri si accenna Sir August Paget per l'Ambasciata di Costantinopoli, in surrogazlone di Sir Austin Henry Layard che verrebbe destinato a Roma, giusta il desiderio da lui manifestato di terminare la sua carriera nella nostra Capitale dove lo chiamano gli studj che finora egli coltivò con molto successo. La moglie di Sir

A.H. Layard è sorella di Sir Ivor Guest che sposò la figlia primogenita dell'attuale Duca di Marlborough.

(l) Cfr. n. 286.

290

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A PIETROBURGO, NIGRA

D. CONFIDENZIALE. Roma, 9 febbraio 1879.

Ho l'onore di trasmettere all'E. V. copia di quattro rapporti confidenziali, testè pervenutimi dalla R. Ambasciata in Vienna (1).

L'eventualità di un ulteriore ingrandimento dell'Austria-Ungheria, a danno dell'Impero ottomano è argomento che per noi ha capitale importanza. Epperò stimo utile di chiamare l'attenzione dell'E. V. sulla gravità della situazione, quale appare dai rapporti qui annessi, essendo debito nostro di vigilare prima che le previsioni si mutino in fatti compiuti.

L'E. V. avrà modo di esercitare la più assidua e prudente sorveglianza, tanto circa i negoziati che potessero riferirsi al compimento di disegni così dannosi agli interessi nostri, quanto circa le disposizioni e le tendenze di codesto Gabi

netto per rispetto ai disegni stessi. Ed io La prego di voler far sì che il R. Governo sia regolarmente informato di tutto ciò che in proposito Le sarà dato d'indagare e di accertare.

(l) Cfl'. nn. 225, 230, 236 e r. 994 del 25 gennaio, non pubblicato.

291

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 204. Atene, 10 febbraio 1879, ore 7,30 (per. ore 7,50).

Dans la séance d'hier dont protocole sera fixé demain, délégués ottomans tout en admettant ~rincipe d'une rectification de frontière, ont décliné en substance d'adopter les points de démarcation désignés par le congrès. Le Roi vient de me dire qu'il croit que la commission de Prevesa bientòt se dissoudra sans rien avoir conclu. Gouvernement grec est décLdé a s'en tenir exactement aux termes du traité de Berlin dont on voudrait le faire sortir.

292

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 82. Roma, 10 febbraio 1879, ore 15,40.

Veuillez m'informer de la position que le Gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité a prise en présence de la circulaire russe relative à l'affaire de la frontière à l'est de Silistrie. Le Gouvernement russe propose une ligne provisoire et voudrait déférer la décision de la question, soit à la commission internationale de délimitation m:eux informée, soit à une conférence d'ambassadeurs, soit enfin à un arrangement direct entre les Cabinets. Il demande en attendant à la Roumanie l'évacuation sans retard des positions qu'elle a militairement occupées Cl).

293

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 209. Pietroburgo, 10 febbraio 1879, ore 15,40 (per. ore 18).

M. de Giers m'a dit que l'ordre d'occuper Silistrie a été donné afin d'arrèter les roumains dans l'occupation des points contestés. S.E. a tout lieu de croire que le conflit se résoudra sans donner lieu à des complications.

(l) Per le risposte cfr. nn. 299, 303, 304 e 305 Cialdini rispose con t. 227 del 12 che Waddington gli aveva promesso una risposta scritta.

294

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

D. 213. Roma, 10 febbraio 1879.

Questo Signor Agente di Rumania mi aveva comunicato, parecchi giorni or sono, un telegramma del Suo Governo, relativo alla questione del confine tra Dobrutcha e la Bulgaria. Ed io aveva risposto al Signor Obedenare che la Russia aveva in precedenza già chiesta la revisione del tracciato che dalla Commissione mista, tranne il voto del Commissario russo, aveva avuto unanime suffragio, e che, dal canto nostro, avevamo notato non sembrare facile la riconvocazione immediata della Commissione mista di delimitazione, i componenti suoi essendosi dispersi dopo essersi aggiornati fino al 15 aprile. Acchiudo copia di quella prima comunicazione !asciatami dal Signor Obedenare.

Sopravvenuto di poi l'incidente di Arab Tabia, il Signor Obedenare che, pochi giorni or sono, mi aveva dato la prima notizia di quell'incidente stesso, è venuto jeri a !asciarmi copia di un telegramma del suo Governo, in data dell'8 febbrajo, dal quale ho potuto scorgere, non senza compiacimento, che la Rumania esclude assolutamente, così il fatto come il pensiero di una aggres~ione nella occupazione operata dalle sue truppe, della zona di frontiera assegnata al Principato dalla Commissione europea di delimitazione. Dal telegramma comunicato apparisce altresì che la Rumania riconosce spettare all'Europa sola il risolvere definitivamente la questione pendente, né, in conseguenza, poter essere menomamente pregiudicata dalla occupazione l'ulteriore decisione delle Potenze.

Poiché l'occasione si presentava opportuna, ho ripetuto al Signor Obedenare ciò che altra volta io già gli aveva detto circa l'utilità che la Rumania si fosse prima intesa con la Russia, o che avesse ricorso preventivamente alle Potenze nel caso che questa si fosse mostrata restia a qualunque componimento. Posto pure che avesse maggiori diritti sopra il territorio contestato, il Governo di Bukarest doveva riflettere che l'atto di delimitazione non è ancora perfetto e che rimanevano quindi, di pieno diritto, soggette ad appello o revisione le questioni sulle quali non si poté conseguire l'unanimità del voto. Il Governo italiano, sincero amico della Rumania, non può dispensarsi dal farle presente la gravità delle conseguenze di quello stato di tensione che sembra sempre più manifestarsi nei reciproci rapporti tra il Principato e la Russia.

295

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 463. Parigi, 10 febbraio 1879 (per. il 13).

Io finiva il mio Rapporto del 24 Gennaio, n. 459 (1), dicendo che il Signor Gambetta non era uomo da rimanere rassegnato sotto il peso dello scacco patito. Gli avvenimenti diedero pronta ragione a quel profetico apprezzamento.

L'influenza del Signor Gambetta impresse nuovo e maggiore impulso al progetto abbandonato, ripreso e differito di porre in accusa il Ministero del 16 Maggio. In pochi giorni la relazione sintetica dei vari capi d'accusa, fu scritta da mano abile e con stile rigoroso e crudelmente ostile. Il Maresciallo Mac Mahon vi era attaccato e minacciato senza pieta: chiaro appariva esser'Egli il vero bersaglio che si voleva colpire.

Al Maresciallo non resse l'animo di affrontare le conseguenze possibili di quel processo. Respingendo, o per assoluta impotenza o per onestà cittadina qualsiasi idea e consiglio di tentare un colpo di Stato, Egli decise di rinunciare prematuramente all'Alta Sua carica, giovandosi perciò del primo pretesto o motivo che si presentasse. L'epurazione voluta dalla maggioranza parlamentare nei Gran Comandi dell'Esercito gli offrì il mezzo di ritirarsi con qualche bella apparenza di militari affetti e di sensi cortesi e magnanimi.

Sparito il maresciallo, ottenuto l'intento, l'idea del processo ai Ministri del 16 maggio torna ad essere abbandonata e sepolta, sino che un nuovo incidente, un'altra necessità politica, non prevista oggidì, la farà risorgere.

Il Signor Grévy venne accolto bene anche dai suoi avversari, i quali rispettano la temperanza e l'onestà del suo carattere. Ma senza una straordinaria abilità, che nessuno gli suppone per ora, a Lui pur anche è rìserbato di vedersi precorso fra breve, di trovarsi di fronte a tali crescenti esigenze, che la sua coscienza politica non gli permetterà forse di soddisfare. Ed avendo Egli dichiarato nel suo messaggio che non si porrà mai in lotta col Parlamento, ciò vuoi dire che alla prima seria divergenza d'opinioni, il Signor Grévy sarà costretto ad andarsene.

Il Signor Gambetta nel concetto generale ha spiegato la consueta sua abilità, propugnando la candidatura del Signor Grévy ed accettando la Presidenza della Camera.

Egli, pur aspirando alla Presidenza della Repubblica, ha il senno (pregio di pochi) di non affrettarsi punto. E dopo essere stato il primo Tribuna della Repubblica, Egli si sottrae dall'attrito quotidiano delle ardenti polemiche, dal circolo angusto di una sola frazione politica, per collocarsi su d'un terreno neutro, vasto, elevato, ed in certa guisa indipendente, ove gli è permesso prender fiato, sanare le ferite, rinvigorirsi, attendere.

Allorquando la grossa questione dei gran comandi militari apparve minacciosa, io mi maravigliai di non scorgere fra i nomi proscritti quello del Duca d'Aumale. Ne cercai la spiegazione e mi fu risposto che il Duca d'Aumale, e seco i Realisti tutti, non avendo inf.luenza alcuna sull'Esercito, potevano esser conservati senza pericolo alcuno: non cosi i Bonapartisti, i quali, per numero, servigi resi e lunga permanenza nell'armata, erano temibili. Questo tratto, nella sua concisione, spiega meglio di qualsiasi lunga dimostrazione che la Repubblica non si preoccupa punto dei partiti realisti fusi assieme, ma rivolge invece tutte le sue precauzioni e le sue difese contro l'Impero.

La Presidenza del Signor Grévy e la nomina del Signor Waddington a Presidente del Consiglio, sono un'arra indubitale della politica pacifica, che la Repubblica intende seguire, e si può star certi che le questioni estere, di natura pm o meno spinosa, saranno trattate in modo da evitar sempre la possibilità di un conflitto.

Ciò presenta un vantaggio innegabile, sopra tutto per noi, desiderosi e bisognosi di pace. A fianco però della quiete, che la Politica estera della Francia sembra prometterei, havvi un pericolo non lieve nella prolungata esistenza di una Repubblica sulla nostra frontiera. Se riesce ad assodare il terreno movente su cui riposa, a promuovere l'idee tutte di un vero progresso pur mantenendosi sollecita conservatrice dell'ordine, della proprietà, della sicurezza pubblica e di quanto è base all'esistenza sociale (conviene riconoscerlo e confessarlo) la Repubblica francese irradierà all'intorno un'azione espansiva, altamente pericolosa per que' Stati che sono e desiderano rimanere sotto la forma monarchica.

(l) Non pubblicato.

296

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1005. Vienna, 10 febbraio 1879 (per. il 14).

Il Trattato Austro-Germanico che porta la data dell'll ottobre dell'anno scorso, continua ad essere oggetto di molti commenti tanto per parte della stampa quanto dei circoli diplomatici di questa capitale. Il segreto serbato sino ad ora intorno a quei negoziati, se veramente la data della stipulazione del Trattato è quella che ci sta scritta in calce, e la non indicazione poi della epoca in cui quell'atto sarebbe stato ratificato dai rispettivi Sovrani, nonché di quella in cui lo scambio delle ratifiche avvenne, sono circostanze che naturalmente accrescono la misteriosa portata di quel patto e che quindi non poco contribuiscono a dar peso alle ipotetiche combinazioni che da ognuno, a seconda delle rispettive tendenze, si van costruendo su quella in verità sottilissima base che il Trattato dell'll Ottobre presenta.

A spiegare l'arrendevolezza dell'Imperatore d'Austria ai desideri dell'Imperatore di Germania, mi fu ripetutamente detto, e naturalmente non senza speciale intenzione da autorevoli personaggi, che il desiderio di far sparire l'ultimo vestigio delle teorie Napoleoniche intorno al principio di nazionalità ed ai plebisciti, era stato causa determinante in questa circostanza. In verità io non crederei che ciò solo abbia potuto bastare a spingere Sua Maestà Francesco Giuseppe ad un atto che al suo cavalleresco cuore deve aver costato assai il compiere: non è però men vero che il ragionamento sopra riferito non avrà mancato di esercitare una certa influenza sull'animo suo. All'appoggio di questi miei apprezzamenti parmi non inutile riportare qui un brano di un articolo della Montags Revue di ieri sera sull'abrogazione dell'articolo V del Trattato di Praga. L'ufficioso periodico così si esprime infatti sulla speciale questione che si connette al principio di nazionalità:

«Potrebbe in verità essere nell'interesse politico di altri, ma non certo ir1 quello Austro-Ungarico di far rivivere nella sua forma la più marcata, la più decisa, il principio di nazionalità, il diritto di decidere liberamente intorno agli interessi storici, politici e materiali dei Governi. L'inserzione dell'articolo V, opera Napoleonide, fu al tempo stesso la condanna del fatto in esso contemplato. Noi per parte nostra non possiamo se non rallegrare! che una ciarlatanesca teoria, negazione della formazione degli Stati, per quanto ha tratto almeno al diritto delle genti ed alle relazioni di Stato dell'Austria-Ungheria, sia stata annientata senza lasciar traccia di sorta».

Questo ragionamento è siffattamente conforme a quello che, come dissi, ebbero a svolgermi autorevoli personaggi, ch'io non posso a meno di darvi peso ed anzi di connetterlo colla supposizione che, nello stesso atto, col quale si ratificava il Trattato che fu reso di pubblica ragione, ne venisse pure sancito un altro, atto a guarentire l'Austria-Ungheria da quei pericoli a cui potrebbe andare incontro, spingendo maggiormente le sue conquiste verso l'Oriente. Il Gabinetto di Vienna si sarebbe in tal maniera assicurato, per quanto possono al giorno d'oggi valere i Trattati, che in tale evenienza non si potrebbe da nessun suo vicino invocare il principio di nazionalità per ottenere compensi territoriali. Ritengo del resto sarà assai difficile uscire su si grave questione dal campo delle supposizioni, poiché nessun Governo travasi come l'Austro-Ungarico organizzato in modo cosi propizio a mantenere inviolato il segreto intorno ai suoi atti di politica estera.

297

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 218/215. Londra, 11 febbraio 1879, ore 12,55 (per. ore 17,55).

Le Times de ce matin annonce une grave défaite que les zulus vie"mer,t de faire éprouver aux anglais en Afrique. Le rapport parle de 500 hommes et 30 femmes tués, outre la perte d'un immense matériel d'armes et vivres. Cet événement cause une vive impression.

298

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, DE GUBERNATIS

T. 84. Roma, 11 febbraio 1879, ore 14,05.

Veuillez vous rendre directement par le Pyrée ou par Syra à Prevesa et de là vous me ferez savoir par télégramme en chiffre si vous croirez opportun de pousser jusqu'a Janina. Le ministère désire connaitre votre impression sur l'état des esprits dans ce pays, sur l'importance du mouvement albanais qui s'accentue dans un sens contraire au démembrément de l'Epire en faveur de la Grèce, sur les conséquences qu'au point de vue de la paix intérieure de cette contrée pourrait avoir l'application du 13me protocole de Berlin. Vous connaissez le pays et les études que vous y avez faites expliquent assez votre voyage. Ne parlez pas de misson officielle du Gouvernement mais tachez de remplir aussi vite que possible la mission toute de confiance dont vous etes chargé. Si vous ne pouvez pas partir tout de suite informez moi par télégramme, car un retard pourrait rendre votre voyage moins opportun.

299

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 219. Berlino, 11 febbraio 1879, ore 17,02 (per. ore 18,15).

Gouvernement impérial n'a pas à se prononcer pour le moment dans l'affaire de Silistrie. Le secrétaire d'Etat s'est borné à répondre à l'ambassadeur de Russie qu'il appuyerait toute proposition conciliante, que l'ambassadeur de Prusse à Constantinople était déjà instruit dans ce sens et que les ambassadeurs à Constantinople pourraient ètre chargés de s'occuper de cette question et au besoin de formuler des propositions. Btilow a dit confidentiellement à l'agent roumain que le Gouvernement impérial n'ayant pas encore reconnu l'indépendance de la Roumanie pouvait, à la rigueur, s'abstenir de répondre directement à ses instances et que le Gouvernement princier avait agi avec trop de précipitation puisqu'il n'avait pas attendu notificatlon offkielle des Puissances relativement au tracé des frontières.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 86. Roma, 11 febbraio 1879, ore 23,20.

Les journaux annoncent une proposition de l'Allemagne de saisir la conférence des ambassadeurs à Constantinople du différent russo-roumain pour la frontière de Silistrie. Je prie V. E. de tirer au clair si cette proposition a été faite par le Cabinet de Berlin (1).

301

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (2)

R. 315. Pietroburgo, 11 febbraio 1879 (per. il 18).

L'annuncio ufficiale della conchiusione della pace definitiva fra la Russia e la Turchia, venne dato oggi colla pubblicazione del seguente telegramma del Principe Lobanow al Principe Gortchakow in data dell'B febbraio (27 gennaio):

«Il trattato è stato firmato oggi. Lo spedisco questa notte a Vostra Altezza e ne ho informato il generale Totleben. La Porta ha ricevuto la notizia che

Podgoritza, Spoutz e Zabliak sono state consegnate ai Montenegrini, i quali dal canto loro hanno consegnato Dulcigno alle Autorità Ottomane. Firmato

Lobanow~.

(l) -Launay rispose con t. 226 del 12 febbraio che la Germania non aveva fatto una proposta formale di incaricare gli ambasciatori a Costantinopoli di occuparsi della vertenza russorumena ma si era limitata a suggerirne l'opportunità. (2) -Ed. in L V 27, p. 47.

207 18 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

302

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 1391. Costantinopoli, 11 febbraio 1879 (per. il 18).

Li 9 del presente ebbi l'onore di significare all'E. V. per telegrafo (2) le notizie di Parigi e di Londra portare che l'affare Tocqueville sembrava presentare maggiori probabilità di riuscita. Queste notizie essendomi indi state confermate da altre parti, ieri ebbi una nuova e lunga conferenza col Ministro degli affari esteri sull'argomento. Cercai ogni modo di fare intendere a S. E. quanto sarebbe conforme alla giustizia ed agli interessi delle due parti che l'elemento Italiano facesse parte della Commissione finanziaria che aveva a costituire la garanzia dell'esecuzione dell'accordo. Il Signor Caratheodory mi ripeteva gli argomenti già allegati dal Gran Vizir: la Sublime Porta non avere trattato con alcun governo, ma solo col rappresentante dei portatori dei titoli, avere trattato col delegato di questi portatori al precipuo scopo di contrane un nuovo imprestito di duecento milioni di cui H Governo Ottomano aveva urgente bisogno, né doversi meravigliare che la Sublime Porta volgesse gli sguardi in modo speciale a quelle piazze sulle quali erano stati stipulati tutti gli imprestiti anteriori e dove si trovavano tuttavia le case che aveano conchiuso i relativi contratti. La Sublime Porta avere quindi acconsentito ad accordare le garanzie richieste dal rappresentante del Comitato Franco-Inglese il quale faceva ancora la proposta del nuovo imprestito e s'incaricava di tutte le operazioni relative alla consolidazione ed alla conversione degli antichi.

Replicai il Signor di Tocqueville avere primariamente trattato a nome dei portatori Francesi ed Inglesi, dai quali aveva ricevuto speciale mandato, ma quando egli avea inteso che nell'interesse della cooperazione dei portatori Italiani sarebbe mestieri aggiungere i delegati italiani alla Commissione, aveva compresa l'equità della domanda e ne aveva fatta analoga proposta al Gran Vizir, il quale non avea giudicato opportuno d'aderirvi. Aggiunsi tutte le altre ragioni che mi sembrarono atte a dar peso ai nostri reclami e conclusi dalle dichiarazioni fattemi in ultimo luogo dal Gran Vizir risultare che se questa ulteriore garanz:a fosse domandata dal rappresentante del Comitato FrancoInglese come condizione essenziale per la riuscita dell'affare la Sublime Porta prenderebbe la proposta in seria considerazione né potevo credere che ess:l sarebbe per rifiutarvi la sua adesione. Il Signor Caratheodory, senza prendere alcun impegno in proposito mi prometteva tuttavia il suo appoggio. Io sono dunque portato a credere che se il Comitato Anglo-Francese mettesse per condizione

della finale conchiuslone dell'affare l'ammissione del Delegati Italiani alla Commissione, la Sublime Porta sarebbe per aderirvi. Io faccio tutto quello che da me dipende, in conformità delle istruzioni dall'E. V. conferitemi, allo scopo di proteggere gli interessi dei portatori italiani, ma sarebbe pure a desiderarsi che questi si dessero dal loro canto qualche movimento affine di cooperare all'ottenimento dello scopo innanzi alla nuova situazione.

*Non senza molta difficoltà ho riuscito a* (l) procurarmi cop!i.a del documento che fu parafato alla Sublime Porta dalle parti contraenti, e che unisco al presente (2). L'E. V. rileverà da esso che veramente lo scopo principale dell'accordo da parte del Governo Ottomano è quello di stipulare un nuovo imprestito di 200.000.000. E dall'altra le principali cure rispetto alle relative garanzie sono dirette ad assicurare il servizio di quest'imprestito. Ne viene di conseguenza, come ebbi già l'onore di osservare -in altro mio rapporto, che se l capitalisti Italiani giudicassero opportuno di partecipare a questa operazione, potrebbero essi mettere per condizione sine qua non l'aggiunta di due delegati designati dal R. Governo alla Commissione finanziaria, la quale condizione venendo accettata dal Comitato Franco-Inglese, non potrebbe essere rifiutata dal Governo Ottomano.

(l) Ed. in L V 27, pp. 98-99.

(2) Non pubblicato.

303

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 221. Vienna, 12 febbraio 1879, ore 14,10 (per. ore 14,35).

Quoiqu'au ministère des affaires étrangères on continue encore à répondre qu'Andrassy n'a point fait connaitre sa décision par rapport au mémoire russe au sujet de Silistrie (3), cependant, d'après ultérieures informations que j'ai eues de bonne part, il me résulterait qu'il est décidé à se tenir ferme à sa première appréciation favorable au maintien de la part des roumains de la ligne frontière qu'ils ont occupé jusqu'à définitive décision des Puissances. Il ne ferait cependant pas de réponse officielle ni aux uns ni aux autres.

304

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 225. Costantinopoli, 12 febbraio 1879, ore 17 (per. ore 18).

Par poste d'aujourd'hui j'expédie à V.E. les copies du projet Tocqueville et du tra,ité turco-russe. Gouvernement turc n'exprime aucun avis sur le

mérite de la question de la frontière bulgaro-roumaine à Silistrie. Il n'a fait qu'interpeller toutes les Puissances signataires à cet égard par suite d'une demande formulée par le Gouvernement roumain. Les tendances de la Porte sont toutefois favorables à la Roumanie. Dans le cas où tous le Gouvernements s'entendent de référer la question à une conférence des ambassadeurs à Constantinople je prierai V.E. de me transmettre ses instructions. Rien de nouveau ici au sujet de la peste.

(l) -In L V 27, invece delle parole fra asterischi, «Potei l>. (2) -Non si pubbl!ca. (3) -Cfr. n. 292.
305

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

r. 232/217. Londra, 12 febbraio 1879, ore 19,50 (per. ore 0,30 del 13).

Salisbury m'dit aujourd'hui qu'il avait reçu la circulaire de la Russie relative à la frontière à l'est de Silistrie (1), mais que, jusqu'à présent, la Roumanie ne lui avait fait aucune ouverture pour qu'il ait à intervenir dans ce différend. En conséquence il croit devoir s'abstenir pour le moment. Il pense que les roumains ont le droit de retenir la position qu'ils ont d'après la désignation de la commission. Il reconnalt toutefois qu'ils ont peut etre manqué d'égard pour les russes dans la manière dont ils ont procédé à cette occupation. Toutefois il est d'avis que la Russie devra céder et il espère que cette affaire s'arrangera sans grande difficulté.

306

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 233/218. Londra, 12 febbraio 1879, ore 19,50 (per. ore 0,50 del 13).

Salisbury m'a dit avoir reçu de la France une communication d'après laquelle il semblerait que cette Puissance est disposée à transiger dans la question des israélites de la Rouménie. Le Gouvernement roumain devrait sans retard accorder tous les droits civils aux israélites originaires du pays méme et qui sont en petit nombre. Quant aux autres israélites en très grand nombre que l'on peut encore considérer comme étrangers on pourrait attendre pour les admettre au rang de citoyens qu'ils ayent rempli certaines conditions à déterminer ultérieurement. Salisbury se montre favorable à cet avis et désire que le Gouvernement roumain prenne une résolution en ce sens.

(l} Cfr. n. 292.

307

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT, E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 88. Roma, 13 febbraio 1879, ore 12.

Le Gouvernement roumain nous fait dire qu'il est menacé d'une exécution sommaire de la part de la Russie qu'a donné l'ordre à ses troupes de reprendre les positions contestées à l'est de Silistrie. Nous sommes en présence d'une triple proposition de la Russie. Le Cabinet de Pétersbourg a engagé par sa circulaire les Puissances soit à s'entendre par les ambassadeurs à Constantinople, soit en reconvoquant la commission de délimitation soit par communication directe entre les Cabinets. Nous désirons savoir laquelle des trois propositions est agréée par le Gouvernement auprès duquel vous 1\tes accrédité. Quant à nous nous donnons la préférence à la première surtout en vue de l'urgence d'aplanir des ditllcultés qui pourraient amener de plus grandes complications. Nous sommes d'avis qu'en faisant connaitre au Cabinet russe notre préférence pour la première de ces trois propositions les autres Cabinets pourraient exprimer les voeux qu'aucune action militaire n'ait lieu pendant l'examen de la question et faire à cet égard un appel à l'esprit de modération et de concorde dont la Russie s'est toujours montrée animée.

Veuillez sonder l'opinion du Gouvernement auprès duquel vous 1\tes accrédité et me faire le plus tòt possible une réponse télégraph:que Cl).

308

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL VICE CONSOLE A PREVESA, DE GOYZUETA

T. 91. Roma, 13 febbraio 1879, ore 14,20.

M. De Gubernatis arrivera sous peu de jours à Prevesa. Il est chargé d'une mission secrète du Gouvernement. Je compte sur votre discrétion ainsi que sur votre concours pour lui faciliter sa tache. La présence de M. De Gubernatis en Epire est suffisamment justiftée par les études qu'il est en train de publier sur ce pays.

Le Gouvernement hellénique m'a fait signaler le bruit qu'il croit infondé de votre participation active dans l'organisation de la résistance albanaise à l'exécution du protocole n. XIII du congrès de Berlin.

Je vous recommande une attitude prudente et impartiale.

(l) Per le risposte cfr. nn. 309, 310, 314, 316 e 319.

309

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 239/219. Londra, 13 febbraio 1879, ore 20,10 (per. ore 7,20 del 14)

Je n'ai pas pu voir aujourd'hui Salisbury qui devait se rendre à l'ouverture du Parlement, mais j'ai rencontré Schuwalof qui avait pu lui parler au sujet de l'incident russe-roumain relatif à Silistrie. Schuwalof m'a dit que la Russe avait proposé une transaction par laquelle pour le moment !es roumains évacueraient !es forts de Arab-Tabia et se borneraient à y laisser quelques douaniers et agents de police. Salisbury lui avait à peu près répété ce qu'il m'a dit hier (1). Opinion personnelle de Salisbury est que la délibération de la commission est invariable et qu'en tout cas, il ne croirait pas opportun de constituer !es ambassadeurs en cour d'appel pour ces sortes de questioni>. J'ai néanmoins voulu voir lord Tenterden à qui j'ai posé !es deux questions, savoir si la déliberation de la commission était oui non susceptible de modiflcation, dans le cas où elle le seralt !eque! des trois systèmes proposés par la Russie pour la révision, l'Angleterre préférerait-elle. Je n'ai pas manque de dire conformément au télégramme de V.E. (2) que nous préférions l'appel aux ambassadeurs comme le plus propre à amener prompte solution. J'attends réponse que lord Tenterden m'a promise.

310

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2245. Berlino, 13 febbraio 1879 (per. il 18).

Ayant eu l'honneur de diner aujourd'hui chez le Ministre Secrétaire d'Etat, j'ai pu remplir sans retard !es instructions contenues dans le télégramme que je venals de recevolr de V. E. (2). Je lui en ai meme donné lecture, afln de le mettre à meme de mleux préc~ser sa réponse.

Ainsi que je Vous l'ai tèlégraphié (3), il m'a dit que le Cabinet de Berlin n'avait formellement acceptée aucune proposition du Cabinet de St. Pétersbourg Comme à nous précédemment, il avait laissé entendre à la Russie qu'à son avis la meilleure voie à suivre serait celle de chercher à amener un accord par l'entremise des Ambassadeurs à Costantinople. Le Comte d'Hatzfeld depuis quelques jours et avant la démarche faite ici par M. d'Oubril, est instruit dans le sens de se rallier à toute combinaison, qui aurait la chance d'obtenir une solution équitable et satisfaisante. M. de Btilow ajoutait que la démarche précitée de la Russle faisant par sa circulaire un appel aux Puissances, semblait,

paur le mament du mains, exclure une exécutian prampte et sammaire. Saus ce rappart les nauvelles parvenues ici ne canfirmaient pas les assertians du Gauvernement Raumain. Il paraissait qu'à Bucharest an exagérait au paint de vue de l'imminence du danger. Le Secrétaire d'Etat pensait qu'il ne fallait accueillir que saus bénéfice d'inventaire les renseignements et les instances du Gauvemement Princier au de ses agents. Il ne fallait d'ailleurs pas aublier que c'était ce Gauvemement lui-méme qui avait compramis la situatian en accupant de fait une pasitian cantestée par l'une des Puissances intéressées.

Il résulte de ce langage que l'Allemagne pers:ste dans san attitude de reserve, et évite dès Iars de danner une répanse explicite. Sans candescendre directement à l'une au à l'autre des propasitians russes, elle accarde tautefais imp1icitement sa prérérence à ce que le différend sait déféré à une canférence diplamatique a Canstantinaple, parce que telle était déjà sa manière de vair avant méme qu'an la mit en demeure de se pranancer (rappart n. 2237) (l). Sa réserve s'explique peut-étre parce que l'Autriche-Hangrie et l'Angleterre ne partagent prabablement pas sur ce point, camme sur d'autres, les mémes vues que la Russie.

Qual qu'il en sait, s'il m'est permis de présenter cette abservatian, paurquai avans-naus hésité à faire cannaitre sans retard nas préférences paur la prémière des altematives indiquées par la Russie? Larsque, sans dérager à la lettre et à l'esprit du Traité de Berlin, l'accasian se présente de prauver nas dispasitians canciliantes, je ne vais pas paurquai naus n'irians pas de l'avant. En vaulant trap demander à telle ou telle autre Puissance ce qu'elle compte faire, naus risquans de laisser échapper au bénéfice d'un tiers, le moment oppartun d'entrer en scène. Naus n'avons pas les mémes matifs que l'Allemagne de tenir, autant que possible, la balance égale entre la Russie et l'Autriche. Quand nous naus pranancerons, sans trop sander les intentians d'autrui, et de manière à bien établir que nous entendans seulement faciliter l'exécutian du Traité de Berlin, nous rencantrerans sans nul daute les suffrages du Cabinet de Berlin. Il naus est facile de rester dans ce ròle, surtout larsqu'il s'agit des questians, où nos intéréts ne sont pas directement en jeu.

Dane, à mon avis, que j'exprime très-respecteusement, naus eussions du, sans tarder, naus déclarer favarables à la première des propositions russes, et celà dans le but d'aplanir des dimcultés pouvant entrainer de plus graves complicatians. Nous eussians en méme temps donné avis aux autres Cabinets de natre détermination.

Quant au voeu à exprimer qu'aucune action militaire n'ait lieu pendant l'examen de la questian, et à un appel à l'esprit de madératian et de concorde de la Russie, M. de Biilaw, camme je l'ai dit plus haut, estimait qu'il serait superflu de taucher au premier paint. Relativement au secand paint, il n'admettait pas davantage une suggestion de son c6té dans ce sens.

Rien n'empéchait tautefais, telle est mon apinian, que mentian fut faite de ces deux points dans notre répanse à la circulaire Russe. En accusant réception de la dépéche palitique n. 766, du 10 caurant (l) ...

(l) -Cfr. n. 305. (2) -Cfr. n. 307. (3) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

311

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 112/193. Londra, 13 febbraio 1879 (per. il 17).

Colsi l'opportunità del colloquio che io ebbi ieri col Marchese di Salisbury per dire qualche cosa di Tunisi nel senso prescritto da V.E. col suo dispaccio del 2 corrente, N. 510 della serie politica (1).

Io non tralasciai di dichiarare che l'Italia non nutriva alcun pensiero di qualsiasi occupazione di territorio in Affrica, ma che insisteva sullo statu qua e sulla indipendenza della Tunisia che noi riputavamo importare all'Inghilterra al pari che all'Italia.

Accennai succintamente che l'ultimo incidente franco-tunisino aveva forse avuto origine in qualche intrigo particolare (come lo accennava l'E.V. col suo dispaccio del 2 corrente, serie politica N. 510), e che non era della dignità delle Potenze interessate allo statu qua di lasciare che l'indipendenza di quella Reggenza possa essere messa a repentaglio per via di simili mezzi. Per cui era mio parere che una dichiarazione di voler mantenere lo statu quo, fatta dall'Inghilterra, avrebbe giovato molto per mettere un termine a tali tentativi. Il Nobile Lord mi disse ignorare l'origine supposta dell'incidente franco-tunisino; che egli considerava lo statu qua come la migliore cosa e si mostrava desideroso che fosse mantenuto. Ma si astenne da nulla promettere circa la dichiarazione anzi suggerita. Si limitò a dirmi che il pericolo era oramai rimosso; che l'idea dell'annessione della Tunisia all'Algeria era nata nella mente del Maresciallo Mac Mahon e forse provocata dagli elementi militari che influiscono sopra di lui; che il Signor Waddington si era mostrato opposto; per cui non era più il caso di preoccuparsi, in questo momento, di quella eventualità.

312

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R.l13/194. Londra, 13 febbraio 1879 (per. il 17).

Nel colloquio ch'io ebbi jeri col marchese di Salisbury si presentò l'occasione di parlare della Rumelia orientale e della evacuazione di quella provincia per parte delle truppe russe. Il nobile Lord non mette in dubbio che tale evacuazione si effettuerà nel tempo prefisso dal trattato di Berlino, e si mostrò persuaso che la Turchia sarà in grado di mantenervi l'ordine mediante un corpo di gendarmeria a tale scopo organizzato, per cui l'intervento di truppe straniere non avrebbe luogo d'essere richiesto.

Tale essendo, almeno per ora, la convinzione del Marchese di Salisbury, essa mi pare corrispondere al desiderio espresso da V. E. nel Suo dispaccio dr.l

5 corrente (Serie politica n. 512) (l) tanto più che l'Inghilterra mette il massimo impegno a che la questione della Rumelia orientale sia sciolta prontamente e nel migliore modo a senso del trattato di Berlino. Se il risultato poi non corrispondesse alla speranza, sarebbe il caso di concentrarsi fra le Potenze per una azione comune onde stabilire e mantenere l'ordine nelle provincie anzidette.

Come io lo dissi a V.E. col mio telegramma d'ieri, n. 216 (2), di cui questo rapporto è una conferma ed una ampliazione, Rustem Pascià non è stato ancora accettato dalla Russia come Governatore generale della Rumelia orientale, benché quella scelta sia stata bene accolta da tutte le altre Potenze. Questo Ambasciatore ottomano, S.E. Musurus Pascià, mi parlava nel modo più favorevole di Rustem Pascià il quale, diceva egli, gode di tutta la fiducia del suo Governo.

(l) Sic ma il dispaccio cui si fa riferimento nel testo è il d. 513 del 5 (cfr. n. 280).

313

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 314. Madrid, 13 febbraio 1879 (per. il 18).

Ringrazio la E. V. per i Dispacci di questa Serie N. 95 (3), 96 e 97 (4) delli l, 2, e 7 Febbraio.

Nell'occasione della consueta conferenza diplomatica ebbi ieri l'opportunità di indagare la mente del Ministro di Stato, riguardo a quanto l'E.V. mi fece l'onore d'indicare nel dispaccio N. 95 di questa Serie.

Dissemi il Signor Silvela che aveva indizio di pratiche intese dalla Francia per imporre alla Reggenza di Tunisi il suo protettorato, mal celando l'intenzione di appropriarsi più tardi quei territorii. Al presentarsi di questa eventualità, la Francia, ben sapendo come l'Italia non potrebbe rimanere indifferente a siffatti cambiamenti riguardo a territorii coi quali ha molteplici rapporti e che distano dalle sue coste sole poche leghe marittime, la Francia dico, penserebbe di facilitare l'acquisto dell'antica reggenza di Tripoli.

Riguardo alle mene francesi nel Marocco queste si palesarono, sin ora, sotto forma di tentativi per ottenere la costruzione di una via ferrata che dalla frontiera della Algeria guiderebbe a F'ez. Di leggieri si comprende che la costruzione d'una linea ferrata attraverso a territori deserti, su cui nulli sono gli interessi commerciali, esigerebbe a sua custodia dei frequenti blokhaus, difesi da gruppi di soldati e quindi non è troppo temerario scoprire in questo progetto velleità non difficili a definirsi.

La Spagna, mi disse ad un dipresso il Ministro di Stato, segue attentamente lo sviluppo di questi maneggi i quali è decisa di sventare o di paralizzare prendendo essa, al caso, l'iniziativa per assicurarsi su quelle coste, più

esteso dominio del presente; benché egli tenga convincimento che l'Inghilterra vorrà mantenuto in quelle regioni lo statu qua. L'Inghilterra frattanto si adopera a sviluppare gli elementi militari nel Marocco, ai quali però questi si dimostra assai restio.

(l) -Cfr. n. 279. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 266. (4) -Non pubblicati.
314

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 247. Vienna, 14 febbraio 1879, ore 13,02 (per. ore 19,30).

Orczy vient de me dire qu'Andrassy est également d'avis soumettre ambassadeurs à Constantinople définitive décision de la question de la frontière à l'est de Silistrie. Il n'a cependant pas encore pris décision sur moyen d'éviter confiit entre la Russie et la Roumanie. Il penche pour que troupes roumaines se retirent, en attendant, à 2 kilomètTes de la ligne qu'elles occupent actuellement. En chargeant Orczy de lui faire connaitre l'avis de V.E. à ce sujet, j'ai ajouté que mon idée personnelle qui pouvait peut ètre tout concilier serait qu'après avoir fait auprès de la Russie dèmarche que V.E. propose (1), les Cabinets expriment à la Roumanie le voeu que sa dignité ayant alnsi été sauvegardée elle prenne de son còté l'initiative de retirer ses troupes de 2 kilomètres. Orczy m'a assuré qu'aussitòt Andrassy aurait pris une définitive résolution Haymerle sera chargé d'en donner connaissance à V.E.

316

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 245. Pietroburgo, 14 febbraio 1879, ore 14,50 (per. ore 16,45).

J'ai dit à M. de Giers que le Gouvernement du Roi avait confiance dans la modération du Gouvernement russe pour qu'on évite un confiit armé avec la Roumanie. M. de Giers m'a répété que l'intention du Gouvernement russe était d'éviter d'en venir à cette extrémité, mais il a ajouté qu'on ferait bien de donner aussi des conseils de sagesse au Gouvernement roumain. Je lui ai répondu que, pour sa part, le Gouvernement du Roi l'a déjà fait. M. de Giers se plaint aussi de ce que la Roumanie pa.r des mesures de quarantaine prises à des endroits où elles ne sont pas nécessaires entrave la retraite et les communications de l'armée russe.

316.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 246. Parigi, 14 febbraio 1879, ore 15,30 (per. ore 16,50).

J'ai porté à la connaissance de Waddington votre télégramme d'hier (l) relatif à Silistrie. Il me fait écrire qu'il partage entièrement les idées contenues dans ce télégramme, c'est à dire de déférer les difficultés existantes à l'examen des ambassadeurs à Constantinople et de voir suspendre toute action militaire pendant les négociations.

(l) Cfr. n. 307.

317

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA

D. 176. Roma, 14 febbraio 1879.

L'incaricato d'affari di Grecia venne in questi giorni a comunicarmi due telegrammi del suo Governo. L'uno conteneva la minuta narrazione di ciò che sarebbe avvenuto nella prima adunanza della Commissione turco ellenica per la retti:fl.ca:llione della frontiera. L'altro imputava alla Turchia di avere cercato di organizzare, per mezzo di Albanesi chiamati dall'interno, una resistenza, della quale, però, il Gabinetto di Atene afferma poter avere facilmente ragione, imperocché le popolazioni epirote sarebbero tutte impazienti di un pronto mutamento di regime e ansiose di annettersi alla Grecia.

Nella Commissione di delimitazione (così è narrato nel primo telegramma) i plenipotenziari ottomani lasciarono che i greci enunciassero la loro proposta sulla base del protocollo XIII del Congresso di Berlino, e, senza presentare controproposta alcuna, dichiararono di non potere accetta·re quella della Grecia. Una seconda seduta doveva tenersi il giorno successivo, ma ne fu revocato l'avviso per aspettare l'arrivo di Constant pascià e di Vahan effendi. Alla data del telegramma non eransi ricevute, in Atene. altre notizie. Al Signor Papparigopoulo, che avrebbe voluto conoscere l'atteggiamento probabile dell'Italia in caso di mediazione, fu risposto nei termini che emergono dall'esame stesso della situazione. La mediazione preveduta dal trattato di Berlino per la ipotesi dell'insuccesso di un negoziato diretto tra la Turchia e la Grecia, deve, eventualmente, esercitarsi di concerto tra le varie potenze. Noi non possiamo manifestamente pregiudicare la nostra opinione prima di sapere che cosa ne pensino gli altri Gabinetti. Le linee del Calamos e del Salamvria, indicate nel protocollo XIII come frontiera possibile tra la Grecia e la Turchia, non si trovano ripetute nel testo del trattato, a differenza di ciò che nel trattato stesso, è stato fatto per le frontiere di altre parti di territorio staccate dal

l'impero ottomano. Questo modo di procedere mostra che il giudizio delle potenze non fu ancora definitivamente pronunciato. Non essendo in grado di accertare fin da ora, presso i varii Gabinetti, quale sarà per essere, noi non possiamo che esprimere, tanto alla Grecia quanto alla Turchia, il dispiacere che proveremmo se fallissero i negoziati diretti per la riuscita dei quali abbiamo fatto e facciamo i migliori voti nell'interesse della pacificazione ed anche coll'intento di allontanare pericoli maggiori.

Quanto precede potrà giovarle per informazione confidenziale e per norma eventuale di linguaggio.

(l) Cfr. n. 307.

318

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

D. 142. Roma, 14 febbraio 1879.

Sono grato alla S.V. Illustrissima dei particolari fornitimi con rapporto del 26 gennaio scorso N. 759 (l), circa i procedimenti legislativi mediante i quali la Serbia intende ottemperare alle stipulazioni del Trattato di Berlino concernenti il principio della uguaglianza nella materia di diritti civili e politici, fra le varie credenze religiose. La prego di volermi tenere informato delle fasi successive di tali procedimenti e dell'epoca approssimativa in cui saranno giunti al loro termine. Mi gioverebbe pure sapere quali siena le disposizioni degli altri Governi circa gli atti di riconoscimento cui si dovrà addivenire, non appena l'osservanza del trattato di Berlino travisi tradotta in fatto compiuto.

Intanto la S.V. potrà, già fin d'ora, dichiarare verbalmente al Governo principesco, che l'Italia sarà ben lieta di stabilire i suoi rapporti regolari diplomatici con la Serbia tostoché la revisione legislativa sarà terminata.

319

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 257. Costantinopoli, 15 febbraio 1879, ore 14,50 (per. ore 17,40).

Ministre des affaires étrangères vient de me faire la communication suivante, ayant un caractère confidentiel: «Les négociations de Prevesa ne marchent pas d'une manière satisfaisante. Plénipotentiaires grecs s'en tienment à la délimitation du congrès de Berlin. Les ottomans ne sauraient admettre une base qui ne résulte que d'un simple voeu exprimé par le congrès. La Sublime Porte désirait etre ultérieurement renseignée sur les vues du Gouvernement du Roi à cet égard. J'ai répondu que celui-ci n'avait cessé de recommander la base adoptée à Berlin. S.E. répondit que la Porte ne pouvait

rien céder à cause des graves complications que en surgiraient de la part des albanais. Du coté de la Thessalie elle désirait conserver Volo qui constituait le seui débouché de ces pays. Elle était disposée à concéder une rectification de la frontière dans ces limites ». Je n'ai pu à moins d'exprimer mes regrets d'apprendre que la Sublime Porte montrait des dispositions si peu aptes à amener une solution satisfaisante de la question et je me suis réservé de porter sa demande à la connaissance de mon Gouvernement. Quant à l'incident de Silistrie, S.E. m'a dit que le Gouvernement ottoman n'ayant reçu jusqu'ici aucune communication de la note russe, elle n'était pas à meme d'exprimer un avis sur le meilleur moyen de l'arranger. Elle désirait surtout connaitre avis des autres Puissances.

(l) Non pubblicato.

320

IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, DE GUBERNATIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T.267. Prevesa, 16 febbraio 1879, ore 14,09 (per. ore 20,05).

Arrivé hier au soir, je me mettrai immédiatement au travail, mais dès-à-présent je ne pense pas pouvoir bien juger la situation sans me rendre à Janina, et peut-etre ailleurs. Prevesa est séparée de tout milieu albanais, et quoique tous les chefs soient ici pour faire pression sur Mouktar pacha, je crois uti:le d'étudier chez le peuple la ·résistance que les chefs pourraient organiser. Je ne m'éloignerai d'ici en tout cas que sur votre ordre.

321

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'ONOREVOLE VISCONTI VENOSTA (l)

L.P. Costantinopoli, 17 febbraio 1879.

Ho ora letta quasi tutta la discussione seguita nel Senato e nella Camera sulla nostra politica estera, né v'ha dubbio che il Tuo discorso per l'elevatezza dei concetti e per la dignità della forma è di gran lunga superiore a tutti gli altri. Io tengo poi ad esprimerti la mia sincera gratitudine per la benevolenza colla quale mi trattasti, e t'assicuro che non scorderò mai l'indulgente amicizia che mi dimostrasti durante questa dura fase della mia vita. E veramente sento che avevo d'uopo di grande indulgenza da parte de' miei giudici. Era la prima volta che assumevo l'arduo ufficio, t'assicuro in momenti difficilissimi; ero affatto nuovo all'arengo parlamentare, e quello che più di tutto paralizzava la mia azione, ed aggiungerò anche le facoltà mentali, ml trovavo in mezzo ad elementi eterogenei e fra i quali non mi sentivo per nessun verso a mio agio. Arroge che gLugnevo alla Consulta alla vigilia di grandi avvenimenti dimodoché non v'era il tempo di preparare il terreno che era stato grandemente sciupato da due anni di funesta politica. Metti assieme tutte

queste circostanze e comprenderai qua.nto fosse difficile la mia posizione. Qual fosse il principale concetto direttivo della mia condotta tu lo conosci. La guerra sembrava inevitabile, il sentimento unanime (secondo me rettissimo) della nazione italiana aborriva dalla guerra; io feci tutto quello che potevo per contribuire al mantenimento della pace. Ed esistono giudici di grandissima autorità in Europa che sono convinti l'Italia avervi efficacemente contribuito prima e durante il oCngresso, poiché anche durante questa fase dplomatica la conservazione della pace era lungi dall'essere sicura, e corse anzi gravi pericoli fino alla fine. Dopo tante peripezie e tante noie io fui dunque soddisfattissimo della discussione che seguì nei due rami del Parlamento, e ti confesserò anzi che fui quasi meravigliato di non essere attaccato almeno nella Camera dei Deputati. Dopo tutte le sozze diatribe della Riforma come si spiega che il suo patrono non pronunziasse una parola di biasimo nella Camera? Forse ora si vergognano essi stessi d'essere stati gli iniziatori d'una agitazione che tanto scredito cagionò all'Italia. Non so neppure io se debba rallegrarmi o dolermi di non essermi trovato al Senato in quella occasione. Dall'una parte é evidente che è difficilissimo il prendere parte attiva alla politica internazionale e di fare il diplomatico l'indomani, né ho bisogno di spiegartene le ragioni. Dall'altra parte vi sono cose che io avrei dette e che non furono dette da nessuno. Tu facesti un discorso d'opposizione, dicesti verità sacrosante, operasti nell'interesse del partito che nell'interesse d'Italia avrebbe a tornare al potere. Se mi fossi trovato nel Senato mi pare che avrei fatto dei commenti sulla parola isolamento. Non è mai stata una grande potenza che non vuol esserlo. Con quanto amore con quanta insistenza vennero a cercarci nella primavera passata quando altri governi stavano preparandosi alla grande lotta. Ed anche oggi se sorgessero nuove nubi, se l'Italia volesse contrarre impegni per l'avvenire, credi tu che l'offerte d'Italia non sarebbero accolte con entusiasmo a Londra come a Pietroburgo? La questione è di sapere se convenga all'Italia d'abbracciare una parte, d'impegnarsi per l'avvenire. Io dico adunque che una grande potenza può essere più o meno stimata più o meno amata, il che deriva precipuamente dalla solidità del suo governo, dalla quantità di forze di cui dispone, dalla reputazione militare, dall'ordine interno. Né v'ha dubbio che la nostra condotta da tre anni cui misero il colmo i fatti accorsi durante il Congresso di Berlino e poco appresso, compromise grandemente il credito d'Italia, ed ora ne sentiamo gli effetti. Per le quali cose io credo che l'Italia non sia oggi considerata come dovrebbe esserlo in Europa, ma del suo isolamento non mi lamenterei se significa di non avere nemici e d'essere liberi d'impegni per l'avvenire. Senonché lo scredito può giusto avere quelle funeste conseguenze che si vogliono evitare conservando la propria libertà d'azione. Dopo le malaugurate agitazioni dell'anno passato, se sorgessero fra breve nuove complicazioni sarebbe per noi possibile di rimanerne a l'infuori? Per me ne dubito, e lo deploro poiché io credo che ora l'Italia si trova in una fase storica che esigerebbe sopratutto l'opera di consolidazione interna. A me pare che in fatto di conquiste l'Italia ne ha fatte più di qualunque altra Potenza nell'età moderna. Ed ora a che andare in cerca di lontani territori che indebolirebbero la nostra azione interna? Si vede ora a che servono le colonie dell'Inghilterra. Una fiera guerra nell'Afganistan, una disastrosa al Capo, e poc'anzi una dispen

diosissima contro il Re Teodoro. Al quale propos:to io stimo proprio un'aberrazione quella di voler cercare di creare degli interessi fittizi giusto in quella direzione. Che si salvino i nostri scienziati va benissimo, ma che l'Italia possa trovare delle risorse commerciali in quei deserti è una follia e non faremmo altro che crearci degli imbarazzi e dei pericoli per l'avvenire. Che te ne pare? Qui le cose vanno avanti zoppicando. l negoziati di Prevesa presentano poche probabilità di scampo, non potendo questi signori vedere alcuna ragione per cedere del territorio ai Greci. Il problema della Romelia orientale è tuttavia buio, e quei Signori Commissari Europei non fanno che bisticciarsi fra di loro né vengono ad alcuna conclusione. Ed il tesoro è completamente esausto. Il Tocqueville riuscì invero a stabilire un accordo pel quale la Porta otterrebbe 200 milioni (una goccia d'acqua nell'oceano) ma è pur dubbio che l'accordo possa eseguirsi. Il Tocqueville era rappresentante dei Comitati francesi ed inglesi per cui non mise nella Commissione internazionale che avrebbe ad assumere l'amministrazione delle Dogane ed altre, che i delegati francesi ed inglesi. Contro questa esclusione dell'elemento italiano io protestai vivamente. Ma erano negoziati fra la Porta e privati, nei quali gli altri Governi non entravano, e se i nostri detentori non si fanno vivi, non si organizzano, non s'intendono coi francesi ed inglesi che sono i più importanti, a chi la colpa? Ma non parlare di questo per ora. E da noi che si fa? Chi sarà Ministro degli Affari Esteri? Io sono contento d'essere tornato a Costantinopoli dove la mia posizione è buonissima. Ma la vita non è allegra, e lo sarà meno se continuano codesti allarmi che ci mettono al bando dal resto del mondo. Assumono una grande responsabilità quei Governi che senza ragione sufficiente cagionano danni sì enormi al commercio con premature ed esagerate quarant<:'ne. La peste è ancora lontana, né ln Turchia vi fu l'ombra di un caso. E qui siamo anzi perfettamente calmi e senza la minima apprensione.

(l) Da Archivio Visconti Venosta, Santena.

322

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T.275. Pietroburgo, 18 febbraio 1879, ore 13,50 (per. ore 15,45).

J'ai entretenu M. de Giers au sujet des plaintes formulées par le délégué anglais auprès de la commission de la Roumélie orientale (1). M. de Giers m'a dit que la Russie est intéressée plus que toutc Puissance à ce que le règlement organique soit terminé le plus tòt possible, son intention étant de retire'r ses troupes et son administration dans les termes fixés par le traité de Berlin.

S.E. partage à ce sujet votre manière de voir et le délégué russe aurait reçu instruction de faire preuve de toute la modération possible et d'accélérer travaux. Du reste ambassadeur de Russie à Rome a diì recevoir communication de la réponse faite par la chancellerie ìmpériale à la dépéche de lord Salisbury relative à cet objet.

(l) Cfr. n. 286.

323

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITI'O, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 280. Cairo, 18 febbraio 1879, ore 19,10 (per. ore 2 del 20).

Armée dissoute. 2000 officiers, congédiés sans paiement arrèrage appointement deux années, assaillirent Ministère des Finances, insultèrent Wilson, Nubar pacha. Emeute prenant proportions graves, je me suis rendu sur les lieux avec vice-roi collègues français, anglais, allemand. La troupe par ordre vice-roi qui s'est conduit admirablement, a du faire feu pour disperser révoltés. Position très grave, effervescence population surtout au Caire. Rétabli ordre, vice-roi déclare officiellement aux agents diplomatiques pays dans l'anarchie; que si on lui laisse reprendre autorité et gouverner avec les mìnistres assume responsabilité de tout; différemment il la décline formellement. Dans une réunion préalable avec les collègues, l'agent anglais a repoussé énergiquement insinuation Wilson Nubar avoir vice-roi excité révolte et déclaré nouveau Ministère avoir perdu confiance générale qu'H faut que le vice-roi reprenne autorité pour gouverner selon programme aout dernier et que nous devons le soutenir.

324

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA

D. 178. Roma, 18 febbraio 1879.

È pervenuto a notizia nostra che nella commissione greca, attualmente riunita in Prevesa, vi siano due membri del Comitato di azione di Atene, i quali avrebbero istruzioni segrete di promuovere ad ogni costo un conflitto da cui codesto Governo si riprometterebbe maggiori vantaggi di quelli che possono sperarsi dal regolare andamento dei lavori della commissione predetta.

Ove ciò fosse vero, la condotta del Governo ellenico sarebbe da reputarsi grandemente imprudente ed affatto scorretta. La sua connivenza coi due membri del Comitato d'azione a far nascere un conflitto che aumenterebbe le difficoltà di un pacifco e soddisfacente componimento della questione di una rettifica di frontiera, sarebbe un fatto oltremodo grave e tale da preoccupare gli amici della causa ellenica.

Le sarei quindi riconoscente se Ella volesse favorirmi tutte quelle notizie che le riescirà di raccogliere in via riservata su questo argomento, onde il

R. Governo possa formarsi un giusto criterio circa quanto gli venne riferito in proposito (l).

(l) Per la risposta di Pansa cfr. n. 360.

325

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 778. Roma, 18 febbraio 1879.

Il Ministro di Turchia mi diede lettura confidenziale di un telegramma della Sublime Porta con cui si denuncia la condotta delle autorità russe nella Rumelia. Secondo quel telegramma queste permetterebbero che si organizzino dimostrazioni contrarie alla introduzione del regime stabilito dal Trattato di Berlino, sia autorizzando deputazioni che dovrebbero recarsi in Bulgaria, sia distribuendo senza ritegno armi in grande quantità (80 mila fucili). La Porta desidererebbe che le rimostranze delle Potenze inducessero la Russia a mutare sistema.

Ho risposto a Turkhan Bey che la Russia ci ha fatto, pochi giorni or sono, una comunicazione dalla quale risultava che i Comandanti militari in Rumelia avevano ordine di impedire l'invio delle deputazioni in Bulgaria. Quella comunicazione conchiudeva con la più esplicita dichiarazione che l'Imperatore Alessandro vuole l'applicazione integrale del Trattato di Berlino. Quanto alle armi distribuite, io non sapeva che si trattasse di 80 mila fucili; ben sapeva che i Generali russi non facevano mistero d'aver permesso che i cristiani rumeliotti conservassero le armi deposte dai corpi regolari turchi che erano stati fatti prigionieri dai russi in queUa contrada. 'La ragione di questa tolleranza sarebbe questa che i cristiani, ove non fossero armati al momento della evacuzione, sarebbero esposti alle scorrerie ed alle vendette delle popolazioni musulmane circostanti che la presenza delle truppe russe appena basterebbe ora a contenere. Io non mi poteva far giudice in questa materia; ma dal modo col quale i Comandanti russi ammettevano la loro tolleranza nell'armamento dei cristiani di Rumelia, parevami poter arguire che delle osservazioni che si facessero a Pietroburgo, resterebbero senza effetto. Vi era luogo, però, a sperare che le popolazioni cristiane della Rumelia non essendo d'indole bellicosa, non si servirebbero delle loro armi per la difesa nel qual caso 'era da sperarsi che si eviterebbe il pericolo di sordini, di anarchia e delle quasi inevitabili conseguenze dell'anarchia stessa. A questo proposito il Governo Italiano non poteva stancarsi dal raccomandare la pronta elaborazione del Regolamento Organico. Nello stato delle cose non può essere indifferente che le popolazioni abbiano conoscenza del Regime sotto il quale avranno a vivere, qualche tempo prima che il regime stesso entri in vigore. Ciò contribuirebbe certamente a rassicurare le popolazioni od almeno le abituerebbe all'idea di ciò che le Potenze avranno fatto per assicurar loro una esistenza soddisfacente.

Turkhan Bey avendo nondimeno insistito nel pensiero che sia opportuno uno accordo tra i varii Gabinetti per imporre alla Russia una condotta conforme agli impegni assunti col Trattato di Berlino, la conversazione non ebbe altro seguito.

19 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XI

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1401. Costantinopoli, 18 febbraio 1879 (per. il 25).

Solo iersera venne a mie mani il dispaccio che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi li 2 del presente N. 770 (l) relativamente all'affare Tocqueville. Ed il contenuto di esso è conforme a quello del telegramma che Essa mi indirizzava il lo del medesimo (2).

L'E.V. conosce per i miei rapporti delli 4 e 11 corrente N. 1383 e 1391 (3) le pratiche per me fatte presso il Gran Vizir e presso il Ministro degli affari Esteri in ordine a quelle istruzioni. La Sublime Porta, desiderosa soprattutto d'ottenere il nuovo imprestito, declinava di . modificare le basi del contratto quali erano state convenute col rappresentante dei comitati francesi ed inglesi. Il conte di Tocqueville era indi partito alla volta di Parigi, né la Sublime Porta avrebbe avuto pure il mezzo di entrare in nuovi negoziati per addivenire alla modificazione richiesta. Il Gran Vizir mi aveva d'altronde fatto intendere che, se l'introduzione dei delegati Italiani nella Commissione finanziaria fosse ulteriormente richiesta dai negoziatori come condizione necessaria per l'ultimazione dell'affare, la Sublime Porta avrebbe preso in favorevole considerazione la relativa proposta. Per lo che io mi faceva a suggerire le parti interessate avessero ad intendersi coi Comitati Francesi ed Inglesi affine di porre per condizione della loro adesione l'aggiunta in discorso. La Sublime Porta infatti non trattava coi Governi esteri, ma coi rappresentanti dei portatori. E l'E. V. nel definire nel suo riverito dispaccio del 31 dicembre N. 752 (4) l'appoggio che la R. Legazione poteva dare al Signor de Tocqueville. aggiungeva « tale appoggio non dovere contenere una adesione implicita a transazioni onerose pei creditori del Governo Turco, giacché per acconsentire a siffatte transazioni, come per respingerle, il R. Governo non aveva mandato dai numerosi creditori Italiani della Turchia». Io non aveva dunque la facoltà di trattare a nome dei detentori Italiani, però non dubitai che essi si adoprerebbero senza indugio affine di prendere quelle misure che reputerebbero convenienti in ordine ai rispettivi interessi.

Ed ora ci troviamo innanzi al fatto compiuto. L'E. V. mi significava pel suo dispaccio sovramenzionato «dovere io insistere affinché non abbia ad intervenire combinazione alcuna, circa il debito Ottomano, senza la partecipazione nostra». Senonché, siccome l'E. V. conosce, la combinazione era presso che intesa quando io giunsi in questa residenza, sebbene non fosse conosciuta per

ché i relativi negoziati erano stati condotti col più grande segreto; né era presente alcun mandatario dei detentori Italiani. Ed ora, il Signor di Tocqueville avendo trovato a Parigi i capitalisti disposti a fornire il nuovo imprestito di 200.000.000, l'affare è considerato come fatto, e credo già sia per via la somma che deve costituire la prima rata dell'avanzo.

L'E. V. aggiunge pel medesimo dispaccio che «qualora la combinazione Tocqueville non fosse modificata nel senso da noi richiesto, il R. Governo avrebbe ad appigliarsi senza ,indugio al partito che è additato dalle stipulazioni di Berlino, e dichiarare fin d'ora arbitrarii e privi di efficacia giuridica tutti quegli atti che, all'infuori del nostro consenso, si volessero compiere nella presente

materia~.

Io debbo osservare a questo riguardo che la relativa dichiarazione da me presentata al Congresso di Berlino a nome dell'Italia, della Francia e della Gran Brettagna, ed accettata da tutte le Potenze all'eccezione della Turchia, non costituisce veramente una stipulazione obbligatoria per questa, imperocché essa non contiene che una raccomandazione. Quando infatti io cercai d'intendermi coi miei colleghi di Francia e d'Inghilterra affine di ottenere che il Congresso prendesse in considerazione gli interessi dei creditori della Turchia, incontrai, soprattutto da parte dei Plenipotenziarii Britannici, una assoluta opposizione ad adottare una proposta che imponesse un obbligo qualunque alla Sublime Porta, di modo che la mozione da me presentata fu il maximum che si potè ottenere in seguito alle più calde pratiche da .parte mia, allo scopo di avere l'appoggio delle Potenze più interessate, senza del quale vano sarebbe stato dì chiamare l'attenzione del Congresso sulla materia. Ed i Plenipotenziarii Ottomani si dichiaravano avversi anche all'accettazione della raccomandazione. Per le quali cose è permesso di dubitare se le pratiche che sarebbero iniziate per ottenere l'esecuzione della dichiarazione in discorso potrebbero approdare, massime se non fossero sostenute che da una sola Potenza.

Quanto al dichiarare arbitrarli e privi di efficacia giuridica tutti gli att1 che fossero per compiersi all'infuori del nostro consenso, io sarei a pregare l'E. V. di fornirmi precise istruzioni sul modus procedendi, imperocché, trattandosi d'una questione che implica interessi Italiani di gravissima entità pei quali io non ho alcun mandato, è mio dovere di strettamente attenermi agli intendimenti del R. Governo in proposito anche per quanto riguarda la forma.

Frattanto altri Governi danno segni di volersi muovere in ordine alla presente questione, e gli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia me ne intrattennero ripetutamente. Non credo invero che l'Austria-Ungheria abbia grandi valori impegnati nel debito Turco, ma essa possiede nell'Impero degli interessi industriali di qualche importanza. La Russia invece, in seguito al Trattato testé stipulato colla Turchia, diviene creditrice di questa per più di

800.000.000 e, lasc,iando da banda qualunque considerazione politica, non può essere indifferente all'avvenire delle finanze Ottomane. Il Principe Lobanow mi suggeriva anzi di esercitare un'azione comune in proposito, ma io non giudicai opportuno di impegnarmi in siffatta vi asenza che ne avessi analoghe istruzioni dall'E. V. Ed in ogni cosa mi regolerò secondo gli ulteriori ordini che essa crederà conveniente d'impartirmi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 264. (3) -Cfr. nn. 277 e 302. (4) -Cfr. n. 181.
327

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 284. Cairo, 19 febbraio 1879, ore 14,10 (per. ore 16,55).

Sur déclaration formelle vice-roi qu'il ne peut pas gouverner avec Nubar pacha, sur refus de Nubar pacha d'admettre vice-Toi présider Conseil des ministres, sur initiative agents diplomatiques anglais, français, Nubar pacha a donné démissions qui ont été acceptées par vice-roi.

328

IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, DE GUBERNATIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 294. Prevesa, 19 febbraio 1879, ore 23 (per. ore 23,40 del 20) (1).

J'ai reçu la visite de quelques grecs et de nombreux chefs albanais. J'ai vu Mouktar pacha et Constant pacha. J'ai pris ensuite d'autres informations sérieuses sur l'effervescence qui existe et elle constitue un véritable danger. Elle était cependant plus vive, il y a quelques jours, et elle a été calmée par les assnurances de Mouktar pacha, ainsi que par les promesses des chefs de prendre toutes les mesures si une partie de l'Epire, notamment Janina, et la vallée du Kalamas étaient abandonnées aux grecs. On se prépare sérieusement à la résistance. Les bataillons de l'armée régulière sont presque entièrement albanais et ont déjà cho1si leurs otnciers. On n'attend que le mot d'ordre pour se prononcer quand la cession aura lieu. Plus de 60 chefs de diffèrents districts sont ici. L'Albanie moyenne y est toute représentée, la haute agit de Prisrendi par lettres et promet tout son concours. J'ai lieu de croire qu'aucun désordre prématuré n'est à craindre. On sent une direction décidée à ne rien confl.er au hasard, mais en méme temps décidée à une guerre à outrance. Le maréchal en me dessinant la situation m'a dit que toute cession en Epire lui parait impossible et qu'il préfère conseiller de céder davantage en Théssalie pour éviter conflit. Je crois qu'il l'a écrit à Constantinople. De mon còté, j'ai conseillé aux chefs que je connais particulièrement de ne suivre que Ies moyens légaux, d'inspirer le calme, d'éviter tout conflit. Ils ont promis de suivre ce conseil, tout en déclarant qu'ils sont préts à tout extrème si l'Europe les abandonne. Il y a un immense réveil des esprits. Ils se sentent écrasés entre les grecs et les slaves, sans espoir dans le sultan. Ils rèvent à une autonom~e et souvent ils font des allusions à une occupation italienne. Je me réserve de vous envoyer le détail de mes observations par le courrier prochain du 23 février.

(l) Il telegramma venne trasmesso tramite la legazione a Costantinopoli.

329

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1012. Vienna, 19 febbraio 1879 (per. il 22).

Il nuovo Ministero presentavasi ieri alla Camera dei Deputati ed il Dottor Stremayr che ne regge la Presidenza svolgeva un breve programma sull'attività politica che il Gabinetto si propone spiegare. In quel discorso essenzialmente domina l'idea che l'attuale Camera, essendo presso al termine del suo mandato, al nuovo Governo spetta unicamente il dovere di provvedere acché i lavori parlamentari non siano interrotti e di vegliare acché la trasmissione dei poteri dall'attuale assemblea alla futura, la cui composizione è ancora una incognita, si faccia senza incontrare ostacoli. Poscia, dopo d'avere accennato all'urgenza di votare i bilanci ed i progetti di legge che vi si connettono, il Dottor Stremayr toccò nel modo seguente alla questione Ori:entale, che a tutte le altre si impone in questo momento nelle sfere parlamentari:

«A riguardo dei nostri rapporti coll'Oriente che toccano sì da vicino la nostra vita politica, il Trattato di Berlino ha creato una base ben nettamente fissa. Foggiandosi su questa il Governo considera siccome suo dovere di vigilare, acché l'eseguimento degl'impegni assuntisi dalla Monarchia al Congresso di Berlino, locché è competenza del Ministero comune, addivenga sotto ogni rapporto colla massima economia possibile. (Applausi) ; d'allontanare ogni pericolo di complicazioni costituzionali e d'evitare per quanto sarà compatibile coll'onore e la sicurezza della Monarchia nuovi sacrifizi ».

Ho sottolineato quest'ultima frase che destò assai viva impressione e che è diversamente commentata, tanto più ch'essa ha molta analogia con quella della «tutela degl'interessi della Monarchia», sempre messa innanzi dal principio delle complicazioni Orientali e di cui il Governo si valse costantemente per giustificare, a cose fatte, l'azione spiegata.

330

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 23. Tunisi, 19 febbraio 1879 (per. il 23).

Due giorni sono mi procurai una udienza dal Bey per parlargli un poco più estesamente delle cose del Paese di quello che non mi fosse stato concesso in altra occasione.

Io aveva inteso ripetere da varie parti che la cattiva amministrazione, e gli abusi che si commettono nell'interno indispongono assai gli abitanti, e che potrebbero anche in un dato momento dar luogo a disordini a danno della dinastia.

Precedentemente mi era occorso di farvi allusione nell'intrattenermi col Primo Ministro, Ben Ismail, a cui del resto si fa carico dello stato attuale delle cose, e non volevo lasciare di metter il Bey stesso in avvertenza onde pensasse a far si che gli abusi cessassero, e la giustizia si amministrasse imparzialmente.

Sua Altezza, come è noto, non ha soltanto una personale simpatia marcatissima per Mustafa Ben Ismail, ma ne subisce talmente il prestigio che non saprebbe ammettere il minimo dubbio circa alla sua onestà ed ai talenti di cui lo crede fornito. La conversazione ebbe luogo secondo il vizioso costume che si ha in questa Corte, alla presenza del Primo Ministro medesimo.

Dopo aver accennato ad alcune generalità ed aver insinuato a Sua Altezza secondo lo spirito del riverito dispaccio dell'E. V. del 18 gennajo n. 5 (l) di usare ogni circospezione negli atti del suo governo, onde non trovarsi troppo facilmente in presenza di dimcoltà internazionali, gli feci intendere che un modo per lui emcace di interessare le Potenze a proprio favore sarebbe quello di mostrarsi sollecito del bene del Paese, cercando di eliminare ogni causa di malcontento delle popolazioni e di spingerle sulla via del ,progresso.

Sua Altezza mi osservò che i mezzi troppo limitati di cui dispone gl'impediscono di tradurre in atto le sue migliori intenzioni, ed io gli replicai che pur non abbondando di mezzi materiali nulla ostava a che cercasse di introdurre nella pubblica amministrazione maggior regolarità e giustizia, togliendo al popolo ogni motivo di dolersi. Egli allora soggiunse che il suo governo ha già fatti notevoli passi su questa via, che del resto l'amato Ministro ivi pre8ente era tutto intento ad applicare utili riforme rendendosi sempre più degno della fiducia sovrana, dovutagli inoltre per meriti molto superiori a quelli dei suoi predecessori che egli possedeva.

A questo punto il colloquio doveva necessariamente prendere un'altra direzione onde togliergli per parte mia ogni significato di ostilità personale verso Ben Ismail, e perciò lo continuai diffondendomi sopra altri argomenti, quali per esempio la necessità di provvedere al buon mantenimento dei mezzi di comunicazione, all'educazione della gioventù, alla pubblica beneficenza, e nel momento attuale, a rendere sempre meglio adatto il Lazzaretto di Porto Farina ad un conveniente servizio di contumacia per le provenienze da paesi infetti. II Bey accolse con molta cortesia e con visibile benevolenza le mie osservazioni, si espresse in termini di viva simpatia per l'Italia e pel suo Governo, ed indi mi accomiatai.

L'impressione che mi restò da questo abboccamento si è, che Mohamed Sadik ha dovuto esser sempre uomo di limitata intelligenza; che ora l'età e le circostanze hanno assai sfavorevolmente influito sul suo morale, e che Mustafa Ben Ismail accorgendosene ha saputo imporglisi in guisa da sottometterlo interamente alla propria volontà. Perciò se questo Ministro persiste a non esercitare l'autorità di cui è investito, come la pubblica opinione lo accusa, che a proprio vantaggio, rischia di esporre il Bey a complicazioni interne, le quali saranno avidamente sfruttate da chi agogna di vedere la Reggenza in preda all'anarchia per aver un pretesto di accorrere a ristabilirvi l'ordine.

(l) Non pubblicato.

331

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 102. Roma, 20 febbraio 1879, ore 10,30.

Gouvernement du Roi est vivement ému pour les nouvelles que vous lui avez communiquées (1). Il n'y a aucune raison pour intervenir entre le Vice Roi et ses ministres. Il doit cependant constater toute la gravité des déclarations du Khedive et il en prend acte pour ce qui concerne l'incolumité des nombreux intérets italiens en Egypte qui seraient menacés par un état de choses que tous les Gouvernements amis de l'Egypte ne peuvent que déplorer. Vous etes autorisé à donner communication verbale de ce télégramme au Vice Roi et déclarer à Son Altesse que le Gouvernement italien est disposé à lui preter non seulement tout son appui moral pour la réorganisation du Gouvernement, mais aussi à lui offrir le concours que jusqu'ici nous lui avons offerrt et qu'il n'a pas cru devoir accepter. Je vous prie dans le cas où surgirait une nouvelle combinaison dont l'ItaHe serait exclue, de faire entendre énergiquement à Sou Altesse que l'Italie ne saurait plus accepter une position qui ne lui assure pas une parité de position avec la France et l'Angleterre.

332

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 103. Roma, 20 febbraio 1879, ore 10,30.

J'ai reçu le télégramme (2) par lequel vous m'annoncez que la Sublime Porte vient de demander aux Gouvernements français et anglais les deux hommes spéciaux qui, conformément à la convention Tocqueville doivent faire partie de la commission chargée d'organiser et administrer les contributions concédées. En présence de ce fait, je vous prie d'adresser immédiatement à la Sublime Porte une note pour déclarer que jusqu'à ce que la commission internationale visée par le protocole XVIII de Berlin n'aura pas été convoquée et qu'elle n'aura pas présenté ses conclusions, le Gouvernement du Roi ne saurait, dans l'intérét des porteurs italiens des titres de la dette ottomane, admettre ni une réduction quelconque, ni aucun détournement des revenus alloués comme garantie spéciale de ces titres (3).

(l) -Cfr. nn. 323 e 327. (2) -Non pubblicato.

(3) Con t. 297 del 21 febbraio Corti annunziò di aver pre~entato la nota alla Sublime Porta.

333

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 769. Roma, 20 febbraio 1879.

Col suo Rapporto politico n. 2239, in data 4 corrente (1), l'E. V. mi teneva discorso delle affermazioni della stampa ufficiosa di Berlino e di Vienna, relative a certi negoziati allora in corso tra la Germania e l'Austria-Ungheria per la stipulazione di un trattato, inteso ad abrogare l'articolo V del Trattato di Praga.

Il R. Governo non può se non approvare interamente l'estrema riserva da Lei osservata con codesto Segretario di Stato per rispetto ad una questione, di cui il Gabinetto di Berlino si è sempre mostrato geloso verso le altre Potenze.

Ora che l'abrogazione del sovrindicato articolo del Trattato di Praga è stata tradotta in atto mercé la Convenzione di Vienna del di 11 ottobre 1878, non poche sono le considerazioni che si van facendo per la stampa circa i motivi, che suggerirono ai due Stati contraenti di proc·edere ad una simile stipulazione. Come l'avrà notato l'E. V., a noi riesce alquanto singolare la persistenza con la quale i giornali più autorevoli di Germania e di Austria affermano che la precitata Convenzione di Vienna nasconda secondi fini, e che forse la concessione stipulata dall'Austria in favore della Germania sia destinata a serviTe di ricompensa per futuri servigii che la seconda di queste Potenze potrà rendere più tardi alla prima.

Certamente questa supposizione merita di formare l'oggetto delle nostre meditazioni, come pure porgerà all'E. V. l'opportunità di rivolgere le sue indagini verso questo nuovo campo d'osservazione. Ciò nondimeno noi duriamo fatica ad accogliere siffatta supposizione, in quanto che, a giudizio nostro, l'abrogazione dell'art. V del Trattato di Praga non avendo per se stessa alcun pratico valore non poteva essere riputata atta a servire di contracambio di veri servigii.

334

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1407. Costantinopoli, 20 febbraio 1879 (per. il 28).

Oggi il Ministro degli Affari Esteri si trasferiva a questa R. Legazione, e mi esponeva quale sarebbe la proposta che la Sublime Porta intenderebbe fare riguardo alla rettificazione della frontiera Greca. Essa consisteva in una linea che, incominciando da un punto sul golfo di Volo situato a mezzogiorno della città di Volo verso Akkecili, segue una direzione occidentale piegando legger

mente verso ti.l mezzogiorno, passa al di sotto di Demoko, si dlrige indi verso il nord-ovest per Vacunia, raggiunge il fiume Arta nei dintorni di Brendiska e lascia il fiume verso Peta, donde va ad unirsi alla attuale frontiera Ellenica, non lungi dal golfo di Arta.

S. E. si faceva poscia a domandarmi se credevo che il R. Governo sarebbe disposto a sostenere questa proposta della Sublime Porta. Risposi, non indugerei a portare la sua comunicazione alla conoscenza del R. Governo. Ed insistendo

S. E. per avere la mia opinione personale sulla questione, risposi non potere a meno di dichiarargli francamente che la proposta della S. Porta non mi sembrava seria, imperocché la differenza fra la frontiera ora messa innanzi da essa e quella designata dalle Potenze al Congresso di Berlino era tale che essa non poteva fornire alcuna probabilità di condurre ad un risultato positivo. Mi riservai di comunicare a S. E. quelle comunicazioni che mi sarebbero venute da parte del R. Governo sulla materia.

Analoga comunicazione faceva il Ministro degli Esteri agli Ambasciatori delle altre Potenze firmatarie, e credo da nessuno di essi ricevesse favorevole accoglienza.

La sola spiegazione che può darsi di queste nuove pratiche si è che la Sublime Porta voglia sempre più dimostrare l'unanime volontà d'Europa affine di pesare efficacemente sopra agli elementi che tuttavia fanno energica opposizione alle concessioni richieste (l).

(l) Cfr. n. 275.

335

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 963. Bucarest, 20 febbraio 1879 (per. il 25).

Man mano che mi pervenivano, io mi affrettava di dar lettura al Signor Campineanu dei pregiati dispacci di questa serie nn. 205, 208, 213 e 214 (2).

Io era tanto più sollecito di dare immediata contezza a questo Governo del modo di vedere dell'E. V. nelle questioni del confine fra la Dobrugia e la Rumania e dell'occupazione di Arab Tabia per parte delle truppe principesche, che i dispacci di V. E. confermavano autorevolmente ciò che fin dal bel principio mi era fatto lecito di dire a mo' di apprezzamento puramente personale a questi Ministri su tal soggetto. Che, cioè, il contegno adottato dalla Rumania per una vertenza che doveva essere prossimamente regolata per le vie diplomatiche, e per la quale le due potenze interessate potevano intanto adottare un modus vivendi, non avrebbe mancato di soUevare una penosa questione di amor proprio.

Ad onor del vero debbo però rilevare che nel fatto dell'occupazione di Arab Tabia le truppe rumene non erano mai trascese ad un atto qualsiasi di aggressione. Procedendo da Mangalia in su. e seguendo il tracciato della Commis

sione Europea, i rumeni presero possesso di Arab Tabia senza alcun contrasto e senza nemmeno una protesta da parte del Comandante russo di Silistria. Una tal circostanza vennemi affermata dallo stesso Ministro di Russia a Bucarest, il quale aggiunsemi che il Generale Totleben fu il primo ad attirare l'attenzione del Governo dello Czar su tale occupazione.

Quando ebbi in seguito a scorgere che la parola di V. E. trasmessa a Bucarest, sia per mezzo mio come pel mezzo del Signor Obedenare, aveva per effetto di richiamare gradatamente il Gabinetto principesco ad un più savio apprezzamento delle cose, colpii il 16 volgente l'occasione dell'arrivo del dispaccio ministeriale n. 213 per chiedere al Signor Campineanu di dargliene lettura in presenza del Presidente del Consiglio. Ad entrambi non nascosi in questa conferenza che essi erano ancora in tempo per ritirarsi dal mal passo. L'indomani sarebbe forse già tardi.

Al Signor Bratiano che mi chiese se poi, dopo l'eventuale ritiro delle truppe rumene da Arab Tabia, il Governo italiano impedirebbe la Russia di occupare questo punto, risposi parermi molto verosimile che il Gabinetto di Roma facesse intendere all'ora presente anche a Pietroburgo sensi di conciliazione.

I Ministri mi espressero allora il desiderio di avere una copia del cennato dispaccio dell'E. V. al che non potetti aderire in difetto di autorizzazione; ma ben comprendendo che essi erano sul punto di cedere, e che desideravano giustificare in alcuna guisa il loro procedere vis-à-vis del parlamento, promisi al Signor Campineanu di scrivergli, e gli mandai la sera stessa la lettera affatto privata di cui unisco la copia (l).

Oggi poi essendomi di nuovo recato al Ministero degli Esteri per comunicare ai Ministri il contenuto dell'altro dispaccio n. 214, giuntomi or ora, il Signor Campineanu mi ha detto che in seguito ai consigli porti da V. E. ai Signori Rosetti ed Obedenare, il governo principesco ha fatto ritirare ieri sera le sue truppe da Arab Tabia. Ma il Gabinetto di Bucarest ha diritto a sperare che questa località non venisse nemmeno occupata dalle truppe russe, e che nessuna obiezione sarà sollevata contro la presenza sul confine (Dobrugia Bulgaria) delle autorità doganali e civili rumene. Il Ministero di Sua Altezza Reale si lusinga inoltre che la questione non rimarrà pregiudicata dalla deferenza da essi mostrata ai consigli dell'Italia, e che l'Europa vorrà dal suo canto confermare il tracciato della Commissione europea. «I consigli che il Cavalier Depretis ci ha dati e che abbiamo seguiti, così ha finito il Ministro, non possono insomma non legarlo verso di noi nel senso di trovar modo d'impedire anche alla Russia di occupare Arab Tabia ».

Mi son rallegrato col Signor Campineanu della decisione presa dal suo Governo, e l'ho accertato che ne avrei tosto dato contezza a V. E. cui avrei scrupolosamente riferito le di lui parole.

E così ho fatto col telegramma (2) che ho avuto l'onore di dirigere or ora al R. Ministero. Ma fummo poi noi veramente soli a far prevalere a Bucarest in questo incontro consigli di moderazione e di saggezza?

(l) -Con t. 206 del 22 febbraio gli ambasciatori a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna vennero invitati a far conoscere il pensiero del varii Governi circa la linea di frontiera proposta dalla Turchia. (2) -Cfr. n. 294; gli altri dispacci non sono pubblicati. (1) -Non si pubblica. (2) -T. 292, non pubblicato.
336

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 298. Cairo, 21 febbraio 1879, ore 12,50 (per. ore 17,45).

Le Vice-Roi engagé avec les collègues d'Angleterre et de France de ne pas réorganiser son Gouvernement avant de connaitre l'intention de leurs Gouvernements. Les collègues n'ont rien reçu jusqu'à présent. Je crains qu'une nouvelle combination puisse etre établie entre Londres et Paris en dehors du Vice-Roi, comme l'autre fois. J'exécute fidèlement instructions que vous m'avez télégraphiées (l) quoique l'effervescence existe encore dans l'armée. Sécurité publique garantie si l'on maintient intacte autorité du Vice-Roi. Collègues anglais français ont demandé bàtiments de guerre.

337

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 105. Roma, 21 febbraio 1879, ore 23,50.

Notre agent à Bukarest mande (2) que, dèférant aux conseils des Puissances, le Gouvernement princier vient de retirer ses troupes d'Arab-Tabia. Il espère cependant que ce fort ne sera pas occupé non plus par le troupes russes et qu'il lui sera permis de maintenir ses agents civils et douaniers le long de la ligne de frontlère tracée par la commission européenne. Le Cabinet de Bukarest ayant fait appel, à cet effet, à nos bons omces, je prie V. E. de vouloir bien renouveler, auprès du Gouvernement imperia!, l'expression de notre confiance qu'il voudra faire, à cette occasion, preuve de modération et d'un esprit concìliant. En attendant que la question de la frontière soit définitivement réglée, une ligne quelconque doit cependant toujours marquer la limite de la juridiction roumaine en matière de douane et de police. Il parait donc naturel que cette ligne soit, pour le moment, celle pour laquelle la commission européenne s'était prononcée. Nous serions heureux de voir toute cause de conflit écartée gràce à la condescendance mutuelle des deux parties.

338

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 770. Roma, 21 febbraio 1879.

Le notizie fornitemi dall'E. V. col suo rapporto politico n. 2240 (3) e quelle riferitemi dal R. Ambasciatore in Vienna (4) circa il significato intrinseco della

(-4) Cfr. n. 296.

recente convenzione Austro-tedesca farebbero credere all'es~stenza di una alleanza stretta fra la Germania e l'Austria-Ungheria che oggi si avrebbe motivo di tener segreta.

Quel desiderio esplicitamente manifestato dai due Governi, di voler rendere ancora più stretti i vincoli esistenti fra i due paesi potrebbe difatti racchiudere in sé un'alleanza austro-germanica. Anche come semplice supposizione questo punto merita di essere studiato con la maggiore diligenza per potere con tutta sicurtà renderei conto del vero stato delle cose.

Un'alleanza come quella di sopra additata avrebbe una importanza tutta speciale per noi. Non si può infatti non riconoscere che ad un momento dato gravissime potrebbero esserne le conseguenze per rispetto a noi; né possiamo nasconderei che essa sarebbe tale da esercitare una sensibile influenza sull'indirizzo generale della nostra politica estera.

Non saprei quindi raccomandarle abbastanza di voler mettere in opera tutta la sua solerzia per rassicurarci circa l'esistenza di un fatto così grave (1).

(l) -Cfr. n. 331. (2) -Cfr. n. 335, nota. 2, p. 232. (3) -Cfr. n. 281.
339

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2251. Berlino, 21 febbraio 1879 (per. il 25).

Dans les sphères oftìcielles de l'Empire prévalent en ce moment les questions d'ordre intérieur, et en première ligne les réformes économiques. Sur ce point les divergences sont encore très grandes, mais il est à supposer qu'un examen approfondi amènera le Reichstag à se piacer sur le terrain pratique et à reconnaitre que la législat!on douanière d'un Etat ne saurait ètre ni absolument libre échangiste, ni protectionniste quand mème. L'essentiel en effet n'est pas de faire triompher une doctrine jusque dans ses dernières limites, mais de discerner dans quelle mesure et dans quelles conditions, des 1ntérèts différents, souvent tous également légitimes, peuvent ètre sauvegardés au profit de la société en général. Au reste, le Prince de Bismarck est fermement résolu à user de toute son infl:uence pour gagner une majorité à ses projets, et au besoin, j'en suis convaincu, il ne reculerait pas devant une dissolution du Parlement.

Quoi qu'il en soit, l'attention, comme je viens de le dire, se portant presque

exclusivement sur la question intérieure il est assez malaisé de glaner sur le

champ de la politique étrangère. II est vrai que sur ce terrain les choses mar

chent assez régulierèment. Les détracteurs systématiques du Traité de Berlin

doivent retirer ou ajourner une partie de leurs censures. La remise de Pod

goritza aux Monténégrins, la signature du Traité Russo-Turc du 8 février,

l'évacuation déjà commencée de la Roumélie turque, la nouvelle parvenue ici

hier que la Roumanie consent à retirer ses troupes du fort d'Arab-Tabiah en laissant ainsi à l'Europe le soin de régler déftnitìvement un incident qui menaçait de rprendre des proportions très graves; ces différents faits indiquent une amélioration sensible de la situation. Un instant on avait craint ici que le sanglant échec subi par l'expédition anglaise contre les zoulous, ne réveillerait à Pétersbour:g quelque velléité de susciter de nouveau embarras à la Grande Bretagne. Heureusement il n'en a rien été, et le Prince de Bismarck estime que, pour le moment, la paix européenne est assurée.

Pour ce qui concerne les rapports entre l'Allemagne et la France, il ne prévoit pas non plus de danger dans les conditions présentes, aussi longtemps du moins que le Président et l'administration actuelle y resteront au pouvoir, et sauront résister au courant du radicalisme qui se dessine si nettement dans les exigences se rattachant au projet de loi sur l'amnistie. Le Chancelier reconnait à M. Grévy les hautes qualités de son caractère. C'est un honnete homme, mais pour suppléer à la faiblesse de la position qu'il occupe, il lui manque le prestige qui est une des forces des grandes personnalités et que chaque peuple aime à retrouver dans le chef de l'Etat. Il reste d'ailleurs à savoir comment ce choix a été accueilli par l'armée. Quant à M. Waddington, le nouveau Président du Conseil, il a fait ses preuves lors du Congrès, et le Comte de St. Vallier depuis peu de retour de Paris, ne cesse pas de rappeler ce précédent pour démontrer que les rélations étrangères ne pourront qu'en profiter.

Tout dernièrement M. de Biilow m'a dit avoir lu avec beaucoup d'intéret les principaux discours prononcés à notre Chambre des députés à l'occasion du budget des Affaires Etrangères. Il avait constaté une fois de plus combien le langage de V. E. avait été là, comme au Senat, des plus corrects. De mon còté, j'ai lu attentivement ces débats dont il se dégage deux points sur lesquels tous les partis sérieux sont d'accord, à savoir: perséverer dans une politique pacifique et veiller à la stricte exécution du Traité de Berlin. C'est là certainement en termes généraux un programme très sage, et V. E. saura le completer par ses instructions pour que, dans l'attitude de notre dirplomatie, il n'y ait ni malentendu sur notre politique, ni équivoque sur nos intentions, ni incertitude sur nos moyens d'action.

Il eut été peut-etre plus généreux, plus opportun de relever davantage la participation de nos plénipotentiaires au Congrès. C'·eut été l'occasion de prouver à l'étranger que le Ministère présidé par V. E. ne pensait pas autrement sur ce sujet que la France et l'Allemagne dont les représentants à cette époque avaient eu la meme conduite à laquelle chacun a su rendre justice. Pour ce qui me regarde, j'avais •prévu certaines déceptions. Si j'ai accepté, sans l'avoir jamais sollicité, la mission de plénipotentlaire, c'est parcequ'on ne refuse pas d'aUer sur la breche au risque méme d'y tomber. J'ai la conscience d'avoir rempli mon devoir, envers le Roi et le Pays. Je suis convaincu que si un jour le Gouvernement autorise la publication des dépéches de ces dernières années, la postérité trouvera dans ma correspondance des arguments sutllsants à me décharger. Il ne m'appartient pas de faire un poco più di luce, lors meme que les données connues et ·inconnues ne fassent certes pas défaut.

(l) Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Vienna col n. 685.

340

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. 145/202. Londra, 21 febbraio 1879 (per. il 24).

La notizia della caduta di Nubar Pascià ha destato non poca emozione in Londra e specialmente nel mondo finanziario. Le voci sono unanimi per accagionare il Kedive stesso della dimostrazione e delle aggressioni che ebbero luogo contro i proprii Ministri.

Lord Salisbury mi disse ieri di non avere ricevuto alcuna altra notizia dell'accaduto, all'infuori di quella riferita dai telegrammi del Times; né gli risultava che il Signor Rivers-Wilson si fosse definitivamente ritirato.

Si tenne in molta riserva circa le conseguenze possibili di quell'avvenimento, imperocché la quistione si complica degli interessi dei creditori Inglesi, ch'è d'uopo tutelare, e dell'influenza che l'Inghilterra vuole esercitare sull'Egitto, la quale le è contrastata da tendenze consimili della Francia.

Già si sapeva che il Kedive odiava Nubar Pascià, ma si sperava ch'egli avesse maggior prudenza e minor premura di liberarsi dal Capo dell'Amministrazione, in mano della quale era stato costretto a consegnare la gerenza delle sue finanze e parte del suo potere assoluto. Si pretende e si stampa ch'egli sia stato spinto a provocare quella vera rivoluzione da un Console o Agente straniero di cui non si dice il nome.

Comunque sia, i portatori di titoli Egiziani, Inglesi che figurano per una rendita annua considerevole a carico del tesoro del Kedive, non vedono con indifferenza i loro crediti messi a repentaglio da tali rivoluzioni autocratiche, come le chiamano.

Gli interessati all'imprestito Rothschild vogliono egualmente venire a capo di quell'affare con proprio vantaggio, per cui non mancano le minacce contro il Kedive al quale, nei giornali, si ricorda, in tutti i toni, che la di lui persona non è necessaria per la felicità di quel paese, e che non vi è tollerato che a condizione di tenere una buona condotta (« good behaviour ~).

Dalle poche parole che mi disse in proposito Lord Salisbury non pare che egli tenga molto al mantenimento della sovranità del Kedive; se non che sta di mezzo la questione dell'influenza e del chi, o cosa, sostituirvi.

Alcune persone bene informate mi dicevano ieri che nel fatto della caduta di Nubar Pascià si deve scorgere il risultato di una scaltra speculazione del Kedive il quale, come già egli fece altra volta, tenta di provocare un abbassamento considerevole del prezzo della rendita Egizia ch'egli comprerebbe poscia sottomano, per farla quindi rialzare con nuove promesse di buona e regolare amministrazione.

Il fatto non è impossibile imperocché si assicura che il Kedive è versato assai in tutte le arti dell'agiotaggio ed è in contatto con gente che possono all'uopo guidarlo in quel genere d'affari.

Ho creduto di dover riferire a V. E. queste voci che circolano intorno al nuovo incidente Egizio. del quale probabilmente fra poco si paleseranno le conseguenze.

341

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 302. Costantinopoli, 22 febbraio 1879, ore 0,30 (per. ore 11,20).

La Sublime Porte a reçu télégramme de son ambassadeur à Paris portant que M. Waddington venait de lui signifier que le Gouvernement français ne connaissait pas l'affaire Tocqueville et que celui-ci colportait un contrat qui rencontrait peude confiance auprès des maisons sèrieuses. A la bourse de Galata aujourd'hui on avait très-peu de confiance dans la réussite de cette affaire. Le ministre des affaires étrangères a répondu à Graziani qu'H répondrait incessamment à notre note (1).

342

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 304. Pietroburgo, 22 febbraio 1879, ore 13,10 (per. ore 20,30).

J'ai porté à la connaissance de M. de Giers télégramme de V. E. d'hier (2), concernant différend russo-roumain, et j'ai fait appel au nom du Gouvernement du Roi à la modération du Gouvernement russe. M. de Giers m'a répondu que le Gouvernement russe met dans cette question toute la modération possible, mais qu'il ne pouvait consentir à ce que le point contesté à l'Est de Silistrie soit soumis d'une façon quelconque à l'autorité roumaine, mème purement civile et douanière. S. E. m'a dit que les troupes russes ont occupé ArabTabia dans le but d'opérer démolition de ce fort qui a déjà commencé. Ratifications du traité de paix ont été échangées hier. Retraite des troupes russes se poursuit depuis 4 jours.

343

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 305/224. Londra, 22 febbraio 1879, ore 17,45 (per. ore 21,15).

Hier j'ai expédié à V. E. un rapport (3) sur la première impression produite en Angleterre par la chute inattendue de Nubar pacha. Aujourd'hui l'opinion publique se prononce plus vivement que jamais contre le Vice-Roi qu'on accuse hautement d'avoir comploté contre son premier ministre qui avait

pour mission de mettre un terme aux dérèglements de son Gouvernement. Mais ici on ne parait pas d'humeur à se laisser jouer ainsi. Trop d'intérets sont engagés en Egypte, et le Vice-Roi aura à rendre compte de cet événement. En attendant, je recommande à l'attention de V. E. le numéro d'aujourd'hui du Times qui rapporte l'importante discussion qui a eu lieu à ce sujet dans la Chambre des Communes et qui a en outre une correspondance de Paris dans laquelle il est dit qu'un de ceux qui ont principalement encouragé Vice-Roi à l'acte dont on l'accuse est le consul italien au Caire qui aurait été induit par le mécontentement qu'avait causé exclusion de l'Italie du Ministère egyptien. Je prie V. E. de me mettre au plus tòt à meme de démentir cette assertion, ou tout au moins d'en dégager responsabilité de notre Gouvernement, afin de détruire impression défavorable qu'une telle assertion ne peut manquer de produtre dans un pays où le Times est une puissance (l).

(l) Cfr. n. 332, nota 2.

(2) C!r. n. 337.

(3) Cfr. n. 340.

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 779. Roma, 22 febbraio 1879.

La ringrazio in special modo delle notizie e delle considerazioni svolte nel pregiato rapporto del 4 di questo mese, n. 1385 (2), rispetto alle cose della Rumelia Orientale.

Le difficoltà che si esperimentano nella applicazione del Trattato di Berlino a quella regione formano il soggetto di generali apprensioni. Sarebbe però meno agevole il trovare un rimedio alla situazione benché questo sia ormai nella previsione comune dei Gabinetti. Noi non abbiamo finora ricevuto proposizioni formali al riguardo. Le tradizioni ed i principii della politica italiana ci porterebbero come sempre a professare a preferenza d'ogni altro il principio di non intervento. Le situazioni reciproche stabilite dal Trattato di Berlino fra la Turchia e le sue popolazioni della Rumelia debbono essere rispettate, ma non guarentite dai contraenti di quel trattato; dalla Russia come dagli altri. A noi sembrerebbe che altro miglior consiglio non potrebbe prevalere all'infuori di quello che consisterebbe nel lasciar che le relazioni del Governo Ottomano con i suoi amministrati trovino un regolare assetto all'infuori di ogni nuova intervenzione straniera.

La S. V. Illustrissima accenna altresì nel suo rapporto a più radicali concetti. Avverto a questo proposito che a noi non è stata fatta proposta alcuna di una eventuale revisione delle disposizioni del trattato; sulla quale proposta converrebbe anzitutto, quando ci venisse fatta, che da noi si esaminasse la questione preliminare della opportunità e della convenienza della medesima.

Intanto, delle idee svolte nel presente dispaccio circa le condizioni presenti e prevedibili della Rumelia orientale, Ella potrebbe, eventualmente, valersi come di norma del suo linguagg:o.

(l) -Per la risposta cfr. n. 347. (2) -C!r. n. 278.
345

IL CONSOLE GENERALE AD ALGERI, VICARI DI SANT'AGABIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. S. N. Algeri, 22 febbraio 1879 (per. il 27).

Il Generale Chanzy, fatto segno, dalla maggior parte dei Giornali della Colonia, ad accuse violente, sovente infondate od esagerate, ed abbandonato dai diversi partiti, da lui a vicenda accarezzati, dovette rinunciare al Governo dell'Algeria, la più alta carica dello Stato dopo quella di Presidente della Repubblica, ed assicurasi sia nominato Ambasciatore a Pietroburgo.

Devo però soggiungerle che, durante la sua amministrazione, egli mostrassi avverso al nome ed agli interessi italiani, fece ogni sua mossa per toglierei l'esercizio della pesca del corallo, sempre praticata dagli italiani, ed obbligare i numerosi nostri marinari a prendere la sudditanza francese; soppresse le facilità già accordate ai nostri emigranti, destò i sospetti del Governo della Repubblica sulle pretese mene del Governo italiano nella Tunisia, ed adoperassi, per quanto era in lui, a d~minuire la nostra legittima influenza in quella Reggenza.

346

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 306. Costantinopoli, 23 febbraio 1879, ore 4,35 (per. ore 16,30).

Je viens de recevoir réponse à notre note (1). Ministre des affaires étrangères déclare que la Porte a traité avec le représentant des porteurs, elle a accepté les conditions de garantie demandées par celui-ci. Le choix des commissaires ne pouvant ètre fait directement par les porteurs, on a confié la désignation aux Gouvernement des pays, où ont été contractés les emprunts. Les conditions convenues en faveur des porteurs s'appliquent à toutes les nationalités. S. E. ajoute que ces arrangements n'avaient donc aucun caractère politique du moment que le Gouvernement ottoman s'était entendu avec le représentant des porteurs. Il n'y avait pas lieu maintenant d'envisager la éventualité prévue par le protocole XVIII du congrès de Berlin. S. E. espère

20 -Documenti diplomatici -Serie II -Voi. XI

que les intéréts italiens étant ainsi sauvegardés, le Gouvernement italien acceptera ces mesures avec faveur et que les présentes explications seront jugées satisfaisantes. Les nouvelles de Paris présentent affaire Tocqueville comme presque manquée. Des groupes de haute finance constitués à Paris, se montrent disposés à assumer l'affaire, en formulant des conditions ultérieures. Tout en se basant sur la commission, ils ne voudraient pas contracter des engagements aussi catégoriques au sujet de l'unification de la dette publique et voudraient étre préalablement assurés de la nomination des commissaires de la part des Gouvernements de France et d'Angleterre. Ambassadeur de France continue à appuyer projet Tocqueville, mais Waddington a déclaré à Safvet qu'il désirait que les groupes de la haute finance participent à l'opération, et qu'en ce cas il l'appuyerait auprès du Gouvernement anglais. Un échange d'idées là dessus doit se faire actuellement entre ces deux Gouvernements. Ce sera.t le moment pour nous d'agir à Londres et encore plus à Paris. Il est difficile de rien obtenir ici tant qu'on est seul, et que les parties intéressées ne se sont pas mises d'accord avec ceux qui proposent le nouvel emprunt, la Porte ayant surtout besoin d'argent. Santé publique en Turquie excellente. Egypte répond à demande faite par Gouvernement ottoman qu'il serait disposé à réduire à 5 jours quarantaine si l'Italie et la France admettent cette mesure comme suffisante pour lui donner libre pratique.

(l) Cfr. n. 332, nota 2.

347

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 109. Roma, 23 febbraio 1879, ore 23,55.

v. E. peut démentir de la manière la plus formelle que notre agent au Caire ait eu une part quelconque dans les événements qui ont causé la chute de Nubar pacha (1). Ce n'est qu'après les faits accomplis que le Vice Roi s'est adressé à M. De Martino, faisant appel à son concours et lui déclarant qu'il répondait de l'ordre si on lui laissait librement exercer son autorité. M. De Martino ayant demandé des instructions, j'ai répondu (2) qu'à nos yeux le Vice Roi était toujours seul responsable de l'ordre et que par conséquent notre appui mora! ne ferait pas défaut à l'oeuvre de réorganisation qu'il se propose de mener à bonne fin. L'Italie ayant été complètement étrangère aux dernières combinaisons politico-financierès en Egypte il ne nous appartenait pas de prendre parti, ni pour ni contre le parti démissionnaire. Il est évident d'ailleurs qu'il ne saurait guère étre conforme aux véritables intérets de l'Egypte que de faire une abstraction complète, dans arrangements concernant l'assiette administrative du pays, du fait que l'Italie a dans le viceroyaume des colonies nombreuses et que l'attitude de ces colonies n'est pas sans influence

sur le fonctlonnement des institutions gouvernementales. V. E. pourrait, dans ses conversations avec les ministres britanniques, s'exprimer dans le sens de la présente dépeche.

(l) -Cfr. n. 343. (2) -Cfr. n. 331.
348

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 525. Roma, 23 febbraio 1879.

Sono grato alla E. V. d'avermi riferito, col rapporto del 13 febbraio n. 193 (1), le dichiarazioni da Lei raccolte presso Lord Salisbury rispetto alle cose di Tunisi. Qualora la E. V. avesse l'opportunità di ripigliare il discorso circa lo stesso tema, gioverebbe che Ella non tralasciasse di dire al Principale Segretario della Regina che le sue assicurazioni ed avvertenze ci paiono bensì rassicuranti per il mantenimento dello statu quo in Tunisi; che però, se il pericolo sembra allontanato oggi, potrebbe riaffacciarsi domani. Noi persistiamo a credere che sarebbe nell'interesse comune dell'Italia e dell'Inghilterra di eliminare qualunque dubbio sopra l'uniformità di tali interessi e di accertare il reciproco accordo fra gli altri argomenti, anche rispetto al mantenimento dello statu quo nella Reggenza.

349

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 526. Roma, 23 febbraio 1879.

Il rapporto di V. E. in data del 13 febbraio n. 194 (2), mi ha fornito indicazioni assai preziose circa il pensiero di Lord Salisbury rispetto al miglior modo di provvedere alla pubblica tranquillità, nella Rumelia Orientale, dopo che ne saranno uscite le truppe russe. Le presenti dichiarazioni del nobile Lord ci riescono molto p~ù rassicuranti in confronto di quelle con le quali alludeva, non ha guari, a progetti di occupazione mista. Di questi progetti noi non abbiamo sostanzialmente saputo altro all'infuori di ciò che il Principale Segretario della Regina ne disse, in forma quasi particolare, a V. E. Non abbiamo quindi creduto che in quei discorsi si contenesse una formale proposta.

Siccome però di una tale proposta parlarono i ministri inglesi in Parlamento noi possiamo chiederci se per avventura con altri Gabinetti vi siano state trattative al riguardo. Ci importerebbe di essere informati, in proposito, e probabilmente V. E. ne avrà facile modo.

(l) -Cfr. n. 311. (2) -Cfr. n. 312.
350

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 527. Roma, 23 febbraio 1879.

Mi è stato rimesso il giorno 15 corrente un Memorandum da S. E. l'Ambasc:atore della Gran Brettagna per conoscere se il Governo del Re sarebbe disposto ad appoggiare, tanto a Pietroburgo, quanto a Bukarest, le proposte che intenderebbe fare il Gabinetto di S. James per risolvere il conflitto insorto fra la Russia e la Rumania a proposito della occupazione di Arab-Tabia. La soluzione messa avanti dal Governo della Regina sarebbe la s·eguente:

I Rumeni ritirerebbero le loro truppe ad una distanza di sei chilometri dalla fortezza, e né i russi, né i bulgari la occuperebbero o vi si accosterebbero al di là delle loro posizioni attuali. Gli Agenti doganali rumeni sarebbero lasciati provvisoriamente dove sono ora stabiliti. Questo accordo avrebbe effetto subito, senza aspettare la decisione dei Gabinetti sulla vertenza definitiva.

Ho risposto alla comunicazione di Sir Augustus Paget che, sebbene finora la questione si limitasse a ritirare di due e non di sei chilometri la frontiera all'Est di Silistria, pure il Governo del Re non aveva difficoltà di appoggiare le proposte che il Gabinetto inglese intendesse di presentare in questo senso sia a Bukarest, sia a S. Pietroburgo, essendo un interesse generale d'evitare che l'incidente d'Arab-Tabia fosse causa di rendere difficili i rapporti della Rumania con i suoi vicini di Russia e di Bulgaria.

Dopo tale risposta noi non abbiamo più ricevuta alcuna comunicazione in proposito, né ci venne diretto altro invito di fare i passi di cui è cenno nel Memorandum rimessoci da Sir Augustus Pageot di unire la nostra azione a quella della Gran Brettagna. Nel portare quindi quanto precede a notizia di

V. E. io tengo a constatare quest'ultimo fatto, perché non ci spieghiamo il motivo, per cui, dopo fatte queste preliminari entrature, il Gabinetto di S. James non abbia p~ù pensato a chiedere il nostro concorso per la soluzione di una vertenza di così grave e generale interesse.

351

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 311. Parigi, 24 febbraio 1879, ore 13,30 (per. ore 15,40).

On est d'avis au Ministère des affaires étrangères qu'il n'y a pas lieu de se prononcer sur la question relative à la délimitation de frontière posée à Constantinople au ministre du Roi, suivant télégramme chiffré du 22 (l), car

il convient pour le moment de laisser la Turquie et la Grèce marchander entre elles. Ici on se borne à precher la patience à la Turquie et le desintéressement à la Grèce, en leur recommandant de s'écarter le moins possible des indications que leur fournit le traité de Berlin.

(l) Cfr. n. 334, nota l, p. 231.

352

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 313. Pietroburgo, 24 febbraio 1879, ore 13,30 (per. ore 16,25).

J'ai demandé à M. de Giers l'opinion du Gouvernement russe sur la ligne frontière greco-turque proposée par la Turquie. M. de Giers m'a dit que l'ambassadeur de Russie à Constantinople avait répondu à la communication relative du ministère des affaires étrangères ottoman que d'après le traité de Berlin cette affaire devait etre réglée directement entre la Turquie et la Grèce; ce n'est qu'en cas d'impossibilité d'entente que la médiation des Puissances devra etre invoquée. La Russie aura, camme les autres Puissances, à manifester sa manière de voir, mais jusqu'ici la Turquie et la Grèce doivent traiter directement. M. de Giers pense que cette réponse de l'ambassadeur de Russie sera approuvée par Sa Majesté.

353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 110. Roma, 24 febbraio 1879, ore 18.

J'ai télégraphié, pour la question de la dette ottomane, à nos ambassadeurs à Paris et à Londres (1). Je me réserve de vous donner nouvelles instructions aussitòt que j'aurais sous les yeux la note de la Sublime Porte dont vous m'avez transmis le résumé par votre télégramme d'hier (2). En attendant vous pourriez faire remarquer aux ministres du Sultan, que si la Sublime Porte se propose de faire, à l'égard de sa dette, oeuvre pratique et durable, elle ne devrait pas oublier qu'une partie très-importante de cette dette est placée en Italie et que la convention projetée ne saurait etre légitime que si elle était librement admise par les porteurs italiens qui se préoccupant vivement de leur situation, ont déjà présenté au Gouvernement leurs réclamations. Nous ne pourrions dane admettre une combinaison quelconque si notre participation, soit au travail préliminaire, soit à l'administration des recettes affectées

au service des nouveaux titres, ne sous mettait pas en mesure d'assumer en quelque sorte vis-à-vis des porteurs eux-memes, la garantie du caractère impartial et sérieux de l'opération.

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 359. (2) -Cfr. n. 346.
354

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 315/225. Londra, 24 febbraio 1879, ore 20,26 (per. ore 22,45).

J'ai communiqué aujourd'hui à Salisbury le contenu du télégramme de

V. E. du 22 courant (l), relatif à la délimitation entre la Turquie et la Grèce, proposée par le ministère ottoman. Salisbury m'a répondu qu'une telle proposition serait difficilement acceptée et que la Turquie parviendra peut-etre à garder Janina, mais qu'elle devra céder à la Grèce une grande partie de la Thessalie. Le protocole XIII du traité de Berlin indique les vallées du Peneus et du Kalamas camme les lignes limites des nouvelles frontières et que par conséquent la nouvelle rectification devra aboutir à des points peu éloignés des embouchures de ces deux fleuves. La question à débattre est la ligne à suivre entre ces deux points extremes.

355

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 316/226. Londra, 24 febbraio 1879, ore 20,26 (per. ore 22,45).

Dans la conversation que j'ai eue aujourd'hui avec lord Salisbury, j'ai tenu un langage conforme aux prescriptions contenues dans le télégramme de V. E. arrivé pendant cette nuit damière (2). Lord Salisbury m'a répondu qu'il n'avait accordé aucune créance à la nouvelle donnée par le Times de l'influence qu'aurait exercé notre agent au Caire auprès du Vice-Roi pour amener la chute de Nubar pacha. Il m'a toutefois exprimé sa satisfaction pour le démenti absolu que je lui ai donné de cette nouvelle. En meme temps il m'a dit que le Gouvernement anglais s'était pour le moment borné à envoyer à Alexandrie un vaisseau de guerre et qu'il attendait rapport détaillé sur l'événement en question. Il a ajouté: «L'Angleterre jusqu'ici a soutenu le ViceRoi contre la France qui l'aurait volontiers dépossédé; mais le Vice-Roi joue en ce moment un jeu dangereux qui peut lui étre fatai».

(l) -Cfr. n. 334, nota l, p. 231. (2) -Cfr. n. 347.
356

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 777. Roma, 24 febbraio 1879.

Sono grato assai all'E.V. delle considerazioni svolte nel rapporto del 13 di questo mese n. 2245 Cl), a proposito dell'incidente da ultimo sopravvenuto tra la Russia e la Rumenia.

Già fin da principio notammo che l'Austria Ungheria si era pronunciata, rispetto a tale incidente, in un senso nel quale la Germania non si sarebbe certo pronunciata. Per questo motivo noi abbiamo procurato di accostarci alla Germania nella questione di forma, relativa al modo di revisione della decisione della Commissione, affinché non sembrasse che da noi soli si abbracciasse un partito in opposizione alle idee del Gabinetto di Vienna.

Non è poi stato comprovato col fatto che la raccomandazione fatta alla Russa di astenersi da un'azione militare durante l'esame della questione fosse superflua. Poco mancò che il distaccamento rumeno che presidiava Arab-Tabia non fosse respinto dalla forza. Quel distaccamento avrebbe ricevuto l'ordine di evacuare la posizione quando questa già stava per essere investita da un'intiera divisione russa che era in marcia.

Cosi pure, per chiunque tenga conto della tensione che dopo gli ultimi incidenti andò sempre crescendo fra Russi e Rumeni, non poté sembrare superfluo o fuor di proposito che siano presentate alla Russia raccomandazioni all'oggetto di evitare le complicazioni che potrebbero essere la conseguenza di quella tensione.

357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PARIGI, CIALDINI

D. Roma, 24 febbraio 1879.

Questo Ministero è stato confidenzialmente informato che in seguito agli ultimi avvenimenti di Francia, il Principe di Bismarck avrebbe dichiarato all'Ambasciatore Francese a Berlino che, se la Francia diventasse un pericolo per l'Europa, specialmente al punto di vista repubblicano e socialista, la Germania proporrebbe un'azione collettiva per fare una pressione morale sul Governo della Repubblica. Si riteneva che l'Ambasciatore sarebbe partito per Parigi affine d'informare personalmente il proprio Governo del discorso tenutogli dal Gran Cancelliere.

Questa notizia, se esatta, avrebbe troppa importanza perché il R. Governo non desideri chiarirne il fondamento, ed io mi rivolgo, a tal fine, all'E. V. pregandola a farmi conoscere ciò che può esservi di vero In quella narrazione (2).

(l) -Cfr. n. 310. (2) -Per la risposta di de Launay cfr. n. 391.
358

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 321. Cairo, 25 febbraio 1879, ore 11,50 (per. ore 20,20).

Sur demande Vìce-Roì, collègues anglaìs et françaìs télégraphìent à leurs Gouvernements que Vìce-Roì pour accepter responsabìlìté sureté publìque et marche régulière nouvelle admìnìstration dont la règle seraìt toujours programme aout dernìer, donnant au prìnce hérédìtaìre la présìdence du Conseìl, demande « l: Toute mesure exigeant sa sanction lui so i t soumìse par mìnìstre compétent et doìve etre arretée en Conseìl des mìnistres présidé par lui.

2: Droit de convoquer Conseìl des ministres pour les questions ìntéret général, déclarant se soumettre avis majorìté ». Rìvers Wìlson refuse la présidence du Vice-Roì, insiste pour la rentrée de Nubar pacha. Lutte ouverte entre Rivers Wìlson et agent anglais. Si Rivers Wìlson reste au Ministère, position sera certainement... (l).

359

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

D. Roma, 25 febbraio 1879.

Come mi viene riferito da Costantinopoli, fra i Gabinetti dì Parigi e di Londra sarebbero in corso, in questo momento, delle trattative intorno la proposta Tocqueville, ovvero intorno un'altra, fondata parimenti sulla base della partecipazione di Commissarii francesi ed inglesi all'amministrazione dei redditi ìpotecarii a favore dei nuovi titoli del debito ottomano. Dì fronte ai numerosi interessi italiani impegnati nei fondi turchi (la complessiva somma è calcolata a 700 milioni), e di fronte all'agitazione legittima che comincia a manifestarsi in proposito sul nostro mercato noi non sapremmo ammettere che, senza l'intervento della Commissione europea indicata nel Protocollo n. 18 del Congresso di Berlino, i portatori italiani di rendita ottomana siano sottoposti o alla riduzione del capitale e degli interessi, ovvero ad uno storno dei redditi formalmente destinati al servizio dei titoli attuali. Il R. Ministro in Costantinopoli ha indirizzato alla Sublime Porta una nota concepita in questo senso.

Se, come dobbiamo supporlo, i Governi francese ed inglese si propongono di fare, per rispetto al debito ottomano, opera pratica e durevole, essi non dovrebbero dimenticare che una parte vistosa di questo debito travasi nelle mani degli italiani, e che noi non sapremmo appoggiare presso i nostri portatori l'accettazione dì una proposta qualsiasi, qualora la nostra partecipazione,

sia ai lavori preliminari, sia alla gestione dei redditi concedutl, non ci ponga in grado di assumere in qualche modo, per rispetto ai portatori stessi la garanzia del carattere imparziale e serio della operazione, che loro sarebbe raccomandata.

Pregai telegraficamente V. E. di volersi esprimere in questo senso con codesto Ministro degli Affari Esteri. Nel comunicare quanto precede a riconferma del mio telegramma del 25 corrente (l) ...

(l) Gruppo !ndecifrato.

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L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PANSA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 291. Atene, 25 febbraio 1879 (per. il 4 marzo).

Segno ricevuta a V. E. del dispacc:o ch'Ella mi fece l'onore d'indirizzarmi, il 18 di questo mese (n. 178 confidenziale) (2) per segnalarmi certe notizie giunte a cognizione di Lei, secondo le quali a due membri della Commissione greca attualmente riunita in Prevesa, sarebbesi data da questo Governo l'istruzione segreta di promuovere nell'Epiro un conflitto, donde si spererebbero, qui, maggiori vantaggi che non dal regolare andamento dei negoziati colla Porta.

In attesa che alla R. Legazione riesca di raccogliere intorno a codesti sospetti qualche più preciso indizio, debbo dire a V. E. che, per quanto è lecito, in simili casi, formulare un giudizio a priori, io inclinerei a ritenere che nelle voci riferite vi sia, se non altro, alcuna esagerazione.

Lascerò in disparte le assicurazioni date ai miei colleghi, e a me, da questo Ministro degli Affari Esteri, il quale sempre dichiara avere i delegati ellenici precisa istruzione di mantenere la più assoluta riserva, e di astenersi da qualunque immistione atta a creare complicazioni.

Ma, anzitutto, conviene osservare che un vero e proprio comitato di azione non esiste, oggi, in Atene. Il Comitato detto della Difesa nazionale, che, durante i moti di Tessaglia ed Epiro, ha, senza dubbio, procurato quanti soccorsi poté agl'insorti di quelle provincie, è ormai disciolto da molti mesi.

Gli epiroti qui residenti, dacché si discute l'annessione del loro paese alla Grecia, hanno bensì tenuto, come lo riferii prima d'ora, varie riunioni, e se un qualsiasi tentativo patriottico si rinnovasse da quelle parti, farebbero certamente del loro meglio per sostenerlo: ma, finora almeno, neppur questo può chiamarsi un Comitato d'azione. L'esame, poi, anche il più superficiale, dell'attuale situazione in Grecia, basta di per sé a dimostrare che non esistono ora nel paese, né gli ordinamenti materiali, né soprattutto le disposizioni morali, che sarebbero necessarie per fornire, nonché i mezzi, neppure un incoraggiamento a una qualsiasi azione oltre i confini dello Stato. Il sentimento

dominante, nel Governo come nella popolazione è, oggidì, più che altro, un sentimento di estrema sfiducia nelle forze proprie e di rassegnata aspettazione di uno sperato soccorso esteriore. Come complemento a tutto ciò, si consideri che l'esercito, il quale, negli scorsi due anni, oltrepassò, un momento, l'effettivo di 30 mila uomini, è ora ridotto -per effetto della transizione che si sta operando dall'antica alla nuova legge militare -a 15 o 16 mila: gli ultimi resoconti ufficiali danno la cifra di 17.754, ma persone autorevoli assicurano non trovarsi ora, realmente, sotto le armi più di 14 mila soldati.

Ma, all'infuori di codesti riflessi di ordine generale, che possono dare un indizio delle attuali tendenze del Governo Ellenico, la qualità stessa delle persone che compongono la Commissione di Prevesa -nessuna delle quali, ch'io mi sappia, ha, del resto, fatto parte di un comitato d'azione -mi lascia in grave dubbio che ad alcuna di esse abbia potuto, da questi Ministri, affidarsi una missione del genere di quella cui allude il dispaccio di V. E.

Che a quei signori si siena lasciate certe facoltà per scandagliare le disposizioni del paese e anche per incoraggiare gli elementi indigeni più s·mpatici alla Grecia, sembra abbastanza verosimile. So, infatti, che qualche relazione si è stabilita con taluni capi albanesi, come lo prova, fra le altre cose, la circostanza che da uno di costoro appunto vennero riferite a un membro della commissione ellenica (il maggiore Colocotronis) le voci corse a carico del nostro Vice Console in Prevesa. Non sarebbe a meravigliarsi se relazioni di questo genere, le quali hanno dovuto necessariamente circondarsi di segreto, avessero talora assunto il carattere di un intrigo; e ciò, unito probabilmente a qualche imprudente discorso, basterebbe a spiegare come altri abbia potuto sospettare al di là del vero. Ma, lo ripeto, date le condizioni attuali della situazione in Grecia, io esito, fino a prova contraria, a credere che questo Governo intenda, di proposito deliberato, tentare un giuoco, il quale lo esporrebbe a pericoli più gravi ch'esso non si senta capace e voglioso di affrontare.

Ad ogni modo, saranno tenute presenti dalla R. Legazione le notizie di cui la E. V. ha fatto menzione, e se alcun particolare verrà in luce che a quelle si connetta, Ella ne sarà immediatamente informata.

(l) -Non pubblicato. Per le risposte di Menabrea e Cialdini cfr. nn. 378 e 388. (2) -Cfr. n. 324.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 324. Costantinopoli, 26 febbraio 1879, ore 11,20 (per. ore 14,30).

A la demande de la Porte de nommer l es délègués pour la commìssion financière, Gouvernement anglais a rèpondu qu'il désirait se concerter d'abord avec le Gouvernement français. Mais ces deux Gouvernements paraissent vouloir attendre que les porteurs des titres se prononcent pour leur compte avant de se déclarer. Il est donc èvident que si l'affaire devait marcher, elle entrerait dans une phase politique. Vernoni mande qu'on est toujours plus inquiet au sujet d'èventualitès qui pourront se vérifier dans cette province après l'èvacuation des russes.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 326. Cairo, 26 febbraio 1879, ore 13,40 (per. ore 16,55).

Demande Vice-Roi que je vous ai hier expédiée (l), encore plus accentuée, rend deux Puissances responsables sécurité publique, marche administration, si on lui refuse autorité gouverner dans les termes indiqués. Wilson, Blignières non seulement refusent présidence du Vice-Roi, aussi pouvoir changer personnel Cabinet sans leur consentement. Agnt anglais favorable notre demande pour constituer majorité européenne dans le Cabinet, croit très-utile que vous appuyez demande Vice-Roi à Londres.

363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 117. Roma, 26 febbraio 1879, ore 15,30.

Les journaux en Angleterre vous ayant attribué dans les incidents qui viennient de se produire en Egypte un ròle qui n'a pas été le votre (2), j'ai prié le général Menabrea (3) d'opposer à ces bruits, auprès du Foreign Office le démenti le plus formel. Tout en confirmant les instructions contenues dans mon télégramme du 20 de ce mois (4)), je dois donc vous recommander la plus grande prudence, surtout dans vos rapports avec le Vice-Roi. Il ne faut pas que celuici nous croie portés à contrecarrer une oeuvre de réorganisation que réclament nos intérèts, tout aussi bien que les intérèts bien entendus de Son Altesse ellemème. Ce que nous voulons c'est que le Vice-Roi soit convaincu que la participation désinteressée de l'Italie, au mème titre que la France et l'Angleterre, peut seule assurer le succès de cette oeuvre et épargner au Vice-Royaume les plus graves complications.

364

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 118. Roma, 26 febbraio 1879, ore 22,15.

Vos télégrammes d'hier et d'aujourd'hui (5) nous font connaitre assez clairement les idées du Vice-Roi au sujet de la posltion qu'il entend se réserver

dans la haute direction des affaires. Mais il est indispensable, pour que nous puissions fixer notre ligne de conduite, que Son Altesse veuille bien s'expliquer plus nettement à l'égard de la part qui serait faite dans le nouvelle combinaison à l'élement italien.

(l) -Cfr. n. 358. (2) -Cfr. n. 343. (3) -Cfr. n. 347. (4) -Cfr. n. 331. (5) -Cfr. nn. 358 e 362.
365

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 534. Roma, 26 febbraio 1879.

Segno ricevuta all'E. V. del suo telegramma n. 226 (l) e La ringrazio delle notizie ivi contenute.

Ebbi testé una conversazione con questo Ambasciatore d'Inghilterra circa le cose d'Egitto, e cercai specialmente di convincerlo che l'Italia è interessata, almeno quanto l'Inghilterra, al mantenimento dell'ordine in quella contrada. Noi non chiediamo niente di meglio che di adoprarci in questo intento, d'accordo col Gabinetto di Londra. Il Governo del Re e l'opinione pubblica in Italia non hanno certamente avuto motivo di rimanere soddisfatti della parte, che ci è stata assegnata nelle ultime riforme egiziane. Sarebbe però ingiusto l'attribuire ad un semplice sentimento di amor proprio s:ffatte manifestazioni, le quali, del resto, alla occasione delle recenti discussioni parlamentari si sono abbastanza chiaramente definite. Ciò che si è vivamente e sinceramente lamentato fu soprattutto che non siasi potuto arrecare all'opera di riordinamento intrapresa in Egitto, e che risponde ai nostri interessi più palesi, il sussidio dell'autorità morale, che l'Italia può esercitare in un paese, ove la sua azione ha per solida base una colonia intelligente, numerosa e sparsa in tutti i centri di attività industriale e commerciale.

Noi confidiamo quindi che si eviteranno in avvenire gli stessi errori, e che, laddove altre riforme fossero per prepararsi a vantaggio della Amministrazlone di quel Vicereame, non si trascurerà di assegnare all'Italia quella parte che ad essa è incontestablimente dovuta e che sola (come l'ha oramai dimostrato la esperienza) può assicurare la solidità dell'opera comune.

Nel comunicarle quanto precede, a riconferma del mio telegramma di oggi (2) ...

366

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2253. Berlino, 26 febbraio 1879 (per. il 2 marzo).

Le jour mème où me parvenait le télégramme de V. E. en date du 22 courant (3), j'ai eu l'occasion de rencontrer le Secrétaire d'Etat. Il m'a laissé entendre que lui aussi avait eu connaissance, par l'entremise de l'Ambassadeur à Constantinople, de la demande faite par le Ministre Ottoman des Affaires

Etrangères relativement à la ligne de frontière entre la Turquie et la Grèce. Il m'a semblé toutefois que les points principaux de délimitation n'avaient pas été signalés 'ici d'une manière aussi exacte. Caratheodory Pacha avait posé la question préalable si le Cabinet de Berlin envisageait l'article XXIV du Traité du 13 juillet, comme ayant un caractère obligatoire, ou comme l'expression d'un simple voeu. Le Comte d'Hatzfeld avait répondu qu'il ne pouvait que s'en référer aux actes du Congrès.

M. de Btilow pense que le protocole n. XIII déterm:ne sur quelles bases les négociations doivent porter; c'est un minimum auquel on ne saurait rien enlever sans compensation équitable. Au reste l'Allemagne ne voulait pas se prononcer définitivement sur la nouvelle idée ou proposition turque, sans pressentir de son còté l'avis des autres Puissances. Le Secrétaire d'E'tat néanmoins en a dit assez pour laisser comprendre que si tel était en effet le maximum des concessions de la Sublime Porte, il en résulterait un écart par trop sensible des stipulations du Traité. Nous voyons, ajoutait-il, se reproduire maintenant à Constantinople le mème jeu que lorsqu'il s'agissait de livrer Podgoritza aux Monténégr:ns. On invoquait alors le danger d'un mouvement, de massacres, et cependant rien de semblable n'est arrivé quand cette place a été évacuée. Maintenant on consentirait plus volont:ers à une cession territoriale en Thessalie, mais on invoque le noli me tangere pour l'Epire sous le prétexte d'une résistance armée dans cette Province. Les Albanais sont mis en avant camme un épouvantail vis-à-vis des Puissances aussi bien que vis-à-vis de la Grèce, pour détourner une nouvelle perte de territoire.

J'apprends par le Comte de S. Vallier, qui m'en donne l'assurance, que sur cette question la France est en plein accord avec l'Italie, l'Allemagne hésite, et plus encore l'Autriche-Hongrie qui a un intérèt à ne pas brusquer le Gouvernement Ottoman dans ce moment surtout où elle négocie une entente sur les détails ayant trait au droit de tenir garnison et d'avoir des routes militaires et commerciales dans le Sandjak de Novibazar.

J'ignore jusqu'à quel point sont fondées les assertion de mon collègue de France. Je me permets mème de douter de leur entière exactitude, autrement V. E. en me chargeant de lui mander les impressions du Cabinet de Berlin, m'aurait prescrit en meme temps de l'instruire des notres. Je n'ai pas besoin de faire ressortir combien la tache est ingrate de questionner quand je ne suis pas autorisé à déclarer quelles sont le vues du Gouvernement. Et cependant il me parait que sur cette question de la Grèce patronnée au Congrès par l'Italie et la France, il ne saurait se produire aucune hésitation de notre part à continuer une généreuse initiative.

(l) -Cfr. n. 355. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 334, nota l, p. 231.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1015. Vienna, 26 febbraio 1879 (per. il 2 marzo).

Ebbi ieri sera occasione di conversare alcuni minuti col Conte Andrassy ad una festa da ballo sulle questioni del giorno: le circostanze in cui è dato di abboccarsi col primo Ministro Imperiale facendosi sempre più rare, credo non dover tralasciare di riferire all'E. V. ciò ch'egli ebbe a dirmi, sebbene la nostra conversazione si sia mantenuta sulle generali, senza scendere ai particolari su nessuna questione. Cominciai io il discorso, chiedendogli cosa pensasse del tracciato di frontiera fra la Turchia e la Grecia, messo innanzi dalla Porta. S. E. risposemi che quella proposta, di cui però egli non aveva se non un'Idea molto vaga, proverebbe l'intendimento del Governo Turco di fare assolutamente niente e tosto soggiungeva la Porta avere gravissimo torto di ag1re in tal maniera, poiché così facendo, lasciava intieramente libero l'adito alla Grecia di accampare e sostenere pretese esagerate. Interrompendo poi bruscamente questo discorso Egli dicevamì con marcato malumore: «Ora stiamo per entrare in una fase di circolari Russe, di cui non si può ancora ben precisare il carattere, ma che ad ogni modo creerà noje. Esse si aggirano su questioni relative alla frontiera Russo-Rumena all'Est di Silistria, nonché su quella fra la Bulgaria e la Rumelia Orientale sui Balkani, che ben non si capisce cosa essa voglia e su altre questioni minori. È fuor di dubbio, Egli aggiungeva, che tutti vogliono la pace e la Russia non meno delle altre Potenze, ma vi ha delle persone attorno allo Tzar che non cessano dal rappresentargli che precisamente i sacrifici ch'Egli ha fatto a quello scopo, gli hanno il diritto di chiedere in contraccambio concessioni sulle questioni di secondaria importanza. Andando di questo passo non si finirebbe mai: conviene assolutamente che le Potenze assumano una posizwne ben definita a fronte delle continue domande di revisione delle deliberazioni delle commissioni internazionali che la Russia sarà per richiedere e che finirebbero per porre in forse quasi tutta l'opera del Congresso di Berlino. Il Gabinetto di Pietroburgo pretende che il Trattato di Berlino non ha in nessuno dei suoi articoli precisato che la maggioranza dei voti nelle deliberazioni delle commissioni dovesse essere decisiva. Sta di fatto che quel principio non fu posto, ma non essendosi neppur stabilito per tali casi una forma di appello, la questione trovasi implicitamente risolta. È naturale e ragionevole che le decisioni in un congresso non abbiano valore se non riportano l'unanimità dei voti, ma voler ciò pretendere per quelle delle commissioni create per risolvere dietro norme generali fissate dal trattato questioni di dettaglio, si è rendere impossibile qualsiasi pratico risultato, conviene dunque che tutte le potenze mantengano fermo il principio che, almeno per le commissioni di delimitazione e forse anche per quella dell'ordinamento della Rumelia Orientale, il voto della maggioranza abbia a decidere irrevocabilmente: seguire un sistema diverso sarebbe un assurdo che ci condurrebbe ad incalcolabili conseguenze.

Mi sono studiato di riferire così, se non testualmente le parole dettemì dal Conte Andrassy, almeno il preciso senso del suo discorso. Egli non mi chiese quale fosse in proposito l'opinione del R. Governo, ed io sarei stato imbarazzato a rispondere eventualmente a tale questione, mancando d'istruzioni al riguarda: mostrai però, esprimendomi in termini generali, di associarmi personalmente al suo modo di vedere, giacché qualunque possa essere il particolare apprezzamento del Governo Italiano sopra l'una o l'altra delle pendenti questioni speciali, parmi sia anzi tutto interesse massimo per l'Italia, che l'opera del Trattato di Berlino, per quanto imperfetta possa essere stata, trovi il più pronta

mente possibile il suo integrale compimento, che potrà soltanto essere ottenuto se il lavoro delle commissioni internazionali non tirerà in lungo e le decisioni da essere adottate avranno indiscussa accettazione e pronto eseguimento.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 331. Cairo, 27 febbraio 1879, ore 18,40 (per. ore 1,55 del 28).

Mes collègues peuvent témoigner mon ròle borné assurer sécurité nos colonies. Vice-Roi vient de me dire qu'agents français, anglais lui ayant observé que, selon son programme ministres européens resteraient en majorité absolue, il a profité pour leur dire que pour éloigner ce danger, il est tout disposé à appeler dans le Cabinet un ministre italien, que ces Messieurs n'ont pas répondu, qu'il croit le Gouvernement anglais ne fera pas opposition, mais que le Gouvernement français s'y opposera, comme il l'a fait pour la première combinaison ministérielle. Je me suis assuré que l'opinion des collègues nous est favorable après mauvaise preuve du Ministère Nubar-Wilson. Ainsi si V. E. peut leur faire venir instructions péremptoires, notre question est résolue. Mais je crois qu'il est convenable décider avant question que le Vice-Roi reprenne son autorité dans les termes de son programme sans quoi ni le Vice-Roi pourra rien faire, ni nous conviendrait nous associer aux errements de la position actuelle.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. Roma, 27 febbraio 1879.

L'Agente di Rumania mi ha rimesso la qui acchiusa circolare del suo Governo (1), relativa all'incidente suscitato dalla occupazione di Arab-Tabia, e alla questione del confine tra la Dobrugia e la Bulgaria. Nel tempo stesso ha manifestato il desiderio che il R. Governo si adoperi affinché tale questione riceva, al più presto possibile, una soluzione.

Il Governo del Re si è già dichiarato disposto ad accogliere, per la definizione della vertenza, qualunque dei tre modi nei quali, secondo il Governo russo, si potrebbe procedere alla revisione del tracciato votato alla unanimità (meno il voto del commissario russo) dalla commissione di delimitazione; benché, a dire il vero, il deferimento della quistione alla Conferenza degli Amba

sciatori a Costantinopoli ci sembrasse preferibile, sia ad un nuovo esame da parte della medesima commissione di delimitazione, sia ad uno scambio diretto di comunicazioni tra i varii Gabinetti. Ad ogni modo, però, sembra legittimo e conforme agli interessi generali il desiderio che la Rumania esprime di veder tolta di mezzo ogni cagione di incertezza o di conflitto rispetto al confine della Dobrugia. E in questo senso potrebbe l'E. V. esprimersi con codesto Signor Ministro degli affari esteri.

(l) Non si pubblica.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO'

D. 14. Roma, 27 febbraio 1879.

Ho letto con molto interesse il rapporto politico n. 23 (1), col quale la S. V. Illustrissima mi ha riferito una lunga conversazione da Lei avuta con Sua Altezza il Bey.

Non esito ad approvare il linguaggio da Lei usato in tale circostanza. A noi deve premere sopratutto che il Bey ed il suo primo Ministro siano ben persuasi del sincero nostro desiderio di vedere mantenuta e rassodata, nella Reggenza, una situazione politica che corrisponde perfettamente così agli interessi nostri come agli interessi stessi del paese. Questo appunto è l'intento nostro quando ci mostriamo solleciti dello svolgimento dei rapporti economici tra l'Italia e la Tunisia, e quando noi porgiamo consigli atti, secondo il nostro avviso, a meglio favorire l'andamento della pubblica azienda nella Reggenza. La S. V. Illustrissima potrebbe, nei colloqui suoi col primo Ministro del Bey, specialmente insistere sopra questi concetti, evitando, beninteso, ogni apparenza di censura verso la sua amministrazione, e studiandosi invece di dare un carattere pratico e concreto ai suggerimenti che le paressero opportuni. Così è manifesto, per citare un esempio solo, che grandemente gioverebbe al prestigio del Bey e del suo primo Ministro, se la gestione finanziaria potessere essere condotta in guisa da ristabilire la piena regolarità dei pagamenti semestrali che trovansi da alcun tempo in sofferenza.

Mi sarà grato, ad ogni modo, ogni particolare che a questo proposito, la

S. V. Illustrissima potrà favorirmi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 122. Roma, 28 febbraio 1879, ore 13,15.

Dans une conversation que j'ai eu hier avec l'ambassadeur d'Angleterre, celui-ci m'a interrogé sur les démarches que nous avions faites à Constanti

nople au sujet de l'affaire Tocqueville, me faisant comprendre qu'à son avis un échange préalable d'idées entre les trois Cabinets de Londres, Paris et Rome serait utile pour la question de la dette ottomane. J'ai répondu à sir A. Paget que j'avais déjà chargé les ambassadeurs du Roi à Londres et à Paris (l) de se mettre en comunication à cet égard avec les ministres respectifs des affaires étrangères, et que nous ne demandions pas mieux que d'arriver à une entente commune sur cette question. V. E. peut se régler en conséquence.

(Per Parigi) et je ne verrais pas de difllculté à ce qu'Elle remette à

M. Waddington une note verbale résumant notre point de vue (2).

(l) Cfr. n. 330.

372

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 782. Roma, 28 febbraio 1879.

Ho letto con molto interesse il rapporto che l'E. V. mi diresse il 21 di questo mese n. 2251 (3), e mi sono compiaciuto nello scorgere come codesto Signor Segretario di Stato rechi favorevole giudizio intorno ai concetti che recentemente ebbi l'opportunità di esporre, cosi al Senato come alla Camera, rispetto all'indirizzo della nostra politica esteriore. Le mie dichiarazioni, che oramai sono note ai rappresentanti di 'Sua Maestà e che coincidono con le istruzioni a questi impartite, varranno certo, dopoché ebbero l'autorevole conferma del suffragio parlamentare, ad escludere ogni dubbiezza intorno ai nostri veri intendimenti.

Probabilmente l'E. V. non aveva ancora sott'occhio, quando scriveva il rapporto cui rispondo, il tenore testuale del discorso che io pronunciai alla Camera dei Deputati, e del quale Le feci pervenire in questi ultimi giorni due esemplari. Vorrei lusingarmi che le parole da me dette rispetto all'opera dei plenipotenziari del Re al Congresso di Berlino Le siano sembrate ben più esplicite in confronto del sunto, necessariamente incompleto, che ne sarà stato fornito dai giornali. Se poi, alcuna più precisa o più speciale avvertenza Le paresse ancora opportuna a tale riguardo, assai volentieri mi procurerò l'occasione di farne oggetto di pubbL-:!a enunciazione nel Parlamento. Del resto, non v'ha certo chi, meglio di me, renda omaggio allo zelo ed alla abnegazione di cui V. E. diede prova nell'accettare un incarico che, per la forza delle circostanze non poteva certo !asciarle speranza d'altro guiderdone all'infuori della coscienza del dovere scrupolosamente e animosamente compiuto.

21 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XI

(l) -Cfr. n. 359. (2) -Con t. 330 del 27 febbraio, non pubblicato, Cialdini aveva chiesto l'autorizzazione ad indirizzare una nota sulla questione Tocquevllle a Waddington che era difficile incontrare perché troppo occupato dalle questioni interne. (3) -Cfr. n. 339.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 1016. Vienna, 28 febbraio 1879 (per. il 4 marzo).

Come di consueto Sua Eminenza il Cardinale Principe Arcivescovo di Vienna emanava in questi ultimi giorni la sua Pastorale Quaresimale. Tema principalissimo di quel documento si è di raccomandare ai fedeli della Diocesi l'Elemosina al «Danaro di San Pietro>>. Ma megUo ancora potrebbe dirsi che Sua Eminenza intese con quel mezzo di porre in evidenza la necessità per la Chiesa di ricuperare il perduto dominio temporale. Infatti, onde avvalorare le sue argomentazioni a favore della speciale elemosina raccomandata, quel Principe della Chiesa credette opportuno porre in rilievo i singoli bisogni pecuniari! del Santo Padre, a cui si eccitano i fedeli a provvedere e che enumerati in dieci speciali categorie riassumo qui:

P -Il bisogno di provvedere al pagamento del personale necessario alla trattazione degli Affari Ecclesiastici, in gran parte fornito in passato senza spesa dai membri degli ordini religiosi, locché non è più possibile ora che i nemici della Chiesa hanno sciolto i Conventi.

2° -Pagare le spese delle Nunziature Pontificie all'estero.

3° -Indennizzare quei Vescovi che in Italia, e pur troppo anche in altri Paesi, sono privati dal Governo delle loro rendite, nonché dell'abitazione e provvedere all'atntto dell'alloggio che è loro necessario anche pel Governo delle rispettive Diocesi.

4° -Provvedere del pari al sostentamento di quei sacerdoti che investiti dai rispettivi Vescovi di funzioni Ecclesiastiche non furono ammessi dal Governo al godimento delle temporalità.

5° -Pagare i professori pei seminari e case Ecclesiastiche, i cui redditi furono presi dal Governo, ed impedire così il dolorosissimo fatto, che sembra voglia verificarsi, che fra qualche anno ci sia mancanza di preti.

6° -Le case religiose di Uomini e di Donne trovansi in urgentissimi bisogni dopo che il Governo stese la sua nemica mano, non solo sulle loro rendite, ma anche sugli stessi chiostri: tocca quindi al Santo Padre provvedere ai bisogni di tanti infelici.

7° -Anche molti stabilimenti Pii e di Beneficenza versano, in conseguenza degli atti del Governo nemico, nei più stringenti bisogni, e quindi non solo l'esistenza temporale ma anche la salute Eterna di tante persone travasi in pericolo, senza che il Santo Padre sia in grado di soccorrerle.

8° -Ciò che v'ha poi di più orribile si è che, i nemici nel loro sempre crescente odio contro la Chiesa e la salvezza delle anime immortali, hanno derubato le scuole in Roma dell'Istruzione cattolica, sostituendovene una assolutamente atea. Conviene dunque mettere il Santo Padre in pos1zwne di ajutare con libera mano quelli che vogliono impedire i buoni figli delle famiglie cattoliche di Roma di essere educati siccome nemici della Religione.

go -Ajutare il Santo Padre a provvedere ai bisogni dei Missionari nel mondo intiero.

10" -Finalmente conviene pensare al mantenimento di quegl'Impiegati del già Governo Temporale dello Stato della Chiesa, che dando nobilissimo esempio, si astennero dal mancare al dovere di fedeltà, contrariamente a ciò che altri fecero. Queste pensioni non sono considerevoli ma pure è un dovere d'onore della Cristianità di porre il Santo Padre in grado di pagarle.

Procedendo oltre la Pastorale dice che, ai bisogni antichi del Santo Padre si aggiungono i nuovi, tanto più gravi dopo la spogliazione della Chiesa. Il Papa è quindi tanto più bisognoso ora che tutto gli fu rubato, di quanto lo fosse ai tempi in cui godeva le rendite dello Stato della Chiesa.

Più innanzi poi, accampando la necessità per il Supremo Gerarca della Chiesa di godere ogni maggiore libertà, il Cardinale Arcivescovo dice che, il Santo Padre dev'essere posto in condizioni di governare la Chiesa di Dio in modo libero ed indipendente da qualsiasi Potenza temporale.

E qui mi arresto in questa mia analisi, sembrandomi già averla sumcientemente protratta, onde provare il mio asserto che, più che ogni altra cosa nel documento di cui è caso, si volle dimostrare ai cattolici viennesi l'indispensabilità del ripristinamento del potere temporale del Santo Padre e dar forza all'argomentazione persuadendo i fedeli che la spogliazione effettuata dal Governo italiano è la causa unica dell'appello che si fa alle loro borse.

Circostanza poi da non perdersi di vista si è che, se l'Eminentissimo Cardinale Kutschker, noto pei suoi miti sentimenti ed anche liberali entro certi limiti, ebbe ad esprimersi come il fece in quella Pastorale, dovette esservi vivamente incitato dalla Santa Sede, a cui certamente non ebbe anche a sfuggire quanto il terreno in questa Capitale sia più che mai propizio a favorire il Santo Padre in ogni possibile maniera, tanto in contraccambio dell'appoggio che Sua Santità dà all'Austria in Oriente, quanto anche per la prevalenza che le tendenze retrive stanno qui prendendo di giorno in giorno.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 765. Belgrado, 28 febbraio 1879 (per. il 6 marzo).

Obbedii, appena mel permise un'infermità sofferta, agli ordini di V. E. scritti nel dispaccio del 14 del mese presente n. 142 O), recandomi a dichiarare al

Signor ministro degli esteri le intenzioni del Governo del Re circa il futuro riconoscimento dell'indipendenza del Principato; rimanemi a rispondere alle interrogazioni che Ella degnassi farmi.

Come L'è noto, tocca ad un'assemblea legislativa straordinaria, composta d'un numero doppio di deputati eletti dal popolo e nella quale non ànno posto, com'avviene nelle Scuptcine annuali, deputati principeschi, tocca a questa numerosa Assemblea l'approvare in ultima istanza i mutamenti allo Statuto proposti ed approvati in due assemblee ordinarie precedenti e fra esse consecutive. Questo procedimento è rigorosamente seguito e l'ultima parte sola è desiderata perché cadano le restrizioni religiose che s'intende abrogare.

Non puossi ragionevolmente e per quanto l'antiveggenza voglia essere acuta, credere che giunta al suo ultimo stadi l'esecuzione del dovere imposto a Berlino a prezzo del riconoscimento del'indipendenza del Principato abbia a fermarsi: e da nessuno udii sollevato il dubbio che l'Assemblea straordinaria abbia a smentire le promesse del Principe e dei ministri ed a contraddire ai voti dei deputati nelle Scuptcine ordinarie. Se s'avesse così a tenere sufficienti le prove date e la certezza morale nell'avvenire, non parrebbe, in mancanza d'altre considerazioni, illogico l'addivenire al riconoscimento in questione.

Non puossi nondimeno fissare anche approssimativamente il tempo nel quale l'assemblea straordinaria sarà convocata. Dipende la cosa da gravi considerazioni d'ordine interno: i ministri non giudicansi essere nel caso di pronunciarsi su questo punto. Possono sorgere inciampi di natura interiore od estera, può il Principe risolversi a viaggiare fuori del paese: tutt'al più puossi considerare come sicuro che la convocazione avverrà prima che chiudasi l'anno in corso.

Austria Ungheria e Russia sono rappresentate già da un ministro residente. Il Barone Desmichels, ministro plenipotenziario, parte domani per Nizza ove presenterà le lettere che dannagli qualità di ministro residente: la Francia dichiara sufficienti a provare la prossima esecuzione della clausola del trattato di Berlino rifiettente l'uguaglianza fra i culti, le promesse date ed i voti legislativi passati. La Porta annunciò l'invio di un Inviato Straordinario. L'Allemagna avrà un Console Generale ed incaricato d'affari: provvedimento provvisorio suggerito dalle relazioni del Conte Bray con questo Principe così il salario suo è portato in bilancio in misura alta assai e quale converrebbe ad agente di grado più alto. La Rumenia avrà un ministro residente. Quanto all'Inghilterra non è noto se una lettera d'incaricato d'affari mandata dal Foreign Office e non ancora presentata indichi una decisione diffinitiva e se dessa implichi il riconoscimento dell'indipendenza.

(l) Cfr. n. 318.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 125. Roma, 2 marzo 1879, ore 15,20.

Vous vous étes déjà à plusieurs reprises entretenu avec S. E. M. le ministre des affaires étrangères des préoccupations que nous inspire la situation de l'Egypte. Les nouvelles que nous recevons de ce pays sont rien moins que rassurantes. Il est à craindre en effet qu'à la suite des derniers événements l'autorité légale de l'Egypte ne soit complètement méconnue. Elle le serait certainement si on arrivait jusqu'à imposer au Khédive le choix de ses ministres indigènes, si on lui interdisait toute action dans l'administration de l'état. Toute responsabilité méme morale du Gouvernement vice-royal viendrait à cesser si le Khédive, le seui dont nous puissons reconnaitre la responsabilité dans les rapports internationaux n'était plus investi que d'une autorité fictive et si l'autorité réelle passait entre les mains de personnages sur lesquels nous n'aurions aucune action ni directe ni indirecte. Le nombre des italiens établis en Egypte, l'importance de leurs affaires, la facilité des communications entre ce pays et le notre, sont autant de raisons pour ne pas rester indifférents en présence d'une situation qui ne saurait étre envisagée uniquement au point de vue des intéréts ftnanciers qui y sont engagés. L'expérience nous a démontré par exemple combien il aurait été difficile de réagir, sous l'administration précédente, contre certaines tendances qui auraient pu compromettre l'oeuvre de la réforme judiciaire. Nous avons pu constater les ditllcultés créées dans la marche régulière des affaires par le mécontentement toujours croissant des colonies italiennes si nombreuses et si inftuentes dans les villes egyptiennes. Nous ne saurions dons, quant à nous, voir sans inquiétude le retour pur et simple à un régime dont les derniers événements n'ont signalé que trop tòt les inconvénients. Nous ne pourrions que regretter une politique dont le résultat le plus clair serait de faire disparaitre l'autorité du Khédive pour la remplacer par un régime sans responsabilité vis-à-vis de l'étranger: ceci équivaudrait à la dépossession morale du Khédive et en aurait tous les inconvénients et tous les dangers. Nous désirons autant que les autres Cabinets une garantie réelle et sérieuse pour les intéréts ftnanciaires engagés en Egypte, mais nous tenons à ce que les intéréts d'un autre ordre ne soient pas sacriftés uniquement à ceux de la ftnance. Veuillez donc intéresser vivement le Cabinet de Paris (Londres) à prendre en considération ce que je viens de vous exposer. Une nouvelle combinaison ayant tous les inconvénients de l'ancienne et qui indlsposerait encore plus l'élément italien en Egypte, car il se sentirait de plus en plus négligé, produirait chez nous le plus mauvals effet.

(Per Parigi soltanto) Nous nous attendons à ce que en cette circonstance le Gouvernement de la république veuille bien faire preuve à notre égard des dispositions amicales qui sont la base de notre politique dans toutes les questions qui intéressent la France. On ne saurait à Paris sans manquer aux règles de l'équité et de la justice, aussi bien qu'à celles de la bonne politique, persister à laisser l'Italie en dehors des combinaisons concernant l'Egypte.

(Per Londra soltanto) J'ai lieu de croire que l'agent anglais au Caire est le premier persuadé de la nécessité de ne pas laisser l'élément italien en dehors des combinaisons, concernant l'Egypte. Par des paroles et par des actes cet agent a montré de comprendre fort bien ce que la situation aurait exigé dans l'intérét commun de toutes les Puissances. Son opposition à M. Wilson et Nubar n'est un secret pour personne.

Enftn je recommande très-vivement cette affaire à V. E., car elle sait tout l'intérét qu'avec raison on y attache chez nous.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 344. Cairo, 2 marzo 1879, ore 18,50 (per. ore 23,50).

Gouvernement anglais, Gouvernement français on fait déclarer Vice-Roi que le système inauguré par la lettre 28 aoùt doit ètre maintenu, que les ministres étrangers doivent avoir un collègue du pays d'une capacité reconnue, que Nubar pacha est seui capable de leur donner appui et les renseignements qu'ils ont besoin. Ainsi ils demandent rentrée de Nubar pacha dans le Cabinet, admettant présidence prince héréditaire et les rapports Vice-Roi avec le Conseil des ministres modifiés conformément usage Gouvernement constitutionnel. Vice-Roi a répondu qu'il veut maintenir intacte lettre 28 aoùt et donner tout son concours à la nouvelle administration, que pour assurer fonction système, il est prèt à appeler troisième ministre européen et donner toute autre garantie, que les ministres du pays doivent sauver dans le Cabinet le respect et les sympathies du pays, qui a des hommes capables à remplir ce but et qu'il en prend la responsabilité, que la rentrée de Nubar pacha serait une humiliation pour lui et un défi au sentiment du pays qui pourrait avoir des conséquences fàcheuses, qu'il s'incline à la volonté du Gouvernement anglais, Gouvernement français, si on lui impose entrée de Nubar pacha dans le Cabinet, mais les prévient des conséquences, afin que si la nouvelle administration rencontre des difficultés, si concorde et sécurité seraient compromises, les deux Gouvernements ne puissent l'en rendre responsable et lui répondre de ne pas les avoir éclaircis.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2257. Berlino, 2 marzo 1879 (per. il 6).

Toujours animé du désir de se rendre agréable au Prince Charles de Roumanie, le Cabinet Impérial avait insistè, soit par l'entremise du Baron d'Alvensleben au moment encore où il remettait ses lettres de rappel, soit par le canal de l'Agent de Son Altesse Royale à Berlin, pour que le Gouvernement de Bucharest énonçàt des intentions plus nettes qu'il ne l'avait fait jusqu'ici, sur la manière dont il entendait exécuter le Traité de Berlin. «Nous n'avons nullement la prétention, (et la France ne pense pas autrement) me disait aujourd'hui le Secrétaire d'Etat, que les Israélites soient assimilés immédiatement aux Chrétiens, et puissent entre autres dès à présent occuper les premières fonctions de l'Etat. Nous admettons de certains tempéraments, de certaines étappes. Preuve en est, que nous avons fait engager l'association Israélite à ne pas trop tendre la corde, ce qui pourrait créer des embarras à la fois à leurs coréligionnaires, et aux Gouvernements étrangers. Mais il est le cas d'appliquer ici le dicton du « modus in rebus>>. Il ne faudrait pas, par exemple, qu'en modifiant l'article 7 de la constitution qui consacre un anachronisme, an le rétablit en quelque sorte en vaie détournée, dans le cas ou l'an procéderait à naturaliser un à un !es 150.000 juifs de la Principauté. Cette naturalisation individuelle, que d'ailleurs an accorderait ou refuserait à volonté, rendrait illusoire la condition imposée par le congrès à l'indépendance de la Roumanie. Tant qu'elle ne nous offrira pas de sérieuses garanties pour l'accomplissement de ses intentions, nous devrons quoique avec regret, ajourner l'acte de reconnaissance. Il est vraiment à déplorer que ce Pays n'alt pas suivi la meme ligne de conduite que !es Serbes. Le Cabinet de Belgrade a écarté tout soupçon d'arrière pensée. La petite Skoupchtina a été saisie de la meme question et s'est empressée d'émettre un vote conforme aux dispositions du Traité de Berlin. Nul doute que l'Assemblée plénière qui ne peut se réunir de sitòt, ne ratifiera plus tard ce vote. Ainsi sans attendre la convocation de ce parlament, notre consul général à Belgrade sera-t-il autorisé sous peu de jours à se présenter en qualité de Chargé d'Affaires ».

Je tenais à communiquer sans retard ce dernier détail à V. E.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 162/206. Londra, 2 marzo 1879 (per. il 6).

Colla prima parte del mio telegramma n. 228 Cl), io a v eva l'onore di rispandere a quello di V. E. in data del 25 febbrajo p.p. n. 112 (l) confermatomi con dispaccio dello stesso giorno (n. 533) (2), relativo alla combinazione proposta dal Signor Tocqueville per l'ordinamento delle finanze ottomane mediante una Commissione anglo-francese dalla quale l'Italia era esclusa, benché essa figuri per più di 700 milioni di franchi fra i creditori del Governo turco.

Nella conversazione che il giorno 27 febbrajo io ebbi con Lord Salisbury non mancai di rilevare che in tutte le questioni finanziarie tanto in Egitto che a Costantinopoli si faceva un po' troppo astrazione dalle altre Potenze, come se non esistessero che soli interessi francesi ed inglesi, e dichiarai che nel caso attuale il nostro Governo non poteva ammettere che senza la intervenzione della Commissione europea segnata dal Protocollo n. XVIII del Trattato di Berlino, i nostri portatori di rendita ottomana siano sottoposti sia a riduzione di capitale ed interessi, sia ad uno storno di riscossioni formalmente applicate al servizio dei titoli attuali.

Accennai che il nostro Ministro a Costantinopoli aveva presentato alla Sublime Porta una nota in quel senso. Il Marchese di Salisbury mi disse tosto che non era più il caso di parlare della combinazione Tocqueville, imperocché egli la considerava oramai come

fallita. «Ma, risposi io, se questa è fallita, un'altra potrà risorgere, e siccome siamo assai interessati in questa questione, il nostro Governo non potrebbe assentire a verun ordinamento e farlo accettare dai latori italiani di fondi turchi, senza la nostra partecipazione all'organizzazione che si vorrebbe instituire ed alla .gestione delle riscossioni concesse; questo mi sembra essere U solo modo di dare un carattel'e imparziale e serio ad una operazione che interessa l'Italia al pari della Francia e dell'Inghilterra, e di fare con ciò un'opera pratica e durevole».

Il Marchese di Salisbury non esitò a riconoscere che il nostro reclamo era del tutto fondato e non oppose alcuna abbiezione a che l'Italia fosse chiamata ad intervenire in qualsiasi altra combinazione che venisse a sorgere. Soltanto egli pensava che il nostro Governo avrebbe fatto qualche comunicazione consimile al Signor Waddin.gton. Egli mi promise intanto di non perdere di vista le considerazioni ch'io gli aveva esposte.

Dal telegramma 1n data del 28 febbrajo ultimo (l) col quale V. E. mi ragguaglia della conversazione ch'Ella ebbe sul medesimo argomento con Sir Augustus Paget ed in seguito alla quale questi emise l'avviso che fosse conveniente uno scambio d'idee tra i tre Gabinetti di Londra, Parigi e Roma, debbo scorgere un suggerimento venuto da Lord Salisbury stesso. Sarà in conseguenza mia cura di proseguire in quell'ordine d'idee e di corroborare nella mente di Lord Salisbury la convinzione che nulla si può fare di serio e di stabile nell'ordinamento delle finanze ottomane, per la parte che riflette il debito turco, senza l'intervento dell'Italia (2).

Mi risulta da un'altra parte che forse l'Inghilterra sarebbe disposta a secondare la nostra .giusta esigenza in vista della necessità di contrastare alquanto la preponderanza che tende ad acquistare la Francia tanto a Costantinopoli che al Cairo che principia a diventare «uneasy » (incommoda) per .gli inglesi. In Londra si parla molto dell'influenza che l'Ambasciatore di Francia Signor Fournier ha cercato d'acquistare presso la Sublime Porta a detrimento di quella dell'Ambasciatore dell'Inghilterra, Signor H. Layard, che dal suo Collega si sentì contrastato in molti de' suoi progetti, motivo per cui, da quanto si assicura, egli ha domandato un'altra destinazione.

Anche in Egitto ha luogo la medesima lotta d'influenze. Mentre il corrispondente parigino del Times accusava i Consoli di Germania e d'Italia di aver spinto il Kedive al colpo di Stato che determinò la caduta di Nubar Pascià, in Londra al contrario v'ha chi accusava il Signor de Blignières di essere il promotore di quel fatto, in vista di liberarsi di Nubar Pascià a cui a Parigi si rimprovera di essere più inglese che francese ed anche che egiziano.

In mezzo a questi incidenti, la Germania, se non si muove, non tralascia di meditare e di suggerire.

Mi risulta ch'essa continua a consigliare l'Inghilterra d'assumere definitivamente il protettorato dell'Egitto. Per altra parte essa non sembra indifferente ai progetti finanziarli escogitati a Costantinopoli dal Signor Tocqueville od altri, imperocché mi fu detto da una persona molto autorevole che, in questo momento, la Germania taceva bensì, ma che prima che si venga a compiere una

qualsiasi combinazione in proposito, essa avrebbe anche fatto sentire la sua parola.

Tuttavia ad onta delle lotte d'influenza inevitabilmente insorte tra la Francia e l'Inghilterra, non è probabile che questa nulla faccia che possa, in questo momento, malcontentare la prima, imperocché è sempre pendente la grande questione del Trattato di commercio tra quelle due Potenze, la di cui soluzione è della massima importanza per l'Inghilterra.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 359 inviato a Londra con protocollo 533. (l) -Cfr. n. 371. (2) -Fin qui edito, con qualche variante, in L V 27, p. 115.
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IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, DE GUBERNATIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. S. N. Prevesa, 2 marzo 1879 (per. il 7).

Faccio seguito al mio precedente rapporto, ritornando a dirle dell'elemento Albanese e degli spiriti che lo animano, ma specialmente dell'elemento Greco Epirota che solo può legittimare le aspirazioni del regno Ellenico verso questa provincia. Ma prima di entrare in argomento parmi necessario di toccare un lato della quistione or ora insorta fra Greci ed Albanesi, voglio dire il lato istorico, che di tutti è il meno conosciuto e che unito all'etnografico forma la base delle pretese negli uni, della resistenza negli altri. Nessuno può dire che le antiche repubbliche di Grecia abbiano posseduto mai l'Epiro, né Pirro che anzi volse alla Grecia le sue conquiste può dirsi Greco, fu Macedone l'Epiro, fu poi Romano, Bizantino in ultimo, Veneziano sotto l'impero dei Latini, retto da proprii duchi in varie epoche, soggiogato dai Serbi nel decimoquarto secolo, ma non fu mai parte di Grecia, né in alcun tempo divise con l'Ellade le sorti. Non è dunque la rivendicazione di un antico possesso che cercano i Greci, poiché a tal titolo l'Ellade non avrebbe neppur potuto reclamare l'isola di Corfù che visse coi suoi capi molti secoli e da questi passò quasi immediatamente sotto il dominio Romano. Le aspirazioni sono di altra natura; l'Ellenismo viveva nella penisola Balcanica, come sulle coste di Ionia e nelle isole, quando Roma fece sua la Grecia e le colonie; esso era già penetrato ben addentro nella Macedonia, come nella Tracia, e tale fu la sua influenza sul basso Impero, che da Costantino in poi furono lingue ufficiali il Greco, come il Latino e due secoli dopo ogni traccia di Latino era scomparsa dai pubblici atti. Sin d'allora adunque l'Ellenismo era una forza, era un'onda invaditrice; soffocato momentaneamente dall'Europa a Costantinopoli nel secolo decimoterzo, risorse nella Ionia sotto i Paleologhi, schiacciato dai turchi in ogni luogo rivisse politicamente nell'Ellade, ed ogni provincia risorta rivendica naturalmente tutti quei possessi sui quali il flutto Ellenico si è soffermato. Tali le ragioni storiche dei Greci sull'Epiro, tali le ragioni che li fanno aspirare a Macedonia, a Tracia, alla Ionia, alla stessa Bulgaria. In Tessaglia vi è più; essa è la culla dell'Ellenismo; essa divise spesso le sorti dell'Ellade; ma per i Greci non hanno valore queste rivendicazioni moderate; essi accennano a rivivere e vogliono trarre a sé tutte le popolazioni che furono parte un tempo del grande impero Bizantino a qualunque razza esse appartengano. Per essi non vi è violazione di concetto etnografico; quelle razze diverse o sono loro affini, o so n barbare e soggette alla

influenza della civiltà Ellenica; la Grecia non ha regnato con l'armi in Epiro, ma vi regnò con la lingua, con la civiltà e questa provincia apparisce come guadagnata all'Ellenismo. La parte meridionale infatti ha qua e là dei villaggi Albanesi, ma nel maggior numero non si parla che il Greco; l'Epiro Occidentale presentando una maggior resistenza a quella onda invaditrice, il flutto Ellenico rimontò il corso del fiume di Arta e dell' Aspropotamos, procedendo da Sud a Nord, e pur anche da Est ad Ovest, cioè dall'Ellade e dalla Tessaglia. Cosi noi troviamo la lingua Ellenica accolta da tutti i Valachi del Pindo, e stesa su tutta la valle del Sarandaporo; tentò a più riprese di rovesciarsi sul rimanente Epiro procedendo da Levante e dal mare, ma si urtò con un elemento assai più resistente e ribelle, l'Albanese e le colonie di Butrinto, Apollonia, Durazzo, vissero vita effimera non potendo allargarsi all'interno.

Per gli Albanesi adunque stanno, quasi assioma storico, le seguenti ragioni; non furono mai soggiogati dai Greci con le armi: resistettero sempre alle altre influenze che l'Ellenismo ha su di loro esercitate; accettarono il dominio Bizantino, ossia passarono dal Romano al Bizantino dopo lunghe battaglie combattute, né Roma ebbe ragione di essi fuorché rovinando 70 città e conducendo schiavi 150 mila abitanti; quando il Basso Impero s'affievolì noi li vediamo scuotere il giogo sotto i Comneni, ed invadere poi tutto l'Epiro e le stesse terre già guadagnate all'Ellenismo, fondando una Signoria, la maggiore di tutte, in Arta donde stendevano il dominio sulla valle dell'Aspropotamos. Quelle terre ritornarono ad esser Elleniche dopo un secolo e mezzo. ma l'Epiro Occidentale si mantenne Albanese e lo è tuttora indubbiamente.

Dette queste cose, resta a vedersi quanta attrazione eserciti la grande idea Ellenica nella contrastata provincia. È inutile dire che presso gli Albanesi non ne esercita alcuna e che a loro è particolarmente odioso di unirsi al piccolo regno di Grecia mettendo la loro spada al servizio di un'idea che deve annichilirli. Nell'Epiro Orientale vi sono molte gradazioni di colori; anzi tutto abbiamo le opinioni delle classi agiate e quelle del popolo; abbiamo poi le opinioni dei vecchi, od arconti e quelle della gioventù; abbiamo infine villaggi più o meno ellenizzati ma freddi sempre ad ogni civiltà, particolarmente inerti, donde si spiega l'influenza da loro subita. La grande idea non è sentita che dalla gioventù d'Epiro; anch'essi hanno scarse simpatie per l'attuale regno di Grecia, ma sentendosi isolati, accettano più o meno rassegnati l'annessione, quasi gradino a cose maggiori. Nei vecchi tali sogni sono utopie; essi poi sono tutti interessati ad evitare ogni disordine ogni mutamento; hanno proprietà e denari e temono di perdere il tutto; son ligi, servili ai Turchi, del cui dominio o sgoverno godono i benefici; l'annessione al regno di Grecia equivarrebbe ad aumento d'imposte, ad intrusione di nuovi elementi che farebbero perdere alla loro presente autorità ogni prestigio. Le classi agiate in generale hanno in Epiro spiriti conservatori; amano bensì lo sviluppo intellettuale delle masse e abbondano i legati per la fondazione di scuole ed altrettali istituti; ma il patriottismo non accenna a spingersi più in là, o per lo meno non divide gli entusiasmi dei giovani; vi è l'odio ai Turchi, ma non vi è amore alcuno pei loro vicini di Grecia, e preferiscono il temporeggiare al rischiare. L'idea dell'Ellenismo sorride a loro, e la credono realizzabile, ma non hanno fede nel regno di Grecia, come patrocinatore e propugnatore dei grandi interessi Ellenici. Accetterebbero l'annessione senza entusiasmo e poco men che riluttanti; sarebbero in seguito ottimo strumento in mano del Governo Greco per lavorare al trionfo finale della causa, mentre oggi, ancor dubbi, tengono abilmente il piede in due staffe e servono due cause ad un tempo con una disinvoltura che fa più che al loro carattere, onore alla loro intelligenza.

Nel popolo l'idea dell'Ellenismo non ha penetrato ancora, e si mantien viva in luogo di essa l'idea religiosa; però anche questa pare che abbia fatto il suo tempo; si rileva un cotale rilassamento di fibra, che accenna a decadenza, e che suolsi attribuire al Governo Turco ed alla lunga schiavitù; qui non è il caso di cercar le origini del male, ma di constatarlo e constato che nel basso popolo Epirota è scemato il fanatismo, e con esso l'odio contro i Turchi, che vi è una vaga aspirazione all'avvenire, indicata specialmente da un generale desiderio d'istruirsi, che vi esiste una cotale insofferenza, un cotal malessere senza pur rendersi ragione della causa, né del rimedio necessario; che si fecero strada in esso popolo le idee di un'annessione alla Grecia, ma lo trovarono freddo in generale, per cui ogni tentativo d'insurrezione ha mai sempre fallito. V'ha poi qualche cosa di più; v'ha cioè l'antagonismo di uno con l'altro distretto; d'uno con l'altro villaggio; l'Epiro ha sempre vissuto un po' a suo modo; vi furono alcune Signorie più forti che seppero stringere in un sol fascio le diverse popolazioni; tali quelle di Pirro e di Scanderbegh; però fu sempre più che Signoria, confederazione; Ali Tebelen si elevò a tiranno unico, togliendo di mezzo gl'incomodi i spargendo a piene mani il terrore, ed anche dopo di lui troviamo distretti privilegiati in Chimara, in Curveless, in Metsovo, in Sirako e via dicendo; Janina così odia i villaggi e i villaggi odiano Janina; non vi è ancora nesso alcuno fra le popolazioni Cristiane, non vi è una meta chiara ed unica, che da tutte sentita fortemente le unisca, fosse pur momentaneamente, in uno sforzo unico, e ci faccia ben comprendere ciò che da tutti si vuole.

I giornali Greci cercano di far credere che qui già regna l'entusiasmo per la prossima annessione, che tutti son lieti, che i pochi Albanesi si rassegneranno e non potranno del resto fare alcuna resistenza ad un'armata regolare; per amor di verità io devo far la tara a tali notizie. Lo ripeto, non vi è qui nessun entusiasmo, ma calma, e quasi indifferenza; l'annessione lascia fredde le popolazioni Cristiane d'Epiro; lascia fredde quelle stesse che abitano in centri indubbiamente ellenizzati; confessiamolo, il regno di Grecia, qualunque ne sia il motivo, non ha ancora suscitato qui grandi simpatie; ho percorso or son parecchi anni più di 1500 villaggi, ho parlato spesso coi notabili di quei luoghi ed ho sempre sentito dire che molti avevano fatto viaggi in Grecia e non erano stati edificati; le strade mancano, difficili i commerci, poca la sicurezza, misere le terre, gravi le imposte, grave il servizio militare a gente che vi sfuggi finora con un pagamento men grave in denaro. Però lasceranno fare, ed i Cristiani, non Albanesi, o in qualsiasi modo ellenizzati, accetteranno non solo l'annessione ma finiranno per esserne contenti, poiché le classi istruite ne faranno sentire al popolo i futuri vantaggi e queste genti d'altronde sono di natura accomodevole.

Ma lo stesso non può dirsi degli Albanesi così Cristiani, come Musulmani; essi sono ben lungi dall'esser pochi e s'appoggiano a moltissimi dei loro con

nazionali della media ed alta Albania; si pretende che esagerano le loro minacce, ma che non verranno ai fatti; né potranno venirvi anche volendolo; che mancheranno loro i mezzi pecuniarii per organizzare una resistenza qualsiasi; che i Turchi ritirino le loro truppe, che lascino Greci ed Albanesi a fronte, e dopo alcuni insignificanti disordini si vedrà fiorire la pace in paese e lieti tutti di vedersi annessi al nuovo regno. Questi sono sogni; la nazionalità albanese è più guerriera. più compatta, più energica della greca; erano Albanesi i Suliotti; Albanesi i maggiori eroi dell'Ellenica indipendenza Botzari, Karaiskakis, Mianulis e via dicendo; essa è numerosa in E piro, e tutta la parte occidentale le appartiene senza alcun dubbio; si venga e si veda; son molti e decisi ad ogni estremo; potrà frenarli l'Europa, non mai la Grecia. E l'Europa non vuole incendii locali che possono creare incendio generale. Né i mezzi mancheranno; né le armi; né i capi; sarebbe lotta cruenta, orribile che nessun Governo europeo può incoraggiare, che i Greci in particolare dovrebbero seriamente temere. La Grecia, e qui voglio dire, il regno Ellenico, non deve mirare a conquiste che possano crearle interni imbarazzi; esso deve comprendere il suo vero scopo, che è nobile, che può esser utile e civilizzatore; impugni pur la causa dell'Ellenismo che è bella causa e simpatica all'Europa, ma non devii dal suo compito, non cerchi guerre fatali che senza vantaggio dell'Ellenismo, possono essere rovinose al piccolo regno. Se trionfò nei tempi antichi, fu specialmente con le colonie, pacifici strumenti d'influenza in lontani paesi; sostennero bensì guerre per consCJ!idarsi, o mantenersi nei luoghi acquistati, ma non s'imposero mai violentemente a nessun paese, senza aver prima tentate armi di civiltà; imporsi oggi all'Albania sotto l'egida dell'Europa sarebbe errore gravissimo e creerebbe agli Elleni altrettanti nemici quanti amici si erano procacciati con la lingua, le scuole, i commerci ed altrettali mezzi. In uno scritto mio particolare da Smirne ho accennato alla necessità che l'Europa difendesse caldamente la causa Ellenica e cercasse di far qui opera durevole; però, pur ignorando l'orgasmo che qui regnava, dissi che conveniva tener conto degli Albanesi, la sola nazionalità che poteva seriamente osteggiare l'annessione. Io credevo allora facile di persuadere gli Albanesi meridionali, ma mi convinsi ora del contrario; non sono i bey di Prevesa o di Margariti che protestano; è l'Albania intiera che sentendosi ferita in varie parti si risveglia da un sonno di tre secoli, e si unisce come un sol uomo per impedire che si faccia man bassa sui loro villaggi. Se i Bey di Prevesa s'alleassero ai Greci sarebbero sacrificati; è l'Albania che parla per la loro bocca, e che si leva contro Slavismo ed Ellenismo ad un tempo per non essere preda d'ambedue. Son gente barbara, incolta, ed inspirano poche simpatie all'Europa; ma son molti e forti, e bellicosi, e se si vuol pace converrà sentirli e in parte secondarli; ad ogni modo sono anch'essi una nazionalità e hanno il diritto di vivere indipendenti; presero le armi pei Greci nel primo quarto del secolo, ma a ciò li aveva spinti la disperata lotta sostenuta contro i Turchi, la perdita finale dei loro villaggi, l'odio comune che chiamava gli uni e gli altri alla riscossa; oggi diverse circostanze generano diversi effetti; gli Albanesi, poco amici dei Turchi, non hanno però contro il Governo Ottomano le ire dei Greci, non hanno le stesse aspirazioni, non possono più sposare la loro causa. Non si accusi Muktar Pascià d'averli sollevati; Muktar Pascià è inno

cente di tali accuse; l'esempio di Mehemet Alì-Pacha lo rende timido, pauroso; cerca di contenerli, non già d'incoraggiarli, e per contenerli misura pur anche le parole, mentre le misura per dar loro animo, quasi come chi scherzi col fuoco. Venuto qui trovò già la lega formata, trovò ostili i capi contro chiunque cedesse un palmo d'Epiro alla Grecia, e si destreggiò in modo fra Greci ed Albanesi da salvar possibilmente capra e cavoli; il risultato fu negativo; gli Albanesi lo sorvegliano diffidenti e minacciosi; i Greci lo accusano di connivenza con gli Albanesi; la verità è questa che se i primi forse esagerano le loro minacce (io non lo credo), i Greci ne fanno troppo buon mercato, illudendosi, che l'Europa insista malgrado gli ostacoli, per la cessione, e presti poi man forte alla Grecia nel caso che gli Albanesi facessero una resistenza superiore alle forze, di cui il Governo Greco può disporre. È utile che l'Europa conosca il vero, prima di dare la promessa mediazione; qualunque sia il valore dell'incidente insorto, esso merita un esame serio e coscienzioso; poiché il verdetto dell'Europa ha imposto alla Turchia una rettificazione di confini con la Grecia, poiché sotto la sua egida dev'esser fatto un passaggio di popoli da uno in altro dominio, tocca all'Europa di vedere se il diritto degli Albanesi è effimero, se le loro minacce hanno un carattere grave, se si deve persistere nelle decisioni di Berlino malgrado gli ostacoli insorti. A mio avviso gli interessi in lotta sono conciliabili; una parte dell'Epiro orientale può essere concessa, e nulla impedisce che si conceda gran parte di Tessa glia; vorrei anzi che la Tessaglia intiera diventasse Greca per chiudere per qualche tempo l'era dei disordini già tanto lamentati colà; ma prima di venire a tal decisione si esamini dall'Europa intiera la quistione Albanese, che toccando ai due poli Ellenico e Slavo, richiama ormai la più scrupolosa attenzione dei Gabinetti.

L'E. V. si trova già in grado di studiare tale quistione; le mie parole, per quanto disadorne, non peccano di spirito di parte; esse sono il risultato di un breve studio di pochi giorni confortato da un lungo e minuto studio di sei anni; non difendo né Greci, né Albanesi: non ho eccessive simpatie né per gli uni, né per gli altri; ho detto ciò che so, ciò che penso, ciò che mi pare utile a sapersi dal mio Governo; abbandono a Lei ogni giudizio ulteriore, non volendo apparire partigiano di alcuno col farmi prolisso nella difesa di questo, o di quel diritto: dirò più, se più mi si domanda dall'E. V.; sarò sempre pronto ad ogni nuovo studio, ad ogni pratica, ad ogni sacrificio e l'E. V. sa che può seriamente contare sulla mia prudenza, sulla mia riserva, sul mio zelo, se non sulla mia capacità.

380

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 348/230. Londra, 3 marzo 1879, ore 19,42 (per. ore 22).

Chaque fois que l'occasion s'en est présentée, je n'ai jamais manqué de faire valoir énergiquement auprès des ministres de la Reine les raisons qui militent en faveur de la représentation de l'Italie dans le Ministère égyptien. Dans !es nombreux télégrammes que j'ai adressés au Ministère, j'ai exposé plus d'une fois !es causes pour lesquelles l'Angleterre ne sous avait pas assez soutenus dans nos réclamations; quoique eile eut tout intéret à nous associer à elle dans cette question. Les nouveaux faits que me signale V. E. dans son télégramme d'hier (l) rendent l'intervention de l'Italie dans le Gouvernement égyptien encore plus indispensable. C'est pourquoi je m'empresserai de poser de nouveau nettement la question au marquis de Salisbury que je n'ai pas pu voir aujourd'hui; mais que j'espère rencontrer demain. Certainement la justice est du còté de nos réclamations; mais la seui e justice a peu d'autorité auprès des influences qui dominent dans la situation politique en Egypte, à moins que la justice ne soit appuyée par une puissante action. Je ne sais s'il suffirait d'une simple déclaration explicite que l'Italie ne pourrait reconnaitre les actes du Gouvernement imposé en ce moment à J'Egypte et dans lequel les intérets anglais sont seuls représentés. Une telle déclaration serait sans doute plus efficace si elle était faite d'accord avec quelque autre grande Puissance. Je sais de bonne source que l'Allemagne pousse l'Angleterre, qui résiste, à assumer le protectorat de l'Egypte. Indépendamment des raisons politiques qui peuvent induire l'Allemagne à donner ce conseil, il y a pour celà une raison d'ordre, car elle considère qu'en ce moment il n'y a pas effectivement de Gouvernement responsable; il n'y a qu'une association de deux ministres, l'un anglais, l'autre français qui ne sont pas méme reconnus camme émanant officiellement de leurs Gouvernements respectifs. Telle est la situation. Je prie donc V. E. de me faire savoir aussitòt que possible (2) et bien positivement, quelle est la mesure du langage que je dois tenir et si elle croit qu'il convient encore de le modérer, espérant que l'Angleterre se rendant à l'évidence, comprendra qu'il est de son intéret de ne pas nous écarter des nouvelles combinaisons qui s'élaborent en Egypte.

381

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE DI RUSSIA A ROMA, UXKùLL

Roma, 4 marzo 1879.

Le Gouvernement de Sa Majesté l'Empereur de Russie a bien voulu que Vous appeliez mon attention sur l'application de l'Art. 2 du Traité de Berlin et principalement sur les dispositions de cet article concernant la ligne frontière entre la Principauté de Bulgarie et la province de la Roumélie Orientale. La Note que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser à cet effet (3), a été prise par le Gouvernement de Sa Majesté le Roi dans la plus sérieuse considération.

(!) Cfr. n. 375.

Bien que dans l'opinion du Cabinet de Rome il n'y ait aucune raison de croire que depuis la signature du traité du 13 Juillet un changement notable se soit opéré dans la situation, le Gouvernement de Sa Majesté se plait à reconnaitre l'esprit conciliant qui a dicté la démarche que Vous avez faite auprès de moi. Elle témoigne, en efì'et, du désir d'arriver le plus promptement possible à l'application complète du Traité de Berlin en écartant au préalable les difficultés qui pourraient surgir dans les débats des commissions internationales.

C'est dans le mème esprit et afin d'atteindre ce but aussi facilement que possible, que de notre còté nous n'hésitons pas à offrir tout notre concours à l'oeuvre commune des Puissances. Il ressort, à notre avis, du texte mème du Traité aussi bien que des protocoles, qu'aucun doute ne saurait ètre élevé sur l'intention des Cabinets de reconnaitre à Sa Majesté Impériale le Sultan le droit de pourvoir à la défense des frontières de la Roumélie orientale en élevant des fortifications sur ces frontières et en y maintenant des troupes. Ces principes trouvent leur application dans le tracé indiqué par le traité ainsi que par les protocoles de Berlin. Mais là où des questions techniques pourraient surgir, c'est à la Commission européenne de délimitation à les résoudre après l'examen des localités.

Nous partageons d'ailleurs l'avis du Gouvernement Impérial de Russie que les travaux de la Commission doivent étre repris aussitòt que possible et nous sommes préts à faire partir notre Commissaire. Le Gouvernement de Sa Majesté le munira d'instructions dont le caractère est tout naturellement indiqué par le fait qu'aucun intéret direct et particulier de l'Italie n'étant en jeu, le ròle de conciliateur impartial semble nous appartenir de droit. Le concours de l'Italie, V. E. peut en donner l'assurance à son Gouvernement, est donc acquis dès-à-présent à l'aplanissement des difficultés qui, dans l'application sur le terrain des décisions du Congrès, pourraient surgir par suite de divergence d'opinions dans la solution des problèmes techniques. La prévision de semblables cas de divergence entre les Commissaires, ne pouvant raisonnablement étre exlue, le Gouvernement du Roi ne peut que partager l'avis que V. E. nous a exprimé sur l'avantage qu'il y aurait à convenir d'avance du mode d'après lequel les points en litige devraient étre résolus.

Quant à nous, nous donnerions la préférence à une méthode qui permit aux commissaires de reprendre eux mémes en examen, à la fin de leurs travaux, les points sur lesquels l'unanimité des opinions n'aurait pu tout d'abord se former. Nous pensons que dans ce travail de révision des points contéstés, la Commission devrait ètre autorisée à résoudre les questions par des votes de majorité. Le contrale des Puissances sur les décisions de la Commission s'exercerait ainsi dans l'intervalle qui s'écoulerait nécessairement entre le premier et le second examen des points litigieux. Un autre mode de p~·océder pourrait, à nos yeux, avoir l'inconvénient d'altérer le caractère technique qu'il convient avant tout de conserver aux discussions dont il s'agit. Si toutefois une autre procédure obtenait la préférence des Cabinets, le Gouvernement du Roi serait prét de son còté à l'examiner au point de vue de l'intérét général d'arriver le plus promptement possible à l'application compléte des dèlibérations de Berlin.

(2) -Per la risposta cfr. n. 384. (3) -Non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 329. Pietroburgo, 4 marzo 1879 (per. il 15).

Gli assassinii per scopo politico si succedono da qualche tempo in Russia con deplorevole frequenza. All'attentato di Vera Zasulic sul Generale Trepoff al più recente assassinio del Generale Mezentzoff, deve ora aggiungersi l'uccisione del Generale Principe Krapotkhine, Governatore di Kharkoff. Quest'alto funzionario russo fu colpito da un'arma da fuoco alla vertebra dorsale mentre entrava, in carrozza, a casa sua nella città di Kharkoff, la sera del 23 febbraio scorso. La ferita era mortale ed il Principe Krapotkhine soccombette quattro giorni dopo. L'assassino non fu finora scoperto, come non si scoprirono ancora gli assassini del Generale Mezentzoff. Quando giunse a Pietroburgo la notizia dell'attentato di Kharkoff si credette in sulle prime da molte persone che questo fosse dovuto a qualche personale vendetta. Ma non si tardò ad avere la convinzione che il reato era d'indole assolutamente politica. Una prova incontestabile di ciò si trova nella circolare secreta che la setta socialista inspiratrice di questi assassinii fece diffondere nella stessa città di Pietroburgo e della quale mi fo premura di unire una traduzione. Il Governo Imperlale è naturalmente molto preoccupato della frequenza di questi attentati, e della difficoltà che incontra per scoprirne gli autori. Ma finora non sembra che siano stati presi provvedimenti efficaci sia per prevenirli sia per reprimerli. La cosa del resto non è agevole, attesoché la radice del male sta nello stato sociale della popolazione russa e nell'argomento politico della Nazione. Dopo l'abolizione del servaggio e lo sviluppo dato alle pubbliche scuole in tutto l'Impero, sorse una generazione di giovani (uomini e donne) poveri di fortuna, d'umile nascita, ma provvisti per la frequentazione delle scuole di una certa istruzione. A questa massa di individui pieni di ambizioni e di desiderii la società Russa, quale è costituita oggidì, non può offrire una condizione di esistenza consentanea ai loro bisogni o a quelli ch'essi credono loro bisogni morali e materiali. Le carriere civili e militari sono preoccupate in generale da classi più privilegiate; le carriere industriali fanno difetto, giacché l'industria non è finora sviluppata in Russia. Ripugna poi a questa nuova generazione uscita appena dalle feconde viscere della contadinanza Russa, di rituffarsi di nuovo nell'abbietta classe dalla quale tentò con molti sforzi di levarsi. Ne risulta che tutta questa gente è più misera degli stessi contadini, che è malcontenta, e che aspira a rovesciare le barriere che le contendono la sua parte di beni sociali a cui pretende aver diritto.

Il rimedio ad un tal male non è né facile né pronto. Esso non potrebbe nascere che da un miglioramento progressivo delle condizioni sociali e degli ordini politici, e non potrebbe essere applicato che da una serie di Sovrani riformatori, i quali inspirandosi al grande atto della liberazione del servaggio

operato dall'Imperatore Alessandro, si applichino con una sollecitudine costante a portare a poco a poco l'Impero Russo a livello dei paesi più civili d'Europa.

383

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 330. Pietroburgo, 4 marzo 1879 (per. il 15).

Ho preso notizia, coll'interesse che merita la gravità dell'argomento, dei dispacci di Serie Politica n. 314, 326 e 328 del 9 e del 24 febbraio scorso (l) che mi furono testé rimessi dal corriere di Gabinetto giunto jeri in Pietroburga.

Approfitto della partenza del corriere stesso per rispondere all'E. V.

I detti dispacci si riferiscono alle tendenze che si suppongono nel Gabinetto di Vienna di estendere la sua sfera d'azione, ed eventualmente anche l'occupazione austriaca, fino a Salonicco.

Uno di questi dispacci, il 326, tocca più specialmente degli incagli e dei ritardi che incontra l'opera dei delegati europei nell'organizzazione della Rumelia Orientale.

Fin da quando io resi conto al R. Ministero, in data del 21 aprile (3 maggio) 1878 (2), della situazione politica quale si presentava dopo i preliminari di S. Stefano e dopo la missione del Generale Ignatieff a Vienna, ebbi cura di riferire al Governo di Sua Maestà, che il Gabinetto di Vienna, mentre obbiettava alle stipulazioni conchiuse direttamente fra la Russia e la Turchia, non dissimulava la sua intenzione di estendere la sua sfera d'azione fino al mare Egeo e segnatamente fino a Salonicco. Il Governo Russo non ammise in allora quelle pretese dell'Austria, ma, preoccupato dell'attitudine risoluta dell'Inghilterra, non tenne all'Austria un linguaggio di tal natura da lasciar scorgere chiaramente che ·esso si opporrebbe anche colla forza all'attuazione di simili intendimenti. La questione, per quanto è a mia notizia, non fu più toccata d'allora in poi fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna, e credo che non v'è nessuna trattativa e nessuno scambio di idee in questo momento a tale proposito. Ma la questione dell'assestamento definitivo della Rumelia Orientale può da un momento all'altro far risorgere le pretese austriache, non mai abbandonate se si deve giudicare dai documenti che sono annessi ai dispacci dell'E. V. ai quali rispondo.

È probabile che, tosto o tardi, il nuovo Principato di Bulgaria e gli elementi Bulgari della Rumelia Orientale, seguendo esempi non lontani, tenderanno a riunirsi malgrado le stipulazioni del Trattato di Berlino. Il principio di nazionalità sarà tratto anche qui alle sue conseguenze logiche. Il Gabinetto di Pietroburgo non osteggerà certamente un movimento che ha provocato con

22 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

l'ultima guerra. Dal canto suo il Gabinetto di Londra, quale che sia il partito che sarà allora al potere, non si opporrà colle armi ad un'annessione che è oramai divenuta una questione di tempo e di opportunità. Tutt'al più, continuando nella sua politica di compensi, vorrà consolidare con altri pegni o con maggiore securità di quelli che ha già in mano, la sua posizione nel Mediterraneo e sulle coste dell'Asia Minore. La Francia, finché durano le tendenze attuali del suo Governo, non si scosterà dalla linea di condotta dell'Inghilterra e sarà contenta di dividere con essa la sua influenza nel Mediterraneo e specialmente in Egitto, e di conservare la sua posizione morale in Siria ed in Palestina, e quella materiale sul littorale africano.

L'Italia e la Germania, sorte entrambe dal principio delle nazionalità, non lo combatteranno probabilmente sui Balcani.

Rimane l'Austria-Ungheria, la quale non vedrà certamente di buon occhio l'ingrandimento del Principato Bulgaro che essa considera come un'avanguardia della Russia panslavista. Senonché ogni cosa porta a credere che invece di opporsi a questa eventualità risolutamente e colla forza, il Gabinetto di Vienna, ricorrendo di nuovo anch'esso al sistema dei compensi, rimetterà in campo le sue pretese per spingersi fino a Salonicco, occupando tutto il terreno che separa questo porto dell'Egeo dalla Bosnia e dall'Erzegovina e quindi anche una parte dell'Albania. Sarà questo il prezzo che l'Austria metterà al suo consenso alla riunione futura del Principato di Bulgaria e di una parte della Rumelia Orientale.

Ora quale delle Potenze potrà opporsi all'eseguimento di un tale progetto? La Germania ha un evidente interesse a spingere il centro di gravità dell'Austria-Ungheria verso l'Oriente. L'Inghilterra non vedrà con dispiacere che l'Impero Austriaco si rinforzi e s'impianti come sentinella tra la Russia e Costantinopoli. La Francia seguirà le tracce dell'Inghilterra. La Russia, benché suo malgrado, subirà il fatto contentandosi della sospirata annessione RumeloBulgara. In sostanza essa avrà un compenso, certamente non corrispondente al danaro, ma tuttavia apprezzabile. Uscita appena appena da una guerra sanguinosa e costosissima, colle finanze dissestate, con fermenti pericolosi nell'interno dell'Impero, la Russia non intraprenderà una nuova guerra per impedire all'Austria l'accesso al Mare Egeo. La Turchia esausta di forze e di danaro, non sostenuta né dall'Inghilterra né dalla Russia, subirà ogni cosa. Ma il suo sacrificio non sarà grande giacché, comunque volgano gli eventi, le provincie di cui si tratta saranno ormai sottratte all'effettiva autorità della Porta. Ed avrà pure una certa consolazione nel pensare che l'Austria-Ungheria, spingendosi al Mare Egeo, si porrà come futura avversaria della Russia, pronta a contrastare a quest'ultima le porte di Costantinopoli.

Per quanto si riferisce all'Italia l'E. V. è meglio di ognuno in grado di giudicare se da queste possibili eventualità possa venirgliene detrimento e quale condotta il Governo del Re abbia a tenere in circostanze così piene di pericolosa alea.

Non mi rimane adunque che di riassumere la mia risposta ai dispacci dell'E. V. in questa breve conclusione. Le tendenze dell'Austria Ungheria a spingersi fino a Salonicco in certe eventualità sono note al Gabinetto di Pietroburgo fino dall'aprile scorso, come ebbi cura di far sapere a suo tempo al Governo del Re. Nessuna trattativa è in corso a questo proposito fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna. Secondo ogni probabilità la Russia non si opporrà colla forza ai progetti austriaci, quando questi vengano a coincidere con una futura annessione della Rumelia Orientale o per meglio dire di una gran parte di essa, al Principato di Bulgaria.

Intanto mi preme di assicurare l'E. V. che io mi astenni scrupolosamente e mi asterrò dal parlare di quest'argomento delle tendenze Austro-Ungariche, sia col Principe Cancelliere, sia col signor de Giers, a meno che l'E. V. me ne dia l'ordine preciso, giacché sono convinto che d'ogni parola detta qui a questo proposito, la quale venisse a notizia del Gabinetto di Vienna, questo non mancherebbe di fare un gravame al Governo di Sua Maestà.

(l) -Cfr. n. 290 gli altri dispacci non sono pubbllcati. (2) -Cfr. Serie Il, vol. X, n. 112.
384

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 128. Roma, 5 marzo 1879, ore 10,55.

Je réponds à votre télégramme n. 230 (1). En posant nettement la question au point de vue des intérets que l'Italie doit sauvegarder en Egypte, nous n'avons jamais eu l'intention de tenir à l'Angleterre un langage comminatoire qui ne serait pas certainement de mise. Il est nécessaire toutefois que l'on sache à Londres qu'il n'est pas de l'intérét de l'Egypte et des Puissances qui ont assumé jusqu'ici la responsabilité indirecte des actes de ce Gouvernement de laisser en dehors de leurs combinaisons l'élément que nous représentons. Il faudrait aussi qu'à Londres on se rendit compte des différentes catégories d'intéréts aux quels un Gouvernement doit pourvoir et que l'on voulut bien prendre en considération combien ces intérets touchent de près les nombreux italiens qui sont établis en Egypte. Ce que vous me dites de l'Allemagne ne m'étonne pas. C'est là une raison pour ne pas chercher son appui dans les démarches que nous faisons à Londres et à Paris. Il faut donc insister avec fermété mais avec un langage modéré sur l es arguments indiqués dans mon télégramme du 2 mars (2).

385

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 130. Roma, 5 marzo 1879, ore 17.

Je vous informe que la Vice Roi d'Egypte a insistè dans ses réponses aux Gouvernements français et anglais sur sa ferme intention de maintenir intactes les promesses contenues dans la lettre du 28 aout dernier. Pour la formation d'un Ministère offrant les garanties necéssaires à l'application de ce système, le Kedive a déjà déclaré à plusieurs reprises qu'il est prèt à appeler un troisième

ministre européen aftn que la majorité dans le conseil des ministres ne soit pas altérée par suite de la sortie de Nubar pacha.

Ne voulant pas laisser soupçonncr qu'il existe entre le Khedive et nous une entente sur ce point très-délicat et désirant écarter toute pensée que l'Italie veuille s'interposer entre le Vice Roi et les ministres qu'il a pris en France et en Angleterre, nous sommes tenus à observer une certaine réserve dans nos pourparlers avec le Cabinet franç.ais. Cependant je ne trouverais pas hors de propos que vous constatiez dans un entretien avec le ministre des affaires étrangères qu'il est à notre connaissance que de la part du Vice Roi on considérait l'adjonction d'un troisième min.istre étranger comme une garantie du bon fonctionnement du système inauguré en Egypte depuis le mois d'aoiìt dernier. Nous avons lieu de croire que de son còté l'Angleterre ne s'opposerait pas à l'introduction de l'élément italien dans le conseil des ministres egyptien. Je pense donc qu'une démarche pourrait étre faite par V. E. dans le sens susindiqué, mais si elle ne devait aboutir qu'à un second refus de la part du Gouvernement français, je la prie de m'informer par télégramme des ses prévisions (l).

(l) -Cfr. n. 380. (2) -Cfr. n. 375.
386

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 168/207. Londra, 5 marzo 1879 (per. il 9).

Debbo succintamente ragguagliare l'E. V. delle informazioni da me raccolte nella conversazione che jeri io ebbi con Lord Salisbury e nella quale mi si presentò l'opportunità d'interpellarlo circa l'andamento di parecchie quistioni riflettenti l'esecuzione del Trattato di Berlino e la di cui soluzione sembra presentare alcune difficoltà.

Fra queste primeggia quella che si riferisce all'ordinamento della Rumelia orientale, e più specialmente al mantenimento dell'ordine di quella provincia dopo la partenza delle truppe russe.

Fino a questi ultimi tempi la Russia si mostrò contraria ad una occupazione mista della Rumelia orientale; ma il Conte Schouvaloff mi disse, pochi giorni sono, che una tale occupazione temporanea, per parte delle Potenze era, a suo parere l'unica soluzione possibile per assicurare la tranquillità e che in conseguenza egli avrebbe insistito presso il suo Governo affinché questi si arrendesse ad un tale partito (2).

Lord Salisbury, a cui ne parlai, mi rispose ch'egli non era contrario ad una occupazione mista, ma che la prima condizione per effettuarla era che la sublime Porta vi desse il suo consenso al quale essa non sembrava per ora molto disposta. La recente circolare del Governo rumeno relativa alla delimitazione attorno Silistria ed alla occupazione di Arab-Tabiah non era ancora pervenuta al Foreign Office; intanto Lord Salisbury è di avviso che la Rumenia è nel suo diritto chiedendo che la decisione della Commissione di delimitazione sia mante-

il) Per la risposta cfr. n. 337.

nuta ed eseguita; ma egli non pensa che possa essere mai il caso, per parte delle Potenze, di ricorrere alla forza per costringere i Russi ad arrendersi a tale decisione.

Non ho mancato di far rilevare a Lord Salisbury, in base al dispaccio di

V. E. del 23 febbraio ultimo, Serie politica n. 523 (1), la minore esattezza delle informazioni ch'egli aveva avute intorno al contegno del Delegato inglese, ed a quello dei Delegati germanico ed italiano nella commissione dell'ordinamento della Rumelia. Egli non esitò a confessare che il Delegato inglese si era alquanto lasciato trasportare al malumore per effetto degli incagli continui arrecati dal Delegato russo ai lavori della Commissione; ma che ora, in seguito ad oppor· tuni avvertimenti, gli spiriti erano stati ricondotti a maggiore calma, e tutto sembrava procedere regolarmente.

La proposta Tocqueville sembra del tutto affogata in seguito alle protestazioni del nostro Governo e di quello di Russia per cui, per ora, dissemi Lord Salisbury, non è il caso di preoccuparsene. Ad ogni modo ho nuovamente insistituto sulla convenienza e necessità di far intervenire l'Italia in qualsiasi componimento vogliasi fare per le finanze turche.

Della quistione israelita il nobile Lord non è stato in grado di dirmi nulla di positivo. L'argomento sta sempre in sospeso fino alla convocazione della costituente Rumena. Si era molto parlato in questi tempi delle tendenze manifeste dell'Austria a cogliere la prima opportunità per occupare Salonicco. Il Conte Schouvaloff mi aveva già detto alcuni giorni sono che avendo interpellato il Conte Karolyi in proposito, questi gli avrebbe date le più esplicite assicuranzc che tutt'altro era l'intendimento del Governo austro-ungarico; tale dichiarazione mi venne confermata da Lord Salisbury che aveva ricevuto da Sir Henry Elliot informazioni speciali al riguardo. Le difficoltà finanziarie, dissemi Lord Salisbury, si oppongono d'altronde, in questo momento, a qualsiasi aspirazione dell'Austria al possesso di Salonicco, indipendentemente dagli ostacoli che incontrerebbe per parte delle altre Potenze.

Circa la Conferenza supplementare che sarebbe proposta dalla Russia per sciogliere tutte le difficoltà tuttora esistenti per l'applicazione del Trattato di Berlino, Lord Salisbury mi disse che l'Inghilterra non avrebbe mai acconsentito a qualsiasi Conferenza che avesse per iscopo di modificare quel trattato; che in conseguenza, se vi sono tuttora questioni sulle quali bisogna intendersi, il meglio sarebbe di affidarne lo studio ad una Commissione costituita cogli Ambasciatori accreditati presso una qualsiasi delle Potenze firmatarie del Trattato.

(2) Di questa opinione di suvalov Dep1·etìs dette notizia a Nigra con d. confidenziale :::13 del 19 marzo.

387

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 359. Parigi, 6 marzo 1879, ore 15 (per. ore 17).

En rèponse à votre télègramme d'hier soir (2), jc dois vous dire que je tàcherai de saisir l'occasion favorablc pour parler à Waddington des affaires

27S

d'Egypte dans le sens que V. E. ordonne. Je suis persuadé que Waddington n'opposera pas un refus forme!, mais qu'il se retranchera dans sa dernière formule savoir: «faites si le pouvez, moi, je m'en lave les mains; je ne m'opposeraJ pas, mais je ne vous appuierai pas non plus >>. Hier au soir j'ai eu un entretien avec Waddington et nous avons causé de l'Egypte aussi. Il s'est déclaré trop mal renselgné jusqu'à présent pour étre à méme d'en parler consciencieusement Evidemment il n'alme pas aborder cette question; il m'a confié seulement que Nubar pacha désire revenir en Europe, craignant étre empoisonné ou étranglé d'un jour à l'autre, ce qui lui serait également désagréable.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 335.
388

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 360. Parigi, 6 marzo 1879, ore 15 (per. ore 17,15).

J'ai parlé à Waddington dans le sens de votre télégramme du 25 février (1), en insistant sur nécessité d'intervention de la commission européenne. Il m'a dit catégoriquement à deux reprises que l'ambassadeur de France à Constantinople et M. de Tocqueville s'étaient déclarés à Constantinople favorables à toute participation de l'Italie, mais que Keredine pacha s'y opposait S. E. n'a pas confiance dans la réussité de la combinaison Tocqueville. Celui-ci est dans les bonnes gràces de Fournier, mais il n'a pas de crédit et son projet ne ferait espérer qu'un très médiocre taux d'intérét insuffisamment garanti.

389

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 362. Cairo, 6 marzo 1879, ore 15,45 (per. ore 18,30).

Vice-Roi en outre de la déclaration faite aux agents français et anglais, que j'ai rapportée par mon télégramme du 21 dernier (2), de retenir utile appeler italien dans le Conseil des ministres, il l'a écrit dans sa note aux mémes agents que j'ai télégraphiée le 2 courant (3). Vice-Roi me di t avoir ainsi formulé sa proposition précise à Paris Londres ( 4).

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 359. (2) -Cfr. n. 336. (3) -Cfr. n. 376. (4) -Il contenuto di questo telegramma venne comunicato da Depretis a Londra e Parigi con t. 131 del 7 marzo, ore 15,20.
390

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 364. Parigi, 7 marzo 1879, ore 15,10 (per. ore 17,05).

Hier au soir M. Waddington m'a dit que décidément la ligne de démarcation dont parle votre dépeche n. 400 politique du 24 février (1), est inadmissible et que les Puissances devront forcément bient6t preter leur concours aux négociations sans s'écarter des indications du traité de Berlin.

391

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2262. Berlino, 7 marzo 1879 (per. il 15).

Le Comte de St. Vallier, après avoir visité à Friedrichsruhe le Prince de Bismarck le 3 Janvier, est parti d'ici vers le 11 du meme mois pour Paris, d'où il revenait à Berlin le 19 Février. Depu·s son retour, autant que je sache, il n'a pas été reçu par Son Altesse. Je tenais à rétablir les dates pour mieux répondre à la dépeche que V. E. a bien voulu m'adresser sous le n. 778 (2}.

Le résultat numérique des èlections sénatoriales du 5 Janvier était certainement prévu lors de cette visite, à laquelle se référaient mes rapports n. 2219 et 2227 (3); mais à cette époque il aurait été au moins prémature de tenir ur. langage analogue à celui que V. E. me signale. Récapitulons en effet les derniers événements en France. Triomphe des rèpublicains, lequel leur assure une majorité au Sénat; on se flattait encore que l'élément modéré de ce parti rétablirait l'harmonie des pouvoirs publics. Le 20 Janvier. attaques très vives contre le Ministère Dufaure, dont le programme était jugé insuffisant. La confiance icl est fortement ébranlée. Le 30 Janvier, démission du Maréchal Mac-Mahon, et choix d'un nouveau Président en la personne de M. Grévy. Le 2 Février, Ministère Waddington. Le Gouvernement Impérial reprend à espérer qu'un Cabinet aussi bien intentionné saura éviter des concessions ou des réticences qui l'affaiblissent. L'atmosphère troublée, l'incertitude ne se sons vraiment révélées que par les questions de l'amnistie, du retour des Chambres au Palais Bourbon, et au Luxembourg, par les pressions exercées sur le Gouvernement, par les prétentions agitatrices du Conseil municipal de Paris, par l'enquete sur la préfecture de Police etc. etc. mais surtout par les incohérences parlementaires. Ces derniers faits se sont produits pendant que M. de Vallier était en France ou depuis son retour à son poste. Au reste, dès le mois d'Octobre, il avait annoncé

12) Cfr. n. 357. Inviato a Launay con protocollo 778.

son départ pour siéger au Sénat dont il est membre. Cette explication a paru ici toute naturelle, et personne n'y a cherché un dessous de cartes.

Comme je l'ai mandé à V. E., on suit à Berlin d'un oeil très vigilant tout ce qui se passe chez les voisins. On se plaisait à proclamer que le Ministère actuel offrait des garanties de prudente modération. C'était un élément de sécurité. Maintenant on ne doute pas de ces intentions; mais on ne le juge plus à la hauteur de sa tàche. «Un Gouvernement en France, surtout par les temps qui courent, me disait dernièrement M. de Biilow, ne peut se soutenir qu'en déployant une grande énergie, et en se montrant au besoin prét à descendre dans la rue pour combattre à main armée les partisans du désordre. Or il ne me semble pas que l'opinion publique soit rassurée à cet égard ».

Le Prince de Bismarck pense sans doute de méme, mais il y a loin de là à vouloir donner un avertissement sévère à qui fait fausse route. La presse officieuse s'en charge suffisamment. Peut-étre méme ne voit-il pas sans déplaisir que par ses soubresauts, par son malaise intérieure, la France sert d'exemple salutaire aux peuples, qui seraient assez fous pour tenter de suivre son exemple. Dès lors le moment serait mal venu de chercher à réagir contre les institutions républicaines au delà des Vosges, aussi longtemps du moins qu'elles ne se confondront pas avec la cause du socialisme. Dans cette éventualité on aviserait certainement pour que l'ennemi que l' Allemagne a dans son pro p re camp ne se renforce point à ses portes par une coalition des mémes éléments à l'etranger. Cependant si, sous ce rapport, comme à l'égard d'une propagande républicaine, il n'y a pas imminence de danger, le Chancelier est trop perspicace, pour ne pas se rendre compte que la France se trouve sur une pente très glissante. Le régime nouveau est ballotté à tous les vents, à toutes les ambitions; la gauche s'émiette; le centre gauche surnage à peine; l'extréme gauche seule sais ce qu'elle veut. Les Monarchistes et les Bonapartistes se liguent pour combattre le Gouvernement, lequel de son còté entre dans la voie des compromissions, qul aggravent le mal et le perpétuent. Les radicaux ont beau jeu pour escalader un jour le pouvoir. Là est le péril, car ils y arriveraient avec un cortège d'inexpérience, d'illusions et de chauvinisme. Ils ne tarderaient pas par Ieurs excès à tuer la république, et à frayer la route à l'un ou à l'autre des prétendants. Comme je l'ai écrit maintes fois, les appréhensions du Chancelier se portent sur cette éventualité, car il est évident que le prétendant favorisé, quel qu'il soit, ne pourra s'appuyer que sur l'armée, et ne se maintenir qu'en relevant le prestige perdu en 1870. L'heure de la revanche s'approchera alors. Mais avant d'en arriver là, il y a bien des phases à traverser. Je ne crois pas qu'ici l'oli estime que le moment soit venu de jeter le cri d'alarme. On se borne à observer, à se préparer, pour ne pas étre surpris au dépourvu, tout en faisant la bouche en coeur à la France républicaine, moins agressive que sous une autre formt: de Gouvernement, ne serait-ce qu'à raison des embarras et de ses discordes intérieures, inhérentes à ce régime plus qu'à tout autre.

Pour ce qui concerne l'Italie, nous avons aussi mille raisons de nous tenir sur nos gardes. J'ai déjà touché cet argument dans d'autres rapports. Dans ces jours on parle beaucoup de peste, chaque Etat prend des mesures contre

telle maladie contagieuse et les exagére méme. Il serait à désirer que l'on usàt partout des mémes précautions contre les mauvaises doctrines dont la France est le foyer, et qui sont, elles aussi, de terribles pestes pour les peuples.

(l) -Non pubblicato ma cfr. n. 334, nota (3) -Cfr. nn. 187 e 211.
392

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 368. Parigi, 8 marzo 1879, ore 14,50 (per. ore 16,25).

Je viens de recevoir votre télégramme de ce matin (1), et j'en ferai mon profit pour mes entretiens avec Waddington; mais il devient de plus en plus difficile de l'aborder et de lui parler de nos affaires. La situation s'aggrave ici de jour en jour, d'heure en heure. Malgré l'opposition du président de la République et du Ministère, la commission d'enquéte à majorité a décidé hier la mise en accusation des ministres du 16 mai. Le rapporteur déposera aujourd'hui ou lundi son rapport aux bureaux de la Chambre et le débat commencera mardi ou jeudi prochain. Toutes les haines politiques se rallument. On se flatte d'en finir par un vote de blàme très-accentué. Il parait difficile qu'on s'en tienne là. Le Ministère en fera question de Cablnet de la mise en accusation; par conséquent si celle-ci venait à étre votée par la Chambre, elle entrainerait la ch·O.te du Ministère et pourrait bien entrainer aussi la démission de M. Grévy. Il faut espérer encore qu'on s'arréte devant la gravité de c es conséquences (2).

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2263. Berlino, 8 marzo 1879 (per. il 13).

La diplomatie a parfaitement raison de se préoccuper de l'intimité des rapports entre l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie. L'abrogation de l'article 5 du Traité de Prague par le Traité de Vienne du 11 octobre demier, en est un nouvel indice. Cet acte est la manifestation d'une entente plus étroite que jamais, et c'est précisément ce qui lui donne un haut intérét. Peu avant la réunion du Congrès, le Prince de Bismarck disait à un de ses amis, que le seul profit immédiat qu'il retirerait de cette réunion serait l'abolition de l'article précité. Il s'estimerait heureux que son courtage honnéte lui valùt un tel bé

néftce. C'est en partie dans ce but qu'il a usé de toute son influence pour faciliter la tache du Comte Andrassy. Le Cabinet de Vienne s'est fait un mérite en reconnaissant ces bons procédés. C'est là une excellente voie pour conduire un jour à une alliance, mais divers motifs me portent à croire, et tel est aussi l'avis de mon collègue Britannique, que cette alliance n'existe pas encore.

Il n'est pas dans les habitudes du Chancelier de contracter des engagements à long terme et pour un but qui n'est point nettemcnt déterminé. Les sympathies sont acquises au Comte Andrassy, mais le jour où cet homme d'Etat serait renversé ou quitterait volontairement le pouvoir, la face des choses changerait, surtout si l'un ou l'autre des parties hostiles ou tièdes pour l'Allemagne recueillait son héritage. Le Chancelier ne saurait dane se lier Jes mains pour un avenir qui ne lui offre pas assez de garanties. Il doit d'ailleurs des ménagements à la Russie lors méme que les journaux des deux Pays échangent en ce moment des propos aigredoux à l'occasion de prétendus griefs sur la faible assistance accordée par le Cabinet de Berlin à celui de St. Pétersbourg à l'époque du Congrès, et sur les mesures préventives adoptées ici contre la peste dont les médecins russes contestent l'existence. L'explicat'on du rapprochement très sensible entre Berlin et Vienne se trouve peut-étre dans le fait que l'Autriche-Hongrie et l'Angleterre emboitent le méme pas dans les questions Orientales. Dès lors l'Allemagne veut étre de la partie pour contròler et exercer une pression conforme à ses convenances aujourd'hui des plus favorables au maintien de la paix générale.

A ce point de vue, je suis d'op'nion que le Chancelier s'emploie à ce que le Traité de Berlin du 13 juillet soit ponctuellement exécuté. Entre lui et le comte Andrassy, il y a eu service prétè et service rendu. Ils sont quittes. Si grande que so i t l'ardeur et l'influence du parti militaire à Vienne, il est difficile d'admettre que le Gouvernement Austro-Hongrois fournisse de sitòt aux russes le prétexte de s'affranchir du traité de Berlin et lui en donne méme le signal. Ses visées d'expansion au délà des frontières du Sandjack de Novibazar ne sont un mystère pour personne, mais ces visées entrent pour le moment dans le domaine des utopies, à moins de quelque péripétie violente au moyen de laquelle on chercherait à justifier une nouvelle édition de la campagne de Bosnie.

Si le danger ne semble pas imminent, nous ne devons pas moins, camme

V. E. l'écrit dans sa dépéche n. 764 (l) à la quelle je réponds de méme qu'au

n. 770 (2), avoir l'oeil très ouvert sur une pareille éventualité. Et cela d'autant plus, que nous ne pourrions compter sur le concours du Cabinet de Berlin. Les mémes raisons qui lui ont conseillé de pousser l'Autriche à occuper la Bosnie et l'Herzégovine, parleraient en faveur d'une étappe de plus vers la mer Egée. Son centre de gravitation s'éloignerait davantage de l'Allemagne. Et méme au point de vue commerciai. celle-ci par le chemin de fer de Mitrovitza trouverait pour ses produits un écoulement plus facile et plus profitable que par Trieste ou Brindisi.

Quelle doit etre notre attitude dans ces conjonctures? S'il m'était permis d'émettre respectueusement ma manière de voir, je me range aux sages considérations contenues dans la dépeche du Comte de Robilant en date du 19 janvier dernier (l), et annexée à la dépeche précitée de V. E. n. 764. J'ai regretté dans le temps que nous eussions laissé échapper l'occasion de nous expliquer ouvertement avec le Cabinet de Vienne, et cela par un concours de circonstances dont camme d'autres de mes collègues, je puis décliner toute responsabilité, ainsi qu'il résulte de ma correspondance. La moralité à tirer pour nous du Congrès de Berlin, c'est que l'absence d'un programme bien défini, l'aveu que nous entendions garder les mains libres, nous ont fatalement conduits à etre isolés, tandisque d'autres Puissances s'étaient déjà partagé les lots. Les mécomptes étaient inévitables: de là pour moi la malchance de remplir un ròle où il ne restait plus qu'à couvrir la retraite, à sauver en quelque sorte les apparences. Cette leçon nous profitera sans doute. La réserve est de bon aloi. Elle est en effet indiquée aujourd'hui. Mais ne négligeons pas de nous prémunir dans la mesure du possible contre les surprises. Il me parait que pour donner un avertissement au moins indirect à l'Autriche, il convient de nous montrer très exigeants dans l'accomplissement de chacune des clauses du Traité de Berlin. Ni plus, ni moins, Les privilégiés et les désintéressés dans le premier partage de la Turquie d'Europe, doivent faire honneur à leur signature. Quand le moment viendra où l'expérience aura prouvé que des modifications sont nécessaires à telle ou telle autre clause, soyons plutòt les derniers que les premiers à le proclamer. L'Autriche verra alors qu'il faut compter avec nous, surtout si notre armée de terre et de mer reste sur un pied respectable. Elle comprendra aussi, sans que nous le disions nous memes, que notre résistance et notre appui pèseront dans la balance et que ce dernier impliquerait une juste compensation.

Entre-t-il dans nos convenances de l'appuyer ou de lui résister dans ses arrière-pensées d'avancer vers Salonique? Après avoir lu attentivement les débats dans nos chambres, après avoir entendu bien des avis, je serais tenté d'admettre que les deux thèses peuvent se soutenir par des arguments sérieux. Il appartient au Gouvernement d'aviser et de fixer ensuite à notre diplomatie à l'étranger une ligne de conduite parfaitement arrètée et uniforme. Son ròle va plus loin que de sonder les intentions des Cabinets, de rapporter des impressions presque toujours incomplètes. Il nous faut des instructions claires et précises qui nous permettent, en vivant dans une entière communauté des pensée avec le Gouvernement du Roi, de réfléter par notre attitude et notre langage ce qu'il juge le mieux approprié aux intérets permanents de la Dynastie et de la Nation. Et surtout point de politique sentimentale. Soyons réalistes, utilitaires, et développons les forces de notre armée. Ce n'est qu'à ces conditions que les peuples obtiennent de grands succès (2).

(l) Recte del 7; cfr. n. 389, nota 4.

(2) Con t. 390 del 14 marzo Cialdini comunicò: «Mise accusation 16 mai repoussée 317 contre 159 ordre du jour contre ministres 16 mai adopté ».

(l) -Cfr. n. 290, inviato a Berlino con protocollo 764. (2) -Cfr. n. 338. (l) -Cfr. n. 225. (2) -Con d. 795 del 28 marzo Torniell! comunicò a Launay: «Col pregiato rapporto dell'S volgente n. 2263 di questa serle, l'E. V. prendendo argomento dall'accordo stipulato non è guari fra la Germania e l'Austria Ungheria per abrogare l'articolo V del Trattato di Praga;si compiacque chiamare la mia attenzione sulle relazioni d'intimità esistenti fra quei due Stati. Sono degni di nota e riuscirono oltremodo utili al R. Governo le interessanti informazioni e gli autorevoli giudizi che V. E. mi ha comunicato su questo argomento il quale merita tutta la nostra speciale attenzione per le conseguenze che ne possono derivare >>.
394

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (1)

R. CONFIDENZIALE 173/208. Londra, 8 marzo 1879 (per. l'11).

A confermare il mio telegramma n. 231 (2) accennerò succintamente la conversazione che, in seguito al telegramma di V. E. del 2 corrente (3), io ebbi, il giorno 5 corrente, con Lord Salisbury, intorno all'andamento delle cose di Egitto ed all'importanza che vi attribuiva giustamente l'Italia.

Feci osservare che l'incidente che cagionò la recente caduta di Nubar Pacha era la conseguenza della costituzione stessa del nuovo ministero essenzialmente composto, oltre Nubar Pacha, di due altri Ministri l'uno Francese e l'altro Inglese i quali, anziché rappresentare gli interessi generali in Egitto erano considerati piuttosto come mandatari! di una categoria di creditori.

Che la cosa potesse apparire tale lo si desume dalla non esecuzione delle sentenze de' Tribunali per cui molti interessi trovansi lesi *fra i quali quelli de' numerosi Italiani stabiliti in Egitto *. Io non mancai di fare osservare che questi costituiscono la più forte colonia esistente in Egitto, paese col quale. stante la sua prossimità, l'Italia ha sempre avuto grandi relazioni. L'influenza diretta degli italiani sopra le popolazioni egizie è assai più grande di quella degìi altri europei perché la lingua vi rende i loro rapporti più facili ed a motivo delle industrie che da essi vengono esercitate. Epperciò, essendosi voluto costituire in Egitto un Governo stabile. fu grande errore quello di averne escluso l'elemento italiano che oltre di tutelare i proprii interessi sarebbe stato anche una garanzia per tutti gli altri che non sono esclusivamente quelli dei possessori di titoli egiziani.

Se poi nel ricostituire l'amministrazione disorganizzata dalla demissione di Nubar Pacha si volesse mantenerla sempre in mani dei francesi e degli inglesi ed inoltre rendere illusorio il potere del Kedive, ciò sarebbe un errore ancora più grande imperocché il Governo egizio cesserebbe di avere un capo effettivamente responsabile e non offrirebbe le debite garanzie alle altre potenze.

In conseguenza per dare a quell'amministrazione un carattere più imparziale, tale da essere accettata da tutti gli interessati di qualsiasi categoria e di rendere per cosi dire le potenze europee mallevadrki per gli interessi de' proprii nazionali, il miglior modo è quello d'introdurre nel ministero qualche altro elemento europeo che non sia né inglese né francese, e siccome l'Italia rappresenta il maggior numero d'interessi all'infuori di quelli che si riferiscono a titoli egiziani, l'ammissione di un italiano è quella che, più evidentemente, è consigliata. Che se, anziché seguire quel dettame della prudenza, la nuova amministrazione si manterrà nello esclusivismo in cui si è rinchiusa fin dal suo esordire, il nostro Governo che è pure desideroso assai che tutte le cose vengano assestate in Egitto. non potrebbe rispondere delle difficoltà che gli italiani offesi ne' loro interessi potessero arrecare a detta amministrazione.

Portai eziandio l'attenzione di Lord Salisbury sulla importanza, per l'Inghilterra, di dare soddisfazione all'Italia; i due paesi hanno interessi comuni che sono quelli di mantenere nel Mediterraneo libera la navigazione e di propugnare

* ivi ed altrove * i sani principii della libertà del commercio. L'accordo fra queste due potenze è una garanzia affinché non siano lesi i principii anzi accennati. Lord Salisbury accolse con molta attenzione e benevolenza le mie osservazioni. Egli si mostrò convinto della giustezza de' nostri reclami e della opportunità di darvi ascolto; ma egli mi disse che, mentre egli desiderava che si ottemperasse alle nostre domande, sussistevano pur troppo, come per l'addietro, i medesimi ostacoli cioè, da una parte l'opposizione de' ministri attuali, e dall'altra il timore che, ove si ammetta un italiano, le altre potenze europee pretendano di essere anche rappresentate nel ministero, alle quali obiezioni io aveva già anticipatamente risposto. Tuttavia Lord Salisbury terminò col dirmi che egli era compreso di tutta l'importanza delle ragioni che io gli aveva esposto e che avrebbe per parte sua fatto il possibile affinché fossero prese nella più seria considerazione.

Credo col mio linguaggio moderato ma ben esplicito, di aver corrisposto a quanto desiderava la E. V. come d'altronde lo posso arguire dall'ultimo di lei telegramma in data del 5 marzo (1).

(l) -Ed., ed eccezione delle parole fra asterischi, in L V 26, pp. 410-411. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 375.
395

IL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 298. Atene, 8 marzo 1879 (per. il 18).

Designato per la seconda volta, dalla fiducia di V. E., a dirigere questa

R. Legazione, son partito da Roma col deliberato proposito di rappresentare ai personaggi maggiormente influenti di questo paese, la convenienza di seguire una linea di condotta veramente pratica, nella delicata questione oggi dibattuta colla Turchia per la rettificazione di frontiera. E così, di fronte agli ostacoli che, indipendentemente dalla opposizione della Porta, ci vengono segnalati in Epiro, intendevo consigliare l'adozione di un programma più attuabile e più proficuo, nell'opinione nostra, all'avvenire della Nazione Ellenica, quale sarebbe, per esempio, una più vasta concessione territoriale in Tessaglia, in compenso di smettere, per ora, ogni pretesa sul Vilayet di Janina. Questa teoria, d'altronde, io avevo frequentemente sviluppata, fin da quando ero in Roma, nei miei discorsi col Signor Papparigopoulo, insistendo sempre sulla necessità che esiste per l'elemento greco, di non inimicarsi le popolazioni Albanesi. Tale punto di vista, fa appena d'uopo il dirlo, non incontrava però favore di sorta presso il precitato Agente del Governo Ellenico. Ciò non pertanto, mi proponevo adesso di intraprendere una vera campagna, per far entrare in simile ordine d'idee l'attuale Presidente del Gabinetto di Atene, l'uomo senza dubbio più abile ed

! l) Cfr. n. 384.

esperto che possegga oggi la Grecia, e che, da quasi quattro anni consecutivi al potere, colla sola interruzione di poche settimane, deve ormai essere in grado di valutare con precisione quanto possa attendersi da ciascheduna delle singole potenze. Mi animava a questo disegno la certezza che, essendo qui conosciuta la sincera simpatia dell'Italia e la maniera leale in cui me ne sono ognora reso interprete, il Signor Comonduros non si sarebbe ingannato sul movente che mi spingeva, ed avrebbe accolto coll'usata deferenza le parole mie. Questa sera debbo vederlo. Ma intanto bramo premettere come, nei pochi giorni trascorsi dal mio arrivo. io abbia già avuto campo a persuadermi che, fra gli uomini più serii, fra le persone più ben pensanti, prevalga il convincimento che, l'annessione dell'Epiro, e sopra ogni cosa del distretto di Janina, per ragioni politiche ancora più che etnografiche, sia assolutamente la sola soluzione capace a dare una forza reale all'elemento Ellenico, in altri termini, a dargli la posizione che gli compete fra i popoli della penisola Balcanica. Spiegherò più tardi questo concetto.

Ciò detto, a ben chiarire la situazione, sono in obbligo di aggiungere che, malgrado l'esistenza profondamente radicata del sentimento surriferito, l'apparenza poco incoraggiante rivestita dalle trattative iniziate per conseguire l'ingrandimento proposto dalla Francia e dall'Italia a Berlino, ha siffattamente abbattuto lo spirito pubblico, in generale già stanco da una lunga e ansiosa aspettativa, che all'ultimo istante si accetterebbe, o più esattamente, si subirebbe qualunque transazione minore, che, allo stato odierno delle cose, venisse raccomandata dalle Potenze, quale unico compenso ottenibile. Questa disposizione a rassegnarsi è stata palesata a V. E. nelle relazioni, sempre sì precise, scritte dal Cavaliere Pansa durante la mia assenza. Ma, in pari tempo, egli è evidente, e di ciò, a Roma, io non mi rendevo forse sufficiente ragione, che, anche a non voler tener conto dei potenti motivi i quali attirano in Epiro, più che altrove, le aspirazioni Elleniche, la Grecia non può, da se medesima scostarsi da quel programma stato per essa tracciato e sanzionato dai Governi amici, e che forma, per conseguenza, il solo suo titolo giuridico. Ciò tanto meno poi essa potrebbe fare, finché le sta a fianco una nazione come la Francia, la quale insiste, almeno lo sta facendo sin'adesso, per indurla ad aspettare con calma prudente, e a non retrocedere d'una linea dalle basi concertate a Berlino.

Ecco perché ho detto, e ripeto, che sarebbe essenzialissimo di conoscere in qual misura il Governo della Repubblica intenderà poscia di sostenere coi fatti l'attuale suo contegno pieno di promesse, ma pur anco, io temo, gravido di amarissime disillusioni.

Da me interrogato su di ciò, il Signor Tissot affermò non esservi nulla di mutato nella situazione creata a Berlino; che tutti i Gabinetti firmatari del Trattato dello scorso Luglio erano solidali verso la Grecia, e che, al momento opportuno, la Francia avrebbe saputo invocarne l'azione, facendo poi speciale assegnamento sul concorso dell'Italia per riuscire in tale intento. Ciò non di meno, non puossi negare, a mio avviso, che codeste sieno dichiarazioni molto platoniche e di un carattere assai vago. Mi pare che si vada avanti alla cieca, senz'accordo stabilito, e che lo agire così, sia un voler trattare ben leggermente una questione dalla quale dipendono gl'interessi più vitali di questo paese. Io reputo che l'istante di provocare un'intesa fra i grandi Stati sia venuto, perché, l'ho già manifestato, ma non credo sia soverchio il richiamare su ciò tutta l'attenzione di V. E., ogni nuovo ritardo non può che riuscir fatale ai voti della Grecia. Con questo non intendo insinuare che converrebbe precipitare le cose; ma lo scambiare fin d'ora qualche idea per esser pronti a entrare in azione, appena ne suoni l'ora propizia, mi fa l'effetto di una vera necessità. A me sembra che, forse l'occasione sarebbe bella per l'Italia di muovere qualche passo in quel senso, seguendo, in tal guisa, altrettanto l'impulso dei generosi principi che formano la base della sua trad'zionale politica, quanto la voce di un interesse proprio, ch'essa ha indubitatamente nel promuovere lo sviluppo del regno Ellenico.

Passo inoltre sotto silenzio che, non so con quale vantaggio ora si lasci, a tutto detrimento nostro, guadagnar tanto terreno all'influenza della Francia. A questa compete la parte più generosa. A noi, mi si conceda il dirlo, la più secondaria, e disgraziatamente non scevra di sospetti; avvegnaché non sia ignorato lo spirito sfavorevole di qualche nostro funzionario in Epiro, e non esito ad affermare che, ci vuole nientemeno che una fede incrollabile nell'amicizia, non solo del Governo, ma del popolo Italiano, per che qui simile contegno non abbia ingenerato già una seria diffidenza contro di noi. Prego l'E. V. di osservare che faccio constare un fatto e non l'apprezzo. Il tacere sarebbe tradire un sacro dovere.

Del resto, la conversazione, ritardata sino ad ora da cause indipendenti dalla mia volontà, che avrò col Presidente del Consiglio (l) per avventura dissiperà o modificherà alcune delle impressioni generalmente invalse presso di noi, intorno agli affari di Grecia.

396

IL CONSOLE A FIUME, REVEST, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 94. Fiume, 8 marzo 1879 (per. il 14).

A misura che si avvicina la primavera, prende consistenza la voce che circola già da qualche tempo, e specialmente dall'epoca del Gran Consiglio Militare tenuto a Vienna, di una più estesa invasione del territorio turco per parte delle truppe austro-ungariche, anzi l'opinione è radicata presso il partito militare che l'occupazione debba estendersi non solo nel Sangiaccato di Novi-Bazar, ma bensì fino a Salonicco. L'idea però non è popolare nel paese e tanto gli Austriaci che gli Ungheresi la combattono ad oltranza, deplorando tuttavia l'occupazione della Bosnia ed Erzegovina che si continua a ritenere fatale all'Impero. Si attribuisce alla Germania e per essa al Principe di Bismarck la machiaveUica politica di spingere l'Austria verso una nuova occupazione per alienarle sempre più gli animi dei suoi sudditi tedeschi, e sfruttando il loro malcontento, attrarli nell'orbita dell'Unità Germanica. L'odio quindi contro il

Cancelliere Bismarck è vivissimo anche nelle sfere più alte, malgrado l'apparenza in contrario. Non meno eccitato è lo spirito pubblico delle diverse razze che compongono l'Impero, essendo tuttodì testimone delle aspre polemiche dei partiti, e delle censure che si scagliano a vicenda, fino a scendere a volgari ed abbiette personalità.

Questa città si prepara a festeggiare il doppio avvenimento del centenario della prammatica di Maria Teresa che l'univa al Regno d'Ungheria, e delle nozze d'argento della coppia Imperiale. Intanto la stampa croata non cessa dal censurare la condotta del partito Ungherese di Fiume, ed i giornali di Zagabria pubblicano articoli violentissimi contro i Fiumani Italiani maggiarizzati. Non è improbabile che in occasione delle suddette feste non avvenga qualche dimostrazione ostile in senso slavo, come sempre in circostanze simili.

Altro fatto importante che si svolge in questi giorni, è il ritiro della carta moneta di piccolo taglio, sostltuendola con gli spezzati d'argento. Il popolo minuto è favorevole alla misura, non così le classi dei banchieri e degli affaristi, le quali prevedono che stante il depreziamento dell'argento, malgrado il doppio tipo sia tuttora vigente nell'Impero, l'argento stesso non tarderà a fare un aggio maggiore della carta verso la valuta metallica in oro (1).

(l) Cfr. n. 400.

397

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 135. Roma, 9 marzo 1879, ore 16,10.

Nous n'avons pas jugé à propos jusqu'ici d'appuyer les nombreuses remontrances que le comité financier de Tunis nous a fait parvenir au sujet du fonctionnement incomplet de cette institution depuis que l'inspecteur des finances français a été rappelé en France. Ce fonctionnaire désigné par le Gouvernement français ne devait tenir sa nomination que du Gouvernement tunisien, mais le Cabinet de Paris a agi avec lui comme s'il n'avalt été qu'un employé de l'administration française; l'a rappelé de Tunis, a laissé le poste vacant quelque temps et vient maintenant de lui donner un successeur. Il parait méme que ce dernier contrairement à ce qui a été convenu en 1869 n'a pas le grade d'inspecteur des finances, mais il appartient au personnel de l'administration des domaines. Ce mode de procéder de la part de M. Waddington, indique un oubli des droits positifs que les arrangements pris en 1869 entre la France, la Grande Bretagne et l'Italìe nous assurent en tout ce qui concerne la constitution de la commission financière de Tunis. Nous ne saurions donc laisser aller les choses plus loin sans demander au Cabinet de Paris de vouloir bien s'entendre avec nous aux termes de l'arrangement de 1869, avant de porter des changements dans l'organisation et le personnel de la commission ftnancière.

(l) Copia di questo rapporto venne inviata alle ambasciate con dispaccio del 28 marzo.

398

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 377. Cairo, 9 marzo 1879, ore 18,30 (per. ore 21,10).

Les Gouvernements anglais et français ont fait déclarer aujourd'hui au Vice Roi 1o qu'ils prennen t acte expression sa volonté de se soumettre Ieur décision; 2° Vice Roi pourra discuter avec le Conseil des ministres, mais ne pourra pas assister à Ieurs délibérations; 3° prince héréditaire, président du Conseil; 4° Ies deux ministres étrangers auront dro:t de veto pour toute mesure qu'ils refusent approuver; 5° on désiste exiger rentrée de Nubar pacha; 6° Vice Roi sera responsable marche régulière administration, sécurité publique.

399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2265. Berlino, 9 marzo 1879 (per. il 15).

J'ai l'honneur de Vous accuser réception de la dépeche que Vous avez bien voulu m'adresser en date du 28 février échu, n. 782 (l), et je vous exprime Ies remerciments Ies plus sincères pour vos offres obligeantes et pour la bienveillance qui m'est témoignée.

Tel est le sentiment qu'à réveillé en moi cette dépeche, se référant aux observations que je m'étais permis d'écrire à V. E. à propos de la discussion dans nos Chambres relativement à la politique étrangère et au Congrès de Berlin.

Je devrais donc borner là ma réponse. Mais au point de vue objectif de ce que je crois etre notre intérèt général, je t:endrais à exposer encore quelques considérations, dont, j'en suis conva.incu, l'esprit élevé de V. E. voudra tenir compte.

En rédigeant mon rapport n. 2251, du 21 février (2), j'avais sous Ies yeux un compte rendu de la discussion dans notre Parlement. Après avoir reçu la dépeche n. 782 et l'exemplaire mis à ma disposition par V. E., j'ai relu avec toute mon attention votre discours. Mon impression, celle que pareille lecture devait selon moi produire à l'étranger, est que nos Plénipotentiaires au Congrès ont été explicitement approuvés par des organes principaux de partis qui ne sont plus au pouvoir, tandisque le Cabinet actuel s'est borné à laisser sous-entendre son approbation, à accepter seulement le fait accompli. Je l'ai regretté, sans toutefois douter un seui instant des excellentes intentions de V. E., et sans craindre d'avoir démérité là où je n'avais eu d'autre guide

23 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

en dehors de ma conscience et du sentiment du devoir. Mais à l'étranger, ceux qui ne connaissent pas le fond des choses, ne jugent que sur les apparences (et c'est le grand nombre), seraient induits à croire que nos plénipotentiaires au Congrès de Berlin étaient les hommes d'un parti et en ont servi la politique. Or, s'il en était ainsi, notre pays serait à plaindre. Ni à un Congrès, ni dans le service diplomatique, les luttes et les fluctuations des partis ne doivent tour à tour donner la mesure de notre politique extérieure, basée sur des intérèts permanents. Lorsque le contraire arrive, l'expérience a prouvé assez souvent quelles conséquences en résultent aux moments les plus graves pour les déstinées d'un Pays. Que la seule apparence d'un pareil inconvénient se manifeste, et les suites en seraient assez déplorables: celle entre autres, pour un diplomate, de rencontrer chez les hommes d'Etat étrangers une réserve très nuisible au service.

C'est là le point de vue qui avait dicté mes observations, et tout ce qui pourra contribuer à éclairer à ce sujet l'opinion publique à l'étranger, serait à mon avis sage, habile et patriotique. Pour ma personne je ne réclame, ni désire, aucune parole à la Chambre. Mais je tiens à répéter encore combien je sais gré à V. E. des dispositions si b:enveillantes qu'Elle m'a témoignées, et de l'offre obligeante qu'Elle a bien voulu me faire.

(l) -Cfr. n. 372. (2) -Cfr. n. 339.
400

IL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 299. Atene, 9 marzo 1879 (per. il 18).

Il Signor Cumunduros, che per una temporaria assenza non avea potuto darmi subito udienza, mi ha ricevuto ieri in seguito ad apposito appuntamento.

Dopo avermi caldamente ringraziato per l'atteggiamento generoso serbato dall'Italia verso la Grecia dal Congresso di Berlino in poi, egli entrò nel vivo della questione territoriale, su cui si fondano le ultime speranze della Nazione Ellenica, la quale, ove fosse anche in questo frustrata, si troverebbe davvero ridotta a una posizione di umiliantissima inferiorità, rispetto agli altri popoli della Penisola Balcanica.

Il primo Ministro del Re Giorgio, meco si diffuse soprattutto sul grave argomento della rettificazione di frontiera in Epiro, poiché, sapendo essere questo un soggetto di preoccupazioni pel Governo Italiano, egli teneva naturalmente a fornirmi tutte quelle spiegazioni atte. secondo lui, a porre V. E. in guardia contro i maneggi, messi presentemente in opera, per rappresentare lo stato degli animi in quella provincia, come avverso ad un'annessione alla Grecia.

Era questo un terreno molto delicato per me, avvegnaché io non possa fare a meno di confessare, esser tale la unanimità di giudizio con cui, da quando son tornato ad Atene, da ogni classe di persone, private altrettanto che uffi

ciali, indigene al par di straniere, ho udito dipingere la situazione dell'Epiro in senso diametralmente opposto a quello a noi riferito, che le impressioni colle quali son partito da Roma, sono necessariamente alquanto scosse. Siccome però l'ansietà del Governo Italiano su codesto punto, scaturisce unicamente da un sentimento di schietta simpatia, e dal desiderio di trattenere la Grecia dal buttarsi incautamente in un pelago di difficoltà e di dolorose sorprese, io, ponendo la questione in modo netto e preciso sotto questo suo vero e indiscutibile aspetto, mi assicurai il vantaggio di dare al mio discorso col Signor Cumunduros quel carattere intimo ed amichevole, che accorda una mutua fiducia. E non è stato senza motivo che impiegai ogni studio a impartire alle mie parole l'accento della più aperta franchezza, imperocché non avevo tardato ad accorgermi che il Signor Cumunduros era in sulle prime alquanto impacciato, e come un uomo che, avanti di abbandonarsi alle confidenze, vuole scoprire in quali disposizioni di spirito sia il suo interlocutore. In Grecia, più che altrove, aveva per lo passato avuto corso la voce degli assurdi disegni attribuiti all'Italia sull'Albania, e fuvvi un tempo, codesto R. Ministero lo deve ricordare, in cui tali dicerie trovarono qualche credito persino nelle sfere officiali. Se di questo fortunatamente oggi non s'incontra più traccia alcuna, è innegabile però che la via è tuttora schiusa ai sospetti, i quali facilmente insorgono alla più lieve occasione. Laonde, io fallirei di certo al compito m:o ove non palesassi a V. E., in conformità di quanto ebbi a fare in antecedenti rapporti, che l'attitudine apparentemente poco benevola di taluno nostro ufficiale consolare in Epiro, di cui poi, come succede sempre, si esagera anco la portata, ripristina la diffidenza, e si presta a essere commentata in mille guise dalle masse, che non indagano le cause, ma solo restano colpite da quanto cade sotto i sensi.

Il Presidente del Consiglio, adunque mi comunicò i suoi riflessi sull'Epiro, esponendomi coscienziosamente le condizioni peculiari in cui versa quella contrada. Mi affermò che, essenzialmente per ragioni politiche la linea di rettificazione proposta a Berlino, e sovra ogni cosa l'occupazione di Janina eran indispensabili a rendere la Grecia in istato di difendere i suoi diritti nei rimescolamenti che il futuro tiene in serbo per l'Oriente. Un ingrandimento in Tessaglia, osservavami il Signor Cumundros, assicurerebbe al Regno Ellenico il possesso di fertilissimi distretti, ma in nessuna guisa lo rafforzerebbe. Mentre che l'annessione delle bellicose popolazioni dell'Epiro formerebbe, d'ora innanzi, il nerbo principale della Grecia. «Non è da Volo~. soggiungeva il Presidente del Consiglio, «che potremo considerare di esserci avvicinati a Salonicco, o che saremo in grado di contestarne ad altri il passo; ma solo in Janina si troverebbe la base capace a costituire un ostacolo di cui dovrebbe tener conto qualunque novello invasore della Penisola Balcanica che mirasse

all'Egeo~

Anche al punto di vista di mantenere buoni e cordiali rapporti coll'Albania, circostanza importantissima per le soluzioni dell'avvenire, il primo Ministro Ellenico sostiene con fervore l'utilità di avere l'Epiro, e cosi egli spiega questa teoria, che, a prima giunta, può parere un paradosso. Nella opinione di lui, colla occupazione di quella provincia da parte della Grecia i due elementi di diversa nazionalità, e in !specie di religione, conoscerebbero in modo definitivo quali sieno rispettivamente i loro limiti, dietro ai quali ognuna delle due razze saprebbe di essere al sicuro. Inoltre, i musulmani, che, anche dopo l'annessione alla Grecia, rimarrebbero in Epiro, non indugerebbero a toccar con mano la valida protezione che accordano le leggi Elleniche ai diritti di tutti i cittadini. Il nuovo e prospero stato di cose, che in codesta maniera verrebbe a inaugurarsi colà, eserciterebbe una salutare influenza anche all'infuori del proprio raggio, e propagherebbe come un'aura di conciliazione alle circostanti regioni. Per guisa che, l'Albania la quale, a parere di molti qui, non potrà mai, malgrado le apparenze contrarie, avere una vera vita autonoma, sarebbe piuttosto att1rata il giorno dello sfacelo dell'Impero Ottomano, verso quel paese che già possedesse l'Epiro, anzi che verso l'Austria-Ungheria, nelle cui braccia però dovrà pur troppo ineluttabilmente cadere, se o in una foggia o in un'altra non unisce i suoi destini con quelli del Regno Ellenico, entro i cui conf1ni attuali già esistono sì numerose colonie Albanesi. Con siffatto abile argomentare, il Signor Cumunduros trae la conclusione che l'Italia e la Grecia hanno nella quest.one Albanese vitali interessi comuni, a tutelare i quali nulla maggiormente varrà quanto il passaggio dell'Epiro sotto lo scettro di Re Giorgio. E a dimostrarmi viemmeglio il suo asserto, il Presidente del Consiglio si era procurato per sottopormelo confidenzialmente, un notevole rapporto, in data del 3 corrente, del Console Generale di Grec1a a Costantinopoli, in cui venivano denunziate, con abbondanti prove in appoggio, le mene anti-elleniche degli Agenti Consolari Austro-Ungarici ad Arta ed a Prevesa. Egli menzionò infine con amarezza come il Conte Zichy a Costantinopoli fosse stato, fra tutti gli Ambasciatori, quello che avesse risposto in senso meno favorevole alla Grecia, circa la domanda della Porta, sulla interpretazione a darsi al Protocollo n. 13 del Congresso di Berlino. Tal fatto era per lui un indizio sign.ficantissimo degli

ulteriori progetti del Conte Andràssy nella penisola Balcanica.

Rimaneva al mio interlocutore ancora un punto da esaminare e una obiezione da confutare. Se cioè sia vero che l'anness.one dell'Epiro alla Grecia non sia conforme ai voti degli abitanti, se questi perciò si appresterebbero a far resistenza. Il Signor Cumunduros naturalmente sostiene a tutt'oltranza la tesi contraria e asserisce che il sembiante di agitazione che si vorrebbe colà introdurre, sia opera dei Turchi altrettanto che degli Austriaci, e che entrambi, sebbene con iscopi diversi, sfruttino pei loro fini particolari il fanatismo della Lega Albanese. Non negò che, sino ad un certo punto, codesti raggiri avessero conseguito l'intento di gettare il dubbio e lo sconforto, non solo nella parte musulmana delle popolazioni, ma anche fra non pochi cristiani, fuorviando così i criteri di vari Consoli Esteri. Che però tutto questo era un lavoro fittizio, e che il preteso fermento anti-ellenico cesserebbe come per incanto appena fosse avverato che l'unione di quelle contrade alla Grecia è stata decisa dall'Europa e consent:ta dalla Turchia. A persuadermi di ciò il Presidente del Consiglio mi fece vedere un rapporto del proprio Console a Janina, in data del 28 febbraio, che pure s'era fatto rimettere dal Signor Delyanni. Con tale ufficio il citato funzionario trasmetteva a questo Ministero degli Affari Esteri una lista di categoriche e formali entrature stategli fatte dai principali Capi Albanesi,

sia con animo di assicurarsi la protezione delle sostanze loro, sia per stabilire

le ricompense, mediante le quali essi promettevano il più leale appoggio alla

bandiera Ellenica.

Qui acchiuso mi pregio trasmettere un notamento dei principali paragrafi

consegnati in quel documento.

Per non dilungare di soverchio questo rapporto, accennerò in breve alla

E. V. qualmente io abbia tranquillato il Signor Cumunduros sul vero movente che induce il Governo del Re a esigere dai suoi Agenti Consolari a Janina e a Prevesa le più scrupolose relazioni su quanto avviene nei loro distretti, in vista di rendere, se possibile, un serviz'o alla Grecia istessa.

La conversazione di cui ho l'onore di render conto essendosi sempre man

tenuta con quella impronta di cordialità ch'io ebbi cura di darvi fin dall'esor

dio, ho schiettamente additato alla gravità dello scandalo che nascerebbe se,

realizzandosi la tanta vagheggiata annessione, succedesse poi che i greci fos

sero ricevuti in Epiro come gli Austriaci lo furono in Bosnia, o a un dipresso.

Anche ammettendo in s:ffatta ipotesi la circostanza attenuante che tale sup

posta resistenza fosse per essere suscitata dalla Lega Albanese e sostenuta da

Agenti venuti da fuori, l'effetto che ne proverebbe l'Europa sarebbe tuttavia dei

più deplorevoli, potendo ciò dimostrare che esistano in Epiro abbastanza ele

menti discordi, da permettere di organizzare una formidabile opposizione.

Senza la menoma esitanza il Signor Cumunduros qualificò assolutamente

infondate codeste sinistre previsioni, e nel darmi incarico di farne parte all'E. V.,

emise la speme che il Governo del Re smetterebbe ogni inqu:etudine a tale ri

guardo, e continuerebbe ad appoggiare le giuste aspirazioni della Grecia.

Ad onor del vero deggio eziandio aggiungere che nessuno, fra quanti uomini autorevoli ho avvicinato, dimostra di nutrire apprensione di sorta, che siena per incontrarsi oltre ai confini del Regno Ellenico le difficoltà che a noi vengono segnalate.

ALLEGATO

CONFIDENZIALE.

I Capi Albanesi accetterebbero l'annessione dell'Epiro alla Grecia alle seguenti condizioni: 1° Che a ciascheduno di essi sia dato il rango di Maggiore nell'esercito ellenico, e un grado di più ai già militari.

2° Che sia concessa a tutti la decorazione del Salvatore.

3° Che siano rispettate le proprietà e la religione di ciascheduno.

4° Che sia accordata una indennità legale per tutte le proprietà occupate dal Governo Ellenico.

5° Nel caso che, il Governo dovesse occupare l'Epiro colla forza, i capi suddetti promettono di prendere le armi in favore del Regno Ellenico, purché da questo siano loro fornite le armi e le munizioni.

401

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 785. Roma, 10 marzo 1879.

Segno ricevuta a V. E. del Rapporto politico n. 2253, del 26 febbraio scorso (1), e qui Le accludo un paragrafo in cifra.

ALLEGATO.

Annesso cifrato.

Les dernières communications du Ministère ont appris à V. E. les motifs pour lesquels nous devons hésiter à nous prononcer dans la question de la nouvelle délimitation de la Grèce. Nous devons tenir compte des informations que nous recevons de l'Epire. S'il arrivait que la cession d'une partie du territoire de cette province fUt le signal d'une révolte armée de la population albanaise nous pourrions nous trouver en présence d'un de ces cas pour lesquels l'Autriche prétendrait avoir le droit d'intervenir en Albanie. Le principe une fois admis au Congrès de Berlin que le droit d'intervention découle de la nécessité d'empecher l'anarchie dans le pays voisin, le soulèvement albanals ne fournirait-il pas un prétexte au Cabinet de Vienne pour mettre à exécution le projet d'invasion de l'Albanie? Voici pourquoi nous devons etre extremement réservés sur ce thème que nous ne voudrions aborder que lorsque il sera nécessaire de nous prononcer pour la médiation. L'attitude de l'Allemagne dans plusieurs questions qui nous touchent de près est loin de nous rassurer sur ses dispositions à notre égard. Il vaut donc mieux ne pas entrer pour le moment avec elle en pourparlers sur cette affaire. Ce que nous dirions à Berlin serait très probablement répété à Vienne.

402

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

D. 789. Roma, 10 marzo 1879.

Giuntami col rapporto del 23 febbraio n. 1409 (3) la nota della Sublime Porta, relativa alle osservazioni da noi presentate circa la combinazione Tocqueville, mi reco a premura di porgerle secondoché mi riservai di farlo col dispaccio del 25 febbraio n. 782 (4) istruzioni ulteriori e atte a meglio chiarire il pensiero del R. Governo.

Anzi tutto, la Sublime Porta non sta precisamente nel vero quando afferma che il Gabinetto di Roma sembra considerare come pericolosa, per gli interessi dei portatori italiani, la presenza di quattro specialisti stranieri nella Commissione che sarebbe incaricata della gestione dei cespiti assegnati al servizio del debito pubblico ottomano. Il Governo del Re non ha mai concepito, né poteva concepire un simile pensiero. Bensì è a nostra notizia che l Comitati del portatori italiani non paiono disposti ad accogliere la combinazione dei Tacqueville, od altra consimile, se non alla condizione che la presenza di specialisti italiani, nella Commissione d'amministrazione delle rendite vincolate, fornisca

ad essi quelle stesse guarentigie che la presenza di specialisti inglesi e francesi

porge ai creditori di quelle due nazionalità.

Soggiunge la Sublime Porta, nella sua nota, che, se fu rivolta ai Governi di Francia o d'Inghilterra la preghiera di designare due specialisti per l'amministrazione delle rendite vincolate, ciò avvenne a rich~esta del signor de Tocquevllle e con l'intento di garantire gli interessi dei portatori d'ogni nazionalità.

Noi non contrastiamo che così sia accaduto. Però a noi consta che, cosi il signor de Tocqueville, come i Governi di Francia e di Inghilterra non farebbero punto opposizione alla partecipazione dell'elemento italiano, la quale, invece, è avversata dalla Sublime Porta.

Posto così in sodo che la partecipazione di specialisti italiani è voluta dai nostri nazionali, portatori di rendita ottomana, e non è punto contrastata, né dai Governi di Francia e d'Inghilterra, né dai mandatari dei portatori appartenenti a quelle due nazionalità, non si scorge perché la Sublime Porta voglia persistere nella sua opposizione. Imperocché, trattandosi di un mandato di fiducia, quale è quello che sarebbe conferito agli amministratori delle rendite vincolate, è naturale che i portatori italiani intendano di attribuirlo a tali che rappresentino direttamente i loro interessi, e non già a delegati scelti da altri Governi.

La Sublime Porta rammenta che la Commissione additata dal protocollo XVIII del Congresso di Berlino non dovrebbe avere altro scopo all'infuori della ricerca di un accordo tra l'erario ottomano e i suoi creditori, ed afferma non essere il caso di ricorrere a tale Commissione, dal momento che siffatto accordo è già in buona via di formazione. Ora non è a conoscenza nostra che, tra i numerosi possessori di rendite turche in Italia, esista anche un solo gruppo che finora siasi associato al mandato conferito al signor de Tocquevllle, o che ne abbia ratificato la divisata combinazione. E, come il capitale di rendita turca esistente in Italia non potrebbe valutarsi a meno di settecento milioni, ben si scorge quanto sia problematico il valore della affermazione della Sublime Porta, potersi cioè già considerare come assenziente la massa dei suoi creditori.

Certo non può essere intendimento del Governo italiano di alterare, con la intromissione di considerazioni d'ordine politico, il carattere che deve essere proprio di provvedimenti essenzialmente finanziari. Ma il Governo del Re non può disconoscere che il protocollo XVIII del trattato di Berlino ha per l'appunto preveduto la contingenza di reclami per parte dei detentori di rendita ottomana, e, nella previsione di tale ipotesi, i plenipotenziari furono concordi nel deliberare che la ricerca dei mezzi più efficaci per soddisfare a tali reclami, compatibilmente con le condizioni finanziarie della Sublime Porta, dovesse affidarsi ad una Commissione di specialisti nominati dai Governi firmatari del trattato di Berlino.

La contingenza che a Berlino erasi prevista accenna, per l'appunto, a verificarsi. Oramai consta (astraz:one fatta dai reclami che sono venuti da altra parte) che i portatori italiani non hanno favorevolmente accolto i provvedimenti divisati dalla Turchia per regolare la questione del suo debito. Molti di essi hanno, anzi, già fatto pervenire istanza al Governo del Re per una più

efficace tutela dei loro interessi, e per attenerne più valida guarentigia. Il Governo del Re deve adunque mantenere ferme le riserve enunciate nella nota del 21 febbraio né può dichiararsi pago delle spiegazioni contenute in quella a lei diretta il 23 febbraio dal ministro degli affari esteri di S. M. il Sultano, alla quale prego la S. V. di voler replicare, conformando il suo linguaggio al contenuto del presente dispaccio.

(l) -Cfr. n. 366. (2) -Ed. ad eccezione del brano fra asterischi, in L V 27, pp. 116-117. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 346. (4) -Non pubblicato ma cfr. n. 353.
403

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI

T. 137. Roma, 11 marzo 1879, ore 14,45.

Nous n'avons jamais cessé de faire entendre à Constantinople, aussi bien qu'à Athènes, qu'à notre avis les deux parties directement intéressées devraient d'abord faire toute le poss.ble pour arriver à une entente au sujet de la rectification des frontières. J'ai tenu avec insistance ce méme langage lorsque, tout dernièrement, on nous a commuiqué un nouveau projet de tracé qu'on a imaginé à Constantinople et dont vous avez sans doute connaissance. En ce qui concerne ce projet de tracé, à l'égard duquel la Porte a interrogé les différents Cabinets, nous avons cru, ainsi que la pluspart des autres Puissances, ne pas devoir nous prononcer, bien que notre opinion ne puisse certes pas lui étre favorable. Mais nous pensons devoir entièrement nous réserver pour le jour où la négociation directe étant épuissée, le Puissances seraient appelées à exercer leur médiation.

404

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI (l)

D. Roma, 11 marzo 1879.

Ho l'onore di trasmettere qui unita all'E. V. copia di un telegramma (2) testé pervenutomi da Parigi, dal Comitato generale dei portatori anglo-francesi di rendita turca, ove si cerca di rassicurare i portatori italiani circa il significato e lo scopo della convenzione stipulata tra la Sublime Porta ed il signor de Tocqueville.

Il Comitato dei portatori italiani, istituito a Roma, deve avere aperto, a quanto pare, trattative con i firmatari del predetto telegramma per concretare un accordo, che guarentisca ai primi la parità di trattamento coi francesi e cogli inglesi. È stato, d'altra parte, affermato a Costantinopoli che il signor de Tocqueville abbia avuto pure facoltà di rappresentare gl'interessi italiani.

Ora codesta affermazione non ha fondamento veruno: ed il R. Governo

ha bensì ogni ragione di credere che qualora non si desse agl'Italiani la gua

rentigia di essere rappresentati da un delegato italiano nella Commissione am

ministratrice delle tasse ottomane vincolate, i nostri portatori domanderebbero

probabilmente che ad ogni altro accordo o componimento finanziario debba

-·-·

precedere l'esame da farsi dalla Commissione internazionale, preveduta dal protocollo XVIII del Congresso di Berlino.

Frattanto questo Ministero non ha stimato opportuno di mettersi in diretta corrispondenza coi firmatari del telegramma in d~scorso, e ciò in omaggio alle ragioni di ordine generale che regolano le relazioni ufficiali di un Governo con privati stranieri. Qualora però essi si rivolgessero a codesta Ambasciata, ovvero se V. E. ne ravvisasse l'opportunità, io La autorizzo a voler dar loro le spiegazioni che precedono per farli convinti dei veri propositi degl'interessati italiani.

(1) -Ed. in L V 27, p. 119, come diretta al solo Cialdini. (2) -Non si pubblica.
405

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. R. 1018. Vienna... (1) marzo 1879 (per. il 15).

Ringrazio l'E. V. per le informazioni che Le piacque darmi coi suoi dispacci del 23 e 24 scorso mese n. 685 e 689 (2) intorno al trattato GermanicoAustro-Ungarico relativo all'art. V del Trattato di Praga.

Il Signor Falbe, Ministro danese presso la Corte di Vienna, parlommi una sera, in una società, di quel Trattato chiedendomi se ne avevo tenuto parola col Conte Andrassy e ciò che ne pensassi. Io gli risposi, com'era vero, che m'era ben guardato dal parlarne col Conte Andrassy, visto che quella era una questione che non riguardava affatto l'Italia, che in quanto al mio pensiero si era che, se quel patto era stato conchiuso si era perché dalle due parti ne avevano avuto piacere. Il Signor Falbe non si contentò di questa mia scappatoja per evitare d'entrare in materia e soggiunse che del resto era evidente che, se il Conte Andrassy avesse parlato meco di quell'affare non lo avrebbe fatto nei termini stessi di cui si servì seco Lui; e per provare questo suo asserto mi disse che il Conte avevagli indicato siccome causa principale che spinse il Gabinetto di Vienna a stringere quell'accordo, le agitazioni per l'Italia irredenta a cui il Trattato dell'll ottobre era la migliore risposta, mostrando che tanto la Germania quanto l'Austria intendevano farla finita assolutamente colle rivendicazioni territoriali sotto pretesto di nazionalità. Continuando il suo discorso, il Signor Falbe, che odia cordialmente tanto la Germania quanto l'Italia e che pur di seminare la zizzania fra i due Stati non si dà cura di vagliare i mezzi per raggiungere il suo scopo, mi aggiungeva che, dopo ciò, viene facile la supposizione che il Gabinetto di Berlino non sia stato estraneo alle agitazioni dell'Italia irredenta, che così bene servirono i suoi intendimenti. Io non mostrai attaccare importanza di sorta a quella sua narrazione e risposi troncando il discorso con parole scherzose.

In quanto all'insinuazione contro la Germania non tocca a me il discuterla e neppure l'apprezzarla. Ma a riguardo delle parole che il Conte Andrassy avrebbe detto al Ministro danese non posso a meno di convenire che non le pongo affatto in dubbio, poiché troppo bene corrispondono al linguaggio tenuto in Parlamento dai Ministri delle due parti della Monarchia ed anche da

altri personaggi uff1ciali in privati discorsi che mi furono ripetuti da persone amiche.

Del resto, a mio avviso, quest'aspetto della questione non ha poi grande importanza, poiché non posso credere che unicamente per una questione teorica, l'Austria si sia rassegnata con poco suo onore a sottoscrivere un atto, quale fu quello dell'll ottobre 1878.

Giovami poi qui notare che anche il Signor Falbe mi fece cenno dell'intenzione del Suo Governo di riprendere direttamente le trattative colla Germania per la retrocessione dei distretti Danesi del Nord Schleswig, dicendomi che il Conte Andrassy avevagli ripetutamente e marcatamente detto, quello essere il partito a cui attualmente il Governo danese doveva ora appigliarsi. Per intanto constato che la Danimarca non accennò a voler tenere il broncio al Gabinetto di Vienna per l'operare a suo danno. Si parlò per un momento del richiamo del Ministro ma anche queste voci caddero tosto. Veramente il S1gnor Falbe non ebbe conoscenza del Trattato se non quando la notizia fu appositamente divulgata dai due Gabinetti firmatari; ma di ciò non gli si potrebbe fare appunto, giacché, come già altre volte ebbi a dire nessun altro Governo trovasi come quello Austro-Ungarico in così favorevoli condizioni per non lasciare che un segreto, che vuoi mantenere in ordine alla politica estera, traspiri, l'azione del Ministro degli Affari Esteri non avendo d'uopo che dell'assenso del Sovrano, svolgendosi essa intieramente all'infuori di ogni consolidarietà di altri Ministri. Se il Ministro danese a Vienna ebbe un torto, si fu esclusivamente quello di non aver mai ritenuto possibile un serio riavvicinamento dell'Austria alla Germania, ponendo egli cieca fiducia nelle assicurazioni che venivano date in proposito da quelle persone irreconciliabilmente ostili alla Prussia (ed all'Italia anche s'intende) che egli frequenta esclusivamente ed alla cui preponderante influenza a Corte egli presta soverchia credenza (l).

(l) -Nell'originale manca il giorno di partenza. Si inserisce qui poiché il r. 1019 da Vienna, pervenuto anch'esso il 15 reca la data 11 marzo. (2) -Non pubblicati.
406

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 383. Vienna, 12 marzo 1879, ore 17,22 (per. ore 18,20). Schwegel est venu me lire un télégramme Andrassy, dans lequel il est dit que

S. M. l'Empereur ayant apprécié le langage tenu par V. E. en réponse à interpellations sur la politique étrangère qui ont eu lieu dans nos Chambres, ainsi que l'attitude énergique prise par le Gouvernement du Roi en face du parti qui avait provoqué !es manifestations si hostiles à !'Autriche année dernière, se plait accepter invitation de faire représenter son armée à la pieuse cérémonie du 23 mars à Novare comme témoignage sentiments d'amitié qui lient maintenant Ies deux pays, et donne ordre en conséquence. Trouvant pour mon compte un peu superflues toutes ces considérations, je me suis borné à remercier de vive voix pour communication, disant que j'aurais informé V. E. de l'envoi d'un délégué armée autrichienne à la dite cérémonie, et me suis abstenu de demander copie du télégramme, voyant qu'on était disposé à me la donner, si j'en

avais exprimé désir. Maintenant il faut empécher que toute démonstration hos. tue à l'Autriche puisse se produire à cette occasion, car après notre invitation, la moindre chose serait absurde.

(l) Questo rapporto fu comunicato a Berlino con d. 797 del 28 marzo.

407

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1021. Vienna, 12 marzo 1879 (per. il 15).

La presente sessione delle Delegazioni riunite a Pest volge al suo termine, e come sempre, dopo un simulacro di accanita opposizione ai progetti di legge presentati dal Governo, quelle assemblee finiscono, stante la speciale loro composizione che dà la predominanza agli elementi Parlamentari, ligi a qualunque costo al Sovrano ed al suo Governo per approvare ogni cosa e lasciare anche, ben si può dire, per l'avvenire ogni maggior libertà d'azione al Ministero comune, cioè al Ministro degli Affari Esteri che ne ha la Presidenza. Dalle discussioni quindi avvenute in quelle Assemblee impossibile riesce formarsi un criterio sulla futura azione dell'Austria-Ungheria negli affari Orientali: questa si svolgerà a seconda delle circostanze e dell'impulso che verrà dato dalle sponde della Sprea. Pel momento ritengo che la politica del Gabinetto di Vienna si manterrà ferma all'eseguimento integrale del Trattato di Berlino, onde ottenere cosi il completo ritiro delle truppe Russe dalla penisola dei Balkani: allorché ciò si sarà effettuato non si mancherà di cogliere tutte le propizie occasioni per compiere coi minori possibili sacrifizi il programma che ha per mèta Salonicco. Ho però ragione di credere che si procederà in tal senso senza precipitazione; le dure esperienze fatte nella occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina consiglieranno molto probabilmente il Gabinetto di Vienna a proseguire l'opera sua con maggior cautela. La constatazione che il Paese ha dovuto fare in base alle dichiarazioni stesse del Ministro della Guerra, che fu necessario mobilitare lo scorso anno una forza di 300 mila uomini, onde avere 150 mila combattenti da opporre a 30 mila insorti, produsse un'impressione di cui il Governo non potrà a meno di tener conto per l'avvenire.

408

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 140. Roma, 13 marzo 1879, ore 13,30.

La Porte vient de nous faire une communication télégraphique de laquelle il ressort qu'elle considère comme contraires à ses droits et à sa dignité les quatre articles du projet de la constitution bulgare dont l'indication suit: article ler où il est dit que ce territoire de la Bulgarie ne pourra étre agrandi ou diminué sans l'a$sentiment de la grande assemblée nationale -article 2 d'après lequel une rectification de frontière pourra s'effectuer avec l'autorisation de

l'assemblée nationale ordinaire -article 3 où il est dit que la principauté de Bulgarie est un Gouvernement constitutionnel se trouvant dans des rapports de vassalité envers la Sublime Porte au lieu de dire tout simplement que la Bulgarie est sous la suzeraineté de la Parte-article 22 où il est ovit que la dignité princière est héreditaire dans la descendance du premier prince elu. La Porte considère comme étant en opposition formelle avec l'article 3 du traité de Berlin toute disposition du statut bulgare concernant le droit d'hérédité de la dignité princière.

Je prie V. E. de s'informer si la mème communication a déjà été faite au Cabinet ... et de me télégraphier le sens de la réponse que le Cabinet a faite à la Porte (1).

409

IL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 392. Atene, 14 marzo 1879, ore 14,50 (per. ore 15,40).

Comoundouros me pr:e de mander à V. E. textuellement ceci: «Gouvernement grec considère prolongation du séjour de ses commissaires à Prevesa, non seulement inutile, mais nuisible aux intéréts de la Grèce, parce que l'impossibilité d'une entente avec la Turquie est désormais certaine et la continuation de l'état actuel des choses est préjudiciable sous tous les rapports et affecte dignité et prestige de la Grèce vis-à-vis des populations chrétiennes des provinces limitrophes. En outre, pays se ruine par la nécessité de maintenir forces extraordinaires et se consume devant danger de la situation intérieure. Gouvernement grec espère que ces considérations ne sont pas en opposition avec les idées des grandes Puissances, et il adresse au Gouvernement italien prière tout spéciale de prendre une initiative dans le but de s'entendre avec le Cabinet français afin que d'un commun accord les deux Gouvernements d'Italie et de France qui ont eu initiative à Berlin, prennent aussi soin de provoquer intervention des autres grandes Puissances pour l'exécution de leur décision ». Président du Conseil m'a dit en outre que M. Delyanni a invité Photiades bey à informer son Gouvernement de la convinction à laquelle on est arrivé ici sur l'inutilité de continuer négociations directement avec la Turquie. On ne sait pas quel effet cette déclaration produira à Paris, mais dans tous les cas Gouvernement grec voudrait que l'Italie, en qui il piace confiance illimitée, consente à lui rendre service extrème demande, comme si c'était de son propre mouvement, pour ne point blesser susceptibilité de la France que l'on tient à ménager (2).

410

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 394. Berlino, 14 marzo 1879, ore 15,20 (per. ore 17,40).

Ambassadeur ottoman a fait hier à M. de Blilow méme communication que

V. E. m'a télégraphiée (3) au sujet de la Bulgarie. M. de Blilow a demandé à

(-3) Cfr. n. 408.

ambassadeur ottoman un pro-mémoire et s'est réservé de répondre après examen. Il va sans dire que le Gouvernement impérial n'a encore pris aucune résolution. Il m'a promis de me renseigner en son temps.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 410, 412, 414 e 437. (2) -Per la risposta cfr. n. 413.
411

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 476. Parigi, 14 marzo 1879 (1) (per. il 18).

Confermando il mio telegramma di ier l'altro (2), ho l'onore d'informare l'E. V. che nel colloquio del giorno 12, il Signor Waddington si compiacque ripetermi ad esuberanza ch'Egli non farebbe opposizione alcuna alla nomina di un Commissario Italiano, che unitamente ai Commissarì Inglese e Francese avesse la gestione dell'affare Tocqueville, a patto però, che niuna altra Potenza pretendesse immischiarsene del pari, non essendovene alcuna che abbia ,interessi di tanta importanza da tutelare come hanno Francia, Inghilterra ed Italia.

Non so nascondere all'E. V. che mi recò maraviglia grandissima di trovare così corrivo e pieghevole sul Bosforo il Signor Waddington, che rinvenni sempre aspro e intrattabile sulla Costa Africana del Mediterraneo. Qualche arcana ragione lo rendeva meno geloso di noi, meno tenace nel costante proposito di escluderci da ogni combinazione Anglo-francese. Non credo ingannarmi attribuendo l'insolita arrendevolezza del Signor Waddington all'influenza del Nunzio Apostolico, che deve averlo pregato di consentire che l'Italia potesse proteggere gl'interessi dei suoi sudditi in generale ed in part~colare poi quelli dell'Alto Clero italiano, possessore di molta rendita turca.

Pare decisamente che il Signor Tocqueville non riesca nell'intento suo. Gli è rimproverato, come errore di concetto, di stabilire anticipatamente un interesse determinato ai capitali che gli sarebbero affidati, promessa che si ritiene inattendibile e fallace. Oltre ciò, come già dissi all'E. V. Ei manca assolutamente di credito. Il suo progetto però potrebbe essere ripreso ed attuato da persone più solide e competenti. In sostanza l'ultima parola non fu detta ancora intorno alla praticabilità della combinazione Tocqueville.

412

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 396. Parigi, 15 marzo 1879, ore 13,50 (per. ore 16,30).

Savfet a fait mercredi au Cabinet français une communication analogue à celle dont traite le télégramme de V. E. du 13 (3). Waddington ne s'est pas

{3) Cfr. n. 408.

prononcé. Il a consulté Berlin et Londres pour connaitre diapason et se former ensuite une opinion. Cependant la première impression du Cabinet français a été dans le sens turc. Les prétentions bulgares sont exagérées. Il est contraire à l'esprit du traité de Berlin de laisser les bulgares de sauter à pieds joints dans l'indépendance. On me tiendra au courant.

(l) -Sic, ma i r. 474 e 475 (cfr. nn. 416 e 417) recano la data 15 marzo. (2) -Non pubblicato.
413

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI

T. 146. Roma, 15 marzo 1879, ore 18.

Avec vos deux télégrammes d'hier (l), j'ai reçu du comte Corti la nouvelle que des instructions approuvées par le Sultan ont été envoyées à Mouktar pacha. Ces instructions permettent aux plénipotentiaires tures des concessions fort restreintes. Nous le regrettons très vivement surtout pour les concessions à faire du còté de la Thessalie où nous voudrions que l'on cherchàt des compensations pour les districts de l'Epire dont la séparation de l'Albanie pourrait amener des graves conséquences. L'Italie a un intéret tout particulier à ce que la revolte n'éclate pas en Albanie. Les autres Puissances ne partagent pas cet intéret à un meme dégré. La revolte albanaise entrainerait les provinces ottomanes de l'Adriatique dans l'anarchie et le danger d'une pareille s~tuation doit etre écarté de toutes nos forces, ne fùt ce que pour éviter avec l'Autriche des froissements qui affaiblissent considérablement notre position de grande Puissance dans le concert européen.

Nous savons que la France cherche en ce moment à s'entendre avec l'Angleterre en vue des propositions sur lesquelles on espère établir une entente des Puissances. Nous serions très heureux de pouvoir rendre service à la Grèce, mais il faudra que de son còté M. Comondouros nous fit connaitre clairement et exactement ce qu'il attend de nous, afin que nous puissions à notre tour lui exposer confidentiellement nos idées et la limite dans laquelle nous pouvons lui preter notre appui.

Dans vos entretiens avec M. Comondouros n'oubliez pas que la médiation dans sa signification juridique de décision arbitrale prononcée par les Puissances n'a été qu'offerte par les Puissances et que la Turquie n'a pas accepté l'offre. C'est donc encore une question préalable à resoudre que celle de savoir si la médiation pourrait etre imposée à la Turquie. C'est surtout ces considérations qui nous ont toujours fait préférer l'entente directe de la Grèce avec la Sublime Porte à l'action collective des Puissances.

(l) Cfr. n. 409; l'altro telegramma non è pubblicato.

414

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 400/234. Londra, 15 marzo 1879, ore 19 (per. ore 20,30).

Salisbury a reçu de la Porte une communication semblable à celle qui forme l'objet du télégramme de V. E., en date du 13 courant (1), et qui se réfère à quatre articles du projet de la nouvelle constitution de la Bulgarie contre lesquels le Gouvernement ottoman proteste. Salisbury m'a dit qu'il donnait raison à la Turquie, sauf à ce qui se réfère à l'hérédité princière. Il réserve son opinion à cet égard, quoique il penche pour l'hérédité, vu que ce serait un élément de stabilité pour le Gouvernement de ce pays, qui plus que tout autre en a besoin.

415

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

D. 792. Roma, 15 marzo 1879.

Il ministro di Turchia mi ha comunicato, in questi giorni, un telegramma della Sublime Porta, nel quale si afferma essere contrario ai diritti e alla dignità della Turchia l'ammettere che l'assemblea di Bulgaria accetti alcuni fra gli articoli del progetto di statuto presentato all'assemblea stessa dal commissario dello Czar. Gli articoli che suscitano la viva opposizione del Governo ottomano sono il l0 , il 2°, il 3° e il 22°. Quali siano esattamente le obbiezioni della Sublime Porta apparisce dall'acchiuso pro-memoria, nel quale, a mia richiesta, Turkhan bey ha riprodotto i termini stessi del teleagramma pervenutogli dal suo Governo.

Delle quattro questioni, le tre prime, come ben si scorge, sono piuttosto di

forma, anziché di sostanza; e la quarta soltanto mi sembrerebbe essere al

quanto grave.

Ad ogni modo, mi sono limitato a dichiarare a Turkhan bey che avremmo

cercato di conoscere l'opinione degli altri Gabinetti sopra questo proposito, do

vendo intanto interamente riservare l'opinione del R. Governo.

A vero dire, non mi pare che le osservazioni della Sublime Porta abbiano

un positivo fondamento per quanto concerne i tre primi punti indicati nel

qui unito pro-memoria.

Le censure della Sublime Porta, rispetto agli articoli l o e 2° del progetto di statuto, avrebbero una base reale, qualora con quegli articoli si fosse voluto attribuire alla grande assemblea bu·g::~a la facoltà di ingrandire o ridurre il territorio del Principato, e alla assemblea ordinaria quella di rettificarne la front:era. Ma ciò punto non emerge nei due articoli di cui si tratta. In essi si prevede puramente e semplicemente la contingenza che abbiano ad avvenire mutamenti territoriali o rettiftcazioni di frontiera; e ciò, naturalmente, per effetto

di atti o di vicende che, a titolo di previsione storica, l'assemblea di Tirnova poteva benissimo includere nelle sue considerazioni senza venir meno, per questo, alla osservanza del trattato di Berlino. Volendo regolare, in contemplazione di quella contingenza, il proprio diritto pubblico interno, l'assemblea di Tirnova, qualora approvasse il progettftto statuto, renderebbe necessario l'assenso della grande assemblea per i mutamenti territoriali propriamente detti, e quello dell'assemblea ordinaria per le rettificazioni di frontiera. Trattasi, in sostanza, di prescrizioni puramente negative (benché, a tale riguardo, la formula del primo articolo possa sembrare più corretta, in confronto di quella del 2°), le quaU non conferiscono alla Bulgaria, o alla sua rappresentanza legale, un diritto qualsiasi di allargare o restringere la linea di frontiera. Né si scorge quindi come se ne debba in alcun modo preoccupare la Turchia o altra fra le potenze contraenti del trattato di Berlino.

Rispetto all'articolo 3 non riesce agevole discernere una differenza sostanziale tra la locuzione ivi adoperata e quella che figura all'art~colo l del trattato di Berlino; imperocché non sembri intercedere divario tra il dire che la Bulgaria è in rapporti di vassallaggio verso la Sublime Porta, come recherebbe l'articolo 3 del progettato statuto, e il dire che la Bulgaria travasi sotto l'alta sovranità (suzeraineté) della Sublime Porta, conforme si legge nel trattato di Berlino. Probabilmente la diversa locuzione può anche dipendere dalla struttura speciale della lingua bulgara. Certo però, trattandosi di locuzioni equivalenti, sarebbe preferibile, quando ciò fosse possibile, di adottare quella del trattato di Berlino.

Più grave è la quest~one riflettente l'articolo 22 dello schema di statutc., e su di essa dobbiamo in modo specialissimo riservare l'opinione del R. Governo. Non è la prima volta che si agita la questione della eredità della dignità principesca in Bulgaria. Se ne occupò la stampa di quasi tutti i paesi, non appena fu conosciuto il trattato di Berlino, non potendosi comprendere come una questione, la quale aveva creato tanti imbarazzi in Serbia e in Rumenia, avesse potuto essere oggetto, in quel trattato di una disposizione alquanto oscura e che certamente si presta alla ambiguità. Si volle che non fosse scevro di speciale significato il silenzio del Congresso su questo punto, che sarebbe stato uno dei più essenziali da risolvere. Molti dissero che, se il Congresso non erasi impegnato, in proposito, in una discussione, la ragione non poteva essere altra aH'infuori di questa: che, cioè, i plenipotenziari abbiano preferito di non occuparsi di un punto circa il quale non sarebbe stato possibile, o almeno facile un accordo. La ragione di dubitare nasce, del resto, dal valore e dal significato che si debba dare alle parole: en cas de vacance de la dignité princière. Queste parole, secondo il loro significato strettamente giuridico, sembrerebbero alludere al caso in cui fossero per mancare tutti i chiamati a succedere nella dignità principesca in Bulgaria. Questo è, infatti, il concetto che si suole esprimere con le parole: vacance du tr6ne, mentre il caso di morte, abdicazione, ecc., suolsi esprimere colle parole: successione al trono. Né si può credere che in un atto solenne, qual è il trattato di Berlino, si abbia ad attribuire alle parole adoperate un significato diverso da quello che esse hanno secondo il loro proprio valore giuridico. Ad ogni modo, la questione è troppo grave perché la si possa giudicare sulla base di un primo esame.

Intanto, però, dal fatto stesso delle osservazioni presentate dalla Sublime Porta, emerge una considerazione che mi sembra degna di nota. La Sublime Porta accenna a voler arrecare, nei suoi rapporti col nuovo Principato di Bulgaria, quello stesso spirito che dominò sempre negli atti della politica sua verso la Rumenia, la Serbia e il Montenegro. Le proteste, le riserve, le osservazioni della Turchia non hanno punto giovato ad attenuare l'etllcacia di diritti già posseduti, mentre contribuivano a creare uno stato di permanente ostilità tra i vassalli e •la potenza alto sovrana. Gli amici della Turchia dovrebbero augurarle che gli stessi errori non si ripetano rispetto alla Bulgaria.

Queste considerazioni sono, beninteso, per uso riservato di Lei, premendomi che Ella abbia esatta e completa notizia del nostro intimo pensiero circa il presente argomento.

(l) -Cfr. n. 408. (2) -Ed. in L V 27, pp. 154-156.
416

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 474. Parigi, 15 marzo 1879 (per. il 18).

Dacché il Signor Waddington divenne Presidente del Consiglio riesce ditllcilissimo di potergli parlare ed impossibile quasi sempre di ottenere risposta sul momento e nemmeno più tardi. Si direbbe che il Ministero degli Esteri non funziona più. Ciò spieghi all'E. V. come e perché io abbia taciuto sin'ora intorno alle gravi questioni che furono argomento di lettere e telegrammi suoi.

Mercoledì scorso, avendo ottenuto un colloquio col Signor Waddington ne approfittai per rendermi ben conto del suo pensiero relativamente alla delimitazione della nuova frontiera turco-greca.

Anzi tutto, in onore del vero, devo rettificare il concetto in cui sembra tenuto a Costantinopoli. Egli non parteggiò mai per la cessione dell'Epiro alla Grecia; e ricordo benissimo che ritornando da Berlino il Signor Waddington disse meco: «Converrà dare alla Grecia buona parte della Tessalia e poca dell'Epiro ».

Oggidì, quantunque desideroso di risolvere la quistione greca e di allontanare così la causa o il pretesto di nuove possibili complicazioni Egli ritiene però che non sì possa arrivare ad una soluzione praticamente accettabile e durevole se non si proceda a previo accordo coll'Inghilterra, la quale ora si mostra più sollecita degli interessi turchi di quanto lo sia degli interessi greci. Stabilito l'accordo coll'Inghilterra sulla base predetta, di annettere, cioè, alla Grecia una grossa parte della Tessalia e poco o nulla dell'Epiro s'inviterebbero allora le grandi Potenze segnatarie del trattato di Berlino ad esercitare una pressione collettiva sulla Turchia e la Grecia onde la progettata frontiera fosse accolta da ambe le parti interessate.

n Signor Waddington aveva conoscenza del magnifico rapporto del Signor De Gubernatis (1), pregevolissimo per forma e sostanza. Come poi codesto rapporto gli fosse noto non disse. Il fatto sta che le sagge considerazioni di che va ricolmo lo avevano grandemente impressionato. La razza albanese (an

24 -Documenti diplomatici -Berle Il -Vol. XI

dava dicendo il Signor Waddington) è sommamente fiera e non conviene metterla a dura prova disponendo dell'Epiro a suo malgrado. Gli Albanesi sono molto avidi di denaro e forse per mezzo di spontaneo contratto cederebbero quella parte di Epiro che non vogliono accordare alla prepotenza ed all'ambizione altrui. Ma ad ogni modo torna meglio lasciar l'Eplro in disparte e tentare, se pur riesce, di ottenere dalla Turchia la cessione di una gran parte della Tessalia. Per doloroso che ciò le sia, le parrà sempre sacrificio minore della perdita di Janina e delle valli d'Arta del Frai, e del Kalama.

Al punto di vista italiano questa soluzione risponderebbe meglio d'ogni altra, se non erro, agli interessi nostri. L'Italia proteggerebbe nei limiti del possibile l'aggrandimento greco, elemento che deve contrapporre all'elemento slavo. Lo potreggerebbe allontanandolo con saggia previdenza dalla costa adriatica; risparmiando così la suscettività albanese, che forse ne rimarrebbe a noi riconoscente e ciò che più monta spingendolo attraverso i campi di Farsaglia, che il genio di Cesare rese immortali, per la valle del Salambria, o Selimbria, oltre Larissa, sino alle pendici dell'Olimpo quasi a tutela di Salonicco, quasi a minaccia dell'Austria, che volesse impadronirsene.

Giacché venni a parlare dell'Austria finirò col dire che il Signor Waddington ammette bensì essere l'occupazione di Salonicco un desiderio del Conte Andrassy: ma lo considera di attuazione assai dimcile e problematica, sembrando sin d'ora poco probabile che l'Austria avanzi quest'anno sino a Novi-Bazar.

(l) Trattasl probabilmente del n. 379.

417

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 475. Parigi, 15 marzo 1879 (per. il 18).

Nel colloquio da me avuto col Signor Waddington il 12 corrente, mi feci premura di parlargli nel senso del telegramma che V. E. mi dirigeva il 9 del presente mese (l) riguardo al cambiamento avvenuto a Tunisi dell'Ispettore francese di Finanza.

Com'ebbi l'onore d'informarne l'E. V. con mio telegramma del 12 stesso (2) il Signor Waddington si studiò di togliere ogni importanza al richiamo dell'Ispettore di Finanza ed al modo sbrigativo col quale fu proceduto alla nomina del successore. Il Signor Waddington disse che l'Ispettore di Finanza erasi posto, e viveva in urto perpetuo col Console generale di Francia a Tunisi, che nell'affare del Conte Sancy aveva apertamente sposata la causa del Bey e dei suoi agenti, osteggiando per tal modo gl'interessi francesi; che per sole ragioni disciplinari fu necessario di richiamarlo da Tunisi; ch'egli venne rimpiazzato da un alto funzionario del demanio abile in materia di finanza, assai pratico delle cose di Tunisi, gradito ugualmente dal console generale e dal Bey; che eragli sembrato d'agire in pieno diritto prescindendo dal consultarci in una faccenda di indole puramente disciplinare, rimanendo le cose in statu-quo senza alterazione, né perturbazione di sorta.

Dopo aver ringraziato il Signor Waddington delle date spiegazioni dovetti osservargli che gli accordi conchiusi nel 1869 fra la Francia, l'Inghilterra e l'Italia non sembravano consentire a lui codesta libertà di mutare il personale e l'organismo della Commissione finanziaria di Tunisi, senza previa conoscenza ed annuenza delle altre due potenze interessate. Perciò non trovando abbastanza soddisfacente la sua risposta gli lasciai una nota verbale in proposito, che ad ogni buon fine aveva recata meco, alla quale il Signor Waddington promise rispondere al più presto. Ma sinora non tenne parola.

(l) Cfr. n. 397.

(2) Non publ.>l!cuto.

418

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 190/211. Londra, 16 marzo 1879 (per. il 20).

Ieri, nel parlarmi degli affari di Turchia, Lord Salisbury mi disse nuovamente che la proposta Tocqueville poteva considerarsi come intieramente fallita. Io risposi che gli affaristi non si disgustano così facilmente e che probab~lmente essi ripiglieranno la questione sotto un'altra forma. A questo proposito i'J accennai al nobile Lord il telegramma dei presidenti dei comitati francese ed inglese dei portatori del 6 % e del 5 % Turco, indirizzato a V. E. e comunicatomi con dispaccio di codesto Ministero di questa serie n. 543 in data 11 corrente (l), notando che se i capi di questi comitati avevano potuto indurre alcuni dei portatori italiani ad acconciarsi a rimettere i proprii interessi in mani di commissari francesi ed inglesi, il nostro Governo non la intendeva in questo modo. Il Signor Tocqueville non aveva avuto a Costantinopoli facoltà di rappresentare gli interessi italiani, e qualora non si desse agli italiani la guarentigia di essere rappresentati da un delegato italiano nella commissione amministratrice delle tasse ottomane vincolate, i nostri portatori domanderebbero senza dubbio, che ad ogni accordo o componimento finanziario debba precedere l'esame da farsi dalla commissione internazionale preveduta dal protocollo XVIII del Congresso di Berlino, domanda che il nostro Governo dovrebbe sostenere.

Dalle poche parole che mi disse Lord Salisbury non mi pare che egli nutra grande simpatia per la combinazione Tocqueville od altre consimili.

419

IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, DE GUBERNATIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4. Prevesa, 16 marzo 1879 (per. il 22).

Riandando meco stesso le osservazioni fatte nel mio soggiorno qui, mi vengono suggerite alcune considerazioni che stimo utile di sottoporre all'alta

sua apprezzazione. Prima d'ogni cosa mi pare interessante di esaminare se fra il maximum preteso dai Greci e il minimum che vorrebbero dare i Turchi, sotto il pretesto dell'agitazione Albanese, non esista per lo stesso Epiro alcuna via di mezzo per conciliare gli opposti interessi. Gli uni pretendono che gli Albanesi non servono che a mascherare la negativa diretta della Porta e che quindi una pressione sulla Turchia darebbe per risultato il maximum voluto dai Greci; altri dicono invece che gli Albanesi non cederanno mai un palmo d'Epiro e che conviene trattar con essi, non mai con la Porta. Fra i due estremi il medio esiste; gli Albanesi vedono in pericolo la loro nazionalità ma non cercano conquiste; là dove sono essi vogliono restare e restarvi liberi da ogni Greco dominio; là dove non sono più, non cercano di ritornare, fuorché a Janina che sembra loro punto centrale e interessante alla loro causa. È dunque possibile di trovare un accordo fra così contrarie tendenze, e per giungervi conviene anzitutto escludere dall'annessione i distretti puramente Albanesi di Margariti e Paramithià e quello pur anche di Parga che sta sulla riva dritta del Mavropotamos. La controversia si riduce allora a distretti mezzo Albanesi e mezzo Greci, o intieramente Ellenizzati, e perde il suo carattere acuto. I due punti principali che solleverebbero ancora contestazioni sono la penisola di Prevesa e la pianura di Janina; Prevesa è il miglior porto d'Epiro, il più frequentato, il più strategicamente situato e si comprende che Greci ed Albanesi vi tengano; non a torto Augusto aveva costruito sull'istmo della penisola ,la gran città di Nicopoli con tre porti, l'uno sullo stretto (Vathi) l'altro sul golfo di Arta (Majona), il terzo sull'Ionio (Nitika). Nella penisola di Prevesa gli Albanesi sono in quasi ugual proporzione mescolati agli Elleni, ma un tempo tutti parlavano Albanese, come oggi tutti dal più al meno parlano il Greco. Commercialmente parlando però Prevesa non è sbocco al commercio dei distretti Albanesi e lo è piuttosto dei distretti Greci; gli Albanesi accorrono d'abitudine preferibilmente a Murto, Saiada, Santi Quaranta; non mi pare adunque impossibile di ottener dagli Albanesi la rinunzia a Prevesa sebbene io non abbia creduto di scandagliare anche alla lontana le loro idee su tale delicato argomento. Quanto a Janina i diritti degli Albanesi sono anche minori; quella provincia è da più di due, o tre secoli ellenizzata, e l'elemento Musulmano vi manca quasi per inti ero; se vi è parte d'Epiro, in cui regnino più o meno chiare asp~razioni a vita libera ed indipendente gli è certo in quella provincia che si può ben definire il centro del movimento Ellenico Epirota. Gli Albanesi però considerano Janina come il capoluogo della bassa Albania, e l'Epiro senza Janina, parrebbe a loro un corpo senza testa; inoltre essi temono l'azione lenta dell'Ellenismo; si risvegliano oggi dal sonno e l'avere i Greci attivi, influenti a Janina accennerebbe a loro un pericolo per altre provincie limitrofe che si conservano tuttora Albanesi; certo faranno scuole e lotteranno d'ora in poi contro l'invasione dell'idioma Greco, ma in tale lotta di civiltà, avendo la coscienza di loro barbarie si sentono deboli e si fanno paurosi; preferiscono quindi tener lontana la Grecia per qualche tempo ancora, quasiché i battaglioni Ellenici siano per crescere e moltiplicare le influenze secolari contro le quali ogni lotta è vana, le influenze cioè di una civiltà maggiore sulla minore, d'un elemento attivo sul passivo. Tale è lo stato degli animi siano, o non siano rettamente ispirati, e tuttavia mancando negli Albanesi la coscienza di un vero e reale diritto su Janina non sarebbe forse

impossibile a certe condizioni di farli colà desistere da ogni pretesa, sempreché l'Europa sia pienamente concorde nel favorire in via eccezionale l'Ellenismo, annettendo al Regno di Grecia provincie già Albanesi o Valache, ed ora su per giù intieramente ellenizzate. Mancando nell'Europa l'unisono, gli Albanesi ne trarranno argomento a resistenza e si getteranno nelle braccia di quello Stato che sostenesse i loro diritti, come le loro pretese. Con questo quadro della situazione ho voluto dire che fra l'idea di non dar nulla in Epiro, e quella di dar ai Greci ciò che domandano vi è sicuramente una terza idea conciliatrice e savia su cui può concentrarsi l'attenzione dell'Europa; i due estremi come dissi sono la pianura di Janina e la penisola di Prevesa; se si escludono si è certi di toglier di mezzo ogni agitazione Albanese, ancorché si cedesse ai Greci la stessa valle del Luro, ma i Greci si lagneranno, e l'agitazione Ellenica continuerà ad esser viva nelle province escluse dall'annessione; se quelle due località si danno ai Greci, si contentano questi, ma non si ha la certezza assoluta di calmar gli Albanesi se non nel caso lo che tutta l'Europa sia unita nel volere tali confini e s'adoperi a scemare l'agitazione che regna. 2° che si appoggino presso la Sublime Porta le altre domande degli Albanesi concernenti la loro autonomia provinciale, domande di cui Le farò cenno preciso in questo stesso mio rapporto. Nessuna pressione sarebbe a consigliarsi in danno degli Albanesi; tanto meno poi parmi che dovrebbe prendervi parte l'Italia; né le ragioni di ciò sono ignote all'E. V. senza tener conto de' principj che hanno fatto il nostro paese e che ci consigliano una politica di simpatia verso i popoli che svegliatisi da lungo sonno, aspirano ad un tempo verso l'indipendenza e verso la civiltà.

M'incombe ora il dovere di esaminare il caso di un conflitto Greco-Albanese e le sue conseguenze; esso è possibile, sia per un'imprudenza dei Greci ove l'Europa cessi di protegger la loro causa in Epiro, sia per volontà degli Albanesi se senza tener conto di loro, si costringerà la Turchia ad accordare al regno di Grecia il tracciato di Berlino. Tutto fa credere finora che il secondo di questi pericoli sia scongiurato; non così il primo, tanto più che di qua s'informa molto inesattamente il Governo Greco sulla vera importanza dell'agitazione Albanese. A me consta che la bassa Albania può dare in brev'ora ventimila uomini (da Berat a Prevesa) tutti armati di fucili a retrocarica presi agli sbarcati di Licuresi; l'Albania settentrionale ne può dare agevolmente 50 mila, per cui se la lega si mantiene la Grecia potrebbe aver di fronte 70 mila uomini determinati ad ogni estremo. Io penso che i Greci s'illudono supponendo che gli Albanesi non potranno tener la campagna con battaglioni regolari e faranno solo guerra di partigiani, saccheggiando, derubando ed uccidendo gl'inermi; non mancano a loro né le truppe agguerrite, né gli abili Capitani, e faranno le due guerre ad un tempo rifornendosi sempre di elementi nuovi senza scoraggiarsi mai se anche subissero contro l'armata Greca alcun disastro; la tenacità è il loro carattere, come la lotta è la loro abitudine. Veramente i Clamidi, ossia gli Albanesi di Parga, Margariti, Paramithià e Filates, non mi pa!ono disposti a lunghe battaglie e verranno ultimi nel novero dei combattenti, ma l'esempio degli altri li trascinerà e presteranno almeno per qualche tempo il loro concorso come lo prestarono nel fatto di Licuresi, nel quale ebbero da soli ragione degli sbarcati. Il far buon mercato dell'agitazione

Albanese mi pare nei Greci un errore che potrebbe tornar fatale a loro ed alla causa dell'Ellenismo.

È da riflettersi che gli Albanesi hanno già parecchie volte avuto simili risvegli da sonni secolari; nel secolo XIII per ragioni a noi ignote, li vediamo ad un tratto scendere in massa nella valle dell'Arta, vincere ogni resistenza ed insediarsi stabilmente nell'antica reggia di Pirro. Sotto Scanderbegh ostili ai Turchi sostengono l'urto di tutte le armate nemiche e vincono l'invincibile Murad in ripetuti scontri. Oggi un risveglio uguale apparisce e non può non dar luogo a torbidi gravissimi, se non cederanno gli ostacoli che l'hanno provocato. Né gli ostacoli possono tutti cedere; il nerbo della resistenza è fra i Gheghi, a Dibra cioè ed a Prisrend; se anche non si dà l'Epiro alla Grecia si manterrà vivo il timore dell'Ellenismo da un lato, dello Slavismo dall'altro, e con tale timore si farà più vivo in essi il sentimento dell'indipendenza, il bisogno e il desiderio di vivere come popolo al pari dei Serbi, dei Bulgari dei Greci; sono due milioni, né si trovano quindi inferiori di numero a nessuno; superori di energia e valore, e diciamolo pure, di barbarie a tutti. Il risveglio di oggi acquista per ciò un carattere diverso dai precedenti, come sono diverse le circostanze che lo produssero e sarà tanto più durevole, quanto è chiaro che sono durevoli quelle circostanze. L'indirizzo da mandarsi al Sultano, di cui feci cenno nel mio telegramma e che non ho potuto procurarmi se non in riassunto è una prova evidente dei sentimenti che dominano. Gli Albanesi cominciano a rivolgersi al loro legittimo Sovrano, gli espongono i pericoli che corre la loro nazionalità in danno della stessa Turchia, chiedono che di tutta l'Albania si faccia un solo vilayet affinché sia ben fortificata e compatta la nazione Albanese e non corra ulteriore pericolo di essere scissa ed assorbita dagli elementi che la circondano; vogliono che il capoluogo sia in luogo centrale ad Elbassan o 'I'irana; fanno sentire che così costituita l'Albania avrà comodi porti, estensione conveniente di terreno, popolazione tutta d'una razza, condizioni insomma di florida esistenza a vantaggio dell'Impero Ottomano; desiderano avere un'assemblea nazionale di ottanta membri la quale amministri la provincia d'accordo col Vali che la Porta sceglierà a suo piacere; esigono che una parte degl'introiti sia lasciata al paese per munirlo al più presto di scuole, strade, ferrovie; insistono vivamente perché la lingua Albanese sia considerata come lingua ufficiale al pari della Turca e intendono imprimerle un nuovo sviluppo per farla capace di resistere alle influenze Slavo-Elleniche. Un tale indirizzo che la Turchia nelle circostanze attuali dovrebbe guardarsi dal respingere e sarebbe suo stretto dovere di seriamente ponderare, mi sembra avere un valore grandissimo in questo senso che tradisce la ferma volontà degli Albanesi di vivere da sé, di non lasciarsi schiacciare da alcuno, di separarsi anche violentemente dal Sultano se questi mostrasse di non comprendere il loro pericolo e si rifiutasse ad accordar loro il domandato. Io non so se le due condizioni di formare un solo Vilayet e di avere una rappresentanza nazionale saranno gradite a Costantinopoli, ma sono convinto che la Sublime Porta perderà presto l'Albania, se non ne divide i timori e non li attutisce. Certo gU Albanesi sono indietro; ma l'aver da soli avvertito il pericolo, mostra che, se non pienamente maturi a civiltà, sono maturi a indipendenza. Trascurarli sarebbe provocarli a fatti, di cui è impossibile preveder le conseguenze.

L'Albania è oggi divisa fra tre vilayet: quello di Janina, quello di Monastir e quello di Kossova o Pristina; i centri dei medesimi si trovano in tutti i luoghi, in cui l'elemento albanese si trova circondato e come soffocato dagli altri; così a Janina predomina l'elemento greco, a Monastir il bulgaro, a Pristina il serbo e gli Albanesi si lagnano con ragione di non avere un centro proprio e dì vedere da quei centri misti esercitarsi su loro delle influenze che mirano in un avvenire più o meno lontano al loro annientamento. Queste cose vedute da loro stessi accennano ad una coscienza nazionale, ad un sentimento chiaro della loro situazione, ad una intelligenza dell'avvenire e ad un cotal senno politico che mi sembra promessa di giorni migliori per l'Albania. Però tale coscienza nazionale è ben lungi dall'esistere nell'animo del volgo; essa non è che nei capi, cioè nei veri direttori del movimento attuale, ma in Albania, non è come in Bulgaria ed in Grecia; il popolo non agisce qui che dietro l'istigazione dei capi; siamo ancora in pieno feudalismo, dove gli uomini d'armi si riuniscono al primo cenno del conte; la coscienza nazionale nei capi ha dunque assai più significato qui che altrove, e quando i capi sono dec1si ed uniti il popolo viene immancabilmente con essi, qualunque sia l'entusiasmo che li animi; e qui vi ha di più; nel popolo vi è l'odio verso Slavi e Greci, vi è amor di rapina, vi è naturale ardor di lotta, tutti potenti ausiliari ai capi quando sposano una causa uguale a questa che si va trattando.

I commissari greci adunque, a mio avviso, s'ingannano a partito se vogliono vedere nel movimento attuale una dimostrazione effimera, provocata da Muktar pascià, quasi fuoco di paglia che si spegnerà al primo apparire delle truppe greche. Né meno s'ingannano quando sperano di comprare i capi più influenti e di calmare così l'effervescenza attuale; i capi non si comprano o sono uccisi appena comprati. Nel patto della lega fra Gheghi e Toschi, che ho sotto gli occhi, e che venne firmato a Prisrend il 2/14 novembre 1878, si leggono al fine le frasi seguenti: tali gli accordi; se alcuno dei firmatarii vi mancherà, sarà dichiarato traditore ed ucciso. Né son vane parole; la storia à là per provarlo; l'albanese rifugge in generale dal tradimento, ma, data un'eccezione, il traditore è sacrificato senza pietà, come avvenne due volte sotto Scanderbegh. I popoli come l'albanese hanno certo molte tristi qualità che li rendono poco simpatici all'Europa civile, ma possiedono ad un tempo parecchie belle doti dei popoli primitivi, delle quali i Greci devono tener conto nei loro rapporti con gente cosi fiera e valorosa.

Chiudo ora questo mio rapporto col segnalare all'E. V. la generale considerazione di cui gode l'Italia in Prevesa; nell'occasione della festa del nostro Augusto Sovrano fu grandissimo il concorso in casa del R. Vice Console Signor Corte, così di notabili del paese (Greci ed Albanesi), come di tutte le Autorità Civili e Militari. Per debito di giustizia debbo pure dichiarare che l'Arcivescovo Greco di Arta colse quella circostanze per esprimere nel modo più formale H desiderio che il successore del Signor Corte fosse così largo di appoggio, di protezione, di benevolenze ai Greci, quanto il Signor Corte lo era stato; il che mal saprebbe conciliarsi con certe accuse fatte al Vice Console di Prevesa di aver parteggiato per gli Albanesi nelle circostanze attuali e di essersi così allontanato da quelle norme di prudente condotta che l'E. V. ha certamente dovuto indicargli. Io mi compiacqui del resto nel constatare le simpatie, di cui

gode qui il nostro paese, simpatie le quali possono singolarmente giovare a facilitare il mio compito.

Fra due o tre giorni vedrò se sia il caso di recarmi a Janina per la via di Arta e rimontando quel fiume invece di seguire la strada ordinaria; vi è un interesse geografico e politico ad un tempo; conosco poco quella valle ed è incompleta sulla mia carta; i villaggi di Giumerika sono inoltre considerati come i più completamente ellenizzati. Sarà mia cura di non espormi ad alcun pericolo, non solo per interesse mio, ma nell'interesse stesso del mio paese, a cui non amo cagionare imbarazzi di qualsiasi natura. Le altre località che vorrei vedere sono Premeti, e forse Filates, ma giudicherò da Janina della necessità ·e convenienza di andarvi; voglia assicurarsi l'E. V. che mi Hmiterò alle cose possibili, premuroso anzitutto di ben interpretare le intime idee del mio Governo, le ·quali sembrami indicare prudenza assoluta, riservatezza estrema, e spirito imparziale d'osservazione.

ALLEGATO

ACCORDI DI PRISREND

(Traduzione)

Il rappresentante della lega albanese del sud, Abdul bey Frassari, comparso oggi nella nostra assemblea dell'alta Albania prese con noi i seguenti accordi:

Siccome la nostra patria, l'Albania, è composta delle provincie (Sangiack) di Pristina, Prisrend, Scutari, Uskup, Bitolia (Monastir), Dibra, Berat, Argirocastro, Prevesa e Janina, e in esse provincie incontransi elleni, bulgari, serbi e montenegrini, i quali, in ogni maniera, e con ogni persistenza, cercano di ellenizzare o slavizzare la nostra nazione, e grazie al nostro silenzio ed a quello del nostro governo progredirono e tuttora progrediscono, in modo tale che, se da oggi in poi non vi mettiamo ostacolo, fra dieci anni l'Albania sarà scomparsa e, mancato alla Turchia d'Europa l'ultimo suo baluardo, la stessa Costantinopoli sarà esposta a pericolo;

Per queste ragioni, volendo noi sostenere la nostra patria, la nostra nazione e la stessa Costantinopoli, come capitale dell'impero ottomano, ci vediamo nella necessità di chiedere al governo del Sultano. quanto segue:

lo piena autonomia provinciale e comunale;

2° tutta l'Albania si riunisca in un solo vilayet e sia amministrata da un valì accetto al paese e inamovibile per cinque anni;

3° che si favoreggi l'istruzione pubblica in tutte le provincie e si ammetta come lingua locale l'albanese;

4° che tutti gl'impiegati conoscano la lingua del paese;

5° che si riunisca ogni anno un consiglio generale di deputati eletti dal popolo, quasi parlamento, che per quattro mesi dell'anno si occupi del progresso del paese, assistendovi anche dei rappresentanti àella Sublime Porta;

6° sulle rendite delle provincie sia concessa una data somma dal governo da spendersi nel paese per l'istruzione secondaria e i lavori pubblici.

Ad ottenere tali intenti si scelgono 12 membri o rappresentanti, parte cristiani, parte musulmani, che si recheranno in Costantinopoli; prometteranno quindi alla Sublime Porta di sostenere il governo con ogni mezzo, come fu fatto fin oggi, semprecché accordi a loro le cose dimandate.

Per questa ed ogni altra cosa che tocchi l'interesse della nostra Albania, c'impegnamo tutti di mantenere l'accordo e di dare la nostra vita; -e, se il caso si presentasse di taluno che agisse diversamente dallo stabilito sarebb!.' considerato come traditore della patria e sconterà il fio della sua colpa.

Prisrend, 2 novembre 1878.

Seguono 33 firme di capi

(l) Cfr. n. 404 inviato a Londra con protocollo 543.

420

IL MINISTRO AD ATENE, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 406. Atene, 17 marzo 1879, ore 8 (per. ore 20,05).

Je remercie V. E. de son télégramme du 15 (l) et je crois inutile d'ajouter que tout en considérant mon devoir d'exposer situation telle qu'on la juge ici, je ne manquerai pas de prendre point de V'Ue des intérets italiens pour règle invariable de ma conduite. Par mon rapport qui vous arrivera demain (2), j'ai exposé de nouveau impossibilité dans laquelle se trouve la Grèce de s'écarter de son chef du programme de Berlin. Par conséquent toute entente directe avec la Turquie est aujourd'hui impossible. Ministre de France avec lequel j'ai eu long entretien partage tout-à-fait ces idées. Appel à médiation se présente donc comme seule issue. Si V. E. croit pouvoir le faire, service à rendre en ce moment à la Grèce serait de provoquer d'accord avec la France une entente des Puissances pour arriver à une solution. Voilà ce que pour le moment Gouvernement grec attend de nous.

421

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2273. Berlino, 17 marzo 1879 (per. il 21).

Ainsi que j'avais l'honneur d'en prévenir V. E. par mon rapport n. 2257 du 2 courant (3), l'Allemagne se disposait à reconnaitre l'indépendance politique de la Serbie par la nomination d'un chargé d'affaires à Belgrade. En effet cette nomination a eu lieu récemment. A ce propos j'ai demandé au Secrétaire d'Etat si, en suite de ce précédent, une mission diplomatique allemande serait bientòt accréditée à Bukarest.

M. de Blilow m'a dit confidentiellement qu'une question semblable lui avait été posée de la part de l'Angleterre, qui désirait des éclaircissements sur cette absence de parité de traitement. Il avait répondu que le Cabinet de Berlin

\3) Cfr. n. 377.

avait dù établir une différence de procédé. Du còté de la Serbie on avait montré de la bonne foi pour l'exécution des clauses du traité du 13 Juillet, concernant l'égalité confessionelle. En janvier déjà la Skoupschtina ordinaire avait approuvé un projet de loi qui léve les restrictions opposées jusque là aux Israélites. Cette décision doit encore ètre ratifiée par l'assemblée plénière, mais vu la sincerité des efforts du Gouvernement et de la petite Skoupschtina pour rempllr les conditions exigées par le Congrès, on peut ètre certain que le dernier vote sera également favorable. Dès lors il n'y avait aucun inconvénient à devancer le vote final.

On ne saurait soutenir qu'à cet égard la Roumanie eùt témoigné de la mème bonne foi. Jusqu'à un certain point elle a tout d'abord cherché à éluder les engagements qu'on lui demandait. Il est vrai que, d'après !es dernières nouvelles, la Chambre des députés et le Sénat se sont prononcés en première lecture pour la révision de l'article 7 de la Constitution. Mais, pour que la position devienne analogue entre la Serbie et la Roumanie, il faudrait que celle-ci eùt déjà un projet de loi prèt à étre accepté par la Chambre de révision et ayant autant de chances d'ètre accueilli, par cette dernière, que l'arrangement dont sera saisi la grande Skouptchtina. Les garanties ne pèsent pas au méme degré dans les plateaux de la balance, de là une diversité du traitement. Quand un certain équilibre se manifestera entre les dispositions de la Roumanie et celles de la Serbie, l'Allemagne ne demandera pas mieux de faire acte de bon procédé à Bukarest. Dans ce cas, M. de Biilow me l'a laissé comprendre à demi mot, elle n'attendrait peut-étre pas la résolution de la constituante.

J'apprends d'autre part que, pour éviter la mesure illusoire d'une naturalisation individuelle, l'Allemagne et la France seraient d'avis que les Israélites de Roumanie non appartenants à une nationalité étrangère, ou non placés sous la protection des agences ou Consulats, acquéreraient de plein droit la nationalité Roumaine, en sorte que les naturalisations individuelles ne s'appliqueraient, s'ils en faisaient la requète, qu'aux étrangers dans la véritable acception du mot, et aux protégés. Ce dernier groupe devrait au moins jouir du traitement que plus d'une Puissance avait vainement jusqu'ici essayé d'obtenir, en Roumanie, pour ses ressortissants juifs.

Il me semble que, si le Congrès avait admis dans l'article V du traité de Berlin l'insertion de la phrase proposée par moi dans le comité de rédaction (XVIIème protocole), o n aurait fai t une meilleure besogne.

(l) -Cfr. n. 413. (2) -Cfr. n. 400.
422

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 1432. Costantinopoli, 17 marzo 1879 (per. il 26).

Nei passati giorni corsero strane voci circa negoziati segreti che sarebbero stati intavolati fra la S. Porta ed una grande Potenza che da taluni dicevasi essere la Francia, da altri la Gran Brettagna. Si sarebbe trattato della cessione dell'isola di Creta mediante una somma considerevole, l'isola sarebbe stata ce

duta alla Grecia, la Grande Potenza conservata la baja della Suda. Alla S. Porta non si sapeva nulla di queste trattative, però l'origine delle voci veniva tracciata al Palazzo e certi indizii le avvaloravano. Il modo con cui furono condotti i negoziati che ebbero per effetto la cessione di Cipro all'Inghilterra ha reso la diplomazia oltremodo diffidente e sospettosa, ed una viva emozione si manifestava senz'altro nei circoli politici bene informati. All'Ambasciata d'Inghilterra soprattutto si sospettava la Francia; il Signor Malet correva alla S. Porta per domandare categorici ragguagli, ed il Gran Vizir dichiarava nulla esservi di vero, non essere venuto lui al potere per procedere ad una distribuzione di isole. All'Ambasciata di Francia si accusava la perfidia dell'Inghilterra la quale non cessava di lavorare per addivenire a nuovi acquisti territoriali. Feci pronte indagini affine di appurare il vero, e ne venni al convincimento quelle dicerie non avere alcun fondamento di fatto. Non v'ha dubbio che dei sospetti si fece parola da alti funzionarii del Palazzo, ma la versione più verosimile è che le voci fossero messe in circolazione dai nemici del Gran Vizir allo scopo di screditarlo e di rovesciarlo dal potere. Di esse non diedi contezza telegrafica alla E. V. poiché mio officio è di comunicarle solo le notizie che hanno un fondamento di vero.

I giornali d'Europa invece hanno fatto menzione di Rodi come d'oggetto di aspirazioni francesi. Ma anche di questa voce qui non si riscontra finora alcun indizio. Senonché ciascuno avendo a proteggere i proprii interessi e la cupidigia essendo talvolta inspirata dall'esempio, è dovere della diplomazia d'essere sempre più vigilante sulle eventualità possibili. Quello che non è oggi che fumo può essere realtà l'indomani.

423

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

D. Roma, 18 marzo 1879.

Le Sènat et la Chambre des Députés de Roumanie ont voté, à une très grande majorité, une motion par laquelle ils déclarent la nécessité de soumettre à la révision l'art. 7 de la Constitutìon. La révision de cet article, qui constitue le principal obstacle à l'application intégrale de l'art. 44 du Traité de Berlin, a été acceptée en principe à la presqu'unanimité par le Parlement de Roumanie. La minorité, d'ailleurs peu importante, qui s'est formée contre la motion qui a été votée, aurait voulu l'accompagner d'une motivation qui en aurait atténué la signification. Le résultat des débats engagés sur ce dernier point nous semble instructif. Il constitue un commencement sérieux d'exécution de la volonté unanime des Puissances.

Il est désormais démontré que la Roumanie ne songe plus à se soustraire à l'engagement d'honneur de faire disparaitre de sa constitution les dispositions que la conscience de l'Europe a condamnées. L'insuccès de la motion motivée, tendant à faire ressortir le caractère social de la question des Israélites, est

une preuve de l'abandon définitif du système qui admettait la distinction des croyances religieuses et des confessions camme une cause d'exclusion et d'incapacité en ce qui concerne la jouissance des droits civils et politiques. Tel est le sens que nous croyons pouvoir donner au vote par lequel ont été clos les débats du Parlement de la Roumanie. Deux autres lectures, à distance de quinze jours, de la motion déjà votée devront avoir lieu avant le commencement des opérations électorales pour la convocation des chambres spéciales de révision. Mais, à l'état des choses, on ne saurait contester que le Gouvernement roumain a su se mettre franchement dans la bonne vaie et qu'il appartient maintenant aux puissances de lui preter Ieur appui mora! pour l'aider à arriver jusqu'au bout.

C'est surtout cette considération qui nous conduit à nous demander si le moment ne serait pas venu de régler nos rapports diplomatiques avec la Roumanie. La présence à Bukarest des Représentants des Puissances régulièrement accréditées serait à la fois un encouragement et un contròle dont on pourrait attendre Ies meilleurs résultats.

Mais, si c'est là le motif pr.incipal qui nous fait désirer de ne pas trop retarder l'envoi d'un représentant diplomatique auprès du Gouvernement princier, d'autres raisons nous engagent également à accélérer le moment du règlement définitif de nos relations avec la Roumanie. Bien qu'en Serbie le vote de la Skouptchina ordinaire, rapportant les lois d'exception contre les israélites, soit encore soumis à l'approbation de la grande assemblée nationale, la plupart des Puissances n'a pas jugé à propos d'attendre la ratification de ce vote pour accréditer à Belgrade des Agents diplomatiques. Nous n'avons pas encore imité cet exemple, retenus que nous sommes par un sentiment d'équité envers la Roumanie. Pourquoi adopterait-on envers ce pays une autre mesure? Nous ne nous expliquons pas l'avantage qu'il y aurait à froisser, sans motif, le sentiment de tout un peuple qui a été habitué depuis plus de vingt ans, à compter sur l'amitié bienveillante de l'Europe occidentale. Nous y voyons au contraire le danger d'éloigner, par Ies procédés d'une méfiance excessive, la Roumanie de la base la plus naturelle de ses sympathies au détriment des intérets qui ont prévalu dans la reconstitution politique de ce pays. Prolonger sans nécessité une situation dont le résultat pratique est de laisser s'exercer sans contròle et sans concurrence possible l'influence des Cabinets qui ont réglé, dès le premier jour, leurs rapports diplomatiques avec le Gouvernement de Bukarest, serait, à notre avis, contraire aux intérets traditionnels des Puissances qui ont le plus efficacement concouru à la création de l'Etat Roumain. Nous pensons qu'il faut trouver le moyen de concilier tous Ies intérets. II ne serait pas sage, de notre part, de sacrifier notre influence en Roumanie pour continuer à témoigner à ce pays une méfiance que rien ne saurait plus justifier.

Nous serions heureux d'apprendre que le Cabinet de .... partage notre manière de voir et que, camme nous, il s'apprete à saisir la prochaine occasion opportune pour annoncer à Bukarest l'envoi de son représentant diplomatique. Nous pensons que cette occasion se présentera tout naturellement Iorsque le Cabinet de Bukarest, après la troisième Iecture de la motion qui a été votée par le Parlement Roumain, sera en mesure de faire à ce sujet une communication officielle aux Gouvernements intéressés.

Veuillez donner confidentiellement lecture de cette dé~he a S. E. le Ministre des Affaires Etrangères et faites-moi connaitre, je Vous en prie le plus tòt possible, sa manière de voir (l).

424

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI E STERI, DEPRETIS (2)

R. 1434. Costantinopoli, 18 marzo 1879 (per. il 26).

Mi giunse regolarmente il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il 14 del presente (3) per significarmi il Signor Waddington essersi dichiarato favorevole alla partecipazione dell'Italia all'amministrazione finanziaria che sarebbe stabilita in seguito ad una combinazione del genere di quella del Conte di Tocqueville. E per siffatta comunicazione mi pregio offrire all'E. V. i miei distinti ringraziamenti.

Facendo seguito al mio rapporto delli 7 corrente n. 1424 (3) m'incombe ora di ragguagliare l'E. V. che la Sublime Porta spediva indi al suo Ambasciatore a Parigi l'ordine di significare al Conte di Tocqueville nella giornata del 14 marzo, in cui spirava il termine prefisso pel deposito della prima rata dell'1mprestito, che se entro quattro giorni egli non effettuava il deposito dei 50.000.000 montante di quella rata, il Governo Imperiale considererebbe il contratto come nullo e non avvenuto. Era dunque una dilazione di quattro giorni che la Sublime Porta accordava al Signor di Tocqueville. E di questi fatti io aveva l'onore di dare contezza aU'E. V. pel mio telegramma deUi 14 stesso (3).

Veniva poscia a mia conoscenza il Signor di Tocqueville avere risposto a quella intimazione la Sublime Porta non avere il diritto d'imporgli alcun termine, imperocché essa non era ancora stata in grado d'ottenere dai Governi di Francia e d'Inghilterra la designazione dei due Commissarii, quando essa avesse adempito a queste condizioni egli sarebbe pronto a fare il deposito prescritto. Della quale notizia diedi avviso telegrafico all'E. V. li 16 del presente (3). Questa dilazione avrebbe dunque a spirare nella giornata d'oggi, e nessuno si fa illusioni sulla probabilità che il Signor di Tocqueville si trovi in grado di addivenire al versamento dei 50.000.000. Né aggiungerò parola per rilevare l'assurdità della pretesa del Signor di Tocqueville di volere fare cadere sulla Sublime Porta la responsabilità di atti i quali non potevano in alcun modo dipendere dalla sua volontà.

E ieri *comparvero i due riveriti dispacci del lO corrente n. 789 ( 4) e 790 (3) pel primo dei quali* (5) l'E. V. m'ingiungeva di replicare alla nota della Sublime Porta del 23 febbraio, *pel secondo mi forniva notizie sulla materia, e per queste prego l'E. V. di aggradire i miei distinti ringraziamenti*.

(-4) Cfr. n. 402.

Non ho frapposto indugio all'invio alla Sublime Porta della nota di cui ho l'onore di trasmettere qui unita copia all'E. V. (1). Ed essa porta la data di ieri stesso. Il Cavalier Graziani la consegnava al Signor Ministro degli affari Esteri, il quale osservava l'affare Tocqueville potersi ora considerare come completamente caduto. E mezzo scherzando, mezzo sul serio, soggiungeva l'Italia avere ottenuto il suo intento di farlo mancare. Replicavagli il Signor Graziani il H. Governo avere per lo contrario desiderato il successo della combinazione però essersi limitato ad interporre quelle riserve che la protezione dovuta a considerevoli interessi Italiani gli imponeva. E della consegna della nota in discorso al Signor Ministro degli Affari Esteri diedi senza indugio avviso telegrafico alla E. V. Cl).

L'affare Tocqueville può dunque considerarsi come mancato. Né io intendo che altri si mostrino attualmente disposti ad intavolare trattative finanziarie colla Sublime Porta, il che io non posso a meno di attribuire all'impressione le condizioni finanziarie dell'Impero essere si gravi che sia preferibile d'aspettare che la crisi si faccia più matura. Le case bancarie si potranno indi decidere a fare nuove proposte ma credo si tratterà allora piuttosto di operazioni di credito aventi per iscopo il vantaggio delle due parti contraenti, che d'assumere impegni pel servizio degli antichi imprestiti.

Ora, sta di fatto che la Sublime Porta è completamente priva di mezzi per provvedere alle spese necessarie ai pubblici servizi. Le casse dello Stato sono vuote, ed a grave stento si poterono raggranellare in questi giorni 150.000 L.T. presso i banchieri di Galata a condizioni eminentemente onerose.

Che verrà appresso? Già si buccina che il Ministro delle finanze vagheggi il progetto di decretare che tutte le tasse si pagheranno d'ora innanzi in oro all'eccezione del 20% che sarebbe pagato in carta, versando però per esso il 400%, e questa carta sarebbe ritirata di modo che il Caimè avrebbe a scomparire in due anni; nel qual caso i funzionarii dello Stato sarebbero pure pagati in oro. Altri vanno ancor più lontano nelle loro previsioni e credono che lo Stato non potrà a meno in un avvenire non remoto di dichiarare tutta la carta priva di valore. Né ho bisogno di rilevare quale scossa economica e sociale verrebbe da siffatta eventualità soprattutto nelle provincie dove la moneta metallica è oltremodo rara. Ed allora la crisi sarebbe probabilmente considerata come sufficientemente matura per addivenire a serii negoziati finanziarli.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 443, 445 e 455. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 27, pp. 123-124. (3) -Non pubblicato. (5) -In L V 27, invece delle parole fra asterischi: «comparve il dispaccio del 10 corrente col quale».
425

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

D. 551. Roma, 19 marzo 1879.

V. E. mi ha riferito, col rapporto confidenziale dell'8 di questo mese, n. 208 (3), la conversazione avuta con lord Salisbury circa le cose d'Egitto. Ne porgo 1

(-3) Cfr. n. 394.

miei ringraziamenti, approvando interamente il linguaggio che l'E. V. ha tenuto con Sua Signoria in tale circostanza.

Era veramente debito nostro di far conoscere lealmente al Gabinetto di Londra il nostro modo di vedere sopra la quistione del concorso dell'elemento europeo nel Ministero egiziano. Additando le difficoltà che ha incontrato il Ministero presieduto da Nubar pascià e dimostrando che esse si opporrebbe a qualunque altro Ministero costituito nello stesso modo, noi abbiamo adempiuto ad un dovere che ci è imposto dall'importanza stessa degl'interessi che tuteliamo in Egitto. Pare a noi che, concentrando tutto lo studio delle potenze nella protezione dei capitali esteri impegnati nelle finanze e nelle opere pubbliche del vicereame, non si renda omaggio alla verità, da tutti ben conosciuta, che non nell'ordinamento finanziario soltanto sta la bontà e la solidità di un Governo, il quale da ben altre cause di generale malcontento e discredito può essere condotto ad irreparabile rovina.

Per ora non converrà a noi di. ripigliare la discussione, mediante questi od altri simili argomenti. È bene però lo averli addotti, e gioverà forse a tempo propizio averli presenti per ricordarli opportunamente.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed. In L V 26, n. 414.
426

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 422. Roma, 19 marzo 1879.

V. E. mi ha riferito, per sommi capi, col Rapporto del 7 di questo mese,

n. 471 (l) il pensiero del Signor Waddington circa la questione del confine turco-ellenico.

Le notizie che di poi ci sono pervenute, circa i negoziati di Prevesa e circa le disposizioni della Turchia, confermano le previsioni del Signor Waddington tispetto al ricorso che ben presto verrà indirizzato alle Potenze. Qui si porrà la questione pregiudiziale se cioè la Turchia possa essere costretta a sottomettersi alle risoluzioni delle Potenze mediatrici. Non si potrebbe, stando alla lettera del Trattato di Berlino, dissimulare che ivi si è solo trattato dell'offerta di una vera e propria mediazione. Anzi dagli atti del Congresso risulta che la Turchia non ha voluto accettare questa pacifica forma d'intervenzione collettiva. Che cosa intenderà fare la Francia nel caso in cui la Turchia mantenesse il rifiuto categoricamente opposto, dai suoi Plenipotenziarii a Berlino alle proposizioni delle Potenze?

Prima di esaminare con quali intenti ed entro quali limiti avrebbe ad esercitarsi la mediazione europea, pare a noi che la questione pregiudiziale sovra esposta debba essere esaminata e risoluta in guisa che sovra di essa siano anticipatamente concordi tutte le Potenze mediatrici. Resterebbe inoltre ancora a vedere se alla mediazione tutti i Governi siano disposti a dare altra efficacia allo infuori di quella puramente morale che potrebbe risultare dall'accordo unanime

del Gabinetti. Ma anzi tutto noi opmwmo che di questo accordo converrebbe avere la certezza, poiché in caso diverso, la autorità dei mediatori potrebbe trovarsi esposta a spiacevole disinganno.

(l) Non pubbllcato.

427

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 705. Roma, 19 marzo 1879.

Il Barone di Haymerle mi ha intrattenuto ieri dell'andamento delle cose in Rumelia, e delle difficoltà che potrebbero colà sopravvenire dopo che quella provincia sarà sgombrata dai russi.

Anche i carteggi che sono a noi pervenuti mostrano esistere in questo momento delle apprensioni, le quali potrebbero poi riscontrarsi esagerate. Sembra anzi che difficilmente potranno evitarsi delle parziali sommosse in questo o quel punto della provincia. Però se a questi casi non si darà importanza maggiore di quella che realmente hanno e si lascerà che la Turchia faccia libero esperimento del regime che il trattato di Berlino ha sanzionato, è a sperarsi che siano per svanire molti degli inconvenienti che ora si temono.

In questi termini mi espressi con il barone di Haymerle, il quale, dal canto suo, insisteva nel dire che il trattato di Berlino risponde alle esigenze Internazionali del momento in cui fu concluso. Per esso venne eliminato il pericolo di una conflagrazione fra le Grandi Potenze. Quando queste saranno rientrate nella condizione di reciproca uguaglianza che ora non esiste per il fatto della occupazione russa, le variazioni opportune potranno essere il portato del materiale svolgimento degli avvenimenti. Senza rilevare quest'ultima allusione, convenni con l'Ambasciatore d'Austria-Ungheria nel pensiero che il regime accettato a Berlino deve essere sperimentato lodevolmente e senza soverchia intromissione da parte dei G~binetti.

428

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D. 269. Roma, 19 marzo 1879.

Col dispaccio del 9 di questo mese n. 268 (2), già feci conoscere alla S. V. Illustrissima il nostro pensiero, circa la fase presente delle cose egiziane, trasmettendole copia di un dispaccio che, sotto quella stessa data, io aveva diretto agli ambasciatori di S.M. a Londra ed a Parigi (3).

Tuttavia la lettura del rapporto di Lei, in data del 2 marzo n. 561 (2) mi suggerisce ancora alcuna avvertenza che mi sembra utile di qui esporre, a complemento delle istruzioni già impartitele.

Dalla nota che S. A. il Khedive rimise, il 2 marzo, agli agenti di Francia c d'Inghilterra, rimane oramai assodato che Sua Altezza non avrebbe, eventualmente, difficoltà alcuna ad ammettere nel Suo Gabinetto un terzo ministro europeo. Le due potenze che ebbero parte nell'accomodamento dell'agosto 1878, hanno invece persistito a mantenere l'ordinamento ministeriale quale fu allora ideato, ed a continuare cosi una esperienza che finora non aveva dato effetti soddisfacenti. Noi abbiamo fatto osservare ai Gabinetti gli inconvenienti che la esperienza aveva rivelato e dimostrato. Senza interporci fra il Khedive ed i suoi ministri, abbiano additato le cause della mala riuscita della prova fatta, ed abbiamo fatto sentire come ci paresse inaccettabile un regime, dal quale risultava la irresponsabilità del Governo egiziano, non potendo questo essere, per noi, rappresentato da altri fuorché dal Khedive.

Sua Altezza non ha stimato conveniente di insistere sulla proposizione fatta, con la nota del 2 marzo, ai Gabinetti di Londra e di Parigi. L'ordinamento ministeriale stabilito nell'agosto 1878 sembra, così dover, almeno per ora, essere mantenuto senza variazione per ciò che riguarda i due ministri stranieri, uno francese e l'altro inglese. Però il regime stesso é stato modificato in guisa da meglio definire il limite di azione tracciato ai membri stranieri che fanno parte del Gabinetto egiziano.

Ancorché si possa sperare che alcuni degl'inconvenienti, verificatisi durante la prima prova, abbiano ad essere attenuati dopo che è stato eliminato ciò che tendeva a creare la irresponsabilità del Vicerè, senza sostituirvi nessun'altra responsabilità effettiva, noi dobbiamo tuttavia mantenerci fermi nella opinione già manifestata circa uno stato di cose contro il quale non abbiamo mai cessato di enunciare le più giustificate osservazioni. E di tale nostro atteggiamento non abbiano ragione di dolerci, poiché con esso abbiamo cooperato ad impedire almeno che il regime creato nell'agosto 1878 volgesse a costituire, nello Stato egiziano, una situazione che avrebbe potuto condurre, in poco tempo, a ben più gravi e radicali conseguenze.

(l) -Ed. in L V 26, pp. 413-414. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato ma cfr. nn. 375, 384 e 385.
429

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 270. Roma, 19 marzo 1879.

Aggiungo un cenno confidenziale alle cose esposte in altro mio dispaccio d'oggi (1). Mi preme infatti che la S. V. Illustrissima si procuri la occasione di dichiarare, verbalmente, a S. A. il Khedivé che il Governo del Re ha apprezzato il pensiero che gli ha suggerito di proporre un terzo ministro europeo per meglio assicurare l'applicazione del sistema ideato e promosso nell'Agosto 1878. L'Italia è lieta di avere, con il suo contegno. potuto almeno impedire che le cose andassero sino al punto di togliere al Khedivé l'autorità necessaria perché egli solo possa essere tenuto per responsabile rispetto ai Governi stranieri. Noi ci lusin

ghiamo d'altronde che Sua Altezza avrà potuto comprendere di quale vantaggio gli è stato il contegno nostro.

25 -Dneumcnti rli)Jlomatic:i -Serie II -Vol. XI

(l) Cfr. n. 423.

430

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2274. Berlino, 19 marzo 1879 (per. il 22).

Je remercie V. E. d'avoir bien voulu par sa dépèche n. 786 Cl) me communiquer des documents qui me mettent à mème de régler mon langage selon !es vues du Gouvernement du Roi. Je me suis prévalu de ces données dans une conversation récente avec M. de Biilow sur !es trois circulaires russes qui signalent aux Puissances l'urgence d'un accord sur diverses questions encore en suspens.

S. E. m'a dit que jusqu'ici le Cabinet de Berlin n'avait pas répondu à ces communications; mais que s'il répondait il ne manquerait pas de mettre de plus en plus en évidence:

l) so n vif désir de l'exécution du Traitè du 13 juillet dans chacune de ses parties;

2) la certitude de son concours et de ses meilleurs efforts pour chercher dans un esprits d'équité et de conciliation à aplanir !es difficultés.

En principe, il n'était pas favorable camme nous à ce que !es commissions fussent autorisées à résoudre, à la majorité des volx, !es points contestés. Si tous !es autres Cablnets se montraient disposés à l'accepter, l'Allemagne s'abstiendrait sans doute de lancer une note discordante, mais camme la Russie déclare nettement ne pas vouloir consentir à établir un tel précédent, il ne faut plus y songer. D'ailleurs il semblerait plus pratique que les Cabinets eux-mèmes cherchassent à s'entendre quant aux points sur lesquels l'unanimité des votes aurait fait défaut dans le sein des commissions.

Dans ce travail de révision sur l'ensemble des points en litige, on pourrait plus facilement, sans blesser aucune susceptibilité, arriver à un rapprochement des idées par des concessions mutuelles, par un système de transactions et de compensatio ns.

Le Secrétaire d'Etat ne voyait cependant pas approcher sans quelque appréhension le moment où la responsabilité du maintien de l'ordre et de la tranquillité passera dans la Roumèlie Oriéntale entre les mains de la Turquie. Il prévoyait qu'on finirait par en venir à l'occupation mixte.

Dans ce cas, lui ai-je demandé, est-ce que l'Allemagne consentirait à fournir un contlngent de mousquetaires Poméraniens? Le Prince de Bismarck, durant la guerre, avait déclaré au Reichstag que !es affaires d'Orient ne touchaient pas d'assez près l'Allemagne, pour qu'on leur sacrifiat les os d'un seul Pommerschen Musketier. Le sourire sur les lèvres, S. E. a répondu évasivement. A cet égard et pour ce qui concerne l'Italie, j'ai exprimé le mème avis que j'avais eu l'occaS!ion d'émettre dans un entretien avec le Comte Schouvaloff (rapport

n. 2268) (1). J'ai aussi insistè sur l'accomplissement des clauses du Traité de Ber

lin. Une seule brèche faite aujourd'hui a cette oeuvre qui a couté tant de labeurs et de sacrifices dictés exclusivement par la nécessité de l'affermissement de la paix générale en Europe, menacerait de détruire cette oeuvre. Il ne faut pas que la diplomatie encoure le reproche que certains journaux adressent sans doute à tort au Gouvernement Hongrois qui, se berçant d'une fausse sécurité, a négligé de songer à temps à la régularisation de la Theiss, à la protection des villes et des habitants exposés aux inondations. La catastrophe de Szegedin est un terrible avertissement à qui ne sait pas agir au moment opportun.

Mon Collègue d'Angleterre trouve que le Cabinet de Berlin témoigne d'une certaine indifférence pour activer l'exécution du Traité de Berlin dont la Grande Bretagne persiste à prétendre l'accomplissement ponctuel. Il en manifeste quelque surprise. Le Congrès présidé par l'Allema.gne dont l'influence alors s'est largement exercée, ayant reconnu la nécessité de maintenir l'Empire Ottoman en Europe, a voulu laisser à cet Empire des frontiéres militaires et faciles à défendre. Voilà pourquoi il n'a pas accepté la formation d'une grande Bulgarie prévue dans les préliminaires de S. Stefano. En avançant les frontières du nouvel Etat presque jusqu'aux portes de Constantinople, l'Europe aurait prononcé l'arret de mort de la Turquie. La décision du Congrès est dane le produit de mures réflexions; elle répond aux conditions de l'équilibre en Orient, et par conséquent aux intérèts généraux. Lord Odo Russell n'entendait pas élever des doutes sur l es intentions correctes de telle ou te !le autre Puissance; mais le fait est que le 3 Mai, terme de l'évacuation s'avance et que des population armées et organisées s'agitent contre tout retour de la domination turque. Cette agitation menace de se transformer en résistance. Le Comte Schouvaloff tàche en ces jours de faire prévaloir à Pétersbourg un projet d'occupation mixte par des contingents des différentes Puissances. L'Angleterre y serait disposée. Aussi longtemps du moins que le parti Tory restera au pouvoir, Lord Beaconsfield et le Marquis de Salisbury ne conseilleront pas à la Reine de déplacer une des pierres angulaires de la politique qu'ils ont soutenue au Congrès, à savoir la frontière des Balkans. Les négociations au sein des commissions, dans des conférences d'Ambassadeurs, ou dans des pourparlers de Cabinet à Cabinet ne peuvent porter que sur des questions de détail en tant que les dispositions du Traité de Berlin sont sujettes à des interprétations diverses, ou qu'elles manquent de clarté et demandent à etre fixées d'une manière définitive.

D'après ce que m'a laissé comprendre le Comte Schouvaloff, il n'était nullement convaincu de la réussite de ses efforts à Pétersbourg. Je crois plutòt que la Russie travaillerait à amener les choses au point où l'Europe consentirait à lui donner le mandat de prolonger son occupation pour six mois. C'est du moins dans le sens de ce désir que M. d"Oubril, doni la réserve est extreme, m'a parlé d'une manière confidentielle.

Quoi qu'il en soit, les populations en deça et au delà des Balkans jouent gros jeu dans leurs agissemens contre la décision de l'Europe. Leur unification est prématurée. Elles veulent devancer le cours des événemens, arriver avant que l'heure ait sonné. Le vers-proverbe est vrai à beaucoup d'égard, lorsqu'il s!gnale: << L'impardonnable tort d'avoir trop tòt raison ».

(l) Non pubblicato.

431

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 36. Tunisi, 19 marzo 1879 (per. il 24).

Diviene ogni giorno più evidente per molti contrassegni, che la Francia cerca ogni mezzo per crearsi in Tunisia importantissimi interessi a sussidio della sua preponderanza politica; tali sono:

-la strada ferrata da Tunisi verso Bona già costruita per oltre 100 Kilometri dalla Compagnia delle ferrovie Algerine alla quale il governo garantisce l'interesse del capitale impiegato;

-il progetto di diramare questa linea fino a Biserta, non suggerito da speranze di adeguato movimento di merci e di passeggeri, ma inspirato senza dubbio dal desiderio di procurarsi quando che sia, il possesso di quella importante stazione navale nel Mediterraneo;

-la linea telegrafica che fino da alcuni anni congiunge la Reggenza colla Francia, linea alla quale si cerca di dare ulteriore sviluppo all'interno;

-le trattative altra volta iniziate ed interrotte ma ora riprese dalla Compagnia di Bona, per acquistare dalla Società Inglese che ne è concessionaria la ferrovia fra Tunisi e la Goletta;

-le pratiche pure in corso per comprare lo stabilimento inglese di illuminazione a gaz della Città;

-il progetto al quale i favorevoli risultati ottenuti dagli studj e scandagli del Capitano Roudaire, danno sempre maggior probabilità di riuscita, di creare un mare interno col taglio dell'Istmo di Gabes;

-quello della creazione di una banca col principale scopo di ricomprare il debito tunisino; -la cessione dell'appalto delle pescherie di Biserta;

-infine la imminente creazione sotto il patrocinio del Vescovo di Algeri, di un vasto Collegio nelle adiacenze del possesso francese di San Luigi presso la Goletta.

Opere di sì grande entità le quali attestano quanto sia attivo lo spirito

d'iniziativa dei capitalisti di quella Nazione e la importanza dei mezzi pecuniarj

di cui dispongono, accresceranno talmente i loro interessi nella Reggenza da

quasi assorbirla economicamente. Alla prima occasione poi che la Francia

riconosca opportuna, le sarà facile di servirsene per creare un incidente che

la conduca ad occupare il Paese, quando non veda possibile di raggiungere lo

scopo senza cercare il pretesto dell'offesa fatta a qualche interesse privato.

Non ho bisogno di accennare alla sagacia di V. E. come sotto qualunque

punto di vista, questo stato di cose torni a noi funesto per il presente e per

l'avvenire. Innanzi tutto è causa che il governo del Bey, calcolandone la gra

vità, si crede obbligato ad avere come guida della sua condotta il solo bene

placito dell'autorità Consolare francese onde conservarsi ad ogni costo la bene

volenza del gabinetto di Parigi, né sarà possibile di attenuare il sentimento di timore dal quale è compreso, che quando dichiarazioni dr altri governi vengano a rassicurarlo circa alle sue sorti future. In secondo luogo i nostri interessi ne sono necessariamente danneggiati, sia perché 1la prevalenza dei francesi è un ostacolo allo sviluppo di quelli che già vi abbiamo, sia perché col continuo allargarvisi ci chiudono la via a crearne dei nuovi.

Il Governo del Re cui senza dubbio non sfugge la importanza della Tunisia per rispetto all'avvenire politico e mariWmo dell'Italia nel Mediterraneo, si sarà di già prefisso qual sia l'attitudine che gli converrà prendere in certe date eventualità, e quindi io non mi tratterrò su tale argomento.

Ma relativamente alla questione econom:ca, ritengo come necessario il fare ogni tentativo perché l'attività industriale dell'Italia procuri di espandersi in questo paese, e venga a combattere la francese colle medesime sue armi, quelle cioè di una seria concorrenza nel campo degli affari. Naturalmnte occorrerebbe che il R. Governo la incoraggiasse e la sostenesse, senza di che la lotta intrapresa in condizioni troppo disuguali non avrebbe probabilità di condurre al risultato che si tratta di conseguire.

Per dare un carattere pratico ai miei concetti, io aggiungerò che considero come eminentemente utile politicamente e commercialmente lo stabilimento di una linea telegrafica fra l'Italia e la Reggenza per la via di Sicilia. Attualmente Tunisi è in comunicazione coll'Europa soltanto mediante l'Algeria e la Francia. Il servizio di quella linea è tutto nelle mani di impiegati francesi, in quanto ad onta che il Bey siasi riserbato il diritto di averne dei proprj negli uffici esistenti sul suo territorio, non gli si permette di destinarveli. Se Egli, qualche Agente Estero od il Commercio, vogliono spedire dispacci i quali si possa dubitare che non siano in senso francese, si trattengono o si alterano per renderli inintellegibili. Tanto è vero che per non correr questo rischio se ne mandano ordinariamente per la Posta a Cagliari od a Trapani, d'onde poi sono trasmessi al loro destino nelle varje città d'Europa. L'immersione di un cavo sottomarino dal capo Sorella in Sicilia a Pantelleria (56 miglia marittime) e da questa a Capo Bon (Galippia) (36 miglia) sulla costa Tunisina potrebbe tutt'al più costare 710.000 lire -converrebbe naturalmente connetterlo a Tunisi con una linea terrestre di circa 120 Kilometri fra Galippia, Turba, Nebei e Soliman, con una spesa di circa 50.000 franchi, in tutto 760.000 lire all'incirca. Le stazioni intermedie come quelle dei paesi di cui si tratta, trovandosi collocate in centri popolati ed ove il commercio è assai attivo dovrebbero offrire un importante e lucroso lavoro, visto che sul solo tratto tunisino della linea francese già esistente si trasmettono oltre 1600 telegrammi al mese per servizio locale. Quanto alla linea sottomarina, adottando una tar:ffa conveniente avrebbe tutte le probabilità di attirare a sé grandissima parte del servizio internazionale che si fa ora per la via d'Algeri e Marsiglia, servizio da ragguagliarsi a 200 dispacci al mese, escluso la Francia ove ne sono diretti in media nello stesso periodo circa 450, e non compresi inoltre, altri 100, o, 110 che vengono mandati in Sardegna od in Sicilia.

Accenno questi dati in un modo sommario perché non è mio scopo di entrare in tutti i particolari di una tale intrapresa cui sarebbero necessarj studj speciali condotti sul luogo, sopratutto esatti per la parte idrografica onde conoscere il preciso stato del fondo del mare fra le nostre isole, e le terre barbaresche; ma insisto però sulla opportunità politica dell'attuazione del progetto, alla quale si offrono due modi, vale a dire che il governo del Re faccia la spesa del cordone sottomarino e ne rimanga proprietario lasciando all'industria privata la parte della linea terrestre, o che inviti questa ad assumerle tutte e due, facendosi garante di un minimum di interesse pel capitale impiegato. Non mi so immaginare possibili difficoltà da parte del Bey quanto alla congiunzione del suo Stato col Regno, ed anzi dovrei credere che vi sia favorevole perché lo emanciperebbe, per la sua corrispondenza telegrafica coll'Europa, dal monopolio delle linee algerine; lo stesso é da credersi per il tratto terrestre, da cui avrebbe facilitati i proprj rapporti amministrativi e politici con una parte estesa ed importantissima del territorio della Reggenza; sono queste, del resto, tali intraprese intorno alla cui utilità nessun governo ed il Tunisino in ispecie, non può muover dubbio, ed è perciò che quando sapessi accolta l'idea non esiterei ad intavolare i necessarj negoziati col Bey medesimo.

Io accennava inoltre alla pendenza di trattative per ricomprare la strada ferrata della Goletta, e la intrapresa del gaz. Le Compagnie concessionarie esagerando le spese di impianto dell'una e dell'altra, e per la ferrovia lasciandosi guidare nello stabilirne la tariffa, da concetti erronei, fecero ciascuno un cattivo affare. Adesso i sacrifizi a cui è necessario si sottomettano potrebbero renderle vantaggiose a quella che loro succederà, per cui i nostri industriali avrebbero ogni interesse di farsi avanti, e di cercare di impadronirsene. Ad impegnarli a ciò dovrebbe inoltre contribuire la speranza di ottenere quando che sia, la facoltà di continuare la strada in quest;one, da un lato per Biserta, che sarebbe cosi sottratta al pericolo di vedersene giungere una francese, e dall'altro al Sud-est verso il Sahel, creando cosi una gran linea italiana, la quale servirebbe di contrapposto alla francese e metterebbe un limite alla di lei ulteriore espansione. Anche per questo occorrerebbe l'appoggio dl governo del Re perché le condizioni dell'intrapresa italiana fossero analoghe a quelle dell'altra. e chi vi dedica capitali avesse un frutto minimo assicurato.

Nello stesso modo a mc pare di scorgere un manifesto vantaggio in ogni altro sagrifizio che lo Stato voglia imporsi per stimolare i nostri industriali a volgere la loro attenzione a queste contrade. Ciò servirebbe fin d'ora a porre un freno alle altrui velleità c ad allontanare la causa di future complicazioni; poiché un più grande sviluppo dei nostri interessi economici nella Tunisia obbligherebbe la Francia a t::nerne conto, e quando non vi si adattasse e volesse fare suo il Paese, ci renderebbe meglio preparati a sostenere un conflitto che può divenire necessario onde non compromettere la nostra posizione nel Mediterraneo, e tutelare direi quasi la nostra esistenza nazionale medesima.

Io attenderò, Signor Ministro, di conoscere il di Lei autorevole giudizio sulle idee che ho avuto l'onore di esporle, per potere, se lo crede opportuno, insinuare gradatamente al Bey la persuasione dell'utilità di favorire intraprese alla testa delle quali fossero per presentarsi capitalisti nazionali (1).

(l) Per la risposta cfr. n. 483.

432

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 152. Roma, 20 marzo 1879, ore 11.

La Sublime Porte nous fait communiquer un nouveau tracé de la rectification qu'elle serait disposée à accorder à la Grèce. Le Gouvernement ottoman déclare en meme temps que c'est là le maximum de ses concessions et nous engage à les faire accepter par le Cabinet d'Athènes. Je suppose qu'une communication analogue aura été faite au Cabinet auprès du quel vous etes accrédité et je désirerais savoir aussitòt que possible l'accueil que celui-ci se propose de faire à la proposition de la Turquie (l).

433

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 416. Parigi, 20 marzo 1879, ore 15 (per. ore 16,55).

Safvet pacha a remis hier à Waddington nouveau projet de délimitation frontière par lequel la Porte céderait à la Grèce la plaine de Pharsale en Thessalie. Cette cession lui parait insullìsante. Waddington pense qu'il faut arriver au cours de la Salambria, bonne 1igne de délimitation et que par conséquent Larissa, point trés-important reste à la Grèce. Il m'a paru disposé aussi à donner à la Grèce le golfe d'Arta en Epire jusqu'à Parga inclus. D'accord avec lui en ce qui concerne la Thessalie, je ne le suis pas pour ce qui regarde l'Epire.

434

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 706. Roma, 20 marzo 1879.

In una conversazione che io ebbi testé coll'Am'Qasciatore d'Austria-Ungheria, questi mi disse che il conte Andrassy approva il metodo che noi avremmo proposto siccome modus procedendi per le commissioni di delimitazione. Il Conte Andrassy sarebbe anzi disposto ad intendersi con noi per farne oggetto di una proposta formale presso le Potenze.

La proposizione a cui alludeva il barone di Haymerle è quella elle noi annunciammo rispondendo alla comunicazione fattaci dal Gabinetto di S. Pietroburgo circa la frontiera dei Balkani. Essa si contiene nella nota che 'io diressi, a tale riguardo ,al Barone di Uxkull (l) e di cui trasmisi copia a V. E. col dispaccio del 9 di questo mese. Trattavasi, come V. E. ricorda, di un semplice suggerimento. Però saremmo lieti di sapere che il suggerimento nostro raccoglie i suffragi anche delle altre Potenze.

Per verità a noi sembra che sia quasi inevitabile la soluzione che noi proponemmo, che cioè, le questioni alle quali vuolsi conservare il carattere tecnico, siena in ultimo definite con un voto di magg,ioranza emesso dai commissari, quasi in qualità di parti. Non è infatti a presumere che in simili questioni i singoli gabinetti possano avere una opinione diversa da quella dei loro commissari rispettivi; ond'è che, nella massima parte dei casi, un voto di maggioranza si presenta come la sola via per riuscire ad un componimento delle quistioni stesse.

(l) Per le risposte cfr. nn. 433, 442, 444, 446 e 449.

435

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 708. Roma, 20 marzo 1879.

Ragionando coll'Ambasciatore d'Austria-Ungheria delle cose orientali, non gli nascosi che il timore di torbidi o di una rivolta in Albania aggiunse, agli occhi nostri, una complicazione di più alla quistione relativa agli ingrandimenti territoriali ambiti dalla Grecia. È quindi naturale che l'Italia non voglia impegnarsi in nuove pratiche, fino a che la situazione, a questo riguardo, non ci consti meglio chiarita.

436

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 339. Pietroburgo, 20 marzo 1879 (per. il 2 8) .

Il Signor de Giers. co·lfermandomi oggi quanto jeri mi aveva detto il Conte Schouvalow, mi informò che il Governo Russo, per mezzo di un telegramma diretto agli Ambasc:atori dello Czar presso le grandi potenze, aveva chiamato l'attenzione di queste sopra una proposta, che è, in certo modo, la riproduzione di quella che era stata fatta durante il Congresso di Berlino dai primi plenipotenziarii di Inghilterra e di Austria, che si trova consegnata nel 5° protocollo delle sedute del Congresso. Preoccupato della necessità del mantenimento dell'ordine nella Rumelia Orientale dopo la partenza delle truppe russe, sollecito di rassodare la pace ed i risultati del Congresso di Berl,ino, il Governo Russo propone alle Potenze: lo che la commissione europea, dopo che

avrà portato a Costantinopoli il regolamento organico, ritorni nella Rumelia Orientale e vegli all'eseguimento ed all'applicazione dell'opera da essa elaborata; 2°) che a tale scopo essa abbia a disposizione una forza armata europea, di circa 15 mila uomini, mandata colà dalle varie potenze che saranno disposte ad acconsentire a quest'invio, in seguito ad un comune accordo; 3°) che queste misure, cioè la presenza e la cooperazione della commissione europea e l'occupazione mista, abbiano a durare un anno.

Prima di partire da Londra, il Conte Schouvalow fece partecipe il Marchese di Salisbury di questa proposta ed il principale Segretario di Stato della Regina per gli Affari Esteri non avrebbe, per quanto assicura il Conte Schouvalow, fatto alcuna abbiezione essenziale. Il Principe Bismarck fu parimenti informato della cosa dal Conte Schouvalow, quando questi passò per Berlino, ed il Cancelliere germanico avrebbe pur esso approvato la proposta.

Il Conte Schouvalow mi pregò specialmente di raccomandare la proposta stessa all'esame dell'E. V., ciò che feci con telegramma che ebbi cura di spedirle questa mattina (1).

(l) Cfr. n. 381.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (2)

R. 1025. Vienna, 20 marzo 1879 (per. il 23).

Già ebbi a far conoscere telegraficamente all'E. V. (3) avere la Sublime Porta, del pari che a Roma, comunicato a Vienna una sua protesta contro gli articoli l, 2, 3 e 22 del Progetto di Costituzione per la Bulgaria che si sta elaborando a Tirnova. Ciò avveniva durante le Delegazioni, di maniera che non è se non da ieri l'altro che si può dire il Conte Andràssy ne ha avuto conoscenza. Anzi avendone io tenuto parola al barone Orczy il 17 corrente, egli ignorava ancora intieramente l'esistenza di quella questione. Essendo tornato jeri seco Lui sull'argomento, Egli dissemi che fino ad ora la cosa non aveva ancora formato oggetto di studio: che però era suo avviso particolare nulla esservi da fare al riguardo pel momento, poiché nello stadio attuale della questione una qualsiasi ingerenza dei Gabinetti non potrebbe se non intralciare l'azione sorvegliatrice dei commissari delegati ad hoc dalle Potenze, locché (se ho ben capito) creerebbe un precedente contrario al principio che si vorrebbe far trionfare, dell'esclusione cioè d'ogni appello alle decisioni delle commissioni internazionali. Non conoscendo io lo special modo di vedere in proposito del R. Governo ed avendo d'altronde sempre trovato poco preciso il testo del Trattato di Berlino, per quanto si riferisce alla costituzione del Principato di Bulgaria lasciai cadere la conversazione, senza addentrarmi maggiormente nell'argomento. Non devo poi omettere di riferire che, per via indiretta ma da

buona fonte, risulterebbemi che il Gabinetto di Vienna eviterà di rispondere su questo soggetto alla Porta * onde non impegnarsi fin d'ora in una questione di cui non si può ancora prevedere la soluzione ed inoltre per non intromettersi, almeno per quanto possibile, in ciò che tacitamente si riconosce essere nella sfera d'azione che si vuoi lasciare al Gabinetto di Pietroburgo, col quale si desidera pur sempre restare in rapporti meno tesi che possibile.

A questo proposito ed a conferma delle mie informazioni devo aggiungere che il Barone Orczy, sempre parlandomi della sua opinione personale, per motivare la riserva che sembravagli necessario osservare, dicevami che sarebbe prematuro pronunciarsi fin d'ora sui quattro articoli della costituzione di cui è caso, mentre che nei rimanenti, che restano ancora ad elaborare, potrebbero benissimo trovar posto disposizioni statutarie che togliessero a quelli in questione attualmente, quel carattere meno corretto che, considerati in astratto, possono presentemente rivestire *.

(l) -T. 421, non pubblicato. Lo stesso 20 marzo l'ambasciatore russo a Roma comunicò la proposta russa a Depretis che ne informò gli ambasciatori a Berlino, Londra. Parigi e Vienna con t. 155 alle ore 23,59. (2) -Ed. acl eccezione del brano fra asterischi, in L V 27, p. 159. (3) -Con t. 405, del 17 marzo, non pubblicato.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS (l)

R. 568. Cairo, 20 marzo 1879 (per. il 28).

Con telegramma spedito or ora (2) ho informata l'E. V. del modo come si è terminata la crisi ministeriale.

Ieri i due Agenti d'Inghilterra e di Francia hanno verbalmente dichiarato al Khedive, in nome dei loro Governi, che la concessione fattagli di non imporgli la rientrata di Nubar Pascià nel Gabinetto era agli occhi loro grandissima, perché potesse ritenersi per soddsfatto; che una nuova concessione nella persona di Riaz Pascià metterebbe in pericolo il sistema inaugurato; ed esprimono perciò il desiderio che Riaz sia mantenuto al Ministero dell'Interno, avendo tutta la fiducia del Signor Wilson, particolarmente per la regolare percezione delle imposte.

Il Khedive jeri sera stessa rispose per iscritto, che malgrado il suo desiderio di arrendersi alla volontà dei due Governi, gli era impossibile ritenere Riaz a quel Ministero, e per la grande agitazione che regna nella popolazione indigena, e per l'effetto prodotto nelle Colonie Europee dal progetto finanziario del Signor Wilson, ch'Egli si astiene ancora di giudicare, e quindi per il regolare andamento dell'Amministrazione *poiché, giustamente per la percezione delle imposte, Riaz è del tutto incapace di dirigere quel dicastero *.

Questa mattina i Signori Wilson e Blignières, * resisi dall'Agente Francese gli hanno presentata* (3) la seguente dichiarazione: «Si Son Altesse persiste dans !es intentions exprimées dans la note qu'Elle a remise hier au soir aux Agents de France et d'Angleterre, !es Ministres Européens ne croiraient pas

pouvoir rester au service d'un Gouvernement qui se mettrait en opposition directe avec le voeu de leurs Gouvernements respectifs. Ils prient les Agents et Consuls Généraux de France et d'Angleterre d'en informer leurs Gouvernements et leur demander leurs instructions ».

Ricevuta questa dichiarazione i Signori Vivian e Godeau si sono resi immediatamente dal Khedive. Non so ancora di quali termini ed argomenti si siena serviti, ma * hanno dovuto usare tanta pressione sul Khedive che * questi si è sottomesso a quanto gli è imposto. E gli è stato soltanto concesso di mantenere la nota rimessa la sera precedente ai due Agenti, alla quale ha aggiunto che le due Potenze avendogli espresso un voto Egli lo accettava, senza ritrattare però le ragioni per le quali in tutte le sue anteriori dichiarazioni si è opposto alla scelta di Riaz come Ministro dell'Interno, * e le conseguenze che potrebbero derivarne*.

Ieri sera il Principe Ereditario era assai perplesso se non dovesse dare le dimissioni di Presidente del Consiglio. Egli, convinto che * con Riaz Pascià * il nuovo sistema non possa assolutamente riescire per le tante difficoltà contro le quali avrebbe a lottare, si trova nell'alternativa o di perdere ogni popolarità nel paese, associandosi ad un Ministero, che per il modo come si è voluto comporre, indica chiaramente che si vuoi distruggere ogni autorità legale del Viceré, o di perdere la fiducia delle Potenze, che potrebbero interpretare la sua dimissione come una tendenza verso l'antico sistema.

* Egli secretamente mi ha dimandato consiglio. Non ho potuto negare la difficoltà della posizione; ma gli feci osservare che dando la sua dimissione sarebbe abdicare assolutamente l'autorità reale nelle mani dei due Ministri Europei, mentre Egli solo, come Presidente del Consiglio rappresenterebbe ancora l'autorità nazionale, che d'altra parte conoscendo le sue intenzioni e sincero intendimento di far riescire il nuovo sistema, l'opinione pubblica non potrebbe addebitare a lui un insuccesso per errori commessi da coloro stessi che l'hanno inaugurato. Tra i due pericoli dar la preferenza a quello che possa meno compromettere il suo avvenire personale.

Da questi fatti ne sorge all'evidenza che l'Inghilterra e la Francia fin da principio hanno voluto stabilire un regime di esclusiva ingerenza nelle cose Egiziane; che fin da principio hanno voluto distruggere l'autorità del Khedive, e moralmente spodestarlo; che intendono mantenere questo regime, di cui già purtroppo se ne sono veduti i tristi effetti. Hanno fatto credere che non si aveva altro pensiero che di garantire efficacemente gli interessi finanziari impegnati in Egitto, e le altre Potenze non potevano che applaudire. Il Governo Francese lo ha creduto, e lo crede forse ancora; ma il piano finanziario del Signor Wilson dimostrerà che gl'interessi della Finanza, sacrificati essi stessi, sono stati un pretesto per sacrificare interessi di un altro ordine.

Il Signor Vivian è stato chiamato a Londra per telegrafo, dicesi per conferire, ed il Signor Lascelles, segretario dell'Ambasciata a Roma, è giunto oggi per reggere quest'Agenzia. Con precedenti rapporti ho informato l'E. V. della lotta che si era apertamente impegnata tra i Signori Wilson e Vivian, che rappresentano due politiche opposte, quella del Signor Vivian di mantenere entro giusti limiti l'autorità del Viceré, e governare con l'elemento Egiziano, quella del Wilson, di spodestare il Khedive. e chiamare in tutte le amministrazioni l'elemento straniero. Il richiamo del Signor Vivian, la soluzione della crisi ministeriale, indicherebbero che la politica inglese sarebbe quella inaugurata dal Wilson *.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in L V 26, pp. 432-433. (2) -Non pubblicato. (3) -In L V 26 invece delle parole fra asterischi «hanno presentato al Kedive ».
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 156. Roma, 21 marzo 1879, ore 13,30.

Voici en quels termes je désirerais que V. E. s'explique avec lord Salisbury:

L'Italie désire avant tout savoir s'il est vrai que l'Angleterre a déjà donné son assentiment aux propositions de la Russie et, s'il en est ainsi, si l'Angleterre a déjà en vue les voies et moyens par lesquels ces propositions pourront ètre appliquées. Si lord Salisbury vous répond que l'Angleterre n'a pas encore pris d'engagements à l'égard des propositions russes, je vous prie de dire à S. S. tout le prix que nous attacherions à nous entendre avec le Cabinet de Londres pour maintenir intact le principe de l'application littérale du traité de Berlin écartant toute intervention étrangère pour une province qui, bien que déclarée administrativement autonome, doit faire partie intégrante de l'Empire ottoman. Vous pouvez dire à Lord Salisbury que nous ne sommes pas favorables à l'intervention militaire sous quelque forme elle se produise et que le Gouvernement britannique dont la pratique s'est si souvent inspirée du mème principe, est mieux que tout autre en état de comprendre les graves et nombreux inconvénients et dangers qui peuvent ètre la conséquence d'un régime appuyé sur l'intervention militaire étrangère.

Mais si le Cabinet de Londres, ainsi que l'on nous fait croire, est déjà engagé en faveur des propositions russes, vous devez toujours faire comprendre à lord Sa!isbury che nous regrettons que l'application du traité de Berlin et l'expérience du régime crèé par le congrès pour la Roumélie, ainsi que les droits de la Porte n'aient pas trouvé un appui plus ferme dans les dispositions de l'Angleterre; mais que du moment que le Gouvernement britannique ne serait pas disposé à s'entendre avec nous pour écarter tout projet d'intervention en Turquie et pour insister pour la complète évacuation du territoire ottoman, nous voudrions par des pourparlers intimes et confidentiels, sur lesquels nous demandons le secret le plus absolu, nous mettre d'accord avec le Cabinet de Londres sur !es moyens et les conditions d'exécution relativement à l'envoi d'un contingent mixte afin d'écarter tout au moins une partie des inconvénients qui résulteraient de la substitution de l'occupation russe par celle d'une seule autre grande Puissance. Vous ne devez pas laisser ignorer à lord Salisbury que si cette dernière éventualité était à prévoir l'Italie se prononcerait immédiatement dans un sens entièrement contraire à tout projet d'intervention militaire e n Roumélie (l).

(l) Per la risposta cfr. n. 448.

440

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 158. Roma, 21 marzo 1879, ore 15.

Au sujet des propositions russes, vous pouvez dire au Ministère des affaires étrangères que nous n'avons donné à la Russie qu'une réponse dilatoire. Nous tenons, avant de nous prononcer, de bien connaitre l'accueil que ces propositions ont trouvé auprès des Cabinets. Nous attacherions dane un prix tout particulier à savoir si le Gouvernement impérial à déjà donné, san consentement au projet d'envoi d'un corps d'occupat:on mixte en Roumélie et s'il se propose d'y donner san contingent (1).

441

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 160. Roma, 21 marzo 1879, ore 15,35.

Voici dans quel sens je désire que V. E. s'explique avec M. Waddington au sujet des propositions russes: Nous désirons savoir si la France a déjà donné san assentiment aux propositions de la Russie et si le Gouvernement français a déjà formé un plan de conduite en vue des éventualités que ces propositions visent.

Nous n'avons donné jusqu'ici à la Russie qu'une réponse dilatoire. Nos préférences bien connues seraient pour l'application du principe de non intervention, conforme à l'application en Roumélie du régime créé par le traité de Berlin. Mais si un autre principe prévaut auprès des Cabinets nous devrions aviser à parer tout au moins une partie des inconvénients et des dangers de la politique d'intervention; si celle-ci devait avoir pour résultat la substition de l'occupation russe par celle d'une seule autre grande puissance.

442

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 426. Pietroburgo, 21 marzo 1879, ore 16,20 (per. ore 18,20).

M. de Giers n'a pas encore reçu communciaton de la proposition sur le nouveau tracé (2); mais il m'a di t que connaissant ce tracé, le Gouvernement russe répondra qu'il ne peut engager la Grèce à l'accepter, parce qu'il le considère camme insuffisant.

(l) -Per le rispostP cfr. nn. '147 e 452. (2) -Cfr. n. 432.
443

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. DEPRETIS

T. 429. Parigi, 21 marzo 1879, ore 20,55 (per. ore 23).

Je viens de donner lecture à M. Waddington de votre dépèche réservée du 18 courant au sujet de la reconnaissance de la Roumanie (l). Waddington garde toujours quelque défiance à l'égard du Gouvernement roumain. Malgré cela !es bonnes raisons de votre dépèche l'ont impressionné. Il m'a demandé copie de la dépèche pour en faire point de départ d'une communication aux Cabinets de Londres et de Berlin qu'il croit peu disposés à reconnaitre la Roumanie, avant qu'elle n'ait rempli tous ses engagements. M'autorisez-vous à donner la copie demandée? Veuillez me répondre au plus tòt (2).

444

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 432. Vienna, 22 marzo 1879, ore 14,50. (per. ore 15,30).

Orczy m'a assuré que la Sublime Porte n'a pas fait à Vienne communication dont est question dans le télégramme de V. E. du 20 (3). Il m'a ajouté que du reste déjà à propos du tracé frontière proposé par la Turquie auquel ont rapport télégrammes de V. E. du 22 et 24 février (4), Andrassy lui avait dit trouver qu'H ne convenait d'aucune manière discuter avec la Sublime Porte des propositions à ce sujet, car ce serait lui donner acte qu'on prend en considération une solution différente de celle recommandée par le traité de Berlin. Il ajouta que l'abstention complète est le seul système à suivre tant que la Grèce ne fera pas un te! appel aux bons offices des Puissances. V. E. aura du reste déjà eu l'occasion de constater, comme moi, que le Cabinet de Vienne est pour le moins très-indifférent à ce que !es désirs de la Grèce soient satisfaits.

445

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 433. Berlino, 22 marzo 1879, ore 17,58 (per. ore 18,50).

J'ai donné lecture à Bi.ilow de la dépèche politique du 18 mars (5). Bi.ilow m'a dit qu'il se permettait de maintenir la manière de voir de son Gouverne

ment. Le Cabinet prussien est d'avis qu'il ne convient pas d'envoyer un ministre à Bukarest avant que le Gouvernement roumain n'ait fourni une garantie sérieuse pour l'exécution de l'article 44 du traité de Berlin. Or, d'après lui, le vote de principe des Chambres roumaines ne donne encore aucunement une pareille garantie. Je me réfère à mon rapport politique du 17 mars (}) dans lequel j'ai exposé la manière de voir du Cabinet prussien.

(l) -Cfr. n. 423. (2) -Con t. 162 del 22 marzo Cialdini venne autorizzato a tiare a Watltlington copia del dispaccio. (3) -Cfr. n. 432. (4) -Per il t. del 22 febbraio cfr. n. 334, nota l, p. 231. Non esiste alcun telegramma a Vlenna del 24 febbraio. (5) -Cfr. n. 423.
446

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 435. Berlino, 22 marzo 1879, ore 17,58 (per. ore 19,55).

C'est hier que l'ambassadeur ottoman a fait ici communication relative à nouveau tracé de frontière (2). Cabinet prussien a reçu d'Athènes informations d'après lesquelles la Grèce a rappelé ses commisaires et se propose de faire nouvellement appel à la médiation des Puissances. Biilow m'a dit que dans cet état des choses Allemagne s'abstient de se prononcer et qu'elle attendra le développement de la situation.

447

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 434. Vienna, 22 marzo 1879, ore 18 (per. ore 19).

Novikow qui a remis hier à Orczy la communication de son Gouvernement, n'a pas encore été reçu par Andrassy qui aurait cependant fait bon accueil à proposition occupation mixte, à ce que vient de me dire Calice auquel j'ai exprimé désir de V. E. de connaìtre aussi opinion Cabinet de Vienne (3). D'après le langage qu'il m'a tenu. j'ai lieu de croire que Andrassy acceptera occupation mixte ainsi que l'envoi d'un contingent autrichien. A mon avis cependant il est probable qu'il tàchera dans l'application de faire en sorte que occupation mixte se change en un nouveau mandat peut-étre à l'Autriche et à l'Angleterre, afin d'éviter surtout notre concours. Je suis d'avis que il serait d'une supreme importance pour nous en particulier que toutes les sept Puissances donnent leurs contingents; et je crois que nous pourrions exercer une grande influence en ce sens, si, après nous etre assurés de l'adhésion de l'Angleterre

(-2) Cfr. n. 432.

à la proposition russe, qui ne peut du reste etre douteuse, initiative à ce sujet venant effectivement du Cabinet anglais, nous déclarions sans retard d'accepter nous aussi en principe, si toutes les Puissances sont d'accord, et à fournir notre contingent, si la majorité des Puissances, compris bien entendu Russie et Turquie, donneront le leur. Je ne croirais du reste pas opportun insister d'une manière spéciale pour que Andrassy se prononce avec nous, car ça lui ferait supposer nous nous déciderions d'après ses résolutions ce qu'il n'interpréterait pas dans un sens amica!.

(l) -Cfr. n. 421. (3) -Cfr. n. 440.
448

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 436/237. Londra, 22 marzo 1879, ore 20,02 (per. ore 23).

J'ai fait part aujourd'hui à lord Salisbury des propositions de la Russie relatives à la Roumélie orientale et qui forment l'objet du télégramme de V. E. en date d'hier (l). Le noble lord a reçu une communication semblable. Elle est en ce moment soumise au conseil des ministres. Conformément au dernier télégramme de V. E. du meme jour (2), je n'ai pas manqué d'insister auprès du marquis de Salisbury pour la précise exécution du traité de Berlin que notre Gouvernement considère comme la plus désirable et la plus propre à éviter d'ultérieures complications. Je lui ai dit que si toutefois une occupation mixte de la part des troupes étrangères était jugée absolument indispensable, nous désirions nous mettre d'accord avec l'Angleterre pour une telle éventualité; mais que, en ce cas, nous nous opposerions toutefois à ce que la tache de l'occupation fiì.t confiée a une seule Puissance. Lord Salisbury me répondit qu'il partageait l'opinion de V. E. sur rutilité qu'il y aurait à ce que le traité soit textuellement exécuté, que toutefois le cas de l'occupation mixte est prévu par le traité lui-meme; mais elle ne pourrait avoir lieu qu'à la condition qu'elle eùt pour but d'en faciliter l'application, et non point de l'altérer. En conséquence il faudrait avoir avant tout l'assentiment de la Porte qui, elle aussi, devrait fournir des troupes unies à celles des autres Puissances qui devraient donner un contingent plus ou moins considérable. L'Angleterre ellememe s'y ferait représenter par un détachement. Les frais de transport et de supplément de salde seraient à charge de la province. Il ne saurait etre question de confier l'occupation à une seule Puissance. Ceci n'est que l'opinion personnelle de lord Salisbury. Ainsi qu'il me l'a dit, il se réserve de me faire une réponse plus explicite, lorsque le Conseil des ministres aura délibéré. Lord Salisbury a terminé, en remerciant V. E. du concours que notre Gouvernement est disposé à lui preter en cette occasion.

(l) -Cfr. n. 436, nota l, p. 327. (2) -Cfr. n. 439.
449

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 437/238. Londra, 22 marzo 1879, ore 19 (per. ore 23,15).

Lord Salisbury m'a dit aujourd'hui que la Porte lui avalt fait diverses communications relatives aux demandes de la Grèce pour des rectifications analogues à celles contenues dans le télégramme de V.E. du 20 courant (1). Lord Salisbury a toujours répondu qu'il n'admettrait d'autre tracé que celui qui se conformerait aux prescriptions du traité. On pourrait seulement tolérer quelques légères variations, propres à en faciliter l'exécution. Le noble lord serait disposé à laisser Larissa entre les mains de la Turquie.

450

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 439. Pietroburgo, 22 marzo 1879, ore 22 (per. ore 23,58).

Schouvalow vlent de me dire que l'Angleterre et l'Autriche-Hongrie consentiront probablement à envoyer un contingent pour l'occupation mixte. Andrassy a meme promis de peser sur la Turquie pour qu'elle ne s'oppose pas du tout. S. E. a ajouté que le Gouvernement russe verrait avec une grande satisfaction que l'Italie prenne part à l'occupation, parce qu'elle représente un élément modérateur qui enlèverait tout caractère d'hostilité à une simple occupation anglo-autrichienne. Schouvalow m'a assuré que tel est le sentiment personnel de l'Empereur.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 165. Roma, 23 marzo 1879, ore 17,10.

Nous partageons l'opinion de lord Salisbury (2) sur l'utilité qu'il y aurait à ne points s'écarter des prévisions du traité de Berlin pour donner lieu à l'occupation mixte dont le traité ne parle pas et dont il à été question dans les procès verbaux sans toutefois que le congrès prit une déliberation ou exprimàt un voeu. Dans la cinquième séance du congrès il s'agissait de savoir comment on arriverait en trois mois seulement à organiser la Roumélie. Il a été question alors de remplacer au bout de ce terme l'occupation russe par un corps mixte

26 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XI

de troupes étrangères. Mais après un échange d'observations sur les difficultés d'exécution, le congrès n'a point délibéré sur ce point, mais il a prolongé le terme de l'occupation russe en écartant, pour ainsi dire, tacitement, toute autre proposition à cet égard.

Vous pouvez rectifier dans ce sens ce que lord Salisbury vous a dit relativement à la prévision de l'occupation mixte que je ne saurais trouver dans le traité de Berlin. Mais le point le plus important pour nous est de savoir si le Gouvernement anglais s'est déjà prononcé en faveur de l'occupation mixte, ou bien si une délibération engageant l'Angleterre vis-à-vis d'autres Puissances n'a pas encore été prise. Aussitòt que le conseil aura délibéré. veuiHez m'informer exactement.

Sir A. Paget m'avait fait connaitre hier les conditions que le cas échéant le Gouvernement anglais mettrait à son adhésion aux propositions de la Russie. L'important pour nous c'est que le Gouvernement anglais reste ferme sur les deux points suivants: 1° participation dans le cas d'occupation mixte, d'un contingent de troupes anglaises; 2° exclusion, dans tout état de choses, de l'intervention militaire d'une seule Puissance. Tàchez d'obtenir de lord Salisbury des déclarations explicites sur ces deux points qui pourraient former la base de l'entente plus ,intime que nous désirons établir avec l'Angleterre.

Je vous communique, pour votre gouverne, ce que Robilant mande de Vienne: « D'aprés le langage que Calice m'a tenu, j'ai lieu de croire que Andrassy acceptera occupation mixte, ainsi que l'envoi d'un contingent autrichien. A mon avis cependant, il est probable que il tàchera dans l'application de faire en sorte que l'occupation mixte se change en un nouveau mandat peut-etre à l'Autriche et à l'Angleterre, afin d'éviter surtout notre concours. Je suis d'avis qu'il serait d'une supreme importance pour nous en particulier que toutes les sept Puissances donnent Ieur contingent » (1).

(l) -Cfr. n. 432. (2) -Cfr. n. 448.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2275. Berlino, 23 marzo 1879 (per. il 26J.

En suite des télégrammes de V. E. en date des 21 et 22 courant (2), j'ai interpellé hier le Secrétaire d'Etat sur l'accueil fait ici aux dernières propositions russes relatives à la Roumélie Orientale.

Ainsi que je l'ai télégraphié le méme jour, (3) il m'a dit que le Cabinet de Berlin se préterait à toute combinaison qui, sur la base et dans les limites du traité du 13 juillet, contribuerait à calmer et à pacifier les esprits. Dans ces limites, il est disposé à se rallier à toute mesure qui répondrait le mieux à l'oeuvre d'apaisement efficace et durable que l'Europe a eu en vue et ne cesse de poursuivre. Sous ce rapport, il importe en effet de ne rien négliger pour sauvegarder

autant que faire se pourra les intéréts des populations, et de les mettre à l'abri contre le retour de scènes sanglantes. Mais pour sa part l'Allemagne, quelque soit son désir bien sincère de fortifier toujours davantage une entente dans ce but, déclinera de fournir un contingent aux troupes mixtes qui seraient appelées à tenir garnison dans la Roumélie.

M. de BUlow s'était exprimé verbalement de la meme manière avec l'Ambassadeur de Russie et avec mon collègue de France. Ce dernier avait déjà communiqué l'intention parfaitement arrétée du Cabinet de Versailles de ne donner ni soldats ni argent pour une semblable occupation. Mes collègues d'Autriche et d' Angleterre se tiennent encore sur la réserve, parce qu'ils sont sans instructions de leurs Gouvernements.

J'ai eu l'occasion de poser subséquenmment la méme question au Chancelier de l'Empire. Son langage a été analogue à celui du Secrétaire d'Etat. Il ajoutait, sous forme de plaisanterie, que sa bénédiction était acquise à ce que serait entrepris dans le but de chercher à conjurer les dangers signalés de St. Pétersbourg, mais qu'il refusait son consentement à l'envoi de contingents allemands. Ignorant quelle sera notre décision, je me suis borné, en termes généraux, à faire allusion à la difficulté d'obtenir une approbation de nos Chambres. Le prince de Bismarck faisait la remarque que l'Allemagne se trouverait dans le méme cas si elle voulait adhérer à la proposition n. 2 du Cabinet de St. Pétersbourg.

Il me semble que l'attitude adoptée déjà par les Gouvernements de Versailles et de Berlin, devrait etre aussi la nòtre. Les trois Puissances ont suivi la meme ligne politique au Congrès, celle de la conciliation mais surtout du désintéressement. La Russie, l'Angleterre et l'Autriche, se sont aussuré des bénéfices, et ont été parties prenantes. Les charges qui résultent doivent de préférence tomber sur elles. C'est donc à elles, si les autres Puissances n'y mettent pas de veto, à contribuer en hommes et en argent. Vu le refus de Parts et de Berlin, il est à prévoir que la Russie surtout et peut-étre l'Angleterre insisteront d'autant plus pour s'assurer de notre concours. Notre condescendance pourrait nous préparer bien des déceptions, bien des embarras. Nous nous exposerions à jouer le ròle d'un conciliateur